Giovanni Mazzaferro
Ancora sulla polemica Malvasia-Vasari
Chiedo scusa, e prometto di concludere la vicenda con questo post, anche perché il prof. Pierguidi mi ha scritto ritenendo, del tutto legittimamente, di non aggiungere o commentare nulla al mio primo intervento.
Ho però letto l'articolo con cui Pierguidi sollevava la questione della falsificazione della scritta sulla Madonna con Bambino di Simone de' Crocefissi e c'è un elemento nuovo, di cui dare conto, per correttezza (e che, a mia discolpa, faccio presente non essere stato citato nel suo intervento in convegno). L'articolo, dal titolo Malvasia e l'invenzione della pittura bolognese delle origini è stato pubblicato su Storia della Critica d'Arte. Annuario della S.I.S.C.A. 2021 ed è scaricabile da questa pagina: http://www.siscaonline.it/joomla/2019/2019/02/27/annuario-della-s-i-s-c-a/
Riporto nuovamente la seconda postilla di Malvasia nei suoi Scritti inediti:
"L'ho tornata a vedere e ben considerare, e non è della stessa mano. Sono differentissime. Pure fa' che siano, essendovi qualche similitudine e fa' riflessione a lo scorcio che fa il Putto per fugirsene et all'essere vestito così trasparente che dunque Vitale fu il primo anch'egli presso di noi che usò gli scorciabili e fece vedere sotto il nudo, come il primo presso a fiorentini pretende il Vasari essere stato Stefano, discepolo di Giotto ch'anch'egli fu negli stessi anni di Vitale".
Nell'articolo appare evidente che Pierguidi ritiene che le forme verbali "fa' che siano" e "fa' riflessione" siano degli imperativi; siano cioè dei promemoria che Malvasia rivolge a se stesso per mettere in atto il suo piano: fare in modo che le due opere siano attribuite entrambe a Vitale (falsificando la firma) e riflettere sullo scorcio del putto. Con questo piano in testa, Carlo Cesare avrebbe dunque fatto rimuovere l'ornamento e falsificato la firma, fors'anche di sua mano, avendo egli avuto un'istruzione da pittore.
Basta fare una rapida ricerca in 'Google Books', rintracciando i due tomi secenteschi della Felsina e inserendo in ricerca libera l'espressione " fa' " per trovare almeno una trentina di casi in cui essa esprime la terza persona dell'indicativo presente del verbo 'fare'. Non esiste una sola occorrenza in cui " fa' " è usato come imperativo. Tralascio per brevità la trascrizione dei testi, rimandando i più volenterosi alla ricerca.
"Fa' che siano" mi sembra senza dubbio (e già lo avevo scritto ieri senza aver capito la riserva di Pierguidi e senza averne letto l'articolo, ma basandomi esclusivamente su quanto detto al convegno), espressione impersonale per "sembra che siano" (nel senso che le due opere - la Madonna col Bambino e la Madonna coi denti - hanno una qualche rassomiglianza). E' senz'altro vero che, nella Felsina a stampa l'espressione 'fa' che siano' in forma impersonale non compare mai (come quella all'imperativo), ma, come detto, l'uso di " fa' " all'indicativo è l'unico che risulti. Resta poi da chiedersi perché un falsificatore dovrebbe appuntarsi su carta di ricordarsi di falsificare un'opera, ma questo è un altro discorso.
Grazie.
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