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sabato 15 giugno 2024

La guida di Roma di Giuseppe Vasi (1777)

 

Selena Anders
Eight Days in Rome with Giuseppe Vasi
with editing and translation suggestions by Giovanna Lenzi Sandusky

L’’Erma di Breitschneider, Roma – Bristol CT

Recensione di Giovanni Mazzaferro





L’Itinerario istruttivo diviso in otto giornate.

Quando, nel 1763, Giuseppe Vasi pubblicò l’Itinerario istruttivo diviso in otto Stazioni o Giornate per ritrovare con facilità tutte le antiche e moderne Magnificenze di Roma, nemmeno nelle sue più ottimistiche previsioni avrebbe immaginato che la sua sarebbe divenuta la guida di Roma più famosa e longeva della storia, con edizioni che – naturalmente aggiornandone i contenuti – sarebbero arrivate oltre alla metà dell’Ottocento. Le sue ambizioni, in realtà, erano più ridotte, ma non banali. Nel corso del ventennio precedente Vasi aveva pubblicato in dieci volumi raccolte grafiche di monumenti romani che andavano sotto il nome di Delle Magnificenze di Roma antica e moderna. Qui Vasi, che si definiva, architetto, pittore e scultore, ma che in realtà era soprattutto un grandissimo incisore, aveva presentato, complessivamente, più di duecento tavole in rame che riproducevano palazzi, chiese, monumenti antichi non singolarmente presi, ma assieme al contesto urbano in cui si trovavano. 

Giuseppe Vasi, Piazza del Colosseo, da Le Magnificenze di Roma.


L’ordine con cui erano presentati era tipologico: il primo volume conteneva le incisioni di porte e mura della città, il secondo delle piazze, il terzo delle basiliche e delle chiese e così via, fino all’ultimo che era dedicato a ville e giardini. L’idea di Vasi, che mirava soprattutto a vendere questi costosissimi volumi, fu quella di costruire intorno a essi un ‘sistema editoriale’ costituito da una guida cittadina (l’Itinerario istruttivo di cui stiamo parlando) e un Prospetto, ossia una magnifica veduta prospettica della città dal Gianicolo che fu pubblicata nel 1765. 

Giuseppe Vasi, Prospetto dell'alma città di Roma (1765)
Fonte: https://www.arsvalue.com/it/lotti/310325/giuseppe-vasi-1710-1782-prospetto-dell-alma-citta-di-roma-visto-dal-monte

All’interno della guida erano richiamati, con appositi rimandi, quei monumenti che potevano essere visti perché presenti nei dieci volumi delle Magnificenze. Siamo di fronte, dunque, a una serie di pubblicazioni che si reggevano l’una con l’altra, promuovendosi a vicenda. Il fatto che alla fine dell’Itinerario sia anche presente un elenco di incisioni e volumi che il turista poteva eventualmente acquisire andando a visitare lo studio di Vasi, a Palazzo Farnese, dimostra che l’uomo era scaltro e usava con intelligenza tutti i possibili strumenti per incentivare i suoi affari. 

Ben presto, tuttavia, la guida cominciò a godere di un interesse crescente, tanto che nel 1773 Vasi ne avrebbe stampata una, aggiornata e con ulteriori immagini rispetto alla prima edizione, pubblicata in francese, la lingua franca dei turisti dell’epoca. Da quel momento in poi edizioni italiane e francesi si sarebbero alternate per decenni. Dopo la morte di Giuseppe, nel 1782, gli affari furono continuati dal figlio Mariano, il quale, a sua volta, ebbe la fortuna, ma anche la bravura, di imbattersi, attorno al 1820 in un giovane studioso, Antonio Nibby, che, di fatto, riscrisse la guida completamente, continuando a chiamarla ‘guida del Vasi’ anche dopo la morte di Mariano. Fin qui le vicende storiche. 

Quella che Selena Anders presenta oggi è la traduzione inglese (con testo italiano a fronte) della terza edizione della guida del Vasi, ovvero l’Itinerario istruttivo diviso in otto giornate edito nel 1777. Si tratta dell’ultima versione licenziata da Giuseppe Vasi prima della morte. Un po’ come il ‘sistema’ di pubblicazioni inventato ai tempi del Vasi, nemmeno il volume curato da Anders esaurisce tutto quello che c’è da dire sulla guida. Esiste infatti un sito internet (l’indirizzo è https://hue.crc.nd.edu/) dove il lettore può seguire virtualmente su mappe gli itinerari proposti dal Vasi.

 

Otto giorni in giro per Roma (e dintorni)

L’itinerario di Vasi è diviso – si tratta di una delle sue scelte più felici, che rimase inalterata per un secolo – in otto giornate; il percorso suggerito non segue la divisione in quattordici rioni che Papa Benedetto XIV aveva fissato nel corso del suo pontificato, ma si pone ‘dalla parte del turista’ evitando tempi morti o discontinuità topografiche. Senza dubbio fu questa una delle cause del suo successo. Al termine degli otto tragitti promessi, Vasi aggiunge inoltre delle ‘digressioni’ che intendono invitare il viaggiatore a visitare i dintorni della città e le meraviglie naturalistiche o storiche che vi si trovano. Certamente, vista con occhi odierni, la guida di Vasi è una testimonianza straordinaria del tessuto urbanistico della città a metà Settecento, un tessuto che non è fatto solo di palazzi e chiese, ma anche di ospedali, di osterie o di locande dove è possibile mangiare e dormire bene. Nel suo complesso, l’Itinerario è anche un’esaltazione del governo pontificio. È vero che vi è spazio per le antichità, ma è merito dei Papi se Roma è saputa rinascere, ed ha superato per splendore e grandezza quella imperiale (anche se le contraddizioni non mancano: «Quest’alma città in oggi pur conserva delle antiche mura il circuito di quindici miglia e mezzo; ed insieme l’antico numero de’ quattordici Rioni; ma la maggior parte del sito resta disabitato» (p. 16)). Da segnalare che Vasi si astiene rigorosamente dal formulare qualsiasi valutazione di gusto sulle opere d’arte citate all’interno delle chiese; una preferenza è comunque implicita: a essere prese in considerazione sono solo le opere dal Cinquecento in poi. Mancano i primitivi, e non poteva essere altrimenti.  

 

Alcune perplessità

L’introduzione al testo presenta una biografia di Vasi (1710-1782) che insiste in particolar modo sulle sue incisioni. Giusto così. A lungo l’autore, che era siciliano, lavorò con la neonata Calcografia camerale, conducendo poi un’attività sempre più indipendente.

D’altro canto l’interesse della curatrice è, chiaramente, rivolto agli aspetti topografici della città e alla capacità della guida di restituire un tessuto urbano particolarmente articolato. Tuttavia mi si lascino esplicitare alcune perplessità, col massimo rispetto del lavoro altrui; tali perplessità – mi rendo conto – nascono probabilmente da aspettative mal riposte. Se Vasi è attentamente esplorato come incisore, nulla si dice di lui come scrittore. O, detta altrimenti: siamo certi che sia stato Vasi a scrivere la guida, o che non si sia appoggiato a terzi? In fondo, come detto, era un incisore; la mappatura del patrimonio artistico doveva richiedere conoscenze specifiche che probabilmente Giuseppe non aveva. Me lo domando perché il primo volume delle Magnificenze, edito nel 1747, presentava testi e ‘schede’ scritti da padre Giuseppe Bianchini, una delle personalità culturali più importanti dell’epoca. Verissimo che nei libri successivi la collaborazione cessò, per gli impegni del Bianchini; altrettanto vero che da allora in poi le incisioni furono accompagnate da testi sempre più brevi. Nel momento in cui Vasi decise di scrivere la guida della città il problema si dovette riproporre. Qualche perplessità resta. E se fu lui a scrivere, quali furono le sue fonti? L’argomento non viene affrontato. È appena evidente che Vasi non era un intendente artistico; oltre a fare il giro della città, immagino che avrà fatto uso di guide e testi precedenti (forse consultati in biblioteca corsiniana, dove aveva un’antica abitudine risalente ai tempi di Bottari). Una comparazione puntuale con quelle guide forse avrebbe portato a stabilire debiti che aiuterebbero a chiarire la reale statura del personaggio.

Un altro dubbio: leggo che la guida di Roma scritta da Vasi celebra una città che, a quei tempi, era l’indiscussa capitale culturale d’Europa. Spiace dirlo, ma non è così. Roma era certamente percepita come città d’importanza fondamentale, ma che la sua leadership fosse indiscussa è tutt’altro che pacifico. Nel 1758 era uscito il Voyage d’Italie di Charles-Nicolas Cochin che aveva messo in discussione molti dei parametri di giudizio del classicismo italiano, suscitando grande scalpore nel mondo erudito italiano; sei anni prima Jean Baptiste de Boyer, marchese di Argens, nelle sue Réflexions critiques sur les differentes écoles de peinture, aveva sostenuto che la Francia aveva raggiunto un livello di eccellenza tale in ambito artistico, sia in termini di produzione contemporanea, sia in materia collezionistica, da rendere in sostanza inutile l’esistenza dell’Académie de France a Roma. Al marchese aveva risposto Francesco Algarotti col suo Saggio sopra l’Accademia di Francia che è in Roma. Se è vero che Roma attirava Winckelmann e Mengs, insomma, non è affatto vero, insomma, che il suo primato culturale continuasse a essere dato per scontato. La domanda che mi pongo, a questo punto, è la seguente: posto che – come logico – tale supremazia è rivendicata nell’Itinerario di Vasi, la guida fu scritta solo per motivazioni turistiche (e quindi realizzata con aspirazioni economiche)  o fu anche una risposta alle voci che si levavano dalla Francia? Possibilissimo che la risposta giusta sia la prima, cioè quella meno ‘impegnata’. Ciò che è certo è che tutti questi aspetti, nel libro di Anders, sono completamente trascurati. 

Infine, una critica, che spero non mi attiri accuse di misoginia. Dell'Istruzione di Vasi si possono dire molto cose; ma segnalare l'opera come una di quelle in cui appare un rinnovato o insolito interesse nei confronti delle donne perché ne sono citate diciassette, fra cui Plautilla Bricci e Lavinia Fontana, vuol dire proporne una lettura distorta. Vasi non fu particolarmente sensibile sull'argomento e, certamente, non mise in atto una volontaria rivalutazione del fare artistico femminile. Capisco le esigenze delle università americane, ma c'è un limite a tutto. 

 

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