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Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 8
Emil Nolde
Mein Leben [La mia vita]
Parte prima:
Emil Nolde e le sue Memorie, tra realtà e miti letterari.
[Versione originale: ottobre 2015 - nuova versione: aprile 2019. Segnalo - sui temi discussi in questo blog - l'importante mostra di Berlino tra aprile e settembre 2019: "Emil Nolde. Una leggenda tedesca. L'artista durante il regime nazista." I curatori della mostra sono Bernhard Fulda, Christian Ring e Aya Soika, in cooperazione con la Fondazione Nolde. L'avvio del progetto di ricerca che ha portato alla mostra é citato in questo post. La mostra segna un radicale cambiamento nell'attitudine della Foldazione Nolde rispetto al passato]
Nel 1967 (il centenario della nascita del pittore)
vengono finalmente pubblicati i quattro volumi delle Memorie. Ma la Fondazione vuol mettere le mani avanti, e prende
delle precauzioni. Il discorso ufficiale
per la celebrazione della ricorrenza è affidato
a Walter Jens, uno dei principali critici letterari e filologi dell’epoca, uno
studioso di primissimo ordine, ed ha come tema principale le Memorie dell’artista. Jens, con un
intervento memorabile, fa suonare un campanello d‘allarme. Spiega che le Memorie di Nolde – nella versione che
ancora circola – sono piene di ambiguità e dichiarazioni inaccettabili, che sono
deboli anche da un punto di vista letterario, e che Nolde non merita certamente
la reputazione di leader dell’opposizione interna al nazismo. Fa presente che
le versioni d’anteguerra (non più in circolazione) contengono elementi ancora più
preoccupanti. Tuttavia – continua – la
sua arte è superiore a tutte queste debolezze, e Nolde deve essere innanzi
tutto interpretato come un artista intimista che suscita intense emozioni e dà
libertà ai sogni della nostra mente. Anzi, Jens afferma letteralmente che i
nazisti ci avevano visto giusto: Rosenberg e compagnia avevano capito, meglio dello
stesso artista, che con quell’arte sublime, Nolde non avrebbe mai potuto essere
uno di loro. Conta l’artista, insomma; non quello che ha scritto nei suoi
ricordi, che deve essere rigettato. Il testo del discorso di Jens viene anche
tradotto in inglese e introdotto nel catalogo della mostra retrospettiva tenutasi
a Londra l’anno seguente.
Come evitare che, nel corso di tutti questi eventi, affiorino nuovi dubbi sul comportamento dell’artista? Una delle strategie di maggior successo consiste nel ripetere a oltranza i saggi critici degli stessi autori, con variazioni minime di volta in volta. Una ricerca su www.worldcat.org rivela che Martin Urban, il direttore della Fondazione dal 1962 al 1992, ha pubblicato 46 diversi scritti su Nolde nel periodo del suo incarico. Fra essi ce ne sono senz’altro alcuni molto significativi (come il catalogo ragionato delle pitture ad olio, in due volumi, oggi esaurito da tempo e disponibile sul mercato antiquario a prezzi proibitivi); ma emerge anche una lunga lista di articoli ripetitivi preparati per esibizioni in Germania e all’estero. Molto spesso, peraltro, le mostre (e le relative pubblicazioni) dedicate all’artista riguardano temi specifici, e del tutto apolitici: gli acquerelli e le stampe, le incisioni, le raffigurazioni del mare, le tele a olio di tema religioso, i fiori e gli animali, i ritratti, la vita notturna di Berlino, ecc. Il paladino di questa tecnica sembra essere Manfred Reuther, che succede a Martin Urban nel 1992 come direttore della Fondazione e segue una politica di questo tipo per vent’anni, pubblicando a sua volta 31 fra volumi, cataloghi e articoli segnati dalla netta prevalenza delle illustrazioni sui testi. Quando, nel 2012, Reuther va in pensione, la Fondazione ha curato e pubblicato - a nome dei suoi due direttori - poco meno di ottanta scritti, che tracciano tutti la medesima immagine del pittore. È chiarissimo l’intento commerciale, rivolto ad un pubblico inesperto. Un’eredità imbarazzante.
(recensione di Francesco Mazzaferro)
[Versione originale: ottobre 2015 - nuova versione: aprile 2019. Segnalo - sui temi discussi in questo blog - l'importante mostra di Berlino tra aprile e settembre 2019: "Emil Nolde. Una leggenda tedesca. L'artista durante il regime nazista." I curatori della mostra sono Bernhard Fulda, Christian Ring e Aya Soika, in cooperazione con la Fondazione Nolde. L'avvio del progetto di ricerca che ha portato alla mostra é citato in questo post. La mostra segna un radicale cambiamento nell'attitudine della Foldazione Nolde rispetto al passato]
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Fig. 1) Emil Nolde, 1948. Foto: Paul Senn; © Stiftung FFV, Bern |
Introduzione
Con le Memorie
di Emil Nolde (1867-1956), intitolate La mia vita (Mein Leben) pubblicate in quattro volumi e diverse versioni tra il
1931 e il 1967, ci confrontiamo con una delle opere autobiografiche più
importanti della storia della letteratura artistica tedesca, ma anche con una
delle vicende più intricate della stessa. Chiunque legga l’edizione disponibile nelle librerie tedesche (quella
del 2008, ripubblicata nel 2013), viene infatti intenzionalmente tratto in
inganno. L’immagine che si ricava dalla lettura delle 456 pagine del libro è,
infatti, incompleta e forse storicamente discutibile, rendendo auspicabile la ventilata pubblicazione (in occasione del centocinquantenario
dalla nascita, nel 2017) di un’edizione critica completa e commentata.
Diciamolo subito: molti degli aspetti di complessità – lo vedremo – sono del
tutto intenzionali, e derivano dalla volontà del pittore stesso e di quella dei
suoi eredi, in primis la Fondazione
Nolde, con sede nella cittadina tedesca di Seebüll, ai confini con la Danimarca. Il testo
delle Memorie si gonfia fino a
raggiungere quattro volumi e 880 pagine nel 1967 (nonostante la mancata
pubblicazione di un quinto volume di aforismi, pianificata ma mai
concretizzata), e viene ridotto a 420 pagine in una versione ridotta e
accorpata che vede la luce solo nove anni dopo, nel 1976. La differenza, ve lo
assicuro, non è solamente nei caratteri tipografici.
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Fig. 2) Il catalogo della mostra dedicata a Emil Nolde nel 1927, in occasione dei 60 anni, al museo Folkwang di Essen, con la laudatio del direttore Ernst Gosebruch |
In realtà il pittore, che fu assai longevo, cerca, dando
il suo placet a diverse versioni delle Memorie,
di offrire un’immagine continuamente evolutiva di se stesso, reagendo agli
avvenimenti della storia: dopo le prime esperienze di estrema povertà nella
Germania guglielmina, quando sviluppa un tipo di pittura del tutto nuova, in
nome di uno stile tedesco del nord che si oppone ad ogni influenza classica e
francese, egli ottiene pieno successo negli anni Venti, quando diviene il più
famoso artista tedesco nella Repubblica di Weimar, e al culmine di tale
successo, nel 1927, viene definito dal critico Ernst Gosebruch come ‘non-europeo,
tedesco’ (uneuropäisch, deutsch);
negli anni Trenta cerca un riconoscimento ancor maggiore proponendosi a capo dell’arte
della Germania nazista; subisce invece (con sua grande sorpresa) l’ostracismo
nazista che lo fa rientrare nel novero dei pittori degenerati, e viene per
questo sanzionato con la requisizione di tutte le sue opere e il divieto
assoluto di dipingere. Negli anni Quaranta cerca di dimostrare alle autorità che
si tratta di un equivoco, ma non riesce: gli viene proibito addirittura di
comprare colori ad olio e di dipingere in privato, per puro piacere personale. Viola
il divieto delle autorità, producendo con gli acquarelli i cosiddetti “quadri
non dipinti”. Nolde sopravvive al conflitto mondiale e provvede a riscrivere
parte delle sue memorie per beneficiare della fama di vittima del nazismo che
nel frattempo gli è stata cucita addosso. Muore vecchissimo, a 89 anni.
La
Fondazione Seebüll – da lui creata – fa di tutto per preservare l’immagine
dell’artista come vittima del totalitarismo, anche grazie ad operazioni editoriali
discutibili. Nel frattempo, mentre la
pubblicazione di parti ancora inedite delle memorie viene intenzionalmente dilazionata,
l’immagine critica di Nolde viene ricostruita come campione di una moderna
cultura pittorica tedesca d’avanguardia, aperta agli influssi francesi,
integrata nell’espressionismo tedesco, simbolo della resistenza interna al
nazismo e premonitrice dell’arte americana del dopoguerra. È solamente Walter
Jens, in un discorso per il centenario del 1967, a porre radicalmente in dubbio
la nuova vulgata, pur confermando
nello specifico grande ammirazione per il suo fare artistico.
Questa continua serie di voltafaccia si traduce nella
moltiplicazione di versioni differenti delle memorie. Innanzi tutto bisogna
chiarire che, storicamente, sono stati pubblicati quattro volumi di memorie
noldiane. È peraltro probabile che l’artista abbia pensato anche a un quinto
volume, questa volta di aforismi. Tuttavia, ciò che sbalordisce è il numero
delle diverse edizioni con cui ogni singolo titolo è stato di volta in volta
ripubblicato. Proviamo a seguire le fila di ognuno di essi, non per pignoleria,
ma – come vedremo – perché ad ogni differente edizione corrispondono momenti e
motivazioni storiche differenti.
Esistono due edizioni del primo volume, intitolato Das eigene Leben (La mia vita): quella del 1949 è di un terzo più ampia di quella del
1931: dunque, appena conclusa la Seconda Guerra Mondiale, l’autore, ottantenne,
rivisita la sua gioventù e i primissimi decenni della sua attività artistica, risalenti
ancora al XIX secolo (Nolde era nato nel 1867). Esistono anche due edizioni del
secondo volume (intitolato Jahre der
Kämpfe, Gli anni delle battaglie)
tra loro abbastanza equivalenti in termini di dimensioni dello scritto: la
prima è del 1934 e la seconda del 1958 (segue cioè di due anni la morte del
pittore). In questo secondo caso - come vedremo - il testo postumo è stato purgato
dei riferimenti più evidenti al nazionalismo e all’anti-semitismo (ma non in toto). È però nel 1976, quando si
pone in essere l’accorpamento in un singolo libro dei quattro volumi di Memorie
– vedi oltre - , che, con la scusa di tagli imposti da motivi di
brevità, la bonifica è totale e scompaiono interi capitoli ed importantissimi
passaggi, che sostanzialmente modificano l’immagine storica di Nolde.
Raccontare la storia del terzo e del quarto volume è
ancora più complesso. Sappiamo che una versione pronta per la stampa del terzo
volume (Welt und Heimat, ovvero “Il mondo e la terra natale”) era stata
completata già nel 1936, che la sua pubblicazione era stata vietata dalle
autorità naziste e che Nolde ne aveva distribuite alcune copie dattiloscritte
agli amici nel 1941-1942: furono immediatamente intercettate e sequestrate
dalla Gestapo. Importanti storici dell’arte tedeschi fanno riferimento nei loro
scritti del primo dopoguerra all’esistenza di due manoscritti (o
dattiloscritti) che essi avevano potuto consultare in quei mesi a casa di
Nolde. Quei testi coprono sicuramente i contenuti del terzo volume. Nell’estate
del 1958 viene annunciata a Francoforte la pubblicazione del terzo volume per
l’autunno seguente. Poi tutto viene bloccato, ed il terzo volume comparirà
solamente nel 1965.
Il quarto volume (Reisen,
Ächtung und Befreiung ovvero “Viaggi,
proscrizione e liberazione”) viene pubblicato nel 1967, in occasione del
centenario dalla nascita. Secondo la più recente biografa di Nolde, Kirsten
Jüngling, il lavoro era stato avviato nel 1936 e i materiali erano già stati
raccolti dal pittore nel 1948, anche se non è per nulla certo che fossero
pronti per essere stampati. È abbastanza probabile che Nolde lo volesse
pubblicare con un titolo più breve (“Viaggi
e proscrizione”). Con proscrizione s’intende qui il suo destino di vittima
innocente della proscrizione nazista. In realtà alla liberazione da parte delle
truppe inglesi non vengono dedicate più di due pagine. Non è chiaro perciò se
effettivamente vi fosse una volontà originaria di fare della ‘liberazione’ uno
dei temi centrali del libro.
È poi nota l’esistenza di aforismi, che dovevano offrire
il materiale per un quinto libro; nel 1963 il critico d’arte Werner Haftmann ne
ha dato una descrizione, pubblicandone una piccola parte. In gran parte sono
stati scritti negli anni della Seconda guerra mondiale. Difficile capire perché non siano stati mai pubblicati dalla
Fondazione Nolde, che ha curato pubblicazioni e mostre su ogni altro tema.
Avrebbero forse permesso di meglio capire che cosa il pittore pensasse in una
fase così cruciale della vita del paese. Si nasconde qualcosa?
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Fig. 3) Una serie di edizioni delle Memorie di Nolde dal 1931 al 2008 |
Se si consulta l’ultima edizione delle memorie,
quella del 2008/2013, il problema non è soltanto la mancanza di
un apparato critico, ma anche di un qualsiasi avvertimento al lettore sui temi appena accennati. Fa eccezione un
richiamo sommario, nella postfazione scritta, con molte ambiguità, dallo storico direttore della Fondazione,
Martin Urban. Insomma, quanto ho appena citato si può riscontrare solamente
acquistando sul mercato antiquario tutte le edizioni e confrontando fra loro alcune
migliaia di pagine.
Non mi sarebbe mai venuto in mente di farlo, se non avessi
letto una serie di articoli comparsi sulla stampa tedesca, a partire da quello
di Jochen Hieber nell’aprile 2014, e il catalogo della mostra su Nolde tenutasi
allo Städel di Francoforte lo stesso anno, che hanno avuto il merito di
diffondere tra il grande pubblico i dubbi che una vasta schiera di giovani storici
e critici d’arte avevano manifestato negli ultimi dieci anni, con un’opera di
ricerca certosina che ha sfatato luoghi comuni e anche sfidato, per alcuni
anni, la Fondazione Nolde. Questo saggio, che doveva essere terminato nel giro di poche settimane nella tarda primavera del 2014, è divenuto un testo ben più ampio, ed
ha richiesto quasi un anno di ricerca e lettura. L’idea è stata quella di
riscontrare i fatti sulle fonti, non tenendo conto delle sole Memorie, ma di tutta la letteratura
sull’artista. E per letteratura non s’intende solo la critica d’arte: basti
pensare al romanzo Lezione di tedesco di Siegfried Lenz (recentemente
scomparso) pubblicato nel 1968, uno dei capolavori della letteratura moderna
tedesca; Lenz s’ispira a Nolde e fa di
lui uno degli eroi mitici della resistenza interna tedesca. A volte è stato
spiazzante: non soltanto i diari di Nolde hanno subito mutazioni incredibili,
ma anche alcuni saggi critici scritti sull’artista, prima e dopo la Seconda
Guerra Mondaile, sono stati abbondantemente emendati: il caso più eclatante è
la Lezione sull’arte negli ultimi
trent’anni di Max Sauerlandt: in una prima versione Nolde vi compare come
pittore principe della nuova arte nazista; l’opera è poi immediatamente sequestrata
dai nazisti in seguito all’inserimento di Nolde nell’arte degenerata e
ricompare in una nuova versione postuma nel dopoguerra senza alcun riferimento
ideologico.
Da tutto ciò spero che venga fuori la storia avvincente –
quasi un romanzo – sulla manipolazione dei testi autobiografici del maggiore
pittore tedesco del 1900.
Dal 1931 alla fine della
seconda Guerra mondiale
Nel 1931 Emil Nolde (all’epoca l’artista di maggior
successo della Repubblica di Weimar) pubblica il primo volume delle sue Memorie. Il secondo volume appare nel
1934. Sono entrambi pubblicati dall’editore Rembrandt a Berlino, specializzato
in testi di storia dell’arte contemporanea. Avremo modo di dimostrare che ogni aspetto
del secondo volume delle Memorie
(titolo, tempi, contenuti) è legato al tentativo di Nolde di assumere la guida
di una nuova arte moderna nazionale e tedesca, liberata da ogni influenza
dell'impressionismo francese, ma anche dagli influssi dell’arte classica e
rinascimentale, in nome di un’arte di sensibilità esclusivamente nordica. In
altri termini, Nolde cerca di proporsi come leader di una nuova arte moderna,
nella nuova Germania nazista, pochi mesi dopo che Hitler ha preso i pieni
poteri.
Se era famoso (e ricco), Nolde in realtà ambiva a
qualcosa di più. Già in passato (negli anni Dieci) aveva cercato di assumere il
ruolo di guida dell’arte moderna in Germania (si parlava all’epoca di ‘arte
giovane’) nel momento della fioritura dell’espressionismo, ma aveva fallito:
gli si presentava ora, all’età di 67 anni, un’ultima occasione per accreditarsi come capostipite di una nuova arte genuinamente tedesca.
Per legittimare questo tentativo, Nolde fissa, nelle Memorie, alcuni capisaldi: prende le
distanze da ogni forma di espressionismo; rivendica il valore della teoria
razziale dell'arte; sostiene di essere erede del gotico tedesco (Grünewald)
contro la deriva rinascimentale (Dürer) e della pittura nordica del XIX e XX
secolo contro l’impressionismo; ed ancora, concepisce la creazione artistica
nella tradizione del romanticismo irrazionale e rifiuta qualsiasi aspetto
occidentale di razionalismo estetico; infine, promuove il suo interesse per la
natura e il paesaggio come effetto di un rapporto esclusivo di appartenenza
alla propria regione e nazione.
Nolde è sostenuto da un gruppo di critici e direttori di
musei d’arte moderna, ma, in realtà, anche se diverse figure di spicco della
gerarchia nel partito (Goebbels, Goering, Himmler e Speer) gli nutrono segretamente
simpatia, rappresenta solo il gusto di una piccola minoranza dei circoli
artistici nazisti. Ha anche nemici potenti, in particolare Alfred Rosenberg,
che è convinto che qualsiasi forma di arte moderna al di fuori di schemi
classici ottocenteschi debba essere vietata. E, in ultima analisi, Adolf Hitler
(pittore di timbro molto tradizionale nella sua vita precedente) si schiererà a
favore di questa seconda visione tradizionalista dell’arte, condannando Nolde.
Nel 1934 Nolde sa benissimo che si gioca molto: si può
affermare come nuovo pittore di riferimento dell'arte tedesca o può essere
spazzato via. Sa di essere al centro di una contesa all’interno del Partito
Nazionalsocialista e che le cose potranno andare molto bene o molto male. In
attesa che gli eventi si chiariscano, sceglie perciò di mantenere un profilo
basso, e nel terzo volume delle sue Memorie
prepara un resoconto dettagliato delle sue passate esperienze di viaggio al
di fuori della Germania e delle estati passate a dipingere paesaggi nel Nord
estremo della Germania, accennando appena agli eventi tumultuosi di quegli
anni, comprese le conseguenze devastanti della sconfitta nella Prima Guerra
Mondiale.
Le cose non girano come Nolde si aspetta. Nel 1937 viene addirittura
incluso (con sua grande sorpresa) nel gruppo degli artisti che il regime
stigmatizza come "Arte degenerata". Nolde – ormai settantenne - è
molto amareggiato. Il terzo volume - che è pronto per la pubblicazione - non può
essere più stampato. Nolde realizza privatamente una cinquantina di copie del
dattiloscritto che distribuisce come regalo agli amici nel 1941-1942, ma viene
scoperto dalle autorità a causa di una disattenzione della moglie e le copie
vengono immediatamente sequestrate. La moglie Ada viene interrogata dalla
Gestapo ed Emil teme per lei. Riesce però a dimostrare che il testo è innocuo
per il regime. Nolde continua comunque a lavorare alle Memorie, e prepara tutti i materiali per un quarto volume. È
intimamente convinto che il divieto di dipingere che lo ha colpito (e con esso
l’ostracismo nei confronti delle Memorie) sia il risultato dell’incompetenza di
qualche stupido funzionario pubblico, e che sarà in grado di convincere il
regime dei meriti ideologici della sua arte profondamente tedesca (e dunque
anche della necessità di pubblicare la sua autobiografia). I suoi tentativi
(inutili) andranno avanti addirittura sino al 1942, quando viaggerà fino a
Vienna in tempo di guerra per incontrare Baldur von Schirach, l’ex leader
dell’organizzazione dei Giovani nazisti (Reichsjugendführer),
che sembra più aperto nei confronti della sua arte. Vi è ampia evidenza storica
che Emil e sua moglie (erano una coppia molto unita) continuano a essere
convinti, ma incompresi, sostenitori del nazismo fino alla fine della guerra.
Le Memorie dopo la guerra
Una delle prime preoccupazioni di Nolde, a guerra finita
e persa, è quella di assicurarsi che la sua eredità artistica non si perda. Nel
1946, crea con la moglie (che muore lo stesso anno) la Fondazione Ada e Emil Nolde (d’ora in poi chiamata Fondazione
Nolde), con lo scopo di preservare la sua eredità artistica. Si tratta di un
passaggio fondamentale per la gestione futura delle Memorie. Contemporaneamente emerge l’esigenza di modificare il
testo dei diari. Nel primo dopoguerra viene pubblicata dall’editore Wolff di
Flensburg (nella Germania del Nord) una versione riveduta e corretta del primo
volume, che, peraltro, era quello che presentava meno imbarazzi (non solamente
perché presentava la biografia dell’artista fino al 1902, ma anche perché era stato
pubblicato nel 1931, ovvero prima della presa del potere da parte di Hitler).
Non vi è indicazione di data, ma l’edizione dovrebbe essere del 1949. Seguire
la complessa storia delle Memorie è
comunque, anche in questo caso, interessante: il pittore non si è potuto
esprimere per più di dieci anni, e dunque cerca di rimediare incrementando di
un terzo le dimensioni del volume. Le edizioni del 1931 e del 1949 sono molto
simili in termini tipografici: la prima ha però solamente 204 pagine e 42
illustrazioni incluse nel testo; la seconda invece si arricchisce, raggiungendo
294 pagine di testo e 126 illustrazioni fuori testo. Il contenuto aggiuntivo
dell’edizione del 1949 è fortemente intimistico. Si possono trarre due
conclusioni: primo, alla fine della Guerra Nolde intende aumentare, e non
ridurre, le dimensioni del racconto autobiografico; secondo, ha a disposizione
molti materiali (come i disegni giovanili) che evidentemente non sono andati tutti perduti con la guerra. In realtà, insieme alla casa di campagna in Germania del Nord, che rimane intatta dopo il conflitto, Nolde ha un appartamento a Berlino, che viene bombardato e completamente distrutto. Vi tiene parte della sua produzione artistica (le opere non esposte non sono sequestrate dalle autorità) ed un’ampia collezione d’arte (3000 lavori) di altri pittori contemporanei.
Vi sono indizi che, parallelamente alla nuova edizione
del primo volume, Nolde prepari anche una nuova versione del secondo (sugli
anni 1902-1913), quello in cui si propone come eroe di un’arte nazionale
tedesca contro l’influenza francese. Lo Spiegel
annuncia, il 19 febbraio 1949, che la pubblicazione di una nuova versione del
secondo volume è imminente. E qui cominciano i problemi seri, perché si è detto
che è in questo tomo (del 1934) che in origine erano contenute le dichiarazioni
programmatiche volte a convincere i nazisti che era lui il vero paladino
dell’arte tedesca; nel frattempo Nolde ha anche nel cassetto – pronto per la
pubblicazione – il terzo volume (sugli anni 1913-1914) e completa nel 1948 il
manoscritto del quarto volume (che copre gli anni tra la Prima e la Seconda
Guerra Mondiale).
Dunque, tutto è pronto per presentare al pubblico un
racconto autobiografico completo nei primi anni Cinquanta. Tuttavia, l’annuncio
dello Spiegel è smentito dai fatti:
alla versione emendata del primo volume non fa seguito nulla per ben nove anni.
La versione rivista del secondo volume è pubblicata da Wolff, ancora una volta (stranamente)
senza alcuna indicazione di data: alcuni storici dicono che sia del 1958, altri
addirittura del 1965. Kirsten Jüngling, la più recente biografa di Nolde,
preferisce non sbilanciarsi, e afferma solamente che è stato stampata dopo la
morte di Nolde. Io ritengo sia del 1958. Il terzo e il quarto volume sono
pubblicati da Wolff nel 1965 e 1967. Sempre nel 1967 l'editore DuMont di
Colonia inizia a pubblicare una nuova versione delle Memorie. Non è un caso: è un anno importante, ovvero il centenario
della nascita di Nolde. L’ammontare complessivo dei quattro libri nell’edizione
DuMont del 1967 raggiunge le 880 pagine. Si tratta di un corpus autobiografico non indifferente, uno dei più ampi della storia
della letteratura artistica.
Perché le Memorie
di Nolde rimangono inedite tra il 1949 e il 1958-1967, dopo che l’artista si
era affrettato a completare i manoscritti e ad emendare le versioni già
pubblicate subito dopo la fine della guerra? Perché, quando vengono infine pubblicate,
contengono ancora pagine imbarazzanti di sapore nazionalista sulle convinzioni
ideologiche ed estetiche di Nolde, che vengono poi emendate nel 1976? Perché alcuni
documenti autobiografici (gli aforismi) non vengono mai pubblicati? E ancora:
perché le lettere di Nolde successive al 1926 non sono mai state pubblicate?
Perché si continua a cambiare il testo delle Memorie senza avvisare il lettore, se non con una postfazione del
1976 che non chiarisce nulla?
Siamo cattivi, per una volta, e poniamo domande davvero maligne:
vi sono delle ragioni per le quali di un artista così famoso siano state
pubblicate solamente una decina di fotografie? Non amava farsi fotografare, le foto sono andate perse, oppure nelle foto lo si vede con il
distintivo del partito nazionalsocialista? E qual è la ragione per la quale le Memorie sono state oggetto di un numero
così impressionante di edizioni, fino a divenire un best-seller, senza che mai
fosse ad esse dedicata una sola pubblicazione scientifica, con una sola
eccezione: il volume “Nolde in dialogo”
(Nolde im Dialog), pubblicato nel
2003 come catalogo ad una mostra a Karlsruhe nel 2002, che si concentra però
ancora una volta solamente sugli anni 1905-1913? Possibile che nessuno si sia
mai posto nessuna di queste domande alla Fondazione Nolde? In assenza di
un’edizione critica delle Memorie
stesse, una risposta può essere formulata solo in termini davvero ipotetici.
Come si intuisce dall’ampliamento sostanziale del primo
volume e dai ritocchi molto leggeri contenuti nella riedizione del secondo, Nolde – ormai anziano – vuol completare la preparazione dei suoi
ricordi mantenendo una sostanziale continuità con le idee propugnate nel 1930:
vuole proclamare la germanicità della sua arte, definire valori estetici diversi
dal resto d'Europa, e mettere in discussione qualsiasi influenza di Francia e
Italia sull’arte tedesca. Non sente la necessità di ridiscutere la propria
identità. Del resto, è difficile che un ottantenne lo possa mai fare.
Probabilmente, dopo la guerra, è ancora un convinto nazista, come lo era del
resto la moglie (che muore nel 1946). Non a caso lo stesso Ernst Gosebruch, che
lo aveva definito un “tedesco non europeo” nella laudatio del 1927 per i sessanta anni (cfr, fig, 2), ripete sostanzialmente lo
stesso concetto in un discorso del 1947 in occasione dell’ottantesimo
compleanno. Secondo Gosebruch, Nolde si sarebbe posto come un eroe della
pittura nazionale, sollevandosi contro il predominio dell’arte francese. Ernst
Gosebruch era un amico intimo dell’artista, ma forse non aveva capito che
ripetere gli stessi concetti nel 1927 e nel 1947 ignorava del tutto la mutata
prospettiva storica della Germania dopo la sconfitta.
È insomma possibile che i testi già pronti nel 1948 non fossero immediatamente pubblicabili,
perché non più in linea con la necessità assoluta dell’arte tedesca di segnare
una netta cesura con il passato nazista. Dare alle stampe il testo così come
preparato da Nolde avrebbe messo a rischio la reputazione del pittore. Forse
Nolde, molto anziano, non se ne rendeva conto. Nel 1948, Nolde si risposa. Non
si può escludere che la seconda compagna (Jolantha) – molto più giovane
dell’artista – e gli assistenti più stretti abbiano cercato di prender tempo,
evitando la pubblicazione dei testi autobiografici con Nolde vivente, in modo
da poter operare le necessarie correzioni. Fatto sta che è solo dopo la scomparsa
di Emil che essi possono intraprendere una revisione dei testi che consenta di
fare delle memorie un elemento di forza, e non di debolezza, dell’immagine
dell’artista.
Insomma, immediatamente dopo la sua morte, nel novero ristretto
degli amici e collaboratori della Fondazione, vi è chi intuisce la possibilità
e l’opportunità concreta di presentare Nolde all'opinione pubblica tedesca ed
europea in modo del tutto nuovo: come un artista proiettato verso un’arte
moderna di gusto europeo e internazionale, come una vittima della persecuzione
nazista, come un artista che subisce un ingiusto divieto, e che osa sfidare
quella proibizione, continuando a dipingere segretamente. Gli stessi argomenti
artistici che sono stati la causa della sua disgrazia durante il periodo
nazista (l’uso dei colori a creare violenti contrasti, il gusto per un linguaggio pittorico primitivo,
la violazione di qualsiasi forma
classica, le composizioni non tradizionali su temi religiosi) possono ora
aiutare a presentarlo come un pittore indipendente, che sfida le convenzioni e
apre la strada all'arte sperimentale. In questo quadro, pubblicare
immediatamente le memorie sarebbe stato un elemento di disturbo. Dunque, nella
nuova battaglia campale per conquistare l’opinione pubblica tedesca, il modello
da seguire è quello di Quinto Fabio Massimo, il temporeggiatore. Non quello del
Generale Custer!
La lucida consapevolezza della necessità di dover
rimettere mano ai diari (editi o no) è, probabilmente, del 1958. Dalla morte
del pittore (1956) la gestione dell’immagine di Nolde è ormai in mano alla
Fondazione, sotto la guida di Joachim von Lepel (1913-1962). Ogni pubblicazione
su Nolde deve essere autorizzata dall’ente. Già da tempo il pubblico è stato
informato che la Fondazione custodisce da anni due manoscritti, pronti per la
pubblicazione: si tratta dei manoscritti il cui contenuto corrisponde al terzo
volume delle Memorie.
Il catalogo della mostra tenutasi al Kunstverein di
Francoforte (agosto-settembre 1958), è curato dalla Fondazione. Vi compare
l’informazione che, subito dopo il secondo volume, pubblicato nella prima parte
del 1958, anche un terzo volume sarà pubblicato nell’autunno dello stesso anno,
con il titolo “Mondo e terra natale”.
Dunque, in quel momento la pubblicazione del terzo volume è data per imminente.
Ma la pubblicazione viene cancellata. Improvvisamente, cambiano i piani
editoriali. La priorità viene data alle mostre ed alla pubblicazione dei
cataloghi.
I due manoscritti sono pubblicati solo nel 1965 in edizione
congiunta, con il titolo combinato: “Mondo
e terra natale. Il viaggio nei mari del Sud” (Welt und Heimat. Die Südseereise). Non è da escludere che, rispetto
agli originali, cambino i contenuti. La grandissima parte del terzo volume,
nella versione del 1965, è dedicata al viaggio in Nuova Guinea. La questione è importantissima:
nella versione attuale lo spazio dedicato agli anni fondamentali tra la fine
del viaggio in Nuova Guinea (1914) e il 1921 è davvero esiguo. Sorge il
sospetto che vaste parti del diario siano state cancellate tra il 1957 ed il
1965. Sarebbe davvero grave: sono gli anni della Prima Guerra Mondiale, dei
tentativi di colpo di stato di destra e di sinistra, dell’avvio della
Repubblica di Weimar. Che cosa è stato cancellato dalla Fondazione? E se nulla
è stato cancellato, perché si è improvvisamente deciso di ritardare la
pubblicazione di sette anni?
Si procrastina la pubblicazione delle Memorie, e la Fondazione si concentra sulla capacità delle opere d’arte d’abbagliare il pubblico, nella speranza del grande successo. Ed è proprio quello che succede. Le mostre della Biennale di Venezia dei primi anni Cinquanta (1950, 1952 e 1956), sotto l'egida del direttore Umbro Apollonio, e le prime due edizioni di Documenta a Kassel (1955 e 1959) sotto la guida di Werner Haftmann, non solo rilanciano Nolde come artista, non solamente lo inseriscono in un solido quadro europeo, ma ne fanno anche uno dei leader estetici dell’opposizione al nazismo. Haftmann scrive prima una serie di saggi riguardanti le tecniche utilizzate da Nolde, e poi (nel 1958) un’importante monografia, che è pubblicata l'anno seguente negli Stati Uniti. Nel 1960, a Berlino, gli viene dedicata una grande retrospettiva; nel 1963 è il turno della mostra di New York, al Museo d’Arte Moderna. Si afferma in quegli anni l’idea dell’arte di Nolde come necessario passaggio tra l’espressionismo tedesco degli anni trenta e l’espressionismo astratto americano del dopoguerra. Non si può capire l’arte contemporanea senza di lui.
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Fig. 4) Emil Nolde e l'espressionismo tedesco: articolo di Attilio Podestà in occasione della Biennale di Venezia del 1952 (Emporium, Vol. CXVI, n. 691-692, pp. 029) |
Si procrastina la pubblicazione delle Memorie, e la Fondazione si concentra sulla capacità delle opere d’arte d’abbagliare il pubblico, nella speranza del grande successo. Ed è proprio quello che succede. Le mostre della Biennale di Venezia dei primi anni Cinquanta (1950, 1952 e 1956), sotto l'egida del direttore Umbro Apollonio, e le prime due edizioni di Documenta a Kassel (1955 e 1959) sotto la guida di Werner Haftmann, non solo rilanciano Nolde come artista, non solamente lo inseriscono in un solido quadro europeo, ma ne fanno anche uno dei leader estetici dell’opposizione al nazismo. Haftmann scrive prima una serie di saggi riguardanti le tecniche utilizzate da Nolde, e poi (nel 1958) un’importante monografia, che è pubblicata l'anno seguente negli Stati Uniti. Nel 1960, a Berlino, gli viene dedicata una grande retrospettiva; nel 1963 è il turno della mostra di New York, al Museo d’Arte Moderna. Si afferma in quegli anni l’idea dell’arte di Nolde come necessario passaggio tra l’espressionismo tedesco degli anni trenta e l’espressionismo astratto americano del dopoguerra. Non si può capire l’arte contemporanea senza di lui.
Per evitare problemi, bisogna rinunciare alla trasparenza
sulla realtà biografica. È provato che la Fondazione Nolde (proprietaria di
tutti i diritti d'autore per qualsiasi uso di tutte le opere d'arte di Nolde)
consente nel 1958 a Haftmann di pubblicare la monografia a condizione che non
parli della sua adesione al nazismo. Vi sono, ovviamente, in Germania voci
fuori dal coro che ricordano le passate intenzioni di Nolde di promuovere
un'arte moderna nazionalista (fra questi il pittore Karl Hofer, paladino della
cultura pittorica francese, che muore nel 1955). Tuttavia il nuovo mantra della
critica d'arte ricalibra le cose in questa maniera: Nolde è un pittore ingenuo,
non interessato alla politica; è comunque un artista segnato da una
fondamentale coerenza di linguaggio pittorico, dagli anni della Germania
Guglielmina alla Germania di Adenauer; è parte di un movimento artistico
collettivo a livello europeo segnato da contributi francesi (Fauves) e tedeschi
(espressionismo), che vuole raccogliere l’eredità di Rembrandt, Van Gogh e
Gauguin; infine, pur nelle sue contraddizioni ed esitazioni iniziali, è
sostanzialmente vittima del regime nazista. I primi due direttori della Fondazione Nolde (Joachim von Lepel dal
1956 al 1962 e Martin Urban dal 1962 fino al 1992) diventano i custodi di
questa nuova dottrina.
È chiaro che è la natura stessa della pittura di Nolde
che li aiuta a proporre l’artista tedesco al pubblico in questi termini. La sua
arte si basa - sia in termini di creazione artistica, sia di ricezione da parte
del pubblico – sull’istinto, e non sulla razionalità. Nolde crea arte in stato
di estasi, quasi al di fuori di un qualsiasi processo intenzionale e razionale,
come se si trovasse in uno stato ipnotico. Pertanto, è difficile razionalizzare
la sua arte, e considerarla in relazione ad eventi storici. Con pochissime
eccezioni (quattro o cinque dipinti) la sua vastissima produzione pittorica
(più di mille opere) non ha rapporto alcuno con gli eventi storici. La sua
attenzione si concentra o sulla natura o su temi religiosi o su eventi mondani.
Gli spettatori sono sopraffatti da quella che è stata spesso descritta come
un'orgia di colori ispirati dall’uso spregiudicato di materiali e tecniche,
tutti elementi che, di solito, non sono direttamente associati dal pubblico all'idea di un regime totalitario. L'arte di Nolde può quindi essere interpretata
in qualunque direzione e secondo qualsiasi coordinata storica.
Se dopo la guerra Nolde si afferma in Germania, in Europa
e nel mondo come eroe della fantasia, è dunque anche perché le Memorie sono prima tenute ben segrete e
poi pubblicate in forme che confermano il successo di pubblico già raggiunto
alle mostre di Seebüll, sede della Fondazione,
e poi ovunque. Sembra quasi vi sia una sapiente strategia nel costruire prima
una nuova immagine dell’artista grazie alle mostre, e solo dopo documentarne la
biografia. Nel 1957, Hans Fehr, amico di lunga data di Nolde, pubblica un
"Libro di amicizia", che
nella sostanza conforta l’approccio entusiasta delle migliaia e migliaia di
visitatori che visitano sempre più numerosi le sue mostre. È sempre Fehr ad
inaugurare le celebrazioni del 1957, quando si apre il museo di Seebüll. Gli
storici moderni, come la Jüngling e Christian Saehrendt, non hanno molti dubbi
nell’affermare che la pubblicazione delle Memorie
da parte della Fondazione Nolde sia il frutto di manipolazioni di cui si
deve ora cercare di comprendere l’entità. Fino al 1962 (data di morte di von
Lepel) la Fondazione cerca di documentare la propria attività in modo
oggettivo: vengono pubblicati rapporti annuali; il primo contiene anche la
composizione del consiglio d’amministrazione (che comprende solo amici fidati e
nessun critico d’arte); gli annuari successivi presentano l’elenco
circostanziato di tutte le pubblicazioni e mostre su Nolde, in Germania e
all’estero. Il nuovo direttore, Martin Urban, è un critico d’arte con un
passato molto legato alla regione natale di Nolde. È nato come von Lepel nel
1913, e con lui si pone in linea di sostanziale continuità, a parte tre
correzioni di rotta: a) scompare ogni trasparenza sull’attività sociale della
Fondazione (nessun rapporto annuale); b) viene notevolmente incrementato il
numero delle mostre; c) vi è una chiara
virata delle pubblicazioni in senso commerciale. In altre parole, la Fondazione
diviene una fonte di guadagno.
Nolde come eroe laico
nell’opera di Siegfrid Lenz
Siamo nel 1968. Un nuovo evento amplifica ulteriormente
la reputazione di Nolde in Germania e nel mondo. Siegfried Lenz (uno dei
principali romanzieri tedeschi del Novecento) pubblica il suo best-seller,
intitolato Lezione di tedesco (Deutschstunde). Si tratta di uno dei
primi romanzi in Germania a mettere in discussione il modello della società
tedesca, basata su obbedienza, senso di dominio e repressione. Lenz vuole che i
suoi lettori riflettano circa la sostanziale continuità esistente tra
repressione totalitaria nella Germania nazista e repressione sociale in
Germania dopo la guerra. Ha bisogno di un eroe che - con la sua biografia -
possa essere testimonianza che la Germania ha avuto anche una resistenza
interna, con comportamenti quotidiani diversi da quelli richiesti dal regime.
Ahimè, a questo scopo sceglie proprio Emil Nolde, anche se, nel romanzo, gli dà
un nome diverso (Max Ludwig Nansen). Lo fa sapendo dei punti interrogativi che pendono
su Emil; come Jens, tuttavia, ritiene le Memorie
un elemento non centrale nella biografia del pittore. Gli sembra che offrire
una semplice variazione letteraria del tema originale, disegnando un Nansen
molto simile, ma anche differente al pittore reale, sia sufficiente. In poche
parole, Lenz fabbrica un Nolde ‘migliore’.
Non vi è dubbio, a scanso di equivoci, che il pittore di
Siegfried Lenz sia in realtà Nolde. La biografia, il personaggio, la geografia,
lo stile artistico, il soggetto dei dipinti, il modo di parlare e la scrittura:
tutto corrisponde. In più, Lenz si ispira alla monografia scritta da Haftmann nel
1958 per selezionare un numero di dipinti importanti di Nolde, che sono
descritti nel romanzo con eccezionali capacità ecfrastiche. Confrontando i
ritratti letterari di Lenz e le descrizioni ricche ed elaborate di Haftmann, si
rinvengono alcune affinità molto stimolanti così come differenze intenzionali
di temi e linguaggio. Nel romanzo, l’ecfrasi dei dipinti di Nolde serve a Lenz
al fine di rafforzare il senso del dramma negli snodi cruciali dell’opera. Al
lettore è volutamente data l'impressione che ci si confronti con arte vera, e
che la vera arte sia parte integrante del romanzo.
Ciò che fa Lenz è prendere tutti i temi chiave della vita
e dell’estetica di Nolde – com’erano percepiti dall’opinione pubblica all’epoca
– e amplificarne e rafforzarne le caratteristiche, eliminando le zone d’ombra.
Se Nolde è conosciuto come un uomo perseguitato per motivi esclusivamente
artistici (e non politici), qui Nansen si mostra capace di intervenire con
risolutezza e di accettare rischi per la sua vita. Se Nolde è generalmente
descritto come un pittore il cui processo di creazione è così dominato
dall'istinto da essere quasi privo di razionalità, qui Nansen è certamente un
creatore appassionato d'arte, ma anche in grado di utilizzare la pittura per
reinterpretare – in modo del tutto intenzionale - la realtà secondo il proprio
gusto estetico indipendente. Se Nolde, nella versione del 1967 del quarto
volume ci narra degli scambi epistolari tenuti da lui e da sua moglie con i
soldati in guerra per sollevare loro il morale, Nansen fa il passo ulteriore di
curare e ospitare un disertore (un atto che gli sarebbe costata la fucilazione,
se scoperto). Se è possibile sospettare che Nolde sia (anche marginalmente) più
coinvolto nel regime di quanto ci dica nelle Memorie, qui Nansen è, senza dubbio, un paladino della democrazia.
Un partigiano pacifista.
Lo scrittore israeliano Amos Oz ha detto che il romanzo
di Lenz (tradotto in una ventina di lingue) gli ha fatto cambiare opinione
sulla Germania, aprendolo alla nuova cultura tedesca occidentale. L’opera
diviene un best-seller anche in Polonia e Russia. Per la gioventù tedesca del
1968, legittima la ribellione; per la Germania di Willy Brandt è un nuovo
simbolo di legittimità. Brandt chiede a Lenz di accompagnarlo in Polonia,
quando si inginocchia a Varsavia nel 1970 per commemorare la rivolta del
ghetto.
Dal romanzo è tratto anche uno sceneggiato televisivo
(girato nel 1971 per la regia di Peter Beauvais) che viene trasmesso in più
occasioni dalla televisione pubblica.
La seconda fase della
manipolazione delle memorie
Il capolavoro di Lenz trasforma Nolde in un eroe politico
che appartiene alla coscienza collettiva della gente; l’artista è il simbolo
identitario di una nuova Germania. Centinaia di migliaia di persone visitano le
mostre dedicate all’artista (secondo Christian Saehrendt, fra il 1945 e il
1990, i visitatori sono 340.000), così come la casa natale di Seebüll (che è anche la sede
della Fondazione Nolde) diventa un’attrazione turistica. Emil Nolde è il mito della classe politica
tedesca. Un recentissimo volume di Jörg Magenau sull’amicizia tra Schmidt e
Lenz spiega l’importanza del loro comune amore per Nolde. Helmut Schmidt lo apprezza
a tal punto (sin dall’adolescenza, grazie a un professore di scuola dalle idee
molto aperte) da far organizzare una mostra sull’artista presso la Cancelleria
di Bonn nel 1982. Richard von Weizsäcker (a lungo Presidente della Repubblica
Federale e poi primo Presidente della Germania unita) offre il patronato per
una mostra a Mosca. Angela Merkel tiene un dipinto di Nolde nel suo ufficio a
Berlino. Nolde è, oggi, il più famoso e amato artista tedesco del XX secolo. [N.B. La Cancelliera Merkel ha recentemente annunciato di voler sostituire i quadri di Emil Nolde finora esposti nel suo ufficio].
Il capolavoro di Lenz rappresenta un’arma a doppio taglio
per la gestione delle Memorie da
parte della Fondazione Nolde. Una volta divenuto l’artista di riferimento della
nuova Germania, confuso da un gran numero di tedeschi con l’eroe di Deutschstunde, diventa sempre più
difficile gestirne le ambiguità contenute negli scritti. Affermare
semplicemente che fosse un grande pittore, ma un povero ingenuo in politica,
non basta più. Forse anche per questo motivo nel 1976 si prepara una nuova
versione delle Memorie, che accorpandole
in un volume unico, le riduce drasticamente. Un confronto tra le versioni del
1967 e del 1976 rivela che i tagli sono davvero importanti. Dal secondo volume
scompaiono tutti i riferimenti alla teoria razziale della società, tutte le
pagine più esasperate sulla germanicità dell’arte; tutte le pagine più
polemiche sui pittori espressionisti; tutti i riferimenti più radicali sulla
cultura di Francia e Italia. Dal quarto volume scompare l’intero capitolo
dedicato alla Seconda Guerra mondiale: saltano così, per esempio, dieci pagine
particolarmente significative. In esse erano riportati stralci della
corrispondenza che Ada teneva coi soldati al fronte. Si tratta di missive in cui si documenta il
tentativo dei coniugi di sostenere moralmente i giovani ragazzi della Wehrmacht
che stanno combattendo in prima linea, parlando loro dei meriti dell’arte
tedesca. Nel luglio 1941, Ada scrive una lettera ad alcuni di loro in cui
paragona implicitamente “la nostra battaglia per l’arte” (unser Kampf um die Kunst) e il “nostro combattimento” (unsere Schlacht) alla guerra combattuta
dalla Wehrmacht. In tal modo, dopo un primo passaggio manipolatorio tra il 1948
ed il 1958-1967, si elimina infine dall’autobiografia ogni altro elemento che
non sia compatibile con l’immagine ‘mitica’ del pittore, ormai affermatasi.
Di troppo successo si può anche morire, almeno in termini
intellettuali. La perfetta identità tra aspetti visivi (colore, innovazione),
finzione letteraria (Lenz) e narrazione nella nuova versione delle Memorie favorisce una vera e propria
“industria” costruita su Nolde, un’attività che è comunque (per usare la
terminologia economica) un monopolio, con tutti gli inconvenienti del caso in
termini di efficienza ed efficacia. La gestione dei diritti d’autore,
fondamentalmente in mano alla Fondazione, non solamente permette di
privilegiare una sola corrente di pensiero, ma fa dell’ente un centro che
genera profitti e si espande, con l'apertura di una filiale nel pieno centro di
Berlino nel 2007 (ora chiusa). Tuttavia, come in tutti i monopoli, è il
consumatore che paga il prezzo, perché viene fornita sempre la stessa versione
del prodotto. In particolare, l’arte di Nolde finisce per divenire una
creazione pura di bellezza stupefacente, ma la cui interpretazione univoca è
per molti aspetti superficiale.
Infatti, dando uno sguardo ai cataloghi delle mostre e delle pubblicazioni dedicate a Nolde
nel corso dei decenni, ciò che colpisce è l’autoreferenzialità della critica; a
scrivere sono sempre gli stessi soggetti (in sostanza, i due direttori della Fondazione)
e i temi sono sempre identici. Nolde diviene, nella Repubblica Federale Tedesca,
un’icona sostenuta da una forma di ‘pensiero unico’.
Una delle ragioni che sostengono il ‘pensiero unico’ è la
guerra fredda: nella Germania Democratica Tedesca, fino alla metà degli anni
Ottanta, Nolde e l’espressionismo in generale sono visti con aria di
sufficienza: un movimento artistico borghese, che pecca di formalismo estetico,
e che al più non si è saputo opporre al nazismo. Nei decenni 1950-1960 Nolde
subisce oltre cortina lo stesso sabotaggio culturale cui lo avevano sottoposto
i nazisti. Anzi, alla sua morte egli viene apertamente tacciato di aver
declinato in termini personali l’ideologia nazista. Nolde diviene perciò un
oggetto dello scontro fra Est e Ovest, con gli Stati Uniti pronti a sostenere
le ragioni del movimento espressionista (e di Nolde) contro il realismo
sovietico. Non a caso, a Berlino Ovest, negli anni della Guerra fredda si
tengono spesso mostre su Nolde.
Ciò detto, a un certo punto Nolde non può continuare ad
essere ignorato nel blocco sovietico. Il romanzo di Lenz ha un successo
immediato e travolgente anche in Unione Sovietica e nei Paesi dell’Est. Un
capitolo dedicato a Nolde viene inserito nel secondo tomo del quinto volume
dell’imponente antologia sovietica, intitolata “I Maestri dell’Arte sull’Arte”,
che esce a Mosca nel 1969. E anche nella Repubblica Democratica Tedesca,
nonostante le precisazioni sui suoi errori ideologici, l’attenzione dei critici
viene dedicato all’artista: ne è un esempio lo spazio dedicato a Nolde nella monografia di
Horst Jähner sul gruppo del Ponte (“Brücke”), pubblicata nel 1984.
La richiesta sempre maggiore del “prodotto-Nolde” fa sì
che, in una Germania sempre più grande esportatrice, ci si ponga presto il
problema di far valicare i confini nazionali anche alla sua arte, in una
duplice prospettiva: da un lato sottolineare l’immagine positiva della Germania
non solo in campo estetico; dall’altro, molto probabilmente, moltiplicare i
diritti d’autore. Così capita di notare come nei cataloghi delle mostre si
sottolinei che Nolde aveva viaggiato molto, tant’è che, dai dati biografici (e
quindi anche dalle Memorie), si
estrapola una nuova immagine, forse lontana dalla realtà: quella di un Nolde
cittadino del mondo e naturalmente in grado di cogliere le sfumature delle
differenze tra culture. Stando a quanto scrive nel secondo libro delle Memorie, l’artista - a mio avviso – era
invece del tutto legato ad un’idea razziale dell’umanità, che frammentava il
genere umano in corpi estranei l’uno all’altro, condannava ogni commistione di
idee e rifiutava ogni “arte meticcia”.
La lista seguente (non esaustiva) elenca le mostre dedicate ad Emil fuori dai confini tedeschi e
permette di avere concretamente un’idea del fenomeno Nolde (naturalmente sono escluse le mostre
collettive dedicate genericamente all’espressionismo. Se le inserissimo, ci
troveremmo come minimo a un numero finale moltiplicato quanto meno per tre):
New York (1955), Londra, Odense e Venezia (1956), Boston (1957), Copenaghen e
New York (1958), Caracas e Parigi (1959), Los Angeles, Rio de Janeiro e Vienna
(1960), Bruxelles (1961), New York (1963), Dublino (1964), Vienna (1965),
Londra (1966), Copenaghen, Humlebaek e Stoccolma (1967), Londra (1968), Chicago
e Lione (1969), Londra e Reykjavík (1970), Tokio (1972), Belgrado e New York
(1979), Chicago e Città del Messico (1980), Tokio (1981), Nuova Delhi (1982),
Roma (1984), Humlebaek (1986), Gravelines (1988), Mosca e Leningrado (1990),
Lugano e Vienna (1994), Boston, Los Angeles e Londra (1995), Copenaghen e
Parigi (1996), Madrid (1997), Barcellona (1998), Vienna (1999), Palma di
Maiorca (2000), Vienna (2001), New York (2004), Parigi (2008), Montpellier
(2009), Davos e Ordrupgaard (2010), Oslo e Vienna (2013), Humlebaek (2014),
Göteborg, Winterswijk e Stoccolma (2015)
Come evitare che, nel corso di tutti questi eventi, affiorino nuovi dubbi sul comportamento dell’artista? Una delle strategie di maggior successo consiste nel ripetere a oltranza i saggi critici degli stessi autori, con variazioni minime di volta in volta. Una ricerca su www.worldcat.org rivela che Martin Urban, il direttore della Fondazione dal 1962 al 1992, ha pubblicato 46 diversi scritti su Nolde nel periodo del suo incarico. Fra essi ce ne sono senz’altro alcuni molto significativi (come il catalogo ragionato delle pitture ad olio, in due volumi, oggi esaurito da tempo e disponibile sul mercato antiquario a prezzi proibitivi); ma emerge anche una lunga lista di articoli ripetitivi preparati per esibizioni in Germania e all’estero. Molto spesso, peraltro, le mostre (e le relative pubblicazioni) dedicate all’artista riguardano temi specifici, e del tutto apolitici: gli acquerelli e le stampe, le incisioni, le raffigurazioni del mare, le tele a olio di tema religioso, i fiori e gli animali, i ritratti, la vita notturna di Berlino, ecc. Il paladino di questa tecnica sembra essere Manfred Reuther, che succede a Martin Urban nel 1992 come direttore della Fondazione e segue una politica di questo tipo per vent’anni, pubblicando a sua volta 31 fra volumi, cataloghi e articoli segnati dalla netta prevalenza delle illustrazioni sui testi. Quando, nel 2012, Reuther va in pensione, la Fondazione ha curato e pubblicato - a nome dei suoi due direttori - poco meno di ottanta scritti, che tracciano tutti la medesima immagine del pittore. È chiarissimo l’intento commerciale, rivolto ad un pubblico inesperto. Un’eredità imbarazzante.
I dubbi degli anni 2000
Con la fine del secolo, tuttavia, una serie di storici e
critici dell'arte inizia a porsi interrogativi sulle Memorie. Vorrei citare in particolare
Uwe Danker, Bernd Fulda, Kirsten Jüngling, Felix Krämer, Christian Saehrendt,
Aya Soko e James Van Dike. Sono sempre di più gli
indizi che emergono dagli archivi a confermare domande e dubbi sulla reale
interpretazione di Nolde, dubbi che erano sempre esistiti tra gli storici e già
risaltano semplicemente incrociando le diverse versioni del secondo volume
autobiografico (e leggendo anche, nella versione d’anteguerra, gli articoli di
Max Sauerlandt, il critico d'arte che maggiormente sostiene negli anni Trenta
il tentativo di Nolde di conquistare l'attenzione dei nazisti).
La mostra retrospettiva a Francoforte nel 2014, in questo
senso, è un vero e proprio salto di qualità. Per la prima volta l'attenzione
del catalogo è sulla questione dell'identità storica di Nolde (per la verità,
se ne era già parlato a una mostra a Lugano nel 1994, curata dallo storico
d’arte italiano Rudy Chiappini). L’articolo
a tutta pagina di Jochen Hieber sulla Frankfurter
Allgemeine Zeitung, il 26 aprile 2014, trasforma un confronto tra esperti
in una disputa seguita dal grande pubblico e discussa su tutti i principali
media tedeschi. Se ne parla per mesi.
Anche presso la Fondazione Nolde sembra aprirsi un nuovo
corso, dopo che Reuther va in pensione nel 2012, il breve interregno di
Christine Hopfengart come direttrice nel 2013, e soprattutto con la nuova
direzione di Christian Ring. Ring stesso ha annunciato di recente che due tra
gli storici appena citati, Bernd Fulda e Aya Soko, termineranno un importante
progetto di ricerca con l'obiettivo di arrivare a presentare nuovi elementi nel
2017, in occasione dei centocinquantenario della nascita di Nolde. Speriamo che
questa sia anche l'occasione per pubblicare la prima edizione critica delle Memorie, di cui vi è urgente bisogno. [N.B. La mostra in corso alla Hamburger Bahnhof di Berlino nel 2019, citata sopra, presenta i risultati della ricerca di Fulda e Soko. Purtroppo, anche se ho letto numerose recensioni della mostra, non sono ancora stato in grado di visitarla. Non ho neppure ancora letto il catalogo edito da Prestel con il titolo "Emil Nolde. The Artist during the Third Reich".]
* * *
OPERE CONSULTATE (PER TUTTI
GLI ARTICOLI SU EMIL NOLDE)
Al termine di questo post si riporta l'intera bibliografia consultata per la redazione di questo e dei successivi interventi su Emil Nolde
Al termine di questo post si riporta l'intera bibliografia consultata per la redazione di questo e dei successivi interventi su Emil Nolde
Antliff, Mark - Avant-Garde Fascism: The Mobilization of Myth, Art,and Culture in France, 1909–1939, Duke University Press, 2007
Apollonio, Umbro - Die Brücke e la cultura
dell'espressionismo, Venezia, Alfieri, 1952
Baum, Tobias – Emil Nolde, Der Künstler, der Kritiker und
der Krieg, in : Wall Street Journal, 13 June 2014, http://wsimag.com/de/kunst/9636-emil-nolde
Berman, Russell A. – German Primitivism/Primitive Germany. The case of Emil Nolde, in Berman, Russell, Cultural Studies of Modern Germany: History,
Representation, and Nationhood, The University of Wisconsin Press, 1993
Beutin, Wolfgang – „Deutschstunde“ von Siegfried Lenz.
Eine Kritik (Lezione di Tedesco di Siegfried Lenz. Una critica), Amburgo,
Hartmut Lüdke Verlag, 1975
Beyme von, Klaus - Das Zeitalter der Avantgarden: Kunstund Gesellschaft 1905-1955 (L’epoca delle avanguardie. Arte e Società
1905-1955), Monaco, Beck, 2005.
Biennale di Venezia, XXVII, 1956, pp.595, 155 ill, –
Bradley, William Steven – The Art of Emil Nolde in the Context of
North German Painting and Volkish Ideology, Northwestern University, 1981, pp.
317
Bradley, William Steven – Emil Nolde and German Expressionism. A
Prophet in His Own Land, Northwestern University, 1986, pp. 196
Brenken, Anna - Flaches Land mit Heiligem (Bassopiano con
Santo), in Die Zeit, 29 Aprile 1988 Si veda: http://www.zeit.de/1988/18/flaches-land-mit-heiligem
Danker, Uwe - „Vorkämpfer des Deutschtums“ oder„entarteter Künstler“? Nachdenken über Emil Nolde in der NS-Zeit, ("Campione
della germanicità" o "artista degenerato"? Considerazioni su
Emil Nolde) in: Demokratische Geschichte 14 (2001).
Deutscher Militärischer Kunstschutz in Italien 1943-1945,
(La protezione militare tedesca dell’arte in Italia), International Conference
in the Zentralinstitut für Kunstgeschichte Munich, 6-8 May 2010,
Deutschstunde als Fernsehfilm. Informationen und
Eindrücke (Lezione di tedesco come sceneggiato televisivo. Informazioni ed
impressioni), a cura di Anneliese de Haas, Hamburg, Hoffmann und Campe, 1971,
pp. 73
Documenta, Kunst des XX. Jahrhunderts, Internationale Ausstellung
in Museum Fridericianum (Documenta. Arte del XX Secolo. Mostra internazionale
al Museo Fridericiano) in Kassel, 15 Luglio - 18. Settembre 1955, Monaco,
Prestel-Verlag
Elm, Theo – Siegfried Lenz – “Deutschstunde” (Lezione di
tedesco), 1974, Wilhelm Fink Verlag, Münche, pp. 142
Emil Nolde (1) Museum Folkwang in Essen, 17 Luglio - 11
Settembre 1927
Emil Nolde (2) New Gallery, 25 Settembre – 26 Ottobre 1957, New York
Emil Nolde (3), Jahrbuch 1958/1959 (Rapporto annual), a
cura della Fondazione Seebüll Ada und Emil Nolde, Christian Wolff Verlag,
Flensburg
Emil Nolde (4) Overbeck-Gesellschaft Lübeck, 26-Giugno-14
Agosto 1960
Emil Nolde (5) Palaix des Beaux-Arts, Bruxelles, Maggio-
Giugno 1961
Emil Nolde (6) Museum des 20. Jahrhunderts Wien III. Schweizergarten, 11 Dicembre 1965-15 Febbraio 1966
Emil Nolde (7) Museo de Arte Moderno, Mexico 12 Novembre 1980
– 8 Febbraio 1981
Emil Nolde (8), a cura di Tilman Osterwald, Manfred
Reuther e Martin Urban, 1987, Wüerttembergischer Kunstverein Stuttgart, pp. 249
Emil Nolde (9), a cura di Rudy Chiappini, Museo d’Arte
Moderna, Città di Lugano (edizione in tedesco), Milano, Electa, 1999
Emil Nolde (10), a cura di
Klaus H. Carl, Ashley Bassie a Max Sauerlandt, New York, Image Bar, 2014, pp.
255
Emil Nolde. Aquarelle, Monaco, R. Piper and co Verlag,
1957, pp. 50
Emil Nolde. Forbidden Pictures, Watercolours 1934-1945, Marlborough
Fine Art (London), June-July 1970
Emil Nolde. Gemälde – Aquarelle (Pitture-Acquarelli), Frankfurt am Main,
August-September 1958
Emil Nolde. Gedächtnisausstellung (Mostra commemorativa),
Kunsthalle zu Kiel, 9.December 1956-13 January 1957
Emil Nolde. Holzschnitte (Intagli in legno), Introduzione
di Friedrich Bayl, Munich, Buchheim Verlag Feldafing, 1957, pp. 54
Emil Nolde. In Radiance and Color, edited by Agnes Husslein-Arco and
Stephan Koja, Belvedere Vienna and Hirmer Verlag Münich, 2013, pp. 311
Emil Nolde. Ölgemälde – Aquarelle – Zeichnungen – Graphik
(Pitture ad olio, acquarelli, disegni, grafica), Kongresshalle Berlino,
22.September-12 Oktober 1962
Emil Nolde. Retrospective, Louisiana Museum of Modern Art,
Munich-London-New York, Prestel, 2014, pp. 295
Emil Nolde. Seebüll III, Flensburg, Christian Wolff Verlag, 1961, pp.
66
Emil Nolde. Unpainted Pictures, Watercolours 1938-1945 from the
Collection of the Nolde-Stiftung Seebüll, Hatje Kantz Verlag, 1999, pp. 150
Emil Nolde. Watercolours from the Nolde Foundation, Scottish National
Gallery of Modern Art (August 10-September 15), Hayward Gallery, London
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Nolde, Emil – “Worte am Rande” Aphorismen in Tagebuchform
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Voss, Silvia - Mehr Sympathisant als Widerständler (Più
un simpatizzante che un resistente), in: Frankfurter Allgemeine Zeitung, 5
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