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lunedì 5 ottobre 2015

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - Emil Nolde, Mein Leben [La mia vita] Parte Prima


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Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 8

Emil Nolde 

Mein Leben [La mia vita]
Parte prima: 
Emil Nolde e le sue Memorie, tra realtà e miti letterari.

(recensione di Francesco Mazzaferro)

[Versione originale: ottobre 2015 - nuova versione: aprile 2019.  Segnalo - sui temi discussi in questo blog - l'importante mostra di Berlino tra aprile e settembre 2019: "Emil Nolde. Una leggenda tedesca. L'artista durante il regime nazista." I curatori della mostra sono Bernhard Fulda, Christian Ring e Aya Soika, in cooperazione con la Fondazione Nolde. L'avvio del progetto di ricerca che ha portato alla mostra é citato in questo post. La mostra segna un radicale cambiamento nell'attitudine della Foldazione Nolde rispetto al passato]

Fig. 1) Emil Nolde, 1948. Foto: Paul Senn; © Stiftung FFV, Bern

Introduzione

Con le Memorie di Emil Nolde (1867-1956), intitolate La mia vita (Mein Leben) pubblicate in quattro volumi e diverse versioni tra il 1931 e il 1967, ci confrontiamo con una delle opere autobiografiche più importanti della storia della letteratura artistica tedesca, ma anche con una delle vicende più intricate della stessa. Chiunque legga l’edizione disponibile nelle librerie tedesche (quella del 2008, ripubblicata nel 2013), viene infatti intenzionalmente tratto in inganno. L’immagine che si ricava dalla lettura delle 456 pagine del libro è, infatti, incompleta e forse storicamente discutibile, rendendo auspicabile la ventilata pubblicazione (in occasione del centocinquantenario dalla nascita, nel 2017) di un’edizione critica completa e commentata. Diciamolo subito: molti degli aspetti di complessità – lo vedremo – sono del tutto intenzionali, e derivano dalla volontà del pittore stesso e di quella dei suoi eredi, in primis la Fondazione Nolde, con sede nella cittadina tedesca di Seebüll, ai confini con la Danimarca. Il testo delle Memorie si gonfia fino a raggiungere quattro volumi e 880 pagine nel 1967 (nonostante la mancata pubblicazione di un quinto volume di aforismi, pianificata ma mai concretizzata), e viene ridotto a 420 pagine in una versione ridotta e accorpata che vede la luce solo nove anni dopo, nel 1976. La differenza, ve lo assicuro, non è solamente nei caratteri tipografici.


Fig. 2) Il catalogo della mostra dedicata a Emil Nolde nel 1927, in occasione dei 60 anni,
al museo Folkwang di Essen, con la laudatio del direttore Ernst Gosebruch

In realtà il pittore, che fu assai longevo, cerca, dando il suo placet a diverse versioni delle Memorie, di offrire un’immagine continuamente evolutiva di se stesso, reagendo agli avvenimenti della storia: dopo le prime esperienze di estrema povertà nella Germania guglielmina, quando sviluppa un tipo di pittura del tutto nuova, in nome di uno stile tedesco del nord che si oppone ad ogni influenza classica e francese, egli ottiene pieno successo negli anni Venti, quando diviene il più famoso artista tedesco nella Repubblica di Weimar, e al culmine di tale successo, nel 1927, viene definito dal critico Ernst Gosebruch come ‘non-europeo, tedesco’ (uneuropäisch, deutsch); negli anni Trenta cerca un riconoscimento ancor maggiore proponendosi a capo dell’arte della Germania nazista; subisce invece (con sua grande sorpresa) l’ostracismo nazista che lo fa rientrare nel novero dei pittori degenerati, e viene per questo sanzionato con la requisizione di tutte le sue opere e il divieto assoluto di dipingere. Negli anni Quaranta cerca di dimostrare alle autorità che si tratta di un equivoco, ma non riesce: gli viene proibito addirittura di comprare colori ad olio e di dipingere in privato, per puro piacere personale. Viola il divieto delle autorità, producendo con gli acquarelli i cosiddetti “quadri non dipinti”. Nolde sopravvive al conflitto mondiale e provvede a riscrivere parte delle sue memorie per beneficiare della fama di vittima del nazismo che nel frattempo gli è stata cucita addosso. Muore vecchissimo, a 89 anni. 

La Fondazione Seebüll – da lui creata – fa di tutto per preservare l’immagine dell’artista come vittima del totalitarismo, anche grazie ad operazioni editoriali discutibili. Nel frattempo, mentre la pubblicazione di parti ancora inedite delle memorie viene intenzionalmente dilazionata, l’immagine critica di Nolde viene ricostruita come campione di una moderna cultura pittorica tedesca d’avanguardia, aperta agli influssi francesi, integrata nell’espressionismo tedesco, simbolo della resistenza interna al nazismo e premonitrice dell’arte americana del dopoguerra. È solamente Walter Jens, in un discorso per il centenario del 1967, a porre radicalmente in dubbio la nuova vulgata, pur confermando nello specifico grande ammirazione per il suo fare artistico.

Questa continua serie di voltafaccia si traduce nella moltiplicazione di versioni differenti delle memorie. Innanzi tutto bisogna chiarire che, storicamente, sono stati pubblicati quattro volumi di memorie noldiane. È peraltro probabile che l’artista abbia pensato anche a un quinto volume, questa volta di aforismi. Tuttavia, ciò che sbalordisce è il numero delle diverse edizioni con cui ogni singolo titolo è stato di volta in volta ripubblicato. Proviamo a seguire le fila di ognuno di essi, non per pignoleria, ma – come vedremo – perché ad ogni differente edizione corrispondono momenti e motivazioni storiche differenti.

Esistono due edizioni del primo volume, intitolato Das eigene Leben (La mia vita): quella del 1949 è di un terzo più ampia di quella del 1931: dunque, appena conclusa la Seconda Guerra Mondiale, l’autore, ottantenne, rivisita la sua gioventù e i primissimi decenni della sua attività artistica, risalenti ancora al XIX secolo (Nolde era nato nel 1867). Esistono anche due edizioni del secondo volume (intitolato Jahre der Kämpfe, Gli anni delle battaglie) tra loro abbastanza equivalenti in termini di dimensioni dello scritto: la prima è del 1934 e la seconda del 1958 (segue cioè di due anni la morte del pittore). In questo secondo caso - come vedremo - il testo postumo è stato purgato dei riferimenti più evidenti al nazionalismo e all’anti-semitismo (ma non in toto). È però nel 1976, quando si pone in essere l’accorpamento in un singolo libro dei quattro volumi di Memorie  – vedi oltre - , che, con la scusa di tagli imposti da motivi di brevità, la bonifica è totale e scompaiono interi capitoli ed importantissimi passaggi, che sostanzialmente modificano l’immagine storica di Nolde.

Raccontare la storia del terzo e del quarto volume è ancora più complesso. Sappiamo che una versione pronta per la stampa del terzo volume (Welt und Heimat, ovvero “Il mondo e la terra natale”) era stata completata già nel 1936, che la sua pubblicazione era stata vietata dalle autorità naziste e che Nolde ne aveva distribuite alcune copie dattiloscritte agli amici nel 1941-1942: furono immediatamente intercettate e sequestrate dalla Gestapo. Importanti storici dell’arte tedeschi fanno riferimento nei loro scritti del primo dopoguerra all’esistenza di due manoscritti (o dattiloscritti) che essi avevano potuto consultare in quei mesi a casa di Nolde. Quei testi coprono sicuramente i contenuti del terzo volume. Nell’estate del 1958 viene annunciata a Francoforte la pubblicazione del terzo volume per l’autunno seguente. Poi tutto viene bloccato, ed il terzo volume comparirà solamente nel 1965.

Il quarto volume (Reisen, Ächtung und Befreiung ovvero “Viaggi, proscrizione e liberazione”) viene pubblicato nel 1967, in occasione del centenario dalla nascita. Secondo la più recente biografa di Nolde, Kirsten Jüngling, il lavoro era stato avviato nel 1936 e i materiali erano già stati raccolti dal pittore nel 1948, anche se non è per nulla certo che fossero pronti per essere stampati. È abbastanza probabile che Nolde lo volesse pubblicare con un titolo più breve (“Viaggi e proscrizione”). Con proscrizione s’intende qui il suo destino di vittima innocente della proscrizione nazista. In realtà alla liberazione da parte delle truppe inglesi non vengono dedicate più di due pagine. Non è chiaro perciò se effettivamente vi fosse una volontà originaria di fare della ‘liberazione’ uno dei temi centrali del libro.

È poi nota l’esistenza di aforismi, che dovevano offrire il materiale per un quinto libro; nel 1963 il critico d’arte Werner Haftmann ne ha dato una descrizione, pubblicandone una piccola parte. In gran parte sono stati scritti negli anni della Seconda guerra mondiale. Difficile capire perché non siano stati mai pubblicati dalla Fondazione Nolde, che ha curato pubblicazioni e mostre su ogni altro tema. Avrebbero forse permesso di meglio capire che cosa il pittore pensasse in una fase così cruciale della vita del paese. Si nasconde qualcosa? 

Fig. 3) Una serie di edizioni delle Memorie di Nolde dal 1931 al 2008


Se si consulta l’ultima edizione delle memorie, quella del 2008/2013, il problema non è soltanto la mancanza di un apparato critico, ma anche di un qualsiasi avvertimento al lettore sui temi appena accennati. Fa eccezione un richiamo sommario, nella postfazione scritta, con molte ambiguità,  dallo storico direttore della Fondazione, Martin Urban. Insomma, quanto ho appena citato si può riscontrare solamente acquistando sul mercato antiquario tutte le edizioni e confrontando fra loro alcune migliaia di pagine.

Non mi sarebbe mai venuto in mente di farlo, se non avessi letto una serie di articoli comparsi sulla stampa tedesca, a partire da quello di Jochen Hieber nell’aprile 2014, e il catalogo della mostra su Nolde tenutasi allo Städel di Francoforte lo stesso anno, che hanno avuto il merito di diffondere tra il grande pubblico i dubbi che una vasta schiera di giovani storici e critici d’arte avevano manifestato negli ultimi dieci anni, con un’opera di ricerca certosina che ha sfatato luoghi comuni e anche sfidato, per alcuni anni, la Fondazione Nolde. Questo saggio, che doveva essere terminato nel giro di poche settimane nella tarda primavera del 2014, è divenuto un testo ben più ampio, ed ha richiesto quasi un anno di ricerca e lettura. L’idea è stata quella di riscontrare i fatti sulle fonti, non tenendo conto delle sole Memorie, ma di tutta la letteratura sull’artista. E per letteratura non s’intende solo la critica d’arte: basti pensare al romanzo Lezione di tedesco di Siegfried Lenz (recentemente scomparso) pubblicato nel 1968, uno dei capolavori della letteratura moderna tedesca; Lenz s’ispira a Nolde e  fa di lui uno degli eroi mitici della resistenza interna tedesca. A volte è stato spiazzante: non soltanto i diari di Nolde hanno subito mutazioni incredibili, ma anche alcuni saggi critici scritti sull’artista, prima e dopo la Seconda Guerra Mondaile, sono stati abbondantemente emendati: il caso più eclatante è la Lezione sull’arte negli ultimi trent’anni di Max Sauerlandt: in una prima versione Nolde vi compare come pittore principe della nuova arte nazista; l’opera è poi immediatamente sequestrata dai nazisti in seguito all’inserimento di Nolde nell’arte degenerata e ricompare in una nuova versione postuma nel dopoguerra senza alcun riferimento ideologico.

Da tutto ciò spero che venga fuori la storia avvincente – quasi un romanzo – sulla manipolazione dei testi autobiografici del maggiore pittore tedesco del 1900.


Dal 1931 alla fine della seconda Guerra mondiale

Nel 1931 Emil Nolde (all’epoca l’artista di maggior successo della Repubblica di Weimar) pubblica il primo volume delle sue Memorie. Il secondo volume appare nel 1934. Sono entrambi pubblicati dall’editore Rembrandt a Berlino, specializzato in testi di storia dell’arte contemporanea. Avremo modo di dimostrare che ogni aspetto del secondo volume delle Memorie (titolo, tempi, contenuti) è legato al tentativo di Nolde di assumere la guida di una nuova arte moderna nazionale e tedesca, liberata da ogni influenza dell'impressionismo francese, ma anche dagli influssi dell’arte classica e rinascimentale, in nome di un’arte di sensibilità esclusivamente nordica. In altri termini, Nolde cerca di proporsi come leader di una nuova arte moderna, nella nuova Germania nazista, pochi mesi dopo che Hitler ha preso i pieni poteri.

Se era famoso (e ricco), Nolde in realtà ambiva a qualcosa di più. Già in passato (negli anni Dieci) aveva cercato di assumere il ruolo di guida dell’arte moderna in Germania (si parlava all’epoca di ‘arte giovane’) nel momento della fioritura dell’espressionismo, ma aveva fallito: gli si presentava ora, all’età di 67 anni, un’ultima occasione per accreditarsi come capostipite di una nuova arte genuinamente tedesca.

Per legittimare questo tentativo, Nolde fissa, nelle Memorie, alcuni capisaldi: prende le distanze da ogni forma di espressionismo; rivendica il valore della teoria razziale dell'arte; sostiene di essere erede del gotico tedesco (Grünewald) contro la deriva rinascimentale (Dürer) e della pittura nordica del XIX e XX secolo contro l’impressionismo; ed ancora, concepisce la creazione artistica nella tradizione del romanticismo irrazionale e rifiuta qualsiasi aspetto occidentale di razionalismo estetico; infine, promuove il suo interesse per la natura e il paesaggio come effetto di un rapporto esclusivo di appartenenza alla propria regione e nazione.

Nolde è sostenuto da un gruppo di critici e direttori di musei d’arte moderna, ma, in realtà, anche se diverse figure di spicco della gerarchia nel partito (Goebbels, Goering, Himmler e Speer) gli nutrono segretamente simpatia, rappresenta solo il gusto di una piccola minoranza dei circoli artistici nazisti. Ha anche nemici potenti, in particolare Alfred Rosenberg, che è convinto che qualsiasi forma di arte moderna al di fuori di schemi classici ottocenteschi debba essere vietata. E, in ultima analisi, Adolf Hitler (pittore di timbro molto tradizionale nella sua vita precedente) si schiererà a favore di questa seconda visione tradizionalista dell’arte, condannando Nolde.

Nel 1934 Nolde sa benissimo che si gioca molto: si può affermare come nuovo pittore di riferimento dell'arte tedesca o può essere spazzato via. Sa di essere al centro di una contesa all’interno del Partito Nazionalsocialista e che le cose potranno andare molto bene o molto male. In attesa che gli eventi si chiariscano, sceglie perciò di mantenere un profilo basso, e nel terzo volume delle sue Memorie prepara un resoconto dettagliato delle sue passate esperienze di viaggio al di fuori della Germania e delle estati passate a dipingere paesaggi nel Nord estremo della Germania, accennando appena agli eventi tumultuosi di quegli anni, comprese le conseguenze devastanti della sconfitta nella Prima Guerra Mondiale.

Le cose non girano come Nolde si aspetta. Nel 1937 viene addirittura incluso (con sua grande sorpresa) nel gruppo degli artisti che il regime stigmatizza come "Arte degenerata". Nolde – ormai settantenne - è molto amareggiato. Il terzo volume - che è pronto per la pubblicazione - non può essere più stampato. Nolde realizza privatamente una cinquantina di copie del dattiloscritto che distribuisce come regalo agli amici nel 1941-1942, ma viene scoperto dalle autorità a causa di una disattenzione della moglie e le copie vengono immediatamente sequestrate. La moglie Ada viene interrogata dalla Gestapo ed Emil teme per lei. Riesce però a dimostrare che il testo è innocuo per il regime. Nolde continua comunque a lavorare alle Memorie, e prepara tutti i materiali per un quarto volume. È intimamente convinto che il divieto di dipingere che lo ha colpito (e con esso l’ostracismo nei confronti delle Memorie) sia il risultato dell’incompetenza di qualche stupido funzionario pubblico, e che sarà in grado di convincere il regime dei meriti ideologici della sua arte profondamente tedesca (e dunque anche della necessità di pubblicare la sua autobiografia). I suoi tentativi (inutili) andranno avanti addirittura sino al 1942, quando viaggerà fino a Vienna in tempo di guerra per incontrare Baldur von Schirach, l’ex leader dell’organizzazione dei Giovani nazisti (Reichsjugendführer), che sembra più aperto nei confronti della sua arte. Vi è ampia evidenza storica che Emil e sua moglie (erano una coppia molto unita) continuano a essere convinti, ma incompresi, sostenitori del nazismo fino alla fine della guerra.

Le Memorie dopo la guerra

Una delle prime preoccupazioni di Nolde, a guerra finita e persa, è quella di assicurarsi che la sua eredità artistica non si perda. Nel 1946, crea con la moglie (che muore lo stesso anno) la Fondazione Ada e Emil Nolde (d’ora in poi chiamata Fondazione Nolde), con lo scopo di preservare la sua eredità artistica. Si tratta di un passaggio fondamentale per la gestione futura delle Memorie. Contemporaneamente emerge l’esigenza di modificare il testo dei diari. Nel primo dopoguerra viene pubblicata dall’editore Wolff di Flensburg (nella Germania del Nord) una versione riveduta e corretta del primo volume, che, peraltro, era quello che presentava meno imbarazzi (non solamente perché presentava la biografia dell’artista fino al 1902, ma anche perché era stato pubblicato nel 1931, ovvero prima della presa del potere da parte di Hitler). Non vi è indicazione di data, ma l’edizione dovrebbe essere del 1949. Seguire la complessa storia delle Memorie è comunque, anche in questo caso, interessante: il pittore non si è potuto esprimere per più di dieci anni, e dunque cerca di rimediare incrementando di un terzo le dimensioni del volume. Le edizioni del 1931 e del 1949 sono molto simili in termini tipografici: la prima ha però solamente 204 pagine e 42 illustrazioni incluse nel testo; la seconda invece si arricchisce, raggiungendo 294 pagine di testo e 126 illustrazioni fuori testo. Il contenuto aggiuntivo dell’edizione del 1949 è fortemente intimistico. Si possono trarre due conclusioni: primo, alla fine della Guerra Nolde intende aumentare, e non ridurre, le dimensioni del racconto autobiografico; secondo, ha a disposizione molti materiali (come i disegni giovanili) che evidentemente non sono andati tutti perduti con la guerra. In realtà, insieme alla casa di campagna in Germania del Nord, che rimane intatta dopo il conflitto, Nolde ha un appartamento a Berlino, che viene bombardato e completamente distrutto. Vi tiene parte della sua produzione artistica (le opere non esposte non sono sequestrate dalle autorità) ed un’ampia collezione d’arte (3000 lavori) di altri pittori contemporanei.

Vi sono indizi che, parallelamente alla nuova edizione del primo volume, Nolde prepari anche una nuova versione del secondo (sugli anni 1902-1913), quello in cui si propone come eroe di un’arte nazionale tedesca contro l’influenza francese. Lo Spiegel annuncia, il 19 febbraio 1949, che la pubblicazione di una nuova versione del secondo volume è imminente. E qui cominciano i problemi seri, perché si è detto che è in questo tomo (del 1934) che in origine erano contenute le dichiarazioni programmatiche volte a convincere i nazisti che era lui il vero paladino dell’arte tedesca; nel frattempo Nolde ha anche nel cassetto – pronto per la pubblicazione – il terzo volume (sugli anni 1913-1914) e completa nel 1948 il manoscritto del quarto volume (che copre gli anni tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale).

Dunque, tutto è pronto per presentare al pubblico un racconto autobiografico completo nei primi anni Cinquanta. Tuttavia, l’annuncio dello Spiegel è smentito dai fatti: alla versione emendata del primo volume non fa seguito nulla per ben nove anni. La versione rivista del secondo volume è pubblicata da Wolff, ancora una volta (stranamente) senza alcuna indicazione di data: alcuni storici dicono che sia del 1958, altri addirittura del 1965. Kirsten Jüngling, la più recente biografa di Nolde, preferisce non sbilanciarsi, e afferma solamente che è stato stampata dopo la morte di Nolde. Io ritengo sia del 1958. Il terzo e il quarto volume sono pubblicati da Wolff nel 1965 e 1967. Sempre nel 1967 l'editore DuMont di Colonia inizia a pubblicare una nuova versione delle Memorie. Non è un caso: è un anno importante, ovvero il centenario della nascita di Nolde. L’ammontare complessivo dei quattro libri nell’edizione DuMont del 1967 raggiunge le 880 pagine. Si tratta di un corpus autobiografico non indifferente, uno dei più ampi della storia della letteratura artistica.

Perché le Memorie di Nolde rimangono inedite tra il 1949 e il 1958-1967, dopo che l’artista si era affrettato a completare i manoscritti e ad emendare le versioni già pubblicate subito dopo la fine della guerra? Perché, quando vengono infine pubblicate, contengono ancora pagine imbarazzanti di sapore nazionalista sulle convinzioni ideologiche ed estetiche di Nolde, che vengono poi emendate nel 1976? Perché alcuni documenti autobiografici (gli aforismi) non vengono mai pubblicati? E ancora: perché le lettere di Nolde successive al 1926 non sono mai state pubblicate? Perché si continua a cambiare il testo delle Memorie senza avvisare il lettore, se non con una postfazione del 1976 che non chiarisce nulla?

Siamo cattivi, per una volta, e poniamo domande davvero maligne: vi sono delle ragioni per le quali di un artista così famoso siano state pubblicate solamente una decina di fotografie? Non amava farsi fotografare, le foto sono andate perse, oppure nelle foto lo si vede con il distintivo del partito nazionalsocialista? E qual è la ragione per la quale le Memorie sono state oggetto di un numero così impressionante di edizioni, fino a divenire un best-seller, senza che mai fosse ad esse dedicata una sola pubblicazione scientifica, con una sola eccezione: il volume “Nolde in dialogo” (Nolde im Dialog), pubblicato nel 2003 come catalogo ad una mostra a Karlsruhe nel 2002, che si concentra però ancora una volta solamente sugli anni 1905-1913? Possibile che nessuno si sia mai posto nessuna di queste domande alla Fondazione Nolde? In assenza di un’edizione critica delle Memorie stesse, una risposta può essere formulata solo in termini davvero ipotetici.

Come si intuisce dall’ampliamento sostanziale del primo volume e dai ritocchi molto leggeri contenuti nella riedizione del secondo, Nolde – ormai anziano – vuol completare la preparazione dei suoi ricordi mantenendo una sostanziale continuità con le idee propugnate nel 1930: vuole proclamare la germanicità della sua arte, definire valori estetici diversi dal resto d'Europa, e mettere in discussione qualsiasi influenza di Francia e Italia sull’arte tedesca. Non sente la necessità di ridiscutere la propria identità. Del resto, è difficile che un ottantenne lo possa mai fare. Probabilmente, dopo la guerra, è ancora un convinto nazista, come lo era del resto la moglie (che muore nel 1946). Non a caso lo stesso Ernst Gosebruch, che lo aveva definito un “tedesco non europeo” nella laudatio del 1927 per i sessanta anni (cfr, fig, 2), ripete sostanzialmente lo stesso concetto in un discorso del 1947 in occasione dell’ottantesimo compleanno. Secondo Gosebruch, Nolde si sarebbe posto come un eroe della pittura nazionale, sollevandosi contro il predominio dell’arte francese. Ernst Gosebruch era un amico intimo dell’artista, ma forse non aveva capito che ripetere gli stessi concetti nel 1927 e nel 1947 ignorava del tutto la mutata prospettiva storica della Germania dopo la sconfitta.

È insomma possibile che i testi già pronti nel 1948  non fossero immediatamente pubblicabili, perché non più in linea con la necessità assoluta dell’arte tedesca di segnare una netta cesura con il passato nazista. Dare alle stampe il testo così come preparato da Nolde avrebbe messo a rischio la reputazione del pittore. Forse Nolde, molto anziano, non se ne rendeva conto. Nel 1948, Nolde si risposa. Non si può escludere che la seconda compagna (Jolantha) – molto più giovane dell’artista – e gli assistenti più stretti abbiano cercato di prender tempo, evitando la pubblicazione dei testi autobiografici con Nolde vivente, in modo da poter operare le necessarie correzioni. Fatto sta che è solo dopo la scomparsa di Emil che essi possono intraprendere una revisione dei testi che consenta di fare delle memorie un elemento di forza, e non di debolezza, dell’immagine dell’artista.

Insomma, immediatamente dopo la sua morte, nel novero ristretto degli amici e collaboratori della Fondazione, vi è chi intuisce la possibilità e l’opportunità concreta di presentare Nolde all'opinione pubblica tedesca ed europea in modo del tutto nuovo: come un artista proiettato verso un’arte moderna di gusto europeo e internazionale, come una vittima della persecuzione nazista, come un artista che subisce un ingiusto divieto, e che osa sfidare quella proibizione, continuando a dipingere segretamente. Gli stessi argomenti artistici che sono stati la causa della sua disgrazia durante il periodo nazista (l’uso dei colori a creare violenti contrasti, il  gusto per un linguaggio pittorico primitivo, la  violazione di qualsiasi forma classica, le composizioni non tradizionali su temi religiosi) possono ora aiutare a presentarlo come un pittore indipendente, che sfida le convenzioni e apre la strada all'arte sperimentale. In questo quadro, pubblicare immediatamente le memorie sarebbe stato un elemento di disturbo. Dunque, nella nuova battaglia campale per conquistare l’opinione pubblica tedesca, il modello da seguire è quello di Quinto Fabio Massimo, il temporeggiatore. Non quello del Generale Custer!

La lucida consapevolezza della necessità di dover rimettere mano ai diari (editi o no) è, probabilmente, del 1958. Dalla morte del pittore (1956) la gestione dell’immagine di Nolde è ormai in mano alla Fondazione, sotto la guida di Joachim von Lepel (1913-1962). Ogni pubblicazione su Nolde deve essere autorizzata dall’ente. Già da tempo il pubblico è stato informato che la Fondazione custodisce da anni due manoscritti, pronti per la pubblicazione: si tratta dei manoscritti il cui contenuto corrisponde al terzo volume delle Memorie.  

Il catalogo della mostra tenutasi al Kunstverein di Francoforte (agosto-settembre 1958), è curato dalla Fondazione. Vi compare l’informazione che, subito dopo il secondo volume, pubblicato nella prima parte del 1958, anche un terzo volume sarà pubblicato nell’autunno dello stesso anno, con il titolo “Mondo e terra natale”. Dunque, in quel momento la pubblicazione del terzo volume è data per imminente. Ma la pubblicazione viene cancellata. Improvvisamente, cambiano i piani editoriali. La priorità viene data alle mostre ed alla pubblicazione dei cataloghi.

I due manoscritti sono pubblicati solo nel 1965 in edizione congiunta, con il titolo combinato: “Mondo e terra natale. Il viaggio nei mari del Sud” (Welt und Heimat. Die Südseereise). Non è da escludere che, rispetto agli originali, cambino i contenuti. La grandissima parte del terzo volume, nella versione del 1965, è dedicata al viaggio in Nuova Guinea. La questione è importantissima: nella versione attuale lo spazio dedicato agli anni fondamentali tra la fine del viaggio in Nuova Guinea (1914) e il 1921 è davvero esiguo. Sorge il sospetto che vaste parti del diario siano state cancellate tra il 1957 ed il 1965. Sarebbe davvero grave: sono gli anni della Prima Guerra Mondiale, dei tentativi di colpo di stato di destra e di sinistra, dell’avvio della Repubblica di Weimar. Che cosa è stato cancellato dalla Fondazione? E se nulla è stato cancellato, perché si è improvvisamente deciso di ritardare la pubblicazione di sette anni?

Fig. 4) Emil Nolde e l'espressionismo tedesco: articolo di Attilio Podestà in occasione della Biennale di Venezia del 1952 (Emporium, Vol. CXVI, n. 691-692, pp. 029)

Si procrastina la pubblicazione delle Memorie, e la Fondazione si concentra sulla capacità delle opere d’arte d’abbagliare il pubblico, nella speranza del grande successo. Ed è proprio quello che succede. Le mostre della Biennale di Venezia dei primi anni Cinquanta (1950, 1952 e 1956), sotto l'egida del direttore Umbro Apollonio, e le prime due edizioni di Documenta a Kassel (1955 e 1959) sotto la guida di Werner Haftmann, non solo rilanciano Nolde come artista, non solamente lo inseriscono in un solido quadro europeo, ma ne fanno anche uno dei leader estetici dell’opposizione al nazismo. Haftmann scrive prima una serie di saggi riguardanti le tecniche utilizzate da Nolde, e poi (nel 1958) un’importante monografia, che è pubblicata l'anno seguente negli Stati Uniti. Nel 1960, a Berlino, gli viene dedicata una grande retrospettiva; nel 1963 è il turno della mostra di New York, al Museo d’Arte Moderna. Si afferma in quegli anni l’idea dell’arte di Nolde come necessario passaggio tra l’espressionismo tedesco degli anni trenta e l’espressionismo astratto americano del dopoguerra. Non si può capire l’arte contemporanea senza di lui.

Per evitare problemi, bisogna rinunciare alla trasparenza sulla realtà biografica. È provato che la Fondazione Nolde (proprietaria di tutti i diritti d'autore per qualsiasi uso di tutte le opere d'arte di Nolde) consente nel 1958 a Haftmann di pubblicare la monografia a condizione che non parli della sua adesione al nazismo. Vi sono, ovviamente, in Germania voci fuori dal coro che ricordano le passate intenzioni di Nolde di promuovere un'arte moderna nazionalista (fra questi il pittore Karl Hofer, paladino della cultura pittorica francese, che muore nel 1955). Tuttavia il nuovo mantra della critica d'arte ricalibra le cose in questa maniera: Nolde è un pittore ingenuo, non interessato alla politica; è comunque un artista segnato da una fondamentale coerenza di linguaggio pittorico, dagli anni della Germania Guglielmina alla Germania di Adenauer; è parte di un movimento artistico collettivo a livello europeo segnato da contributi francesi (Fauves) e tedeschi (espressionismo), che vuole raccogliere l’eredità di Rembrandt, Van Gogh e Gauguin; infine, pur nelle sue contraddizioni ed esitazioni iniziali, è sostanzialmente vittima del regime nazista. I primi due direttori della Fondazione Nolde (Joachim von Lepel dal 1956 al 1962 e Martin Urban dal 1962 fino al 1992) diventano i custodi di questa nuova dottrina.

È chiaro che è la natura stessa della pittura di Nolde che li aiuta a proporre l’artista tedesco al pubblico in questi termini. La sua arte si basa - sia in termini di creazione artistica, sia di ricezione da parte del pubblico – sull’istinto, e non sulla razionalità. Nolde crea arte in stato di estasi, quasi al di fuori di un qualsiasi processo intenzionale e razionale, come se si trovasse in uno stato ipnotico. Pertanto, è difficile razionalizzare la sua arte, e considerarla in relazione ad eventi storici. Con pochissime eccezioni (quattro o cinque dipinti) la sua vastissima produzione pittorica (più di mille opere) non ha rapporto alcuno con gli eventi storici. La sua attenzione si concentra o sulla natura o su temi religiosi o su eventi mondani. Gli spettatori sono sopraffatti da quella che è stata spesso descritta come un'orgia di colori ispirati dall’uso spregiudicato di materiali e tecniche, tutti elementi che, di solito, non sono direttamente associati dal pubblico all'idea di un regime totalitario. L'arte di Nolde può quindi essere interpretata in qualunque direzione e secondo qualsiasi coordinata storica.

Se dopo la guerra Nolde si afferma in Germania, in Europa e nel mondo come eroe della fantasia, è dunque anche perché le Memorie sono prima tenute ben segrete e poi pubblicate in forme che confermano il successo di pubblico già raggiunto alle mostre di Seebüll, sede della Fondazione, e poi ovunque. Sembra quasi vi sia una sapiente strategia nel costruire prima una nuova immagine dell’artista grazie alle mostre, e solo dopo documentarne la biografia. Nel 1957, Hans Fehr, amico di lunga data di Nolde, pubblica un "Libro di amicizia", che nella sostanza conforta l’approccio entusiasta delle migliaia e migliaia di visitatori che visitano sempre più numerosi le sue mostre. È sempre Fehr ad inaugurare le celebrazioni del 1957, quando si apre il museo di Seebüll. Gli storici moderni, come la Jüngling e Christian Saehrendt, non hanno molti dubbi nell’affermare che la pubblicazione delle Memorie da parte della Fondazione Nolde sia il frutto di manipolazioni di cui si deve ora cercare di comprendere l’entità. Fino al 1962 (data di morte di von Lepel) la Fondazione cerca di documentare la propria attività in modo oggettivo: vengono pubblicati rapporti annuali; il primo contiene anche la composizione del consiglio d’amministrazione (che comprende solo amici fidati e nessun critico d’arte); gli annuari successivi presentano l’elenco circostanziato di tutte le pubblicazioni e mostre su Nolde, in Germania e all’estero. Il nuovo direttore, Martin Urban, è un critico d’arte con un passato molto legato alla regione natale di Nolde. È nato come von Lepel nel 1913, e con lui si pone in linea di sostanziale continuità, a parte tre correzioni di rotta: a) scompare ogni trasparenza sull’attività sociale della Fondazione (nessun rapporto annuale); b) viene notevolmente incrementato il numero delle mostre; c)  vi è una chiara virata delle pubblicazioni in senso commerciale. In altre parole, la Fondazione diviene una fonte di guadagno.

Nel 1967 (il centenario della nascita del pittore) vengono finalmente pubblicati i quattro volumi delle Memorie. Ma la Fondazione vuol mettere le mani avanti, e prende delle precauzioni.  Il discorso ufficiale per la celebrazione della ricorrenza  è affidato a Walter Jens, uno dei principali critici letterari e filologi dell’epoca, uno studioso di primissimo ordine, ed ha come tema principale le Memorie dell’artista. Jens, con un intervento memorabile, fa suonare un campanello d‘allarme. Spiega che le Memorie di Nolde – nella versione che ancora circola – sono piene di ambiguità e dichiarazioni inaccettabili, che sono deboli anche da un punto di vista letterario, e che Nolde non merita certamente la reputazione di leader dell’opposizione interna al nazismo. Fa presente che le versioni d’anteguerra (non più in circolazione) contengono elementi ancora più preoccupanti. Tuttavia – continua – la sua arte è superiore a tutte queste debolezze, e Nolde deve essere innanzi tutto interpretato come un artista intimista che suscita intense emozioni e dà libertà ai sogni della nostra mente. Anzi, Jens afferma letteralmente che i nazisti ci avevano visto giusto: Rosenberg e compagnia avevano capito, meglio dello stesso artista, che con quell’arte sublime, Nolde non avrebbe mai potuto essere uno di loro. Conta l’artista, insomma; non quello che ha scritto nei suoi ricordi, che deve essere rigettato. Il testo del discorso di Jens viene anche tradotto in inglese e introdotto nel catalogo della mostra retrospettiva tenutasi a Londra l’anno seguente.


Nolde come eroe laico nell’opera di Siegfrid Lenz

Siamo nel 1968. Un nuovo evento amplifica ulteriormente la reputazione di Nolde in Germania e nel mondo. Siegfried Lenz (uno dei principali romanzieri tedeschi del Novecento) pubblica il suo best-seller, intitolato Lezione di tedesco (Deutschstunde). Si tratta di uno dei primi romanzi in Germania a mettere in discussione il modello della società tedesca, basata su obbedienza, senso di dominio e repressione. Lenz vuole che i suoi lettori riflettano circa la sostanziale continuità esistente tra repressione totalitaria nella Germania nazista e repressione sociale in Germania dopo la guerra. Ha bisogno di un eroe che - con la sua biografia - possa essere testimonianza che la Germania ha avuto anche una resistenza interna, con comportamenti quotidiani diversi da quelli richiesti dal regime. Ahimè, a questo scopo sceglie proprio Emil Nolde, anche se, nel romanzo, gli dà un nome diverso (Max Ludwig Nansen). Lo fa sapendo dei punti interrogativi che pendono su Emil; come Jens, tuttavia, ritiene le Memorie un elemento non centrale nella biografia del pittore. Gli sembra che offrire una semplice variazione letteraria del tema originale, disegnando un Nansen molto simile, ma anche differente al pittore reale, sia sufficiente. In poche parole, Lenz fabbrica un Nolde ‘migliore’.

Non vi è dubbio, a scanso di equivoci, che il pittore di Siegfried Lenz sia in realtà Nolde. La biografia, il personaggio, la geografia, lo stile artistico, il soggetto dei dipinti, il modo di parlare e la scrittura: tutto corrisponde. In più, Lenz si ispira alla monografia scritta da Haftmann nel 1958 per selezionare un numero di dipinti importanti di Nolde, che sono descritti nel romanzo con eccezionali capacità ecfrastiche. Confrontando i ritratti letterari di Lenz e le descrizioni ricche ed elaborate di Haftmann, si rinvengono alcune affinità molto stimolanti così come differenze intenzionali di temi e linguaggio. Nel romanzo, l’ecfrasi dei dipinti di Nolde serve a Lenz al fine di rafforzare il senso del dramma negli snodi cruciali dell’opera. Al lettore è volutamente data l'impressione che ci si confronti con arte vera, e che la vera arte sia parte integrante del romanzo.

Ciò che fa Lenz è prendere tutti i temi chiave della vita e dell’estetica di Nolde – com’erano percepiti dall’opinione pubblica all’epoca – e amplificarne e rafforzarne le caratteristiche, eliminando le zone d’ombra. Se Nolde è conosciuto come un uomo perseguitato per motivi esclusivamente artistici (e non politici), qui Nansen si mostra capace di intervenire con risolutezza e di accettare rischi per la sua vita. Se Nolde è generalmente descritto come un pittore il cui processo di creazione è così dominato dall'istinto da essere quasi privo di razionalità, qui Nansen è certamente un creatore appassionato d'arte, ma anche in grado di utilizzare la pittura per reinterpretare – in modo del tutto intenzionale - la realtà secondo il proprio gusto estetico indipendente. Se Nolde, nella versione del 1967 del quarto volume ci narra degli scambi epistolari tenuti da lui e da sua moglie con i soldati in guerra per sollevare loro il morale, Nansen fa il passo ulteriore di curare e ospitare un disertore (un atto che gli sarebbe costata la fucilazione, se scoperto). Se è possibile sospettare che Nolde sia (anche marginalmente) più coinvolto nel regime di quanto ci dica nelle Memorie, qui Nansen è, senza dubbio, un paladino della democrazia. Un partigiano pacifista.

Lo scrittore israeliano Amos Oz ha detto che il romanzo di Lenz (tradotto in una ventina di lingue) gli ha fatto cambiare opinione sulla Germania, aprendolo alla nuova cultura tedesca occidentale. L’opera diviene un best-seller anche in Polonia e Russia. Per la gioventù tedesca del 1968, legittima la ribellione; per la Germania di Willy Brandt è un nuovo simbolo di legittimità. Brandt chiede a Lenz di accompagnarlo in Polonia, quando si inginocchia a Varsavia nel 1970 per commemorare la rivolta del ghetto.

Dal romanzo è tratto anche uno sceneggiato televisivo (girato nel 1971 per la regia di Peter Beauvais) che viene trasmesso in più occasioni dalla televisione pubblica.


La seconda fase della manipolazione delle memorie

Il capolavoro di Lenz trasforma Nolde in un eroe politico che appartiene alla coscienza collettiva della gente; l’artista è il simbolo identitario di una nuova Germania. Centinaia di migliaia di persone visitano le mostre dedicate all’artista (secondo Christian Saehrendt, fra il 1945 e il 1990, i visitatori sono 340.000), così come la  casa natale di Seebüll (che è anche la sede della Fondazione Nolde) diventa un’attrazione turistica.  Emil Nolde è il mito della classe politica tedesca. Un recentissimo volume di Jörg Magenau sull’amicizia tra Schmidt e Lenz spiega l’importanza del loro comune amore per Nolde. Helmut Schmidt lo apprezza a tal punto (sin dall’adolescenza, grazie a un professore di scuola dalle idee molto aperte) da far organizzare una mostra sull’artista presso la Cancelleria di Bonn nel 1982. Richard von Weizsäcker (a lungo Presidente della Repubblica Federale e poi primo Presidente della Germania unita) offre il patronato per una mostra a Mosca. Angela Merkel tiene un dipinto di Nolde nel suo ufficio a Berlino. Nolde è, oggi, il più famoso e amato artista tedesco del XX secolo. [N.B. La Cancelliera Merkel ha recentemente annunciato di voler sostituire i quadri di Emil Nolde finora esposti nel suo ufficio].

Il capolavoro di Lenz rappresenta un’arma a doppio taglio per la gestione delle Memorie da parte della Fondazione Nolde. Una volta divenuto l’artista di riferimento della nuova Germania, confuso da un gran numero di tedeschi con l’eroe di Deutschstunde, diventa sempre più difficile gestirne le ambiguità contenute negli scritti. Affermare semplicemente che fosse un grande pittore, ma un povero ingenuo in politica, non basta più. Forse anche per questo motivo nel 1976 si prepara una nuova versione delle Memorie, che accorpandole in un volume unico, le riduce drasticamente. Un confronto tra le versioni del 1967 e del 1976 rivela che i tagli sono davvero importanti. Dal secondo volume scompaiono tutti i riferimenti alla teoria razziale della società, tutte le pagine più esasperate sulla germanicità dell’arte; tutte le pagine più polemiche sui pittori espressionisti; tutti i riferimenti più radicali sulla cultura di Francia e Italia. Dal quarto volume scompare l’intero capitolo dedicato alla Seconda Guerra mondiale: saltano così, per esempio, dieci pagine particolarmente significative. In esse erano riportati stralci della corrispondenza che Ada teneva coi soldati al fronte. Si tratta di missive in cui si documenta il tentativo dei coniugi di sostenere moralmente i giovani ragazzi della Wehrmacht che stanno combattendo in prima linea, parlando loro dei meriti dell’arte tedesca. Nel luglio 1941, Ada scrive una lettera ad alcuni di loro in cui paragona implicitamente “la nostra battaglia per l’arte” (unser Kampf um die Kunst) e il “nostro combattimento” (unsere Schlacht) alla guerra combattuta dalla Wehrmacht. In tal modo, dopo un primo passaggio manipolatorio tra il 1948 ed il 1958-1967, si elimina infine dall’autobiografia ogni altro elemento che non sia compatibile con l’immagine ‘mitica’ del pittore, ormai affermatasi.

Di troppo successo si può anche morire, almeno in termini intellettuali. La perfetta identità tra aspetti visivi (colore, innovazione), finzione letteraria (Lenz) e narrazione nella nuova versione delle Memorie favorisce una vera e propria “industria” costruita su Nolde, un’attività che è comunque (per usare la terminologia economica) un monopolio, con tutti gli inconvenienti del caso in termini di efficienza ed efficacia. La gestione dei diritti d’autore, fondamentalmente in mano alla Fondazione, non solamente permette di privilegiare una sola corrente di pensiero, ma fa dell’ente un centro che genera profitti e si espande, con l'apertura di una filiale nel pieno centro di Berlino nel 2007 (ora chiusa). Tuttavia, come in tutti i monopoli, è il consumatore che paga il prezzo, perché viene fornita sempre la stessa versione del prodotto. In particolare, l’arte di Nolde finisce per divenire una creazione pura di bellezza stupefacente, ma la cui interpretazione univoca è per molti aspetti superficiale. 

Infatti, dando uno sguardo ai cataloghi  delle mostre e delle pubblicazioni dedicate a Nolde nel corso dei decenni, ciò che colpisce è l’autoreferenzialità della critica; a scrivere sono sempre gli stessi soggetti (in sostanza, i due direttori della Fondazione) e i temi sono sempre identici. Nolde diviene, nella Repubblica Federale Tedesca, un’icona sostenuta da una forma di ‘pensiero unico’.

Una delle ragioni che sostengono il ‘pensiero unico’ è la guerra fredda: nella Germania Democratica Tedesca, fino alla metà degli anni Ottanta, Nolde e l’espressionismo in generale sono visti con aria di sufficienza: un movimento artistico borghese, che pecca di formalismo estetico, e che al più non si è saputo opporre al nazismo. Nei decenni 1950-1960 Nolde subisce oltre cortina lo stesso sabotaggio culturale cui lo avevano sottoposto i nazisti. Anzi, alla sua morte egli viene apertamente tacciato di aver declinato in termini personali l’ideologia nazista. Nolde diviene perciò un oggetto dello scontro fra Est e Ovest, con gli Stati Uniti pronti a sostenere le ragioni del movimento espressionista (e di Nolde) contro il realismo sovietico. Non a caso, a Berlino Ovest, negli anni della Guerra fredda si tengono spesso mostre su Nolde. 

Ciò detto, a un certo punto Nolde non può continuare ad essere ignorato nel blocco sovietico. Il romanzo di Lenz ha un successo immediato e travolgente anche in Unione Sovietica e nei Paesi dell’Est. Un capitolo dedicato a Nolde viene inserito nel secondo tomo del quinto volume dell’imponente antologia sovietica, intitolata “I Maestri dell’Arte sull’Arte”, che esce a Mosca nel 1969. E anche nella Repubblica Democratica Tedesca, nonostante le precisazioni sui suoi errori ideologici, l’attenzione dei critici viene dedicato all’artista: ne è un esempio  lo spazio dedicato a Nolde nella monografia di Horst  Jähner sul gruppo del Ponte (“Brücke”), pubblicata nel 1984.  

La richiesta sempre maggiore del “prodotto-Nolde” fa sì che, in una Germania sempre più grande esportatrice, ci si ponga presto il problema di far valicare i confini nazionali anche alla sua arte, in una duplice prospettiva: da un lato sottolineare l’immagine positiva della Germania non solo in campo estetico; dall’altro, molto probabilmente, moltiplicare i diritti d’autore. Così capita di notare come nei cataloghi delle mostre si sottolinei che Nolde aveva viaggiato molto, tant’è che, dai dati biografici (e quindi anche dalle Memorie), si estrapola una nuova immagine, forse lontana dalla realtà: quella di un Nolde cittadino del mondo e naturalmente in grado di cogliere le sfumature delle differenze tra culture. Stando a quanto scrive nel secondo libro delle Memorie, l’artista - a mio avviso – era invece del tutto legato ad un’idea razziale dell’umanità, che frammentava il genere umano in corpi estranei l’uno all’altro, condannava ogni commistione di idee e rifiutava ogni “arte meticcia”.

La lista seguente (non esaustiva) elenca le mostre  dedicate ad Emil fuori dai confini tedeschi e permette di avere concretamente un’idea del fenomeno Nolde  (naturalmente sono escluse le mostre collettive dedicate genericamente all’espressionismo. Se le inserissimo, ci troveremmo come minimo a un numero finale moltiplicato quanto meno per tre): New York (1955), Londra, Odense e Venezia (1956), Boston (1957), Copenaghen e New York (1958), Caracas e Parigi (1959), Los Angeles, Rio de Janeiro e Vienna (1960), Bruxelles (1961), New York (1963), Dublino (1964), Vienna (1965), Londra (1966), Copenaghen, Humlebaek e Stoccolma (1967), Londra (1968), Chicago e Lione (1969), Londra e Reykjavík (1970), Tokio (1972), Belgrado e New York (1979), Chicago e Città del Messico (1980), Tokio (1981), Nuova Delhi (1982), Roma (1984), Humlebaek (1986), Gravelines (1988), Mosca e Leningrado (1990), Lugano e Vienna (1994), Boston, Los Angeles e Londra (1995), Copenaghen e Parigi (1996), Madrid (1997), Barcellona (1998), Vienna (1999), Palma di Maiorca (2000), Vienna (2001), New York (2004), Parigi (2008), Montpellier (2009), Davos e Ordrupgaard (2010), Oslo e Vienna (2013), Humlebaek (2014), Göteborg, Winterswijk e Stoccolma (2015)

Come evitare che, nel corso di tutti questi eventi, affiorino nuovi dubbi sul comportamento dell’artista? Una delle strategie di maggior successo consiste nel ripetere a oltranza i saggi critici degli stessi autori, con variazioni minime di volta in volta. Una ricerca su www.worldcat.org rivela che Martin Urban, il direttore della Fondazione dal 1962 al 1992, ha pubblicato 46 diversi scritti su Nolde nel periodo del suo incarico. Fra essi ce ne sono senz’altro alcuni molto significativi (come il catalogo ragionato delle pitture ad olio, in due volumi, oggi esaurito da tempo e disponibile sul mercato antiquario a prezzi proibitivi); ma emerge anche una lunga lista di articoli ripetitivi preparati per esibizioni in Germania e all’estero.  Molto spesso, peraltro, le mostre (e le relative pubblicazioni) dedicate all’artista riguardano temi specifici, e del tutto apolitici: gli acquerelli e le stampe, le incisioni, le raffigurazioni del mare, le tele a olio di tema religioso, i fiori e gli animali, i ritratti, la vita notturna di Berlino, ecc. Il paladino di questa tecnica sembra essere Manfred Reuther, che succede a Martin Urban nel 1992 come direttore della Fondazione e segue una politica di questo tipo per vent’anni, pubblicando a sua volta 31 fra volumi, cataloghi e articoli segnati dalla netta prevalenza delle illustrazioni sui testi. Quando, nel 2012, Reuther va in pensione, la Fondazione ha curato e pubblicato - a nome dei suoi due direttori - poco meno di ottanta scritti, che tracciano tutti la medesima immagine del pittore. È chiarissimo l’intento commerciale, rivolto ad un pubblico inesperto. Un’eredità imbarazzante.


I dubbi degli anni 2000

Con la fine del secolo, tuttavia, una serie di storici e critici dell'arte inizia a porsi interrogativi sulle Memorie. Vorrei citare in particolare Uwe Danker, Bernd Fulda, Kirsten Jüngling, Felix Krämer, Christian Saehrendt, Aya Soko e James Van Dike. Sono sempre di più gli indizi che emergono dagli archivi a confermare domande e dubbi sulla reale interpretazione di Nolde, dubbi che erano sempre esistiti tra gli storici e già risaltano semplicemente incrociando le diverse versioni del secondo volume autobiografico (e leggendo anche, nella versione d’anteguerra, gli articoli di Max Sauerlandt, il critico d'arte che maggiormente sostiene negli anni Trenta il tentativo di Nolde di conquistare l'attenzione dei nazisti).

La mostra retrospettiva a Francoforte nel 2014, in questo senso, è un vero e proprio salto di qualità. Per la prima volta l'attenzione del catalogo è sulla questione dell'identità storica di Nolde (per la verità, se ne era già parlato a una mostra a Lugano nel 1994, curata dallo storico d’arte italiano Rudy Chiappini).  L’articolo a tutta pagina di Jochen Hieber sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, il 26 aprile 2014, trasforma un confronto tra esperti in una disputa seguita dal grande pubblico e discussa su tutti i principali media tedeschi. Se ne parla per mesi.

Anche presso la Fondazione Nolde sembra aprirsi un nuovo corso, dopo che Reuther va in pensione nel 2012, il breve interregno di Christine Hopfengart come direttrice nel 2013, e soprattutto con la nuova direzione di Christian Ring. Ring stesso ha annunciato di recente che due tra gli storici appena citati, Bernd Fulda e Aya Soko, termineranno un importante progetto di ricerca con l'obiettivo di arrivare a presentare nuovi elementi nel 2017, in occasione dei centocinquantenario della nascita di Nolde. Speriamo che questa sia anche l'occasione per pubblicare la prima edizione critica delle Memorie, di cui vi è urgente bisogno. [N.B. La mostra in corso alla Hamburger Bahnhof di Berlino nel 2019, citata sopra, presenta i risultati della ricerca di Fulda e Soko. Purtroppo, anche se ho letto numerose recensioni della mostra, non sono ancora stato in grado di visitarla. Non ho neppure ancora letto il catalogo edito da Prestel con il titolo "Emil Nolde. The Artist during the Third Reich".]


Fine Parte Prima

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OPERE CONSULTATE (PER TUTTI GLI ARTICOLI SU EMIL NOLDE)

Al termine di questo post si riporta l'intera bibliografia consultata per la redazione di questo e dei successivi interventi su Emil Nolde

Antliff, Mark - Avant-Garde Fascism: The Mobilization of Myth, Art,and Culture in France, 1909–1939, Duke University Press, 2007

Apollonio, Umbro - Die Brücke e la cultura dell'espressionismo, Venezia, Alfieri, 1952  

Barron Stephanie, Degenerate Art: The Fate of the Avant-Garde in Nazi Germany, Harry N Abrams, 1991 

Baum, Tobias – Emil Nolde, Der Künstler, der Kritiker und der Krieg, in : Wall Street Journal, 13 June 2014, http://wsimag.com/de/kunst/9636-emil-nolde

Berman, Russell A. – German Primitivism/Primitive Germany. The case of Emil Nolde, in Berman, Russell, Cultural Studies of Modern Germany: History, Representation, and Nationhood, The University of Wisconsin Press, 1993

Beutin, Wolfgang – „Deutschstunde“ von Siegfried Lenz. Eine Kritik (Lezione di Tedesco di Siegfried Lenz. Una critica), Amburgo, Hartmut Lüdke Verlag, 1975

Beyme von, Klaus - Das Zeitalter der Avantgarden: Kunstund Gesellschaft 1905-1955 (L’epoca delle avanguardie. Arte e Società 1905-1955), Monaco, Beck, 2005. 

Biennale di Venezia, XXVII, 1956, pp.595, 155 ill, –

Bradley, William Steven – The Art of Emil Nolde in the Context of North German Painting and Volkish Ideology, Northwestern University, 1981, pp. 317

Bradley, William Steven – Emil Nolde and German Expressionism. A Prophet in His Own Land, Northwestern University, 1986, pp. 196

Brenken, Anna - Flaches Land mit Heiligem (Bassopiano con Santo), in Die Zeit, 29 Aprile 1988 Si veda: http://www.zeit.de/1988/18/flaches-land-mit-heiligem

Danker, Uwe - „Vorkämpfer des Deutschtums“ oder„entarteter Künstler“? Nachdenken über Emil Nolde in der NS-Zeit, ("Campione della germanicità"  o "artista degenerato"? Considerazioni su Emil Nolde) in: Demokratische Geschichte 14 (2001). 

Deutscher Militärischer Kunstschutz in Italien 1943-1945, (La protezione militare tedesca dell’arte in Italia), International Conference in the Zentralinstitut für Kunstgeschichte Munich, 6-8 May 2010, 

Deutschstunde als Fernsehfilm. Informationen und Eindrücke (Lezione di tedesco come sceneggiato televisivo. Informazioni ed impressioni), a cura di Anneliese de Haas, Hamburg, Hoffmann und Campe, 1971, pp. 73

Documenta, Kunst des XX. Jahrhunderts, Internationale Ausstellung in Museum Fridericianum (Documenta. Arte del XX Secolo. Mostra internazionale al Museo Fridericiano) in Kassel, 15 Luglio - 18. Settembre 1955, Monaco, Prestel-Verlag

Elm, Theo – Siegfried Lenz – “Deutschstunde” (Lezione di tedesco), 1974, Wilhelm Fink Verlag, Münche, pp. 142

Emil Nolde (1) Museum Folkwang in Essen, 17 Luglio - 11 Settembre 1927

Emil Nolde (2) New Gallery, 25 Settembre – 26 Ottobre 1957, New York

Emil Nolde (3), Jahrbuch 1958/1959 (Rapporto annual), a cura della Fondazione Seebüll Ada und Emil Nolde, Christian Wolff Verlag, Flensburg

Emil Nolde (4) Overbeck-Gesellschaft Lübeck, 26-Giugno-14 Agosto 1960

Emil Nolde (5) Palaix des Beaux-Arts, Bruxelles, Maggio- Giugno 1961

Emil Nolde (6) Museum des 20. Jahrhunderts Wien III. Schweizergarten, 11 Dicembre 1965-15 Febbraio 1966

Emil Nolde (7) Museo de Arte Moderno, Mexico 12 Novembre 1980 – 8 Febbraio 1981

Emil Nolde (8), a cura di Tilman Osterwald, Manfred Reuther e Martin Urban, 1987, Wüerttembergischer Kunstverein Stuttgart, pp. 249

Emil Nolde (9), a cura di Rudy Chiappini, Museo d’Arte Moderna, Città di Lugano (edizione in tedesco), Milano, Electa, 1999

Emil Nolde (10),  a cura di Klaus H. Carl, Ashley Bassie a Max Sauerlandt, New York, Image Bar, 2014, pp. 255

Emil Nolde. Aquarelle, Monaco, R. Piper and co Verlag, 1957, pp. 50

Emil Nolde. Forbidden Pictures, Watercolours 1934-1945, Marlborough Fine Art (London), June-July 1970

Emil Nolde. Gemälde – Aquarelle (Pitture-Acquarelli), Frankfurt am Main, August-September 1958

Emil Nolde. Gedächtnisausstellung (Mostra commemorativa), Kunsthalle zu Kiel, 9.December 1956-13 January 1957

Emil Nolde. Holzschnitte (Intagli in legno), Introduzione di Friedrich Bayl, Munich, Buchheim Verlag Feldafing, 1957, pp. 54 

Emil Nolde. In Radiance and Color, edited by Agnes Husslein-Arco and Stephan Koja, Belvedere Vienna and Hirmer Verlag Münich, 2013, pp. 311

Emil Nolde. Ölgemälde – Aquarelle – Zeichnungen – Graphik (Pitture ad olio, acquarelli, disegni, grafica), Kongresshalle Berlino, 22.September-12 Oktober 1962

Emil Nolde. Retrospective, Louisiana Museum of Modern Art, Munich-London-New York, Prestel, 2014, pp. 295

Emil Nolde. Seebüll III, Flensburg, Christian Wolff Verlag, 1961, pp. 66

Emil Nolde. Unpainted Pictures, Watercolours 1938-1945 from the Collection of the Nolde-Stiftung Seebüll, Hatje Kantz Verlag, 1999, pp. 150

Emil Nolde. Watercolours from the Nolde Foundation, Scottish National Gallery of Modern Art (August 10-September 15), Hayward Gallery, London (September 27-October 27), Fitzwilliam Museum, Cambridge (November 2-24), Art Council, 1968

Emil Nolde und Max Sauerlandt. - Aspekte einer Freundschaft (Emil Nolde e Max Sauerlandt. – Aspetti di un’amicizia), Convegno 14 e 15 Febbraio 2013, Fondazione Moritzburg, Halle. 

Emil Nolde Wilhelm Lehmbruck, Meister der Plastik des 20. Jahrhunderts (Maestri della plastica del XX Secolo), Kunst- und Kunstgewerbeverein Pforzheim e.V., 1961

Fehr, Hans – Emil Nolde. Ein Buch der Freundschaft (Un libro dell’amicizia), Monaco, Paul List Verlag, 1960, pp. 149

Fenn, Jürgen -„Emil Nolde. Retrospektive“ (Emil Nolde. Retrospettiva) im Städel Museum, Frankfurt am Main, in schneeschmelze|texte, 

Festschrift für Emil Nolde anlässlich seines 60. Geburtstages (Studi in onore di Emil Nolde in occasione del suo 60° compleanno) – Dresden, Neue Kunst Fides Verlag, 1927, pp. 42 and 35 illustrations 

Fulda, Bernard – Emil Nolde im Nationalsozialismus, Vortrag und Podiumsdiskussion im Städel Museum (Emil Nolde durante il Nazionalsocialismo. Discorso e dibattito al museo Städel), 20 Marzo 2014. 

Fulda, Bernard and Aya Soko - Max Pechstein: The Rise and Fall ofExpressionism,  De Gruyter, Berlin/Boston, 2012 

Gedächtnisausstellung (Mostra commemorativa) Emil Nolde, 29 Giugno - 1 Settembre 1957, Museum Folkwang, Essen, a cura del Kunstverein in Hamburg, pp. 40, 214 immagini, 1957

Gosebruch, Ernst – Emil Nolde, Mostra 242 della Società Overbeck, Lubecca, Behnhaus, 19 Ottobre - 19 Novembre 1947, pp. 20

Gosebruch, Martin – Nolde. Aquarelle und Zeichnungen (Acquarelli e disegni), Monaco, F. Bruckmann Verlag, 1957

Grobien, Felicity - Keine Schwarz-Weiß-Malerei – EmilNolde im Nationalsozialismus, (Un’immagine non in bianco e nero. Emil Nolde nel Nazionalsocialismo)  

Grothmann, Wilhelm H. - Siegfried Lenz‘ Deutschstunde. Eine Würdigung der Kunst Emil Noldes (La Lezione di Tedesco di Siegfried Lenz. Un omaggio all’arte di Emil Nolde), in „Seminar: A Journal of Germanic Studies“, Volume 15, Number 1 / 1979, University of Toronto Press. 

Haftmann, Werner (1) Emil Nolde, Cologna, Verlag M.DuMont Schauberg, 1958, pp. 140 

Haftmann, Werner (2) Emil Nolde – Ungemählte Bilder (Immagini non pitturate), 1963, DuMont Schauberg, Cologne

Haftmann, Werner, Hentzen Alfred, Liebermann William S., German Art of the Twentieth Century, Edited by Andrew Carnduff Ritchie, The Museum of Modern Art, New York in collaboration with The City Art Museum of St. Louis, Missouri, 1957, pp. 240.

Hartsteen, Hans; Henschel, Peter – Siegfried Lenz und Emil Nolde, Danmarks Radio, Kopenhagen, 1977

Hecker, Monika - Ein Leben an der Grenze : Emil Nolde und die NSDAP (Una vita al confine: Emil Nolde e il Partito Nazionalsocialista), in: Nordfriesland, Nr. 110, (1995), S. 9-15.

Hein, Barbara - Noldes dunkle Seite (Il lato oscuro di Nolde), Art Magazin, Numero: 03 / 2014 

Hentzen, Alfred – Emil Nolde. Das Abendmahl (L’ultima cena), in Reclam, 1964, pp. 32

Hieber Jochen – Der Erzähler Siegfried Lenz und sein Modell Emil Nolde (Lo scrittore Siegfried Lenz ed il suo modello Emil Nolde), Frankfurter Allgemeine Zeitung, 26 April 2014, page 9 –   Si veda anche la versione sul web, con il titolo “Wir haben das Falsche gelernt“ (Abbiamo imparato qualcosa di sbagliato).

Hückstädt, Hauke and Krämer, Felix – Deutschstunden. Autoren über Emil Nolde (Autori scrivono su Emil Nolde), München, London, New York, Prestel, pp. 128

Hurst, Simona - Emil Nolde: Liebling der Bundeskanzler, (Emil Nolde: Il preferito della Cancelliera) 

Illies, Florian - Das liest die Kanzlerin (Lo legge la Cancelliera), in: Die Zeit, No. 32, 2008.

Jachec, Nancy - Politics and Paintings at the Venice Biennale 1948-64: Italy and the 'Idea of Europe' (Critical Perspectives in Art History), Manchester University Press, 2008, pp. 256

Jähner, Horst – Künstlergruppe Brücke. Geschichte einer Gemeinschaft und das Lebenwerk ihrer Repräsentanten (Il Gruppo Artistico Il Ponte. Storia di una comunità e l’arte dei loro membri), Berlino Est, Henschelverlag, 1984

Jens Walter – Emil Nolde. Der Hundertjährige Festvortfag zur Feier des 100. Geburtstages von Emil Nolde am 7. August 1967 in Seebüll (Emil Nolde – Discorso commemorativo in occasione dei cento anni dalla nascita a Seebüll, il 7 Agosto 1967), Stiftung Ada und Emil Nolde, 1967

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