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lunedì 28 settembre 2015

Francesco Mazzaferro. La strana storia di Cennino Cennini a Praga. I misteri della traduzione ceca del 'Libro dell'Arte' nel 1946


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Francesco Mazzaferro
La strana storia di Cennino Cennini a Praga
I misteri della traduzione ceca del Libro dell'Arte nel 1946


Fig. 1) La copertina dell'edizione in brossura del Libro dell'Arte, pubblicata il 20 novembre 1946


IL PROGETTO CENNINI

Questo post fa parte del Progetto Cennini, dedicato allo studio del recepimento del Libro dell'arte a partire dalla prima edizione a stampa, nel 1821. Clicca qui per vedere la lista di tutti i post.

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Nel 1946 compare a Praga la prima traduzione in ceco del Libro dell'Arte di Cennino Cennini, nel quadro di una collezione di fonti di storia dell'arte pubblicata dall'editore Vladimír Žikeš (1906-1980). Sarà anche l’unica in lingua ceca. È un’elegante edizione tascabile in ottavo.

L’edizione di Cennino è il terzo volume della “sezione A” della collana denominata Žikešův špalíček o umění (I volumi di Žikeš sull’arte). La collana si compone appunto di una sezione A (Výtvarné umění, ovvero le “arti grafiche”), e di una sezione B (Divadlo – Tanec – Hudba: teatro, danza e musica). Della sezione B, peraltro, comparirà un solo titolo, nel 1941: “La filarmonica ride: storie comiche da dietro le quinte della filarmonica ceca”. L’autore è Bedrich Dobrodinský.


Fig. 2) Il colophon del Libro dell'Arte


Il colophon dell’edizione ceca del Libro dell’Arte spiega che la traduzione dall'italiano è di František Topinka. Sono sue anche le note, il saggio e la selezione delle illustrazioni che arricchiscono l’opera. L’Introduzione (Předmluva) è di 42 pagine. Alla traduzione (pagine 43-233), seguono: una chiosa ‘sulla traduzione’ (K překladu) (pp. 234-235), una nota su Cennino e il suo tempo (Cennino Cennini a jeho doba) (pp. 236-254), ulteriori note all’introduzione (pp. 255-257) ed al testo (pp. 258-315). Insomma, l’apparato critico di Topinka è molto importante, superando nel complesso il centinaio di pagine.

Il volume, stampato in 5000 copie (una tiratura rilevante), è in carattere Bodoni. Del volume esistono un’edizione tascabile in brossura (quella che possediamo) ed una in copertina rigida (riprodotta in alcuni siti antiquari). La grafica della copertina (identica per tutti i volumi della collana) è di R. Beneš.

È davvero importante avere in mano il libro. La semplice consultazione delle indicazioni che compaiono su Internet non offre infatti molte certezze. Ad esempio, Topinka è il più delle volte menzionato come puro traduttore, mentre è chiaro che il suo ruolo è ben maggiore. In alcune circostanze, invece, è R. Beneš ad essere citato come autore dei saggi: un errore clamoroso.

Il testo non offre purtroppo nessuna informazione su chi sia František Topinka. Di certo sappiamo solo che cura, nella medesima collana, la pubblicazione del testo in ceco del Trattato della pittura di Leonardo (1941) e dei trattati sulla pittura e sulla scultura di Leon Battista Alberti (1947). Per entrambi fornisce non solamente la traduzione, ma la medesima ricca documentazione a commento, sempre con un importante apparato di note. Dobbiamo dunque assumere che Topinka fosse ottimo conoscitore della lingua e della cultura italiane.

Quanto al progetto grafico di R. Beneš, si fa spesso riferimento a Rudolf Beneš, ma anche qui ci sono molti dubbi. Abbiamo rintracciato due Rudolf Beneš potenzialmente papabili. Il più giovane (1896—1971), oltre che artista, è professore alla Státní grafické škole (Scuola statale di grafica) di Praga [1]. Del secondo si sa davvero pochissimo (1890-1947); fu comunque anch’egli docente di grafica a Brno [2]. I testi non offrono alcuna possibilità di identificare chi, dei due, sia stato l’autore del progetto grafico della collana. Ci affidiamo quindi a fonti terze. Secondo Pavlína Jirásková  il nostro studioso è, senza alcun dubbio, il più giovane, ovvero il pittore, grafico e docente nato nel 1896 e morto nel 1971.  Va poi detto che esiste un terzo Rudolf Beneš (1881-1945) che ha dedicato la sua vita allo studio della biologia dei funghi: molte schede di antiquari di Praga identificano in quest’ultimo l’autore della copertina [3]: mi sembra assai poco probabile. Inoltre le stesse fonti, come detto sopra, gli attribuiscono addirittura la paternità dell’apparato critico. Un fraintendimento particolarmente curioso.

Fig. 3) La copertina dell'edizione rilegata del Libro dell'Arte, in un'immagine di un sito antiquario praghese


Un binomio consolidato: Vladimír Žikeš e František Topinka nella Praga degli anni ‘40

Le traduzioni di Libro dell’arte di Cennino, Trattato della pittura di Leonardo e scritti di L.B. Alberti mostrano come – nello spazio di soli sei anni – la coppia Žikeš-Topinka dia vita a tre monografie sulla letteratura artistica italiana destinate ad un pubblico non ristretto (5000 copie per Cennino, 3000 copie per Leon Battista Alberti; purtroppo il colophon del trattato di Leonardo non include alcuna informazione sulla tiratura). È davvero sorprendente, se si considera che sono anni terribili per il mondo e per la Cecoslovacchia in particolare.


Fig. 4) La copertina del Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (pubblicato il 15 settembre 1941)

Fig. 5) Il colophon del Trattato della Pittura 



Vladimír Žikeš

Vladimír Žikeš è un personaggio pubblico ben conosciuto nella Cecoslovacchia di quegli anni, anche se oggi è di fatto dimenticato. Le sue memorie in tempo di guerra, scritte clandestinamente negli anni 1970, sono uscite postume nel 1990, con il titolo Slovenské povstání bez mýtů a legend (La rivolta slovacca senza miti e leggende) [4]. Nel 2006 il giovane storico Tomáš Síbek gli ha dedicato la tesi di laurea, in occasione del centenario della nascita. Síbek scrive che importante materiale archivistico su Žikeš  è conservato nel fondo museale della Biblioteca Nazionale di Praga (Knihovna Národního muzea), inclusa tutta la sua corrispondenza fino al 1945. [5]

Dopo una fase giovanile (1925-1937) in cui si dedica a edizioni private per bibliofili interessandosi alla cultura francese e al decadentismo (poesia, erotismo, occultismo), nel 1937 Žikeš consegue la licenza come editore e tra il 1937 ed il 1942 gestisce la propria casa editrice a Praga, specializzata in letteratura, storia ceca e monografie d’arte (ha una laurea in storia dell’arte). Tomáš Síbek scrive [6] che i suoi eleganti volumi d’arte su Praga servono spesso come regali di rappresentanza per stranieri illustri. Il colophon su Leonardo menziona che quello del 1941 è il suo settantacinquesimo libro.

Un esempio del gusto elegante dell’editore (ed al tempo stesso dell’attenzione per la letteratura artistica italiana) è già la pubblicazione nel 1939 di trenta incisioni dalla Vita di Benvenuto Cellini realizzate da Cyril Bouda (1901-1984), un illustratore di chiaro gusto classico.


Fig. 6) Cyril Bouda, Incisione dalla serie “Vita di Benvenuto Cellini”, pubblicata da Vladimír Žikeš nel 1939

Anche la collezione di fonti di storia dell’arte è elegante. Come già detto, si tratta di volumi in ottavo, con una copertina dorata disegnata da un grafico di qualità, R. Beneš. Il primo volume, quello su Leonardo, è illustrato dal disegnatore e grafico ceco Josef Solar (1899-1977), che aveva appena vinto il Grand Prix a Parigi nel 1937. Il gusto è classicheggiante.

Fig. 7) L’edizione del Trattato della Pittura di Leonardo illustrata da Josef Solar


Non appena l’attività editoriale è avviata, la situazione politica diviene però assai precaria. Nel 1938 – con gli accordi di Monaco – la Cecoslovacchia viene smembrata e nel 1939 Praga diviene la capitale del cosiddetto Protettorato di Boemia e Moravia, uno stato vassallo dei nazisti, dopo l’occupazione militare di Hitler.

È comunque durante il Protettorato che compaiono i primi titoli della collezione di fonti di storia dell’arte: il primo è il Trattato della pittura di Leonardo, tradotto da František Topinka, che esce il 15 settembre 1941. Lo stesso anno Žikeš affitta il primo piano in uno dei più bei palazzi storici di Praga (palazzo Colloredo-Mansfeld) in pieno centro, e vi apre una libreria antiquaria.


Fig. 8) La libreria di Žikeš

Fig. 9) Il logo della casa editrice di Žikeš

La quarta di copertina del volume di Leonardo del 1941 contiene una lista dei titoli in programma per future pubblicazioni: sono la traduzione della monografia che Rainer Maria Rilke (che a Praga è nato) scrive su Rodin nel 1903, la corrispondenza del pittore ceco Hugo Boettinger (1880-1934), le memorie del pittore croato Vlaho Bukovac (1855-1922, noto in Italia come Biagio Faggioni e morto a Praga), ed un’antologia di scritti di Albrecht Dürer intitolata “Su se stesso e sulla pittura”.

Ma gli eventi storici stravolgono i piani editoriali. Dopo l’attività repressiva della Gestapo in seguito all’attentato mortale dei resistenti cechi al Vice ‘Reichsprotektor’ di Praga Reinhard Heydrich,  Žikeš entra nella clandestinità nel maggio 1942 (con i nomi di battaglia Jan Mrözek e Jan Kostia) [7]. Si nasconde in Slovacchia lavorando in una compagnia mineraria e occupandosi in realtà della stampa della resistenza in preparazione e durante l’insurrezione dell’agosto 1944. Ha legami diretti con il governo in esilio a Londra di Edvard Beneš, futuro Presidente.

Alla fine della guerra, il suo prestigio di editore-partigiano è enorme. Pubblica il primo libro della Cecoslovacchia libera a Kosice appena liberata. L’attività editoriale a Praga è riavviata dal nulla (tutte le proprietà erano state sequestrate) nel 1945, così come riapre la libreria antiquaria, dove si tengono anche mostre d’arte al nuovo “Salone di Praga Vladimir Žikeš”. Žikeš espone Vincent Hložník (1919-1997), Peter Matejka (1913-1972) e altri pittori d’avanguardia proibiti nel Protettorato. 


Fig. 10) Vincent Hložník, Prima della perfomance, 1947

Fig. 11) Peter Matejka, Ragazza, 1940-1944

Le pubblicazioni della serie sulle fonti di storia dell’arte riprendono con la medesima veste editoriale. Sono però cancellati i volumi su Dürer, Boettinger e Bukovac. Il secondo libro della collana è quello di Rilke su Rodin (1946) seguito, lo stesso anno, dal nostro Libro dell’arte di Cennino Cennini, che compare quindi come terzo della serie. Nel 1947 escono – in un unico volume, il quarto della collana - i trattati sulla pittura e sulla scultura di Leon Battista Alberti.


Fig. 12) Il Presidente della Cecoslovacchia, Edvard Beneš, visita una mostra d’arte organizzata da Vladimír Žikeš nella sua libreria il 29 agosto 1945, ad un anno esatto dall’insurrezione slovacca contro i nazisti (Žikeš è il primo a sinistra)

La casa editrice diviene uno dei centri culturali del paese. Durante la “terza repubblica” (1945-1948) il presidente Beneš cerca di limitare l’influenza sovietica. Žikeš pubblica per esempio nel 1947 un testo del ministro degli esteri Jan Masaryk, dal titolo significativo “Ani opona, ani most” (Né cortina né ponte), che cerca di posizionare la Cecoslovacchia in uno stato di neutralità completa (il governo presentò domanda di partecipare al Piano Marshall, ma Stalin lo obbligò a ritirare la domanda). Per i suoi tipi escono nel 1948 anche gli scritti del filosofo e teologo Jan Blahoslav Kozák. La casa editrice si riposiziona dalla storia dell’arte alla promozione della cultura nazionale, ospitando fra l’altro l’appena creato PEN club cecoslovacco.

Fig. 13) Il colophon dei Trattati della pittura e della scultura di Leon Battista Alberti nella versione ceca del 20 agosto 1947
(immagine tratta da un sito antiquario)

Il tentativo di equidistanza si rivela anche nella collana di fonti di storia dell’arte. Il penultimo volume, pubblicato nel 1947, è un saggio del pittore ceco Otakar Mrkvička (1898-1957), intitolato “Impegno. Pittura e arte contemporanea sovietica”. L’ultimo libro della serie di fonti di storie dell’arte – il sesto - è invece un testo di Antonin Novotny, ex direttore del Museo della città di Praga, sul “Bambin Gesù di Praga”, una storia del culto dedicato all'infanzia di Gesù nell’età barocca in Boemia. Novotny ha già pubblicato molti testi di storia dell’arte locale per Žikeš, che lo include nella collezione di fonti di storia dell’arte per ragioni in verità non chiarissime, almeno a prima vista. Forse la motivazione è quella dell’equidistanza politica: vuol dare un colpo al cerchio (il libro sull’arte sovietica) e uno al botte (quello sul culto locale di Gesù bambino).


Fig. 14) Otakar Mrkvicka, Impegno, Pittura ed arte contemporanea sovietica, 1947

Fig. 15) Otakar Mrkvicka, Un volto sul marciapiede, 1943


Beneš e Masaryk non hanno alcuna chance di successo nel perseguire una politica di neutralità. Il colpo di stato del primo ministro comunista Klement Gottwald del 1948 coincide anche con la fine dell’attività editoriale di Žikeš. La casa editrice viene chiusa, e l’editore viene deportato fuori Praga a lavorare come minatore sui monti Tatra. [8] Poi è impiegato come facchino in un macello di bestiame. Nel 1967 Žikeš si ritira in Slovacchia, dove conduce una vita appartata, dedicandosi alle passeggiate in montagna, la sua seconda passione dopo l’editoria. 


František Topinka

Nulla dei testi pubblicati tra il 1941 ed il 1947 ci consente di capire chi fosse il curatore dei tre testi classici della letteratura artistica italiana, ovvero František Topinka. Di lui non si conoscono né la data di nascita né quella di morte. Di certo, non si può trattare di un semplice traduttore ‘free-lance’, dato che ha prodotto tre importanti corredi critici ai testi in ceco di Leonardo, Cennino e Leon Battista Alberti. Ho contattato, tramite conoscenti, alcuni istituti di storia a Praga per cercare qualche informazione su di lui, sperando per esempio in registrazioni d’archivio presso università o in recensioni dell’epoca, ma – nonostante la loro gentile ricerca – nulla di nuovo è emerso. Un interlocutore si è chiesto addirittura se il suo nome sia davvero quello autentico.

Nell’assenza totale di informazioni, possiamo dire solo quanto segue: František Topinka è nome molto comune nella Repubblica ceca (anche ai giorni nostri). Si tratta probabilmente di uno studioso che si è formato nel quadro dei legami culturali molto forti tra Italia e Cecoslovacchia negli anni 1920-1930: nel 1920 è creata la Lega italo-cecoslovacca, che ha lo scopo di promuovere gli studi e la permanenza di studenti cechi in Italia, e nel 1923 l'Istituto di cultura italiana, che nel 1937-1938 segue circa 1000 studenti [9][10]. Non vi è alcuna notizia relativa ad una sua attività di traduzione prima degli anni quaranta. Dopo il 1947, nulla si sa di lui.

L’unica certezza è che, oltre a testi di Leonardo (1941), Cennino Cennini (1946) e Leon Battista Alberti (1947), egli traduce nel 1943, sempre dall’italiano, un saggio dello storico della scienza, Gino Loria, su Galileo Galilei (per un altro editore di Praga, ovvero Orbis). Produce un apparato di note anche per questo testo.

Topinka sembra avere un interesse per la storia della scienza e della tecnologia. Oltre al libro su Galilei, la sua specializzazione è resa evidente dal fatto che, nel volume su Cennino e Leonardo (non abbiamo consultato quello sull’Alberti), molte note hanno un chiaro carattere scientifico, come testimoniato da molti disegni ingegneristici da lui acclusi nel testo.

Figg. 16 e 17) Alcune note di carattere scientifico nell’apparato critico della traduzione di Leonardo

La traduzione di Galilei e le note scientifiche su Cennino e Leonardo aprono una possibile strada sulla sua identità. Si tratta forse del František Topinka che (tra la metà degli anni venti e la seconda metà degli anni trenta, ovvero fino al 1937) pubblica numerosi manuali, testi ed articoli di ingegneria idraulica? Forse che, negli anni della pensione, lo scienziato si sia dedicato ad una nuova passione per la tecnologia nell’arte, iniziando con la traduzione di un testo di Leonardo? Anagraficamente, l’ingegnere idraulico potrebbe essere stato ancora vivo nel 1947, l’epoca più tarda delle pubblicazioni (avrebbe avuto 67 anni). Di lui si sa infatti (dai dati contenuti nel sito web della biblioteca nazionale ceca [11]) che è nato nel 1880 a Lánech, ma non siamo riusciti a trovare indicazioni sull’anno di morte. Va però detto che gli scritti scientifici dell’ingegnere idraulico compaiono in tedesco ed in inglese, ma non in italiano.

L’altra possibilità è che Topinka sia un traduttore o studioso locale – senza alcuna affiliazione accademica e pubblicazioni precedenti –  e che debba tutto a Vladimír Žikeš: è lui che lo scopre dal nulla, è lui che lo fa lavorare negli anni più difficili ed è con la fine della sua casa editrice che Topinka sparisce di nuovo nell’oscurità. Potrebbe essere stato un insegnante locale d’italiano tra quelli che seguivano i mille studenti praghesi alla fine degli anni trenta.

Non è infine impossibile che quello di František Topinka sia uno pseudonimo, usato per celare l’identità di chi è attivo sotto il Protettorato e poi nella Terza Repubblica: era frequente in quel tempo di grandissima incertezza, in cui persone erano esposte a rischi personali. Magari un personaggio famoso della cultura praghese che – per ragioni opposte – ha da temere qualcosa sia da tedeschi e russi; oppure qualcuno cui preme non rilevare la propria identità sotto il protettorato e che, sopravvissuto alla guerra, non vuole si sappia della sua precedente attività.


Vladimír Žikeš – Ombre e luci

Kenneth D. Alford ha scritto numerosi saggi sui furti d’arte, sia da parte dei nazisti sia da parte degli alleati, nella seconda guerra mondiale. I furti di libri rari consentono immensi guadagni, specie se gli originali vengono venduti pagina per pagina. Uno degli studi di Alford ci spiega che Žikeš  non ha remore a comprare nel 1945 al mercato nero da soldati russi un originale del Libro dei Salmi di Magonza del 1457 (l’esemplare doveva essere trasportato da Dresda a Mosca ed era invece stato trafugato nel tragitto verso l’Unione Sovietica) e a cercare di rivenderlo a commercianti americani. [12] Il Libro dei Salmi è il secondo titolo nella storia della stampa a carattere mobili, dopo la Bibbia di Gutenberg. Ve ne sono solamente dieci copie originali. Il valore di mercato è enorme: una copia è comprata ufficialmente dalla Biblioteca del Congresso di Washington nel 1945 al prezzo di 300 mila dollari. Žikeš deve essere ben conscio del valore commerciale del bene che aveva acquisito, certamente ad un prezzo molto più basso, da alcuni criminali presenti fra le truppe sovietiche.

Žikeš prende l’enorme rischio di contattare una controparte negli Stati Uniti: l’editore ed antiquario austriaco Herbert Reichner (1899-1971), attivo a Vienna, Lipsia e Zurigo, editore di Canetti, Heine e Zweig, nonché della rivista Philobiblon, la più importante pubblicazione periodica di lingua tedesca per bibliofili. Reichner è riuscito a fuggire dall’Austria nel 1938, prima dell’occupazione tedesca, portando con sé a New York una riserva di libri rari. È ovvio che Žikeš e Reichner si devono conoscere assai bene. Tra i due deve esistere una comunione d’affari precedente la guerra, dato che sono tra i maggiori antiquari librari e bibliofili di Vienna e di Praga.

Reichner, quando è contattato da Žikeš dall’Europa, pensa – almeno sembra – che si tratti solamente di una fedele riproduzione dell’originale. È convinto dunque che non si tratti di un’azione criminale. Accetta di lavorare come agente di Žikeš  negli Stati Uniti, per vendere le pagine una ad una sul mercato privato americano, e firma un regolare contratto. Chiede ovviamente che il libro gli sia inviato negli Stati Uniti. Per fortuna, il Libro dei Salmi gli viene spedito intatto. Quando il testo (transitando dall’Olanda) arriva negli Stati Uniti nel 1947, Reichner si rende conto di avere in mano un originale. Contatta immediatamente il direttore della biblioteca dell’università di Harward, che coinvolge anche la Biblioteca del Congresso e quella della Morgan Bank. Le tre istituzioni a loro volta contattano il Dipartimento di Stato, con la proposta che il governo degli Stati Uniti paghi un modesto risarcimento a Žikeš per risolvere il contratto tra quest’ultimo e Reichner e trattenere il volume nel paese a scopo di studio. Il volume è invece sequestrato dalle autorità di polizia nel 1948, che manifestano un certo disappunto per il fatto che istituzioni americane così importanti siano coinvolte in un caso talmente eclatante di ricettazione.

Paradossalmente Žikeš, già caduto in disgrazia politicamente a Praga, è salvato dalla guerra fredda: nel 1950 il Libro dei Salmi è infatti riconsegnato dagli americani alla Germania Federale (e non a quella Democratica). Vi è un implicito accordo che la Germania riceverà intatto il prezioso volume senza fare troppe domande. Le autorità americane non specificano quel che è successo (non vogliono che si pensi che le maggiori università e biblioteche americane siano coinvolte nel contrabbando di beni di tale valore). Per fortuna di Žikeš le autorità di Washington non rivelano neppure il suo tentativo di ricettazione a quelle di Mosca e Praga, ormai nel campo politico nemico; altrimenti Žikeš sarebbe finito probabilmente impiccato o di fronte ad un plotone d’esecuzione.


Fig. 18) Una pagina dal Libro dei Salmi di Magonza (1457)


Vi sono altre ragioni di perplessità sulla figura dell’editore. Infatti, è chiaro che Žikeš costruisce il suo successo economico durante l’epoca del Protettorato, dunque praticamente sotto i nazisti, e non può essere stato insensibile alla volontà del governo collaborazionista prima di entrare in clandestinità nel 1942. C’è da chiedersi, per esempio, se sia solamente casuale che i titoli pianificati nella sua collana nel 1941 (quelli citati nella quarta di copertina del volume di Leonardo e mai pubblicati) siano tutti o di autori tedeschi o comunque dell’area culturale dell’Asse (Italia e Croazia). Forse il progetto editoriale di Žikeš è in linea, prima del 1942, con la politica di collaborazione delle autorità ceche. Sono tempi molto duri e, senza dubbio, è facile giudicare oggigiorno. Eppure è chiaro che tutta la storia personale di Žikeš non è priva di aspetti che sollecitano dubbi. E forse la sua decisione di pubblicare nel 1947 e nel 1948 un saggio sull’arte sovietica ed uno sulla storia delle reliquie religiose in Boemia è in piena linea con l’opportunismo del personaggio.


Che cosa ci dice Topinka su Cennino Cennini?

L’apparato critico di Topinka nell’edizione ceca del Libro dell’arte si estende oltre le cento pagine. Decine e decine di esse sono riservate a Cennino e al suo tempo, al rapporto con la scuola del Gaddi, alla ricezione di Cennino nel Rinascimento (Vasari, Borghini, Baldinucci, Armenini), alle modalità della scoperta di Tambroni, alle opinioni di critici e filologi italiani al momento della scoperta del manoscritto (Girolamo Amati e Salvatore Betti), alla descrizione delle caratteristiche dei differenti manoscritti, alle traduzioni precedenti (tutte elencate e commentate), alle opinioni di Lionello Venturi nel suo articolo su Cennini del 1925.  Vi sono, nell’introduzione, pagine di commento a paragrafi considerati fondamentali: va qui rilevato che – mentre in altre traduzioni (si pensi – sia pur con esiti diversi - a Albert Ilg e a Jan Verkade) l’enfasi è sugli aspetti morali e religiosi, e dunque ideologici,  del testo – Topinka sceglie i capitoli che parlano delle tecniche: capitoli 12-14 (tecniche per apprendere il disegno); 34 (l’uso del carboncino per disegnare); 38 (la sinopia); 39-40 (il cinabro); 44 (il rosso lacca); 46 (il giallorino); 47 (l’orpimento); 62 (l’azzurro oltremarino); 89-94 (le tecniche d’affresco); 96 (la doratura); 122 (il disegno su tavola); 131 (la tempera); 143 (la pittura su drappi); 157 (la miniatura); 161 (la pittura su carta). In tutti questi casi l’attenzione non è mai alla riproducibilità del metodo nei tempi moderni, ma alla sua storicizzazione. Non vi è poi nessuna discussione in nota dei paragrafi 2 e 3, quelli che riguardano gli aspetti religiosi e morali della pittura.


Fig. 19) La nota di Topinka al cap. 62 del Libro dell'Arte
(composizione chimica del lapislazzulo e riferimenti alla storia della chimica)


In altre parole: questo non è un testo scritto da un pittore per altri pittori; non vi è alcuna ambizione di indurre gli artisti contemporanei ad adottare tecniche pittoriche passate. Non è neppure un testo che esalta il mondo passato, genuino e pieno di devozione religiosa, nel senso del sacerdozio dell’arte. È un testo scientifico di storia delle tecniche artistiche. Ecco, infatti, come il traduttore presenta i meriti del testo e ne giustifica la traduzione, alla pagina 234 (grazie a Tomas Konecny per la traduzione):


Sulla traduzione

Se avessimo tradotto il trattato della pittura di Cennino Cennini venti anni fa, sarebbe stato prematuro, perché allora non avevamo a nostra disposizione alcuna idonea guida alle tecniche pittoriche e la traduzione di un trattato sulla pittura alla vecchia maniera avrebbe creato nel lettore inesperto la tentazione di credere che mai fosse possibile riportare di nuovo in vita quelle antiche tecniche e usarle nella stessa forma in cui furono usate centinaia di anni fa. Oggi, invece, abbiamo ormai a nostra disposizione l’ottimo volume di František Petr [13] (purtroppo esaurito) e più di recente l’eccellente manuale di Milan Egr [14], e dunque è venuto il tempo in cui si può realizzare una traduzione come contributo al chiarimento delle tecniche artistiche del passato, sempre benvenuto a coloro che credono e amano l’arte. In sostanza, questa traduzione è dunque un documento sulla cultura e sulla storia, che vuol oggi permettere agli osservatori delle opere d’arte del passato di richiamare ai loro occhi un’immagine di come la mano di un pittore potesse allora combattere con le complesse proprietà dei materiali, senza aiuto alcuno della scienza, con il solo supporto di una scelta assai limitata di strumenti, sotto la guida dell’anima visionaria dell’artista, e spesso grazie all’ispirazione delle convinzioni religiose.” 


Fig. 20) La nota sui capitoli 175-176 del Libro dell'Arte:
differenze fra tecniche di isolamento dall'umidità usate da Cennino e dai contemporanei

L’apparato delle note, poste alla fine del libro, è davvero imponente. Alcuni aspetti sono interessanti. Primo: Topinka include diverse tabelle sulla composizione chimica dei colori con l’indicazione delle percentuali da utilizzare (un modo di presentare l’informazione che è tipico di chi ha una formazione tecnica). Secondo: presenta illustrazioni su aspetti tecnici (ad esempio, l’uso del filo d’ordine per iniziare il disegno su muro per l’affresco). Terzo: alcune note sono lunghe diverse pagine (ad esempio la nota al paragrafo 67 sull’affresco, da pagina 274 a pagina 289), contengono vaste citazioni di storici dell’arte, autori di manuali di tecnica (i già citati Petr e Egr) e vere e proprie rassegne antologiche molto ampie dal mondo critico italiano e tedesco, incluse opere dei primi anni quaranta. Basta tutto ciò per sostenere l’identità tra il Topinka ingegnere idraulico ed il Topinka studioso di Cennino, Leonardo ed Alberti (nonché di Galileo)? Ahimè, non basta. Chiunque egli sia, non è comunque né un semplice traduttore, né un pittore, né uno studioso convenzionale di storia dell’arte, ma un personaggio dalle qualità molteplici.

Se cita tutte le traduzioni pubblicate sino ai suoi giorni, va pur detto che, a pagina 316, Topinka riconosce il personale tributo che deve all’edizione curata da Renzo Simi. È il suo testo italiano che è tradotto, e da lui provengono numerose informazioni sul Libro dell’Arte.


Conclusione: perché tradurre Cennino in ceco?

L’attività di  Vladimír Žikeš a Praga tra 1941 e 1947 ha molti elementi di somiglianza con altre esperienze di traduzione di Cennino negli stessi anni.

1. Con Samuel Tyszkiewicz, che pubblica due versioni in polacco tra Firenze e Varsavia nel 1933 e 1934, Žikeš ha in comune l’amore per la tipografia e l’interesse commerciale rivolto soprattutto ai bibliofili. Inoltre, entrambi si pongono il problema del rapporto tra la cultura dei loro rispettivi paesi e quella del rinascimento italiano; offrire al loro pubblico una bella e pregiata edizione del Libro dell’Arte di Cennino (e nel caso ceco, un’intera collezione di classici di fonti di storia dell’arte) significa ancorare la cultura dei loro giovani paesi (sorti dalla dissoluzione degli imperi centrali dopo la prima guerra mondiale) a radici profonde. La traduzione di Cennino ha anche una ragione di legittimazione culturale nel caso sovietico del 1933. Siamo nella Praga panslava dove Alphonse Mucha dipinge, nel 1927, L’Apoteosi degli Slavi. Con le edizioni ceca, polacca e russa gli Slavi non hanno più la necessità di usare il tedesco per leggere uno dei testi fondatori della pittura.

Fig. 21) Alphonse Mucha, L'apoteosi degli Slavi, 1927

2. L’ambizione di creare una collezione nazionale di fonti di storia dell’arte richiama d’altra parte l’esperienza della collana della scuola di Vienna, la cui prima serie contiene un testo medievale di fonti di storia dell’arte ceca, (Das Buch der Malerzeche in Prag - Kniha bratrstva malirskeho v Praze) 1348- 1527, a cura di Matthias Pangerl, pubblicato nel 1878) [15]. Si tratta del Libro dell’Arte dei Pittori di Praga. Il testo – scritto in alto tedesco antico – ha anche qui una funzione di legittimazione delle ambizioni culturali di Vienna, come testimonianza delle radici germanofone della cultura della Boemia medievale (a Praga fu fondata la prima università tedesca).


Fig. 22) La prima pagina del Libro dell'arte dei Pittori di Praga, nell'edizione del 1878

3. L’interesse per gli aspetti scientifici che sembra caratterizzare il lavoro di František Topinka (che mostra lo stesso interesse quando traduce e commenta Leonardo e ovviamente Galileo) è comune allo storico della scienza Mieli come pure allo statunitense Daniel V. Thompson jr. (con le sue edizioni in italiano del 1932 ed in inglese del 1933). È comunque chiaro lo scetticismo verso i precedenti di chi (si pensi al pittore francese Victor Mottez, nella Francia ottocentesca) adotta le tecniche di Cennino, per poi trovarsi qualche decennio dopo con tutti gli affreschi non più leggibili. Anche Alf Rolfsen in Norvegia (1942) e lo stesso anonimo ungherese si raccomandano di non utilizzare le ricette cenniniane, se non in modo molto selettivo.

4. Il peso della storia si avverte nel caso della traduzione ceca come in quella spagnola ed ungherese. Il curatore della prima versione spagnola Aldo Mieli è un dissidente politico antifascista in fuga dall’Europa. Il traduttore ungherese è ancora sconosciuto; ha comunque relazioni personali dirette con le figure di riferimento della scuola di Gödöllõ. È forse György Leszkovszky, uno dei fondatori della Società Cennini. È comunque talmente compromesso con il regime filo-fascista ungherese dell’Ammiraglio Horthy, che non rivela né il suo nome né la data della traduzione, che circola solamente in edizione clandestina (samisdat). Aggiornamento: questa parte del commento è superata: si tratta di Béla Czene.

5. Nel caso ceco gli avvenimenti che segnano la breve vita della collezione delle fonti di storia dell’arte di Vladimír Žikeš sono davvero incredibilmente complessi e traumatici. Abbiamo comunque a che fare con un uomo probabilmente molto intraprendente, che avvia il suo successo sotto la Cecoslovacchia indipendente, lo consolida sotto il protettorato filonazista, partecipa poi attivamente alla resistenza, compra da soldati sbandati russi materiali di incredibile valore artistico e cerca di arricchirsi (non scoperto, per sua fortuna) ricettandoli per soli fini materiali negli Stati Uniti, pratica la difficile politica di equidistanza della terza repubblica di Beneš tra conservatori e comunisti e, alla fine, è deportato e si trova a lavorare come minatore o come facchino in un macello.

Non siamo riusciti a risolvere tutte le domande che ci siamo posti (ad esempio, chi era František Topinka), quando ci siamo trovato questo libro tra le mani, ma un elemento è chiaro. Si tratta di un’edizione ambiziosa, ricca di un notevole apparato critico, pubblicata in ben 5000 copie, e con una forma tipografica accurata. Molto probabilmente, se gli avvenimenti fossero stati meno avversi, ve ne sarebbero state nuove edizioni, e forse Praga sarebbe una delle capitali della ricerca cenniniana. Ma la storia non si fa con le frasi ipotetiche. Oggi è un testo quasi introvabile, e forse il pubblico ceco per leggere Cennino nei prossimi anni, utilizzerà la nuova traduzione inglese di Lara Broecke, che è stata pubblicata in queste settimane.  


NOTE




[4] Si veda: 





[9] Medici, Lorenzo - Dalla propaganda alla cooperazione: la diplomazia culturale italiana nel secondo dopoguerra, Milano, CEDAM Publishers, 2009, 322 pagine.  Citazione p. 35

[10] Santoro, Stefano - L'Italia e l'Europa orientale: diplomazia culturale e propaganda 1918-1943, Milano, Franco Angeli, 2005, 432 pagine. Si vedano pagine 71 e seguenti.

[11] Si veda: http://www.nkp.cz/

[12] Alford, Kenneth D. - Allied Looting in World War II: Thefts of Art, Manuscripts, Stamps and Jewelry in Europe, Jefferson, North Carolina, Mcfarland and Co Inc, 2011, 278 pagine. Si veda in particolare il capitolo 24: L’inestimabile libro dei salmi di Magonza.

[13] František Petr, Malířské techniky: fresko, sgrafito, malba klihová, kaseinová, temperová, nátěry zdí, polychromie, zlacení, stucco lustro a imitace mramorů (Le tecniche della pittura: affresco, sgraffito, pittura con colla, caseina, tempera, pittura delle pareti, policromia, dorature, lampadari e stucchi, finto marmo). Edizioni Jan Štenc, Praga, 1926.

[14] Miloslav Hégr,  Technika malířského umění: Poznámky o materiálu a technice malby pastelem, akvarelem, gouachí, temperou, olejem a nástěnné (La tecnica della pittura artistica: Note su materiali e tecniche di pittura con pastello, acquerello, guazzo, tempera, olio e murale). Edizioni d’arte Beseda, Praga, 1941.



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