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Francesco Mazzaferro
La strana storia di Cennino Cennini a Praga
I misteri della traduzione ceca del Libro dell'Arte nel 1946
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Fig. 1) La copertina dell'edizione in brossura del Libro dell'Arte, pubblicata il 20 novembre 1946 |
IL PROGETTO CENNINI
Questo post fa parte del Progetto Cennini, dedicato allo studio del recepimento del Libro dell'arte a partire dalla prima edizione a stampa, nel 1821. Clicca qui per vedere la lista di tutti i post.
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Nel 1946 compare a Praga la prima traduzione in ceco del Libro dell'Arte di Cennino Cennini, nel
quadro di una collezione di fonti di storia dell'arte pubblicata dall'editore
Vladimír Žikeš (1906-1980). Sarà anche l’unica in lingua ceca. È un’elegante
edizione tascabile in ottavo.
L’edizione di Cennino è il terzo volume della “sezione A”
della collana denominata Žikešův špalíček
o umění (I volumi di Žikeš sull’arte).
La collana si compone appunto di una sezione A (Výtvarné umění, ovvero le “arti grafiche”), e di una sezione B (Divadlo – Tanec – Hudba: teatro, danza e
musica). Della sezione B, peraltro, comparirà un solo titolo, nel 1941: “La filarmonica ride: storie comiche da
dietro le quinte della filarmonica ceca”. L’autore è Bedrich Dobrodinský.
Il colophon dell’edizione ceca del Libro dell’Arte spiega che la traduzione dall'italiano è di
František Topinka. Sono sue anche le note, il saggio e la selezione delle
illustrazioni che arricchiscono l’opera. L’Introduzione (Předmluva) è di 42 pagine. Alla traduzione (pagine 43-233),
seguono: una chiosa ‘sulla traduzione’ (K
překladu) (pp. 234-235), una nota su Cennino e il suo tempo (Cennino Cennini a jeho doba) (pp.
236-254), ulteriori note all’introduzione (pp. 255-257) ed al testo (pp.
258-315). Insomma, l’apparato critico di Topinka è molto importante, superando nel
complesso il centinaio di pagine.
Il volume, stampato in 5000 copie (una tiratura rilevante), è in carattere Bodoni. Del volume esistono un’edizione
tascabile in brossura (quella che possediamo) ed una in copertina rigida
(riprodotta in alcuni siti antiquari). La grafica della
copertina (identica per tutti i volumi della collana) è di R. Beneš.
È davvero importante avere in mano il libro. La semplice consultazione delle indicazioni che compaiono su Internet non offre infatti molte
certezze. Ad esempio, Topinka è il più delle volte menzionato come puro
traduttore, mentre è chiaro che il suo ruolo è ben maggiore. In alcune
circostanze, invece, è R. Beneš ad essere citato come autore dei saggi: un
errore clamoroso.
Il testo non offre purtroppo nessuna informazione su chi
sia František Topinka. Di certo sappiamo solo che cura, nella medesima collana,
la pubblicazione del testo in ceco del Trattato della pittura di Leonardo (1941) e dei trattati sulla pittura e sulla
scultura di Leon Battista Alberti (1947). Per entrambi fornisce non solamente
la traduzione, ma la medesima ricca documentazione a commento, sempre con un
importante apparato di note. Dobbiamo dunque assumere che Topinka fosse ottimo
conoscitore della lingua e della cultura italiane.
Quanto al progetto grafico di R. Beneš, si fa spesso
riferimento a Rudolf Beneš, ma anche qui ci sono molti dubbi.
Abbiamo rintracciato due Rudolf Beneš potenzialmente papabili. Il più giovane (1896—1971),
oltre che artista, è professore alla Státní
grafické škole (Scuola statale di grafica) di Praga [1]. Del secondo si sa
davvero pochissimo (1890-1947); fu comunque anch’egli docente di grafica a Brno
[2]. I testi non offrono alcuna possibilità di identificare chi, dei due, sia stato l’autore
del progetto grafico della collana. Ci affidiamo quindi a fonti terze. Secondo
Pavlína Jirásková il nostro studioso è,
senza alcun dubbio, il più giovane, ovvero il pittore, grafico e docente nato
nel 1896 e morto nel 1971. Va poi detto
che esiste un terzo Rudolf Beneš (1881-1945) che ha dedicato la sua vita allo
studio della biologia dei funghi: molte schede di antiquari di Praga
identificano in quest’ultimo l’autore della copertina [3]: mi sembra assai poco
probabile. Inoltre le stesse fonti, come detto sopra, gli attribuiscono
addirittura la paternità dell’apparato critico. Un fraintendimento
particolarmente curioso.
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Fig. 3) La copertina dell'edizione rilegata del Libro dell'Arte, in un'immagine di un sito antiquario praghese |
Un binomio consolidato: Vladimír
Žikeš e František Topinka nella Praga degli anni ‘40
Le traduzioni di Libro
dell’arte di Cennino, Trattato della
pittura di Leonardo e scritti di L.B.
Alberti mostrano come – nello spazio di soli sei anni – la coppia Žikeš-Topinka
dia vita a tre monografie sulla letteratura artistica italiana destinate ad un
pubblico non ristretto (5000 copie per Cennino, 3000 copie per Leon Battista
Alberti; purtroppo il colophon del trattato di Leonardo non include alcuna
informazione sulla tiratura). È davvero sorprendente, se si considera che sono anni
terribili per il mondo e per la Cecoslovacchia in particolare.
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Fig. 4) La copertina del Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (pubblicato il 15 settembre 1941) |
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Fig. 5) Il colophon del Trattato della Pittura |
Vladimír Žikeš
Vladimír Žikeš è un personaggio pubblico ben conosciuto
nella Cecoslovacchia di quegli anni, anche se oggi è di fatto dimenticato. Le
sue memorie in tempo di guerra, scritte clandestinamente negli anni 1970, sono
uscite postume nel 1990, con il titolo Slovenské
povstání bez mýtů a legend (La
rivolta slovacca senza miti e leggende) [4]. Nel 2006 il giovane storico Tomáš
Síbek gli ha dedicato la tesi di laurea, in occasione del
centenario della nascita. Síbek scrive che importante materiale archivistico su
Žikeš è conservato nel fondo museale
della Biblioteca Nazionale di Praga (Knihovna
Národního muzea), inclusa tutta la sua corrispondenza fino al 1945. [5]
Dopo una fase giovanile (1925-1937) in cui si dedica a
edizioni private per bibliofili interessandosi alla cultura francese e al decadentismo (poesia, erotismo, occultismo), nel
1937 Žikeš consegue la licenza come editore e tra il 1937 ed il 1942 gestisce
la propria casa editrice a Praga, specializzata in letteratura, storia ceca e
monografie d’arte (ha una laurea in storia dell’arte). Tomáš Síbek scrive [6]
che i suoi eleganti volumi d’arte su Praga servono spesso come regali di
rappresentanza per stranieri illustri. Il colophon su Leonardo menziona che
quello del 1941 è il suo settantacinquesimo libro.
Un esempio del gusto elegante dell’editore (ed al tempo
stesso dell’attenzione per la letteratura artistica italiana) è già la
pubblicazione nel 1939 di trenta incisioni dalla Vita di Benvenuto Cellini realizzate da Cyril Bouda (1901-1984), un
illustratore di chiaro gusto classico.
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Fig. 6) Cyril Bouda, Incisione dalla serie “Vita di Benvenuto Cellini”, pubblicata da Vladimír Žikeš nel 1939 |
Anche la collezione di fonti di storia dell’arte è
elegante. Come già detto, si tratta di volumi in ottavo, con una copertina
dorata disegnata da un grafico di qualità, R. Beneš. Il primo volume, quello su
Leonardo, è illustrato dal disegnatore e grafico ceco Josef Solar (1899-1977),
che aveva appena vinto il Grand Prix a Parigi nel 1937. Il gusto è
classicheggiante.
Non appena l’attività editoriale è avviata, la situazione
politica diviene però assai precaria. Nel 1938 – con gli accordi di Monaco – la
Cecoslovacchia viene smembrata e nel 1939 Praga diviene la capitale del
cosiddetto Protettorato di Boemia e Moravia, uno stato vassallo dei nazisti,
dopo l’occupazione militare di Hitler.
È comunque durante il Protettorato che compaiono i primi
titoli della collezione di fonti di storia dell’arte: il primo è il Trattato della pittura di Leonardo,
tradotto da František Topinka, che esce il 15 settembre 1941. Lo stesso anno Žikeš
affitta il primo piano in uno dei più bei palazzi storici di Praga (palazzo
Colloredo-Mansfeld) in pieno centro, e vi apre una libreria antiquaria.
La quarta di copertina del volume di Leonardo del 1941
contiene una lista dei titoli in programma per future pubblicazioni: sono la
traduzione della monografia che Rainer Maria Rilke (che a Praga è nato) scrive
su Rodin nel 1903, la corrispondenza del pittore ceco Hugo Boettinger
(1880-1934), le memorie del pittore croato Vlaho Bukovac (1855-1922, noto in
Italia come Biagio Faggioni e morto a Praga), ed un’antologia di scritti di
Albrecht Dürer intitolata “Su se stesso e sulla pittura”.
Ma gli eventi storici stravolgono i piani editoriali. Dopo
l’attività repressiva della Gestapo in seguito all’attentato mortale dei
resistenti cechi al Vice ‘Reichsprotektor’ di Praga Reinhard Heydrich, Žikeš entra nella clandestinità nel maggio
1942 (con i nomi di battaglia Jan Mrözek e Jan Kostia) [7]. Si nasconde in
Slovacchia lavorando in una compagnia mineraria e occupandosi in realtà della
stampa della resistenza in preparazione e durante l’insurrezione dell’agosto
1944. Ha legami diretti con il governo in esilio a Londra di Edvard Beneš,
futuro Presidente.
Alla fine della guerra, il suo prestigio di
editore-partigiano è enorme. Pubblica il primo libro della Cecoslovacchia
libera a Kosice appena liberata. L’attività editoriale a Praga è riavviata dal
nulla (tutte le proprietà erano state sequestrate) nel 1945, così come riapre
la libreria antiquaria, dove si tengono anche mostre d’arte al nuovo “Salone di
Praga Vladimir Žikeš”. Žikeš espone Vincent Hložník (1919-1997), Peter Matejka (1913-1972)
e altri pittori d’avanguardia proibiti nel Protettorato.
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Fig. 10) Vincent Hložník, Prima della perfomance, 1947 |
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Fig. 11) Peter Matejka, Ragazza, 1940-1944 |
Le pubblicazioni della
serie sulle fonti di storia dell’arte riprendono con la medesima veste
editoriale. Sono però cancellati i volumi su Dürer, Boettinger e Bukovac. Il
secondo libro della collana è quello di Rilke su Rodin (1946) seguito, lo
stesso anno, dal nostro Libro dell’arte
di Cennino Cennini, che compare quindi come terzo della serie. Nel 1947 escono
– in un unico volume, il quarto della collana - i trattati sulla pittura e
sulla scultura di Leon Battista Alberti.
La casa editrice diviene uno dei centri culturali del
paese. Durante la “terza repubblica” (1945-1948) il presidente Beneš cerca di
limitare l’influenza sovietica. Žikeš pubblica per esempio nel 1947 un testo
del ministro degli esteri Jan Masaryk, dal titolo significativo “Ani opona, ani most” (Né cortina né ponte), che cerca di
posizionare la Cecoslovacchia in uno stato di neutralità completa (il governo
presentò domanda di partecipare al Piano Marshall, ma Stalin lo obbligò a
ritirare la domanda). Per i suoi tipi escono nel 1948 anche gli scritti del
filosofo e teologo Jan Blahoslav Kozák. La casa editrice si riposiziona dalla
storia dell’arte alla promozione della cultura nazionale, ospitando fra l’altro
l’appena creato PEN club cecoslovacco.
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Fig. 13) Il colophon dei Trattati della pittura e della scultura di Leon Battista Alberti nella versione ceca del 20 agosto 1947 (immagine tratta da un sito antiquario) |
Il tentativo di equidistanza si rivela anche nella collana
di fonti di storia dell’arte. Il penultimo volume, pubblicato nel 1947, è un
saggio del pittore ceco Otakar Mrkvička (1898-1957), intitolato “Impegno. Pittura e arte contemporanea
sovietica”. L’ultimo libro della serie di fonti di storie dell’arte – il
sesto - è invece un testo di Antonin Novotny, ex direttore del Museo della
città di Praga, sul “Bambin Gesù di Praga”,
una storia del culto dedicato all'infanzia di Gesù nell’età barocca in Boemia.
Novotny ha già pubblicato molti testi di storia dell’arte locale per Žikeš, che
lo include nella collezione di fonti di storia dell’arte per ragioni in verità
non chiarissime, almeno a prima vista. Forse la motivazione è quella
dell’equidistanza politica: vuol dare un colpo al cerchio (il libro sull’arte
sovietica) e uno al botte (quello sul culto locale di Gesù bambino).
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Fig. 14) Otakar Mrkvicka, Impegno, Pittura ed arte contemporanea sovietica, 1947 |
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Fig. 15) Otakar Mrkvicka, Un volto sul marciapiede, 1943 |
Beneš e Masaryk non hanno alcuna chance di successo nel perseguire una politica di neutralità. Il
colpo di stato del primo ministro comunista Klement Gottwald del 1948 coincide anche
con la fine dell’attività editoriale di Žikeš. La casa editrice viene chiusa, e
l’editore viene deportato fuori Praga a lavorare come minatore sui monti Tatra.
[8] Poi è impiegato come facchino in un macello di bestiame. Nel 1967 Žikeš si
ritira in Slovacchia, dove conduce una vita appartata, dedicandosi alle passeggiate
in montagna, la sua seconda passione dopo l’editoria.
František Topinka
Nulla dei testi pubblicati tra il 1941 ed il 1947 ci
consente di capire chi fosse il curatore dei tre testi classici della
letteratura artistica italiana, ovvero František Topinka. Di lui non si
conoscono né la data di nascita né quella di morte. Di certo, non si può
trattare di un semplice traduttore ‘free-lance’,
dato che ha prodotto tre importanti corredi critici ai testi in ceco di
Leonardo, Cennino e Leon Battista Alberti. Ho contattato, tramite conoscenti,
alcuni istituti di storia a Praga per cercare qualche informazione su di lui, sperando
per esempio in registrazioni d’archivio presso università o in recensioni
dell’epoca, ma – nonostante la loro gentile ricerca – nulla di nuovo è emerso. Un
interlocutore si è chiesto addirittura se il suo nome sia davvero quello
autentico.
Nell’assenza totale di informazioni, possiamo dire solo
quanto segue: František Topinka è nome molto comune nella Repubblica ceca
(anche ai giorni nostri). Si tratta probabilmente di uno studioso che si è
formato nel quadro dei legami culturali molto forti tra Italia e Cecoslovacchia
negli anni 1920-1930: nel 1920 è creata la Lega italo-cecoslovacca, che ha lo
scopo di promuovere gli studi e la permanenza di studenti cechi in Italia, e
nel 1923 l'Istituto di cultura italiana, che nel 1937-1938 segue circa 1000
studenti [9][10]. Non vi è alcuna notizia relativa ad una sua attività di
traduzione prima degli anni quaranta. Dopo il 1947, nulla si sa di lui.
L’unica certezza è che, oltre a testi di Leonardo (1941),
Cennino Cennini (1946) e Leon Battista Alberti (1947), egli traduce nel 1943,
sempre dall’italiano, un saggio dello storico della scienza, Gino Loria, su
Galileo Galilei (per un altro editore di Praga, ovvero Orbis). Produce un
apparato di note anche per questo testo.
Topinka sembra avere un interesse per la storia della
scienza e della tecnologia. Oltre al libro su Galilei, la sua specializzazione
è resa evidente dal fatto che, nel volume su Cennino e Leonardo (non abbiamo
consultato quello sull’Alberti), molte note hanno un chiaro carattere scientifico,
come testimoniato da molti disegni ingegneristici da lui acclusi nel testo.
La traduzione di Galilei e le note scientifiche su
Cennino e Leonardo aprono una possibile strada sulla sua identità. Si tratta
forse del František Topinka che (tra la metà degli anni venti e la seconda metà
degli anni trenta, ovvero fino al 1937) pubblica numerosi manuali, testi ed
articoli di ingegneria idraulica? Forse che, negli anni della pensione, lo
scienziato si sia dedicato ad una nuova passione per la tecnologia nell’arte,
iniziando con la traduzione di un testo di Leonardo? Anagraficamente,
l’ingegnere idraulico potrebbe essere stato ancora vivo nel 1947, l’epoca più
tarda delle pubblicazioni (avrebbe avuto 67 anni). Di lui si sa infatti (dai
dati contenuti nel sito web della biblioteca nazionale ceca [11]) che è nato nel
1880 a Lánech, ma non siamo riusciti a trovare indicazioni sull’anno di morte.
Va però detto che gli scritti scientifici dell’ingegnere idraulico compaiono in
tedesco ed in inglese, ma non in italiano.
L’altra possibilità è che Topinka sia un traduttore o
studioso locale – senza alcuna affiliazione accademica e pubblicazioni
precedenti – e che debba tutto a Vladimír
Žikeš: è lui che lo scopre dal nulla, è lui che lo fa lavorare negli anni più
difficili ed è con la fine della sua casa editrice che Topinka sparisce di
nuovo nell’oscurità. Potrebbe essere stato un insegnante locale d’italiano tra
quelli che seguivano i mille studenti praghesi alla fine degli anni trenta.
Non è infine impossibile che quello di František Topinka
sia uno pseudonimo, usato per celare l’identità di chi è attivo sotto il
Protettorato e poi nella Terza Repubblica: era frequente in quel tempo di
grandissima incertezza, in cui persone erano esposte a rischi personali. Magari
un personaggio famoso della cultura praghese che – per ragioni opposte – ha da
temere qualcosa sia da tedeschi e russi; oppure qualcuno cui preme non rilevare
la propria identità sotto il protettorato e che, sopravvissuto alla guerra, non
vuole si sappia della sua precedente attività.
Vladimír Žikeš – Ombre e luci
Kenneth D. Alford ha scritto numerosi saggi sui furti
d’arte, sia da parte dei nazisti sia da parte degli alleati, nella seconda
guerra mondiale. I furti di libri rari consentono immensi guadagni, specie se gli
originali vengono venduti pagina per pagina. Uno degli studi di Alford
ci spiega che Žikeš non ha remore a
comprare nel 1945 al mercato nero da soldati russi un originale del Libro dei Salmi di Magonza del 1457
(l’esemplare doveva essere trasportato da Dresda a Mosca ed era invece stato
trafugato nel tragitto verso l’Unione Sovietica) e a cercare di rivenderlo a
commercianti americani. [12] Il Libro dei
Salmi è il secondo titolo nella storia della stampa a carattere mobili,
dopo la Bibbia di Gutenberg. Ve ne
sono solamente dieci copie originali. Il valore di mercato è enorme: una copia è comprata ufficialmente dalla Biblioteca del Congresso di Washington nel
1945 al prezzo di 300 mila dollari. Žikeš deve essere ben conscio del valore
commerciale del bene che aveva acquisito, certamente ad un prezzo molto più
basso, da alcuni criminali presenti fra le truppe sovietiche.
Žikeš prende l’enorme rischio di contattare una
controparte negli Stati Uniti: l’editore ed antiquario austriaco Herbert
Reichner (1899-1971), attivo a Vienna, Lipsia e Zurigo, editore di Canetti,
Heine e Zweig, nonché della rivista Philobiblon,
la più importante pubblicazione periodica di lingua tedesca per bibliofili.
Reichner è riuscito a fuggire dall’Austria nel 1938, prima dell’occupazione
tedesca, portando con sé a New York una riserva di libri rari. È ovvio che Žikeš
e Reichner si devono conoscere assai bene. Tra i due deve esistere una
comunione d’affari precedente la guerra, dato che sono tra i maggiori antiquari
librari e bibliofili di Vienna e di Praga.
Reichner, quando è contattato da Žikeš dall’Europa, pensa
– almeno sembra – che si tratti solamente di una fedele riproduzione
dell’originale. È convinto dunque che non si tratti di un’azione criminale.
Accetta di lavorare come agente di Žikeš
negli Stati Uniti, per vendere le pagine una ad una sul mercato privato
americano, e firma un regolare contratto. Chiede ovviamente che il libro gli
sia inviato negli Stati Uniti. Per fortuna, il Libro dei Salmi gli viene spedito intatto. Quando il testo (transitando dall’Olanda) arriva negli Stati Uniti nel 1947, Reichner si rende conto di avere
in mano un originale. Contatta immediatamente il direttore della biblioteca
dell’università di Harward, che coinvolge anche la Biblioteca del Congresso e
quella della Morgan Bank. Le tre istituzioni a loro volta contattano il
Dipartimento di Stato, con la proposta che il governo degli Stati Uniti paghi
un modesto risarcimento a Žikeš per risolvere il contratto tra quest’ultimo e
Reichner e trattenere il volume nel paese a scopo di studio. Il volume è invece
sequestrato dalle autorità di polizia nel 1948, che manifestano un certo
disappunto per il fatto che istituzioni americane così importanti siano
coinvolte in un caso talmente eclatante di ricettazione.
Paradossalmente Žikeš, già caduto in disgrazia
politicamente a Praga, è salvato dalla guerra fredda: nel 1950 il Libro dei Salmi è infatti riconsegnato
dagli americani alla Germania Federale (e non a quella Democratica). Vi è un
implicito accordo che la Germania riceverà intatto il prezioso volume senza
fare troppe domande. Le autorità americane non specificano quel che è successo
(non vogliono che si pensi che le maggiori università e biblioteche americane
siano coinvolte nel contrabbando di beni di tale valore). Per fortuna di Žikeš
le autorità di Washington non rivelano neppure il suo tentativo di ricettazione
a quelle di Mosca e Praga, ormai nel campo politico nemico; altrimenti Žikeš
sarebbe finito probabilmente impiccato o di fronte ad un plotone d’esecuzione.
Vi sono altre ragioni di perplessità sulla figura
dell’editore. Infatti, è chiaro che Žikeš costruisce il suo successo economico
durante l’epoca del Protettorato, dunque praticamente sotto i nazisti, e non
può essere stato insensibile alla volontà del governo collaborazionista prima
di entrare in clandestinità nel 1942. C’è da chiedersi, per esempio, se sia
solamente casuale che i titoli pianificati nella sua collana nel 1941 (quelli
citati nella quarta di copertina del volume di Leonardo e mai pubblicati) siano
tutti o di autori tedeschi o comunque dell’area culturale dell’Asse (Italia e
Croazia). Forse il progetto editoriale di Žikeš è in linea, prima del 1942, con
la politica di collaborazione delle autorità ceche. Sono tempi molto duri e,
senza dubbio, è facile giudicare oggigiorno. Eppure è chiaro che tutta la
storia personale di Žikeš non è priva di aspetti che sollecitano dubbi. E forse
la sua decisione di pubblicare nel 1947 e nel 1948 un saggio sull’arte
sovietica ed uno sulla storia delle reliquie religiose in Boemia è in piena
linea con l’opportunismo del personaggio.
Che cosa
ci dice Topinka su Cennino Cennini?
L’apparato critico di Topinka nell’edizione ceca del Libro dell’arte si estende oltre le
cento pagine. Decine e decine di esse sono riservate a Cennino e al suo tempo,
al rapporto con la scuola del Gaddi, alla ricezione di Cennino nel Rinascimento
(Vasari, Borghini, Baldinucci, Armenini), alle modalità della scoperta di
Tambroni, alle opinioni di critici e filologi italiani al momento della
scoperta del manoscritto (Girolamo Amati e Salvatore Betti), alla descrizione
delle caratteristiche dei differenti manoscritti, alle traduzioni precedenti
(tutte elencate e commentate), alle opinioni di Lionello Venturi nel suo
articolo su Cennini del 1925. Vi sono,
nell’introduzione, pagine di commento a paragrafi considerati fondamentali: va qui
rilevato che – mentre in altre traduzioni (si pensi – sia pur con esiti diversi
- a Albert Ilg e a Jan Verkade) l’enfasi è sugli aspetti morali e religiosi, e
dunque ideologici, del testo – Topinka
sceglie i capitoli che parlano delle tecniche: capitoli 12-14 (tecniche per
apprendere il disegno); 34 (l’uso del carboncino per disegnare); 38 (la
sinopia); 39-40 (il cinabro); 44 (il rosso lacca); 46 (il giallorino); 47
(l’orpimento); 62 (l’azzurro oltremarino); 89-94 (le tecniche d’affresco); 96
(la doratura); 122 (il disegno su tavola); 131 (la tempera); 143 (la pittura su
drappi); 157 (la miniatura); 161 (la pittura su carta). In tutti questi casi
l’attenzione non è mai alla riproducibilità del metodo nei tempi moderni, ma
alla sua storicizzazione. Non vi è poi nessuna discussione in nota dei
paragrafi 2 e 3, quelli che riguardano gli aspetti religiosi e morali della
pittura.
In altre parole: questo non è un testo scritto da un
pittore per altri pittori; non vi è alcuna ambizione di indurre gli artisti
contemporanei ad adottare tecniche pittoriche passate. Non è neppure un testo
che esalta il mondo passato, genuino e pieno di devozione religiosa, nel senso
del sacerdozio dell’arte. È un testo scientifico di storia delle tecniche
artistiche. Ecco, infatti, come il traduttore presenta i meriti del testo e ne
giustifica la traduzione, alla pagina 234 (grazie a Tomas Konecny per la traduzione):
Sulla traduzione
Se avessimo tradotto il trattato della pittura di Cennino Cennini venti anni fa, sarebbe stato prematuro, perché allora non avevamo a nostra disposizione alcuna idonea guida alle tecniche pittoriche e la traduzione di un trattato sulla pittura alla vecchia maniera avrebbe creato nel lettore inesperto la tentazione di credere che mai fosse possibile riportare di nuovo in vita quelle antiche tecniche e usarle nella stessa forma in cui furono usate centinaia di anni fa. Oggi, invece, abbiamo ormai a nostra disposizione l’ottimo volume di František Petr [13] (purtroppo esaurito) e più di recente l’eccellente manuale di Milan Egr [14], e dunque è venuto il tempo in cui si può realizzare una traduzione come contributo al chiarimento delle tecniche artistiche del passato, sempre benvenuto a coloro che credono e amano l’arte. In sostanza, questa traduzione è dunque un documento sulla cultura e sulla storia, che vuol oggi permettere agli osservatori delle opere d’arte del passato di richiamare ai loro occhi un’immagine di come la mano di un pittore potesse allora combattere con le complesse proprietà dei materiali, senza aiuto alcuno della scienza, con il solo supporto di una scelta assai limitata di strumenti, sotto la guida dell’anima visionaria dell’artista, e spesso grazie all’ispirazione delle convinzioni religiose.”
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Fig. 20) La nota sui capitoli 175-176 del Libro dell'Arte: differenze fra tecniche di isolamento dall'umidità usate da Cennino e dai contemporanei |
L’apparato delle note, poste alla fine del libro, è davvero
imponente. Alcuni aspetti sono interessanti. Primo: Topinka include diverse tabelle
sulla composizione chimica dei colori con l’indicazione delle percentuali da
utilizzare (un modo di presentare l’informazione che è tipico di chi ha una
formazione tecnica). Secondo: presenta illustrazioni su aspetti tecnici (ad
esempio, l’uso del filo d’ordine per iniziare il disegno su muro per
l’affresco). Terzo: alcune note sono lunghe diverse pagine (ad esempio la nota
al paragrafo 67 sull’affresco, da pagina 274 a pagina 289), contengono vaste
citazioni di storici dell’arte, autori di manuali di tecnica (i già citati Petr
e Egr) e vere e proprie rassegne antologiche molto ampie dal mondo critico
italiano e tedesco, incluse opere dei primi anni quaranta. Basta tutto ciò per
sostenere l’identità tra il Topinka ingegnere idraulico ed il Topinka studioso
di Cennino, Leonardo ed Alberti (nonché di Galileo)? Ahimè, non basta. Chiunque
egli sia, non è comunque né un semplice traduttore, né un pittore, né uno
studioso convenzionale di storia dell’arte, ma un personaggio dalle qualità
molteplici.
Se cita tutte le traduzioni pubblicate sino ai suoi
giorni, va pur detto che, a pagina 316, Topinka riconosce il personale tributo
che deve all’edizione curata da Renzo Simi. È il suo testo italiano che è
tradotto, e da lui provengono numerose informazioni sul Libro dell’Arte.
Conclusione: perché tradurre Cennino
in ceco?
L’attività di
Vladimír Žikeš a Praga tra 1941 e 1947 ha molti elementi di somiglianza
con altre esperienze di traduzione di Cennino negli stessi anni.
1. Con Samuel Tyszkiewicz, che pubblica due versioni in
polacco tra Firenze e Varsavia nel 1933 e 1934, Žikeš ha in comune l’amore per
la tipografia e l’interesse commerciale rivolto soprattutto ai bibliofili.
Inoltre, entrambi si pongono il problema del rapporto tra la cultura dei loro
rispettivi paesi e quella del rinascimento italiano; offrire al loro pubblico
una bella e pregiata edizione del Libro
dell’Arte di Cennino (e nel caso ceco, un’intera collezione di classici di
fonti di storia dell’arte) significa ancorare la cultura dei loro giovani
paesi (sorti dalla dissoluzione degli imperi centrali dopo la prima guerra
mondiale) a radici profonde. La traduzione di Cennino ha anche una ragione di
legittimazione culturale nel caso sovietico del 1933. Siamo nella Praga
panslava dove Alphonse Mucha dipinge, nel 1927, L’Apoteosi degli Slavi. Con le edizioni ceca, polacca e russa gli Slavi
non hanno più la necessità di usare il tedesco per leggere uno dei testi
fondatori della pittura.
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Fig. 21) Alphonse Mucha, L'apoteosi degli Slavi, 1927 |
2. L’ambizione di creare una collezione nazionale di
fonti di storia dell’arte richiama d’altra parte l’esperienza della collana della scuola di Vienna, la cui prima serie contiene un testo medievale di fonti
di storia dell’arte ceca, (Das Buch der Malerzeche in Prag - Kniha bratrstva malirskeho v Praze) 1348- 1527, a cura di Matthias Pangerl, pubblicato nel 1878) [15]. Si tratta del Libro dell’Arte dei
Pittori di Praga. Il testo – scritto in alto tedesco antico – ha anche qui
una funzione di legittimazione delle ambizioni culturali di Vienna, come
testimonianza delle radici germanofone della cultura della Boemia medievale (a Praga fu fondata la prima università tedesca).
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Fig. 22) La prima pagina del Libro dell'arte dei Pittori di Praga, nell'edizione del 1878 |
3. L’interesse per gli aspetti scientifici che sembra
caratterizzare il lavoro di František Topinka (che mostra lo stesso interesse
quando traduce e commenta Leonardo e ovviamente Galileo) è comune allo storico della scienza Mieli come pure allo statunitense Daniel V. Thompson jr. (con le
sue edizioni in italiano del 1932 ed in inglese del 1933). È comunque chiaro lo
scetticismo verso i precedenti di chi (si pensi al pittore francese Victor
Mottez, nella Francia ottocentesca) adotta le tecniche di Cennino, per poi
trovarsi qualche decennio dopo con tutti gli affreschi non più leggibili. Anche
Alf Rolfsen in Norvegia (1942) e lo stesso anonimo ungherese si raccomandano di
non utilizzare le ricette cenniniane, se non in modo molto selettivo.
4. Il peso della storia si avverte nel caso della
traduzione ceca come in quella spagnola ed ungherese. Il curatore della prima
versione spagnola Aldo Mieli è un dissidente politico antifascista in fuga
dall’Europa. Il traduttore ungherese è ancora sconosciuto; ha comunque
relazioni personali dirette con le figure di riferimento della scuola di
Gödöllõ. È forse György Leszkovszky, uno dei fondatori della Società Cennini. È
comunque talmente compromesso con il regime filo-fascista ungherese dell’Ammiraglio
Horthy, che non rivela né il suo nome né la data della traduzione, che circola
solamente in edizione clandestina (samisdat). Aggiornamento: questa parte del commento è superata: si tratta di Béla Czene.
5. Nel caso ceco gli avvenimenti che segnano la breve
vita della collezione delle fonti di storia dell’arte di Vladimír Žikeš sono
davvero incredibilmente complessi e traumatici. Abbiamo comunque a che fare con
un uomo probabilmente molto intraprendente, che avvia il suo successo sotto la
Cecoslovacchia indipendente, lo consolida sotto il protettorato filonazista,
partecipa poi attivamente alla resistenza, compra da soldati sbandati russi
materiali di incredibile valore artistico e cerca di arricchirsi (non scoperto,
per sua fortuna) ricettandoli per soli fini materiali negli Stati Uniti,
pratica la difficile politica di equidistanza della terza repubblica di Beneš
tra conservatori e comunisti e, alla fine, è deportato e si trova a lavorare
come minatore o come facchino in un macello.
Non siamo riusciti a risolvere tutte le domande che ci
siamo posti (ad esempio, chi era František Topinka), quando ci siamo trovato
questo libro tra le mani, ma un elemento è chiaro. Si tratta di un’edizione
ambiziosa, ricca di un notevole apparato critico, pubblicata in ben 5000 copie,
e con una forma tipografica accurata. Molto probabilmente, se gli avvenimenti
fossero stati meno avversi, ve ne sarebbero state nuove edizioni, e forse Praga
sarebbe una delle capitali della ricerca cenniniana. Ma la storia non si fa con
le frasi ipotetiche. Oggi è un testo quasi introvabile, e forse il pubblico ceco
per leggere Cennino nei prossimi anni, utilizzerà la nuova traduzione inglese di Lara Broecke, che è stata pubblicata in queste settimane.
NOTE
NOTE
[2] Si veda: http://aleph.vkol.cz/rego/rg0122.htm
[4] Si veda:
[5] Si veda: http://ikaros.cz/nakladatel-vladimir-zikes
[6] Si veda: http://www.slideshare.net/tomas.sibek/vladimr-ike
[9] Medici, Lorenzo
- Dalla propaganda alla cooperazione: la
diplomazia culturale italiana nel secondo dopoguerra, Milano, CEDAM
Publishers, 2009, 322 pagine. Citazione
p. 35
[10] Santoro,
Stefano - L'Italia e l'Europa orientale: diplomazia culturale e propaganda
1918-1943, Milano, Franco Angeli, 2005, 432 pagine. Si vedano pagine 71 e
seguenti.
[11] Si veda: http://www.nkp.cz/
[12] Alford, Kenneth D. - Allied
Looting in World War II: Thefts of Art, Manuscripts, Stamps and Jewelry in
Europe, Jefferson, North Carolina, Mcfarland and Co Inc, 2011, 278 pagine. Si veda in particolare il capitolo 24:
L’inestimabile libro dei salmi di Magonza.
[13] František Petr,
Malířské techniky: fresko, sgrafito,
malba klihová, kaseinová, temperová, nátěry zdí, polychromie, zlacení, stucco
lustro a imitace mramorů (Le tecniche della pittura: affresco, sgraffito, pittura
con colla, caseina, tempera, pittura delle pareti, policromia, dorature,
lampadari e stucchi, finto marmo). Edizioni Jan Štenc, Praga, 1926.
[14] Miloslav
Hégr, Technika
malířského umění: Poznámky o materiálu a technice malby pastelem, akvarelem, gouachí, temperou, olejem a nástěnné (La tecnica della pittura artistica: Note su
materiali e tecniche di pittura con pastello, acquerello, guazzo, tempera, olio
e murale). Edizioni d’arte Beseda, Praga, 1941.
[15] Il testo è
visibile a https://archive.org/details/dasbuchdermalerz00prag
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