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mercoledì 22 ottobre 2014

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - Lovis Corinth, Scritti autobiografici. Parte prima


English Version

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 3

Lovis Corinth
Scritti autobiografici. Parte Prima

(Recensione di Francesco Mazzaferro)

[Versione originaria: ottobre 2014 - nuova versione: aprile 2019]


Fig. 1) La copertina degli scritti completi di Lovis Corinth, pubblicati da Gurlitt nel 1920


Lovis Corinth: un pittore moderno, dopo tutto


Uno dei quadri più famosi di Lovis Corinth (1858-1925) é l’Ecce Homo. Si tratta del suo penultimo quadro, datato 1925. Nonostante le apparenze, non è un'opera di Lucian Freud né di Francis Bacon. Il suo nome completo era Franz Heinrich Louis Corinth; il cognome si pronuncia in tedesco [Korí:nt], come in tedesco si pronuncia anche il nome della città greca. Il quadro è del 1925, l’anno della morte del pittore sessantasettenne. Lo terminò tre mesi prima di spegnersi per via di una polmonite in Olanda. Vi lavorò per 10 anni. Fu dipinto per la Galleria Nazionale di Berlino, il cui direttore (Ludwig Justi) fu uno dei maggiori promotori dell’arte moderna tedesca. I nazisti sequestrarono il dipinto e l’esibirono alla mostra del 1937 sulla cosiddetta Arte degenerata (Entartete Kunst). Volevano dimostrare che la degenerazione dell’arte era una vera e propria malattia in cui potevano cadere non solo i giovani, ma anche i pittori della generazione precedente. Diedero addirittura una spiegazione medica: se è vero che Corinth aveva sofferto di un ictus nel 1911, essi inventarono di sana pianta un secondo ictus e attribuirono a questa circostanza il cambiamento di stile in senso ‘espressionista’ del pittore (Corinth non avrebbe mai accettato questa definizione) [1]. Molte opere furono distrutte. L’Ecce homo invece si salvò, perché i nazisti lo vendettero all’estero in cambio di oro e valuta. Si trova oggi al Kunstmuseum Basel. Se si vuole avere un’altra prova di quanto Corinth ci abbia influenzato, si guardino il Cristo Rosso del 1923 e le famose immagini del film di Mel Gibson sulla Passione di Cristo.

In termini cronologici, Corinth operò per 25 anni nell’Ottocento e per 25 anni nel Novecento. Con Max Liebermann e Max Slevogt è uno dei tre grandi dell’impressionismo tedesco, un movimento artistico di per sé ottocentesco. Eppure ci sono almeno cinque ragioni per includerlo in una rassegna delle fonti dell’arte del Novecento tedesco.

In primo luogo, la data di pubblicazione delle fonti che ho consultato. In ordine cronologico: (a) Il manuale Apprendere la pittura (Das Erlernen der Malerei [2]) del 1909; (b) Le Leggende dalla vita di un’artista (Legenden aus dem Künsterleben [3]) dello stesso anno;  (c) La vita di Walter Leistikow (Das Leben Walter Leistikow [4]) del 1910 (questi tre libri furono pubblicati da Bruno e Paul Cassirer, i cugini che furono il cuore pulsante della cultura artistica berlinese di quegli anni);  (d) la collezione degli Scritti (Schriften [5]) comparsi nel 1920 a cura di un alto grande collezionista e gallerista berlinese, Fritz Gurlitt; (e) l’Autobiografia (Selbstbiographie [6]) uscita un anno dopo la morte a cura della moglie (1926) e (f) iI diario della moglie Charlotte Berend-Corinth (La mia vita con Lovis CorinthMein Leben mit Lovis Corinth [7]), anch’essa pittrice, pubblicato nel 1947. È vero che ci sono tracce di un tentativo fallito di scrivere un’autobiografia già nel 1892. Ma in sostanza, se l’opera pittorica è a cavallo dei due secoli, l’opera letteraria e la riflessione teorica sono tutte del primo quarto del Novecento. Da segnalare che quasi tutti i testi letterari sono disponibili sulla rete senza alcun costo, in tedesco [8].

In secondo luogo, lo stile pittorico di Corinth nei suo ultimi quindici anni di vita ha sperimentato una straordinaria maturazione. Lui stesso si rende conto che la malattia da un lato ha diminuito la sua forza fisica, ma ha accentuato la sua energia creativa. Tormentato dalla depressione, a permanente rischio di suicidio, semi-paralizzato, Corinth scopre un nuovo stile pittorico, giungendo spesso al limite dell’informale, senza mai varcare il limite del non-figurativo. È il periodo dell’attività al Walchensee, il lago dove ha una casetta di campagna, con i paesaggi che nei quadri sembrano divenire astratti. 

In terzo luogo, se l’Autobiografia di Corinth – almeno a mio parere – non riesce affatto a raggiungere la qualità letteraria cui il pittore aspirava, essa contiene comunque una testimonianza importante sugli anni della pesantissima crisi tedesca dopo la sconfitta della prima guerra mondiale: il cuore di Corinth è quello di un prussiano conservatore e nazionalista, che vede il suo sistema di valori spazzato via dalla guerra e dagli eventi della Repubblica di Weimar. Corinth è un uomo orfano dell’imperatore. Ha modo comunque di ritrarre il primo presidente socialdemocratico della Repubblica di Weimar, Friedrich Ebert, nel 1924, e ne trae un’impressione positiva. Vorrebbe ritrarre Hindenburg, ma non ne ha possibilità. Pur essendo del tutto contrario alle sue idee, pubblica nel 1920 una litografia con il ritratto di Karl Liebknecht. La corrispondenza pubblicata dal figlio spiega quanto accadde: Corinth gli scrive nel 1918 chiedendo di poterlo ritrarre. Liebknecht  (uno dei capi della rivoluzione spartachista) viene ucciso, insieme a Rosa Luxembourg, il 15 gennaio 1919 dalle truppe antisommossa in circostanze mai chiarite. Nel marzo 1919 la vedova Sophie Liebknecht invia a Corinth alcune fotografie del marito mentre arringa la folla nel corso di alcune manifestazioni, gli dice che il carcere ne aveva profondamente segnato anche la fisionomia e lo informa che gli invierà comunque copia della maschera mortuaria. Corinth produce la litografia basandosi sulle foto [9]. Sono anni terribili: l’iperinflazione distrugge i patrimoni, i moti rivoluzionari minacciano la pace sociale, ed il presagio della catastrofe è acuto. Come vedremo, l’effetto paradossale è quello di accrescere la domanda di dipinti, come bene rifugio. Corinth – che era già abbastanza ricco, grazie all’eredità paterna – ha un discreto successo economico proprio nel momento del crollo dell’economia tedesca.

In quarto luogo, i temi della discussione estetica corinthiana sono quelli dell’intera arte tedesca dei primi tre decenni del secolo, prima dell’avvento del nazismo: il rapporto di odio e di amore con l’arte francese (fonte di ispirazione, ma anche arte del nemico), il desiderio di affermare un’arte moderna nazionale,  il dileggio del grande pubblico, l'odio tra artisti. Per capire Nolde (suo acerrimo nemico, anche se anch’egli artefice di un’arte moderna nazionale tedesca, in opposizione a quella francese) si deve leggere Corinth, in quel passo in cui racconta lo scontro pubblico che con lui ebbe  per il controllo della Secessione di Berlino, e la soddisfazione per essere riuscito ad espellerlo (Corinth non cita mai Nolde per nome, ne parla come di “un individuo” e come la “persona in questione” [10]). Lo scontro durissimo costerà a Corinth tranquillità e salute e radicalizzerà Nolde nella sua battaglia contro l’impressionismo.

Attenzione: se si fosse chiesto a Corinth se fosse del tutto consapevole della propria modernità, probabilmente avrebbe dato una risposta confusa o addirittura negativa. Ebbe molti stili, ma si attenne comunque sempre a un linguaggio pittorico figurativo e a schemi e composizioni classiche. Se dunque Corinth fu uno dei padri dell’arte moderna tedesca, lo fu quasi suo malgrado.

Come autore di memorie e scrittore d’arte fu discontinuo e disordinato, componendo scritti (le Leggende) privi di una loro coerenza interna e terminando l’Autobiografia come un testo disordinato, sommatoria di parti disomogenee. I suoi limiti vanno quindi sempre tenuti presenti.


  
Le Leggende del 1909

Fig. 2) Lovis Corinth, Leggende dalla vita di un'artista.
In copertina un disegno originale dell'artista. Edito da Bruno Cassirer nel 1909

Le Leggende sono un’opera del tutto sorprendente, nel bene e nel male. Sappiamo dalla corrispondenza di Corinth, pubblicata dal figlio Thomas nel 1979, che quando fu firmato il contratto per la pubblicazione, Corinth e Cassirer si accordarono sul titolo Erlebtes und Erlogenes ovvero Vissuto e mentito. Il contratto prevedeva anche come possibilità alternativa Legenden aus dem Künstlerleben, che fu quella che fu poi effettivamente scelta. [11]

Le Leggende comprendono sei scritti fra loro distinti. Il primo è un racconto autobiografico di 67 pagine (Aus meinem Leben ovvero Dalla mia vita), in cui Corinth racconta episodi della propria vita sotto lo pseudonimo di Henrich Stiemer. Seguono tre saggi critici su pittori dell’epoca monacense: prima di tutto Carl Strathmann e Thomas Theodor Heine, due dei pittori che si unirono a Corinth quando creò la Freie Vereinigung (Libera Associazione), un gruppo alternativo di pittori (circostanza che portò alla sua espulsione dalla Secessione di Monaco). Segue un pezzo sul disegnatore e caricaturista Olaf Gulkbrasson. Concludono due scritti di memorie: Verschwörung (Congiura) e Erinnerungen an den Allotria-Kreis (I ricordi del circolo di Allotria): quest’ultimo cita il nome di uno dei luoghi di ritrovo degli artisti a Monaco di Baviera.

Un testo disomogeneo, quindi, che però sarebbe un errore sottovalutare, perché frutto di una precisa scelta estetica [12]. Non dobbiamo dimenticare che siamo negli anni del simbolismo, ed ogni immagine o elemento di stile ha un preciso significato [13].

È il caso della copertina, che presenta un dio Pan disegnato dal pittore. Il libro è pubblicato da Bruno Cassirer, cugino di quel Paul che della secessione berlinese fu il promotore, e che stava cercando in quegli anni di creare a Berlino la propria casa editrice d’arte (la chiamerà Pan-Presse, la Stampa Pan, e la inaugurerà nel 1910). Il primo libro della Pan-Presse sarà Apprendere la pittura, manuale artistico di Corinth. Per i tipi della Pan-Presse usciranno anche la Vita di Walter Leistikow e due serie di litografie di Corinth. Negli stessi anni saranno pubblicati dalla Pan-Presse scritti e litografie degli altri impressionisti tedeschi, Slevogt e Beckmann. [14].

Non dobbiamo dimenticare che Pan-Rivista d’Arte e di Cultura era stata la rivista di riferimento dello Jugendstil e del simbolismo tedesco tra il 1895 ed il 1900, con contributi di tutti gli artisti che ebbero un ruolo nelle scelte artistiche di Corinth prima del suo insediamento a Berlino nel 1900. Nel 1910 Paul Cassirer ne riavvia dunque la pubblicazione: attorno alla nuova edizione si raccoglierà l’intellighenzia berlinese fino al 1915 [15].


Dalla mia vita 

Come si è già anticipato, Aus meinem Leben (Dalla mia vita), il primo e più lungo scritto delle Leggende, è una novella autobiografica, e perciò appartiene ad un genere letterario intermedio tra romanzo e autobiografia in senso stretto. Da un lato, ha molti aspetti letterari della finzione e del racconto inventato, e lo stile è quello della narrazione letteraria. Dall’altro è chiaramente ispirata alla vita dell’artista, ed anticipa molte pagine dell’Autobiografia. Probabilmente, la stesura del racconto autobiografico (avvenuta nel 1908, ma giunta alla stampa nel 1909) è giustificata dal fatto che Corinth festeggia 50 anni. Può essere interpretato come un testo autobiografico fittizio, sia pur scritto per sembrare il più possibile simile alla realtà: un trompe-l'œil letterario o un esercizio barocco, se si preferisce.

La scelta del romanzo autobiografico – invece della biografia - è tipica dell’epoca. Si pensi ai riferimenti culturali di Corinth in quegli anni: impressionismo e simbolismo. Impressionismo significa richiamo alla natura (e dunque ai fatti della vita), simbolismo implica invece distanza da essa. In termini letterari, è il gioco tra finzione e realtà. Dalla mia vita – come si è detto – è del 1908. Nello stesso anno esce il romanzo autobiografico del simbolista tedesco Detlev von Liliencron, Leben und Lüge (Vita e menzogna) [16], mentre è del 1910 il romanzo autobiografico di Rainer Maria Rilke, intitolato Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge [17] (I quaderni di Malte Laurids Brigge). Rilke è profondamente legato allo stesso gruppo di Corinth: la sua mecenate è Eva Cassirer (un’altra cugina di Paul e Bruno; quella dei Cassirer fu una delle grandi dinastie della cultura tedesca, si pensi al filosofo Ernst Cassirer, un altro cugino, più giovane). Siamo dunque al centro della vita culturale tedesca di quegli anni.

Siamo anche nella fase di avvio del successo di Corinth, che è ormai saldamente integrato nella Secessione di Berlino, di cui, tre anni dopo, prenderà la direzione. Corinth vuole parlare di sé al grande pubblico, ma non con un puro resoconto degli eventi. Meglio un'opera di letteratura, sia pur autobiografica, più in linea con il rifiuto del realismo, e con l'idea di una vita vissuta in linea con il proprio ideale estetico.  Il tema del ricordo si abbina così a quello del sogno, del rimpianto, del desiderio, della volontà. Invece di raccontare gli avvenimenti, si sceglie di raccontare le emozioni. Leggere le Leggende rivela dunque per molti versi il vero Corinth, quello della creazione di un'arte totale (Gesamtkunst), che mescola pittura, scrittura e illustrazione, e permette inoltre di identificare i grandi temi della sua creazione artistica nella Berlino del 1908. Sono gli anni della Belle Époque anche per Berlino, nella sua ultima stagione prima della guerra e della crisi di Weimar. Ricordare il passato, nel 1908, prima della carneficina della guerra e nel pieno di quarant’anni di pace, ha ancora elementi di innocenza, anche se spira già molto forte il vento del nazionalismo.

Dalla mia vita narra della gioventù di Heinrich Stiemer (ovvero Lovis Corinth), e si concentra su due aspetti: la vita familiare in Germania e l’ingresso nella Académie Julian a Parigi. La volontà – soprattutto nelle prime 20 pagine - è quella di scrivere un pezzo di letteratura, segnato da un uso molto attento della lingua e della sua musicalità. Poi il racconto si spezza in un dialogato molto, a volte troppo fitto, per pagine intere, dove dalla prosa si passa quasi al teatro, nel desiderio di tracciare in termini dinamici – e non più descrittivi – l’interazione del pittore con il mondo esteriore.

Abbiamo detto dei due momenti della vita di Stiemer/Corinth. Vediamoli meglio:

1 – L’infanzia, passata da Stiemer in un ambiente – quello della campagna della Prussia orientale – in cui si parla solo dialetto, è caratterizzata da una vita familiare grigia e triste, anche per l’ostilità di parte della famiglia (in particolare della sorellastra). Si succedono il trasferimento ancora bambino a Könisberg presso alcuni parenti, per volontà del padre, per andare a scuola; lo shock del passaggio da un ambiente in cui si parla dialetto ad uno in cui si parla solo tedesco; gli alti e bassi a scuola e i difficili rapporti con la zia; il desiderio precoce di divenire pittore; l’ingresso in accademia, e l’esigenza dl disegnare ininterrottamente. Ed ancora: il confronto, l’amicizia e la frequentazione con pescatori, macellai, ed altre persone umili ma sincere (che parlano dialetto) e l’isolamento rispetto agli altri pittori. Bere ed ubriacarsi come stile di vita. Il critico Michael F. Zimmerman nota come Corinth abbia inaugurato il mito sovversivo “del vivere ubriaco nell’immediata vicinanza della morte” e cita l’opera cinematografica di Fassbinder come un’eredità di Corinth. Tra Corinth e Fassbinder esiste, a suo parere, un  legame anche nella figurazione delle immagini, in entrambe i casi diretta ed immediata [18].

2 – L’arrivo all’Académie Julian a Parigi, dove all’inizio Corinth finge di essere belga fiammingo o bavarese, per sottrarsi all’ostilità verso i prussiani; l’incapacità di integrarsi a Parigi, il trasferimento in Belgio, ad Anversa, (dove rimane profondamente deluso dall’insegnamento) e il ritorno a Parigi; la solitudine e la scoperta della sessualità nelle serate galeotte a Montmartre; la gioia per la decisione dell’Académie di esporre un suo quadro, ma la cocente delusione per le modalità con cui ciò avviene. Il racconto autobiografico si conclude con Heinrich Stiemer che esce disperato dalla mostra, in preda a una crisi di rabbia.

Di questi temi Corinth tornerà a parlare nel 1916, nella prima parte dell’Autobiografia, pubblicata nel 1926. Esiste anche – come vedremo – un’ulteriore versione più estesa dei ricordi di gioventù, pubblicata dalla moglie nel 1953, con il titolo I miei primi anni. Rispetto a questi due testi successivi, qui si colgono in particolare l’enfasi sui rapporti con gruppi sociali molto distanti (Heinrich Stiemer dipinge giorni e giorni in una macelleria) e il senso di nausea nei confronti degli anni francesi.

Negli anni in cui scrive queste pagine, Lovis Corinth mostra una grande passione – per certi versi una passione rubensiana, fiamminga – per il nudo e l’incarnato. Il già citato critico Michael F. Zimmermann – che pur sottolinea molto di più di quel che io faccia l’autonomia della figura letteraria di Heinrich Stiemer rispetto al Corinth reale – rimarca il ruolo simbolico che il tema della macelleria ha nei confronti della passione di Corinth per l’incarnato. E d’altra parte, carne e pesce sono uno dei temi con cui Corinth si confronta per la vita intera; si tratta forse davvero di un effetto dei mesi passati ad Anversa. Peter Kropmanns ci ha lasciato una lista completa di tutti i viaggi di Corinth [19]: le Fiandre e i Paesi Bassi furono una delle mete preferite. Fu ad Anversa nel 1884, 1902, 1908 e 1925.

Non dimentichiamoci comunque che siamo nell’epoca del simbolismo: “Se si segue il mito autobiografico che Corinth ha messo in circolazione con Dalla mia vita nel 1909, i suoi inizi come pittore sono marcati dalla contrapposizione tra macelleria ed atelier, il sangue che cola dalle carni e la sensualità della pelle. Nella storia della pittura come mezzo di espressione a questo contrasto corrispondono due metafore: l’opera d’arte come organismo estetico e la tela come epidermide. Corinth sviluppa la sua narrativa pittorica tra questi due opposti. Come organismi, le sue storie dipinte sono composte secondo modi assolutamente classici e compiuti dal punto di vista narrativo. E tuttavia egli pone le forme molto vicino alla superficie del quadro, lascia loro poco spazio, le propone in una presenza corporale drastica. L’osservatore non ha la distanza da cui possa decifrare ed apprezzare il racconto (…). Corinth nel 1909 – all’epoca un pittore maturo – interpreta i propri lavori giovanili come una festa della carne – oscillando tra il sangue da un lato e l’incarnato, il colore della pelle dall’altro” [20].

Fig. 3) L'edizione di tutti gli scritti di Lovis Corinth, curati da Kerstin Englert e pubblicati da ll'editore Fratelli Mann di Berlino (1995)

Su Carl Strathmann

Le sezioni successive delle Leggende sono di tutt’altra natura. Dopo Dalla mia vita seguono, come già detto, alcuni saggi critici su altri pittori, tra quelli frequentati nei circoli di Monaco. Qui si scopre un Corinth critico d’arte, capace di scrivere sui colleghi e sulla loro opera in modo convincente.

Il secondo scritto è un breve saggio sul pittore simbolista Carl Strathmann, più giovane di lui solo di qualche anno (1866-1939), di cui Corinth aveva anche dipinto un bel ritratto, un decennio prima. Il saggio è scritto nel 1902, quando Strathmann ha 36 anni. Nell’Autobiografia non lo citerà mai, se non una volta [21] tra la lista dei “conigli” che appoggiarono la rivolta di Corinth contra la Secessione di Monaco.

Le parole che Corinth spende per il collega sono chiarissime: si tratta di un genio che è stato “impallinato” (direkt in den Schoß gefallen) dalla cattiveria altrui. Forse a volte un uomo eccessivamente prudente (il suo quadro migliore – di chiarissimo gusto simbolista – è la pittura di Salammbô distesa sulla tomba; in origine la figura era nuda, per poi essere ricoperta per pruderie con un manto di fiori e pietre preziose); forse un uomo che combatte con i mulini a vento e troppo cocciuto. Ma, sicuramente, un grandissimo pittore, secondo Corinth. “L’arte di Strathmann si eleva dalla massa dell’attuale produzione artistica come una pietra miliare: il suo lavoro si imporrà in modo sempre più visibile, dopo che tutto ciò che è mediocre sarà stato dimenticato” [22]. Un pronostico  del tutto sbagliato.


Thomas Theodor Heine

Il terzo saggio è dedicato ad un altro collega di Corinth, Thomas Theodor Heine (1867–1948), anch’egli membro della Libera associazione di Monaco. L’articolo si intitola Thomas Theodor Heine e la vita artistica a Monaco alla fine del secolo passato. Si parla qui di un grande disegnatore ed umorista, che ha anche prodotto arte simbolista di buon livello. Un uomo difficile e temuto per il proprio sarcasmo. Ma anche un pittore particolarissimo, influenzato – scrive Corinth – dall’arte giapponese e da quella gotica, e perciò dedito “alla forma assoluta e alla linea pura” [23]. Heine è citato come non ancora quarantenne; confrontando la circostanza con i dati biografici dell’artista se ne desume che lo scritto dovrebbe essere anteriore al 1906. 

Olaf Gulbransson

Segue un articolo sul caricaturista norvegese Olaf Gulbransson (uno dei disegnatori del Simplicissimus, un famoso giornale umoristico di Monaco).


Congiura

Si ritorna poi improvvisamente al genere autobiografico con due altri scritti che intendono documentare la vita dei pittori di Monaco, con particolare riferimento agli ‘intrighi’ che li videro protagonisti. Si tratta di un tema evidentemente molto caro a Corinth, che intitolerà Intrigen und Betrachtungen (Intrighi ed osservazioni) anche la parte centrale dell’Autobiografia, stilata nel 1917.

Il primo scritto di memorie è Eine Verschwörung (Una congiura). Si apre con la cronaca di un tragico incidente: i giovani pittori monacensi (Monaco era il centro della pittura moderna continentale dopo Parigi) avevano organizzato una grossa festa in un locale adattato per l’occasione, ed un incendio improvviso era costato la vita ad alcuni di essi. Corinth, per fortuna, sedeva lontano dalle fiamme. Gli ambienti monacensi più clericali ne avevano scritto sulla loro rivista Vaterland (Patria) parlando di una punizione divina. Letto l’articolo, i giovani artisti decidono di organizzare una spedizione punitiva e di picchiare il redattore capo della rivista, un certo Dr. Sigl. Corinth è tra quelli che devono organizzare l’agguato. Poi però gli animi si calmano e non se ne fa nulla. La rivista viene però a conoscenza del proposito e pubblica la notizia parlando di mancato attentato. L’episodio non sarà citato nell’Autobiografia.


Ricordi del circolo di Allotria

Il secondo scritto di memorie è Erinnerungen an den Allotria-Kreis (Ricordi del circolo di Allotria). Allotria (il nome vuol dire, più o meno, stupidaggini) era il nome di un locale dove si incontravano molti degli artisti di Monaco, riuniti in Circolo dal 1873. Lo scritto di Corinth fa riferimento al 34esimo anniversario dell’associazione. Deve dunque essere del 1907. Corinth riporta la notizia che il suo lungo scritto sulle polemiche tra i membri è stato fortemente contestato nel circolo, come non sufficientemente obiettivo.

In conclusione, le Leggende furono certamente un’opera originale: ispirate dal simbolismo, con una sezione autobiografica ed una saggistica. Rivelarono l’ambizione di Corinth come scrittore e critico d’arte, ma anche i suoi limiti.




NOTE PARTE PRIMA 

[1] Per un’interpretazione espressionista dell’ultima fase della pittura di Corinth, si veda per esempio Keller, Horst – Zum Spätwer Corinths in “Lovis Corinth, Gemälde, Aquarelle, Zeichnungen und druckgraphische Zyklen. Museum der Stadt Köln, Ausstellung des Walraf-Richarts-Museum in der Kunsthalle Köln, 10.Januar bis 21. März 1976“, pp.13-22, Colonia, 1976.   

[2] Corinth, Lovis - Das Erlenen der Malerei, Ein Handbuch von Lovis Corinth, Terza edizione, Berlin, Paul Kassirer, 1920, pp. 205

[3] Corinth, Lovis - Legenden aus dem Kunstlerleben, Berlin, Bruno Kassirer, 1909, pp. 138. In copertina compare un disegno originale di Corinth con l'indicazione dell'anno 1908. La stampa è però del 1909,

[4] Corinth, Lovis – Das Leben Walter Leistikows, Berlin, Paul Cassirer 1910

[5]Corinth, Lovis – Gesammelte Schriften. Charlotte Berend-Corinth, Mein Leben mit Lovis Corinth, Introduzione e a cura di Kerstin Englert, Gebr. Mann Verlag, Berlin, 1995, p.272

[6] Corinth, Lovis – Selbstbiographie, Gustav Kiepenheuer Verlag, Leipzig, 1993, pp. 271

[7] Berend-Corinth, Charlotte – Mein Leben mit Lovis Corinth, Ein Tagebuch der Liebe, Münche, List Bücher, 1960, pp.187

[9] Corinth, Tomas – Lovis Corinth. Eine Dokumentation, Verlag Ernst Asmuth, Tubinga, 1977 (vedi p. 353-354)

[10] Corinth, Lovis – Selbstbiographie, citato, p. 179

[11] Corinth, Tomas – Lovis Corinth. Eine Dokumentation citato, p. 119

[12] Horst Uhr definisce le Leggende “un racconto autobiografico divertente ed in parte inventato”. Si veda  Uhr Horst - Lovis Corinth, University of California Press, 1990. Il testo é interamente disponibile su internet: http://publishing.cdlib.org/ucpressebooks/view?docId=ft1t1nb1gf;brand=ucpress  

[13] Contro la definizione di Corinth come simbolista, si veda Zimmermann, Michael F. - Lovis Corinth, München, Beck, 2008 (specialmente pagine 70-85)

[14] Caspers, Eva - Paul Cassirer und die Pan-Presse: Ein Beitrag zur deutschen Buchillustration und Graphik im 20. Jahrhundert, De Gruyter, 1989

[15] Germanese, Donatella - Pan (1910-1915): Schriftsteller im Kontext einer Zeitschrift,  Königshausen u. Neumann, 2000.


[18] Zimmermann, Michael F. - Lovis Corinth, München, Beck, 2008

[19] Kropmanns, Peter – Lovis Corinth. Ein Künstlerleben, Ostfildern, Hatje Cantz Verlag, 2008

[20] Zimmermann, Michael F. - Lovis Corinth, citato, p.41

[21] Corinth, Lovis – Selbstbiographie, citato, p. 135

[22] Corinth, Lovis – Legenden, citato, p. 79

[23] Corinth, Lovis – Legenden, citato, p. 88

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