English Version
Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 3
Lovis Corinth
Scritti autobiografici. Parte Prima
(Recensione di Francesco Mazzaferro)
[Versione originaria: ottobre 2014 - nuova versione: aprile 2019]
Lovis Corinth: un pittore moderno, dopo
tutto
Thomas Theodor Heine
[Versione originaria: ottobre 2014 - nuova versione: aprile 2019]
Fig. 1) La copertina degli scritti completi di Lovis Corinth, pubblicati da Gurlitt nel 1920 |
Uno dei quadri più famosi di Lovis Corinth (1858-1925) é l’Ecce Homo. Si tratta del suo penultimo quadro, datato 1925. Nonostante le apparenze, non è un'opera di Lucian Freud né di
Francis Bacon. Il suo nome completo era
Franz Heinrich Louis Corinth; il cognome si pronuncia in tedesco [Korí:nt],
come in tedesco si pronuncia anche il nome della città greca. Il quadro è del
1925, l’anno della morte del pittore sessantasettenne. Lo terminò tre mesi
prima di spegnersi per via di una polmonite in Olanda. Vi lavorò per 10 anni.
Fu dipinto per la Galleria Nazionale di Berlino, il cui direttore (Ludwig
Justi) fu uno dei maggiori promotori dell’arte moderna tedesca. I nazisti
sequestrarono il dipinto e l’esibirono alla mostra del 1937 sulla cosiddetta Arte degenerata (Entartete Kunst).
Volevano dimostrare che la degenerazione dell’arte era una vera e propria
malattia in cui potevano cadere non solo i giovani, ma anche i pittori della
generazione precedente. Diedero addirittura una spiegazione medica: se è vero
che Corinth aveva sofferto di un ictus nel 1911, essi inventarono di sana
pianta un secondo ictus e attribuirono a questa circostanza il cambiamento di
stile in senso ‘espressionista’ del pittore (Corinth non avrebbe mai accettato
questa definizione) [1]. Molte opere furono distrutte. L’Ecce homo invece si salvò, perché i nazisti lo vendettero
all’estero in cambio di oro e valuta. Si trova oggi al Kunstmuseum Basel. Se si vuole avere un’altra prova di quanto Corinth ci abbia influenzato, si
guardino il Cristo Rosso del 1923 e
le famose immagini del film di Mel Gibson sulla Passione di Cristo.
In termini cronologici, Corinth operò per 25 anni nell’Ottocento e per 25
anni nel Novecento. Con Max Liebermann e Max Slevogt è uno dei tre grandi
dell’impressionismo tedesco, un movimento artistico di per sé ottocentesco. Eppure ci
sono almeno cinque ragioni per includerlo in una rassegna delle fonti dell’arte
del Novecento tedesco.
In primo luogo, la data di pubblicazione delle fonti che ho consultato. In
ordine cronologico: (a) Il manuale Apprendere la pittura (Das Erlernen der Malerei [2]) del 1909; (b) Le Leggende dalla
vita di un’artista (Legenden aus dem
Künsterleben [3]) dello stesso anno; (c) La vita di Walter Leistikow (Das Leben
Walter Leistikow [4]) del 1910 (questi tre libri furono pubblicati da Bruno e Paul Cassirer, i cugini che furono il cuore pulsante della cultura artistica
berlinese di quegli anni); (d) la
collezione degli Scritti (Schriften [5]) comparsi nel 1920 a cura
di un alto grande collezionista e gallerista berlinese, Fritz Gurlitt; (e) l’Autobiografia (Selbstbiographie [6]) uscita un anno dopo la morte a cura della
moglie (1926) e (f) iI diario della moglie Charlotte Berend-Corinth (La mia vita con Lovis Corinth – Mein Leben mit Lovis Corinth [7]),
anch’essa pittrice, pubblicato nel 1947. È vero che ci sono tracce di un tentativo
fallito di scrivere un’autobiografia già nel 1892. Ma in sostanza, se l’opera
pittorica è a cavallo dei due secoli, l’opera letteraria e la riflessione
teorica sono tutte del primo quarto del Novecento. Da segnalare che quasi tutti
i testi letterari sono disponibili sulla rete senza alcun costo, in tedesco [8].
In secondo luogo, lo stile pittorico di Corinth nei suo ultimi quindici
anni di vita ha sperimentato una straordinaria maturazione. Lui stesso si rende
conto che la malattia da un lato ha diminuito la sua forza fisica, ma ha accentuato
la sua energia creativa. Tormentato dalla depressione, a permanente rischio di
suicidio, semi-paralizzato, Corinth scopre un nuovo stile pittorico, giungendo
spesso al limite dell’informale, senza mai varcare il limite del non-figurativo.
È il periodo dell’attività al Walchensee, il lago dove ha una casetta di
campagna, con i paesaggi che nei quadri sembrano divenire astratti.
In terzo luogo, se l’Autobiografia
di Corinth – almeno a mio parere – non riesce affatto a raggiungere la qualità
letteraria cui il pittore aspirava, essa contiene comunque una testimonianza
importante sugli anni della pesantissima crisi tedesca dopo la sconfitta della
prima guerra mondiale: il cuore di Corinth è quello di un prussiano conservatore
e nazionalista, che vede il suo sistema di valori spazzato via dalla guerra e
dagli eventi della Repubblica di Weimar. Corinth è un uomo orfano
dell’imperatore. Ha modo comunque di ritrarre il primo presidente socialdemocratico
della Repubblica di Weimar, Friedrich Ebert, nel 1924, e ne trae un’impressione
positiva. Vorrebbe ritrarre Hindenburg, ma non ne ha possibilità. Pur essendo
del tutto contrario alle sue idee, pubblica nel 1920 una litografia con il
ritratto di Karl Liebknecht. La corrispondenza pubblicata dal figlio spiega
quanto accadde: Corinth gli scrive nel 1918 chiedendo di poterlo ritrarre. Liebknecht (uno dei capi della rivoluzione spartachista)
viene ucciso, insieme a Rosa Luxembourg, il 15 gennaio 1919 dalle truppe
antisommossa in circostanze mai chiarite. Nel marzo 1919 la vedova Sophie
Liebknecht invia a Corinth alcune fotografie del marito mentre arringa la folla
nel corso di alcune manifestazioni, gli dice che il carcere ne aveva
profondamente segnato anche la fisionomia e lo informa che gli invierà comunque
copia della maschera mortuaria. Corinth produce la litografia basandosi sulle
foto [9]. Sono anni terribili: l’iperinflazione distrugge i patrimoni, i moti
rivoluzionari minacciano la pace sociale, ed il presagio della catastrofe è
acuto. Come vedremo, l’effetto paradossale è quello di accrescere la domanda di
dipinti, come bene rifugio. Corinth – che era già abbastanza ricco, grazie
all’eredità paterna – ha un discreto successo economico proprio nel momento del
crollo dell’economia tedesca.
In quarto luogo, i temi della discussione estetica corinthiana sono quelli
dell’intera arte tedesca dei primi tre decenni del secolo, prima dell’avvento
del nazismo: il rapporto di odio e di amore con l’arte francese (fonte di
ispirazione, ma anche arte del nemico), il desiderio di affermare un’arte
moderna nazionale, il dileggio del
grande pubblico, l'odio tra artisti. Per capire Nolde (suo acerrimo
nemico, anche se anch’egli artefice di un’arte moderna nazionale tedesca, in
opposizione a quella francese) si deve leggere Corinth, in quel passo in cui
racconta lo scontro pubblico che con lui ebbe
per il controllo della Secessione di Berlino, e la soddisfazione per
essere riuscito ad espellerlo (Corinth non cita mai Nolde per nome, ne parla
come di “un individuo” e come la “persona in questione” [10]). Lo scontro
durissimo costerà a Corinth tranquillità e salute e radicalizzerà Nolde nella
sua battaglia contro l’impressionismo.
Attenzione: se si fosse chiesto a Corinth se fosse del tutto consapevole
della propria modernità, probabilmente avrebbe dato una risposta confusa o
addirittura negativa. Ebbe molti stili, ma si attenne comunque sempre a un linguaggio
pittorico figurativo e a schemi e composizioni classiche. Se dunque Corinth fu uno
dei padri dell’arte moderna tedesca, lo fu quasi suo malgrado.
Come autore di memorie e scrittore d’arte fu discontinuo e disordinato,
componendo scritti (le Leggende)
privi di una loro coerenza interna e terminando l’Autobiografia come un testo disordinato, sommatoria di parti
disomogenee. I suoi limiti vanno quindi sempre tenuti presenti.
Le Leggende del 1909
Fig. 2) Lovis Corinth, Leggende dalla vita di un'artista. In copertina un disegno originale dell'artista. Edito da Bruno Cassirer nel 1909 |
Le Leggende sono
un’opera del tutto sorprendente, nel bene e nel male. Sappiamo dalla corrispondenza di Corinth, pubblicata dal figlio Thomas nel 1979, che quando fu firmato il contratto per la pubblicazione, Corinth e Cassirer si accordarono sul titolo Erlebtes und Erlogenes ovvero Vissuto e mentito. Il contratto prevedeva anche come possibilità alternativa Legenden aus dem Künstlerleben, che fu quella che fu poi effettivamente scelta. [11]
Le Leggende comprendono sei scritti fra loro distinti. Il primo è un racconto autobiografico di 67 pagine (Aus meinem Leben ovvero Dalla mia vita), in cui Corinth racconta episodi della propria vita sotto lo pseudonimo di Henrich Stiemer. Seguono tre saggi critici su pittori dell’epoca monacense: prima di tutto Carl Strathmann e Thomas Theodor Heine, due dei pittori che si unirono a Corinth quando creò la Freie Vereinigung (Libera Associazione), un gruppo alternativo di pittori (circostanza che portò alla sua espulsione dalla Secessione di Monaco). Segue un pezzo sul disegnatore e caricaturista Olaf Gulkbrasson. Concludono due scritti di memorie: Verschwörung (Congiura) e Erinnerungen an den Allotria-Kreis (I ricordi del circolo di Allotria): quest’ultimo cita il nome di uno dei luoghi di ritrovo degli artisti a Monaco di Baviera.
Le Leggende comprendono sei scritti fra loro distinti. Il primo è un racconto autobiografico di 67 pagine (Aus meinem Leben ovvero Dalla mia vita), in cui Corinth racconta episodi della propria vita sotto lo pseudonimo di Henrich Stiemer. Seguono tre saggi critici su pittori dell’epoca monacense: prima di tutto Carl Strathmann e Thomas Theodor Heine, due dei pittori che si unirono a Corinth quando creò la Freie Vereinigung (Libera Associazione), un gruppo alternativo di pittori (circostanza che portò alla sua espulsione dalla Secessione di Monaco). Segue un pezzo sul disegnatore e caricaturista Olaf Gulkbrasson. Concludono due scritti di memorie: Verschwörung (Congiura) e Erinnerungen an den Allotria-Kreis (I ricordi del circolo di Allotria): quest’ultimo cita il nome di uno dei luoghi di ritrovo degli artisti a Monaco di Baviera.
Un testo disomogeneo, quindi, che però sarebbe un errore sottovalutare, perché
frutto di una precisa scelta estetica [12]. Non dobbiamo dimenticare che siamo
negli anni del simbolismo, ed ogni immagine o elemento di stile ha un preciso
significato [13].
È il caso della copertina, che presenta un dio Pan disegnato dal pittore. Il
libro è pubblicato da Bruno Cassirer, cugino di quel Paul che della secessione
berlinese fu il promotore, e che stava cercando in quegli anni di creare a
Berlino la propria casa editrice d’arte (la chiamerà Pan-Presse, la Stampa Pan,
e la inaugurerà nel 1910). Il primo libro della Pan-Presse sarà Apprendere la
pittura, manuale artistico di Corinth. Per i tipi della Pan-Presse usciranno anche la Vita di Walter Leistikow e due serie di
litografie di Corinth. Negli stessi anni saranno pubblicati dalla Pan-Presse scritti e litografie degli
altri impressionisti tedeschi, Slevogt e Beckmann. [14].
Non dobbiamo dimenticare che Pan-Rivista
d’Arte e di Cultura era stata la rivista di riferimento dello Jugendstil e del simbolismo tedesco tra
il 1895 ed il 1900, con contributi di tutti gli artisti che ebbero un ruolo
nelle scelte artistiche di Corinth prima del suo insediamento a Berlino nel
1900. Nel 1910 Paul Cassirer ne riavvia dunque la pubblicazione: attorno alla
nuova edizione si raccoglierà l’intellighenzia
berlinese fino al 1915 [15].
Dalla mia vita
Come si è già anticipato, Aus meinem
Leben (Dalla mia vita), il primo
e più lungo scritto delle Leggende, è
una novella autobiografica, e perciò appartiene ad un genere letterario
intermedio tra romanzo e autobiografia in senso stretto. Da un lato, ha molti
aspetti letterari della finzione e del racconto inventato, e lo stile è quello
della narrazione letteraria. Dall’altro è chiaramente ispirata alla vita
dell’artista, ed anticipa molte pagine dell’Autobiografia.
Probabilmente, la stesura del racconto autobiografico (avvenuta nel 1908, ma giunta alla stampa nel 1909) è
giustificata dal fatto che Corinth festeggia 50 anni. Può essere interpretato
come un testo autobiografico fittizio, sia pur scritto per sembrare il più
possibile simile alla realtà: un trompe-l'œil
letterario o un esercizio barocco, se si preferisce.
La scelta del romanzo autobiografico – invece della biografia - è tipica
dell’epoca. Si pensi ai riferimenti culturali di Corinth in quegli anni:
impressionismo e simbolismo. Impressionismo significa richiamo alla natura (e
dunque ai fatti della vita), simbolismo implica invece distanza da essa. In
termini letterari, è il gioco tra finzione e realtà. Dalla mia vita – come si è detto – è del 1908. Nello stesso anno esce
il romanzo autobiografico del simbolista tedesco Detlev von Liliencron, Leben und Lüge (Vita e menzogna) [16], mentre è del 1910 il romanzo autobiografico
di Rainer Maria Rilke, intitolato Die
Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge [17] (I quaderni di Malte Laurids Brigge). Rilke è profondamente legato
allo stesso gruppo di Corinth: la sua mecenate è Eva Cassirer (un’altra cugina
di Paul e Bruno; quella dei Cassirer fu una delle grandi dinastie della cultura
tedesca, si pensi al filosofo Ernst Cassirer, un altro cugino, più giovane).
Siamo dunque al centro della vita culturale tedesca di quegli anni.
Siamo anche nella fase di avvio del successo di Corinth, che è ormai
saldamente integrato nella Secessione di Berlino, di cui, tre anni dopo, prenderà
la direzione. Corinth vuole parlare di sé al grande pubblico, ma non con un
puro resoconto degli eventi. Meglio un'opera di letteratura, sia pur
autobiografica, più in linea con il rifiuto del realismo, e con l'idea di una
vita vissuta in linea con il proprio ideale estetico. Il tema del ricordo si abbina così a quello
del sogno, del rimpianto, del desiderio, della volontà. Invece di raccontare
gli avvenimenti, si sceglie di raccontare le emozioni. Leggere le Leggende rivela dunque per molti versi il vero Corinth, quello
della creazione di un'arte totale (Gesamtkunst),
che mescola pittura, scrittura e illustrazione, e permette inoltre di
identificare i grandi temi della sua creazione artistica nella Berlino del
1908. Sono gli anni della Belle Époque
anche per Berlino, nella sua ultima stagione prima della guerra e della crisi
di Weimar. Ricordare il passato, nel 1908, prima della carneficina della guerra
e nel pieno di quarant’anni di pace, ha ancora elementi di innocenza, anche se
spira già molto forte il vento del nazionalismo.
Dalla mia vita narra della gioventù di Heinrich Stiemer (ovvero
Lovis Corinth), e si concentra su due aspetti: la vita familiare in Germania e
l’ingresso nella Académie Julian a
Parigi. La volontà – soprattutto nelle prime 20 pagine - è quella di scrivere
un pezzo di letteratura, segnato da un uso molto attento della lingua e della
sua musicalità. Poi il racconto si spezza in un dialogato molto, a volte troppo
fitto, per pagine intere, dove dalla prosa si passa quasi al teatro, nel
desiderio di tracciare in termini dinamici – e non più descrittivi –
l’interazione del pittore con il mondo esteriore.
Abbiamo detto dei due momenti della vita di Stiemer/Corinth. Vediamoli
meglio:
1 – L’infanzia, passata da Stiemer in un ambiente – quello della campagna della
Prussia orientale – in cui si parla solo dialetto, è caratterizzata da una vita
familiare grigia e triste, anche per l’ostilità di parte della famiglia (in
particolare della sorellastra). Si succedono il trasferimento ancora bambino a
Könisberg presso alcuni parenti, per volontà del padre, per andare a scuola; lo
shock del passaggio da un ambiente in cui si parla dialetto ad uno in cui si
parla solo tedesco; gli alti e bassi a scuola e i difficili rapporti con la
zia; il desiderio precoce di divenire pittore; l’ingresso in accademia, e l’esigenza
dl disegnare ininterrottamente. Ed ancora: il confronto, l’amicizia e la
frequentazione con pescatori, macellai, ed altre persone umili ma sincere (che
parlano dialetto) e l’isolamento rispetto agli altri pittori. Bere ed
ubriacarsi come stile di vita. Il critico Michael F. Zimmerman nota come
Corinth abbia inaugurato il mito sovversivo “del vivere ubriaco nell’immediata
vicinanza della morte” e cita l’opera cinematografica di Fassbinder come
un’eredità di Corinth. Tra Corinth e Fassbinder esiste, a suo parere, un legame anche nella figurazione delle
immagini, in entrambe i casi diretta ed immediata [18].
2 – L’arrivo all’Académie Julian
a Parigi, dove all’inizio Corinth finge di essere belga fiammingo o bavarese,
per sottrarsi all’ostilità verso i prussiani; l’incapacità di integrarsi a
Parigi, il trasferimento in Belgio, ad Anversa, (dove rimane profondamente
deluso dall’insegnamento) e il ritorno a Parigi; la solitudine e la scoperta
della sessualità nelle serate galeotte a Montmartre; la gioia per la decisione
dell’Académie di esporre un suo
quadro, ma la cocente delusione per le modalità con cui ciò avviene. Il
racconto autobiografico si conclude con Heinrich Stiemer che esce disperato
dalla mostra, in preda a una crisi di rabbia.
Di questi temi Corinth tornerà a parlare nel 1916, nella prima parte dell’Autobiografia, pubblicata nel 1926. Esiste
anche – come vedremo – un’ulteriore versione più estesa dei ricordi di gioventù,
pubblicata dalla moglie nel 1953, con il titolo I miei primi anni. Rispetto a questi due testi successivi, qui si
colgono in particolare l’enfasi sui rapporti con gruppi sociali molto distanti
(Heinrich Stiemer dipinge giorni e giorni in una macelleria) e il senso di
nausea nei confronti degli anni francesi.
Negli anni in cui scrive queste pagine, Lovis Corinth mostra una grande
passione – per certi versi una passione rubensiana, fiamminga – per il nudo e
l’incarnato. Il già citato critico Michael F. Zimmermann – che pur sottolinea
molto di più di quel che io faccia l’autonomia della figura letteraria di
Heinrich Stiemer rispetto al Corinth reale – rimarca il ruolo simbolico che il
tema della macelleria ha nei confronti della passione di Corinth per
l’incarnato. E d’altra parte, carne e pesce sono uno dei temi con cui Corinth si
confronta per la vita intera; si tratta forse davvero di un effetto dei mesi
passati ad Anversa. Peter Kropmanns ci ha lasciato una lista completa di tutti
i viaggi di Corinth [19]: le Fiandre e i Paesi Bassi furono una delle mete
preferite. Fu ad Anversa nel 1884, 1902, 1908 e 1925.
Non dimentichiamoci comunque che siamo nell’epoca del simbolismo: “Se si
segue il mito autobiografico che Corinth ha messo in circolazione con Dalla mia vita nel 1909, i suoi inizi
come pittore sono marcati dalla contrapposizione tra macelleria ed atelier, il sangue che cola dalle carni
e la sensualità della pelle. Nella storia della pittura come mezzo di
espressione a questo contrasto corrispondono due metafore: l’opera d’arte come
organismo estetico e la tela come epidermide. Corinth sviluppa la sua narrativa
pittorica tra questi due opposti. Come organismi, le sue storie dipinte sono
composte secondo modi assolutamente classici e compiuti dal punto di vista
narrativo. E tuttavia egli pone le forme molto vicino alla superficie del
quadro, lascia loro poco spazio, le propone in una presenza corporale drastica.
L’osservatore non ha la distanza da cui possa decifrare ed apprezzare il
racconto (…). Corinth nel 1909 – all’epoca un pittore maturo – interpreta i
propri lavori giovanili come una festa della carne – oscillando tra il sangue
da un lato e l’incarnato, il colore della pelle dall’altro” [20].
Fig. 3) L'edizione di tutti gli scritti di Lovis Corinth, curati da Kerstin Englert e pubblicati da ll'editore Fratelli Mann di Berlino (1995) |
Su Carl Strathmann
Le sezioni successive delle Leggende sono di tutt’altra natura. Dopo Dalla mia vita seguono, come già detto, alcuni saggi critici su altri pittori, tra quelli frequentati nei circoli di Monaco. Qui si scopre un Corinth critico d’arte, capace di scrivere sui colleghi e sulla loro opera in modo convincente.
Il secondo scritto è un breve saggio sul pittore simbolista Carl Strathmann, più giovane di lui solo di qualche anno (1866-1939), di cui Corinth aveva anche dipinto un bel ritratto, un decennio prima. Il saggio è scritto nel 1902, quando Strathmann ha 36 anni. Nell’Autobiografia non lo citerà mai, se non una volta [21] tra la lista dei “conigli” che appoggiarono la rivolta di Corinth contra la Secessione di Monaco.
Le sezioni successive delle Leggende sono di tutt’altra natura. Dopo Dalla mia vita seguono, come già detto, alcuni saggi critici su altri pittori, tra quelli frequentati nei circoli di Monaco. Qui si scopre un Corinth critico d’arte, capace di scrivere sui colleghi e sulla loro opera in modo convincente.
Il secondo scritto è un breve saggio sul pittore simbolista Carl Strathmann, più giovane di lui solo di qualche anno (1866-1939), di cui Corinth aveva anche dipinto un bel ritratto, un decennio prima. Il saggio è scritto nel 1902, quando Strathmann ha 36 anni. Nell’Autobiografia non lo citerà mai, se non una volta [21] tra la lista dei “conigli” che appoggiarono la rivolta di Corinth contra la Secessione di Monaco.
Le parole che Corinth spende per il collega sono chiarissime: si tratta di
un genio che è stato “impallinato” (direkt
in den Schoß gefallen) dalla cattiveria altrui. Forse a volte un uomo
eccessivamente prudente (il suo quadro migliore – di chiarissimo gusto
simbolista – è la pittura di Salammbô distesa sulla tomba; in origine la figura
era nuda, per poi essere ricoperta per
pruderie con un manto di fiori e pietre preziose); forse un uomo che
combatte con i mulini a vento e troppo cocciuto. Ma, sicuramente, un
grandissimo pittore, secondo Corinth. “L’arte di Strathmann si eleva dalla
massa dell’attuale produzione artistica come una pietra miliare: il suo lavoro
si imporrà in modo sempre più visibile, dopo che tutto ciò che è mediocre sarà stato
dimenticato” [22]. Un pronostico del
tutto sbagliato.
Thomas Theodor Heine
Il terzo saggio è dedicato ad un altro collega di Corinth, Thomas Theodor
Heine (1867–1948), anch’egli membro della Libera
associazione di Monaco. L’articolo si intitola Thomas Theodor Heine e la vita artistica a Monaco alla fine del secolo
passato. Si parla qui di un grande disegnatore ed umorista, che ha anche
prodotto arte simbolista di buon livello. Un uomo difficile e temuto per il
proprio sarcasmo. Ma anche un pittore particolarissimo, influenzato – scrive
Corinth – dall’arte giapponese e da quella gotica, e perciò dedito “alla forma
assoluta e alla linea pura” [23]. Heine è citato come non ancora quarantenne;
confrontando la circostanza con i dati biografici dell’artista se ne desume che
lo scritto dovrebbe essere anteriore al 1906.
Olaf Gulbransson
Segue un articolo sul caricaturista norvegese Olaf Gulbransson (uno dei disegnatori del Simplicissimus, un famoso giornale umoristico di Monaco).
Congiura
Segue un articolo sul caricaturista norvegese Olaf Gulbransson (uno dei disegnatori del Simplicissimus, un famoso giornale umoristico di Monaco).
Congiura
Si ritorna poi improvvisamente al genere autobiografico con due altri
scritti che intendono documentare la vita dei pittori di Monaco, con particolare
riferimento agli ‘intrighi’ che li videro protagonisti. Si tratta di un tema
evidentemente molto caro a Corinth, che intitolerà Intrigen und Betrachtungen
(Intrighi ed osservazioni) anche la
parte centrale dell’Autobiografia, stilata
nel 1917.
Il primo scritto di memorie è Eine Verschwörung
(Una congiura). Si apre con la
cronaca di un tragico incidente: i giovani pittori monacensi (Monaco era il
centro della pittura moderna continentale dopo Parigi) avevano organizzato una
grossa festa in un locale adattato per l’occasione, ed un incendio improvviso
era costato la vita ad alcuni di essi. Corinth, per fortuna, sedeva lontano
dalle fiamme. Gli ambienti monacensi più clericali ne avevano scritto sulla
loro rivista Vaterland (Patria) parlando di una punizione
divina. Letto l’articolo, i giovani artisti decidono di organizzare una
spedizione punitiva e di picchiare il redattore capo della rivista, un certo
Dr. Sigl. Corinth è tra quelli che devono organizzare l’agguato. Poi però gli
animi si calmano e non se ne fa nulla. La rivista viene però a conoscenza del
proposito e pubblica la notizia parlando di mancato attentato. L’episodio non sarà
citato nell’Autobiografia.
Ricordi del circolo di Allotria
Ricordi del circolo di Allotria
Il secondo scritto di memorie è Erinnerungen
an den Allotria-Kreis (Ricordi del circolo di Allotria). Allotria (il nome
vuol dire, più o meno, stupidaggini) era il nome di un locale dove si
incontravano molti degli artisti di Monaco, riuniti in Circolo dal 1873. Lo
scritto di Corinth fa riferimento al 34esimo anniversario dell’associazione. Deve
dunque essere del 1907. Corinth riporta la notizia che il suo lungo scritto
sulle polemiche tra i membri è stato fortemente contestato nel circolo, come
non sufficientemente obiettivo.
In conclusione, le Leggende
furono certamente un’opera originale: ispirate dal simbolismo, con una sezione
autobiografica ed una saggistica. Rivelarono l’ambizione di Corinth come
scrittore e critico d’arte, ma anche i suoi limiti.
NOTE PARTE PRIMA
[1] Per un’interpretazione espressionista dell’ultima fase della pittura di
Corinth, si veda per esempio Keller, Horst – Zum Spätwer Corinths in “Lovis
Corinth, Gemälde, Aquarelle, Zeichnungen und druckgraphische Zyklen. Museum der Stadt Köln, Ausstellung des Walraf-Richarts-Museum
in der Kunsthalle Köln, 10.Januar bis 21. März 1976“, pp.13-22, Colonia, 1976.
[2] Corinth, Lovis - Das Erlenen der Malerei, Ein Handbuch von Lovis Corinth, Terza edizione, Berlin, Paul Kassirer, 1920, pp. 205
[3] Corinth, Lovis - Legenden aus dem Kunstlerleben, Berlin, Bruno Kassirer, 1909, pp. 138. In copertina compare un disegno originale di Corinth con l'indicazione dell'anno 1908. La stampa è però del 1909,
[2] Corinth, Lovis - Das Erlenen der Malerei, Ein Handbuch von Lovis Corinth, Terza edizione, Berlin, Paul Kassirer, 1920, pp. 205
[3] Corinth, Lovis - Legenden aus dem Kunstlerleben, Berlin, Bruno Kassirer, 1909, pp. 138. In copertina compare un disegno originale di Corinth con l'indicazione dell'anno 1908. La stampa è però del 1909,
[4] Corinth, Lovis –
Das Leben Walter Leistikows, Berlin, Paul Cassirer 1910
[5]Corinth, Lovis –
Gesammelte Schriften. Charlotte Berend-Corinth, Mein Leben mit Lovis Corinth,
Introduzione e a cura di Kerstin Englert, Gebr. Mann Verlag, Berlin, 1995,
p.272
[6] Corinth, Lovis –
Selbstbiographie, Gustav Kiepenheuer Verlag, Leipzig, 1993, pp. 271
[7] Berend-Corinth,
Charlotte – Mein Leben mit Lovis Corinth, Ein Tagebuch der Liebe, Münche, List
Bücher, 1960, pp.187
[9] Corinth, Tomas – Lovis Corinth.
Eine Dokumentation, Verlag Ernst Asmuth, Tubinga, 1977 (vedi p. 353-354)
[10] Corinth, Lovis –
Selbstbiographie, citato, p. 179
[11] Corinth, Tomas – Lovis Corinth. Eine Dokumentation citato, p. 119
[11] Corinth, Tomas – Lovis Corinth. Eine Dokumentation citato, p. 119
[12] Horst Uhr definisce le Leggende “un racconto autobiografico
divertente ed in parte inventato”. Si veda Uhr
Horst - Lovis Corinth, University of California Press, 1990. Il testo é
interamente disponibile su internet: http://publishing.cdlib.org/ucpressebooks/view?docId=ft1t1nb1gf;brand=ucpress
[13] Contro la definizione di Corinth
come simbolista, si veda Zimmermann, Michael F. - Lovis Corinth, München, Beck,
2008 (specialmente pagine 70-85)
[14] Caspers, Eva -
Paul Cassirer und die Pan-Presse: Ein Beitrag zur deutschen Buchillustration
und Graphik im 20. Jahrhundert, De Gruyter, 1989
[15] Germanese,
Donatella - Pan (1910-1915): Schriftsteller im Kontext einer Zeitschrift, Königshausen u. Neumann, 2000.
[16] http://www.zeno.org/Literatur/M/Liliencron,+Detlev+von/Autobiographischer+Roman/Leben+und+L%C3%BCge
[18] Zimmermann,
Michael F. - Lovis Corinth, München, Beck, 2008
[19] Kropmanns, Peter
– Lovis Corinth. Ein Künstlerleben, Ostfildern, Hatje Cantz Verlag, 2008
[20] Zimmermann,
Michael F. - Lovis Corinth, citato, p.41
[21] Corinth, Lovis –
Selbstbiographie, citato, p. 135
[22] Corinth, Lovis –
Legenden, citato, p. 79
[23] Corinth, Lovis –
Legenden, citato, p. 88
Nessun commento:
Posta un commento