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giovedì 30 maggio 2019

[L'eredità di Johann Joachim Winckelmann in Spagna]. A cura di Max Kunze e Jorge Maier Allende. Parte Prima


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Pubblicazioni in onore di Johan Joachim Winckelmann


El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España /Das Vermächtnis von Johann Joachim Winckelmann in Spanien 
[L'eredità di Johann Joachim Winckelmann in Spagna]
Atti del convegno internazionale di Madrid (20-21 ottobre 2011)
A cura di Max Kunze e Jorge Maier Allende.

Mainz e Ruhpolding, Verlag Franz Philipp Rutzen, 2013, 314 pages.

Recensione di Francesco Mazzaferro. Parte Prima

Fig. 1) Gli atti del convegno di Madrid sull’eredità di Johann Joachim Winckelmann in Spagna

Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) non si recò mai in Spagna e poche delle sue opere sono state tradotte e pubblicate in spagnolo prima dei nostri giorni. È vero, infatti, che la Geschichte der Kunst des Altertums del 1763, ovvero la Storia dell’arte presso gli antichi fu oggetto di traduzione prima da parte di Antonio Capmany (1742-1813) e poi di Diego Antonio Rejón de Silva (1754-1796). Tuttavia la prima versione spagnola (eseguita sulla base di un’edizione non autorizzata in francese a cura di Gottfried Sellius, pubblicata ad Amsterdam nel 1766) fu probabilmente solo parziale e di essa rimane traccia solamente in citazioni dell’epoca, al punto che non ci è giunto il testo né ne conosciamo la data precisa (tra 1766 e 1780); quanto alla seconda traduzione (che fu completata nel 1784, sulla base della seconda traduzione francese pubblicata proprio quell’anno a Ginevra) essa è rimasta purtroppo manoscritta fino al 2014. La prima traduzione moderna in spagnolo della Storia dell’arte presso gli antichi tardò molto rispetto ad altre aree linguistiche e comparve solamente nel 1955, a opera di Manuel Tamayo Benito, traduttore in spagnolo anche di Goethe e Schiller. Anche delle altre opere di Winckelmann esistono solamente versioni recenti in spagnolo.

Discorrere sull’eredità di Winckelmann in Spagna (e, più in generale, nel mondo di lingua spagnola, ad esempio in Messico) non è, in ogni caso, irrilevante per comprendere il corso della letteratura artistica europea. Questo blog ha infatti ospitato una serie di recensioni e articoli sia sugli autori d’arte spagnoli fra 1600 e 1800 (si pensi alla recente recensione sulle opere di Juan Augustín Ceán Bermúdez (1749-1829) sia sull’impatto di Johann Joachim Winckelmann sul gusto e la teoria dell’arte nel XVIII secolo. Gli atti del convegno di Madrid del 2011 (pubblicati in edizione bilingue spagnolo-tedesca) permettono di incrociare questi due filoni, scoprendo nuove prospettive e, soprattutto, l’esistenza di interpretazioni divergenti.

Fig. 2) La prima traduzione spagnola moderna (1955) della Storia dell’Arte nell’Antichità di Joan Joachim Winckelmann, a cura di Manuel Tamayo Benito, e pubblicata a Madrid da Aquilar. L’opera, che contiene anche le Osservazioni sull’architettura degli antichi, sempre di Winckelmann, è stata ristampata in seguito (1989, 1999 e 2002) a Madrid da Aguilar e a Barcelona da Orbis.

Quello del recepimento del pensiero di Winckelmann in Spagna è un tema complesso e controverso. Con il successo dei suoi scritti in tutta Europa, Johann Joachim consolida il successo di un’accesa reazione estetica anti-barocca, ispirata al concetto di ‘buon gusto’ e al recupero dell’antico. Essa segna, per molti aspetti, una svalutazione di gran parte della tradizione artistica spagnola del Secolo d’oro. L’insegnamento di Winckelmann – influendo sia sul pensiero estetico del già  citato Ceán Bermúdez sia sulle preferenze del politico più illuminato di quel tempo, ovvero Gaspar Melchor de Jovellanos (1744-1811) – contribuisce a consolidare una tendenza all’insediamento del gusto neoclassico anche nella penisola iberica (e, attraverso Madrid, anche in America Latina).

Fig. 3) A sinistra: Anton Raphael Mengs, Ritratto di Carlo III di Borbone, 1765 circa. Fonte: Wikimedia Commons. A destra: Louis Silvestre, Ritratto di Maria Amalia di Sassonia, 1738. Fonte: Wikimedia Commons.

Va detto che la contaminazione culturale neoclassica in Spagna si spiega non tanto con la circolazione degli scritti di artisti e intendenti, ma soprattutto con vicende geopolitiche: proprio negli anni in cui il neoclassicismo fa la sua comparsa come nuova visione dell’antico, Carlo di Borbone (1716-1788), re di Napoli e di Sicilia, e la sua sposa Maria Amalia di Sassonia (1724-1760), si insediano a Madrid (1759), dove il primo assume il trono come Carlo III, regnando sulla Spagna fino al 1788. Carlo III (il “re archeologo”) è il monarca che – nella penisola italiana – ha avviato gli scavi di Ercolano e Pompei e portato a Napoli la collezione Farnese. Anche in Spagna promuove collezioni di statuaria antica, in linea con l’acquisizione a Madrid della raccolta di cinquecento marmi di Cristina di Svezia da parte del padre Filippo V nel 1724. La moglie di Carlo III, Maria Amalia di Sassonia, è donna coltissima. Proviene da Dresda, dove si consolida in quei decenni una politica di importazione delle collezioni d’arte italiane (e dello stile classico italiano, come alternativo al rococò francese) come forma di legittimazione estetica della nuova potenza della casa di Sassonia (che si estende anche a Polonia e Lituania). Arrivata a Napoli, Maria Amalia promuove in pochi anni opere architettoniche favolose (il Teatro San Carlo, la Reggia di Capodimonte, la Reggia di Caserta). Carlo e Maria Amalia (che morirà subito dopo l’arrivo in Spagna) attirano a Madrid, come pittore di corte, Anton Raphael Mengs (1728–1779), che esprime la stessa cultura neoclassica di Winckelmann e si rivela certo uomo di enorme influenza anche a Madrid (nonostante le periodiche difficoltà cui è esposto come artista straniero). Mengs, Winckelmann e Maria Amalia sono tutti espressione della cultura filoclassica che arriva in Italia dalla Sassonia.

Fig. 4) A sinistra: Anton Raphael Mengs, Ritratto di José Nicolás de Azara, 1774. Fonte: Wikimedia Commons. A destra: Francisco Goya, Ritratto di Gaspar Melchor de Jovellanos, 1782-1785. Fonte: Wikimedia Commons.

Esistono dunque canali sia diretti sia indiretti attraverso i quali l’eredità di Winckelmann si diffonde in Spagna: in alcuni casi il successo italiano e francese del suo pensiero si riverbera nella penisola iberica, in altri il neoclassicismo di origine napoletana si diffonde indipendentemente dall’influsso dello studioso tedesco (o addirittura nonostante la sua antipatia per la cultura spagnola). Aprendo i lavori, Martin Almagro-Gorbea, a nome di uno degli enti promotori (l’ “Accademia Reale di Storia”) ha usato toni enfatici: “Inoltre, la storiografia tradizionale sembra aver appena compreso la continuità delle interessanti relazioni tra Carlo VII di Napoli, il futuro Carlo III di Spagna, e la cerchia di J.J. Winckelmann. Il rapporto di Carlo III con la Corte di Sassonia è evidente. È da lì che arrivò Antón Rafael Mengs, introdotto da Amalia di Sassonia, ovvero colui che divenne il pittore di corte e il promotore del neoclassicismo nella corte spagnola e, attraverso di essa, nella società. Pertanto, attraverso Mengs, in effetti, le idee di J.J. Winckelmann fecero ingresso trionfale in Spagna e, da lì, in America Latina” [1]. Sempre Almagro-Gorbea ci invita a superare una posizione storiografica tradizionale alquanto ‘manichea’, che vedrebbe una partizione artificiale tra Europa centro-europea e protestante d’ispirazione germanica, ed Europa latino-cattolica sulla riva settentrionale del Mediterraneo. I rapporti tra Carlo III e Winckelmann, tra il diplomatico spagnolo a Roma José Nicolás de Azara (1730-1804), Mengs e Winckelmann testimonierebbero invece un rapporto fecondo di contaminazione culturale.

L’enfasi dei toni nella pagina introduttiva degli atti del convegno, tuttavia, serve a celare (come vedremo) l’esistenza di opinioni divergenti al proposito. La lettura del volume ci fa riflettere su come narrative parallele possano rendere difficile leggere fenomeni storici che, di per loro, sono ricchi di ambiguità. 


Fig. 5) Il colloquio di Madrid del giugno 2017


Vorrei infine segnalare che sugli stessi temi trattati a Madrid nel 2011 si è tenuto un (invero assai breve) colloquio nella stessa città nel giugno 2017, in occasione dell’anniversario dei trecento anni della nascita di Winckelmann, organizzato dall’Istituto archeologico tedesco. Difficile dire se dietro quest’occasione d’incontro vi sia anche una nuova stagione di ricerca sul tema, o siano stati semplicemente ribaditi gli stessi punti del convegno precedente.

Vorrei ora presentare il sommario degli articoli e commentare brevemente alcuni di essi.


Sommario degli articoli negli atti del convegno
  • Jorge Maier Allende - Il recepimento di Winckelmann in Spagna;
  • Alejandro Martínez - La fortuna dell’opera di Winckelmann in Spagna: la traduzione della Storia dell’Arte dell’Antichità di Diego Antonio Rejón de Silva;
  • Eric M. Moormann - Sul recepimento dei reperti dagli scavi borbonici in Ercolano e Pompei nella Storia dell’Arte dell’Antichità di Winckelmann;
  • Rosaria Ciardiello - Winckelmann e il recepimento delle scoperte di Ercolano e Pompei nell’arte europea;
  • Jorge García Sánchez – Gli spagnoli e le antichità nella Roma di Winckelmann; 
  • Miguel Ángel Elvira Barba – Winckelmann, Mengs e le collezioni di sculture di Azara;
  • Almudena Negrete Plano – Gli apostoli del buon gusto a Madrid: la collezione di calchi in gesso di Mengs nell’ Accademia Reale di Belle Arti di San Fernando;
  • Sebastian Neumeister – Con gli occhi di Winckelmanns nel Palazzo Reale di Madrid. Una lettera di Anton Raphael Mengs;
  • Ralf-Torsten Speler – I rapporti artistici tra il reame borbonico di Napoli e il principato illuminato di Anhalt-Dessau nel XVIII secolo;
  • Axel Rügler – Il Gruppo d’Ildefonso nei Monumenti antichi inediti di Winckelmann;
  • Brigitte Schmitz – Ritratto/Modello – il Gruppo d’Ildefonso nell’arte tedesca;
  • Salvador Mas – Winckelmann e il recepimento dell’eredità classica nella Spagna dei secoli XVI–XVIII, con un’appendice su Winckelmann e Jovellanos;
  • Volker Riedel – Huarte, Montiano e Coello. Influenze spagnole sul lavoro di Gotthold Ephraim Lessing;
  • Markus Bernauer - ”Ma manca loro il naturale e l’imitazione degli antichi..”. Il primo classicismo tedesco e l’arte in Spagna;
  • Eva Hofstetter – I due ”Raffaelli“ – Raphael Mengs e gli altri artisti nella letteratura per ragazzi in Germania tra il XIX ed il XXI secolo;
  • Maria Fancelli – Quale sono le ragioni di una nuova edizione (italiana) delle lettere di Winckelmann?;
  • Adolf H. Borbein – L’edizione storico-critica di Winckelmann;
    Max Kunze – Studi Winckelmanniani: nuovi progetti della Società Winckelmann.
  • Max Kunze – Studi Winckelmanniani: nuovi progetti della Società Winckelmann.

Jorge Maier Allende - Il recepimento di Winckelmann in Spagna

L’archeologo Maier Allende (1961-) è uno dei promotori del convegno madrileno. È autore di un’enorme quantità di studi e iniziative sulla storia dell’archeologia in Spagna, ma anche sulla letteratura artistica spagnola del Settecento, come momento di recepimento dell’antico. Maier Allende ha, ad esempio, pubblicato le sezioni sulle antichità negli archivi della Real Academia de la Historia nel 2008 ed i Viaje de las antigüedades de España di Luis José Velázquez de Velasco, nel 2015. 

All’origine del convegno Maier Allende pone un interrogativo fondamentale, che va al di là della figura di Winckelmann: il neoclassicismo (come fenomeno di riscoperta dell’antico) si impone in Spagna come movimento dal basso, e dunque come manifestazione di un nuovo sentire dell’opinione pubblica, oppure come processo governato dall’alto, espressione della volontà di rinnovamento di una élite illuminata all’interno della corte? [2].

Fig. 6) Francesco Sabatini, Puerta de Alcalá, 1769-1778. Fonte: Wikimedia Commons

In realtà, Maier Allende propende per la seconda tesi. La cultura spagnola è ancora profondamente immersa nel barocco, quando riceve una ‘scossa’ neoclassica che ha origine dall’esterno del paese. Si tratta dunque di una cultura che, per molti versi, si potrebbe definire octroyée, per usare un’espressione francese, ovvero elaborata a tavolino e imposta dall’alto.  All’origine di quest’impulso vi è innanzi tutto la decisione di Filippo V (il primo dei regnanti della casa di Borbone) di rinnovare la cultura di corte, in occasione del suo (secondo) matrimonio con Elisabetta Farnese nel 1724 (in corrispondenza del quale viene acquisita la già menzionata collezione di Cristina di Svezia). Il medesimo indirizzo è confermato, e anzi rafforzato, dal loro primogenito Carlo III, che (come Duca di Parma prima e Re di Napoli e Sicilia poi) assorbe la cultura neoclassica in Italia prima ancora di insediarsi come monarca a Madrid.

Fig. 7) José del Castillo, Il prato di San Isidro, 1785

Maier Allende si chiede dunque quale sia il ruolo di Winckelmann in questo processo di ‘neo-classicizzazione” del mondo spagnolo. Risponde collocando l’influenza dello studioso tedesco in un quadro più vasto di rinnovamento estetico. Successo dell’archeologia, rivoluzione estetica e riflessione filosofica – scrive l’autore – sono tre aspetti dello stesso movimento, che ha come proprio riferimento il concetto di “Buen Gusto” (che ha in Spagna una vera e propria valenza politica di rinascita nazionale, dopo gli anni di crisi a cavallo tra Seicento e Settecento). In realtà, Maier Allende spiega che la nozione di ‘buon gusto’ risale agli anni del barocco spagnolo, dato che la elabora per primo Baltasar Gracián (1601-1658), esportandola poi in Francia, Italia e Germania (ad esempio, in Italia sarà fatta propria da Ludovico Antonio Muratori). Il progetto di rinascita di un’arte ispirata all’antico (e al rinascimento) ha due momenti fondamentali nel 1738 e nel 1752, quando Filippo V istituisce la Real Academia de la Historia e la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. Il concetto di ‘buon gusto’, continua Maier Allende, reimportato in Spagna dall’Italia grazie al successo spagnolo del Muratori, ha, immediatamente, un significato antibarocco. Questo orientamento si accentua ed evolve nella seconda metà del secolo: se in un primo momento l’ideale del ‘buon gusto’ si identifica con le preferenze estetiche del classicismo romano tardo barocco, nella seconda fase il punto di orientamento diviene il mondo ellenico (rivelando in tal modo l’influenza winckelmaniana) [3]. 

Fig. 8) Juan de Villanueva, Osservatorio astronomico di Madrid, 1790. Fonte: Wikimedia Commons

Il principio del ‘buon gusto’ assume presto una doppia valenza, didattica e dottrinale, ed è nel suo nome che tutto quel che è secentesco cade sempre più in disgrazia. In termini didattici, il ‘buon gusto’ impone anche in Spagna il rinnovamento dello studio dell’antichità secondo principi scientifici di “qualità, esattezza e precisione” [4]: parte dell’apprendimento moderno dello studio dell’arte (antica e moderna) consiste ormai da un lato nel viaggiare in Italia per poter osservare le opere di prima mano, dall’altro nel pubblicare manoscritti rinascimentali per riscoprire le preferenze estetiche del Cinquecento. In termini dottrinali, con la pubblicazione dei Pensieri sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura di Winckelmann nel 1755 e l’arrivo di Mengs a Madrid (1761) il ‘buon gusto’ diviene criterio d’interpretazione (“formale, tecnico ed estetico” [5]) dell’opera d’arte.

Winckelmann – scrive Maier Allende – non è affatto uno sconosciuto in Spagna e deve aver avuto rapporti con alcuni dei maggiori artisti e scrittori d’arte dell’epoca. Per la verità, lo stesso studioso aggiunge che le evidenze certe di contatti diretti sono assai scarse. Certamente Johann Joachim ha conosciuto il pittore Antonio Ponz (1725-1792), autore nei decenni successivi di un fortunato Viaggio attraverso la Spagna che tuttavia, se propaga l’idea del ‘buon gusto’, non contiene alcun riferimento a Johann Joachim. La storiografia si è invece molto concentrata sui rapporti tra Winckemann e il già citato intellettuale, politico e collezionista José Nicolás de Azara (anche se Maier Allende scrive che la loro conoscenza a Roma è molto probabilmente stata assai più superficiale di quel che si pensi e non ha comunque mai incluso corrispondenza scritta). Quel che è certo è che José Nicolás sarà fondamentale per il successo del neoclassicismo in Spagna (ma anche altrove): tra le altre cose, curerà e finanzierà l’edizione di tutti gli scritti di Mengs in italiano e in spagnolo (in entrambi i casi nel 1780), francese (1786) e inglese (1796), e a lui sarà dedicata la pubblicazione della seconda traduzione italiana di Carlo Fea della Storia delle arti del disegno presso gli antichi di Winckelmann.

Maier Allende inserisce poi (in una lista di possibili controparti spagnole di Winckelmann) una serie di spagnoli che si sono trovati a Roma in quegli anni e che hanno probabilmente incrociato lo studioso tedesco, anche se non esistono prove storiche del loro incontro. Si tratta degli architetti Juan de Villanueva (1739-1811) e Domingo Lois Monteagudo (1723-1786) e dei pittori Francisco Preciado de la Vega (1712–1789) e José del Castillo (1737-1793). Soprattutto quest’ultimo – scrive Maier Allende – deve aver incontrato Johann Joachim come membro dell’Accademia di San Luca. Si tratta dei maggiori esponenti del neoclassicismo spagnolo negli anni che seguono direttamente la scomparsa di Johann Joachim nel 1768.

Fig. 9) A sinistra: Antonio Ponz, Il Viaggio attraverso la Spagna, 1785. Fonte: Wikimedia Commons. A destra: Preciado de la Vega, Francisco, Arcadia pictórica en sueño: Alegoría ó poema prosaico sobre la teoría y práctica de la pintura, 1789

Il veicolo principale di trasmissione in Spagna del pensiero di Winckelmann è tuttavia Mengs, durante la permanenza del pittore in Spagna nel 1761-1769 e nel 1774-1777. Mengs è particolarmente vicino a Pedro Rodríguez Campomanes (1723-1802), intellettuale illuminista e politico (fu ministro delle finanze del regno) nonché direttore dell’Accademia di Storia. Vi sono tuttavia anche indizi di un influsso diretto delle idee di Winckelmann, grazie alla circolazione delle versioni italiane e francesi delle sue opere (in particolare La Storia dell’arte nell’antichità) nelle biblioteche spagnole. A partire dal 1770-1780- continua l’autore - , l’influsso delle sue idee diviene visibile nella cultura spagnola grazie a Gaspar Melchor de Jovellanos e al suo circolo.  

Fig. 10) Juan de Villanueva, Progetto per il Gabinetto di Storia naturale di Madrid (oggi Museo del Prado), 1785. Fonte: Wikimedia Commons

Jovellanos, politico e intellettuale illuminista, si avvicina alle belle arti già negli anni degli studi a Sevilla (1768-1778). In gioventù cita nel suo Elogio delle Belle Arti (1780) la traduzione di Antonio Capmany della Storia dell’arte degli antichi di Johann Joachim. L’Elogio è un discorso sulla necessità di dare una lettura nuova della storia dell’arte spagnola, sulla base dell’insegnamento di Winckelmann e di Mengs. Otto anni dopo, nel 1788, nel suo Elogio di Ventura Rodríguez, Jovellanos estende gli stessi concetti all’architettura, tessendo le lodi del neoclassico Ventura Rodríguez Tizón (1717–1785). Maier Allende scrive che si tratta di uno dei primi tentativi di estendere i concetti di stile di Winckelmann anche al medioevo.   

Secondo Maier Allende, l’insegnamento di Winckelmann si trasferisce da Jovellanos a Céan Bermúdez, “uno dei suoi allievi e migliori collaboratori” [6].  Jovellanos lo incita ad utilizzare l’insegnamento di Winckelmann nelle sue opere. Sono i Dialoghi del 1822 (e in il Diálogo sobre el origen, formas y progresos de la Escultura en las naciones anteriores a los griegos in particolare)  a riflettere la conoscenza del pensiero dello studioso tedesco da parte di Bermúdez. Le idee di Johann Joachim lasciano tracce anche in scritti di altri studiosi ed eruditi: le Noticias de los arquitectos y arquitectura de España desde su restauracion di Eugenio Llaguno (1724-1799), pubblicate postume nel 1829; i Comentarios de la Pintura, que escribió Don Felipe de Guevara del 1788; le Observaciones sobre las Bellas Artes entro los antiguos hasta la conquista de Grecia por los Romanos di Isidoro Bosarte (1790-1791). 

Fig. 11) Ventura Rodríguez, Progetto della facciata della Cattedrale di Pamplona, 1782. Santos Ángel de Ochandátegui, Facciata della Cattedrale di Pamplona, su disegno di Ventura Rodríguez, 1782-1804


Salvador Mas – Winckelmann e il recepimento dell’eredità classica nella Spagna dei secoli XVI–XVIII, con un’appendice su Winckelmann e Jovellanos

Rispetto al saggio appena citato di Jorge Maier Allende, quella di Salvador Mas Torres (1959-) è una vera e propria controrelazione. Molti elementi li differenziano. Se Maier Allende è uno storico dell’archeologia (e considera l’influenza di Winckelmann soprattutto dal punto di vista del rinnovamento dello studio dell’antichità), Mas è un filosofo e storico dell’estetica (e si pone dunque il tema dell’influenza di Winckelmann sul pensiero spagnolo). Il primo studioso considera l’impatto empirico di Winckelmann tra gli archeologi e gli storici dell’arte, il secondo considera invece la sua eredità “da una prospettiva teorica” [7]. Se per Maier Allende quel che è fondamentale è capire se e come la Storia dell’arte presso gli antichi abbia modificato il modo di pensare degli studiosi d’arte spagnoli, per Mas il tema più importante è invece quello di comprendere se i Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst del 1755 (ovvero i “Pensieri sull'imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura”) abbiano avuto un impatto sul modo di pensare non solamente l’arte, ma anche il rapporto tra presente e mondo antico, in Spagna. Va subito detto che lo stesso Mas ha pubblicato, in versione spagnola, le Reflexiones sobre la imitación de las obras griegas en la pintura y la escultura nel 2008  (la seconda versione spagnola dopo quella comparsa nel 1998 a opera di Vicente Jarque e Ludwig Uhlig).

Fig. 12) A sinistra la traduzione spagnola dei Pensieri sull’imitazione del 2008 a cura di Salvador Mas. A destra la traduzione italiana a cura di Michele Cometa, pubblicata nel 1992 (qui in un’edizione del 1992)

Mas inizia il suo articolo affermando di essere giunto a conclusioni opposte rispetto a quelle di Maier Allende: se quest’ultimo ritiene l’eredità di Winckelmann “cruciale” (nei termini spagnoli e tedeschi: decisiva-entscheidend) per comprendere il successo del neoclassicismo in Spagna, il primo pensa invece che la sua influenza sia stata “limitata” (poca-gering), e che vi sia stato, piuttosto, un disinteresse reciproco. “Winckelmann non ha una grande opinione né della ricca tradizione intellettuale della Spagna né di quella artistica del paese” [8]. Al di là del mondo antico, il suo interesse per l’arte è concentrato sull’Italia (e, in modo minore, su Francia ed Olanda). Con l’eccezione di alcuni riferimenti alle collezioni di Carlo III, i rimandi alla Spagna nei suoi scritti sono limitatissimi e spesso critici. Quanto all’interesse della Spagna per Winckelmann, Mas contesta che si possa parlare di una sua frequentazione con personalità spagnole a Roma, non considera i riferimenti alla circolazione dei suoi libri in biblioteche spagnole come indicazione di una vera e propria ricezione e vede nel fatto che ben due traduzioni manoscritte della Storia dell’Arte nell’antichità siano rimaste inedite l’indicazione di un sostanziale indifferenza degli ambienti culturali locali [9]. Quanto alla fortuna in Spagna del neoclassicismo, egli sottolinea come tutti i grandi scultori neoclassici spagnoli della generazione successiva (José Álvarez Cubero (1768–1827), Damián Campeny (1771-1855) e Antonio Solá) abbiano vissuto gran parte della loro vita tra Francia ed Italia, rimanendo estranei al mondo spagnolo.

Fig. 13) A sinistra: José Álvarez Cubero, Maria Isabella di Braganza, 1826. Fonte: Wikimedia Commons. Al centro: Damián Campeny, Clemenza o Pace, 1827. Fonte: Wikimedia Commons. A destra: Antonio Solá, La strage degli innocenti, 1834


Come spiegare questa vicendevole assenza d’empatia? Secondo Mas è fondamentale comprendere che il pensiero di Winckelmann ha un’importante valenza politica, che egli stesso considera fondamentale per una comprensione totale delle sue teorie e che diviene immediatamente evidente in Francia e in Germania (ovvero i paesi in Europa dove l’influsso del pensiero di Johann Joachim è fondamentale). Johann Joachim è un sostenitore delle libertà repubblicane e concepisce la sua aggressione al barocco (e il ritorno all’antico) come un movimento di liberazione dall’Ancien Régime.  La tensione tra nobile semplicità e quieta grandezza (sono i due termini fondamentali del suo pensiero estetico) si traduce, in politica, nella corrispondente tensione tra libertà politica e senso individuale di libertà nelle scelte della vita. Nella Roma del Cardinal Albani e dei papi Clemente XII e Benedetto XIV (ovvero in un ambiente non certo caratterizzato da libertà politica in senso repubblicano), Winckelmann respira tuttavia un’aria di grandissima libertà, che è la conseguenza di una pratica di grande tolleranza, unita ad un’altissima cultura. La Spagna, sostiene il nostro autore, è invece un paese ancora dominato dall’assolutismo e da una chiesa retrograda e ignorante [10]. Non si tratta, secondo Mas, di semplice bigottismo: l’autore spende molte pagine per chiarire che l’intero sviluppo della filosofia spagnola nei secoli precedenti – fortemente caratterizzato dall’influenza dello stoicismo di Seneca – non consente alla cultura iberica di quegli anni aperture libertarie, perché essa fa dipendere la salvezza individuale esclusivamente dall’aldilà. Non vi è motivo di attribuire libertà alcuna ai cittadini, se non li si vuole condannare semplicemente all’inevitabile dannazione eterna.

Fig. 14) Francisco Cabezas, Antonio Pló e Francesco Sabatini, Facciata della Basilica Reale di San Francesco il Grande, 1761-1784

Se dunque Winckelmann, quando si avvicina al mondo antico, riconosce in esso la capacità di assegnare agli individui margini di libertà (persino quando il potere è esercitato in modo dittatoriale), nessuno degli artisti e studiosi che si ispirano alle sue concezioni stilistiche in Spagna ha mai espresso convinzioni o sentimenti simili. Per Johann Joachim è fondamentale guardare all’antico come a un mondo diverso da quello attuale (e vorrei aggiungere, forse è questa la ragione intellettuale per la quale egli sostanzialmente ignora l’arte dei suoi tempi); del mondo antico egli accetta anche gli aspetti certamente più sconvenienti - come la schiavitù e gli episodi gratuiti di violenza – perché per lui la finalità dell’imitazione dell’antico è sempre e solo la liberazione dell’individuo dalle costrizioni del presente. Al contrario, gli studiosi spagnoli che leggono Winckelmann cercano soprattutto similitudini tra mondo antico e Cristianesimo, come forma di legittimazione del mondo presente; la loro ideologia è quella di una legittimazione del potere della chiesa, basata sulla punizione, come trasfigurazione moderna dell’esercizio violento del potere nel passato [11]. 

Fig. 15) L’Elogio delle Belle Arti di Gaspar Melchor de Jovellanos, in un’edizione del 2014 a cura di Javier Portús Pérez (edizioni Casimiro Libros)

L’unica eccezione potrebbe essere – almeno a sentire Maier Allende – quel Gaspar Melchor de Jovellanos, intellettuale e politico illuminista, che nell’Elogio delle belle arti del 1782 offre una storia sintetica dell’arte spagnola per stili (e non per biografie), dunque seguendo il modello winckelmanniano [12]. Ma anche qui Mas ha opinioni del tutto divergenti: anche se fosse provato che egli lesse la (non provata) traduzione spagnola di Winckelmann da parte di Antonio Capmany, non la capì; del resto Jovellanos non era uno storico dell’arte, ma un politico che si occupò di quasi tutto il campo del sapere [13].  Secondo Mas fu in realtà Céan Bermúdez a ispirarne l’interesse per l’arte; per un’interpretazione del tutto diversa si veda in questo post la recensione al volume su Céan Bermúdez curato da Elena Maria Santiago Páez. E certamente – Mas aggiunge – Jovellanos fece riferimenti assai poco convinti alle tesi di Johann Joachim, che probabilmente conosceva indirettamente solo grazie all’interazione con Mengs, Azara e Ponz [14].

Fig. 16) Anton Raphael Mengs, Noli me tangere, 1769. Fonte: Wikimedia Commons


Anche l’Elogio non è affatto un testo in grado di presentare una periodizzazione della storia dell’arte spagnola, ma semplicemente un discorso di natura esclusivamente retorica che include la presentazione di alcune sporadiche intuizioni sulla storia dell’arte: il disfacimento dell’arte gotica, la rinascita della pittura andalusa nel 1500, la rovina dell’arte dopo Velázquez (che Jovellanos considera il culmine della parabola artistica spagnola) e l’ammirazione per Mengs come riscopritore delle arti. Concetti come quello della ciclicità dell’arte (attraverso un meccanismo di nascita-sviluppo-declino di chiara origine fisiologica) e del ‘buon gusto’ appartengono ai luoghi comuni dell’epoca e non hanno necessariamente origine nella lettura del Winckelmann. Il ‘buon gusto’ è concetto già presente nella retorica latina, e molti dei concetti utilizzati sono già presenti nel Bellori

Fig. 17) Francisco Gutiérrez, Roberto Michel, Miguel Ximénez e Ventura Rodríguez, La fontana di Cibele, 1777-1782

Anche l‘Elogio di Ventura Rodríguez del 1788 non può in realtà essere considerato, come fa invece Maier-Allende, un testo programmatico che inaugura la storia dell’architettura spagnola. Quello dell’architetto era in realtà un ‘classicismo ancora rococò’ [15] che sarà presto liquidato da Carlo III facendo ricorso all’italiano Francesco Sabatini. Qui la maggioranza delle considerazioni critiche si trova nelle note a piè di pagina. Vi sono sì spunti interessanti (ad esempio sull’origine del gotico), ma all’architettura rinascimentale è dedicata solo una pagina e verso quella barocca vi è solamente piena incomprensione (e, anzi, vera e propria acrimonia) [16].  Dunque, conclude Mas, si tratta di un testo polemico e non di un tentativo scientifico di ricostruire per stili la storia dell’architettura spagnola.


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NOTE

[1] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España /Das Vermächtnis von Johann Joachim Winckelmann in Spanien [L’eredità di Johann Joachim Winckelmann in Spagna], Atti del convegno internazionale di Madrid (20-21 ottobre 2011), A cura di Max Kunze e Jorge Maier Allende. Magonza e Ruhpolding, Verlag Franz Philipp Rutzen, 2013, 314 pagine. Citazione a pagina 13.

[2] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 37.

[3] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 37.

[4] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 39.

[5] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 40.

[6] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 44.

[7] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 237.

[8] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 238.

[9] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 237.

[10] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 238.

[11] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 240.

[12] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 242.

[13] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 243.

[14] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 251.

[15] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 244.

[16] El Legado de Johann Joachim Winckelmann en España (quoted), p. 245.


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