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mercoledì 28 febbraio 2018

Hans Grundig. [Lettere d'artista]. Parte Terza


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Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 16

Hans Grundig
[Lettere d’artista: 1926-1957]
Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957


Con una prefazione e a cura di Bernhard Wächter

Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966

Recensione di Francesco Mazzaferro. Parte Terza

Fig. 6) La prima edizione di Volti e storia, le memorie di Lea Grundig, pubblicate nel 1958 a Berlino Est da Dietz Verlag. Sulla copertina, l’immagine duplicata del cavallo imbizzarrito pubblicato nella copertina delle memorie di Hans Grundig nel 1957.

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L’attività all’Accademia di Dresda e la partecipazione al dibattito estetico

La rinnovata attività dell’Accademia di Dresda assorbe Grundig totalmente, e limita il tempo da dedicare in prima persona alla pittura, nonostante vi abbia a disposizione uno studio (“Ho il mio studio nella mia accademia, ma abito dalla mia buona madre” [82]. Il palazzo dell’Accademia di Belle Arti, situato sulla riva nobile dell’Elba, è uno dei pochissimi edifici storici di Dresda a essere miracolosamente uscito quasi intatto dall’inferno del bombardamento e del successivo incendio della città, ma è necessario riparare tutto. Grundig vi si dedica con impegno totale sin dal marzo 1946, quando scrive alla moglie: “Sto ricostruendo l’Accademia, e non manca molto alla riapertura ufficiale [83]. Lea, sarò io ad avere la direzione dell’Accademia di Dresda e ne sono lietissimo. Oltre al nostro lavoro d’artisti l’educazione artistica delle nuove generazioni, dei giovani, è la cosa più importante. È da qui che ha origine il nuovo percorso. E per questo tu saresti così importante. Vieni presto! Chiederò all’amministrazione della regione di aiutarti a ottenere l’espatrio dalla Palestina” [84]. Hans racconta alla moglie di aver reclutato i nuovi insegnanti per l’Accademia, e di poter contare su Wilhelm Lachnit (1899-1962), Reinhold Langner (1905-1957), Hans Theo Richter (1902-1969) e Wilhelm Rudolph (1889-1982) [85]. A Lea dice di averle riservato il posto di professoressa di grafica [86].

La missione dell’artista non si esaurisce tuttavia nell’organizzare l’insegnamento per le generazioni future, ma comporta anche l’impegno a tener vivo il dibattito tra gli artisti contemporanei: “Si discutono questioni d’arte, sotto l’impulso delle nostre mostre. Che si tratti di espressionismo, naturalismo o rappresentazione realista. Tutto ribolle. La partecipazione è generale, e soprattutto i nostri giovani hanno interesse a trasformare quel che è incomprensibile in verità oggettiva. Vivo in una cerchia di persone che prendono posizione con vivacità estrema su ogni questione che oggi si dimostri necessaria” [87]. Grundig sembra cogliere aspetti positivi in tutte le correnti, a condizione che esse sappiano essere espressione estetica di una volontà politica: “E adesso sono qui davanti ad una varietà di energie artistiche, a una varietà di verità parziali e cerco la sintesi necessaria. Perché – sia che l’arte sia astratta o realista o derivi dall’impressione o da un’immagine interna visionaria – una cosa è necessaria: trovare l’espressione forte e convincente del nostro volere a proposito dei nostri rapporti sociali” [88]. A volte Hans parla di sé e dei suoi compagni di viaggio utilizzando toni di esaltazione assoluta: “Siamo come serpenti, il simbolo della conoscenza, della saggezza. Noi cambiamo pelle, siamo il rinnovamento sempre attivo della nostra vita, siamo i predicatori eterni nel deserto dell’abitudine, della condizione che violiamo, che vogliamo superare, per poter infine portare un po’ di luce” [89].

Tuttavia Hans non è certo neutrale, né ci si potrebbe aspettare che lo fosse, pensando alla sua biografia; a suo modo di vedere, ogni dibattito estetico con gli esponenti di altre tendenze deve essere diretto soprattutto a validare le ragioni del realismo e a farle prevalere su ogni tentativo di una visione astratta del mondo: “Oggi si discute molto su arte astratta, su Klee, Kandinsky. Kokoschka viene fatto a pezzi, lui che aveva fatto a pezzi il mondo, quasi senza accorgersene. (…) Il nostro nemico comune è il frammentare il mondo in pezzi che siano come decalcomanie della realtà, lo spogliare quel mondo dei suoi contesti profondi. Noi non vogliamo essere un narcotico per emarginati dalla vita, ma non vogliamo neppure coprire abissi con cotone e veli di seta, disegnare angeli custodi che siano il risultato di consapevoli bugie sociali di determinati circoli. Noi siamo e vogliamo essere realisti nella verità, portabandiera di quella verità che possiamo riconoscere. Non nascondere nulla, ma mostrare tutto, compreso il bello della vita: ecco quello che agogniamo con l’anelito dei nostri cuori e per il quale combattiamo con tutti i nostri mezzi” [90].

Sto lavorando a una relazione sull’arte realistica. Ho un approccio analitico. Mi riferisco a tutte le manifestazioni del passato, a partire dal romanticismo per passare all’impressionismo fino all’arte astratta dei nostri giorni. Cerco di spiegare le diverse correnti a partire dagli sviluppi sociali, per identificare regole interne che le spieghino. In questa ricerca sono giunto a conclusioni particolari. Ad esempio: il romanticismo (Schwind, Spitzweg) ha moltissime cose in comune con l’arte astratta di un Klee, Feininger e altri. Entrambi gli sviluppi rappresentano una fuga dalla vita concreta e reale della società. In un caso, una fuga nei bei tempi antichi. Nell’altro, una fuga in un’individualità sovracompensata. Entrambi gli indirizzi non possono perciò svilupparsi ulteriormente, come mostra del resto l’esempio storico del romanticismo. Sulla traccia di Schwind non è sorto nulla di significativo. Al contrario è Courbet a dar inizio allo sviluppo di un nuovo vedere, basato sul mondo reale e sulla tecnica del XIX secolo” [91].

È interessante notare come la posizione critica di Hans e Lea giunga sino a disapprovare posizioni estetiche che, in Europa occidentale, sono tradizionalmente legate al comunismo, come il surrealismo. In una lettera a Lea del 10 novembre 1946 Hans scrive: “Cara Lea, mia bruna! … La tua posizione sull’arte astratta, sul surrealismo, è anche in assoluto la mia. Anche io vi vedo l’espressione artistica di un mondo e di una concezione generale che cadono a pezzi” [92]. Gli unici contemporanei nel mondo occidentale a incontrare il consenso di Hans sono Picasso e Diego Rivera. “Quest’ultimo è uno dei pochi simili alla Kollwitz. Sa rappresentare un mondo intero, che includa tutti gli elementi dell’arte, dall’elemento ottico fino all’astrazione di un Picasso, da cui ha anche imparato molto. Nel suo genere, anche Picasso è un uomo che ha saputo produrre un’arte differente, sia pur molto più discordante. I suoi esperimenti mostrano però che, se è un artista che cerca, l’esperimento per lui non è un fine, ma un mezzo. Cerca innanzi tutto l’uomo e così incontra anche la società. Lo dimostrano i quadri spagnoli. Al contrario di Rivera, che descrive prima di tutto l’elemento sociale e per il quale uomo e società rappresentano un’unità naturale, inseparabile. La maggioranza dei cosiddetti astratti si sono specializzati nel rendere assoluto uno dei suoi aspetti collaterali, ovvero nel propagare uno dei molti sperimenti di Picasso come fondamento di un modo di vedere mondo ed arte” [93].

Grundig e la pittura contemporanea nella Dresda del primo dopoguerra

Si è già detto che Hans è molto preoccupato dell’assenza di una generazione di pittori che possa continuare l’opera degli artisti precedenti al nazionalsocialismo. Lo ribadisce in modo nettissimo in una lettera del 7 ottobre 1946: “Mi vergogno degli artisti tedeschi d’oggigiorno, che lasciano testimonianza così misera della loro umanità. Sono arroganti e si compiacciono di loro stessi. È incredibile che una debole donna come te [Lea si era definita tale in una lettera precedente] debba insegnare loro quel che ogni artista che si dichiari tale è tenuto a testimoniare. Mia anima così amata, tu dovresti farli arrossire di vergogna se, con tutti i loro limiti, fossero mai in grado di capire quanto siano esteti e formalisti insignificanti” [94]. E poi continua: in una città ridotta completamente in macerie, le persone chiedono “leggerezza e armonia: purtroppo, in questo momento, io non posso concedere loro nessuno dei due, per ragioni ben comprensibili: la mia vita è stata una lotta contro ogni barbarie del fascismo. In quei tempi loro dipingevano mazzi di fiori e paesaggi ben ordinati. E tuttavia nessuno li critica per quell’atteggiamento di allora e li si apprezza più di me. Essere solo è il mio destino” [95].

Fig. 7) La versione sovietica delle Memorie, pubblicata nel 1964

Verso chi sono indirizzati gli strali di Grundig? Personalmente non credo che l’artista stia facendo riferimento ad artisti come George Grosz che, effettivamente, hanno cambiato completamente stile rispetto agli anni Trenta, recuperando un modo di dipingere classicheggiante (oltre ad essere divenuti anticomunisti, dopo aver militato per la rivoluzione sovietica negli anni Venti). È anche improbabile che pensi alle nuove tendenze pittoriche di Otto Dix, che si dedica ormai all'arte religiosa e al paesaggio, dal momento che sappiamo che lo vorrebbe avere con sé come insegnante all’Accademia. Più probabile, dunque, che stia esprimendo giudizi su altri artisti presenti a Dresda in quegli anni. Il recente convegno “Continuità e nuovo inizio: Hans Grundig dopo il 1945 a Dresda” [96], tenutosi nel 2016, ha analizzato la posizione del pittore nei confronti dei nuovi movimenti e gruppi di quegli anni, come ad esempio nei confronti del collettivo “Das Ufer - Gruppe 1947 Dresdner Künstler” (La riva - Gruppo 1947 di artisti di Dresda), creato dai pittori Siegfried Donndorf (1900-1957) e Ewald Schönberg (1882-1949), attivo – con una quindicina di membri – fino al 1952. Si tratta di un movimento di artisti coetanei di Hans, alcuni dei quali hanno militato con lui già negli anni Venti, per poi rifugiarsi nell’esilio interno durante il nazismo. Il nuovo collettivo ha l’obiettivo di combinare una visione realistica della pittura con il vissuto personale, stemperando la critica sociale in particolare dipingendo paesaggi, rappresentazioni di avvenimenti e anche nature morte; intende creare un’arte semplice, comprensibile a tutti, con obiettivi sociali, non aggressiva e per molti versi didascalica. Anche se si tratta di artisti che condividono le sue stesse ragioni politiche, inevitabilmente Grundig ha troppo sofferto per immedesimarsi nel loro progetto di un’arte socialista sì, ma pacificata. Sta di fatto che Das Ufer cesserà di esistere nel 1952, quando il progetto di un’arte didattica di stile realistico sarà considerato non più necessario (e tutti i pittori saranno ricondotti in un’unica associazione, il Künstlerverband der DDR, ovvero la Lega degli artisti delle Repubblica democratica tedesca). 


Il dibattito sull’arte nella zona d’occupazione sovietica nel 1946

Fig. 8) Maike Steinkamp, L'eredità indesiderata, 2008

Le lettere testimoniano che, pur tra contraddizioni e ambiguità, il mondo artistico di Dresda nel 1946 è in fermento, e che vi sono possibilità di manifestare opinioni differenti. Hans Grundig è chiaramente schierato a favore dell’arte realista, ma il suo operare non preclude la presentazione delle opinioni altrui. Più che la ricerca di una definizione di una nuova ortodossia dogmatica comunista, sembra quasi che ci si trovi di fronte a un caso di ‘democrazia socialista’. Vale certamente la pena chiedersi se questa sia una rappresentazione fedele della realtà, oppure se l’edizione del 1966 delle Lettere d’artista 1926-1957 rappresenti una manipolazione storica. A questo proposito l’opera di riferimento è il saggio di Maike Steinkamp L’eredità indesiderata [97] del 2008. Secondo Steinkamp, in quegli anni l’arte dell’Unione Sovietica stalinista era già stata normalizzata alla teoria del realismo socialista. Nella zona d’occupazione sovietica in Germania, il dibattito estetico era invece molto vivace. “Per gli artisti più giovani, che erano alla ricerca di una nuova espressione artistica, l’arte moderna diffamata dai nazionalsocialisti per dodici anni come «degenerata» divenne il centro di discussioni dall’esito molto diverso. Bisognava ristabilire un legame con le tradizioni artistiche precedenti il 1933? E se sì, con quali? Le opinioni al riguardo erano molto divergenti. Alcuni artisti e critici erano favorevoli a un confronto molto intenso con le forme espressive dell’arte d’avanguardia precedenti la guerra. Altri temevano che un recupero di quegli elementi potesse significare una restaurazione delle forze reazionarie e si esprimevano a favore di un nuovo orientamento dell’arte. E ancora, alcuni vedevano nella precedente arte «degenerata» una direzione superata, anche se le riconoscevano un significato storico” [98].

Maike Steinkamp chiarisce che Grundig non fu il solo artista precedente all’arrivo del nazismo che assunse compiti di indirizzo dell’arte nella Germania comunista. A Berlino Est Karl Hofer, ad Halle Conrad Felixmüller, a Chemnitz Karl Schmidt-Rottluff radunarono intorno a loro gruppi di artisti di prima piano. Il già menzionato Kulturbund zur demokratischen Erneuerung Deutschlands ebbe proprio Hofer come vicepresidente. Parteciparono a questa fase artisti come Max Pechstein (1881-1955) e Otto Nagel (1894–1967), i cui destini si divisero successivamente anche in termini di letteratura artistica. Il primo, ad esempio, preparò le proprie memorie per pubblicarle a Berlino Est nel 1946; la loro pubblicazione fu vietata dalle autorità comuniste e divenne possibile solo anni dopo la morte, nel 1960, in Germania Occidentale. Il secondo divenne invece nel 1962 presidente dell’Accademia delle Belle Arti della DDR; Nagel aveva scritto negli anni Trenta un romanzo intitolato Die weiße Taube oder Das nasse Dreieck (La colomba bianca, ovvero Il triangolo bagnato), pensando di farlo pubblicare dall’editore Cassirer. La salita al potere del nazismo impedì la cosa. Il manoscritto si perse nel momento in cui Nagel emigrò dalla Germania in tutta fretta, ricomparve subito dopo la guerra negli anni Quaranta per essere perso una seconda volta  e fu infine pubblicato dalla vedova nel 1978, nella Germania Orientale.

Fig. 9) Le memorie di Max Pechstein, pubblicate a Wiesbaden nel 1960
Fig. 10) Otto Nagel, Il romanzo La colomba bianca, ovvero Il triangolo bagnato, pubblicato a Halle e Lipsia nel 1978

La situazione è comunque ambigua: la Germania orientale è occupata dai sovietici, che hanno idee di stampo totalitario anche in campo estetico e non sono certo favorevoli ad aperture culturali. Maike Steinkamp spiega che a livello politico Anton Ackermann, futuro segretario del partito unico (SED) stabilisce nel febbraio 1946 che la tolleranza di forme estetiche incompatibili con la realizzazione del socialismo è solo temporanea ed è dovuta esclusivamente alla necessità di far conoscere l’arte che era stata vietata durante il nazismo. Nel 1948 il regime chiude ogni margine di libertà e anche Hans Grundig si adeguerà a queste circostanze.


Alcune considerazioni finali

Molto probabilmente, l’editore delle Lettere di artista 1926-1957 stroncherebbe questa recensione, che, per molti versi, è intenzionalmente selettiva. Ho infatti saltato le relazioni in appendice, ossia i discorsi tenuti da Hans Grundig in occasioni ufficiali nel dopoguerra, e ho – tutto sommato – quasi ignorato l’introduzione di Bernard Wächter. Di un’icona della Repubblica Democratica Tedesca ho cercato di dare un’immagine molto intima, legata all’amore profondo per la moglie e al reciproco scambio di vedute sull’arte del loro tempo. A conclusione di queste pagine, mi sembra che (al di là dell’ovvia passione politica) molte delle posizioni più intransigenti di Grundig su questioni estetiche siano espresse con la medesima intensità con cui quasi tutti i giovani artisti nel corso del XX secolo hanno cercato di affermare le proprie idee come radicalmente differenti rispetto alle precedenti. Nell’altra parte della Germania, ad esempio, erano gli artisti astratti a cercare di avere la meglio su quelli figurativi. Avevano partecipato della stessa radicalità i secessionisti nei confronti degli accademici, gli espressionisti nei confronti dei secessionisti, l’avanguardia nei confronti di tutte le correnti precedenti, e i realisti nei confronti di ogni avanguardia. Leggendo la letteratura artistica tedesca del Novecento, insomma, si trova testimonianza di una società che quasi mai è stata in pace con se stessa.

Pubblicate nel 1966, le lettere non sono mai state ristampate, a differenza delle memorie, che hanno conosciuto un successo editoriale straordinario fino agli anni Ottanta, quando la Germania Democratica è scomparsa. Credo che sarebbe utile proporle al pubblico odierno in un nuovo contesto, non come testimonianza di un regime, ma di una vita d’artista: rivelano le speranze e le debolezze di un uomo che si è trovato ad avere a che fare con situazioni di straordinaria difficoltà e che nell’amore per la moglie e per la pittura ha trovato la forza per superarle.


NOTE

[82] Grundig, Hans - Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957. Con una prefazione e a cura di Berngard Wächter Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966, 167 pagine più sessanta tavole fuori testo. Citazione a pagina 94.

[83] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 93.

[84] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 93.

[85] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 95.

[86] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 95.

[87] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 105.

[88] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 108.

[89] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 105.

[90] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 105.

[91] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), pp. 112-113.

[92] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 114.

[93] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 115.

[94] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), pp. 110-111.

[95] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 111.

[96] Si veda: https://www.hsozkult.de/conferencereport/id/tagungsberichte-6904.

[97] Steinkamp, Maike - Das unerwünschte Erbe: Die Rezeption "entarteter" Kunst in Kunstkritik, Ausstellungen und Museen der Sowjetischen Besatzungszone und der frühen DDR, Akademie Verlag, 2008, 476 pagine.

[98] Steinkamp, Maike - Das unerwünschte Erbe… (citato), pp. 90-91.



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