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Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 16
Hans Grundig
[Lettere d’artista: 1926-1957]
Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957
Con una prefazione e a cura di Bernhard Wächter
Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966
Recensione di Francesco Mazzaferro. Parte Terza
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L’attività all’Accademia di Dresda e la
partecipazione al dibattito estetico
La
rinnovata attività dell’Accademia di Dresda assorbe Grundig totalmente, e
limita il tempo da dedicare in prima persona alla pittura, nonostante vi abbia
a disposizione uno studio (“Ho il mio
studio nella mia accademia, ma abito dalla mia buona madre” [82]. Il
palazzo dell’Accademia di Belle Arti, situato sulla riva nobile dell’Elba, è uno
dei pochissimi edifici storici di Dresda a essere miracolosamente uscito quasi
intatto dall’inferno del bombardamento e del successivo incendio della città,
ma è necessario riparare tutto. Grundig vi si dedica con impegno totale sin dal
marzo 1946, quando scrive alla moglie: “Sto
ricostruendo l’Accademia, e non manca molto alla riapertura ufficiale” [83]. “Lea,
sarò io ad avere la direzione dell’Accademia di Dresda e ne sono lietissimo.
Oltre al nostro lavoro d’artisti l’educazione artistica delle nuove
generazioni, dei giovani, è la cosa più importante. È da qui che ha origine il
nuovo percorso. E per questo tu saresti così importante. Vieni presto! Chiederò
all’amministrazione della regione di aiutarti a ottenere l’espatrio dalla
Palestina” [84]. Hans racconta alla moglie di aver reclutato i nuovi
insegnanti per l’Accademia, e di poter contare su Wilhelm Lachnit (1899-1962), Reinhold
Langner (1905-1957), Hans Theo Richter (1902-1969) e Wilhelm Rudolph (1889-1982)
[85]. A Lea dice di averle riservato il posto di professoressa di grafica [86].
La missione
dell’artista non si esaurisce tuttavia nell’organizzare l’insegnamento per le
generazioni future, ma comporta anche l’impegno a tener vivo il dibattito tra
gli artisti contemporanei: “Si discutono
questioni d’arte, sotto l’impulso delle nostre mostre. Che si tratti di
espressionismo, naturalismo o rappresentazione realista. Tutto ribolle. La
partecipazione è generale, e soprattutto i nostri giovani hanno interesse a
trasformare quel che è incomprensibile in verità oggettiva. Vivo in una cerchia
di persone che prendono posizione con vivacità estrema su ogni questione
che oggi si dimostri necessaria” [87]. Grundig sembra cogliere aspetti
positivi in tutte le correnti, a condizione che esse sappiano essere
espressione estetica di una volontà politica: “E adesso sono qui davanti ad una varietà di energie artistiche, a una
varietà di verità parziali e cerco la sintesi necessaria. Perché – sia che
l’arte sia astratta o realista o derivi dall’impressione o da un’immagine
interna visionaria – una cosa è necessaria: trovare l’espressione forte e
convincente del nostro volere a proposito dei nostri rapporti sociali”
[88]. A volte Hans parla di sé e dei suoi compagni di viaggio utilizzando toni
di esaltazione assoluta: “Siamo come
serpenti, il simbolo della conoscenza, della saggezza. Noi cambiamo pelle,
siamo il rinnovamento sempre attivo della nostra vita, siamo i predicatori
eterni nel deserto dell’abitudine, della condizione che violiamo, che vogliamo
superare, per poter infine portare un po’ di luce” [89].
Tuttavia
Hans non è certo neutrale, né ci si potrebbe aspettare che lo fosse, pensando
alla sua biografia; a suo modo di vedere, ogni dibattito estetico con gli
esponenti di altre tendenze deve essere diretto soprattutto a validare le
ragioni del realismo e a farle prevalere su ogni tentativo di una visione
astratta del mondo: “Oggi si discute
molto su arte astratta, su Klee, Kandinsky. Kokoschka viene fatto a pezzi, lui
che aveva fatto a pezzi il mondo, quasi senza accorgersene. (…) Il nostro
nemico comune è il frammentare il mondo in pezzi che siano come decalcomanie
della realtà, lo spogliare quel mondo dei suoi contesti profondi. Noi non
vogliamo essere un narcotico per emarginati dalla vita, ma non vogliamo neppure
coprire abissi con cotone e veli di seta, disegnare angeli custodi che siano il
risultato di consapevoli bugie sociali di determinati circoli. Noi siamo e
vogliamo essere realisti nella verità, portabandiera di quella verità che possiamo
riconoscere. Non nascondere nulla, ma mostrare tutto, compreso il bello della
vita: ecco quello che agogniamo con l’anelito dei nostri cuori e per il quale
combattiamo con tutti i nostri mezzi” [90].
Si è già
detto che Hans è molto preoccupato dell’assenza di una generazione di pittori
che possa continuare l’opera degli artisti precedenti al nazionalsocialismo. Lo
ribadisce in modo nettissimo in una lettera del 7 ottobre 1946: “Mi vergogno degli artisti tedeschi
d’oggigiorno, che lasciano testimonianza così misera della loro umanità. Sono
arroganti e si compiacciono di loro stessi. È incredibile che una debole donna
come te [Lea si era definita tale in una lettera precedente] debba insegnare loro quel che ogni artista
che si dichiari tale è tenuto a testimoniare. Mia anima così amata, tu dovresti
farli arrossire di vergogna se, con tutti i loro limiti, fossero mai in grado
di capire quanto siano esteti e formalisti insignificanti” [94]. E poi
continua: in una città ridotta completamente in macerie, le persone chiedono “leggerezza e armonia: purtroppo, in questo
momento, io non posso concedere loro nessuno dei due, per ragioni ben
comprensibili: la mia vita è stata una lotta contro ogni barbarie del fascismo.
In quei tempi loro dipingevano mazzi di fiori e paesaggi ben ordinati. E
tuttavia nessuno li critica per quell’atteggiamento di allora e li si apprezza
più di me. Essere solo è il mio destino” [95].
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Fig. 7) La versione sovietica delle Memorie, pubblicata nel 1964 |
Il dibattito sull’arte nella zona d’occupazione
sovietica nel 1946
Le lettere
testimoniano che, pur tra contraddizioni e ambiguità, il mondo artistico di
Dresda nel 1946 è in fermento, e che vi sono possibilità di manifestare
opinioni differenti. Hans Grundig è chiaramente schierato a favore dell’arte
realista, ma il suo operare non preclude la presentazione delle opinioni
altrui. Più che la ricerca di una definizione di una nuova ortodossia dogmatica
comunista, sembra quasi che ci si trovi di fronte a un caso di ‘democrazia
socialista’. Vale certamente la pena chiedersi se questa sia una
rappresentazione fedele della realtà, oppure se l’edizione del 1966 delle Lettere d’artista 1926-1957 rappresenti
una manipolazione storica. A questo proposito l’opera di riferimento è il
saggio di Maike Steinkamp L’eredità
indesiderata [97] del 2008. Secondo Steinkamp, in quegli anni l’arte
dell’Unione Sovietica stalinista era già stata normalizzata alla teoria del
realismo socialista. Nella zona d’occupazione sovietica in Germania, il
dibattito estetico era invece molto vivace. “Per gli artisti più giovani, che erano alla ricerca di una nuova
espressione artistica, l’arte moderna diffamata dai nazionalsocialisti per
dodici anni come «degenerata» divenne il centro di discussioni dall’esito molto diverso. Bisognava
ristabilire un legame con le tradizioni artistiche precedenti il 1933? E se sì,
con quali? Le opinioni al riguardo erano molto divergenti. Alcuni artisti e
critici erano favorevoli a un confronto molto intenso con le forme espressive
dell’arte d’avanguardia precedenti la guerra. Altri temevano che un recupero di
quegli elementi potesse significare una restaurazione delle forze reazionarie e
si esprimevano a favore di un nuovo orientamento dell’arte. E ancora, alcuni
vedevano nella precedente arte «degenerata» una direzione superata, anche se le
riconoscevano un significato storico” [98].
Maike
Steinkamp chiarisce che Grundig non fu il solo artista precedente all’arrivo
del nazismo che assunse compiti di indirizzo dell’arte nella Germania
comunista. A Berlino Est Karl Hofer, ad Halle Conrad Felixmüller, a Chemnitz Karl
Schmidt-Rottluff radunarono intorno a loro gruppi di artisti di prima piano. Il
già menzionato Kulturbund zur
demokratischen Erneuerung Deutschlands ebbe proprio Hofer come
vicepresidente. Parteciparono a questa fase artisti come Max Pechstein (1881-1955)
e Otto Nagel
(1894–1967), i cui destini si divisero successivamente anche in termini di
letteratura artistica. Il primo, ad esempio, preparò le proprie memorie per
pubblicarle a Berlino Est nel 1946; la loro pubblicazione fu vietata dalle
autorità comuniste e divenne possibile solo anni dopo la morte, nel 1960, in
Germania Occidentale. Il secondo divenne invece nel 1962 presidente
dell’Accademia delle Belle Arti della DDR; Nagel aveva scritto negli anni
Trenta un romanzo intitolato Die weiße Taube oder Das nasse
Dreieck (La
colomba bianca, ovvero Il triangolo bagnato), pensando di farlo pubblicare
dall’editore Cassirer. La salita al potere del nazismo impedì la cosa. Il
manoscritto si perse nel momento in cui Nagel emigrò dalla Germania in tutta
fretta, ricomparve subito dopo la guerra negli anni Quaranta per essere perso
una seconda volta e fu infine pubblicato
dalla vedova nel 1978, nella Germania Orientale.
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Fig. 9) Le memorie di Max Pechstein, pubblicate a Wiesbaden nel 1960 |
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Fig. 10) Otto Nagel, Il romanzo La colomba bianca, ovvero Il triangolo bagnato, pubblicato a Halle e Lipsia nel 1978 |
La
situazione è comunque ambigua: la Germania orientale è occupata dai sovietici,
che hanno idee di stampo totalitario anche in campo estetico e non sono certo
favorevoli ad aperture culturali. Maike Steinkamp spiega che a livello politico
Anton Ackermann, futuro segretario del partito unico (SED) stabilisce nel
febbraio 1946 che la tolleranza di forme estetiche incompatibili con la
realizzazione del socialismo è solo temporanea ed è dovuta esclusivamente alla
necessità di far conoscere l’arte che era stata vietata durante il nazismo. Nel
1948 il regime chiude ogni margine di libertà e anche Hans Grundig si adeguerà a
queste circostanze.
Alcune considerazioni finali
Molto
probabilmente, l’editore delle Lettere di
artista 1926-1957 stroncherebbe questa recensione, che, per molti versi, è
intenzionalmente selettiva. Ho infatti saltato le relazioni in appendice, ossia
i discorsi tenuti da Hans Grundig in occasioni ufficiali nel dopoguerra, e ho –
tutto sommato – quasi ignorato l’introduzione di Bernard Wächter. Di un’icona
della Repubblica Democratica Tedesca ho cercato di dare un’immagine molto
intima, legata all’amore profondo per la moglie e al reciproco scambio di
vedute sull’arte del loro tempo. A conclusione di queste pagine, mi sembra che
(al di là dell’ovvia passione politica) molte delle posizioni più
intransigenti di Grundig su questioni estetiche siano espresse con la medesima
intensità con cui quasi tutti i giovani artisti nel corso del XX secolo hanno
cercato di affermare le proprie idee come radicalmente differenti rispetto alle
precedenti. Nell’altra parte della Germania, ad esempio, erano gli artisti
astratti a cercare di avere la meglio su quelli figurativi. Avevano partecipato
della stessa radicalità i secessionisti nei confronti degli accademici, gli
espressionisti nei confronti dei secessionisti, l’avanguardia nei confronti di
tutte le correnti precedenti, e i realisti nei confronti di ogni avanguardia.
Leggendo la letteratura artistica tedesca del Novecento, insomma, si trova
testimonianza di una società che quasi mai è stata in pace con se stessa.
Pubblicate
nel 1966, le lettere non sono mai state ristampate, a differenza delle memorie,
che hanno conosciuto un successo editoriale straordinario fino agli anni
Ottanta, quando la Germania Democratica è scomparsa. Credo che sarebbe utile
proporle al pubblico odierno in un nuovo contesto, non come testimonianza di un
regime, ma di una vita d’artista: rivelano le speranze e le debolezze di un
uomo che si è trovato ad avere a che fare con situazioni di straordinaria
difficoltà e che nell’amore per la moglie e per la pittura ha trovato la forza
per superarle.
NOTE
[83] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 93.
[84] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 93.
[85] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 95.
[86] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 95.
[87] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 105.
[88] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 108.
[89] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 105.
[90] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 105.
[91] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), pp. 112-113.
[92] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 114.
[93] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 115.
[94] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), pp. 110-111.
[95] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 111.
[96] Si veda: https://www.hsozkult.de/conferencereport/id/tagungsberichte-6904.
[97] Steinkamp, Maike - Das unerwünschte Erbe: Die Rezeption "entarteter" Kunst in Kunstkritik, Ausstellungen und Museen der Sowjetischen Besatzungszone und der frühen DDR, Akademie Verlag, 2008, 476 pagine.
[98] Steinkamp, Maike - Das unerwünschte Erbe… (citato), pp. 90-91.
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