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venerdì 23 febbraio 2018

Hans Grundig. [Lettere d'artista]. Parte Seconda


English Version

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 16

Hans Grundig
[Lettere d’artista: 1926-1957]
Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957


Con una prefazione e a cura di Bernhard Wächter

Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966

Recensione di Francesco Mazzaferro. Parte Seconda

Fig. 3) La prima edizione delle Memorie del 1957, intitolate Tra Carnevale e mercoledì delle ceneri. Ricordi di un pittore. Nella copertina è rappresentato il cavallo imbizzarrito dalla serie Animali e uomini.

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Prigioniero - Lettere dal 1938 al 1944

Salvo poche eccezioni, che ho citato alla fine della prima parte di questa recensione, le lettere di Grundig non parlano di buona parte degli anni Trenta. È comunque evidente che, all’arrivo al potere dei nazisti, nel gennaio 1933, Hans e Lea si trovano immediatamente in grandi difficoltà. In qualche modo li aiuta il fatto di essere artisti non molto noti; le loro opere, salvo casi isolati, non sono esposte nei musei (e per questo motivo, a differenza di un Nolde, a cui vengono sequestrate più di mille opere, a Hans vengono confiscate solamente otto opere presenti in collezioni pubbliche; nella mostra itinerante della cosiddetta arte degenerata – organizzata dai nazisti nel 1937 e tutta proveniente da requisizioni, vi è un solo quadro di Grundig [39]). 

Né Hans e Lea hanno cariche pubbliche in accademie, e quindi non vengono esclusi dall’insegnamento. Tuttavia sono immediatamente esclusi dalla camera di commercio per artisti (il che rende loro impossiile fruire di esenzioni sui costi per l’acquisto dei materiali per dipingere) e condannati nel 1934 – per la loro fede comunista – a non esercitare più il mestiere (è il cosiddetto Malverbot, il divieto di dipingere, che si applicherà qualche anno dopo anche a Nolde).

A differenza di colleghi come Otto Dix i due artisti non cercano un sia pur relativo quieto vivere, scegliendo la via dell’esilio interno. Anzi, continuano a produrre opere di chiarissimo significato politico: il Trittico del Reich millenario di Hans, dipinto tra 1935 e 1938, richiama stilisticamente sia il rinascimentale Trittico di Isenheim di Matthias Grünewald sia il moderno La Guerra di Otto Dix (1929-1932). Il tema è molto attuale. Una classica giornata di carnevale che improvvisamente degenera in caos e si trasforma infine in in occasione di morte e sofferenze è un chiaro riferimento al nazismo e al proclama con cui Hitler annuncia la nascita di un nuovo impero millenario (non a caso il titolo scelto da Grundig per le sue memorie del 1957 è Zwischen Karneval und Aschermittwoch, ovvero Tra carnevale e mercoledì delle ceneri). Anche la Visione del futuro (1935 circa) e la Visione di una città incendiata del 1936, dipinti entrambi da Hans, come pure l’acquaforte Hitler è guerra di Lea stigmatizzano la politica belligerante di Hitler. Siamo, del resto, nei mesi in cui l’aviazione tedesca interviene nell’ambito della guerra civile spagnola.

Non sorprende dunque che i due cadano nelle mani della Gestapo. Già nel 1936 fanno tre giorni di galera, ma è nel 1938 che vengono condannati per alto tradimento: “Cara, cara mamma, già dall’intestazione di questa lettera tu capirai dove ci troviamo, Lea e io” [40]. La lettera, datata 7 giugno 1938, è scritta su carta intestata della Polizeigefängnis di Dresda, le celle di rigore della centrale di polizia, dove vengono trattenuti i fermati prima che per loro sia formulata un’imputazione. “Nella serata di martedì scorso siamo stati improvvisamente arrestati, senza alcun preavviso. Cara mamma, dovrei esserti io d’aiuto, ma adesso è il contrario. Carissima mamma, ho bisogno di te, molto più di quanto sia mai accaduto” [41]. Hans prega sua madre di andare al dipartimento della polizia segreta (appunto la Gestapo) per ritirare le chiavi di casa, andare a casa loro e mandar loro biancheria, dentifricio, un pettine, un piccolo specchio, alcuni romanzi storici. Chiede inoltre che al pagamento dell’affitto pensi lei.

Sembra quasi che pensi di tornare presto a casa, com’era già successo (starà invece in prigione per sei mesi) e addirittura confidi nel sistema giudiziario in pieno nazismo (spera che il suocero, ebreo ortodosso, possa procurargli un buon avvocato per fare valere le ragioni sue e della moglie in tribunale). Anche le lettere successive sono tutte legate ad aspetti pratici (la biancheria, la riscossione di prestiti, il pagamento dell’affitto da parte del suocero, i romanzi di Jules Verne che vorrebbe rileggere in cella, la sua polizza assicurativa). Da luglio 1938 le missive non sono più inviate dalla centrale di polizia, ma da un istituto penitenziario; il fermo si è dunque convertito in arresto. Hans, inoltre, è stato separato dalla moglie e dunque ricominciamo a incontrare lettere a lei indirizzate. In esse Grundig le racconta di aver composto per lei delle canzoni [42], alterna disperazione e speranza [43], ringrazia perché la corrispondenza della coniuge gli impedisce di farlo cadere in depressione e lo mantiene in salute [44], cerca di sapere se sua moglie riesca almeno a disegnare in carcere [45].

Hans è rilasciato qualche mese prima di Lea. La donna si mostra forte, nonostante la forzata lontananza. Ella scrive: “Non siamo forse più uniti di tanti che vivono insieme?” [46] “Vita mia, io sono sempre qua, non sono morta” [47]. Dalla prigione Lea si preoccupa della malattia del marito (che si è ammalato di tubercolosi in prigione). Hans le risponde dicendole che è sua intenzione battersi perché lei abbia le gratificazioni che si merita in campo artistico [48]. La sollecita a superare la propria naturale modestia e a far emergere le ragioni di una grande disegnatrice e grafica: “E lo spettro della tua arte è così ampio, così ricco e diversificato come dalla sinfonia al Lied [nota del traduttore: i Lieder sono le composizioni per pianoforte e voce sola della lirica tedesca]” [49]. Lea, peraltro, è felice che l’esperienza della prigione abbia provocato un riavvicinamento fra suo padre e suo marito (val la pena ricordare che i genitori di lei erano del tutto contrari al matrimonio) [50] e scrive di non sperare altro se non invecchiare con Hans al suo fianco [51].

La separazione prosegue anche nei primi mesi del 1939. A marzo Hans riprende a dipingere. Lea gli scrive: “Il fatto che tu lavori e come tu lavori, mi sembra cosa meravigliosa. Potrei consigliarti tante immagini, tanti confronti, tanti nomi” [52]. Lo esorta ad andare al cinema [53]. Lea ricorda la tavola del Carnevale nel trittico dipinto dal marito e si abbandona ad alcune considerazioni sulle sue ultime opere d’arte, che ancora non ha potuto ammirare: “Anima mia, sono così triste di non poter vedere il tuo quadro. Cerco di immaginarlo e mi viene sempre agli occhi il ‘grande Carnevale’. Vedo luccicare i suoi colori meravigliosi, e, in superficie, tanti spazi profondi sullo sfondo. Mi ricordo così bene e mi sembra di vedere il tuo verde. Di questo colore così riservato e serio tu ti servi in tutte le notazioni, dalla tonalità minore a quella maggiore [nota del traduttore: si riferisce alle tonalità musicali], e lo porti a una passione e a un’aggressività che sono davvero strabilianti. Questo quadro [nota del traduttore: il Carnevale], così fondamentale nel tuo sviluppo, mi sembra essere uno dei più belli e significativi che vi siano mai stati. E il nuovo quadro deve superarlo, deve essere così. Cuore mio, fammi il piacere e portami uno schizzo. Io ho quest’esigenza, per poterlo almeno immaginare. Dai giorni del quadro sul carnevale tu ti sei impossessato di nuovi colori. In quello degli orsi hai fatto un passo in avanti con nuovi toni potenti in rosso. Anima mia, le mie attese sono così piene di gioia; è così amaro non poter vedere il nuovo quadro. Nei quadri vi è sempre qualcosa di magico. Non è forse che ciò che di vero e reale vi è raffigurato si fonde in modo misterioso con l’immagine che ne fa l’artista, almeno dal punto di vista dei nostri sentimenti? E quella bella magia non può forse far sognare gli uomini e i popoli genuinamente semplici?” [54]. Sempre nella lettera del 15 marzo Lea dice al marito che il padre intende partire per la Palestina (se ne rammarica, ma capisce che non vi è alternativa) e il 29 marzo 1939 comunica a Hans l’indirizzo del padre a Haifa, aggiungendo che proprio il padre si occuperà di far emigrare anche loro. In tutta onestà, è difficile capire come Lea possa scrivere così liberamente dalla prigione sull'attività pittorica (proibita al marito) e sull’intenzione di lasciare la Germania, senza che la Gestapo non intervenga a censurare le lettere (basti pensare che sono passati solamente sei mesi dalla Notte dei cristalli). Stava forse negoziando con le autorità affinché fossero espulsi entrambi?

Pochi giorni dopo la liberazione di Lea, a fine marzo, Hans è di nuovo imprigionato: è il 24 aprile 1939. I ruoli s’invertono: ora è lui a scrivere a casa dalla cella, a rassicurare la moglie, a ricordarle quanto importante sia per lui portare il suo anello di matrimonio al dito [55]. È di maggio una lettera di Hans piena di riferimenti alla statuaria classica, ma anche a Rodin, Maillol, Lehmbruck: si tratta di una discussione tra artisti sulla capacità di rappresentazione della realtà anche della scultura volontariamente frammentaria, e in particolare delle statue che rappresentano torsi. Nella stessa missiva Hans scrive alla moglie: “Spero che potrai presto darmi buone notizie sull’emigrazione” [56].

Nel dicembre 1939, a guerra già scoppiata, la pittrice viene espulsa dalla Germania: è la cosa migliore che le possa capitare. Nelle sue memorie, pubblicate nel 1958 (Gesichte und GeschichteVolti e storia) racconterà con molta precisione il viaggio che la porterà prima a Vienna, poi a Bratislava e da lì, assieme a un gruppo di ebrei slovacchi, in Israele (dove giungerà nel 1940). Hans è invece rinchiuso nella prigione politica di Oranienburg e nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Non sembra che Hans e Lea riescano ad avere più notizie l’uno dell’altra. Certo è che le lettere finiscono. Grundig scrive invece brevi messaggi alla madre fino al settembre 1944, quando diventa coscritto in un battaglione punitivo della Wehrmacht e mandato sul fronte orientale, dove diserta e si consegna all’Armata Rossa, finendo la guerra combattendo per l’Unione Sovietica. Solo a fine marzo 1946 Hans e Lea hanno la certezza di essere entrambi sopravvissuti.


Liberato - Lettere dal 1946 al 1957

Più di sei anni senza una lettera, almeno a giudicare dal carteggio pubblicato. A fine marzo 1946 Hans torna a scrivere alla moglie (che si trova in Palestina, all’epoca sotto controllo inglese): “Carissima Lea, sono a casa, sto bene, e ho adesso un solo grande desiderio: che anche tu, la cosa più cara che io abbia, possa essere presto con me” [57]. “Gli ultimi anni sono stati terribili, atroci, senza speranza alcuna di poter rivedere casa e te, mio grande sostegno. Che io sia ancora vivo, è un miracolo di cui non riesco ancora a capacitarmi” [58]. Finalmente è a casa e gli sembra, per un momento, di fare un tuffo nel passato, quando lui e la moglie erano giovani e allegri. Si ricorda dell’ultima volta che è riuscito ad incontrarla, nella sala per le visite della prigione, e poi a scorgerla ancora, dallo spioncino della porta, mentre si allontanava. “Ti ricordi dell’ultimo regalo che mi facesti, quella piccola mela su cui avevi inciso le nostre iniziali?” [59].

Hans racconta di essere stato deportato nel campo di concentramento per via di una lettera scritta dall’amico svizzero Albert Merkling, lettera contenente una poesia fortemente critica verso il regime, ma soprattutto l’indicazione (in codice) che Lea era fuori pericolo: “Cara, carissima Lea, da quel momento sono rinato: sapevo che eri viva e non eri più in Germania. Ti eri salvata la vita. Lea, ciò mi ha permesso di sopportare ogni cosa e abbiamo fatto bene a fare quel che abbiamo fatto, nonostante tutte le difficoltà. Lea, mia bruna, saresti sicuramente morta se fossi arrivata a Ravensburg [ndr: un campo di concentramento femminile]. Lea, ho visto queste povere donne, ho visto, ho vissuto. Spingevano i carri più pesanti, erano trascinate come vere e proprie bestie con cani e a frustate” [60].

La corrispondenza con Lea riprende a essere frequente e regolare. Vi si leggono frasi che riguardano aspetti privati e pubblici, questioni personali e d’arte. La costante è la desolazione per l’assenza della moglie (solitudine, ansia, nostalgia, tristezza, impazienza, dolore, depressione) e la cronaca dei vari tentativi intrapresi dal pittore per accelerarne il rientro; altre lettere sono dedicate alle ricadute della tubercolosi. In questa sede ci concentreremo però su questioni che riguardano l’arte: il ruolo di Hans come nuovo direttore dell’Accademia di Belle Arti, la nuova produzione di Hans e Lea, le discussioni nei circoli artistici a Dresda, la speranza per una nuova arte che verrà. Spesso si tratta di testi molto lunghi, a volte vere e proprie relazioni, per tenere Lea perfettamente informata di quanto sta accadendo in Germania.


Le opere d’arte di Hans e Lea nel primo dopoguerra

Dal luglio 1946 Hans ha ripreso a dipingere [61]: espone non solo a Dresda, ma anche a Berlino e Lipsia. Riprendere i pennelli in mano dopo qualche anno non è stato facile, e si sente come se fosse tornato a essere un principiante [62]. La critica, peraltro, non sempre è generosa: per un pittore cresciuto in piena età espressionista – scrive Hans - si pone ora il problema di evitare di essere criticato come “astratto e non sufficientemente realista” [63]. “Il mio lavoro viene capito da pochissimi e piace a un numero ancor più limitato di persone. All’inizio ne sono stato rattristato. Pensavo di esprimermi in modo comprensibile. Non è così. Sul quadro degli orsi, molti dicono: «Non ci sono orsi rossi e lupi verdi.  (…) È solo colpa mia? Credo di aver chiesto troppo a pensiero e sentimento»” [64].  Non mancano però i toni ottimistici; secondo Hans l’arte sta andando verso una nuova era “di pace e calma” [65] che sostituirà il grigiore degli anni precedenti [66] e non sarà più caratterizzata dalla necessità di negare il presente [67].

Che l’arte del futuro dimentichi le tragedie del passato è un auspicio; nel concreto, le opere più rappresentative che dipinge nel 1946 sono le due tele dedicate “Alle vittime del fascismo”. E non è un caso che Grundig specifichi in una lettera di quell’anno che il problema dell’arte è in definitiva quello del “lutto nell’opera d’arte” [68]. Sull’iconografia delle due tele, l’artista scrive: “Ho voluto avvolgere questa umanità distrutta ed eppure meravigliosa in quel che è più prezioso per gli uomini. Ho pensato che si dovesse far loro giacere su oro puro e l’ho fatto. In tal modo, danno adesso l’impressione di un festeggiamento ostinato, legato alla bellezza selvaggia della morte, che è forza della natura. Non so se io abbia ragione. Ma credo tuttavia di aver percorso la strada giusta. Tutti quelli che lo hanno visto ne sono stati catturati. Sia che siano intellettuali o persone semplici. Tutti dicono lo stesso: è sconvolgente, ed è bello” [69].

Il pittore riceve per posta le nuove opere grafiche della moglie e ne loda bellezza e varietà: “meravigliose nella loro forza espressiva e spesso magistrali nell’effetto in bianco e nero” [70].

Finalmente sia i suoi quadri, sia i lavori grafici della moglie cominciano a essere acquistati. Hans si tiene comunque ben lontano dal mercato ‘capitalistico’; a comprare sono enti pubblici locali, l’amministrazione di Berlino, l’Unione Sovietica, i musei di Mosca. A fine dicembre 1946 scrive esultante alla moglie di aver incassato quindicimila marchi: “Non abbiamo mai avuto tanti soldi” [71]. A essere comprati sono sue opere degli anni Trenta, ma anche il ritratto di Lea del 1946 (fig. 53) e molta grafica. “A privati non avrei mai dato via nulla” [72]. E in un momento di esaltazione, si lascia andare in questi termini: “Cara, presto saremo noi stessi i classici” [73].


Le prime mostre del dopoguerra a Dresda

Già nella prima lettera del marzo 1946 Hans racconta a Lea cosa sta succedendo nel mondo artistico della Dresda devastata dai bombardamenti: si stanno tenendo due mostre, una di pittura e l’altra di grafica. La mostra di pittura sugli artisti sassoni all’Accademia (dal 28 marzo al 30 giugno 1946, organizzata dal Kulturbund zur demokratischen Erneuerung Deutschlands, ovvero dalla Lega degli artisti per il rinnovamento democratico della Germania) consente di mostrare per la prima volta le tele proibite durante il nazismo, ma rivela, a suo parere, l’assenza di una generazione successiva a quella la cui attività è stata proibita nel 1933: “È buono quel che già prima del 1933 aveva qualità. Invece, il valore spirituale di altri lavori esposti è vergognoso. Tutto più o meno associato all’ambiente locale, molto limitato dal punto di vista della visione generale del mondo, e quel che è peggio, senza che gli anni spaventosi della rovina vi siano in alcun modo riflessi” [74].

Nonostante la mostra sia dedicata agli artisti di Dresda “vittime del fascismo”, Hans sente insomma di avere a che fare con una pittura che considera leggera, anemica, inutile e spesso compromessa con il nazismo. Forse si riferisce a pittori come Josef Hegenbarth (1884-1962), attivi soprattutto come illustratori, che in quella mostra vengono esposti. “Lea, tu e io siamo gli unici. … Quanto a me si vedono le grandi opere: il quadro della città distrutta, affiancato dal Carnevale del 1935 e dall’immagine del caos dell’anno 1939. Sono lavori vigorosi, hanno un forte effetto, e in essi è vivo il dramma del fascismo. E tuttavia noi siamo gli unici in questo campo. Oltre a questi miei quadri sono appesi quello degli orsi, molto bello [La lotta degli orsi e dei lupi]; poi quello degli uomini che dormono; e, infine, il mio primo quadro a raffigurare una città distrutta, quello più piccolo. Di te ho esposto – inserite in belle cornici sul tavolo – le incisioni … I tuoi lavori ti hanno creato molti nuovi ammiratori, oltre a quelli che già ti amano” [75].

Contemporaneamente vi è un’altra mostra di sola grafica, nelle sale della scuola per le scienze applicate, rimasta intatta. Anche qui siamo noi due a dare l’impressione più forte. In precedenza vi si era tenuta una retrospettiva di Käthe Kollwitz. Fogli meravigliosi della grande donna che è stata unica fino all’ultimo, fino all’isolamento totale” [76]. Hans scrive a Lea di credere che solo loro due siano i veri eredi del messaggio artistico e ideale della Kollwitz (1867-1945).

Alcuni mesi dopo, il 30 settembre 1946, Grundig parla della Allgemeine Deutsche Kunstaustellung (la mostra dell’arte delle quattro zone d’occupazione della Germania intera, gestite da americani, sovietici, britannici e francesi), da lui stesso organizzata. È la prima grande mostra d’arte contemporanea che si tiene a Dresda da vent’anni a questa parte. “Sono state settimane di lavoro durissimo – scrive alla moglie – ma adesso la mostra esiste, negli spazi dell’ex museo dell’esercito a Dresda-Neustadt. Ho sollecitato ed esposto tutto quel che oggi esiste in termini di forze positive nella Germania intera. Ho ricevuto l’incarico da parte del governo regionale, insieme al dottor Grohmann, di recuperare materiale espositivo dalla zona occidentale. E così ho viaggiato in Baviera, Baden, Württemberg e Assia” [77]. Su quel viaggio, compiuto assieme insieme al critico Will Grohmann in Germania Occidentale, abbiamo letto anche alcune belle lettere scritte da Otto DixLe lettere sia di Grundig sia di Dix testimoniano dunque che Grundig non è solamente entrato nel mondo accademico della città, assumendone la direzione, ma svolge incarichi importanti anche nei rapporti con le altre zone della Germania.

Alla conclusione della mostra, tenutasi dal 25 agosto al 31 ottobre 1946, Grundig organizza un convegno: “Si discutono tutti i temi delle belle arti: forma, contenuto, tema, educazione dei giovani, teatro, musica, danza, architettura” [78]. “Ogni giorno si tengono due relazioni di artisti e studiosi d’arte. Diamo la parola a tutte le tendenze che sono oggi attive, aspettiamo ospiti e relatori da tutte le zone della Germania” [79].

Fig. 4) Il manifesto del congresso tenutosi a Dresda dal 26 al 29 ottobre 1946

In una lettera del 10 novembre, a mostra conclusa, il pittore traccia un bilancio.È stata una mostra che ha presentato tutte le forze artistiche presenti e positive. Klee, Kandinsky, Feininger, gli artisti del Ponte Kirchner, Heckel, Pechstein; Lehmbruck, artisti come Hofer, Kokoschka, scultori come Marcks, Albiker – fino ai giorni nostri. La storia dell’arte di due guerre mondiali, inflazione, e fascismo. Noi, Lea, tu ed io come i successori dell’espressionismo, come il punto di congiunzione di tutte le espressioni precedenti. In mezzo Kretzschmar, Jüchser, Paul Berger e altri[80].

Passano i mesi e Lea non è ancora tornata. Il 7 aprile 1948 Hans annuncia alla moglie la mostra “150 Jahre soziale Strömungen in der Bildenden Kunst” ovvero “150 anni di correnti sociali nell’arte”, che si apre a Dresda il giorno seguente (la mostra si è tenuta l’anno precedente a Berlino). “Mostra il percorso storico dai tempi di Goya fino a oggi. Tutto quello che ha a che fare con questo tema è rappresentato almeno con alcune opere. Ovviamente soprattutto l’epoca dal tardo impressionismo fino a noi: Meunier, Liebermann, Menzel, Klinger, fra l’altro con stampe meravigliose. È strano che io non apprezzassi Klinger così tanto come faccio oggi. È un grande uomo e non a caso il maestro di Käthe Kollwitz. Ha un linguaggio formale stranamente rigoroso. Il suo amore per il mondo antico si sovrappone a temi del nostro tempo che sono davvero umani” [81]. Seguono parole di grande stima per Käthe Kollwitz e Heinrich Zille (1858–1929), Bernhard Kretzschmar (1889-1972), Eugen Hoffmann (1892-1955) e Wilhelm Lachnit (1899-1962). Questi ultimi non solo sono suoi coetanei, ma anche gli amici della vita di Hans. Grundig ha pienamente la coscienza che la sua generazione è ormai oggetto delle celebrazioni altrui.

Fig. 5) Il poster della mostra 150 anni di correnti sociali nell’arte, tenutasi a Dresda nel 1948

Fine della Parte Seconda
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NOTE

[39] Degenerate art: the fate of the avant-garde in Nazi Germany, a cura di Stephanie Barron, Los Angeles County Museum of Art, 1991, 423 pagine. Si veda:
https://archive.org/stream/degenerateartfa00barr#page/246/mode/2up/search/grundig.

[40] Grundig, Hans - Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957. Con una prefazione e a cura di Berngard Wächter Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966, 167 pagine più sessanta tavole fuori testo.

[41] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 67.

[42] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 70.

[43] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 71.

[44] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 72.

[45] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 72.

[46] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 72.

[47] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 73.

[48] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 74.

[49] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 75.

[50] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), pp. 75-76.

[51] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 76.

[52] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 76.

[53] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 77.

[54] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 77.

[55] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 79.

[56] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 82.

[57] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 91.

[58] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 91.

[59] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 91.

[60] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 92.

[61] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 97.

[62] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 98.

[63] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 98.

[64] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 111.

[65] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 96.

[66] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 96.

[67] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), pp. 100-101.

[68] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 101.

[69] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), pp. 122-123.

[70] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 110.

[71] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 116.

[72] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 116.

[73] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 133.

[74] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 93.

[75] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 93.

[76] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (quoted), p. 93.

[77] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 107.

[78] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 112.

[79] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 107.

[80] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 114.

[81] Grundig, Hans – Künstlerbriefe … (citato), p. 133.



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