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Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 16
Hans Grundig
[Lettere d’artista: 1926-1957]
Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957
Con una prefazione e a cura di Bernhard Wächter
Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966
Recensione di Francesco Mazzaferro. Parte Seconda
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Fig. 3) La prima edizione delle Memorie del 1957, intitolate Tra Carnevale e mercoledì delle ceneri. Ricordi di un pittore. Nella copertina è rappresentato il cavallo imbizzarrito dalla serie Animali e uomini.
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Prigioniero - Lettere dal 1938 al 1944
Salvo poche
eccezioni, che ho citato alla fine della prima parte di questa recensione, le
lettere di Grundig non parlano di buona parte degli anni Trenta. È comunque
evidente che, all’arrivo al potere dei nazisti, nel gennaio 1933, Hans e Lea si
trovano immediatamente in grandi difficoltà. In qualche modo li aiuta il fatto
di essere artisti non molto noti; le loro opere, salvo casi isolati, non sono
esposte nei musei (e per questo motivo, a differenza di un Nolde, a cui vengono
sequestrate più di mille opere, a Hans vengono confiscate solamente otto opere
presenti in collezioni pubbliche; nella mostra itinerante della cosiddetta arte
degenerata – organizzata dai nazisti nel 1937 e tutta proveniente da
requisizioni, vi è un solo quadro di Grundig [39]).
Né Hans e
Lea hanno cariche pubbliche in accademie, e quindi non vengono esclusi
dall’insegnamento. Tuttavia sono immediatamente esclusi dalla camera di
commercio per artisti (il che rende loro impossiile fruire di esenzioni sui
costi per l’acquisto dei materiali per dipingere) e condannati nel 1934 – per
la loro fede comunista – a non esercitare più il mestiere (è il cosiddetto
Malverbot, il divieto di dipingere, che
si applicherà qualche anno dopo anche a Nolde).
A
differenza di colleghi come Otto Dix i due artisti non cercano un sia pur
relativo quieto vivere, scegliendo la via dell’esilio interno. Anzi, continuano
a produrre opere di chiarissimo significato politico: il Trittico del Reich millenario di Hans, dipinto tra 1935 e 1938,
richiama stilisticamente sia il rinascimentale Trittico di Isenheim di Matthias Grünewald sia il moderno La Guerra di Otto Dix (1929-1932). Il
tema è molto attuale. Una classica giornata di carnevale che improvvisamente
degenera in caos e si trasforma infine in in occasione di morte e sofferenze è
un chiaro riferimento al nazismo e al proclama con cui Hitler annuncia la
nascita di un nuovo impero millenario (non a caso il titolo scelto da Grundig
per le sue memorie del 1957 è Zwischen
Karneval und Aschermittwoch, ovvero Tra
carnevale e mercoledì delle ceneri). Anche la Visione del futuro (1935 circa) e la Visione di una città incendiata del 1936, dipinti entrambi da Hans,
come pure l’acquaforte Hitler è guerra
di Lea stigmatizzano la politica belligerante di Hitler. Siamo, del resto, nei
mesi in cui l’aviazione tedesca interviene nell’ambito della guerra civile
spagnola.
Non
sorprende dunque che i due cadano nelle mani della Gestapo. Già nel 1936 fanno
tre giorni di galera, ma è nel 1938 che vengono condannati per alto tradimento:
“
Cara, cara mamma, già dall’intestazione
di questa lettera tu capirai dove ci troviamo, Lea e io” [40]. La lettera,
datata 7 giugno 1938, è scritta su carta intestata della
Polizeigefängnis di Dresda, le celle di rigore della centrale di
polizia, dove vengono trattenuti i fermati prima che per loro sia formulata
un’imputazione. “
Nella serata di martedì
scorso siamo stati improvvisamente arrestati, senza alcun preavviso. Cara
mamma, dovrei esserti io d’aiuto, ma adesso è il contrario. Carissima mamma, ho
bisogno di te, molto più di quanto sia mai accaduto” [41]. Hans prega sua
madre di andare al dipartimento della polizia segreta (appunto la Gestapo) per
ritirare le chiavi di casa, andare a casa loro e mandar loro biancheria,
dentifricio, un pettine, un piccolo specchio, alcuni romanzi storici. Chiede
inoltre che al pagamento dell’affitto pensi lei.
Sembra
quasi che pensi di tornare presto a casa, com’era già successo (starà invece in
prigione per sei mesi) e addirittura confidi nel sistema giudiziario in pieno
nazismo (spera che il suocero, ebreo ortodosso, possa procurargli un buon
avvocato per fare valere le ragioni sue e della moglie in tribunale). Anche le
lettere successive sono tutte legate ad aspetti pratici (la biancheria, la
riscossione di prestiti, il pagamento dell’affitto da parte del suocero, i
romanzi di Jules Verne che vorrebbe rileggere in cella, la sua polizza
assicurativa). Da luglio 1938 le missive non sono più inviate dalla centrale di
polizia, ma da un istituto penitenziario; il fermo si è dunque convertito in
arresto. Hans, inoltre, è stato separato dalla moglie e dunque ricominciamo a
incontrare lettere a lei indirizzate. In esse Grundig le racconta di aver
composto per lei delle canzoni [42], alterna disperazione e speranza [43],
ringrazia perché la corrispondenza della coniuge gli impedisce di farlo cadere
in depressione e lo mantiene in salute [44], cerca di sapere se sua moglie
riesca almeno a disegnare in carcere [45].
Hans è
rilasciato qualche mese prima di Lea. La donna si mostra forte, nonostante la
forzata lontananza. Ella scrive: “
Non
siamo forse più uniti di tanti che vivono insieme?” [46] “
Vita mia, io sono sempre qua, non sono morta”
[47]. Dalla prigione Lea si preoccupa della malattia del marito (che si è
ammalato di tubercolosi in prigione). Hans le risponde dicendole che è sua
intenzione battersi perché lei abbia le gratificazioni che si merita in campo
artistico [48]. La sollecita a superare la propria naturale modestia e a far
emergere le ragioni di una grande disegnatrice e grafica: “
E lo spettro della tua arte è così ampio, così ricco e diversificato come
dalla sinfonia al Lied [nota del traduttore: i Lieder sono le composizioni per
pianoforte e voce sola della lirica tedesca]” [49]. Lea, peraltro, è felice
che l’esperienza della prigione abbia provocato un riavvicinamento fra suo padre
e suo marito (val la pena ricordare che i genitori di lei erano del tutto
contrari al matrimonio) [50] e scrive di non sperare altro se non invecchiare
con Hans al suo fianco [51].
La
separazione prosegue anche nei primi mesi del 1939. A marzo Hans riprende a
dipingere. Lea gli scrive: “
Il fatto che
tu lavori e come tu lavori, mi sembra cosa meravigliosa. Potrei consigliarti
tante immagini, tanti confronti, tanti nomi” [52]. Lo esorta ad andare al
cinema [53]. Lea ricorda la tavola del
Carnevale
nel trittico dipinto dal marito e si abbandona ad alcune considerazioni sulle
sue ultime opere d’arte, che ancora non ha potuto ammirare: “
Anima mia, sono così triste di non poter
vedere il tuo quadro. Cerco di immaginarlo e mi viene sempre agli occhi il ‘grande
Carnevale’. Vedo luccicare i suoi colori meravigliosi, e, in superficie, tanti
spazi profondi sullo sfondo. Mi ricordo così bene e mi sembra di vedere il tuo
verde. Di questo colore così riservato e serio tu ti servi in tutte le notazioni,
dalla tonalità minore a quella maggiore [nota del traduttore: si riferisce alle
tonalità musicali]
, e lo porti a una passione e a un’aggressività che sono
davvero strabilianti. Questo quadro [nota del traduttore: il Carnevale]
, così
fondamentale nel tuo sviluppo, mi sembra essere uno dei più belli e
significativi che vi siano mai stati. E il nuovo quadro deve superarlo, deve
essere così. Cuore mio, fammi il piacere e portami uno schizzo. Io ho
quest’esigenza, per poterlo almeno immaginare. Dai giorni del quadro sul
carnevale tu ti sei impossessato di nuovi colori. In quello degli orsi hai
fatto un passo in avanti con nuovi toni potenti in rosso. Anima mia, le mie
attese sono così piene di gioia; è così amaro non poter vedere il nuovo quadro.
Nei quadri vi è sempre qualcosa di magico. Non è forse che ciò che di vero e
reale vi è raffigurato si fonde in modo misterioso con l’immagine che ne fa
l’artista, almeno dal punto di vista dei nostri sentimenti? E quella bella
magia non può forse far sognare gli uomini e i popoli genuinamente semplici?” [54]
. Sempre nella lettera del 15 marzo Lea
dice al marito che il padre intende partire per la Palestina (se ne rammarica,
ma capisce che non vi è alternativa) e il 29 marzo 1939 comunica a Hans l’indirizzo
del padre a Haifa, aggiungendo che proprio il padre si occuperà di far
emigrare anche loro. In tutta onestà, è difficile capire come Lea possa
scrivere così liberamente dalla prigione sull'attività pittorica (proibita al marito) e sull’intenzione di lasciare la
Germania, senza che la Gestapo non intervenga a censurare le lettere (basti
pensare che sono passati solamente sei mesi dalla Notte dei cristalli). Stava
forse negoziando con le autorità affinché fossero espulsi entrambi?
Pochi
giorni dopo la liberazione di Lea, a fine marzo, Hans è di nuovo imprigionato:
è il 24 aprile 1939. I ruoli s’invertono: ora è lui a scrivere a casa dalla
cella, a rassicurare la moglie, a ricordarle quanto importante sia per lui
portare il suo anello di matrimonio al dito [55]. È di maggio una lettera di
Hans piena di riferimenti alla statuaria classica, ma anche a Rodin, Maillol,
Lehmbruck: si tratta di una discussione tra artisti sulla capacità di
rappresentazione della realtà anche della scultura volontariamente
frammentaria, e in particolare delle statue che rappresentano torsi. Nella
stessa missiva Hans scrive alla moglie: “
Spero
che potrai presto darmi buone notizie sull’emigrazione” [56].
Nel
dicembre 1939, a guerra già scoppiata, la pittrice viene espulsa dalla
Germania: è la cosa migliore che le possa capitare. Nelle sue memorie,
pubblicate nel 1958 (
Gesichte und
Geschichte –
Volti e storia)
racconterà con molta precisione il viaggio che la porterà prima a Vienna, poi a
Bratislava e da lì, assieme a un gruppo di ebrei slovacchi, in Israele (dove
giungerà nel 1940). Hans è invece rinchiuso nella prigione politica di
Oranienburg e nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Non sembra che Hans
e Lea riescano ad avere più notizie l’uno dell’altra. Certo è che le lettere
finiscono. Grundig scrive invece brevi messaggi alla madre fino al settembre
1944, quando diventa coscritto in un battaglione punitivo della Wehrmacht e
mandato sul fronte orientale, dove diserta e si consegna all’Armata Rossa,
finendo la guerra combattendo per l’Unione Sovietica. Solo a fine marzo 1946
Hans e Lea hanno la certezza di essere entrambi sopravvissuti.
Liberato - Lettere dal 1946 al 1957
Più di sei anni senza
una lettera, almeno a giudicare dal carteggio pubblicato. A fine marzo 1946
Hans torna a scrivere alla moglie (che si trova in Palestina, all’epoca sotto controllo
inglese): “Carissima Lea, sono a casa,
sto bene, e ho adesso un solo grande desiderio: che anche tu, la cosa più cara
che io abbia, possa essere presto con me” [57]. “Gli ultimi anni sono stati terribili, atroci, senza speranza alcuna di
poter rivedere casa e te, mio grande sostegno. Che io sia ancora vivo, è un
miracolo di cui non riesco ancora a capacitarmi” [58]. Finalmente è a casa e gli sembra, per un momento, di fare un tuffo
nel passato, quando lui e la moglie erano giovani e allegri. Si ricorda
dell’ultima volta che è riuscito ad incontrarla, nella sala per le visite della
prigione, e poi a scorgerla ancora, dallo spioncino della porta, mentre si
allontanava. “Ti ricordi dell’ultimo
regalo che mi facesti, quella piccola mela su cui avevi inciso le nostre
iniziali?” [59].
Hans
racconta di essere stato deportato nel campo di concentramento per via di una
lettera scritta dall’amico svizzero Albert Merkling, lettera contenente una
poesia fortemente critica verso il regime, ma soprattutto l’indicazione (in
codice) che Lea era fuori pericolo: “
Cara,
carissima Lea, da quel momento sono rinato: sapevo che eri viva e non eri più
in Germania. Ti eri salvata la vita. Lea, ciò mi ha permesso di sopportare ogni
cosa e abbiamo fatto bene a fare quel che abbiamo fatto, nonostante tutte le
difficoltà. Lea, mia bruna, saresti sicuramente morta se fossi arrivata a
Ravensburg [ndr: un campo di concentramento femminile].
Lea, ho visto queste povere donne, ho visto,
ho vissuto. Spingevano i carri più pesanti, erano trascinate come vere e
proprie bestie con cani e a frustate” [60].
La
corrispondenza con Lea riprende a essere frequente e regolare. Vi si leggono
frasi che riguardano aspetti privati e pubblici, questioni personali e d’arte.
La costante è la desolazione per l’assenza della moglie (solitudine, ansia,
nostalgia, tristezza, impazienza, dolore, depressione) e la cronaca dei vari
tentativi intrapresi dal pittore per accelerarne il rientro; altre lettere sono
dedicate alle ricadute della tubercolosi. In questa sede ci concentreremo però
su questioni che riguardano l’arte: il ruolo di Hans come nuovo direttore
dell’Accademia di Belle Arti, la nuova produzione di Hans e Lea, le discussioni
nei circoli artistici a Dresda, la speranza per una nuova arte che verrà.
Spesso si tratta di testi molto lunghi, a volte vere e proprie relazioni, per
tenere Lea perfettamente informata di quanto sta accadendo in Germania.
Le opere d’arte di Hans e Lea nel primo
dopoguerra
Dal luglio 1946
Hans ha ripreso a dipingere [61]: espone non solo a Dresda, ma anche a Berlino
e Lipsia. Riprendere i pennelli in mano dopo qualche anno non è stato facile, e
si sente come se fosse tornato a essere un principiante [62]. La critica,
peraltro, non sempre è generosa: per un pittore cresciuto in piena età
espressionista – scrive Hans - si pone ora il problema di evitare di essere
criticato come “astratto e non
sufficientemente realista” [63]. “Il
mio lavoro viene capito da pochissimi e piace a un numero ancor più limitato di
persone. All’inizio ne sono stato rattristato. Pensavo di esprimermi in modo
comprensibile. Non è così. Sul quadro degli orsi, molti dicono: «Non ci sono
orsi rossi e lupi verdi. (…) È solo
colpa mia? Credo di aver chiesto troppo a pensiero e sentimento»” [64]. Non mancano però i toni ottimistici; secondo
Hans l’arte sta andando verso una nuova era “di pace e calma” [65] che sostituirà il grigiore degli anni
precedenti [66] e non sarà più caratterizzata dalla necessità di negare il presente
[67].
Che l’arte
del futuro dimentichi le tragedie del passato è un auspicio; nel concreto, le
opere più rappresentative che dipinge nel 1946 sono le due tele dedicate “
Alle vittime del fascismo”. E non è un
caso che Grundig specifichi in una lettera di quell’anno che il problema
dell’arte è in definitiva quello del “
lutto
nell’opera d’arte” [68]. Sull’iconografia delle due tele, l’artista
scrive: “
Ho voluto avvolgere questa
umanità distrutta ed eppure meravigliosa in quel che è più prezioso per gli
uomini. Ho pensato che si dovesse far loro giacere su oro puro e l’ho fatto. In
tal modo, danno adesso l’impressione di un festeggiamento ostinato, legato alla
bellezza selvaggia della morte, che è forza della natura. Non so se io abbia
ragione. Ma credo tuttavia di aver percorso la strada giusta. Tutti quelli che
lo hanno visto ne sono stati catturati. Sia che siano intellettuali o persone
semplici. Tutti dicono lo stesso: è sconvolgente, ed è bello” [69].
Il pittore riceve
per posta le nuove opere grafiche della moglie e ne loda bellezza e varietà: “
meravigliose nella loro forza espressiva e
spesso magistrali nell’effetto in bianco e nero” [70].
Finalmente
sia i suoi quadri, sia i lavori grafici della moglie cominciano a essere acquistati.
Hans si tiene comunque ben lontano dal mercato ‘capitalistico’; a comprare sono
enti pubblici locali, l’amministrazione di Berlino, l’Unione Sovietica, i musei
di Mosca. A fine dicembre 1946 scrive esultante alla moglie di aver incassato
quindicimila marchi: “
Non abbiamo mai
avuto tanti soldi” [71]. A essere comprati sono sue opere degli anni Trenta, ma anche il ritratto di Lea del 1946 (fig. 53) e molta grafica. “
A privati non avrei mai dato via nulla”
[72]. E in un momento di esaltazione, si lascia andare in questi termini: “
Cara, presto saremo noi stessi i classici”
[73].
Le prime mostre del dopoguerra a Dresda
Già nella
prima lettera del marzo 1946 Hans racconta a Lea cosa sta succedendo nel mondo
artistico della Dresda devastata dai bombardamenti: si stanno tenendo due
mostre, una di pittura e l’altra di grafica. La mostra di pittura sugli artisti
sassoni all’Accademia (dal 28 marzo al 30 giugno 1946, organizzata dal Kulturbund zur demokratischen Erneuerung
Deutschlands, ovvero dalla Lega degli artisti per il rinnovamento
democratico della Germania) consente di mostrare per la prima volta le tele
proibite durante il nazismo, ma rivela, a suo parere, l’assenza di una
generazione successiva a quella la cui attività è stata proibita nel 1933: “È buono quel che già prima del 1933 aveva
qualità. Invece, il valore spirituale di altri lavori esposti è vergognoso.
Tutto più o meno associato all’ambiente locale, molto limitato dal punto di
vista della visione generale del mondo, e quel che è peggio, senza che gli anni
spaventosi della rovina vi siano in alcun modo riflessi” [74].
Nonostante
la mostra sia dedicata agli artisti di Dresda “vittime del fascismo”, Hans
sente insomma di avere a che fare con una pittura che considera leggera,
anemica, inutile e spesso compromessa con il nazismo. Forse si riferisce a
pittori come Josef Hegenbarth (1884-1962), attivi soprattutto come
illustratori, che in quella mostra vengono esposti. “Lea, tu e io siamo gli unici. … Quanto a me si vedono le grandi opere:
il quadro della città distrutta, affiancato dal Carnevale del 1935 e
dall’immagine del caos dell’anno 1939. Sono lavori vigorosi, hanno un forte
effetto, e in essi è vivo il dramma del fascismo. E tuttavia noi siamo gli
unici in questo campo. Oltre a questi miei quadri sono appesi quello degli
orsi, molto bello [La lotta degli orsi e dei lupi]; poi quello degli uomini che dormono; e, infine, il mio primo quadro a
raffigurare una città distrutta, quello più piccolo. Di
te ho esposto – inserite in belle cornici sul tavolo – le incisioni … I tuoi
lavori ti hanno creato molti nuovi ammiratori, oltre a quelli che già ti amano”
[75].
“
Contemporaneamente vi è un’altra mostra di
sola grafica, nelle sale della scuola per le scienze applicate, rimasta
intatta. Anche qui siamo noi due a dare l’impressione più forte. In precedenza
vi si era tenuta una retrospettiva di Käthe Kollwitz. Fogli meravigliosi della
grande donna che è stata unica fino all’ultimo, fino all’isolamento totale”
[76]. Hans scrive a Lea di credere che solo loro due siano i veri eredi del
messaggio artistico e ideale della Kollwitz (1867-1945).
Alcuni mesi
dopo, il 30 settembre 1946, Grundig parla della Allgemeine Deutsche Kunstaustellung (la mostra dell’arte delle
quattro zone d’occupazione della Germania intera, gestite da americani,
sovietici, britannici e francesi), da lui stesso organizzata. È la prima grande
mostra d’arte contemporanea che si tiene a Dresda da vent’anni a questa parte.
“Sono state settimane di lavoro durissimo
– scrive alla moglie – ma adesso la
mostra esiste, negli spazi dell’ex museo dell’esercito a Dresda-Neustadt. Ho
sollecitato ed esposto tutto quel che oggi esiste in termini di forze positive nella
Germania intera. Ho ricevuto l’incarico da parte del governo regionale, insieme
al dottor Grohmann, di recuperare materiale espositivo dalla zona occidentale.
E così ho viaggiato in Baviera, Baden, Württemberg e Assia” [77]. Su quel
viaggio, compiuto assieme insieme al critico Will Grohmann in Germania
Occidentale, abbiamo letto anche alcune belle lettere scritte da Otto Dix. Le lettere
sia di Grundig sia di Dix testimoniano dunque che Grundig non è solamente entrato
nel mondo accademico della città, assumendone la direzione, ma svolge incarichi
importanti anche nei rapporti con le altre zone della Germania.
Alla
conclusione della mostra, tenutasi dal 25 agosto al 31 ottobre 1946, Grundig
organizza un convegno: “Si discutono
tutti i temi delle belle arti: forma, contenuto, tema, educazione dei giovani,
teatro, musica, danza, architettura” [78]. “Ogni giorno si tengono due relazioni di artisti e studiosi d’arte.
Diamo la parola a tutte le tendenze che sono oggi attive, aspettiamo ospiti e
relatori da tutte le zone della Germania” [79].
 |
Fig. 4) Il manifesto del congresso tenutosi a Dresda dal 26 al 29 ottobre 1946 |
In una lettera del 10 novembre, a mostra
conclusa, il pittore traccia un bilancio. “È stata una mostra che ha presentato tutte le
forze artistiche presenti e positive. Klee, Kandinsky, Feininger, gli artisti
del Ponte Kirchner, Heckel, Pechstein; Lehmbruck, artisti come Hofer,
Kokoschka, scultori come Marcks, Albiker – fino ai giorni nostri. La storia
dell’arte di due guerre mondiali, inflazione, e fascismo. Noi, Lea, tu ed io
come i successori dell’espressionismo, come il punto di congiunzione di tutte
le espressioni precedenti. In mezzo Kretzschmar, Jüchser, Paul Berger e altri” [80].
Passano i
mesi e Lea non è ancora tornata. Il 7 aprile 1948 Hans annuncia alla moglie la
mostra “150 Jahre soziale Strömungen in der Bildenden
Kunst” ovvero “150
anni di correnti sociali nell’arte”, che si apre a Dresda il giorno seguente
(la mostra si è tenuta l’anno precedente a Berlino). “Mostra il percorso storico dai tempi di Goya fino a oggi. Tutto quello
che ha a che fare con questo tema è rappresentato almeno con alcune opere.
Ovviamente soprattutto l’epoca dal tardo impressionismo fino a noi: Meunier, Liebermann,
Menzel, Klinger, fra l’altro con stampe meravigliose. È strano che io non apprezzassi Klinger così tanto come faccio oggi. È un grande uomo e non a caso il maestro di Käthe
Kollwitz. Ha un linguaggio formale stranamente rigoroso. Il suo amore per il
mondo antico si sovrappone a temi del nostro tempo che sono davvero umani”
[81]. Seguono parole di grande stima per Käthe Kollwitz e Heinrich Zille (1858–1929), Bernhard Kretzschmar (1889-1972), Eugen Hoffmann (1892-1955) e Wilhelm
Lachnit (1899-1962). Questi ultimi non solo sono suoi coetanei, ma anche gli
amici della vita di Hans. Grundig ha pienamente la coscienza che la sua
generazione è ormai oggetto delle celebrazioni altrui.
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Fig. 5) Il poster della mostra 150 anni di correnti sociali nell’arte, tenutasi a Dresda nel 1948 |
NOTE
[39]
Degenerate art: the fate of the avant-garde in Nazi Germany, a cura di Stephanie Barron, Los Angeles County Museum of Art, 1991, 423 pagine. Si veda:
https://archive.org/stream/degenerateartfa00barr#page/246/mode/2up/search/grundig.
[40] Grundig, Hans -
Künstlerbriefe aus den Jahren 1926 bis 1957. Con una prefazione e a cura di Berngard Wächter Rudolstadt, VEB Greifenverlag, 1966, 167 pagine più sessanta tavole fuori testo.
[41] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 67.
[42] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 70.
[43] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 71.
[44] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 72.
[45] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 72.
[46] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 72.
[47] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 73.
[48] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 74.
[49] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 75.
[50] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), pp. 75-76.
[51] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 76.
[52] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 76.
[53] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 77.
[54] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 77.
[55] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 79.
[56] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 82.
[57] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 91.
[58] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 91.
[59] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 91.
[60] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 92.
[61] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 97.
[62] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 98.
[63] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 98.
[64] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 111.
[65] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 96.
[66] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 96.
[67] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), pp. 100-101.
[68] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 101.
[69] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), pp. 122-123.
[70] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 110.
[71] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 116.
[72] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 116.
[73] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 133.
[74] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 93.
[75] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 93.
[76] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (quoted), p. 93.
[77] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 107.
[78] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 112.
[79] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 107.
[80] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 114.
[81] Grundig, Hans –
Künstlerbriefe … (citato), p. 133.
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