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lunedì 21 novembre 2016

Carl Friedrich von Rumohr, [Tre viaggi in Italia], 1823. Parte Prima


English Version

Carl Friedrich von Rumohr
Drey Reisen nach Italien. [Tre viaggi in Italia]

Lipsia, F. A. Brockhaus, 1832

Parte Prima
Recensione di Francesco Mazzaferro

Fig. 1) Frontespizio dei Tre Viaggi in Italia del 1832

Von Rumohr e la nascita della storia dell’arte italiana nel mondo tedesco

Mi sono trovato tra le mani un originale dei Tre viaggi in Italia. Ricordi di Carl Friedrich von Rumohr [1], e l’ho letto di getto. Il testo fu pubblicato nel 1832, e da allora non è stato più riedito sino al 2003, quando Enrica Yvonne Dilk, per i tipi di Olms Weidmann, lo ha di nuovo dato alle stampe, nell’ambito di una riedizione anastatica dell’opera omnia del critico tedesco (tuttavia senza alcuna introduzione o commento critico) [2]. Si tratta  di un testo a mio parere straordinariamente interessante sulla storia dei rapporti culturali tra Germania ed Italia, ma che non ha ancora incontrato l’attenzione che merita, anche nel mondo tedesco.

Per la verità, in Italia i Tre Viaggi sono stati parzialmente tradotti da Chiara Battezzati nel 2009 [3], in un saggio cui è stata già dedicato un post in questo blog. Il testo della Battezzati è dedicato a “Carl Friedrich von Rumohr e l’arte nell’Italia settentrionale”, e riguarda dunque quasi esclusivamente la sua attività di conoscitore in Italia del Nord, soprattutto nel corso del terzo viaggio, tra 1828 e 1829 (si tratta in sostanze delle ultime venticinque pagine dei Tre Viaggi, in cui Carl Friedrich narra le ispezioni condotte presso privati al fine di esaminare tele per possibili acquisti a beneficio dei musei di Berlino). Ci asterremo dal commentare quella sezione, perché già trattata nel post sul saggio del 2009.


Fig. 2) Friedrich Nerly, Ritratto di Carl Friedrich von Rumohr, 1823–1827

Carl Friedrich von Rumohr è certamente una figura poliedrica. Vissuto a cavallo del XVIII e XIX secolo (1785-1843) fu uno dei primi storici dell’arte, famoso conoscitore e scrittore di estetica, ma anche romanziere di successo e persino (serio) saggista di culinaria, giardinaggio, orticultura ed economia agraria. La sua monografia su Lo spirito dell’arte della cucina (Geist der Kochkunst) è ancora oggi sul mercato in numerose lingue [4], come testimonianza della nascita di una nuova disciplina (non esistevano fino ad allora trattati scientifici di cucina).


Fig. 3) Il saggio di Chiara Battezzati sui Tre Viaggi di von Rumohr, pubblicato nel 2009

Il suo rapporto con l’Italia (che considerava la sua seconda patria) è continuativo, e si colloca in una fase in cui la cultura tedesca (in Germania l’Italia è già popolarissima dopo le opere del Winckelmann della seconda metà del Settecento ed il Viaggio in Italia del Goethe, pubblicato nel 1816) si confronta per la prima volta con uno studio sistematico dell’arte italiana. Il primo viaggio del giovanissimo Carl Friedrich è del 1805-1806 ed è un’avventura che lo porta alla scoperta delle bellezze del nostro paese. Il secondo soggiorno, dieci anni dopo, è molto più lungo (1816–1821) ed è contraddistinto da un esame sistematico delle opere e da studi archivistici approfonditi sul Medioevo. Nel 1827 von Rumohr pubblica i primi due libri [5] delle sue “Ricerche italiane” (Italienische Forschungen), risultato di quegli studi. È il primo tentativo nel mondo tedesco di scrivere una storia dell’arte italiana, che l’autore concentra sull’arte medievale e sul Quattrocento. Si tratta di una vera e propria innovazione, sia in termini metodologici sia sul piano della scelta del periodo, in linea con la riscoperta del Medioevo da parte del movimento romantico. Rumohr si ispira alla Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo del Lanzi (1796). Seguendo tale modello, egli rimodula l’attenzione del mondo tedesco dall’arte classica (su cui aveva centrato la sua attenzione il Winckelmann) a quella dell’epoca moderna. Il successo delle Ricerche incoraggia in quegli anni la pubblicazione a Lipsia della traduzione tedesca del testo di Lanzi (il volume primo nel 1830 [6], il secondo nel 1831 [7] e il terzo nel 1833 [8]).

Su richiesta del primo ministro prussiano Alexander von Humboldt, Carl Friedrich assume a Berlino funzioni importanti nella nuova sistemazione delle collezioni d’arte, scoprendo che un terzo degli acquisti già effettuati (per la metà del valore) sono o falsi ed imitazioni oppure opere di poco o nessun valore spesso vendute come capolavori a curatori ingenui e poco accorti. Nel 1828–1829 il quarantatreenne von Rumohr è in Italia per il terzo soggiorno, sia per accompagnare il suo giovane protetto, il pittore Friedrich Nerly (1807-1878) che si stabilì in Italia per tutta la vita, sia per incaricarsi di una nuova campagna d’acquisti per le collezioni berlinesi. Nel 1831 esce il terzo volume delle “Ricerche Italiane”, dedicato nella sua prima parte a Raffaello (è lo studio critico più moderno, a quei tempi, sull’artista) e nella seconda alla storia dell’architettura italiana [9]. I Tre viaggi in Italia vedono la luce, come già detto, nel 1832, e devono dunque essere letti in continuità con i tre volumi delle Ricerche italiane. Sei anni dopo, nel 1838, von Rumohr pubblica le memorie del suo Viaggio in Lombardia [10], effettuato l’anno precedente. Si tratta, in quel caso, di un viaggio di studio di tutt’altra natura: si reca in Lombardia per studiarne la moderna agricoltura ed il sistema avanzato di canalizzazione (un interesse già testimoniato nei Tre viaggi del 1832) operando confronti con la situazione nel mondo tedesco. 

Fig. 4) Il frontespizio del primo volume delle Ricerche italiane del 1827
Fig. 5) La traduzione in tedesco, nel 1830, del primo volume
della “Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo” di Luigi Lanzi.
  
È un periodo d’interesse straordinario per l’arte italiana in Germania: nel 1839 fa la sua comparsa l’imponente saggio in due volumi di Passavant (1300 pagine) su Raffaello [11], considerato la prima grande monografia moderna su un singolo artista, che supera per molti aspetti il saggio di Rumohr di qualche anno prima e lo rende obsoleto per il grande pubblico. Da allora le Ricerche italiane tendono a perdere peso nella discussione tedesca sull’arte italiana, fino a quando Julius von Schlosser non le ripubblicherà in edizione commentata nel 1920 [12], come esempio di un primo studio critico basato sullo studio delle fonti di storia dell’arte e non su una visione dogmatica di teorie estetiche.

Fig. 6) Il frontespizio della monografia di Passavant (primo volume)
su Raffaello d’Urbino e suo padre Giovanni Santi, del 1839
Fig. 7) La nuova edizione delle Ricerche italiane di Carl Friedrich von Rumohr,
curata e commentata da Julius von Schlosser nel 1920

Le passioni ed i tormenti del conoscitore

L’arte – scrive van Rumohr – vive dell’interazione tra due figure: il committente (Gönner) e l’artista, ovvero la domanda e l’offerta (“Nachfrage und Absatz” [13]). Quel che è comune ad entrambi è “la capacità di guardare in modo acuto ed esatto, di percepire con forza quel che si è visto e di conservarne a lungo il ricordo nella mente” [14]. Per lo sviluppo “di tutte le grandi epoche dell’arte, sia dei tempi antichi sia di quelli moderni” [15] il ruolo dei committenti è altrettanto “necessario ed essenziale” [16] di quello degli artisti. E tuttavia la scelta di vita di von Rumohr è terza rispetto a queste due posizioni: “Se io fossi stato ricco e potente, o anche uno dei due, chissà quale influenza avrei potuto esercitare sull’attività artistica dei nostri giorni. Se io non avessi invece avuto possibilità economiche sufficienti a mantenermi nello stato attuale, chissà quale artista sarei potuto divenire. Il destino mi ha affidato troppo poco per divenire committente e troppo per divenire artista. (…) Se pur non sono divenuto né artista né committente, la vita mi ha comunque donato la facoltà di vedere, sia nell’immediato sia nella memoria. E grazie ad essa quel che dico o comunico per iscritto è divenuto di un qualche interesse anche per gli altri” [17]. Von Rumohr è dunque un critico d’arte, oppure – come si diceva all’epoca – un conoscitore (Kenner) [18].

È un mestiere rischioso: “Su nient’altro è più facile ingannarsi” [19]. Quand’era giovane, spiega Carl Friedrich, egli aveva “una grandissima paura delle opinioni, dei punti di vista e delle affermazioni degli altri” [20]. E tuttavia, nulla è più utile che far riferimento al lavoro degli altri: “chi si limita troppo presto alle proprie opinioni farà progressi molto più lentamente di coloro che sono aperti a quelle altrui, senza per questo essere meno esposti al rischio di un errore” [21]. E tra i suoi maestri egli cita con particolare venerazione Johann Dominicus Fiorillo (1748-1821), il primo critico d’arte tedesco, che lo educa a considerare con grande diffidenza il neoclassicismo winckelmanniano, tutto basato su criteri astratti e sulle proposizioni dello spirito [22]. Non è il senso del bello in senso astratto – dice Fiorillo – a dover essere oggetto di attenzione del critico, ma la capacità dell’artista di “eccitare” l’osservatore e di favorirne “la ricettività degli impulsi che provengono dal colore, dall’armonia, dall’uso del pennello, dal gioco delle forme” [23]. A cinquant’anni dalla sua permanenza a Roma e Bologna, Fiorillo ancora si batte contro Mengs e a favore di Pompeo Batoni (una polemica - ricorda sorridendo von Rumohr - che gli stessi italiani hanno ormai dimenticato): il primo è visto come esponente di un neoclassicismo troppo astratto, il secondo di un ritrattismo ben più fresco [24].


Fig.8) Anton Raphael Mengs, Ritratto del cardinale Alberico Archinto, 1756-1757
Fig. 9) Pompeo Batoni, Ritratto di Francis Basset, Primo Barone di Dunstanville, 1778

I Tre viaggi come opera d’estetica empirica

L’introduzione ai Tre viaggi è un lungo scritto critico (68 pagine) la cui importanza non può certo essere sottovalutata. Si intitola “Qualcosa sulla preparazione e sull’avvio” (del primo viaggio), ovvero “Einiges zur Vorbereitung und Einleitung”. Al di là di alcune esternazioni sul suo precoce amore per l’arte, si tratta in realtà di un pamphlet polemico nei confronti del pensiero estetico tedesco predominante, da Winckelmann per passare a Lessing fino a Goethe e all’estetica weimariana, e a favore di un approccio empirico all’osservazione dell’arte. È un tema sul quale von Rumohr ha già speso la prima parte del primo libro delle Ricerche italiane, ovvero la lunga sezione (133 pagine) intitolata “L’economia dell’arte” (Haushalt der Kunst) [25].

Perché si torna sul tema? E perché il testo precede la descrizione dei viaggi in Italia? Una prima ragione, messa in risalto da Julius von Schlosser nella sua prefazione alla riedizione delle Ricerche Italiane del 1920, è che lo scritto di Carl Friedrich sull’Italia potrebbe essere letto come una sorta di manifesto ‘Anti-Winckelmanniano’, sia da un punto di vista teorico sia da un punto di vista del diverso approccio nei confronti dell’Italia. Una seconda spiegazione è che, nel mondo tedesco-italiano di von Rumohr, la fonte di tutti i mali (sia per il pensiero estetico sia per la debolezza dell’arte contemporanea) è l’intreccio tra la letteratura italiana del Seicento (Bellori e Malvasia, con la teoria del bello ideale nel primo e con l’esaltazione dell’accademismo bolognese nel secondo) e le teorie estetiche (la teoria dell’oggetto, la teoria dell’imitazione) che si vanno diffondendo nel mondo tedesco a partire dal 1780.

Il rimedio sta nell’incrocio, anch’esso prettamente tedesco-italiano, fra tre fattori.

Il primo è il recupero dell’arte medievale nella critica d’arte italiana: da qui il grande interesse di Rumohr per Luigi Lanzi (1732 –1810), che lo fa parlare di un ampio primato cronologico della critica d’arte italiana su quella tedesca grazie alla Storia pittorica del 1796 [26]. È infatti Lanzi a recuperare il Medioevo come momento fondamentale dell’arte italiana e ad essere dunque, per Rumohr, il vero ispiratore dei tedeschi a Roma [27]. Ma Carl Friedrich conosce ed apprezza studiosi italiani ben precedenti come Giovan Pietro Zanotti (1674- 1765) e Francesco Gori Gandellini (1738-1784). È infatti l’anziano Zanotti a riscoprire per primo Giotto, in una lettera al Bottari [28] pubblicata nella celebre raccolta di lettere di Bottari-Ticozzi del 1822-1825. Il secondo fattore è rappresentato dai nuovi movimenti neoromantici tedeschi: tra i compagni di viaggio in Italia nel 1805-1806 vi è Ludwig Tieck (1773 –1853), uno dei fondatori dello Sturm und Drang. Il terzo elemento è la scoperta del paesaggio come motivo centrale della creazione artistica da parte dei pittori dei suoi tempi [29]. L’incrocio differente tra questi tre motivi conduce a forme diverse e plurali nell’espressione artistica contemporanea [30], che fanno ben sperare nella loro capacità di rinnovare i gusti ed i temi, nonostante alcune bizzarrie [31]. Va qui detto che von Rumohr è, fra l’altro, amico di Philipp Otto Runge, il pittore romantico scomparso precocemente nel 1810, e che sostiene negli anni seguenti il paesaggista romantico Friedrich Nerly, già citato.


Fig. 10) Friedrich Nerly, Studio di rocce e radici ad Olevano, senza data.

Se cambia l’arte - continua Carl Friedrich - anche chi la contempla deve imparare a cambiare i criteri con cui ad essa si guarda. Nell’estetica tedesca di quegli anni il centro dell’attenzione è il Gegenstand (ovvero, con traduzione letterale ma non soddisfacente, l’oggetto): l’opera viene infatti considerata esclusivamente come prodotto fisico finale, e si guarda dunque sia alla sua forma sia al suo soggetto solamente come espressione concreta di un concetto ideale superiore. Conta quel che l’opera rappresenta oggettivamente. Per Rumohr si deve volgere il proprio sguardo da una considerazione esclusiva del Gegenstand ad una piena comprensione dell’opera come processo creativo: “le condizioni congiunturali, la storia, la religione, l’orientamento educativo, addirittura lo stato d’animo del momento” [32] del creatore fanno premio sul Gegenstand. Ed a modello di quello che deve essere il comportamento di chi osserva l’arte cita il quadro di Franz von Mieris il vecchio “Studio di pittore”: il pittore ha ceduto la sedia allo spettatore, che esamina l’opera non ancora finita sul cavalletto. Il critico deve dunque capire che conta assai più la capacità dell’artista del Gegenstand [33]: in ultima analisi ad un bel Gegenstand può corrispondere un brutto dipinto, così come ad un brutto Gegenstand una bella opera [34]. “È il vivente, l’artista a fare sempre la differenza” [35].


Fig. 11) Frans van Mieris il vecchio, Lo studio del pittore, 1659 circa

Winckelmann e Goethe si recano in Italia soprattutto per riscoprire l’antico come elemento centrale della preservazione della loro identità, mentre per von Rumohr i viaggi in Italia sono parte di una riflessione sull’arte dei suoi tempi e sulla necessità di cambiamento. Sulla base del rifiuto della linea di pensiero Bellori-Malvasia-Winckelmann-Lessing-Goethe, egli rigetta ogni struttura estetica di tipo sistematico ed elabora un pensiero empirico, tutto centrato sull’identificazione del processo creativo – necessariamente individuale ed unico – da parte di ogni artista. Nasce con lui l’idea che ogni pittore abbia (e debba necessariamente avere) un suo stile. Su quella base von Rumohr rigetta sia l’estetica dei pittori tedeschi che vivono a Roma, pur essendo grande amico di Joseph Anton Koch (1768–1839), sia quella dei Nazareni. In entrambe vede l’ulteriore manifestazione di una logica d’imitazione di modelli precedenti che sta spegnendo la fantasia degli artisti [36]. Si pone dunque sia contro il neoclassicismo weimariano sia contro una logica romantica di recupero dell’iconografia quattrocentesca-raffaellesca. L’arte deve sempre e solo essere arte moderna, sia pur nella necessaria conoscenza dei grandi pittori che hanno fatto la sua storia.

Colpisce come Rumohr evidenzi quanto siano ampi gli elementi di continuità nel momento del passaggio tra neoclassicismo e romanticismo, ovvero tra il 1780 ed il 1830. Sono gli anni del trionfo dell’estetica come filosofia del bello, che segna il prevalere dell’idea astratta (“oggetto, idea, senso, significato” [37]) sulla considerazione concreta delle opere d’arte sulla base delle loro caratteristiche. L’opera d’arte viene concepita come rivelazione di idee superiori a tal punto che agli originali d’opere considerate inferiori si preferiscono le copie di opere viste come superiori: si crea così nel mondo dell’arte “una domanda vivace di copie” [38]. Dal punto di vista museale, questo si traduce nell’idea, da parte di Aloys Hirt (1759-1837), uno dei maggiori studiosi d’arte, archeologia ed estetica di quegli anni, di fondare i musei di Berlino come raccolta di copie delle maggiori opere della storia dell’arte, idea cui von Rumohr si opporrà con tutte le sue forze, alla fine con successo. Molte pagine dei Tre viaggi sono un attacco diretto ad Hirt [39], che viene sostituito da Gustav Friedrich Waagen (1794-1868), con cui Rumohr collabora nella costruzione di una raccolta di originali di livello pari alla dignità della capitale prussiana.

Von Rumohr proclama il valore insuperabile dell’originale e si batte contro un’estetica dell’imitazione, il cui primo responsabile moderno è a suo parere Winckelmann [40] con i “Pensieri sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura” (Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst) (1755). La generazione seguente amplia e canonizza quell’errore [41], con le dottrine neoclassiche proclamate da Goethe [42] e dal circolo dei Weimarischen Kunstfreunde (gli amici dell’arte di Weimar) [43]. Ma in realtà, Winckelmann è il prodotto di un fraintendimento dell’idealismo che dura almeno da trecento anni [44], e che ha origine in Carlo Sacchi e Francesco Albani [45], nel Malvasia [46] e nel loro rifiuto dello studio della natura [47], ma, ancor prima, nel platonismo e nella scolastica [48]. Era l’idea che, all’imitazione della natura, si dovesse preferire l’imitazione degli antichi. I cattivi maestri sono Annibale Carracci, Malvasia, Mengs [49]. Da quando queste teorie hanno portato alla diffusione delle copie in gesso dalla fine del 1600 per l’Accademia esse hanno contribuito alla decadenza dell’arte [50]. Le sale delle antichità sono una disgrazia [51] e la loro apertura ad Anversa (1680) ed Amsterdam (1700) ha decretato la fine della grande arte fiamminga e olandese [52]. Invece quella tradizione rivive là dove si continua a coltivare l’osservazione della natura, come nell’Amburgo settecentesca di Balthasar Denner (1685-1749) e Dominicus van der Smissen (1704-1760). 

Fig. 12) Balthasar Denner, I tre figli dell’assessore Barthold Heinrich Brockes, 1724
Fig. 13) Balthasar Denner, L’avarizia. Vecchia che incassa denaro, senza data
Fig. 14) Dominicus van der Smissen, La Signora von Zanthie, senza data

Von Rumohr è fautore di un concetto empirico del bello [53], che ha origine nella spirito personale [54] ed astrae da essenza e verità [55]. Sulla linea di Fiorillo, Carl Friedrich identifica tre concetti di bellezza. È bello ciò che eccita i sensi, oppure trasmette emozioni o infine stimola l’intelletto [56]. Ciò può verificarsi se, nel primo caso, l’opera è piacevole da un punto di vista sensuale, ha aspetti di vera e propria grandiosità nel secondo e vivi contenuti intellettuali e morali nel terzo [57]. Ma anche questi concetti non possono essere intesi come nuove astrazioni: vanno valutati caso per caso, accertando la capacità dell’artista di esprimere sentimenti [58], organizzare una composizione [59], ed infine tradurre il tutto in un’opera tecnicamente valida [60].

L’effetto sull’arte contemporanea delle teorie estetiche che si sono diffuse dal 1780 [61] è assolutamente deleterio. Carl Friedrich non esita ad attaccare i mostri sacri della cultura tedesca. Parla di “stupidità di Lessing” [62] ed “incompetenza di Goethe” [63]. Viene criticato anche Schlegel, anche per i “clamorosi errori su Masaccio” [64]. L’influsso della sua rivista parigina “Europa” sul mondo dell’arte è molto più limitato di quel che si possa pensare, anche perché i pittori non leggono le riviste d’estetica [65]. E per correggere gli errori dell’estetica tedesca nulla è meglio dei viaggi [66]. Da qui inizia la vera e propria descrizione dei tre viaggi in Italia, cui sarà dedicata la seconda parte.



Fine della Parte Prima
Vai alla Parte Seconda 


NOTE

[1] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien: Erinnerungen. Lipsia, F.A. Brockhaus, 1832, 327 pagine. Il testo è disponibile in internet all’indirizzo 

[2] von Rumohr, Carl Friedrich -  Sämtliche Werke (Opera completa) Band 12: Drey Reisen nach Italien. Erinnerungen. Con un’introduzione di Enrica Yvonne Dilk, Hildesheim, Zurigo, New York, Olms Weidmann, .2003, 327 pagine.

[3] Battezzati, Chiara - Carl Friedrich von Rumohr e l’arte nell’Italia settentrionale, Sta in: Concorso. Arti e lettere, 2009, n. III, 112. Il testo è disponibile in internet all’indirizzo 

[4] von Rumohr, Carl Friedrich - Geist der Kochkunst, Stoccarda e Tubinga, Cotta, 1822, 202 pagine. Attualmente sono sul mercato edizioni in tedesco, inglese, giapponese e svedese. Il testo non è mai stato tradotto in italiano.

[5] von Rumohr, Carl Friedrich - Italienische Forschungen: 1-2. Theil, Berlino, Stettino, In der Nicolai’sche Buchandlung, 1827, pagine 355 e 420. L’edizione originale del primo libro è disponibile su 
Quella del secondo libro è invece disponibile all’indirizzo 

[6] Lanzi, Luigi Antonio - Geschichte der Malerei in Italien, vom Wiederaufleben der Kunst bis Ende des 18. Jahrhunderts, Primo volume, Lipsia, Barth, 1830, 614 pagine. L’edizione originale del primo volume è disponibile all’indirizzo 

[7] Lanzi, Luigi Antonio - Geschichte der Malerei in Italien, vom Wiederaufleben der Kunst bis Ende des 18. Jahrhunderts, Secondo volume, Lipsia, Barth, 1831, 458 pagine.

[8] Lanzi, Luigi Antonio - Geschichte der Malerei in Italien, vom Wiederaufleben der Kunst bis Ende des 18. Jahrhunderts, Terzo volume, Lipsia, Barth, 1833, 494 pagine. L’edizione originale del terzo libro è disponibile all’indirizzo internet http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/lanzi1833bd3

[9] von Rumohr, Carl Friedrich - Italienische Forschungen: 3. Theil, Berlino, Stettino, In der Nicolai’sche Buchandlung, 1831, 243 pagine. L’edizione originale del terzo libro è disponibile all’indirizzo internet http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/rumohr1831bd3

[10] von Rumohr, Carl Friedrich - Reise durch die östlichen Bundesstaaten in die Lombardey : und zuruck über die Schweiz und den oberen Rhein, in besonderer Beziehung auf Völkerkunde, Landbau und Staatswirthschaft, Lubecca, In der v. Rohden'schen Buchhandlung, 1838, 276 pagine.

[11] Passavant, Johann David -  Rafael von Urbino und sein Vater Giovanni Santi, Lipsia, F.A. Brockhaus, 1839, due volumi, 592 e 706 pagine. L’edizione originale del primo volume è disponibile all’indirizzo internet 
quella del secondo volume a 
Il testo viene tradotto in francese (1860), inglese (1872) ed italiano (1882).

[12] Von Rumohr, Carl Friedrich - Italienische Forschungen: Mit der "Beygabe zum 1. Bd. der Italienischen Forschungen", a cura di Julius Schlosser, Francoforte sul Meno, 1920, 626 pagine. L’edizione originale è disponibile all’indirizzo internet 

[13] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p. 4

[14] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p. 3

[15] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p. 4

[16] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p. 3

[17] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p. 5

[18] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p. 10

[19] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.10

[20] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.10

[21] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.11

[22] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.13

[23] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.13

[24] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien1832 (citato), p.12

[25] Questa sezione delle Ricerche Italiane è stata recentemente tradotta e commentata in francese. Si veda: Espagne, Michel – Pour une «Économie de l’art ». L’itineraire de Carl Friedrich von Rumohr, Paris, Editions Kime, 2004, 200 pagine.

[26] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.25

[27] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien1832 (citato), p.26

[28] Bottari, Giovanni Gaetano; Ticozzi, Stefano - Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da' più celebri personaggi dei secoli XV, XVI, e XVII, in otto volumi, Milano, G. Silvestri, 1822-1825. Per la lettera in questione, si veda

[29] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.25

[30] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.24

[31] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.28

[32] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.31

[33] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.44

[34] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.45

[35] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.53

[36] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.64

[37] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.14

[38] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.14-15

[39] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.293-300

[40] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.15

[41] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.15

[42] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.17-18

[43] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.22

[44] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.29

[45] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.46

[46] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.46

[47] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.30

[48] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.35

[49] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.60

[50] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.57-58

[51] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.58

[52] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.59

[53] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.33-34

[54] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.36

[55] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.37

[56] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.39

[57] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.39-40

[58] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.42

[59] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.42

[60] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.43-44

[61] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.63

[62] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.54

[63] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.57

[64] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), pp.66-67

[65] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.65

[66] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien … 1832 (citato), p.68


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