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mercoledì 15 giugno 2016

Giovanni Mazzaferro. Gli esemplari postillati delle 'Vite' vasariane: un censimento. Parte Seconda


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Giovanni Mazzaferro
Gli esemplari postillati delle Vite vasariane: un censimento

Parte Seconda

Giorgio Vasari, Autoritratto, Firenze, Galleria degli Uffizi
Fonte: Wikimedia Commons

Altri contributi in questo blog su Giorgio Vasari 



[Esemplare 16]
Scamozzi, Vincenzo

Edizione commentata: Giuntina
Conservato presso: In una ignota banca newyorkese per conto degli eredi di Hans P. Kraus.
Riferimenti bibliografici: Lucia Collavo, L’esemplare dell’edizione giuntina de Le Vite di Giorgio Vasari letto e annotato da Vincenzo Scamozzi in Saggi e memorie di storia dell’arte 29 (2005) (ma in realtà pubblicato nel 2007), pp. 1-213; Lucia Collavo, Di Vincenzo Scamozzi lettore e critico di Giorgio Vasari scrittore e architetto: dall’esperienza di analisi del postillato H.P.K. Per la ricezione de Le Vite nella cultura veneta tra XVI e XVII secolo in Arezzo e Vasari. Vite e postille, pp. 199-250.

Note:
Anche la (ri)scoperta delle postille di Vincenzo Scamozzi (1548-1616) a un esemplare della Giuntina è relativamente recente ed è merito di Lucia Collavo che ha avuto il permesso di poterlo studiare dagli eredi di Hans Peter Kraus, uno dei librai antiquari più famosi del mondo (morto nel 1988); un uomo – per capirci – che nella sua vita ha posseduto una copia della Bibbia di Gutenberg. Per quanto se ne sappia i volumi sono conservati nel caveau di una banca di New York. Definire bene i passaggi di proprietà precedenti non è mio compito. L’importante è dire che l’esemplare scamozziano fu segnalato a Gaetano Milanesi da Henry de Geymüller come appartenente all’architetto francese Henri Destailleur già nel 1879. La trascrizione della lettera con cui Geymüller informa Milanesi è oggi consultabile sul carteggio online di quest’ultimo [29]. Secondo la Collavo gli esemplari furono postillati negli anni terminali della vita di Scamozzi, che – come noto – all’epoca stava cercando di ultimare la redazione della sua Idea dell’Architettura Universale. Probabile, in proposito, che le postille siano del secondo decennio del 1600. Rinviando a un secondo momento per l’analisi delle annotazioni (da cui emerge un giudizio fortemente critico nei confronti di Vasari architetto teorico e pratico), va sottolineato il lavoro della curatrice, che si addentra in un’analisi estremamente dettagliata dell’esemplare, fornendo anche un imponente apparato finale, che va sotto il nome di Vademecum tematico in cui le postille sono appunto classificate per aree tematiche.

[Esemplare 7]
Tristan, Louis

Edizione commentata: Giuntina
Conservato presso: Biblioteca Nazionale di Spagna
Riferimenti bibliografici: Xavier de Salas, Las notas del Greco a la “Vida de Tiziano”, de Vasari in Studies in the History of Art, Vol 13, 1984, pp. 161-169; Fernando Marias, El Greco y el arte de su tiempo. Las notas de El Greco a Vasari, Madrid, 1992.

Note:
Vedi ad vocem quanto ho scritto per El Greco.

Fede Galizia, Ritratto di Federico Zuccari, Firenze, Galleria degli Uffizi
Fonte: Wikimedia Commons


[Esemplare 8]
Zuccari, Federico


Edizione commentata: Giuntina
Conservato presso: Biblioteca Nazionale di Parigi, segnatura Res. K. 742.
Riferimenti bibliografici: Michel Hochmann, Les annotations marginales de Federico Zuccaro à un exemplaire des «Vies» de Vasari. La réaction anti-vasarienne à la fin du XVIe siècle in Revue de l’Art, 1988, n. 80, pp. 64-71.

Note:
Si tratta dello stesso esemplare postillato (successivamente) da Lelio Guidiccioni (vedi ad vocem). Anche questa edizione (come le postille del Mancini – cfr. esemplare 13) era nota al Bottari che ne citò alcune postille nella prima edizione commentata delle Vite (senza distinguere tra Guidiccioni e Zuccari). Già Bottari indica questa copia delle Vite come appartenente al Re di Francia. Non è noto come vi sia giunta. Sottolineo qui quanto sarebbe importante giungere almeno a una comparazione con criteri omogenei degli esemplari 7, 8 e 17, ovvero di tutti quelli in cui compaiono postille dello Zuccari.

[Esemplare 7]
Zuccari, Federico

Edizione commentata: Giuntina
Conservato presso: Biblioteca Nazionale di Spagna
Riferimenti bibliografici: Xavier de Salas, Las notas del Greco a la “Vida de Tiziano”, de Vasari in Studies in the History of Art, Vol 13, 1984, pp. 161-169; Fernando Marias, El Greco y el arte de su tiempo. Las notas de El Greco a Vasari, Madrid, 1992

Note:

Vedi ad vocem quanto ho scritto per El Greco.

Giorgio Vasari e (dopo la sua morte) Federico Zuccari, Il Giudizio Universale
(particolare degli affreschi della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze)
Fonte: Paolo Villa tramite Wikimedia Commons


[Esemplare 17]
Zuccari, Federico


Edizione commentata: Giuntina
Conservato presso: Disperso
Riferimenti bibliografici: Le opere di Giorgio Vasari, con nuove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi. Ristampa anastatica dell’edizione Sansoni 1906 con introduzione di Paola Barocchi, Sansoni 1973.

L’esemplare è disperso. [Aggiornamento: ora ritrovato; acquistato dalla Biblioteca comunale degli Intronati di Siena] Milanesi ne cita esplicitamente la provenienza in due occasioni. In corrispondenza della Vita di Battista Franco (vol VI, p. 586-7 n. 4) e in quella di Taddeo Zuccaro. (vol. VII, p. 73 n. 1). Mentre nella prima occorrenza cita l’esemplare come “posseduto dal cavalier Alessandro Saracini di Siena”, nella seconda occasione lo definisce come “già posseduto dal cavaliere Alessandro Saracini di Siena”. Il carteggio Milanesi ci permette di fare qualche congettura, grazie ad una lettera indirizzata da Carlo Pini allo stesso Milanesi il 17 dicembre 1848. Pini, lo si ricorda, fu con Milanesi uno dei co-fondatori (nel 1845) della Società degli amatori delle belle arti; entrambi lavorarono alla nuova edizione delle Vite pubblicata da Le Monnier fra 1846 e 1855. Mi pare indiscutibile che la lettera sia da inquadrare nell’ambito della ricerca di materiali per tale edizione. Vi si legge:

Amico carissimo, Siamo stati contenti e consolati della sollecitudine colla quale ci hai mandato il lavoro sulla Vita di Giuliano da Majano. Per tua regola io ripresi e rimandai al Saracini il suo libro del Masini. Il medesimo mi prestò quel suo bell'esemplare del Vasari del 1568. Tu lo conosci, e perciò hai veduto che sul secondo volume vi sono delle postille del 500. Il Saracini mi disse che gli pareva che tu ne avessi riconosciuta la mano. È vero? Io sto bene, Carlo ti saluta. Addio in fretta. Il tuo aff. Amico Carlo Pini [30]

Dunque nel 1848 Saracini era proprietario dell’esemplare. Molto probabilmente in quell’occasione o Pini o Milanesi provvidero alla trascrizione delle note. Milanesi vi riconobbe la mano di Federico Zuccari. Quando, trent’anni dopo, si mise al lavoro per l’edizione Sansoni, Saracini era morto (nel 1577). Il “già posseduto” potrebbe dunque riferirsi alla sopravvenuta morte del proprietario, ma potrebbe anche segnalare l’avvenuta alienazione dell’esemplare. Del tutto senza risposta è la domanda se Milanesi, Pini o chi per loro trascrisse tutte le postille. Di sicuro, a parte quelle relative a Taddeo, Milanesi ne cita solo cinque: una nella vita di Battista Franco, una in quella del Salviati e le altre nella biografia di Daniello Ricciarelli (o Daniele da Volterra che dir si voglia).


APPENDICE

Postille di Federico Zuccari a un esemplare disperso delle Vite vasariane (edizione Giuntina)

Tutte le postille sono ricavate da Le opere di Giorgio Vasari, con nuove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi. Ristampa anastatica dell’edizione Sansoni 1906 con introduzione di Paola Barocchi, Sansoni 1973. Per comodità con l'indicazione "Vasari" si intende il testo delle Vite; con l'indicazione "Milanesi" si intende il testo delle postille di Zuccari come riportate dal Milanesi. 

Vita di Battista Franco

Vol. VI, pp. 586-7, n. 4:

Vasari: “…ed ella, rimasa [sic] imperfetta, fu poi finita da Federigo Zucchero da Sant’Agnolo in Vado, giovane e pittore eccellente,…”.
Milanesi: “E nelle autografe postille apposte da F. Zuccheri a un esemplare del Vasari dell’edizione Giuntina, posseduto dal cav. Alessandro Saracini di Siena, egli a questo luogo dice: qui si avilupa, né sa quel che si dicha”.

Vita di Francesco detto de’ Salviati

Vol. VII, p. 19, n. 1:

Vasari: “Il quale ottangolo è non solo più bello senza comparazione di detti quattro quadri, ma la più bell’opera di pittura che sia in tutta Vinezia”
Milanesi: “… E prima del Lanzi, notava Federigo Zuccari (Postille autografe in un esemplare vasariano del 1568): «Questo quadro del Salviati è bello e delle bone cose che lui facesse; non però la più bella opera di Venezia. E a dir questo, Giorgio mostra non se ne intendere»”.

Vita di Daniello Ricciarelli da Volterra

Vol. VII, p. 58, n. 1:

Vasari: “Essendo poi creato pontefice l’anno 1550 Giulio terzo, si fece avanti innanzi Daniello con amici e con favori per avere la medesima provisione e seguitare l’opera di quella sala; ma il papa non vi avendo volto l’animo, diede sempre passata: anzi, mandato per Giorgio Vasari, che aveva seco avuto servitù insino quando esso pontefice era arcivescovo Sipontino, si serviva di lui in tutte le cose del disegno”.
Milanesi: “In che proposito entra qui Giorgio vanamente? Postilla manoscritta di Federigo Zuccheri, nell’esemplare vasariano citato”.

Vol. VII, p. 63 n. 1:

Vasari: “Stette Daniello tutta quella state in Firenze, dove l’accomodò Giorgio in una casa di Simon Botti suo amicissimo…”.
Milanesi: “Come se Daniello fosse stato suo fante; postilla Federigo Zuccheri, nel citato esemplare vasariano”.

Vol. VII, p. 70 n. 4:

Vasari: “[N.d.r. Parlando di Giulio Mazzoni:]… onde si può sperare che abbia a fare ottima riuscita, e venire in queste nostre arti a quella perfezione che si può maggiore e migliore”.
Milanesi: “in quell’albagia ch’è venuto, postilla Federigo Zuccheri, nel citato esemplare.”

Vita di Taddeo Zucchero


Vol. VII, p. 73 n. 2:

Vasari: “Nacque… ad Ottaviano Zucchero pittore…”
Milanesi: “Di Otaviano Zucchero arebe potuto dir qualche coseta; che non è stato però tanto ordinario pitore, che egli in queste vite non abia celebrati per ecelenti queli che non son stati meglio di lui, masime nella sua gioventù studiando in Firenza la maniera di Andrea del Sarto con assai bona grazia. Ma chi non è fiorentino ho (o) dello Stato, se la pasa ligiermente. Di Tadeo anchora tralasa alchune cose che sarebano utile e buone per esempio de’ giovani, come si acquista la virtù e avanzare e rubare il tempo; e alchune altre cose che non sono”.

Vol. VII, p. 73 n. 3:

Vasari: “… lo mise a stare con Pompeo da Fano suo amicissimo e pittore ordinario”.
Milanesi: “di assai bon nome in quelle bande”.

Vol. VII, p. 74 n. 1:

Vasari: “tutto solo se n’andò di quattordici anni a Roma: dove a principio non essendo conosciuto da niuno, e niuno conoscendo, patì qualche disagio”.
Milanesi: “Andato a Roma contra il voler del padre, né per cosa che egli patise, volse mai far sapere i bisogni suoi al padre; anzi avisandoli lui sempre star bene; perocchè si era proposto ne l’animo patire ogni cosa per imparare e venire un valente uomo. E quando stete col Calabrese, non possendo mai disegniare il giorno né la sera tampocho, e perché non gli lograse un poco di olio lo mandava a letto a lo scuro: onde egli per il disiderio che egli aveva, levavasi la notte al lume di luna a disegnare su le finestre, e ‘l giorno su la pietra de’ colori con uno stecho; in luogo di riposo”.

Vol. VII, p. 76 n. 1:

Vasari: “… se ne tornò a Sant’Agnolo a casa il [n.d.r. del] padre”.
Milanesi: “Non si deve tacere questo che gli sucese nel ritorno: che esendo dal camino laso e dalla febre travagliato, fermatosi alla ripa di un fiume, sì ancho per aspetare qualcheduno che in gropa di là lo varcase, come per riposo, si adormentò; e risvegliatosi tuto sternito [nota Milanesi: per sternato] dal male che egli aveva, mirando alla ripa del detto fiume, gli parvero le pietre e giare di quello tutte dipinte e instoriate, simile alle faciate et opere di Polidoro, che egli aveva viste in Roma; quale somamente gli piacevano: sichè vacilando la mente sua con la immaginazione che egli aveva in quelle, et credendo veramente fosaro tale come gli parevano, si mise a ricore di quelle pietre, quelle che gli parvero migliore, e più belle; e riempitone una sacocia, in che portava alchune sue poche cosete e disegni, con ese carico tornato a Santo Angelo, racomandò più che se stesso dette pietre alla matre, né sin a che non fu guarito si ravide de l’eror suo”.

Vol. VII, p. 78 n. 1

Vasari: “Onde avendo finita quell’opera [n.d.r. affreschi della facciata di Palazzo Mattei] l’anno 1548 fu sommamente da tutta Roma lodata, e con molta ragione: percioché dopo Pulidoro, Maturino, Vincenzio da San Gimignano, e Baldassarre da Siena, niuno era in simile opere arrivato a quel segno…”
Milanesi: “F. Zuccheri ha cancellato il nome di V. da San Gimignano”.

Vol. VII, p. 78 n. 2

Milanesi [n.d.r. al termine dell’elenco delle “historie” di Palazzo Mattei]: “Si vede in questa opera salti mirabili, e ognora migliorando di sorta tale che le dua ultime instorie nella parte del vicolo sono maravigliose, e con tanta fiereza e intelligenza, e grazia manegiato quel ciaro e schuro, che non par posibile far più né meglio in sì fatta maniera; e ben merita essere somamente lodato”.

Vol VII, pp. 78-79 n. 1

Vasari: “Dal detto tempo insino all’anno 1550, che fu creato papa Giulio terzo, si andò trattenendo Taddeo in opera di non molta importanza, ma però con ragionevole guadagno”.
Milanesi: “Alla creazione qui (?) di Julio 3 fece alcune instorie e tele di ciaro e schuro che servirono per la incoronazione di detto pontefice, con tanta presteza e grazia che fece restare tuti li altri pitori adietro che vi lavorarono, tra’ quali vi fu anche il Vasari: ma lui se la pasa qui con silenzio, come ancora molte altre cose”.

Vol. VII, p. 80 n. 3

Vasari: “Ritornato poi in Urbino, andò per un pezzo seguitando i disegni della detta capella, che furono de’ fatti di Nostra Donna, come si può vedere in una parte di quelli, che è appresso Federigo suo fratello, disegnati di penna e chiaroscuro”.
Milanesi: “«E se deti disegni fosano di man di qualche firentino, gli arebe celebrati alle stelle: li quali disegni sono trasordinariamente belli e studiati, e grandi di quatro e sei fogli reali l’uno – Fece anchora Tadeo un ritrato in questo tempo di messer Baldasare Pistofilo, suo amicissimo e molto favorito di quel Duca [n.d.r. di Urbino]; quale ritrato è cosa rara. Si ritrova ogi apreso li eredi de detto gentilomo in Santo Angelo in Vado. E ne’ ritrati Tadeo (ha) auto grazia infinita, come in ogni altra cosa»”.

Vol. VII, p. 82 n. 5

Vasari: “…lo [n.d.r. suo fratello Federico] fece Taddeo dopo le dette opere tornare a Roma per servirsene in fare un fregio grande in una sala…”.
Milanesi: “Le parole per servirsene in fare son cancellate dal Zuccheri, che ha scritto di contro nel margine: in quel tempo faceva.”

Vol. VII, p. 83 n. 1

Vasari: “[N.d.r. Iacopo Mattei incarica Taddeo di dipingere una cappella nella Chiesa della Consolazione sotto il Campidoglio:] … il quale la prese a fare volentieri e per piccol prezzo, per mostrare ad alcuni, che andavano dicendo che non sapeva se non fare facciate e altri lavori di chiaroscuro, che sapeva anco fare di colori.”
Milanesi: “«Fece in questo tenpo infiniti lavori in Roma e fuora. E al signor Marcantonio Colona alchune  stanzie a Netuno, suo castelo, ove si servì di molti giovani»”.

Taddeo Zuccari, Volta della Cappella Mattei, Santa Maria della Consolazione, Roma
Fonte: http://poloromano.beniculturali.it/

Vol. VII, p. 83 n. 2

Vasari: “Nella volta fece a fresco quattro storie della Passione di Cristo, di non molta grandezza, con bellissimi capricci, e tanto ben condotte per invenzione, disegno e colorito, che vinse se stesso”.
Milanesi: “«Non solo vinse Tadeo se steso in queste instorie, ma tuti li altri, e quanti ano mai dipinto di simile grandeza, che le magior figure non sono più di 3 palmi, né di men beleza sono ancho le figure grande di soto come è disegnata (?)»”.

Vol. VII, p. 84 n. 1

Vasari: “[Mario Frangipane gli affida la decorazione di una cappella nella chiesa di S. Marcello:] … nella quale si servì Taddeo… de’ giovani forestieri, che son sempre in Roma e vanno lavorando a giornate per imparare e guadagnare”.
Milanesi: “«In molti lavori ma non in quella capella non lavorò mai niuno salvo che lui, e suo fratello ne l’ultimo dopo la sua morte»”.

Taddeo Zuccari, Decollazione di San Paolo, Cappella di S. Paolo (già Frangipane), Chiesa di San Marcello al Corso, Roma
Source: http://poloromano.beniculturali.it/

Vol. VII, p. 84 n. 2

Vasari: “Dipinse… in palazzo del papa, alcune stanze a fresco…”
Milanesi: “«Qui Federico cominciò a manegiar colori»”.

Vol. VII, p. 85 n. 1

Vasari: “Parimenti dipinse dalla Botteghe scure, per messer Alessandro Mattei, in certi sfondati delle stanze del suo palazzo, alcune storie di figure a fresco; ed alcun’altre ne fece condurre a Federigo suo fratello, acciò si accomodasse a lavorare”.
Milanesi: “«Fece Tadeo in questo tenpo la Pietà sopra la porta della ciesa de’ pazareli in Colonna; e le due figure di Pietro e Paulo lì apreso, lasò fare a Federigo, che pur alora cominciava a pigliar animo ne’ colori a frescho».”

Vol. VII, p. 86 n. 1

Vasari: “…morto Carlo quinto imperatore… furono allogate a Taddeo (che il tutto condusse in venticinque giorni) molte storie de’ fatti di detto imperatore”.
Milanesi: “Federigo corregge in quindici”.

Vol. VII, p. 88 n. 2

Vasari: “[Il cardinale Alessandro Farnese e Taddeo si accordano per il trattamento economico per la decorazione del palazzo di Caprarola:] Per lo che Taddeo avendo così onorato trattenimento…”
Milanesi: “«Per tratenimento, dovendoli poi pagar l’opere di sua mano, dele quale non ebe mai nulla»”.

Vol. VII,  p. 88-89 n. 3

Vasari: “[N.d.r. Vasari ricorda le accuse mosse a Taddeo di accettare qualsiasi lavoro anche di bassa lega:] Dal quale biasimo si difendeva Taddeo con dire che lo faceva per rispetto di Federigo e di quell’altro suo fratello, che aveva alle spalle, e voleva che con l’aiuto suo imparassero”.
Milanesi: Milanesi ricorda i contenuti della postilla di Zuccari nel manoscritto di Parigi (vedi esemplare 7) in cui l’accusa viene ribaltata addosso al Vasari e aggiunge: “E nell’esemplare da noi citato: Dasi da sé la zapa sul piede”.

Vol. VII, p. 89 n. 3

Vasari: “… e gittò in terra non so che aveva fatto Taddeo…”
Milanesi: “Federigo scrive ritocho”.

Vol. VII, p. 89 n. 4

Vasari: “La qual cosa intendendo gli amici dell’uno e dell’altro, feciono tanto che si rapattumarono; con questo, che Taddeo potesse correggere e mettere mano nei disegni e cartoni di Federigo a suo piacimento; ma non mai nell’opere che facesse o a fresco o a olio, o in altro modo”.
Milanesi: “Federigo cancella potesse, e correggere muta in correggese; come poco dopo dà di penna a mai”.

Vol. VII, p. 93 n. 1

Vasari: “Intanto Sua Santità, volendo finire ad ogni modo la sala de’ re, dopo molte contenzioni state fatte fra Daniello ed il Salviati, come s’è detto, ordinò al vescovo di Furlì…”
Milanesi: “Federico corregge: Cardinale Emulio”.

Vol. VII, p. 93 n. 2

Vasari: Vasari risponde all’emissario papale che non andrà a decorare la Sala dei Re perché voleva un ambiente più importante per i suoi lavori.
Milanesi: “«Vanità di se steso, diceria senza proposito»”.

Vol. VII, p. 94 n. 2

Vasari: “La qual cosa udendo Taddeo, e veggendosi escluso, per essere stato detto al detto cardinale Emulio che egli era persona che più attendeva al guadagno che alla gloria e che al bene operare, fece col cardinale Farnese ogni opera per essere anch’egli a parte di quel lavoro”.
Milanesi: “E nel citato esemplare, Federigo, a tutto questo passo, postilla: mente per la gola”.

Vol. VII, p. 95 n. 1

Vasari: “Per il che ordinò Sua Santità al signor Agabrio [nota di Milanesi: Gabrio Serbelloni], che gli facesse dare dal cardinale Emulio a far un’altra storia delle maggiori”.
Milanesi: “«La verità è questa, che l’Emulio favoriva il Salviati, né volevali metare Tadeo a parangon a lui; ma si bene tutti li altri deti, che sapeva che non fariano paura al Salviati; anzi avendo ordinato alocarli una grande (storia) a Tadeo, gli alocò quella picola per sdegnarlo; ma egli che di buona e benignia natura fu sempre, si contentò di quella per alora, e in quella mostrare, come fece, che era degnio della magiore; come fu poi cogniosiuto meglio, e alocatoli la testa di deta salla»”.

Vol. VII, p. 97 n. 1

Vasari: “[Si sta parlando della cappella nella chiesa di San Marcello:] Ma quest’opera, essendo per la sua morte rimasa imperfetta, l’ha finita Federigo questo anno, e si è scoperta con molta sua lode”.
Milanesi: “«È gloria di Tadeo, perché Federigo quivi vi fece pocho ho nulla di momento, che in questa che è opera veramente ecelente si cogniosie quanto Tadeo fose e studioso e grazioso e ne’ componimenti e in ogni altra cosa che egli aveva a rapresentare, che veramente niuno à dipinto meglio di lui»”.

Vol. VII, p. 97 n. 2

Vasari: “[Si parla delle opere dipinte da Taddeo nel “salotto del palazzo de’ Farnesi”, rimasto incompleto per la morte del Salviati e completato appunto dallo Zuccari senior:] … ma non però passo Francesco, né anco l’arrivò nell’opere fatte da lui nella medesima stanza, come alcuni maligni ed invidiosi erano andati dicendo per Roma, per diminuire con false calunnie la gloria del Salviati”.
Milanesi: “E qui pure Federigo appone la seguente postilla: «[…] Qui sopra e apreso non dice verità: son tute pasione e maldicenzia senza proposito, per ingrandire il Salviati; ma l’opere son quelle che chiariscano a chi li mira senza ociali (occhiali) di pasione; e ‘l tempo dimostra el vero sempre, a malgrado di maligni”.

Vol. VII, p. 98 n. 1

Vasari: “Conobbe adunque il cardinale Sant’Agnolo, uomo veramente di sommo giudizio in tutte le cose e di somma bontà, quanto aveva perduto nella morte del Salviati”.
Milanesi: “E nel nostro esemplare ha posto pure in margine aquistato (acquistato)” [La nota di Milanesi segnala in particolare che sia nell’esemplare parigino (n. 8) sia in questo l’autore mostra il suo livore sostituendo “perduto” con “acquistato”. A quanto ci risulta è l’unico caso di postilla identica fra i due esemplari].

Vol. VII, p. 98 n. 2

Vasari: “Imperochè, se bene [n.d.r. Salviati] era superbo, altiero, e di mala natura, era nelle cose della pittura veramente eccellentissimo”.
Milanesi: “«Scoreto e senza decoro».

Vol. VII, p. 98 n. 3

Vasari: “Ma tuttavia, essendo mancati in Roma i più eccellenti, si risolvè quel signore, non ci essendo altri, di dare a dipignere la sala maggiore di quel palazzo a Taddeo”.
Milanesi: “«Vi era pur Giorgio Vasari a Firenza. Mi maraviglio ch’egli non mandase per lui a fargli un’altra diceria come dela sala regia»”.

Vol. VII, p. 99, n. 1

Vasari: Vasari sostiene che Federico non riesce a dipingere la facciata principale della Sala del Maggior Consiglio a Venezia per colpa delle “gare e contrarietà” degli altri pittori veneziani.
Milanesi: “«Qui non fu né gara né controversia. Ma la Signoria di Venezia, che (aveva) a pensare per alora ad altro che a piture, per l’armata del Turcho, che poi andò a male: per tanto non si risolse detta opera»”.

Vol. VII, p. 101, n. 3

Vasari: “Mostrava Taddeo (fingendosi sdegnato per avere Federigo troppo penato a tornare) non curarsi molto della tornata di lui; ma, nel vero, l’aveva carissima, come si vide poi per gli effetti; con ciò fusse che gli era di molta molestia l’avere a provvedere la casa (il quale fastidio gli soleva levare Federigo), ed il disturbo di quel loro fratello che stava all’orefice: pure, giunto Federigo, ripararono a molti inconvenienti, per potere con animo riposato attendere a lavorare”.
Milanesi: “Le parole che seguono vorrebbe Federigo che si cambiassero in queste: e presosi il carico de la casa, egli poi potere con animo più riposato, ecc.”

Vol. VII, p. 102 n. 4

Vasari: “Avendo il cardinale di Ferrara [n.d.r. Ippolito d’Este] tenuto molti pittori e maestri di stucco a lavorare a una sua bellissima villa, che ha a Tigoli, vi mandò ultimamente Federigo a dipignere due stanze, una delle quali è dedicata alla Nobiltà e l’altra alla Gloria; nelle quali si portò Federigo molto bene, e vi fece di belle e capricciose invenzioni”.
Milanesi: “«Si servì Federigo di molti lavoranti, come occorre in simili lavori, per darli presto fine come fece, a volontà de ditto cardinale, che volea le cose getate a stampa»”.

Vol. VII, p. 103, n. 2

Vasari: [N.d.r. Parlando del carattere di Taddeo:] “Fu sanguigno, subito, e molto sdegnoso, e oltre ciò dato alle cose veneree”.
Milanesi: “«Anzi modesto, tenperato e benignio».

Vol. VII, p. 103, n. 3

Vasari: “Restò coperta alla morte sua l’opera della Trinità…”
Milanesi: “«La capela di san Marcelo»”.

Vol. VII, p. 109 n. 1

Vasari: [N.d.r Descrivendo il programma iconografico del Palazzo di Caprarola (nell’ala destra del piano nobile):] “…e nell’ultima, fatta in simil modo, la quale si difende dalla tramontana, è fatto di simile lavoro l’Invernata.”
Milanesi: “«Tute queste piture e ornamenti sono di Tadeo meravigliose, come ancho le altre che dice di sopra; che in vero né in Italia né fuora niun principe à apartamenti più adorni di pitura con più grazia di questi»”.

Taddeo Zuccari, Ingresso solenne a Parigi di Carlo V, Francesco I di Francia e del Cardinal Alessandro Farnese nel 1540, Villa di Caprarola (Roma)
Fonte: Wikimedia Commons

Vol. VII, p. 109 n. 2

Vasari: “… dirimpetto alla quale [n.d.r. all’ala destra], nella sinistra, sono altrettante stanze appunto, e della medesima grandezza.”
Milanesi: “«Queste con la intrata terena e la logia di sopra e la capela fu poi dipinto e finito da Federigo, dopo la morte di Tadeo suo fratello, insieme un camerino alle stanze di sopra ove è un Armatene» (così, forse per armario o armeria).”

Vol. VII, p. 114 n. 3

Vasari: “[N.d.r. Descrivendo ancora il Palazzo di Caprarola:] Il qual salotto, per dirlo brevemente, è ornatissimo di tutto quello che a sì fatto luogo si conviene.”
Milanesi: “«Questo saloto non ha pari in qualsivoglia luogo, asieme con 3 hover quatro stanzie che gli seguitano apreso, richisime e adorne al posibile e per la varietà delle cose e per la bontà delle figure, particolarmente di mano di Tadeo, che sono molte, e in particholare la stanzia del dormire; che questa iscrizione che seguita, è maravigliosamente espresa e dipinta, né niuno pensi di poter vedere cosa più graziosa».”

Vol. VII, p. 129 n. 1

Vasari: “Ma ancora che tutte queste belle invenzioni del Caro fossero capricciose, ingegnose, e lodevoli molto; non poté nondimeno Taddeo mettere in opera se non quelle di cui fu il luogo capace; che furono la maggiore parte. Ma quelle che egli vi fece, furono da lui condotte con molta grazia e bellissima maniera.”
Milanesi: “«Se fose stato fiorentino, l’avrebe lodato di altra maniera, come merita lode supreme; ma dice quello che non può tacere, ed altrove, ove dovrebe tacere, cicala apasionato, senza ragione alchuna».”

Vol. VII, p. 131 n. 2

Vasari: “E Federigo suo fratello, dove in San Lorenzo in Damaso è la cappella di quel santo, tutta lavorata di stucco…
Milanesi: “«con ordine di Tadeo».


NOTE

[29] Il Carteggio di Gaetano Milanesi: lettere dal 1830 al 1895. Si veda in particolare la lettera del 17 maggio 1879 http://www.artivisive.sns.it/milanesi2/editatesto.php?id=405&&testo=postille. Milanesi peraltro indicò la circostanza in una nota delle sue Vite vasariane. Interessante il fatto che il mittente pensi anche di rivolgersi a Maugeri per pubblicare le postille sull’Archivio Storico Lombardo con lo stesso criterio seguito quattro anni prima per quelle dell’anonimo di fine Seicento (vedi esemplare 14).

[30] Piergiacomo Petrioli, Gaetano Milanesi. Erudizione e storia dell’arte in Italia nell’Ottocento. Profilo e carteggio artistico, Siena, Accademia Senese degli Intronati, 2004, lettera 945, pp. DCVII-VIII. Oppure anche online: Il Carteggio di Gaetano Milanesi: lettere dal 1830 al 1895. Si veda in particolare la lettera di Carlo Pini a Milanesi scritta a Firenze il 17 dicembre 1848 http://www.artivisive.sns.it/milanesi2/editatesto.php?id=405&&testo=postille.

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