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lunedì 19 ottobre 2015

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - Emil Nolde, Mein Leben [La mia vita] Parte Terza: Nolde si racconta


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Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 8

Emil Nolde 

Mein Leben [La mia vita]
Parte terza: 
Nolde si racconta.

(recensione di Francesco Mazzaferro)

[Versione originale: ottobre 2015 - nuova versione: aprile 2019.  Segnalo - sui temi discussi in questo blog - l'importante mostra di Berlino tra aprile e settembre 2019: "Emil Nolde. Una leggenda tedesca. L'artista durante il regime nazista." I curatori della mostra sono Bernhard Fulda, Christian Ring e Aya Soika, in cooperazione con la Fondazione Nolde. L'avvio del progetto di ricerca che ha portato alla mostra é citato in questo post. La mostra segna un radicale cambiamento nell'attitudine della Foldazione Nolde rispetto al passato]



Fig. 8) La copertina della prima edizione del secondo volume delle Memorie (1934)

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Un pittore anti-intellettuale

Come già detto, Nolde non aveva solide basi culturali. Né sembra dispiacersene, posto che afferma: “Chi può studiare molto non è un genio” [62]. Stando alle Memorie sembra che Nolde avesse una forte antipatia per la lettura; sicuramente fallì l’ingresso nell’Accademia di Monaco, capitale europea dell’arte moderna assieme a Parigi; e i suoi contatti con vari circoli artistici (Monaco e Dachau nel 1898-1899, Dresda nel 1909, Berlino nel 1909-1910 e Colonia nel 1912) non sfociarono mai in relazioni strette e stabili. Era uomo di grandi amicizie e inimicizie personali; sicuramente non di amicizie intellettuali. Le vere relazioni che sembra gli facciano spendere energie emotive sono quelle per la moglie e per un ridottissimo numero di amici (il più delle volte non artisti, che mostrano però di capire la sua pittura).

L’anti intellettualismo di Nolde si riflette nel suo rifiuto di una qualsiasi teorizzazione dell’arte. Tracciando un parallelo tra l’arte dell’Ottocento e quella dei suoi anni, commenta: ”Pleinairismo [n.d.e: pittura in plein air], realismo, impressionismo, puntinismo e tante altre correnti con un nome che suona straniero come, trent’anni dopo, espressionismo, futurismo, dadaismo, costruttivismo, astrattismo, nuova oggettività,  nuovo romanticismo,  ingresismo e surrealismo. Questa molteplicità è una ricchezza o una debolezza?  Succedeva lo stesso nelle epoche in cui l’arte fioriva e che ci hanno preceduto? Sono gli artisti che lo vogliono? Oppure è la volontà di una critica d’arte molto impegnata nel tentativo di classificare in un cassetto ogni minimo impulso artistico? Ma gli artisti che si spendono tutti non sono forse più importanti di teorie e movimenti?” [63]
Ciò non significa, peraltro, che non vi siano artisti che Nolde non apprezza. Non a caso li cita nei suoi diari: Grünewald, Feuerbach, Leibl, Marées tra i tedeschi; Millet tra i pre-impressionisti e Gauguin e Cézanne tra i post-impressionisti in Francia; Rembrandt e van Gogh in Olanda; Böcklin e Hodler in Svizzera; Goya in Spagna; Zorn, Josephson and Munch in Scandinavia; Ensor in Belgio; Watts and Whittler in Inghilterra; i futuristi in Italia. [64]
E tuttavia: “Il pittore non ha bisogno di conoscere molto: è bello se può dipingere senza fare errori, seguendo la direzione dell’istinto, così come respira, così come cammina. Per una persona creativa, l’intelligenza è anti-artistica e può essere la falsa amica dell’artista.” [65]

Il pittore dei colori, dell’istinto e dell’anima profonda
In termini concreti, che cosa ci dice Nolde sull’arte nelle sue Memorie?
(1) Il colore ha un ruolo totalizzante nel suo linguaggio artistico: “I colori sono divenuti il mio linguaggio [66]”. “I sogni sono come note musicali, le note musicali sono come i colori ed i colori come la musica. Io amo la musica dei colori.” [67]

 “Colore, il materiale del pittore: colori nel ciclo della sua vita, mentre piange e sorride, sogno e felicità, caldo e sacro come canzoni d’amore ed erotiche, come canzoni ed inni meravigliosi! I colori vibrano come campane d’argento e di bronzo, annunciando felicità, passione, amore, spiritualità, sangue e morte.” [68] “Molto spesso nei dipinti il colore ha determinato l’immagine e la composizione: i colori sono gli strumenti del pittore, così come le parole sono gli strumenti del poeta e le note musicali quelli del compositore musicale. Il colore è forza. Il colore è vita. Solamente armonie forti hanno peso. Mi sono occupato molto presto dei colori, all’inizio con piccoli disegni dal titolo ‘i caratteri dei colori’ (Farbencharacktere). In seguito, ho provato a riprodurre la gamma delle voci canore: viola scuro, rosso ruggine e grigio blu. I sentimenti (siano essi gioia, esultanza, amarezza, tragedia, sogno o altri impulsi mentali) possono essere trasposti in colori; sì, ogni immagine, attraverso il valore e il suono dei suoi colori, può suscitare un impulso mentale in ogni persona che sia ricettiva nei loro confronti.” [69]
Nolde usa i colori, in particolare, come strumento per esplorare e scoprire le proprie emozioni di fronte alla natura. Ad esempio, per disegnare fiori in tutte le loro variazioni: “Mentre germogliano, sbocciano, brillanti, ardenti, gratificanti, pendenti, appassiti, finiti in un cesto.” [70] E subito dopo ci dice di concepire i colori come elementi che hanno vita propria: come pittore, vuol fare in modo che “i colori si sviluppino secondo la loro sequenza naturale, nello stesso modo in cui la natura produce ambra e cristalli, nello stesso modo in cui crescono muschio ed alghe, nello stesso modo in cui i fiori devono sbocciare e fiorire sotto i raggi del sole.” [71] Non solo i colori hanno una loro vita: essi vivono anche del contrasto reciproco: “Un coloro definisce attraverso la sua prossimità il modo in cui i colori vicini sono irradiati, esattamente come in musica un tono in un accordo riceve il suo effetto sonoro attraverso la nota vicina.” [72] 

(2) Nolde è fortemente interessato all’aspetto artigianale legato alle varie tecniche artistiche. È opportuno ricordare che Emil insegnò arti applicate a San Gallo, ma l’aspetto tecnico non si esaurisce in se stesso. Nolde ritiene che ampliare la gamma delle tecniche con cui si opera sia un’opportunità per alimentare invenzione e creazione. “Invenzione e creazione erano la mia felicità. Io non mi sentivo vincolato da null’altro se non dalle possibilità della tecnica.  Ogni dono della creazione poteva svilupparsi in piena libertà; passato, presente, futuro, nulla contava: avevo semplicemente da assecondare il mio piacere.” [73]
Così Nolde si dedica prima all’incisione su legno. Gli viene naturale posto che aveva intagliato il legno di professione per cinque anni. [74]

Ma ben presto la sperimentazione fu assai più ampia. L’artista era particolarmente orgoglioso della collezione di incisioni realizzata a Berlino nel 1905, in cui usò combinazioni di acidi e metalli, cercando di fondere fra loro i risultati dei lavori di Dürer, Rembrandt e Goya [75]. Fu assolutamente onorato che a comprare quelle incisioni fosse uno dei più importanti collezionisti di Amburgo, il giudice Gustav Schiefler [76]. Schiefler pubblicò l’opera grafica di Nolde in due volumi, stampati in 450 esemplari. Per inciso, oggi uno di quegli esemplari è in vendita a 13.500 euro [77].




In una lettera a Rosa Schapire del 12 novembre 1907 annuncia poi la sua decisione di usare la tecnica dell’ago freddo [78]. Diviene così uno degli artisti che recuperano quella tecnica nella Germania del Novecento.

Dall’incisione si passa presto alla litografia: “Dopo che avevo iniziato, anni prima, ad incidere e a tagliare tavole per incisioni su legno, cercai di confrontarmi con altre tecniche grafiche. Con strumenti tecnici assolutamente semplicissimi  (tipo quelli con cui si stampano i giornali che si leggono nelle birrerie) ho prodotto alcune poligrafie. In seguito, mi sono dedicato alla terza ‘arte sorella’, ovvero la litografia (…)” [79]. Anche le litografie di Nolde furono acquistate da Gustav Schiefler [80].
Una passione particolare lo spingeva a dipingere ad acquerello: “Dopo aver lavorato entusiasticamente ad acquerello a San Gallo, non avevo più impiegato questa tecnica sin circa al 1908. Poi feci di nuovo incursione in questa tecnica ormai quasi completamente dimenticata in Germania, e da quel momento dipingere con acquerelli è stata un’esigenza rimasta sempre con me. Ho dipinto persone e paesaggi, animali e fiori ed anche libere fantasie.  Dalla natura intima, ma a volte insignificante nella ricerca del particolare raffinato dei miei primi acquerelli, sono passato con uno sforzo molto intenso a una presentazione più libera, più ampia e più liquida, che richiede una comprensione accurata della struttura e natura della carta (e delle sue reazioni) e delle possibilità dei colori, ma – forse soprattutto – l’abilità di porre l’occhio in modo voluttuoso [81].

La tecnica dunque è importante perché permette all’artista di moltiplicare l’invenzione. Non può e non deve essere fine a se stessa. “Il progresso tecnico (…) non deve essere sopravvalutato negli ambienti artistici! La tecnica è solo tecnica, e di per sé null’altro se non uno strumento. La tecnica può essere anti-artistica, se rifulge troppo. Solo il valore artistico nel lavoro è essenziale e duraturo.“ [82]
(3) Se da un lato Nolde non ama l’astrattismo, dall’altro non ritiene che l’arte si risolva nella semplice imitazione della natura. “Riprodurre la natura in modo fedele e preciso non dà vita ad alcuna opera d’arte. Una figura in cera, uguale al modello naturale al punto tale che potresti confonderli, crea solamente disgusto. Solamente la rappresentazione della natura con l’aggiunta della propria anima e del proprio spirito trasforma il lavoro in arte. Io ho cercato di seguire sensazioni di questo tipo. Spesso mi sono trovato davanti alla grigia natura. La natura è così semplice: può essere animata da sole, vento e nuvole. E perciò la natura può divenire così dispendiosamente ricca.” [83]

(4) La pittura di Nolde è di puro istinto, spesso in uno stato di estasi; a volte è l’artista che si sorprende di se stesso e va ben oltre quelle che erano le sue intenzioni iniziali [84]. Emil era un pittore molto emotivo, spesso portato alla gioia o alla disperazione in forma esasperata, a seconda che ritenesse che un dipinto fosse ben riuscito oppure no: in caso di successo, aveva dato vita ai colori, altrimenti li aveva uccisi. “Tutti i dipinti liberi e sbalorditivi che ho creato in questo periodo [nota dell’editore: 1911-1913], ma anche in seguito, sono venuti fuori senza alcun esempio o modello, addirittura senza un’idea definita. Ero in grado di immaginare nella mia mente un’opera fino al minimo dettaglio, e spesso quell’immagine era molto più bella di ciò che avrei dipinto in seguito: ero divenuto un copista dell’immaginazione. Per questo ho cercato di evitare ogni riflessione preventiva: un’idea vaga (un barlume e qualche colore) mi erano sufficienti. Col lavoro delle mani, il lavoro prendeva forma.” [85] In un passo delle Memorie del 1934 (1/1), non riprodotto in seguito, scrive: “Le immagini sono creature spirituali. Lo spirito del pittore vive in esse. Le migliori sono quelle più esigenti.” [86]

(5) L’artista ama contrasti e opposizioni: “Ho dato grande spazio nei miei quadri, ed anche nella mia grafica, ai dualismi. Una parte con oppure contro l’altra: uomini e donne, piacere e dolore, divinità e diavolo. I colori erano posti in contrasto tra loro: freddo e caldo, brillante e scuro, cupo e forte. Nella maggior parte dei casi (dopo che un colore o un accordo si era affermato come ovvio) un colore determinava l’alto, facendo tentativi del tutto emotivi e senza riflettere sull’intera gamma della tavolozza, con pura devozione e gioia per l’atto creativo” [87].     

[     (6) Fra i soggetti che dipinge quelli a soggetto religioso sono quelli che tiene più in considerazione. Sono le opere che ama di più, ma anche quelle che gli danno maggiori problemi.  Furono proprio i quadri religiosi (che per Nolde avevano un valore ed una forza pari alla pittura medievale tedesca) ad essere condannati dalla Chiesa perché considerati troppo anticonvenzionali e al limite dell’iconoclastia, e più tardi dai teorici dell’arte nazisti, con l’aggravante (in quest’ultimo caso) che molti dei personaggi erano considerati avere caratteri troppo ‘semitici’.

Ma le vere difficoltà della pittura sacra venivano prima, in sede creativa: “Seguii un desiderio irresistibile di rappresentare una spiritualità profonda (religione e intimità) senza però alcuna volontà o conoscenza o spiegazione razionale. (…) Seguendo queste sensazioni, ho dipinto le mie pitture sacre. Ma al di là del contrasto tra chiaro e scuro e tra colori freddi e caldi e insieme con la rappresentazione di figure spirituali e religiose, sono stato indotto a compiere una riflessione difficile e intima sulla religione, una vera e propria meditazione spirituale talmente disperante che avrebbe potuto portarmi alla pazzia totale. (…) Se mi fossi rigidamente attenuto alla Bibbia in senso letterale e alla rigidità dei dogmi, sono sicuro che non sarei stato capace di dipingere queste immagini (…) che ho concepito in modo così  intenso. Ero obbligato ad essere libero da un punto di vista artistico: non avere Dio di fronte a me come un integerrimo legislatore assiro, ma Dio in me, ardente e sacro come l’amore di Cristo.  Con [questi] dipinti [religiosi] è avvenuta la mia transizione dalla bellezza esteriore percepita secondo le regole dell’ottica ai valori interni che sono frutto del sentimento. Essi [i dipinti] divennero delle pietre miliari e non solo per la sfera lavorativa.” [88]

[7]  Nolde ci racconta della sua passione per i popoli primitivi, di cui ama “l’assoluta naturalezza, l’espressione intensa (spesso grottesca) della forza e della vita nella sua forma più semplice.” [89]. Anche questo – si può anticipare – fu probabilmente un aspetto inaccettabile per i teorici dell’arte nazisti. Eppure il suo non era un interesse etnologico: era alla ricerca dell’elementare, dell’originario e del primordiale nella cultura nord-germanica, e sperava di trovarlo là dove la società moderna non era ancora stata in grado di limitare le capacità creative delle persone. Scrive: “Le espressioni artistiche delle popolazioni indigene sono irrealistiche, ritmiche, ornamentali così com’è sempre stata l’arte primitiva di tutti i popoli, incluso il popolo germanico agli inizi.” [90] Per Nolde, studiare l’arte indigena è un modo per comprendere meglio l’arte degli Egizi, dei Copti, e l’arte romanica e gotica [91].

[8] Nolde pone dei limiti all’innovazione artistica, esprimendosi (come già detto) contro l’astrattismo. Quando l’artista raggiunse l’apice del successo (siamo nel 1927), cubismo e dadaismo esistevano già da dieci-vent’anni, e dettavano la nuova frontiera dell’avanguardia. A Nolde non piacciono, anche se nelle sue Memorie lo dice usando forme dubitative: “Io non so se le belle arti possano guadagnare abbandonando il campo su cui si fondano al presente. Ogni artista nato per creare ha il proprio modo di esprimersi. Spingere all’estremo l’originalità, furberie ingegnose e giochetti non sono arte. Tutto ciò è troppo superficiale e non può rimpiazzare le più profonde funzioni spirituali degli esseri umani. (…) Nella mia arte io cerco di evitare ogni forma di stilizzazione violenta o di disintegrazione di una forma oggettiva, e persino elementi costruttivisti e cubisti.” [92] E riferendosi implicitamente all’opera di Vassily Kandinsky:  “Follie e scherzi pretenderebbero di trasformare ciò che è più nuovo in mistica e spiritualità, e lo farebbero in un modo talmente illusorio che può essere spiegato solamente da complicati vocaboli stranieri multisillabici. Io mi sono opposto a questa moda. I pittori astratti se la sono risa di me. Uno solo mi ha difeso: Paul Klee.” [93]

[9] Nolde utilizza tutti gli elementi sopra menzionati per definire una nuova arte nazionale tedesca. Sente il grande bisogno di inaugurare una nuova corrente tedesca dell’arte moderna (‘che abbia radici nella terra patria’ – im Heimatlichen wurzelnd [94]), che si differenzi dall’arte francese (la sua ostilità alla pittura francese è stata già discussa) così come dalle influenze ebraiche (si veda in seguito). La versione delle Memorie del 1934 (2/1) contiene un invito implicito alla rivolta contro l’arte di influsso straniero: “Nel popolo (Volk) tedesco nessuno ha protestato, pur riconoscendo come stanno le cose. Neppure tra gli artisti, nemmeno quando hanno condannato i prezzi esorbitanti  richiesti per i quadri francesi. Il mio sangue ha cominciato a ribollire ben presto per la riabbia, sin quando non ne sono scaturite la mia ribellione e le difficili battaglie che ho duvuto combattere” [95]. Viene qui ripetuto il concetto di ‘battaglie’(Kämpfe), certamente con una precisa direzione ideologica a favore del nazionalismo tedesco. In questo caso la frase viene cancellata solamente a partire dalla versione U1 del 1976. 

In conclusione, Nolde certamente comprese di essere un innovatore nell’arte, sia nei termini della sua intensità (per esempio, il colore) sia delle tecniche (per esempio, gli acquerelli). Rilevò che “gli artisti sono molto differenti, fondamentalmente differenti, e che tali dovrebbero rimanere” [96]. Scrisse di essere cosciente che la sua arte fosse intenzionalmente “molto forte(ganz starke Kunst), e che perciò non potesse divenire “un’arte popolare(Volkskunst) né che potesse essere riconosciuta ufficialmente [97]. Anche una volta raggiunto il successo, continuò a dividere l’opinione pubblica. Lui stesso parlò esplicitamente di una “questione Nolde” (Noldestreit) [98]: “sapevo che la mia arte era un paio di decenni davanti ai tempi.” [99] E tuttavia, dopo lunghi brani in cui rammenta i rifiuti ricevuti da gallerie d’arte, musei e critici d’arte, scrive anche: “Non sono mai riuscito a comprendere un’avversione talmente forte nei confronti della mia arte, che a mesembra così banalmente semplice” [100]. E usa toni molto amari quando ricorda che nessuna chiesa era stata disposta a ospitare i suoi dipinti sacri (quelli che amava di più nella sua produzione artistica) e che non ricevette mai una commissione pubblica [101]. Nolde ebbe certamente sostenitori forti e importanti tra i critici e collezionisti: oltre al già menzionato Sauerlandt,  anche Schiefler, Graef, Probst e Osthaus. Ma erano una minoranza. In una lettera del 26 dicembre 1924, facendo il punto della situazione dell'accoglienza riservata ai suoi lavori, scrisse enfaticamente: ”Pittore, ti stanno linciando” [102].

Fine della Parte Terza
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NOTE

[62] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), Colonia, A cura di Manfred Reuther, DuMont, 2013, p. 455. Citazione a p.97.

[63] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 99.

[64] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato). Si vedano pagine 151, 167, 240, 314, 375.

[65] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p.230.

[66] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 228.

[67] Nolde, Emil – Jahre der Kämpfe (Anni delle battaglie), Berlino, Rembrandt Verlag, 1934, pp. 262. Citazione a pagina 203.

[68] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 229.

[69] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 365.

[70] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 164.

[71] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 165.

[72] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 165.

[73] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 229.

[74] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 158.

[75] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 157.

[76] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 156.


[78] Nolde, Emil – Briefe aus den Jahren 1894-1926 (Lettere degli anni 1894-1926), Berlino, Furche Verlag, 1967, pp.183. Citazione a p. 65.

[79] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 246.

[80] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 247.

[81] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), pp.366-367.

[82] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 158.

[83] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 193.

[84] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 144.

[85] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), pp.230-231.

[86] Nolde, Emil – Jahre der Kämpfe (Anni delle battaglie), 1934, (citato), p.183.

[87] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 229.

[88] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 194-195.

[89] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 226.

[90] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 227.

[91] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 244.

[92] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), pp.402-403.

[93] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 403.

[94] Un’espressione a pagina 122 della versione del 1934 del secondo volume, compresa nelle versioni del 1958 e del 1967, ma non inclusa nella versione del 1976.

[95] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 122.

[96] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 131.

[97] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 160.

[98] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 206.

[99] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 228.

[100] Nolde, Emil – Mein Leben (La mia vita), (2013), (citato), p. 245.

[101] A pagina 226 della versione del 1934 del secondo volume (2/1)

[102] Nolde, Emil – Briefe aus den Jahren 1894-1926 (citato), p.168


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