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mercoledì 17 giugno 2015

Giovanni Previtali, [Per lo studio critico delle fonti di storia dell’arte] (1976)

English Version

Giovanni Previtali
[Per lo studio critico delle fonti di storia dell’arte]


Estratto da:
Giovan Pietro Bellori
Le Vite de’ Pittori scultori e architetti moderni
A cura di Evelina Borea
Introduzione di Giovanni Previtali
Torino, Einaudi editore (I Millenni), 1976



Giovanni Previtali nella Collegiata di Casole d'Elsa il 3 dicembre 1983
Fonte: http://www3.unisi.it/v0/minisito2.html?fld=2200

Premessa (di Giovanni Mazzaferro)

Nel 1976 la casa editrice Einaudi pubblicava Le vite de’ pittori scultori e architetti moderni di Giovan Pietro Bellori, a cura di Evelina Borea e con introduzione di Giovanni Previtali. Ho riletto l’introduzione qualche giorno fa e l’ho riscoperta straordinariamente ‘moderna’, non solo per gli aspetti dedicati all’analisi dell’opera, ma anche da un punto di vista scientifico-metodologico. Previtali si chiedeva innanzi tutto (una domanda ovviamente retorica) come potesse essere passato tanto tempo (le Vite erano del 1672) prima che uscisse un’edizione critica del testo belloriano. Notava che la riscoperta dei testi fondamentali del barocco italiano aveva portato alla pubblicazione di numerose ristampe anastatiche; ma operava una netta distinzione fra queste ultime e le edizioni critiche. La preferenza era da accordarsi senza dubbio alcuno alle edizioni critiche, ad edizioni cioè che fossero annotate e commentate e che permettessero al lettore di comprendere il contesto.




A quarant’anni di distanza la necessità di approntare edizioni critiche corrette delle principali fonti della letteratura artistica si scontra non più con le ristampe anastatiche ma con l’accessibilità delle medesime su Internet. Intendiamoci: nessuno vuol dire che Internet non abbia permesso allo studioso di attingere agli originali con una facilità insperata ai tempi di Previtali. Ciò di cui siamo ancora convinti è che (esattamente come nel 1976) un originale rintracciato in rete, senza apparati critici, si presti agli stessi pericoli delle ristampe anastatiche.

Abbiamo chiesto il permesso alla Casa editrice Einaudi di poter trascrivere e riproporre le pagine (dalla IX alla XII) dedicate da Previtali a sostenere la necessità di approntare moderne edizioni critiche delle fonti. Abbiamo attribuito loro un titolo di fantasia che fosse però fedele alla sostanza del pensiero dell’autore. Le riproponiamo qui di seguito, sperando che siano gradite. I diritti di riproduzione spettano interamente all’editore, che si ringrazia.


Giovanni Previtali
Introduzione alle Vite del Bellori: pp. IX-XII
(copyright Einaudi editore)

Una edizione moderna dell’opera principale di chi è generalmente giudicato il «più importante storiografo dell’arte non solo di Roma ma di tutta Italia, anzi dell’Europa, nel Seicento» (Schlosser) [n.d.r. ovvero Bellori], «il più grande studioso dell’arte e archeologo del suo tempo» (Panofsky) [1] non ha bisogno di particolari giustificazioni; sembrerebbe casomai che ci si dovesse chiedere, al contrario, come mai la nostra cultura storico-artistica, ricca di così gloriose tradizioni e tanto prodiga, da qualche tempo, di saggi metodologicamente «aggiornati», abbia dovuto attendere il terzo centenario della editio princeps delle Vite (1672-1972) per assolvere a questo elementare dovere verso uno dei propri illustri antenati; e se non sia questo un segno di più della sua sostanziale fragilità ed incapacità non solo di tenere le proprie posizioni nel dibattito delle idee ma perfino di far fronte con le proprie forze alle richieste del pubblico, della scuola, del mercato librario.

Fatto sta che quando, sono ormai quarant’anni suonati, l’aumento di interessi per l’arte del Seicento, auspici e pionieri i Voss ed i Longhi, i Pevsner ed i Pollak [2], fece nuovamente sentire il bisogno di avere fra mano le grandi «fonti» sulla vita artistica dell’«età barocca» (Baglione, Bellori, Passeri, Pascoli), allora per la prima volta si fece ricorso a quella soluzione di fortuna che è la ristampa anastatica [3]. Una soluzione che appunto in quanto «di fortuna» e transitoria siamo stati in tanti ad accogliere con soddisfazione [4], ma che non ci dispensa certo dal compito di approntare, di quei testi, edizioni moderne: e cioè facilmente leggibili, filologicamente corrette, ed in cui il testo sia ricondotto, con tutti i mezzi a disposizione (primo fra tutti un aggiornato commento a piè di pagina) a quelle coordinate storiche al di fuori delle quali è destinato a rimanere, per il pubblico attuale, anche «colto», se non addirittura «specialistico», largamente incomprensibile. Considerazioni elementari, e che sono certo valide per qualsiasi testo di antica storiografia (per il Guicciardini o Paolo Sarpi non meno che per il Vasari o il Bellori), ma che sono doppiamente vere per i testi di critica artistica i quali, una volta persa di vista la connessione con gli specifici fatti figurativi alla cui presenza furono redatti, sono tanto più facilmente soggetti ad involontarie incomprensioni quanto a volontarie manipolazioni.

Ricostruire brevemente in nota la originaria consistenza, fornire le indicazioni necessarie a recuperare la attuale collocazione ed a ricostruire le differenti valutazioni di questo fondamentale quadro di riferimento non è compito che un editore di fonti letterarie che voglia veramente aiutare a comprenderne il senso (rendendone con ciò stesso più efficace l’utilizzazione) possa trascurare come secondario. E non tanto con riferimento alla funzione informativa, di trasmissione di bruti dati di fatto (è questo l’aspetto per cui le fonti sono, in teoria, più facilmente «superabili», anche se, bisogna dirlo, ancora ben raramente «superate») quanto proprio per quelle parti di polemica o di interpretazione, che qualcuno, specialmente anglosassone, considerandole «soggettive», «contingenti» e quindi «non scientifiche» sarebbe disposto a trascurare a vantaggio della «duratura» parte di informazione «oggettiva». Se infatti andiamo al fondo di questa alternativa editoriale (anastatiche e simili versus edizioni commentate) non tardiamo a scoprirvi, come al fondo di ogni scelta, l’alleanza di un interesse con una giustificazione ideologica. L’interesse economico è evidente, il costo della manodopera intellettuale ed i tempi di produzione riducendosi nel primo caso a valori minimi; l’«ideologia» è quella, cui accennavo sopra, del valore privilegiato della «informazione oggettiva», di cui sono logici corollari da un lato la sfiducia in ogni intervento critico (di commentatore o editore che sia – si trattasse anche di «toglier l’acca all’huomo») il quale possa alterare l’originaria «oggettività» [5], dall’altro la diversa utilizzazione dei testi, destinati ad essere tesaurizzati in vista di saltuarie «consultazioni» per attingervi «preziosi» «dati di fatto». La scelta della «edizione» vera e propria, con tutti i suoi rischi, ha anche questo senso, di voler riaffermare che le fonti vanno lette e rilette, non solo consultate [6].

Vanno lette, innanzitutto, perché è solo attraverso le fonti che si può, aiutando e non forzando la interpretazione (per sua natura ambigua) dei testi figurativi [7], trovare quelle relazioni tra mondo dell’arte e mondo della parola, degli interessi, delle idee, che ci consentono di vedere unitariamente ed al di fuori di ogni estetismo una società del passato, e di ritrovarne, questo è l’essenziale, l’unità organica attraverso le mediazioni reali; non contentandosi semplicemente di una unità astratta, aprioristicamente presupposta e costruita attraverso l’arbitraria coniugazione di dati che per essere «sincronici» non sono, per questo solo fatto, tra sé correlati.

Vanno lette, inoltre, per ritrovare il senso di quella «tradizione storiografica» la cui funzione non è da poco nel segnare limiti certi all’arbitrio delle modernizzazioni interpretative. Una vecchia verità del passato, è il caso di ricordarlo a qualche coetaneo che degli illuministi sembra aver ereditato lo schematismo se non l’erudizione e il coraggio, non diventa mai falsa nel senso di assurda, irrelata ai fatti storici, non pertinente, ma semplicemente parziale, ristretta, disaccentata; va «inverata», avrebbe detto Hegel, non ignorata o schematicamente capovolta o respinta.

Tutto ciò, ancora una volta, è due volte vero per quanto riguarda le discipline storico-artistiche in cui quel che si trova nei documenti scritti registra una parte tanto secondaria del dibattito effettivo; in cui tra pittori semianalfabeti ed «utenti» che spesso non lo erano di meno, la «tradizione orale» ha continuato ad avere valore preminente ben addentro alla civiltà della carta stampata. È anche questa tradizione di accese discussioni di fronte ai «testi unici» delle opere dell’arte figurativa, di «réportages» verbali su ciò che avveniva su altre piazze del mercato dell’arte, di argomenti inventati per convincere della bontà di un acquisto o dei difetti del prodotto concorrente che troviamo registrata, direttamente o, più spesso, sotto l’aspetto di bersaglio polemico, nelle nostre «fonti», scritte da gente che per aver potuto assistere o partecipare a quei dibattiti, sofferto quelle lotte, condiviso quegli interessi, ne ha saputo veramente troppo più di noi posteri perché possiamo illuderci di poter fare a meno della loro testimonianza e dei loro giudizi.


NOTE

[1] J. Von Schlosser, Die Kunstliteratur, Wien 1924, trad. it. La letteratura artistica, Firenze, 1964, pp. 463-64 (è questa la «terza edizione italiana aggiornata» dell’opera fondamentale del grande erudito italo-tedesco; tanto più sorprende che non si sia ancora provveduto a correggere gli errori di fatto che, in un’opera di queste dimensioni, sono, inevitabilmente, abbastanza frequenti); E. Panofsky, Idea. Ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der älteren Kunsttheorie, Leipzig-Berlin 1924, trad. it. Firenze 1952, p. 79.
[2] H. Voss, Die Malerei des Barock in Rom, Berlin 1924; N. Pevsner, Die italienische Malerei vom Ende der Renaissance bis zum ausgehenden Rokoko, Wildpark-Potsdam, 1928; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII, Wien, 1927, 1931; gli scritti seicenteschi di R. Longhi dal 1913 al 1934 sono ora in Opere complete, voll. I, II e IV, Firenze 1961, 1967, 1968.
[3] Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, scritte da Gio: Pietro Bellori, parte prima. Fac-simile dell’edizione di Roma del MDCLXXII, Roma 1931; Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni scritte da Lione Pascoli. Fac-simile dell’edizione di Roma del MDCCXXX, Roma, 1933; Le vite de’ pittori scultori et architetti. Dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, scritte da Gio. Baglione Romano. Fac-simile dell’edizione di Roma del MDCXLII con introduzione e a cura di Valerio Mariani, Roma 1935.
[4] Vedi, per esempio, E. Garin, Considerazioni su una mostra, in Reprints. I° mostra-mercato internazionale, ristampe anastatiche, Circolo della stampa, Milano, 4-12 febbraio 1972.
[5] Quali casi limite delle aberrazioni cui può condurre simile feticismo dell’oggettività si possono citare da un lato il rifiuto di R. Spear di riconoscere i rapporti tra Velázquez e Caravaggio perché «non documentati» (comunicazione al convegno caravaggesco di Cleveland, cfr. anche il catalogo della mostra Caravaggio and his Followers, Cleveland 1971, p. 19), d’altro lato, su un altro piano, la decisione di E. Battisti di mantenere religiosamente, nella sua ristampa delle Vite del Bellori (Genova 1967) l’aspetto grafico dell’originale (la cosa è così inconsueta che sia Wittkower, Arte e architettura in Italia 1600-1750, Torino 1972, p. 445, che A. Pallucchini, Per una situazione storica di Giovan Pietro Bellori, in «Storia dell’Arte», n. 12, 1971, p. 285, credono si tratti di una «edizione in fac-simile», mentre il testo è stato ricomposto, con le conseguenze che è facile immaginare; cfr. p. LXXVI).
[6] L’elenco delle fonti seicentesche che hanno avuto l’onore di una edizione commentata è presto fatto: alle imprese pionieristiche di D. von Hadeln per il Ridolfi (Le meraviglie dell’arte o vero le vite degli illustri pittori veneti e dello stato, Venezia, 1648), Berlin 1914, 1924, e di J. Hess per il Passeri (Vite de’ pittori scultori et architetti cit.), Leipzig-Wien 1934, si sono aggiunte, nel secondo dopoguerra, solo le edizioni del Mancini (Considerazioni sulla pittura) a cura di A. Marucchi e L. Salerno (Roma 1956, 1957) e del Boschini (La carta del navegar pitoresco, Venezia 1660) a cura di A. Pallucchini (Venezia-Roma 1966). Un compromesso che elude il problema della cura del testo (riprodotto fotostaticamente) ma affronta però quello del commentario storico è quello adottato da L. Grassi nella collana «Fonti per la storia dell’arte» (G. Celio a cura di E. Zocca, B. Orsini a cura di B. Toscano, Pietro da Cortona a cura di V. Casala, P. Marulli a cura di M. Zocca), metodo seguito anche nella edizione, a cura di A. Emiliani, di C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna 1686, Bologna, 1969. Assai più ristretta la parte del commentario storico nella serie delle Edizioni Labor di Milano (Scannelli, Scaramuccia).
[7] Su questa «naturale» ambiguità dei testi figurativi ho già avuto modo di insistere nella mia Introduzione al volume sull’Arte della Enciclopedia Feltrinelli-Fischer, Milano, 1971, pp. 13-15. Vedi ora, per i limiti che essa impone alla ricerca «iconologica», l’importante saggio di E.H. Gombrich, Introduction: Aims and Limits of Iconology, in Symbolic Images. Studies in the Art of the Renaissance, London 1972, pp. 1-22.

[8] Per il giusto rifiuto di questa unità astratta aprioristicamente assunta all’inizio e puntualmente ritrovata alla fine di ogni ricerca condotta con spirito idealistico, vedi soprattutto E.H. Gombrich, In Search of Cultural History, Oxford, 1969; per la necessità, tuttavia, di ritrovare una visione unitaria, la mia Introduzione di cui sopra e inoltre: E.H. Gombrich, conservatore viennese, in «Paragone», n. 221, luglio 1968, pp. 22-40; Un nuovo programma di lavoro del Warburg Institute. Alla ricerca di una storia della cultura, in «Rinascita», 30 maggio 1969, pp. 26-27, e la Introduzione a E. Panofsky, Studi di iconologia, Torino 1975, pp. XXVIII-XXXII.https://letteraturaartistica.blogspot.com/2013/11/julius-schlosser-magnino-la-letteratura.html https://letteraturaartistica.blogspot.com/2014/02/giovanni-baglione-le-vite-de-pittori.html

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