Giovanni Previtali
[Per lo studio critico delle fonti di storia dell’arte]
Estratto da:
Giovan Pietro Bellori
Le Vite de’ Pittori scultori e architetti moderni
A cura di Evelina Borea
Introduzione di Giovanni Previtali
Torino, Einaudi editore (I Millenni), 1976
![]() |
Giovanni Previtali nella Collegiata di Casole d'Elsa il 3 dicembre 1983 Fonte: http://www3.unisi.it/v0/minisito2.html?fld=2200 |
Premessa (di Giovanni Mazzaferro)
Nel 1976 la casa editrice Einaudi pubblicava Le vite de’ pittori
scultori e architetti moderni di Giovan
Pietro Bellori, a cura di Evelina Borea e con introduzione di Giovanni
Previtali. Ho riletto l’introduzione qualche giorno fa e l’ho riscoperta
straordinariamente ‘moderna’, non solo per gli aspetti dedicati all’analisi
dell’opera, ma anche da un punto di vista scientifico-metodologico. Previtali
si chiedeva innanzi tutto (una domanda ovviamente retorica) come potesse essere
passato tanto tempo (le Vite erano
del 1672) prima che uscisse un’edizione critica del testo belloriano. Notava
che la riscoperta dei testi fondamentali del barocco italiano aveva portato
alla pubblicazione di numerose ristampe anastatiche; ma operava una netta
distinzione fra queste ultime e le edizioni critiche. La preferenza era da
accordarsi senza dubbio alcuno alle edizioni critiche, ad edizioni cioè che
fossero annotate e commentate e che permettessero al lettore di comprendere il
contesto.
A quarant’anni di distanza la necessità di approntare edizioni critiche
corrette delle principali fonti della letteratura artistica si scontra non più
con le ristampe anastatiche ma con l’accessibilità delle medesime su Internet.
Intendiamoci: nessuno vuol dire che Internet non abbia permesso allo studioso
di attingere agli originali con una facilità insperata ai tempi di Previtali.
Ciò di cui siamo ancora convinti è che (esattamente come nel 1976) un originale
rintracciato in rete, senza apparati critici, si presti agli stessi pericoli
delle ristampe anastatiche.
Abbiamo chiesto il permesso alla Casa editrice Einaudi di poter trascrivere
e riproporre le pagine (dalla IX alla XII) dedicate da Previtali a sostenere la
necessità di approntare moderne edizioni critiche delle fonti. Abbiamo
attribuito loro un titolo di fantasia che fosse però fedele alla sostanza del
pensiero dell’autore. Le riproponiamo qui di seguito, sperando che siano
gradite. I diritti di riproduzione spettano interamente all’editore, che si
ringrazia.
Giovanni Previtali
Introduzione alle Vite del Bellori: pp. IX-XII
(copyright Einaudi editore)
Una edizione moderna dell’opera
principale di chi è generalmente giudicato il «più importante storiografo
dell’arte non solo di Roma ma di tutta Italia, anzi dell’Europa, nel Seicento»
(Schlosser) [n.d.r. ovvero Bellori], «il più grande studioso dell’arte e
archeologo del suo tempo» (Panofsky) [1] non ha bisogno di particolari
giustificazioni; sembrerebbe casomai che ci si dovesse chiedere, al contrario,
come mai la nostra cultura storico-artistica, ricca di così gloriose tradizioni
e tanto prodiga, da qualche tempo, di saggi metodologicamente «aggiornati»,
abbia dovuto attendere il terzo centenario della editio princeps delle Vite (1672-1972) per assolvere a questo
elementare dovere verso uno dei propri illustri antenati; e se non sia questo
un segno di più della sua sostanziale fragilità ed incapacità non solo di
tenere le proprie posizioni nel dibattito delle idee ma perfino di far fronte
con le proprie forze alle richieste del pubblico, della scuola, del mercato
librario.
Fatto sta che quando, sono ormai
quarant’anni suonati, l’aumento di interessi per l’arte del Seicento, auspici e
pionieri i Voss ed i Longhi, i Pevsner ed i Pollak [2], fece nuovamente sentire
il bisogno di avere fra mano le grandi «fonti» sulla vita artistica dell’«età
barocca» (Baglione, Bellori, Passeri, Pascoli), allora per la prima volta si
fece ricorso a quella soluzione di fortuna che è la ristampa anastatica [3].
Una soluzione che appunto in quanto «di fortuna» e transitoria siamo stati in
tanti ad accogliere con soddisfazione [4], ma che non ci dispensa certo dal
compito di approntare, di quei testi, edizioni moderne: e cioè facilmente
leggibili, filologicamente corrette, ed in cui il testo sia ricondotto, con
tutti i mezzi a disposizione (primo fra tutti un aggiornato commento a piè di
pagina) a quelle coordinate storiche al di fuori delle quali è destinato a
rimanere, per il pubblico attuale, anche «colto», se non addirittura
«specialistico», largamente incomprensibile. Considerazioni elementari, e che
sono certo valide per qualsiasi testo di antica storiografia (per il
Guicciardini o Paolo Sarpi non meno che per il Vasari o il Bellori), ma che
sono doppiamente vere per i testi di critica artistica i quali, una volta persa
di vista la connessione con gli specifici fatti figurativi alla cui presenza
furono redatti, sono tanto più facilmente soggetti ad involontarie incomprensioni
quanto a volontarie manipolazioni.
Ricostruire brevemente in nota la
originaria consistenza, fornire le indicazioni necessarie a recuperare la
attuale collocazione ed a ricostruire le differenti valutazioni di questo
fondamentale quadro di riferimento non è compito che un editore di fonti
letterarie che voglia veramente aiutare a comprenderne il senso (rendendone con
ciò stesso più efficace l’utilizzazione) possa trascurare come secondario. E
non tanto con riferimento alla funzione informativa, di trasmissione di bruti
dati di fatto (è questo l’aspetto per cui le fonti sono, in teoria, più
facilmente «superabili», anche se, bisogna dirlo, ancora ben raramente
«superate») quanto proprio per quelle parti di polemica o di interpretazione,
che qualcuno, specialmente anglosassone, considerandole «soggettive»,
«contingenti» e quindi «non scientifiche» sarebbe disposto a trascurare a
vantaggio della «duratura» parte di informazione «oggettiva». Se infatti
andiamo al fondo di questa alternativa editoriale (anastatiche e simili versus
edizioni commentate) non tardiamo a scoprirvi, come al fondo di ogni scelta,
l’alleanza di un interesse con una giustificazione ideologica. L’interesse
economico è evidente, il costo della manodopera intellettuale ed i tempi di produzione
riducendosi nel primo caso a valori minimi; l’«ideologia» è quella, cui
accennavo sopra, del valore privilegiato della «informazione oggettiva», di cui
sono logici corollari da un lato la sfiducia in ogni intervento critico (di
commentatore o editore che sia – si trattasse anche di «toglier l’acca
all’huomo») il quale possa alterare l’originaria «oggettività» [5], dall’altro
la diversa utilizzazione dei testi, destinati ad essere tesaurizzati in vista
di saltuarie «consultazioni» per attingervi «preziosi» «dati di fatto». La
scelta della «edizione» vera e propria, con tutti i suoi rischi, ha anche
questo senso, di voler riaffermare che le fonti vanno lette e rilette, non solo
consultate [6].
Vanno lette, innanzitutto, perché
è solo attraverso le fonti che si può, aiutando e non forzando la
interpretazione (per sua natura ambigua) dei testi figurativi [7], trovare
quelle relazioni tra mondo dell’arte e mondo della parola, degli interessi,
delle idee, che ci consentono di vedere unitariamente ed al di fuori di ogni
estetismo una società del passato, e di ritrovarne, questo è l’essenziale,
l’unità organica attraverso le mediazioni reali; non contentandosi
semplicemente di una unità astratta, aprioristicamente presupposta e costruita
attraverso l’arbitraria coniugazione di dati che per essere «sincronici» non
sono, per questo solo fatto, tra sé correlati.
Vanno lette, inoltre, per
ritrovare il senso di quella «tradizione storiografica» la cui funzione non è
da poco nel segnare limiti certi all’arbitrio delle modernizzazioni
interpretative. Una vecchia verità del passato, è il caso di ricordarlo a
qualche coetaneo che degli illuministi sembra aver ereditato lo schematismo se
non l’erudizione e il coraggio, non diventa mai falsa nel senso di assurda, irrelata
ai fatti storici, non pertinente, ma semplicemente parziale, ristretta,
disaccentata; va «inverata», avrebbe detto Hegel, non ignorata o
schematicamente capovolta o respinta.
Tutto ciò, ancora una volta, è
due volte vero per quanto riguarda le discipline storico-artistiche in cui quel
che si trova nei documenti scritti registra una parte tanto secondaria del
dibattito effettivo; in cui tra pittori semianalfabeti ed «utenti» che spesso
non lo erano di meno, la «tradizione orale» ha continuato ad avere valore
preminente ben addentro alla civiltà della carta stampata. È anche questa
tradizione di accese discussioni di fronte ai «testi unici» delle opere
dell’arte figurativa, di «réportages» verbali su ciò che avveniva su altre
piazze del mercato dell’arte, di argomenti inventati per convincere della bontà
di un acquisto o dei difetti del prodotto concorrente che troviamo registrata,
direttamente o, più spesso, sotto l’aspetto di bersaglio polemico, nelle nostre
«fonti», scritte da gente che per aver potuto assistere o partecipare a quei
dibattiti, sofferto quelle lotte, condiviso quegli interessi, ne ha saputo
veramente troppo più di noi posteri perché possiamo illuderci di poter fare a
meno della loro testimonianza e dei loro giudizi.
NOTE
[1] J. Von Schlosser, Die Kunstliteratur, Wien 1924, trad. it. La letteratura artistica, Firenze, 1964,
pp. 463-64 (è questa la «terza edizione italiana aggiornata» dell’opera
fondamentale del grande erudito italo-tedesco; tanto più sorprende che non si
sia ancora provveduto a correggere gli errori di fatto che, in un’opera di
queste dimensioni, sono, inevitabilmente, abbastanza frequenti); E. Panofsky, Idea. Ein Beitrag zur
Begriffsgeschichte der älteren Kunsttheorie, Leipzig-Berlin 1924, trad. it. Firenze
1952, p. 79.
[2] H. Voss, Die Malerei des Barock in Rom, Berlin 1924; N. Pevsner, Die italienische Malerei vom Ende der
Renaissance bis zum ausgehenden Rokoko, Wildpark-Potsdam, 1928; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII,
Wien, 1927, 1931; gli scritti seicenteschi di R. Longhi dal 1913 al 1934 sono
ora in Opere complete, voll. I, II e
IV, Firenze 1961, 1967, 1968.
[3] Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, scritte da Gio:
Pietro Bellori, parte prima. Fac-simile dell’edizione di Roma del MDCLXXII,
Roma 1931; Vite de’ pittori, scultori et
architetti moderni scritte da Lione Pascoli. Fac-simile dell’edizione di Roma
del MDCCXXX, Roma, 1933; Le vite de’
pittori scultori et architetti. Dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in
fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, scritte da Gio. Baglione Romano.
Fac-simile dell’edizione di Roma del MDCXLII con introduzione e a cura di
Valerio Mariani, Roma 1935.
[4] Vedi, per esempio, E. Garin, Considerazioni su una mostra, in Reprints. I° mostra-mercato internazionale,
ristampe anastatiche, Circolo della stampa, Milano, 4-12 febbraio 1972.
[5] Quali casi limite delle aberrazioni
cui può condurre simile feticismo dell’oggettività si possono citare da un lato
il rifiuto di R. Spear di riconoscere i rapporti tra Velázquez e Caravaggio
perché «non documentati» (comunicazione al convegno caravaggesco di Cleveland,
cfr. anche il catalogo della mostra Caravaggio
and his Followers, Cleveland 1971, p. 19), d’altro lato, su un altro piano,
la decisione di E. Battisti di mantenere religiosamente, nella sua ristampa
delle Vite del Bellori (Genova 1967)
l’aspetto grafico dell’originale (la cosa è così inconsueta che sia Wittkower, Arte e architettura in Italia 1600-1750,
Torino 1972, p. 445, che A. Pallucchini, Per
una situazione storica di Giovan Pietro Bellori, in «Storia dell’Arte», n.
12, 1971, p. 285, credono si tratti di una «edizione in fac-simile», mentre il
testo è stato ricomposto, con le conseguenze che è facile immaginare; cfr. p.
LXXVI).
[6] L’elenco delle fonti
seicentesche che hanno avuto l’onore di una edizione commentata è presto fatto:
alle imprese pionieristiche di D. von Hadeln per il Ridolfi (Le meraviglie dell’arte o vero le vite degli
illustri pittori veneti e dello stato, Venezia, 1648), Berlin 1914, 1924, e
di J. Hess per il Passeri (Vite de’
pittori scultori et architetti cit.), Leipzig-Wien 1934, si sono aggiunte,
nel secondo dopoguerra, solo le edizioni del Mancini (Considerazioni sulla pittura) a cura di A. Marucchi e L. Salerno
(Roma 1956, 1957) e del Boschini (La carta del navegar pitoresco, Venezia 1660) a cura di A. Pallucchini
(Venezia-Roma 1966). Un compromesso che elude il problema della cura del testo
(riprodotto fotostaticamente) ma affronta però quello del commentario storico è
quello adottato da L. Grassi nella collana «Fonti per la storia dell’arte» (G. Celio
a cura di E. Zocca, B. Orsini a cura di B. Toscano, Pietro da Cortona a cura di
V. Casala, P. Marulli a cura di M. Zocca), metodo seguito anche nella edizione,
a cura di A. Emiliani, di C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna 1686, Bologna, 1969. Assai più ristretta la parte del commentario storico nella serie delle
Edizioni Labor di Milano (Scannelli, Scaramuccia).
[7] Su questa «naturale»
ambiguità dei testi figurativi ho già avuto modo di insistere nella mia Introduzione al volume sull’Arte della Enciclopedia Feltrinelli-Fischer, Milano, 1971, pp. 13-15. Vedi
ora, per i limiti che essa impone alla ricerca «iconologica», l’importante
saggio di E.H. Gombrich, Introduction:
Aims and Limits of Iconology, in Symbolic
Images. Studies in the Art of the Renaissance, London 1972, pp. 1-22.
[8] Per il giusto rifiuto di
questa unità astratta aprioristicamente assunta all’inizio e puntualmente
ritrovata alla fine di ogni ricerca condotta con spirito idealistico, vedi
soprattutto E.H. Gombrich, In Search of
Cultural History, Oxford, 1969; per la necessità, tuttavia, di ritrovare
una visione unitaria, la mia Introduzione
di cui sopra e inoltre: E.H. Gombrich,
conservatore viennese, in «Paragone», n. 221, luglio 1968, pp. 22-40; Un nuovo programma di lavoro del Warburg
Institute. Alla ricerca di una storia della cultura, in «Rinascita», 30
maggio 1969, pp. 26-27, e la Introduzione
a E. Panofsky, Studi di iconologia,
Torino 1975, pp. XXVIII-XXXII.https://letteraturaartistica.blogspot.com/2013/11/julius-schlosser-magnino-la-letteratura.html https://letteraturaartistica.blogspot.com/2014/02/giovanni-baglione-le-vite-de-pittori.html
Nessun commento:
Posta un commento