Max Klinger
Malerei und Zeichnung (Pittura e disegno)
Parte Seconda: I due generi dell'arte visiva
(Recensione di Francesco Mazzaferro)
[Versione originale: gennaio 2015 - nuova versione: aprile 2019]
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Fig. 11) La settima edizione di Pittura e disegno, inclusa nella famosissima collana Biblioteca Insel nel 1919 a Berlino
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Lo scritto
‘Pittura e disegno’ ha una storia
strana. Pubblicato nel 1891, fu ristampato più volte – come già detto – agli
inizi del Novecento. Tuttavia, l’esame di una ricchissima raccolta
bibliografica su Klinger pubblicata nel 2008 [42] mostra che l’opera, pur così
popolare, non fu oggetto di articoli o saggi specifici degli studiosi.
Comparirono diverse monografie su Klinger; alcune di esse riportarono pagine
del pamphlet, ma mancò un’analisi specificamente indirizzata al testo Con
un’unica eccezione: un fortunato saggio del 1917 del poeta Ferdinand Avenarius
– direttore di Der Kunstwart, una
rivista d’arte, musica e letteratura - intitolato “Klinger come poeta” [43] (nel senso di creatore), che pure sta al
confine fra analisi critica e panegirico dell’artista (che ancora una volta –
l’ultima forse - viene citato come maggiore artista del suo tempo).
Solamente negli ultimi decenni si è manifestato uno specifico interesse
critico degli studiosi per il pamphlet. In Germania si pensi (oltre all’ottima
introduzione di Annaliese Hübscher nell’edizione della Reclam di Lipsia del
1985 [44]) ad un saggio di Felix Billeter [45] del 1998 che documenta con
grande dettaglio filologico la storia della scrittura del testo (compaiono
interessanti foto dei manoscritti originali), e ad un recente contributo di
Evelina Juntunen che interpreta il ciclo di acqueforti intitolato “La tenda” alla luce del testo [46].
Negli stessi anni, due studiose inglesi hanno dedicato importanti scritti a
Pittura e disegno: Marsha Morton
(1995) [47], che discute in particolare le motivazioni filosofico-letterarie
del testo, ed Elizabeth Pendleton Streicher [48] (1996), che mostra grande
interesse nel ricostruire la relazione dell’opera con la cultura dell’epoca e
nel valutare il recepimento dei suoi contenuti. In Italia Pittura e disegno è stato studiato da Michele Dantini nel 1998, in
un saggio intitolato “Un paragone tra le
arti”; ampio spazio al testo di Klinger è stato peraltro dedicato nel
catalogo della retrospettiva dedicata all’artista, tenutasi a Ferrara nel 1996.
Dantini pone il pamphlet di Klinger in relazione ad altre opere teoriche
dedicate alla grafica, redatte in Francia a partire dalla metà dell’Ottocento;
si tratta di un’occasione importante per analizzare i legami fra arte francese
e tedesca.
Pittura
e disegno: naturalismo e neo-idealismo
Il testo è un pamphlet di 46 pagine nell’edizione
del 1891. Un testo breve, ma ben strutturato, che si può leggere facilmente
[49]. Qualcosa che non è stato composto per essere un trattato, ma un testo a tesi, che si
inserisce nella discussione estetica di quei decenni. Si propone in particolare
lo scopo di dimostrare che, a partire dall’invenzione della stampa, ogni
artista ha avuto la possibilità di creare seguendo due vie alternative: pittura
e disegno. Ciò ha consentito all’artista di proporsi al pubblico in due
versioni: quella del naturalismo pittorico e del neo-idealismo grafico. Pittura
e disegno sono infatti entrambe forme artistiche compiute, che hanno
caratteristiche, meriti e difetti diversi tra loro, e consentono dunque
all’artista di perseguire obiettivi diversi: la pittura intende celebrare la bellezza
della natura, il disegno permette all’artista di evidenziare la sua visione
soggettiva del mondo (Weltanschauung),
inclusi i suoi stati d’animo più intensi. La nascita della stampa, e quindi la
possibilità di divulgare la propria opera grafica, ha però comportato la
scomparsa di ogni speranza di tornare alla Gesamtkunst
(ovvero all’arte totale), almeno in assenza di nuovi progressi tecnologici. La
dicotomia tra pittura e disegno è oggettiva, perché tecnologica: la pittura è
dominata dal colore, il disegno dal bianco e nero. Solo la scoperta eventuale
di nuovi materiali che eliminino questa differenza potrà portare in futuro al
recupero della Gesamtkunst.
La gestazione di Pittura e disegno
I primi riferimenti a questa tesi compaiono già nei diari di Klinger
pubblicati nel 1925 a cura di Hildegard Heyne [50]. Al “Rapporto tra pittura e disegno” sono dedicate quattro pagine datate
novembre 1883 [51]: siamo nella prima fase del soggiorno parigino, iniziato
nell’estate 1883 e destinato a concludersi tre anni dopo [52]. Come ha scritto
Michele Dantini, al momento del passaggio da Berlino a Parigi il giovane
Klinger – che ha già prodotto sei serie a tema di acqueforti ed ha pronti molti
disegni per quelle successive – si ripromette di estendere la propria attività
dal disegno alla pittura. “Nell’estate 1883, quando decide di lasciare Berlino
per Parigi, è la pittura ad attrarlo verso la capitale francese e in
particolare la possibilità di esercitare liberamente lo studio del nudo en plein air. Il trattato che si accinge
a scrivere non stabilirà quindi disegno, acquaforte o incisione come propri
ambiti esclusivi, al contrario: riassumerà esperienze e convinzioni, esibirà
conoscenze e familiarità, rilancerà Klinger come maestro della grafica, certo,
ma solo in preparazione ad altro.” [53]
Hildegard Heyne ha analizzato l’archivio di Klinger a Naumburg e Lipsia
[54] ed ha trovato un quaderno che comprende una prima stesura di Pittura e disegno risalente al 1885 [55],
una versione intermedia senza data ed un testo manoscritto stilato a Roma nel
1890, identico akla prima edizione del 1891 [56]. Dunque la riflessione teorica
di Klinger inizia nel 1883 (pagine del diario parigino), si concreta nel 1885,
ha fasi intermedie e si conclude a Roma, dove Klinger si era recato attratto
dall’arte antica, ma soprattutto dal desiderio di espandere la propria area di
attività alla scultura [57]. Sono peraltro del periodo romano alcune delle sue
opere pittoriche più importanti (L’ora
blu; Pietà; Crocifissione), ricche di citazioni rinascimentali, e la serie di
acqueforti intitolata “Fantasia su Brahms”.
L’Ora blu (un’interpretazione
simbolista della malinconia, ispirata dall’impressionismo francese) è
considerato da molti il più riuscito di tutti i suoi quadri.
Le ragioni di una riflessione sulla
pittura e sul disegno
È Marsha Morton, nel suo saggio già citato [58], a spiegarci le ragioni
della riflessione di Klinger. Ve ne sono almeno tre. Una riguarda la difesa del
suo operato artistico, la seconda lo stato dell’arte grafica in Germania fino a
quel momento e la terza il dibattito estetico tedesco dell’epoca.
Primo: Klinger desidera allargare la sua area d’interesse dalla grafica
alla pittura e alla scultura; contemporaneamente è preoccupato che il suo
pubblico (specie gli estimatori delle sue acqueforti) possa rimanere
disorientato dai suoi primi tentativi, a cominciare dagli affreschi che ha già
eseguito anni prima a Villa Albers. Il committente potrebbe non capire, a suo
parere, che disegno e pittura hanno necessariamente caratteristiche diverse.
Proprio ad Albers Klinger aveva scritto una lunga lettera in merito nel
febbraio 188. [59]
Secondo: l’artista è preoccupato dello stato delle conoscenze grafiche in
Germania (sia di quelle di artisti e critici d’arte sia di quelle del
pubblico). A suo giudizio il livello di tali conoscenze è molto inferiore a
quello praticato in Francia, Inghilterra e Belgio [60]. Secondo Klinger, la
mancanza di precisi criteri estetici di differenziazione tra pittura e disegno
è tra le ragioni principali della crisi dell’arte tedesca nel 1800: non è
peraltro affatto convinto che si tratti di una decadenza inarrestabile dello
spirito creativo tedesco, ma è sicuro che occorra fare qualcosa per correggere
quell’errore.
Fig. 12) L'ottava edizione, a cura di Anneliese Hübscher, pubblicata da Reclam nel 1985 a Leipzig |
Ecco che cosa scrive Klinger a questo proposito [61]: “Il tentativo,
compiuto dai pittori tedeschi attorno alla metà del secolo, di trasferire
senz’altro i principi del disegno alla pittura non è stato per nulla fruttuoso:
possiamo imputare ad esso la mancanza di cultura artistica più volte dimostrato
dal pubblico. Si è trattato di un tentativo specificamente tedesco: solo il
nostro popolo, infatti, ha tanta inclinazione alla poesia. [N.d.r.: Klinger
attribuisce al disegno le caratteristiche evocative della poesia, ed alla
pittura quelle della rappresentazione della natura].” [62] E poi continua, poco più sotto: “Non esiste
confutazione possibile: luce, colore, forma sono le tre condizioni
irrinunciabili della pittura, le tre componenti di cui necessariamente constano
un quadro o la decorazione di una parete. Se una sola viene meno, viene meno
anche la totalità dell’impresa. Dolersi che Cornelius non abbia saputo
dipingere non ha senso, perché si dimentica di considerare quanto l’artista ci
ha lasciato. Se Cornelius avesse saputo dipingere non avrebbe eseguito cartoni,
ma qualcos’altro. È necessario che il colore sia oggetto di studio e
comprensione al pari della forma: stendere una banale epidermide di colore sul
cartone non equivale affatto a dipingere. Cornelius stesso, così facendo, non
sarebbe andato oltre i pallidi accostamenti di colore di Kaulbach, ed è per
questo che ha concentrato il suo talento sull’invenzione e sull’organizzazione
compositiva: la forza delle sue immagini, che non intendo negare, sarebbe stata
solo ridotta da colore e modellato. Vedrei volentieri riprodotti i cartoni che
Cornelius ha disegnato in preparazione agli affreschi del Camposanto [n.d.r: Il
cimitero di Berlino. Cornelius lavorò per ben vent’anni, dal 1844 al 1863, ad
un monumentale ciclo di affreschi, di cui riuscì però a produrre solamente i
cartoni, senza mai passare all’affresco] in stampe di piccolo formato, poniamo
quaranta per sessanta centimetri.” [63]
Terzo: l’epoca di Klinger è contrassegnata da un serrato dibattito tra
naturalismo e neo-idealismo [64]. Klinger sembra cercare una sintesi tra le due
posizioni. Assegna alla pittura il compito di imitare la natura, e dunque
prende la medesima posizione di naturalisti ed impressionisti. Sposa invece le
ragioni dell’idealismo per la grafica, assegnando ad essa un significato di
riflessione profonda sul senso ultimo della realtà.
Naturalismo e neo-idealismo in
Germania
È importante sapere che nel dibattito estetico tedesco dell’Ottocento, come
spiega Marsha Morton, vi fu un’importante divaricazione tra naturalisti e
realisti. I primi rappresentavano la natura telle-quelle,
nella loro apparenza, senza alcun elemento di idealizzazione; seguendo
l’insegnamento di Wilhelm Leibl concentravano la loro attenzione su scene di
vita rurale ed urbana che non era immune dal rappresentare anche le bruttezze
della natura (ma anche temi sociali); i secondi invece rappresentavano la
realtà come essi pensavano dovesse idealmente essere e dunque la idealizzavano
(anche nel senso di una rappresentazione politicamente corretta degli eventi
storici, come nel caso degli Historienmaler,
i pittori di storia). Al tempo stesso, gli idealisti assegnavano a fantasia,
poesia ed emozione un ruolo fondamentale nella narrazione pittorica. Il
realismo tedesco (può sembrare strano a chi venga da una prospettiva italiana)
si sposava dunque con il neo-idealismo e si opponeva sia a naturalismo sia ad
impressionismo. Infatti, i realisti in Germania definivano l’impressionismo
come privo di fantasia e non poetico, ne criticavano l’appiattimento spirituale
e l’assenza di sentimenti profondi.
Il conseguimento di natura e bellezza (naturalismo) è assegnato da Klinger
alla pittura. L’espressione di fantasia e sentimento (neo-idealismo) diviene
invece l’area di competenza non più della pittura, ma del disegno. Possono
sembrare discussioni bizantine, ma riflettono dibattiti culturali che ebbero
grande importanza nella cultura artistica tedesca, durante tutto il periodo di
attività di Klinger: il contrasto tra forma e contenuto come punto centrale
della filosofia dell’arte, ed anche della stessa letteratura artistica. Si
pensi al saggio dello scultore Adolf von Hildebrand sul “Problema della forma nelle belle arti” (Das Problem der Form in der bildenden Kunst) del 1893 e
all’articolo di Kandinskij “Sul problema
della forma” pubblicato nell’almanacco del Cavaliere azzurro nel 1912 [65].
In termini di filosofia dell’arte, da un lato vi erano quelli che Marsha
Morton definisce come ‘formalisti scientifici’: Herbart e Fiedler “avevano usato
infatti metodi scientifici per dimostrare che l’estetica era lo studio delle
relazioni delle linee, dei piani, delle tonalità e dei colori.” [66] Ad essi si
opponevano tutti quelli che – partendo dalla tradizione di Hegel – credevano
invece in una comprensione concettuale, e non percettiva, dell’arte, basata sia
sul fenomeno associativo sia su quello empatico, e dunque su simboli, mitologia
e fantasia [67].
L’idea di Klinger di definire il rapporto tra pittura e disegno è dunque
anche il tentativo di trovare una formula che permetta la coesistenza ordinata
di diverse scuole di estetica nel mondo tedesco, assegnando la priorità alla
forma-narrazione per la pittura ed al contenuto-poesia per il disegno. Marsha
Morton vede in questo compromesso anche il risultato diretto del pensiero di
Arthur Schopenhauer, filosofo preferito di Klinger, e della sua visione del
mondo come rapporto dialettico tra la volontà (il disegno) e la
rappresentazione (la pittura).
La finalità della pittura
Nell’analisi delle finalità di pittura e disegno, Klinger stabilisce un
legame diretto tra strumenti tecnici e finalità estetiche. Il mondo della
pittura è quello della rappresentazione della natura (la finalità) attraverso
forme e colori (il veicolo tecnico), e per questo tramite, del perseguimento
della bellezza e dell’armonia: “restituire armoniosamente il colorato mondo delle
apparenze è la finalità della pittura: perfino la rappresentazione della
violenza e della passione deve conformarsi a una norma di armonia”. [68]
Il compito del pittore è quello di una creazione pura, indipendentemente dal contenuto: “irrelata, indipendente dal contesto in cui si inserisce, l’immagine dipinta al cavalletto deve la sua bellezza unicamente ai materiali, straordinariamente duttili e adatti a raffigurare con chiarezza e profondità l’intero mondo delle apparenze ed alla perfetta comprensione delle loro possibilità plastiche.” [69] Ed ancora: “La seduzione esercitata da un quadro discende proprio da questa gioiosa pretesa di rappresentare tutto il visibile, di abbracciare e compenetrare ogni forma, non importa se organica o inorganica; da questa sua attitudine a restituire ai nostri occhi la totalità vista sotto il meraviglioso profilo della connessione reciproca.” [70]
Quando discute dell’essenza della pittura, Klinger si oppone alla
tradizione tedesca della “pittura intellettuale“, la cosiddetta Gedankenmalerei. “Non servono
sofisticazioni letterarie, né percorsi particolarmente complessi. Al contrario:
potrebbero guastare” [71]. E quindi egli rigetta i fondamenti estetici del neo-idealismo: “Un quadro
è compiuto quando forme, colori, stato d’animo dominante ed espressione si
uniscono in forma compiuta. (…) Un oggetto che possiede questi requisiti può
supplire alla mediocrità degli altri, la presenza di un’idea, invece, non
supplisce a niente: ha efficacia solo quando tutte le condizioni specificamente
formali siano state soddisfatte.” [72]
Per molti versi, Klinger esprime opinioni molto simili a quelle di Baudelaire,
che criticava l’arte tedesca come ‘filosofica’: anch’egli ritiene che il
pittore non possa dunque essere un filosofo o un letterato. Ed aggiunge: “Il
vero artista seguirà non tanto orientamenti filosofico-letterari quanto la
propria natura: cercherà stimoli e suggerimenti là dove più ampio spazio è
promesso all’espressione, vale a dire allo sbocciare, al divenire figura di
un’idea; stimoli e suggerimenti che sono da sempre familiari a lui e a noi. Non
costringe l’osservatore a trasferirsi in un altro mondo dove vivere una seconda
vita pur di beneficiare della sua arte: artistica non è l’idea, ma una
particolare intensità d’espressione prestata a quanto finora non ha quasi mai
meritato attenzione.” [73] Il compito
dell’artista non è neppure quello di realizzare prodotti di per sé tecnicamente
perfetti: “attenzione a non credere che una sovrana capacità di espressione
derivi dal possesso di una tecnica magistrale. Perché è vero piuttosto il
contrario: incontriamo ogni giorno aride e impeccabili opere d’artisti
tecnicamente dotati.” [74]
La pittura è dunque pura immagine, per certi versi secondo la logica dell’arte per l’arte: “Che un’immagine
desideri restituire i corpi come corpi e la luce come luce sembra troppo
elementare per poter essere creduto. Un corpo virile in riposo che la luce
scolpisce in questo o quel modo, in assenza di azione o emozione, è già un
quadro se dipinto in maniera impeccabile: è già una compiuta opera d’arte. Per
un artista l’‘idea’ è nell’interpretazione plastica di una figura data la sua
posizione nello spazio: nella scelta di un equilibrio tra tanti o di
determinati accordi cromatici. È del tutto indifferente se il corpo risulti poi
attribuito a Pietro o a Endimione: anche se all’osservatore comune preme
conoscere l’identità della figura rappresentata, il pittore ha in primo luogo
cercato di dare soluzione a un problema plastico.” [75] Klinger vede con preoccupazione il tentativo
della pittura moderna di scostarsi da compiti esclusivamente legati alla
composizione di forme artistiche, ed invece di dedicarsi alla promozione di
messaggi, alla narrazione di eventi: “La storia dell’arte moderna mostra una tendenza
narrativa relativamente omogenea, una tendenza, cioè, a discostarsi dalla forma
naturale in quiete e dal suo puro significato plastico. Occorrono sforzi immani
per opporsi alla tendenza dominante e ripristinare una concezione artistica più
semplice, centrata sull’uomo e sulla natura anziché sull’avventura.” [76]
Dunque, la pittura è gioia assoluta. “Se consideriamo le possibilità della pittura, essa ci si rivela come la più piena manifestazione di gioia vitale di cui siamo capaci. La pittura è amore della bellezza per se stessa, sua ricerca sia pure nella più orribile quotidianità o nel dolore più profondo: la bellezza ci colpisce e ci commuove attraverso l’amabilità, la grazia, l’armonia che si conserva intatta attraverso i contrasti di forme e colori. La pittura è la glorificazione delle forme sensibili, il trionfo di quanto è mondano. Deve esserlo.” [77]
Dunque, la pittura è gioia assoluta. “Se consideriamo le possibilità della pittura, essa ci si rivela come la più piena manifestazione di gioia vitale di cui siamo capaci. La pittura è amore della bellezza per se stessa, sua ricerca sia pure nella più orribile quotidianità o nel dolore più profondo: la bellezza ci colpisce e ci commuove attraverso l’amabilità, la grazia, l’armonia che si conserva intatta attraverso i contrasti di forme e colori. La pittura è la glorificazione delle forme sensibili, il trionfo di quanto è mondano. Deve esserlo.” [77]
La finalità del disegno
Bellezza e gioia non possono esaurire l’esperienza creativa dell’artista,
che “non può (…) nascondersi la metà oscura del mondo, la stessa che lo assale
e da cui pure cerca riparo, per concentrarsi unicamente su quanto è gaio e
festivo. È necessario che le immagini da lui prodotte rechino almeno in parte
traccia delle indicibili tensioni esistenti tra il desiderio, il presagio e
l’esperienza di una possibile, perfetta felicità terrena da un lato e l’orrore
dell’esistenza dall’altro, l’orrore che talvolta ci assale urlando: è così, del
resto, per poeti e musicisti. Se simili immagini non devono andare perdute deve
esistere una terza arte oltre alla pittura e alla scultura, meno soggetta di
queste al principio plastico dell’armonia. Questa terza arte è il disegno.”
[78]
Serve dunque un’arte che consenta all’artista di esprimere la sua
soggettività. Anche in questo caso, Klinger associa strumenti tecnici e finalità
estetiche: il bianco ed il nero, l’assenza di colore, il disegno sommario sono
i dispositivi che al tempo stesso creano lo spazio alla fantasia e consentono
di centrare l’arte sull’esplicitazione delle idee. “Emerge chiaramente il senso
in cui finora si è parlato del disegno, la sua condizione essenziale: la decisa
soggettività dell’artista designatore. Egli rappresenta il suo mondo e la sua
visione (seine Welt und seine Anschauung),
le sue esperienze e l’interpretazione che dà di queste. (…) Chi disegna non ha
questo obbligo di aderenza alla natura: plasma la natura liberamente, in
conformità alle sue esigenze espressive e senza patteggiare in alcun modo. Si
impone da solo il paragone con musica per pianoforte e poesia.” [79] “La maggiore prossimità all’intuizione, diciamo pure all'idea, compensa la minore corporeità dell'immagine in bianco e nero." [80]
E il testo diviene più preciso. “Il disegno ha più estese possibilità di rappresentazione, come abbiamo già detto, perché
E il testo diviene più preciso. “Il disegno ha più estese possibilità di rappresentazione, come abbiamo già detto, perché
-
lascia all’immaginazione
il compito di colorare l’immagine in bianco e nero;
-
può indugiare
nei dettagli e lasciare così più libero corso all’esercizio dell’immaginazione;
- riesce a
isolare l’oggetto della rappresentazione in modo così netto che l’immaginazione
stessa è indotta a ricostruirne autonomamente e per proprio conto il contesto
di esistenza;
-
può scegliere
di attenersi a questa o quella modalità di rappresentazione oppure di unirle
tutte insieme senza che quanto si è eseguito perda per questo valore.” [81]
“La matita dispone di una scala chiaroscurale molto inferiore a quella
offerta dalla tavolozza. Nel colore le tonalità scure sono più sature e
intense, quelle chiare più luminose; quest’ultime possono poi essere rese
ancora più brillanti dal contrasto dei toni caldi e freddi e da determinate
combinazioni di colori. Il primato della tavolozza in intensità e accensione
cromatica è compensato, nel bianco e nero, dall’assenza di limiti alla
rappresentazione di luce e ombra. Un disegno può rappresentare direttamente
luce e oscurità – il sole e la tenebra notturna – mentre la pittura solo
riflessi e penombre. Un semplice cerchio, ad esempio, esemplifica graficamente
il sole ed è sufficiente a farci sentire la sua azione; per evocare la notte
occorre anche meno, qualche piccolo segno e una tonalità scura. Possiamo
limitarci a un impiego minimo di mezzi, perché il disegno ha carattere poetico,
come già ricordato: evoca più che rappresentare le cose nel loro sensuale
splendore, intreccia strettamente apparenza naturale e idea.” [82]
Dunque – soprattutto per ragioni tecniche – il disegno è il regno dell’immaginazione, che va al di là della realtà terrena: “Non è affatto vero che Dürer incida le sue immagini nel metallo senza minimamente curarsi di problemi di colore. Nessun uomo può liberarsi interamente dalle sensazioni prodotte in lui dalle apparenze naturali, e quindi anche dalle sensazioni connesse al colore. La fantasia di Dürer gli dischiude un mondo forse persino più colorato di quello che noi stessi vediamo quotidianamente, ma i colori di questo secondo mondo sono così cangianti ed eterei, così ultraterreni che non esiste la possibilità di dipingerli. Solo forma, movimento, stato d’animo sono rappresentabili per Dürer, mentre i colori di cui può avvalersi la pittura non sono quelli della visione e riportano fatalmente al mondo quotidiano, al nostro mondo fisico, che l’artista ha già trasceso. Solo attraverso il disegno riusciamo a cogliere quanto di non semplicemente terreno è nella nostra visione, e a preservarlo incontaminato dall’apparenza quotidiana delle cose. (…) Un artista che vi si dedichi non desidera altre modalità di rappresentazione se non quelle offerte dai contrasti chiaroscurali. Ha memoria dei colori delle cose, ma non cerca di tradurli: sa che la pittura distruggerebbe quel mondo ultraterreno che disegno e poesia, soli tra le arti, hanno in comune.” [83]
Dunque – soprattutto per ragioni tecniche – il disegno è il regno dell’immaginazione, che va al di là della realtà terrena: “Non è affatto vero che Dürer incida le sue immagini nel metallo senza minimamente curarsi di problemi di colore. Nessun uomo può liberarsi interamente dalle sensazioni prodotte in lui dalle apparenze naturali, e quindi anche dalle sensazioni connesse al colore. La fantasia di Dürer gli dischiude un mondo forse persino più colorato di quello che noi stessi vediamo quotidianamente, ma i colori di questo secondo mondo sono così cangianti ed eterei, così ultraterreni che non esiste la possibilità di dipingerli. Solo forma, movimento, stato d’animo sono rappresentabili per Dürer, mentre i colori di cui può avvalersi la pittura non sono quelli della visione e riportano fatalmente al mondo quotidiano, al nostro mondo fisico, che l’artista ha già trasceso. Solo attraverso il disegno riusciamo a cogliere quanto di non semplicemente terreno è nella nostra visione, e a preservarlo incontaminato dall’apparenza quotidiana delle cose. (…) Un artista che vi si dedichi non desidera altre modalità di rappresentazione se non quelle offerte dai contrasti chiaroscurali. Ha memoria dei colori delle cose, ma non cerca di tradurli: sa che la pittura distruggerebbe quel mondo ultraterreno che disegno e poesia, soli tra le arti, hanno in comune.” [83]
Se la pittura non può avere altro obiettivo se non la rappresentazione
della natura, il disegno è il mondo dei simboli. “La pittura rappresenta i
corpi esattamente come tali, positivamente, come entità individuali e separate,
prive di relazioni con altro: è essenzialmente sensuale. Il cielo è leggero,
luminoso; il mare splendido e tumultuoso; la carne carezzevole e serica. Se
disegnati, gli stessi motivi blandiscono meno l’occhio e assumono significati
più poetici. L’atmosfera tende a divenire metafora della libertà, il mare della
forza, l’uomo non è più semplicemente quella data persona, ma piuttosto un
riferimento cosmico: sta in primo luogo per l’intera specie.” [84]
Il disegno è il mondo delle licenze poetiche, che di esso sono costitutive.
“Sono tali licenze (…) a concedere tanta libertà poetica nel trattare il mondo
delle apparenze: ogni cosa rappresentata, nell’ambito del bianco e nero,
diviene manifestazione.” [85]
Ma Klinger va al di là del poetico, per discutere l’orribile (Unschönes): “alla luce degli argomenti
svolti e delle licenze finora elencate appare evidente che il disegno tollera
l’orribile e il disgustoso più della pittura o della scultura. Le arti
plastiche [bildende Künste] hanno
come proprio fondamento l’orrore ormai vinto, le arti temporali [die redenden Künste] l’orrore da
vincere.” [86]
Il disegno consente all’artista la più ampia libertà: “I temi possibili sono talmente numerosi da affluire tumultuosamente alla mente dell’artista e renderla iperproduttiva: essi traggono origine da quello stesso luogo da cui sorgono le religioni che spingono gli uomini a combattere e ad uccidersi l’un l’altro. Luogo la cui ricchezza si cerca così volentieri di nascondere e disperdere, con tutti i mezzi e tutte le formule, con primitiva semplicità o mostruosa mistificazione; luogo che egoismo e abnegazione si contendono in eterna vicissitudine (…) È possibile addensare le visioni più sconvolgenti nello spazio più ristretto, restituire l’avvicendarsi degli stati d’animo attraverso la sequenza più accelerata. (…) Ampiezza epica, concentrazione drammatica, secchezza ironica, tutte le possibilità di espressione sono concesse alle immagini, perché esse sono niente più che ombre fugaci, in grado di destare orrore e angoscia, ma non di sconvolgere, né di urtare.” [87]
Il disegno consente all’artista la più ampia libertà: “I temi possibili sono talmente numerosi da affluire tumultuosamente alla mente dell’artista e renderla iperproduttiva: essi traggono origine da quello stesso luogo da cui sorgono le religioni che spingono gli uomini a combattere e ad uccidersi l’un l’altro. Luogo la cui ricchezza si cerca così volentieri di nascondere e disperdere, con tutti i mezzi e tutte le formule, con primitiva semplicità o mostruosa mistificazione; luogo che egoismo e abnegazione si contendono in eterna vicissitudine (…) È possibile addensare le visioni più sconvolgenti nello spazio più ristretto, restituire l’avvicendarsi degli stati d’animo attraverso la sequenza più accelerata. (…) Ampiezza epica, concentrazione drammatica, secchezza ironica, tutte le possibilità di espressione sono concesse alle immagini, perché esse sono niente più che ombre fugaci, in grado di destare orrore e angoscia, ma non di sconvolgere, né di urtare.” [87]
Restano ancora da individuare le ragioni per le quali il disegno avrebbe
acquisito la dignità di genere artistico solamente dopo la scoperta della
stampa: “Esistono culture e civiltà amanti dello sfarzo che non onorano un’arte
schiva, difficile e per di più refrattaria al colore, non premiano con la fama
le fatiche e la dedizione prestata da un artista, né lo stimolano in alcun modo
ad eccellervi: gli offrono invece numerose opportunità di esercitare la propria
fantasia sulle pareti di ville, chiese e palazzi. (…) La scoperta della stampa
modifica la situazione accennata. La divaricazione tra meriti e riconoscimenti
viene meno, perché l’opera non finisce più perduta in qualche scaffale di una
biblioteca, ma, molteplice, conosce plausi e onori fino ad allora riservati
agli affreschi. I procedimenti a stampa offrono all’artista tante possibilità
di espressione individuale quante ne offre la pittura: il bulino è uno
strumento energico, versatile e morbido come il disegno. Xilografia prima,
incisione su metallo e pietra mettono a disposizione del talento e
dell’iniziativa sperimentale del disegnatore un illimitato, stupefacente ambito
di invenzione.” [88]
Perché la separazione tra pittura e
disegno è assolutamente necessaria
Nel pensiero di Klinger è davvero centrale, come si è visto, il fattore
tecnico. A differenti tecniche debbono corrispondere finalità artistiche differenti:
“tecnica e materiali sono abitati da un
proprio genio (Geist) e da una
propria poesia, l’uno e l’altra insostituibili: essi possono manifestarsi già
al momento dell’adozione oppure solo dopo l’intervento dell’artista che
conferisce all’immagine carattere di rappresentazione.” [89] Ed ancora: “il
senso di queste mie considerazioni può essere così reso esplicito: un motivo
perfettamente adatto a una rappresentazione in bianco e nero è
inrappresentabile in pittura perché i due generi di immagine seguono principi
estetici radicalmente differenti (quantomeno se ammettiamo che il problema
della pittura è quello del quadro, non quello del frammento). [90]
“Le considerazioni precedenti sembrano stabilire che determinate immagini di fantasia, lecite al disegno, sono interdette alla pittura in parte o interamente; e che il disegno non ha in alcun modo rango inferiore alla pittura. Se un quadro obbedisce a principi formali, questa la possibile conclusione, una composizione in bianco e nero discende invece da una visione del mondo (Weltanschauung) o, come pure potremmo dire, da un sentimento del mondo, da uno stato d’animo ad esso correlato (Weltgefühle).” [91]
“Le considerazioni precedenti sembrano stabilire che determinate immagini di fantasia, lecite al disegno, sono interdette alla pittura in parte o interamente; e che il disegno non ha in alcun modo rango inferiore alla pittura. Se un quadro obbedisce a principi formali, questa la possibile conclusione, una composizione in bianco e nero discende invece da una visione del mondo (Weltanschauung) o, come pure potremmo dire, da un sentimento del mondo, da uno stato d’animo ad esso correlato (Weltgefühle).” [91]
Questo è uno dei temi fondamentali del pamphlet. Pittura e disegno hanno
logiche intrinseche contrastanti, tra loro inconciliabili. E su questo Klinger
torna più volte: “Uno stesso oggetto dipinto o disegnato produce un effetto
differente: mi sembra opportuno svolgere adesso una considerazione in
proposito. Un ritratto a matita, eseguito in modo efficace e relativamente
veloce ci dice qualcosa sul carattere del modello; eseguito su tela con pari
rapidità e semplicità di mezzi, lo stesso ritratto ci sembrerà invece
dimostrazione del virtuosistico talento del pittore.” [92]
“Momenti di ironia, satira e
caricatura caratterizzano sempre l’attività di un disegnatore: questi
prediligerà accentuare quanto di violento, di sgradevole, di tagliente, di
crudo distingue il modello. Ogni composizione in bianco e nero è un’amara
critica esercitata attraverso la linea, e sembra deplorare lo stato del mondo:
questa è la differenza più decisiva che passa tra disegno e pittura.
Un’immagine dipinta rappresenta forme e colori in modo obiettivo: preferisce
abbellire piuttosto che denigrare, Il suo rapporto con il mondo è conciliante,
positivo. Essa ci dice: “così dev’essere! Cosi è!” Alla mente del pittore è
sempre presente una manifestazione originaria della bellezza, spirituale sì, ma
pure corporea, che lo muove a celebrare l’esistente: per un disegnatore,
invece, l’esperienza dell’inadeguatezza, del perenne conflitto tra desideri e
possibilità si pone come definitiva, e una pacificazione con le leggi che
reggono il nostro destino è possibile solo su un piano strettamente individuale”
[93].
Fine seconda parte
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NOTE
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NOTE
[42] “Wege zur Neubewertung“ 2008 (citato)
[43] Avenarius, Ferdinand, Max Klinger als Poet. Mit
einem Brief Max Klingers und einem Beitrag von Hans W. Singer (Max Klinger come
poeta. Con una lettera di Max Klinger
ed un contributo di Hans W. Singer). Pubblicato dalla rivista Kunstwart,
Edizione di guerra, Monaco, Callwey, 1918
[44] Klinger, Max - Malerei und Zeichnung:
Tagebuchaufzeichnungen und Briefe (Pittura e disegno. Diario e lettere), a cura di Annaliese Hübscher, Lipsia,
Philipp Reclam jun., 1985
[45] “Max Klingers Schrift 'Malerei und Zeichnung'. Ein
Blick auf ihre Entstehungsgeschichte“ (Lo scritto di Max Klinger ‚Pittura e
disegno‘. Uno sguardo alla storia
della sua creazione’, in Festschrift für Christian Lenz. Von Duccio bis Beckmann, Verlag Blick in die Welt,
1998, pp. 65-83.
[46] Juntunen, Evelina – Genuin grafisches
Schaffen – Malerei und Zeichnung
(1891) und Klingers Zelt (Una genuina creazione grafica. Pittura e
disegno (1891) e la Tenda di
Klinger), in “Wege zur Neubewertung“ 2008 (citato)
[47] Morton, Marsha – “Malerei und
Zeichnung”: The History and Context of Max Klinger’s Guide to the Arts, in:
Zeitschrift fü Kunstgeschichte, Year 85, Vol. IV (1995), pp. 542-569. Cfr.:
http://www.jstor.org/discover/10.2307/1482810?sid=21105552302593&uid=3737864&uid=2478518977&uid=2134&uid=3&uid=2&uid=60&uid=2478518987&uid=70
[48] Pendleton Streicher, Elizabeth -
Max Klinger's Malerei und Zeichnung: The Critical Reception of the Prints and
Their Text, in: Studies in the History of Art, Vol. 53, Symposium Papers XXXI:
Imagining Modern German Culture: 1889–1910 (1996), pp. 228-249. Cfr: http://www.jstor.org/discover/10.2307/42622157?sid=21105582739343&uid=3737864&uid=70&uid=2134&uid=4&uid=2
[49] La Pendleton
Streicher scrive invece che il testo, a suo parere, ha uno stile eccessivamente
informale, tipico delle conversazioni, quasi scritto sovrappensiero e per ciò
ripetitivo. Essa attribuisce la ragione al fatto che Klinger aveva iniziato a
compilare il testo a partire dalle pagine del diario del 1883 e delle lettere
di anni seguenti. Aggiunge poi: “Nel suo stile aforistico, Pittura e disegno ha le sue radici in una lunga tradizione di
scrittura nell’estetica e filosofia tedesca, che culminò in quei tempi nelle
pubblicazioni di Friedrich Nietzsche. Ciò nonostante, Pittura e disegno è organizzato in modo semplice e simmetrico.” Pendleton Streicher, Elizabeth- Max
Klinger's Malerei und Zeichnung: (citato), p. 233.
[50] Klinger,
Max – Gedanken und Bilder aus der Werkstatt des werdenden Meisters (Pensieri ed
immagini dalla bottega del maestro nei suoi anni di formazione), a cura di H
Heyne, Lipsia, Koehler & Amelang, 1925, p. 115.
[51] Klinger, Max – Gedanken und Bilder … (citato), pp.16-20.
[52] Marsha Morton
cita anche una lettera del 23 Febbraio 1883, dunque prima della permanenza a
Parigi. Si veda Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato), p. 543.
[53] Dantini Michele
– Un paragone tra le arti, in: Klinger, Max – Pittura e disegno, a cura di
Michele Dantini con un saggio di Giorgio de Chirico, Milano, Nike, 1988, p.
129. La citazione è a pagina 53.
[54] Per una
descrizione dei documenti su Pittura e
disegno custoditi dall’archivio di Lipsia, si veda https://books.google.de/books?id=GEGtQ7c7_uoC&pg=PA140&lpg=PA140&dq=klinger+max+1891+malerei+und+zeichnung+reusche&source=bl&ots=ZSHEV259Ds&sig=WTqZse7rIjeJ-dR_2sMS72eqJIA&hl=it&sa=X&ei=yLauVK7JDMXeauzhgIAG&ved=0CCQQ6AEwAA#v=onepage&q=klinger%20max%201891%20malerei%20und%20zeichnung%20reusche&f=false
[55] L’epistolario
contiene una lettera di tre pagine ad Albers (per la cui villa Klinger compose
un’importante ciclo di affreschi) interamente dedicata al tema di pittura e
disegno, datata Parigi, 24 febbraio 1885. Si veda: Briefe von Max Klinger aus den Jahren
1874 bis 1919 (citato), pagine 64-66. Nel diario di Klinger vi sono riferimenti “a pittura e disegno” il 22 marzo
1885. Si veda: Klinger, Max –
Gedanken und Bilder … (citato), p.38.
[56] Klinger, Max – Gedanken und Bilder … (citato), pp.103-104.
[57] Pastor, Willy
Max Klinger, con disegno di copertina dell’autore, Berlin, Amsler &
Ruthardt, 1918. Il capitolo sulla permanenza a Roma è da pagina 120 a pagina
150.
[58] Morton,
Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato)
[59] Si veda: Briefe von Max Klinger aus den
Jahren 1874 bis 1919 (citato), pagine 64-66.
[60] Ecco che cosa Klinger
scrive in proposito, in occasione della visita al Salone triennale di Parigi nel
1883: “Vorrei qui far riferimento ad una tecnica quasi scomparsa, che purtroppo
non viene più applicata in Germania. È la pittura-incisione. È diverso qui e a
Londra. Ogni mostra porta ricchi contribuiti di questo ramo dell’arte. Tra
l’indifferenza di artisti, editori e pubblico (due su tre non ne hanno alcuna
idea), bisognerebbe che molto accada perché l’incisione possa avere da noi
successo. Si vedano pubblicazioni francesi, inglesi, belghe che non siano
destinate ad un consumo di massa. Se si trovano illustrazioni nelle
pubblicazioni (succede in una pubblicazione su due) sono incisioni.” Klinger,
Max – Gedanken und Bilder … (citato), p. 29
[61] Tutte le
citazioni italiane da Dantini - Klinger, Max – Pensiero e disegno, traduzione
di Michele Dantini, in: Klinger, Max – Pittura e disegno, a cura di Michele Dantini
con un saggio di Giorgio de Chirico, Milano, Nike, 1988
[62] Klinger, Max –
Pensiero e disegno... (citato) (p. 34)
[63] Klinger, Max –
Pensiero e disegno… (citato) (pp.34-35)
[64] Si veda lo
scritto di Max Deri su Naturalismo, idealismo ed espressionismo, pubblicato a
Lipsia nel 1920 (https://archive.org/details/naturalismusidea00deri)
[65] Per una
versione italiana, si veda: Kandinkij Vasilij, Lasker-Schüler Else, Marc, Franc
– Der Blaue Reiter. Il cavaliere Azzurro: affinità spirituali e poetiche, Roma,
Castelvecchi, 2014, pp. 147-171
[66] Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato),
p. 556
[67] Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato),
p. 556
[68] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), 17
[69] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p.17-18
[70] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p.18
[71] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p.18
[72] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p.22
[73] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 22-23
[74] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 23
[75] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 23
[76] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 24
[77] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 24-25
[78] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p.25
[79] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), pp. 29
[80] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), pp. 26-27
[81] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 26
[82] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), pp. 30-31
[83] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 15
[84] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 27
[85] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 27
[86] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 27
[87] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 28-29
[88] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 39
[89] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 16
[90] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 17
[91] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 30
[92] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 36
[93] Klinger, Max –
Pittura e disegno (citato), p. 37
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