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lunedì 26 gennaio 2015

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - Max Klinger, 'Pittura e disegno'. Parte seconda: I due generi dell'arte visiva


Max Klinger  
Malerei und Zeichnung (Pittura e disegno)
Parte Seconda: I due generi dell'arte visiva

(Recensione di Francesco Mazzaferro)

[Versione originale: gennaio 2015 - nuova versione: aprile 2019]

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Fig. 11) La settima edizione di Pittura e disegno, inclusa nella famosissima collana Biblioteca Insel nel 1919 a Berlino

Lo scritto

Pittura e disegno’ ha una storia strana. Pubblicato nel 1891, fu ristampato più volte – come già detto – agli inizi del Novecento. Tuttavia, l’esame di una ricchissima raccolta bibliografica su Klinger pubblicata nel 2008 [42] mostra che l’opera, pur così popolare, non fu oggetto di articoli o saggi specifici degli studiosi. Comparirono diverse monografie su Klinger; alcune di esse riportarono pagine del pamphlet, ma mancò un’analisi specificamente indirizzata al testo Con un’unica eccezione: un fortunato saggio del 1917 del poeta Ferdinand Avenarius – direttore di Der Kunstwart, una rivista d’arte, musica e letteratura - intitolato “Klinger come poeta” [43] (nel senso di creatore), che pure sta al confine fra analisi critica e panegirico dell’artista (che ancora una volta – l’ultima forse - viene citato come maggiore artista del suo tempo).

Solamente negli ultimi decenni si è manifestato uno specifico interesse critico degli studiosi per il pamphlet. In Germania si pensi (oltre all’ottima introduzione di Annaliese Hübscher nell’edizione della Reclam di Lipsia del 1985 [44]) ad un saggio di Felix Billeter [45] del 1998 che documenta con grande dettaglio filologico la storia della scrittura del testo (compaiono interessanti foto dei manoscritti originali), e ad un recente contributo di Evelina Juntunen che interpreta il ciclo di acqueforti intitolato “La tenda” alla luce del testo [46].

Negli stessi anni, due studiose inglesi hanno dedicato importanti scritti a Pittura e disegno: Marsha Morton (1995) [47], che discute in particolare le motivazioni filosofico-letterarie del testo, ed Elizabeth Pendleton Streicher [48] (1996), che mostra grande interesse nel ricostruire la relazione dell’opera con la cultura dell’epoca e nel valutare il recepimento dei suoi contenuti. In Italia Pittura e disegno è stato studiato da Michele Dantini nel 1998, in un saggio intitolato “Un paragone tra le arti”; ampio spazio al testo di Klinger è stato peraltro dedicato nel catalogo della retrospettiva dedicata all’artista, tenutasi a Ferrara nel 1996. Dantini pone il pamphlet di Klinger in relazione ad altre opere teoriche dedicate alla grafica, redatte in Francia a partire dalla metà dell’Ottocento; si tratta di un’occasione importante per analizzare i legami fra arte francese e tedesca.



Pittura e disegno: naturalismo e neo-idealismo

Il testo è un pamphlet di 46 pagine nell’edizione del 1891. Un testo breve, ma ben strutturato, che si può leggere facilmente [49]. Qualcosa che non è stato composto per  essere un trattato, ma un testo a tesi, che si inserisce nella discussione estetica di quei decenni. Si propone in particolare lo scopo di dimostrare che, a partire dall’invenzione della stampa, ogni artista ha avuto la possibilità di creare seguendo due vie alternative: pittura e disegno. Ciò ha consentito all’artista di proporsi al pubblico in due versioni: quella del naturalismo pittorico e del neo-idealismo grafico. Pittura e disegno sono infatti entrambe forme artistiche compiute, che hanno caratteristiche, meriti e difetti diversi tra loro, e consentono dunque all’artista di perseguire obiettivi diversi: la pittura intende celebrare la bellezza della natura, il disegno permette all’artista di evidenziare la sua visione soggettiva del mondo (Weltanschauung), inclusi i suoi stati d’animo più intensi. La nascita della stampa, e quindi la possibilità di divulgare la propria opera grafica, ha però comportato la scomparsa di ogni speranza di tornare alla Gesamtkunst (ovvero all’arte totale), almeno in assenza di nuovi progressi tecnologici. La dicotomia tra pittura e disegno è oggettiva, perché tecnologica: la pittura è dominata dal colore, il disegno dal bianco e nero. Solo la scoperta eventuale di nuovi materiali che eliminino questa differenza potrà portare in futuro al recupero della Gesamtkunst.


La gestazione di Pittura e disegno

I primi riferimenti a questa tesi compaiono già nei diari di Klinger pubblicati nel 1925 a cura di Hildegard Heyne [50]. Al “Rapporto tra pittura e disegno” sono dedicate quattro pagine datate novembre 1883 [51]: siamo nella prima fase del soggiorno parigino, iniziato nell’estate 1883 e destinato a concludersi tre anni dopo [52]. Come ha scritto Michele Dantini, al momento del passaggio da Berlino a Parigi il giovane Klinger – che ha già prodotto sei serie a tema di acqueforti ed ha pronti molti disegni per quelle successive – si ripromette di estendere la propria attività dal disegno alla pittura. “Nell’estate 1883, quando decide di lasciare Berlino per Parigi, è la pittura ad attrarlo verso la capitale francese e in particolare la possibilità di esercitare liberamente lo studio del nudo en plein air. Il trattato che si accinge a scrivere non stabilirà quindi disegno, acquaforte o incisione come propri ambiti esclusivi, al contrario: riassumerà esperienze e convinzioni, esibirà conoscenze e familiarità, rilancerà Klinger come maestro della grafica, certo, ma solo in preparazione ad altro.” [53]

Hildegard Heyne ha analizzato l’archivio di Klinger a Naumburg e Lipsia [54] ed ha trovato un quaderno che comprende una prima stesura di Pittura e disegno risalente al 1885 [55], una versione intermedia senza data ed un testo manoscritto stilato a Roma nel 1890, identico akla prima edizione del 1891 [56]. Dunque la riflessione teorica di Klinger inizia nel 1883 (pagine del diario parigino), si concreta nel 1885, ha fasi intermedie e si conclude a Roma, dove Klinger si era recato attratto dall’arte antica, ma soprattutto dal desiderio di espandere la propria area di attività alla scultura [57]. Sono peraltro del periodo romano alcune delle sue opere pittoriche più importanti (L’ora blu; Pietà; Crocifissione), ricche di citazioni rinascimentali, e la serie di acqueforti intitolata “Fantasia su Brahms”. L’Ora blu (un’interpretazione simbolista della malinconia, ispirata dall’impressionismo francese) è considerato da molti il più riuscito di tutti i suoi quadri.



Le ragioni di una riflessione sulla pittura e sul disegno

È Marsha Morton, nel suo saggio già citato [58], a spiegarci le ragioni della riflessione di Klinger. Ve ne sono almeno tre. Una riguarda la difesa del suo operato artistico, la seconda lo stato dell’arte grafica in Germania fino a quel momento e la terza il dibattito estetico tedesco dell’epoca.

Primo: Klinger desidera allargare la sua area d’interesse dalla grafica alla pittura e alla scultura; contemporaneamente è preoccupato che il suo pubblico (specie gli estimatori delle sue acqueforti) possa rimanere disorientato dai suoi primi tentativi, a cominciare dagli affreschi che ha già eseguito anni prima a Villa Albers. Il committente potrebbe non capire, a suo parere, che disegno e pittura hanno necessariamente caratteristiche diverse. Proprio ad Albers Klinger aveva scritto una lunga lettera in merito nel febbraio 188. [59]

Secondo: l’artista è preoccupato dello stato delle conoscenze grafiche in Germania (sia di quelle di artisti e critici d’arte sia di quelle del pubblico). A suo giudizio il livello di tali conoscenze è molto inferiore a quello praticato in Francia, Inghilterra e Belgio [60]. Secondo Klinger, la mancanza di precisi criteri estetici di differenziazione tra pittura e disegno è tra le ragioni principali della crisi dell’arte tedesca nel 1800: non è peraltro affatto convinto che si tratti di una decadenza inarrestabile dello spirito creativo tedesco, ma è sicuro che occorra fare qualcosa per correggere quell’errore.

Fig. 12) L'ottava edizione, a cura di Anneliese Hübscher, pubblicata da Reclam nel 1985 a Leipzig

Ecco che cosa scrive Klinger a questo proposito [61]: “Il tentativo, compiuto dai pittori tedeschi attorno alla metà del secolo, di trasferire senz’altro i principi del disegno alla pittura non è stato per nulla fruttuoso: possiamo imputare ad esso la mancanza di cultura artistica più volte dimostrato dal pubblico. Si è trattato di un tentativo specificamente tedesco: solo il nostro popolo, infatti, ha tanta inclinazione alla poesia. [N.d.r.: Klinger attribuisce al disegno le caratteristiche evocative della poesia, ed alla pittura quelle della rappresentazione della natura].” [62] E poi continua, poco più sotto: “Non esiste confutazione possibile: luce, colore, forma sono le tre condizioni irrinunciabili della pittura, le tre componenti di cui necessariamente constano un quadro o la decorazione di una parete. Se una sola viene meno, viene meno anche la totalità dell’impresa. Dolersi che Cornelius non abbia saputo dipingere non ha senso, perché si dimentica di considerare quanto l’artista ci ha lasciato. Se Cornelius avesse saputo dipingere non avrebbe eseguito cartoni, ma qualcos’altro. È necessario che il colore sia oggetto di studio e comprensione al pari della forma: stendere una banale epidermide di colore sul cartone non equivale affatto a dipingere. Cornelius stesso, così facendo, non sarebbe andato oltre i pallidi accostamenti di colore di Kaulbach, ed è per questo che ha concentrato il suo talento sull’invenzione e sull’organizzazione compositiva: la forza delle sue immagini, che non intendo negare, sarebbe stata solo ridotta da colore e modellato. Vedrei volentieri riprodotti i cartoni che Cornelius ha disegnato in preparazione agli affreschi del Camposanto [n.d.r: Il cimitero di Berlino. Cornelius lavorò per ben vent’anni, dal 1844 al 1863, ad un monumentale ciclo di affreschi, di cui riuscì però a produrre solamente i cartoni, senza mai passare all’affresco] in stampe di piccolo formato, poniamo quaranta per sessanta centimetri.” [63]

Terzo: l’epoca di Klinger è contrassegnata da un serrato dibattito tra naturalismo e neo-idealismo [64]. Klinger sembra cercare una sintesi tra le due posizioni. Assegna alla pittura il compito di imitare la natura, e dunque prende la medesima posizione di naturalisti ed impressionisti. Sposa invece le ragioni dell’idealismo per la grafica, assegnando ad essa un significato di riflessione profonda sul senso ultimo della realtà.


Naturalismo e neo-idealismo in Germania

È importante sapere che nel dibattito estetico tedesco dell’Ottocento, come spiega Marsha Morton, vi fu un’importante divaricazione tra naturalisti e realisti. I primi rappresentavano la natura telle-quelle, nella loro apparenza, senza alcun elemento di idealizzazione; seguendo l’insegnamento di Wilhelm Leibl concentravano la loro attenzione su scene di vita rurale ed urbana che non era immune dal rappresentare anche le bruttezze della natura (ma anche temi sociali); i secondi invece rappresentavano la realtà come essi pensavano dovesse idealmente essere e dunque la idealizzavano (anche nel senso di una rappresentazione politicamente corretta degli eventi storici, come nel caso degli Historienmaler, i pittori di storia). Al tempo stesso, gli idealisti assegnavano a fantasia, poesia ed emozione un ruolo fondamentale nella narrazione pittorica. Il realismo tedesco (può sembrare strano a chi venga da una prospettiva italiana) si sposava dunque con il neo-idealismo e si opponeva sia a naturalismo sia ad impressionismo. Infatti, i realisti in Germania definivano l’impressionismo come privo di fantasia e non poetico, ne criticavano l’appiattimento spirituale e l’assenza di sentimenti profondi.

Il conseguimento di natura e bellezza (naturalismo) è assegnato da Klinger alla pittura. L’espressione di fantasia e sentimento (neo-idealismo) diviene invece l’area di competenza non più della pittura, ma del disegno. Possono sembrare discussioni bizantine, ma riflettono dibattiti culturali che ebbero grande importanza nella cultura artistica tedesca, durante tutto il periodo di attività di Klinger: il contrasto tra forma e contenuto come punto centrale della filosofia dell’arte, ed anche della stessa letteratura artistica. Si pensi al saggio dello scultore Adolf von Hildebrand sul “Problema della forma nelle belle arti” (Das Problem der Form in der bildenden Kunst) del 1893 e all’articolo di Kandinskij “Sul problema della forma” pubblicato nell’almanacco del Cavaliere azzurro nel 1912 [65].

In termini di filosofia dell’arte, da un lato vi erano quelli che Marsha Morton definisce come ‘formalisti scientifici’: Herbart e Fiedler “avevano usato infatti metodi scientifici per dimostrare che l’estetica era lo studio delle relazioni delle linee, dei piani, delle tonalità e dei colori.” [66] Ad essi si opponevano tutti quelli che – partendo dalla tradizione di Hegel – credevano invece in una comprensione concettuale, e non percettiva, dell’arte, basata sia sul fenomeno associativo sia su quello empatico, e dunque su simboli, mitologia e fantasia [67].

L’idea di Klinger di definire il rapporto tra pittura e disegno è dunque anche il tentativo di trovare una formula che permetta la coesistenza ordinata di diverse scuole di estetica nel mondo tedesco, assegnando la priorità alla forma-narrazione per la pittura ed al contenuto-poesia per il disegno. Marsha Morton vede in questo compromesso anche il risultato diretto del pensiero di Arthur Schopenhauer, filosofo preferito di Klinger, e della sua visione del mondo come rapporto dialettico tra la volontà (il disegno) e la rappresentazione (la pittura).


La finalità della pittura


Nell’analisi delle finalità di pittura e disegno, Klinger stabilisce un legame diretto tra strumenti tecnici e finalità estetiche. Il mondo della pittura è quello della rappresentazione della natura (la finalità) attraverso forme e colori (il veicolo tecnico), e per questo tramite, del perseguimento della bellezza e dell’armonia: “restituire armoniosamente il colorato mondo delle apparenze è la finalità della pittura: perfino la rappresentazione della violenza e della passione deve conformarsi a una norma di armonia”. [68]


Il compito del pittore è quello di una creazione pura, indipendentemente dal contenuto: “irrelata, indipendente dal contesto in cui si inserisce, l’immagine dipinta al cavalletto deve la sua bellezza unicamente ai materiali, straordinariamente duttili e adatti a raffigurare con chiarezza e profondità l’intero mondo delle apparenze ed alla perfetta comprensione delle loro possibilità plastiche.” [69] Ed ancora: “La seduzione esercitata da un quadro discende proprio da questa gioiosa pretesa di rappresentare tutto il visibile, di abbracciare e compenetrare ogni forma, non importa se organica o inorganica; da questa sua attitudine a restituire ai nostri occhi la totalità vista sotto il meraviglioso profilo della connessione reciproca.” [70]

Quando discute dell’essenza della pittura, Klinger si oppone alla tradizione tedesca della “pittura intellettuale“, la cosiddetta Gedankenmalerei. “Non servono sofisticazioni letterarie, né percorsi particolarmente complessi. Al contrario: potrebbero guastare” [71]. E quindi egli rigetta i fondamenti estetici del neo-idealismo: “Un quadro è compiuto quando forme, colori, stato d’animo dominante ed espressione si uniscono in forma compiuta. (…) Un oggetto che possiede questi requisiti può supplire alla mediocrità degli altri, la presenza di un’idea, invece, non supplisce a niente: ha efficacia solo quando tutte le condizioni specificamente formali siano state soddisfatte.” [72] Per molti versi, Klinger esprime opinioni molto simili a quelle di Baudelaire, che criticava l’arte tedesca come ‘filosofica’: anch’egli ritiene che il pittore non possa dunque essere un filosofo o un letterato. Ed aggiunge: “Il vero artista seguirà non tanto orientamenti filosofico-letterari quanto la propria natura: cercherà stimoli e suggerimenti là dove più ampio spazio è promesso all’espressione, vale a dire allo sbocciare, al divenire figura di un’idea; stimoli e suggerimenti che sono da sempre familiari a lui e a noi. Non costringe l’osservatore a trasferirsi in un altro mondo dove vivere una seconda vita pur di beneficiare della sua arte: artistica non è l’idea, ma una particolare intensità d’espressione prestata a quanto finora non ha quasi mai meritato attenzione.” [73] Il compito dell’artista non è neppure quello di realizzare prodotti di per sé tecnicamente perfetti: “attenzione a non credere che una sovrana capacità di espressione derivi dal possesso di una tecnica magistrale. Perché è vero piuttosto il contrario: incontriamo ogni giorno aride e impeccabili opere d’artisti tecnicamente dotati.” [74]

La pittura è dunque pura immagine, per certi versi secondo la logica dell’arte per l’arte: “Che un’immagine desideri restituire i corpi come corpi e la luce come luce sembra troppo elementare per poter essere creduto. Un corpo virile in riposo che la luce scolpisce in questo o quel modo, in assenza di azione o emozione, è già un quadro se dipinto in maniera impeccabile: è già una compiuta opera d’arte. Per un artista l’‘idea’ è nell’interpretazione plastica di una figura data la sua posizione nello spazio: nella scelta di un equilibrio tra tanti o di determinati accordi cromatici. È del tutto indifferente se il corpo risulti poi attribuito a Pietro o a Endimione: anche se all’osservatore comune preme conoscere l’identità della figura rappresentata, il pittore ha in primo luogo cercato di dare soluzione a un problema plastico.” [75] Klinger vede con preoccupazione il tentativo della pittura moderna di scostarsi da compiti esclusivamente legati alla composizione di forme artistiche, ed invece di dedicarsi alla promozione di messaggi, alla narrazione di eventi: “La storia dell’arte moderna mostra una tendenza narrativa relativamente omogenea, una tendenza, cioè, a discostarsi dalla forma naturale in quiete e dal suo puro significato plastico. Occorrono sforzi immani per opporsi alla tendenza dominante e ripristinare una concezione artistica più semplice, centrata sull’uomo e sulla natura anziché sull’avventura.” [76]

Dunque, la pittura è gioia assoluta. “Se consideriamo le possibilità della pittura, essa ci si rivela come la più piena manifestazione di gioia vitale di cui siamo capaci. La pittura è amore della bellezza per se stessa, sua ricerca sia pure nella più orribile quotidianità o nel dolore più profondo: la bellezza ci colpisce e ci commuove attraverso l’amabilità, la grazia, l’armonia che si conserva intatta attraverso i contrasti di forme e colori. La pittura è la glorificazione delle forme sensibili, il trionfo di quanto è mondano. Deve esserlo.” [77]


La finalità del disegno

Bellezza e gioia non possono esaurire l’esperienza creativa dell’artista, che “non può (…) nascondersi la metà oscura del mondo, la stessa che lo assale e da cui pure cerca riparo, per concentrarsi unicamente su quanto è gaio e festivo. È necessario che le immagini da lui prodotte rechino almeno in parte traccia delle indicibili tensioni esistenti tra il desiderio, il presagio e l’esperienza di una possibile, perfetta felicità terrena da un lato e l’orrore dell’esistenza dall’altro, l’orrore che talvolta ci assale urlando: è così, del resto, per poeti e musicisti. Se simili immagini non devono andare perdute deve esistere una terza arte oltre alla pittura e alla scultura, meno soggetta di queste al principio plastico dell’armonia. Questa terza arte è il disegno.” [78]

Serve dunque un’arte che consenta all’artista di esprimere la sua soggettività. Anche in questo caso, Klinger associa strumenti tecnici e finalità estetiche: il bianco ed il nero, l’assenza di colore, il disegno sommario sono i dispositivi che al tempo stesso creano lo spazio alla fantasia e consentono di centrare l’arte sull’esplicitazione delle idee. “Emerge chiaramente il senso in cui finora si è parlato del disegno, la sua condizione essenziale: la decisa soggettività dell’artista designatore. Egli rappresenta il suo mondo e la sua visione (seine Welt und seine Anschauung), le sue esperienze e l’interpretazione che dà di queste. (…) Chi disegna non ha questo obbligo di aderenza alla natura: plasma la natura liberamente, in conformità alle sue esigenze espressive e senza patteggiare in alcun modo. Si impone da solo il paragone con musica per pianoforte e poesia.” [79] “La maggiore prossimità all’intuizione, diciamo pure all'idea, compensa la minore corporeità dell'immagine in bianco e nero." [80]

E il testo diviene più preciso. “Il disegno ha più estese possibilità di rappresentazione, come abbiamo già detto, perché

-          lascia all’immaginazione il compito di colorare l’immagine in bianco e nero;
-          può indugiare nei dettagli e lasciare così più libero corso all’esercizio dell’immaginazione;
-         riesce a isolare l’oggetto della rappresentazione in modo così netto che l’immaginazione stessa è indotta a ricostruirne autonomamente e per proprio conto il contesto di esistenza;
-          può scegliere di attenersi a questa o quella modalità di rappresentazione oppure di unirle tutte insieme senza che quanto si è eseguito perda per questo valore.” [81]

“La matita dispone di una scala chiaroscurale molto inferiore a quella offerta dalla tavolozza. Nel colore le tonalità scure sono più sature e intense, quelle chiare più luminose; quest’ultime possono poi essere rese ancora più brillanti dal contrasto dei toni caldi e freddi e da determinate combinazioni di colori. Il primato della tavolozza in intensità e accensione cromatica è compensato, nel bianco e nero, dall’assenza di limiti alla rappresentazione di luce e ombra. Un disegno può rappresentare direttamente luce e oscurità – il sole e la tenebra notturna – mentre la pittura solo riflessi e penombre. Un semplice cerchio, ad esempio, esemplifica graficamente il sole ed è sufficiente a farci sentire la sua azione; per evocare la notte occorre anche meno, qualche piccolo segno e una tonalità scura. Possiamo limitarci a un impiego minimo di mezzi, perché il disegno ha carattere poetico, come già ricordato: evoca più che rappresentare le cose nel loro sensuale splendore, intreccia strettamente apparenza naturale e idea.” [82]

Dunque – soprattutto per ragioni tecniche – il disegno è il regno dell’immaginazione, che va al di là della realtà terrena: “Non è affatto vero che Dürer incida le sue immagini nel metallo senza minimamente curarsi di problemi di colore. Nessun uomo può liberarsi interamente dalle sensazioni prodotte in lui dalle apparenze naturali, e quindi anche dalle sensazioni connesse al colore. La fantasia di Dürer gli dischiude un mondo forse persino più colorato di quello che noi stessi vediamo quotidianamente, ma i colori di questo secondo mondo sono così cangianti ed eterei, così ultraterreni che non esiste la possibilità di dipingerli. Solo forma, movimento, stato d’animo sono rappresentabili per Dürer, mentre i colori di cui può avvalersi la pittura non sono quelli della visione e riportano fatalmente al mondo quotidiano, al nostro mondo fisico, che l’artista ha già trasceso. Solo attraverso il disegno riusciamo a cogliere quanto di non semplicemente terreno è nella nostra visione, e a preservarlo incontaminato dall’apparenza quotidiana delle cose. (…) Un artista che vi si dedichi non desidera altre modalità di rappresentazione se non quelle offerte dai contrasti chiaroscurali. Ha memoria dei colori delle cose, ma non cerca di tradurli: sa che la pittura distruggerebbe quel mondo ultraterreno che disegno e poesia, soli tra le arti, hanno in comune.” [83]

Se la pittura non può avere altro obiettivo se non la rappresentazione della natura, il disegno è il mondo dei simboli. “La pittura rappresenta i corpi esattamente come tali, positivamente, come entità individuali e separate, prive di relazioni con altro: è essenzialmente sensuale. Il cielo è leggero, luminoso; il mare splendido e tumultuoso; la carne carezzevole e serica. Se disegnati, gli stessi motivi blandiscono meno l’occhio e assumono significati più poetici. L’atmosfera tende a divenire metafora della libertà, il mare della forza, l’uomo non è più semplicemente quella data persona, ma piuttosto un riferimento cosmico: sta in primo luogo per l’intera specie.” [84]

Il disegno è il mondo delle licenze poetiche, che di esso sono costitutive. “Sono tali licenze (…) a concedere tanta libertà poetica nel trattare il mondo delle apparenze: ogni cosa rappresentata, nell’ambito del bianco e nero, diviene manifestazione.” [85]

Ma Klinger va al di là del poetico, per discutere l’orribile (Unschönes): “alla luce degli argomenti svolti e delle licenze finora elencate appare evidente che il disegno tollera l’orribile e il disgustoso più della pittura o della scultura. Le arti plastiche [bildende Künste] hanno come proprio fondamento l’orrore ormai vinto, le arti temporali [die redenden Künste] l’orrore da vincere.” [86]

Il disegno consente all’artista la più ampia libertà: “I temi possibili sono talmente numerosi da affluire tumultuosamente alla mente dell’artista e renderla iperproduttiva: essi traggono origine da quello stesso luogo da cui sorgono le religioni che spingono gli uomini a combattere e ad uccidersi l’un l’altro. Luogo la cui ricchezza si cerca così volentieri di nascondere e disperdere, con tutti i mezzi e tutte le formule, con primitiva semplicità o mostruosa mistificazione; luogo che egoismo e abnegazione si contendono in eterna vicissitudine (…) È possibile addensare le visioni più sconvolgenti nello spazio più ristretto, restituire l’avvicendarsi degli stati d’animo attraverso la sequenza più accelerata. (…) Ampiezza epica, concentrazione drammatica, secchezza ironica, tutte le possibilità di espressione sono concesse alle immagini, perché esse sono niente più che ombre fugaci, in grado di destare orrore e angoscia, ma non di sconvolgere, né di urtare.” [87]

Restano ancora da individuare le ragioni per le quali il disegno avrebbe acquisito la dignità di genere artistico solamente dopo la scoperta della stampa: “Esistono culture e civiltà amanti dello sfarzo che non onorano un’arte schiva, difficile e per di più refrattaria al colore, non premiano con la fama le fatiche e la dedizione prestata da un artista, né lo stimolano in alcun modo ad eccellervi: gli offrono invece numerose opportunità di esercitare la propria fantasia sulle pareti di ville, chiese e palazzi. (…) La scoperta della stampa modifica la situazione accennata. La divaricazione tra meriti e riconoscimenti viene meno, perché l’opera non finisce più perduta in qualche scaffale di una biblioteca, ma, molteplice, conosce plausi e onori fino ad allora riservati agli affreschi. I procedimenti a stampa offrono all’artista tante possibilità di espressione individuale quante ne offre la pittura: il bulino è uno strumento energico, versatile e morbido come il disegno. Xilografia prima, incisione su metallo e pietra mettono a disposizione del talento e dell’iniziativa sperimentale del disegnatore un illimitato, stupefacente ambito di invenzione.” [88]



Perché la separazione tra pittura e disegno è assolutamente necessaria



Nel pensiero di Klinger è davvero centrale, come si è visto, il fattore tecnico. A differenti tecniche debbono corrispondere finalità artistiche differenti: “tecnica e materiali sono abitati da un proprio genio (Geist) e da una propria poesia, l’uno e l’altra insostituibili: essi possono manifestarsi già al momento dell’adozione oppure solo dopo l’intervento dell’artista che conferisce all’immagine carattere di rappresentazione.” [89] Ed ancora: “il senso di queste mie considerazioni può essere così reso esplicito: un motivo perfettamente adatto a una rappresentazione in bianco e nero è inrappresentabile in pittura perché i due generi di immagine seguono principi estetici radicalmente differenti (quantomeno se ammettiamo che il problema della pittura è quello del quadro, non quello del frammento). [90]

 “Le considerazioni precedenti sembrano stabilire che determinate immagini di fantasia, lecite al disegno, sono interdette alla pittura in parte o interamente; e che il disegno non ha in alcun modo rango inferiore alla pittura. Se un quadro obbedisce a principi formali, questa la possibile conclusione, una composizione in bianco e nero discende invece da una visione del mondo (Weltanschauung) o, come pure potremmo dire, da un sentimento del mondo, da uno stato d’animo ad esso correlato (Weltgefühle).” [91]

Questo è uno dei temi fondamentali del pamphlet. Pittura e disegno hanno logiche intrinseche contrastanti, tra loro inconciliabili. E su questo Klinger torna più volte: “Uno stesso oggetto dipinto o disegnato produce un effetto differente: mi sembra opportuno svolgere adesso una considerazione in proposito. Un ritratto a matita, eseguito in modo efficace e relativamente veloce ci dice qualcosa sul carattere del modello; eseguito su tela con pari rapidità e semplicità di mezzi, lo stesso ritratto ci sembrerà invece dimostrazione del virtuosistico talento del pittore.” [92]

“Momenti di ironia, satira e caricatura caratterizzano sempre l’attività di un disegnatore: questi prediligerà accentuare quanto di violento, di sgradevole, di tagliente, di crudo distingue il modello. Ogni composizione in bianco e nero è un’amara critica esercitata attraverso la linea, e sembra deplorare lo stato del mondo: questa è la differenza più decisiva che passa tra disegno e pittura. Un’immagine dipinta rappresenta forme e colori in modo obiettivo: preferisce abbellire piuttosto che denigrare, Il suo rapporto con il mondo è conciliante, positivo. Essa ci dice: “così dev’essere! Cosi è!” Alla mente del pittore è sempre presente una manifestazione originaria della bellezza, spirituale sì, ma pure corporea, che lo muove a celebrare l’esistente: per un disegnatore, invece, l’esperienza dell’inadeguatezza, del perenne conflitto tra desideri e possibilità si pone come definitiva, e una pacificazione con le leggi che reggono il nostro destino è possibile solo su un piano strettamente individuale” [93].


Fine seconda parte
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NOTE

[42] Wege zur Neubewertung“ 2008 (citato)

[43] Avenarius, Ferdinand, Max Klinger als Poet. Mit einem Brief Max Klingers und einem Beitrag von Hans W. Singer (Max Klinger come poeta. Con una lettera di Max Klinger ed un contributo di Hans W. Singer). Pubblicato dalla rivista Kunstwart, Edizione di guerra, Monaco, Callwey, 1918

[44] Klinger, Max - Malerei und Zeichnung: Tagebuchaufzeichnungen und Briefe (Pittura e disegno. Diario e lettere), a cura di Annaliese Hübscher, Lipsia, Philipp Reclam jun., 1985

[45] “Max Klingers Schrift 'Malerei und Zeichnung'. Ein Blick auf ihre Entstehungsgeschichte“ (Lo scritto di Max Klinger ‚Pittura e disegno‘. Uno sguardo alla storia della sua creazione’, in Festschrift für Christian Lenz. Von Duccio bis Beckmann, Verlag Blick in die Welt, 1998, pp. 65-83.

[46] Juntunen, Evelina – Genuin grafisches Schaffen – Malerei und Zeichnung (1891) und Klingers Zelt (Una genuina creazione grafica. Pittura e disegno (1891) e la Tenda di Klinger), in “Wege zur Neubewertung“ 2008 (citato)

[47] Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”: The History and Context of Max Klinger’s Guide to the Arts, in: Zeitschrift fü Kunstgeschichte, Year 85, Vol. IV (1995), pp. 542-569. Cfr.: http://www.jstor.org/discover/10.2307/1482810?sid=21105552302593&uid=3737864&uid=2478518977&uid=2134&uid=3&uid=2&uid=60&uid=2478518987&uid=70

[48] Pendleton Streicher, Elizabeth - Max Klinger's Malerei und Zeichnung: The Critical Reception of the Prints and Their Text, in: Studies in the History of Art, Vol. 53, Symposium Papers XXXI: Imagining Modern German Culture: 1889–1910 (1996), pp. 228-249. Cfr: http://www.jstor.org/discover/10.2307/42622157?sid=21105582739343&uid=3737864&uid=70&uid=2134&uid=4&uid=2 

[49] La Pendleton Streicher scrive invece che il testo, a suo parere, ha uno stile eccessivamente informale, tipico delle conversazioni, quasi scritto sovrappensiero e per ciò ripetitivo. Essa attribuisce la ragione al fatto che Klinger aveva iniziato a compilare il testo a partire dalle pagine del diario del 1883 e delle lettere di anni seguenti. Aggiunge poi: “Nel suo stile aforistico, Pittura e disegno ha le sue radici in una lunga tradizione di scrittura nell’estetica e filosofia tedesca, che culminò in quei tempi nelle pubblicazioni di Friedrich Nietzsche. Ciò nonostante, Pittura e disegno è organizzato in modo semplice e simmetrico.” Pendleton Streicher, Elizabeth- Max Klinger's Malerei und Zeichnung: (citato), p. 233.

[50] Klinger, Max – Gedanken und Bilder aus der Werkstatt des werdenden Meisters (Pensieri ed immagini dalla bottega del maestro nei suoi anni di formazione), a cura di H Heyne, Lipsia, Koehler & Amelang, 1925, p. 115.

[51] Klinger, Max – Gedanken und Bilder (citato), pp.16-20.

[52] Marsha Morton cita anche una lettera del 23 Febbraio 1883, dunque prima della permanenza a Parigi. Si veda Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato), p. 543.

[53] Dantini Michele – Un paragone tra le arti, in: Klinger, Max – Pittura e disegno, a cura di Michele Dantini con un saggio di Giorgio de Chirico, Milano, Nike, 1988, p. 129. La citazione è a pagina 53.


[55] L’epistolario contiene una lettera di tre pagine ad Albers (per la cui villa Klinger compose un’importante ciclo di affreschi) interamente dedicata al tema di pittura e disegno, datata Parigi, 24 febbraio 1885. Si veda: Briefe von Max Klinger aus den Jahren 1874 bis 1919 (citato), pagine 64-66. Nel diario di Klinger vi sono riferimenti “a pittura e disegno” il 22 marzo 1885. Si veda: Klinger, Max – Gedanken und Bilder … (citato), p.38.

[56] Klinger, Max – Gedanken und Bilder (citato), pp.103-104.

[57] Pastor, Willy Max Klinger, con disegno di copertina dell’autore, Berlin, Amsler & Ruthardt, 1918. Il capitolo sulla permanenza a Roma è da pagina 120 a pagina 150.

[58] Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato)

[59] Si veda: Briefe von Max Klinger aus den Jahren 1874 bis 1919 (citato), pagine 64-66.

[60] Ecco che cosa Klinger scrive in proposito, in occasione della visita al Salone triennale di Parigi nel 1883: “Vorrei qui far riferimento ad una tecnica quasi scomparsa, che purtroppo non viene più applicata in Germania. È la pittura-incisione. È diverso qui e a Londra. Ogni mostra porta ricchi contribuiti di questo ramo dell’arte. Tra l’indifferenza di artisti, editori e pubblico (due su tre non ne hanno alcuna idea), bisognerebbe che molto accada perché l’incisione possa avere da noi successo. Si vedano pubblicazioni francesi, inglesi, belghe che non siano destinate ad un consumo di massa. Se si trovano illustrazioni nelle pubblicazioni (succede in una pubblicazione su due) sono incisioni.” Klinger, Max – Gedanken und Bilder … (citato), p. 29

[61] Tutte le citazioni italiane da Dantini - Klinger, Max – Pensiero e disegno, traduzione di Michele Dantini, in: Klinger, Max – Pittura e disegno, a cura di Michele Dantini con un saggio di Giorgio de Chirico, Milano, Nike, 1988

[62] Klinger, Max – Pensiero e disegno... (citato) (p. 34)

[63] Klinger, Max – Pensiero e disegno… (citato) (pp.34-35)

[64] Si veda lo scritto di Max Deri su Naturalismo, idealismo ed espressionismo, pubblicato a Lipsia nel 1920 (https://archive.org/details/naturalismusidea00deri)

[65] Per una versione italiana, si veda: Kandinkij Vasilij, Lasker-Schüler Else, Marc, Franc – Der Blaue Reiter. Il cavaliere Azzurro: affinità spirituali e poetiche, Roma, Castelvecchi, 2014, pp. 147-171

[66] Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato), p. 556

[67] Morton, Marsha – “Malerei und Zeichnung”(citato), p. 556

[68] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), 17

[69] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p.17-18

[70] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p.18

[71] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p.18

[72] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p.22

[73] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 22-23

[74] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 23

[75] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 23

[76] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 24

[77] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 24-25

[78] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p.25

[79] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), pp. 29

[80] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), pp. 26-27

[81] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 26

[82] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), pp. 30-31

[83] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 15

[84] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 27

[85] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 27

[86] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 27

[87] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 28-29

[88] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 39

[89] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 16

[90] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 17

[91] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 30

[92] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 36

[93] Klinger, Max – Pittura e disegno (citato), p. 37

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