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venerdì 28 novembre 2014

Giovanni Tommaso Faccioli, Antonio e Vincenzo Joppi. Chiese di Udine

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Giovanni Tommaso Faccioli, 
Antonio e Vincenzo Joppi

Chiese di Udine
(ms. Joppi 682a della Biblioteca Civica di Udine)

A cura di Giuseppe Bergamini, Paolo Pastres e Francesca Tamburlini

Udine, Deputazione di Storia Patria per il Friuli, 2007

La facciata del Duomo di Udine (S. Maria Annunziata)
Fonte: Wikimedia commons


[1] La trascrizione del manoscritto è preceduta da tre saggi:

  • Giuseppe Bergamini, Paolo Pastres. Giovanni Tommaso Faccioli e il suo manoscritto sulle chiese di Udine nella storiografia artistica friulana del Settecento (pp. IX-XXV); 
  • Paolo Pastres. Giovanni Tommaso Faccioli, una vita da erudito (pp. XXVII-XXXIII); 
  • Francesca Tamburlini. Il manoscritto “Chiese di Udine” di Giovanni Tommaso Faccioli, Antonio e Vincenzo Joppi (pp. XV-XLIV).

Pala di San Marco (Duomo di Udine)
Fonte: Wikimedia commons

[2] Viene pubblicato per la prima volta il ms. 682a (Chiese di Udine) del fondo Joppi della biblioteca civica omonima di Udine. In realtà il manoscritto è il risultato di una complessa stratificazione e di molteplici interventi che si sono succeduti da un nucleo originario, di cui è autore Giovanni Tommaso Faccioli e che risale alla fine del 1700 fino al ventesimo secolo. Proviamo a ripercorrerne la storia. Tutto comincia, lo si diceva prima, con la figura del padre domenicano Giovanni Tommaso (ma battezzato Giacomo Pietro) Faccioli. Si tratta, come scrive Pastres (p. XXVIII) “di un tipico esponente dell’erudizione ecclesiastica settecentesca, assai diffusa in ambito veneto, dotato di una solida cultura teologica ed antiquaria, che... si impegnò in modo indefesso nello studio della storia vicentina e udinese.” E se l’interesse per il mondo vicentino è facilmente spiegabile, posto che il Faccioli vi nacque e vi trascorse molti anni della sua vita, quello per Udine si deve ad un soggiorno più che biennale che il padre domenicano vi effettuò fra il 1788 ed il 1790 per incarichi ecclesiastici. Cominciati in quegli anni e proseguiti ancora almeno fino al 1793, grazie al carteggio intrattenuto con il conte Filippo Florio, gli studi udinesi portarono alla compilazione di tre manoscritti, oggi conservati presso il fondo Florio dell’Archivio di Stato di Udine (cfr. p. XXXIX). I tre manoscritti sono di fatto costituiti da un lavoro principale, intitolato La città di Udine vieppiù illustrata colla storia della fondazion [n.d.r. sic] delle chiese, conventi, monasterj, luoghi pii ed oratorj e colla illustrazione di varie carte antiche e delle iscrizioni lapidarie e delle pitture, e da altri due contenenti materiali funzionali al primo. Il titolo del manoscritto descrive già la particolare attenzione che Faccioli pone nella descrizione del patrimonio ecclesiastico cittadino (ma non solo di quello, giacché sono presi in considerazione anche i principali edifici pubblici), tramite il reperimento, o se vogliamo individuarne i limiti, l’affastellamento di fonti documentarie, che possono essere letterarie (e in merito si legga il primo saggio a firma Bergamini e Pastres), ma anche epigrafiche ed iconografiche. Le opere pittoriche e scultoree sono cioè prese in considerazione sotto un profilo fondamentalmente descrittivo: “il metodo utilizzato dal nostro autore si basa essenzialmente sull’osservazione diretta delle opere, secondo una consuetudine all’esame autoptico che gli deriva dagli interessi antiquari sviluppati attraverso lo studio epigrafico, la quale... trova espressione in elenchi decisamente sintetici, ma piuttosto completi, in cui la maggiore attenzione è riservata alla descrizione iconografica” (Bergamini e Pastres, p. XXIII). Non vi è spazio per un’interpretazione critica delle opere d’arte o per problematiche attributive; siamo lontani, insomma, dalla critica o dalla storia dell’arte. Ma a distanza di secoli la descrizione erudita trova sempre maggiore importanza come testimonianza della consistenza del patrimonio artistico, prima dei sovvertimenti cominciati con le spoliazioni napoleoniche.

Pellegrino di San Daniele, San Giuseppe con il Bambino (Duomo di Udine)
Fonte: Wikimedia commons

[3] Non è dato sapere esattamente con che modalità i manoscritti di Faccioli finirono nell’archivio privato della famiglia Florio (se cioè furono donati dal Faccioli in vita o, ad esempio, per legato testamentario). Fatto sta che lì li riscoprirono a metà del 1800 i fratelli Antonio e Vincenzo Joppi, che provvidero non solo a studiarli, ma anche a trascrivere ed a integrare La città di Udine vieppiù illustrata. Antonio, nel 1857, stese una Premessa alla trascrizione (che fu poi letta all’Accademia di Udine nel 1870 e pubblicata nel 1872) in cui meglio spiega i termini dell’intervento operato (Antonio parla sempre al singolare, ma in realtà il coinvolgimento del fratello appare costante): dopo aver dato notizia del ritrovamento dei tre manoscritti, segnala di aver trascritto solo quello più importante e di averlo integrato cercando non solo di renderlo più chiaro e completo, ma anche di aggiornarlo per quanto possibile con l’indicazione di quanto oltre mezzo secolo di storia aveva finito per modificare. Nasce un altro manoscritto (ms. Joppi 682a della Biblioteca Civica di Udine), questa volta intitolato Chiese di Udine Volume I. Si compone dell’opera (incompleta) del padre Faccioli vicentino con interpolazioni ed aggiunte di Antonio e Vincenzo Joppi (per inciso, bisogna chiarire che anche gli Joppi produssero in realtà tre manoscritti, di cui le Chiese di Udine Volume I costituisce senz’altro il documento più significativo, mentre gli altri due raccolgono materiali utilizzati nella redazione del primo; cfr. p. XXXVIII). La trascrizione dei due fratelli viene operata nel 1857 – come si diceva – anche con lo scopo di rendere più chiara e fruibile la documentazione del Faccioli. L’obiettivo sarebbe stato raggiunto se si fosse arrivati appunto in quell’anno ad una pubblicazione o, comunque, ad una versione definitiva. In realtà Antonio e Vincenzo continuano per decenni ad integrare, modificare ed intervenire sul testo, in maniera più o meno esplicita; si scrive dappertutto, fra un capoverso e l’altro o sui margini laterali. Nel manoscritto, peraltro, si riscontrano interventi (questa volta più limitati) risalenti alla prima metà del Novecento, e da attribuirsi a Giovan Battista Corgnali, bibliotecario comunale in quei decenni. È facile comprendere, dunque, come uno dei problemi principali dei curatori della presente edizione sia stato quello di scegliere come e cosa trascrivere. “Il testo creato dagli studiosi udinesi viene messo a disposizione nella forma ultima da loro voluta, in decenni di accrescimenti prima controllati e poi confusi o addirittura caotici (talora da loro siglati e datati), al punto che a volte ci si ritrova disorientati sul percorso da seguire. Ma le notizie che ci consegna fanno dell’opera una fonte primaria di informazioni storico-artistiche sulla città di Udine. Per ovviare al problema posto dalla stratificazione del manoscritto, di fronte alla frequente interruzione del testo per gli inserimenti di nuove notizie – scritte su carte spesso di diverso formato -, di schizzi, disegni, documenti o ritagli, articoli e fascicoli a stampa, si è deciso di procedere nella trascrizione lasciando inalterata la struttura originaria del manoscritto Joppi. Si è così rispettato l’ordine della sequenza delle carte evidenziando su fondo grigio le aggiunte... Gli inserimenti e completamenti del testo, che si presentano nel manoscritto come aggiunte posizionate in modo di frequente disordinato (a margine, a piè pagina etc.) sono state inserite [n.d.r. sic] accanto al testo cui si riferiscono tra doppia barra \\//” (p. XLIII).

Vitale da Bologna, Storie di San Nicolò (Duomo di Udine)
Fonte: YukioSanjo

[4] Resta da dire che né del manoscritto originario del Faccioli né di quello successivo con le aggiunte degli Joppi dà notizia lo Schlosser nella sua Letteratura artistica, il che evidentemente testimonia di una conoscenza storicamente molto limitata del testo. Una breve citazione del Faccioli è operata da Giuseppe Bergamini, La storiografia artistica in Friuli prima del di Maniago in Fabio di Maniago e la storiografia artistica in Italia e in Europa tra Sette e Ottocento.


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