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mercoledì 1 ottobre 2014

Trattati sulla pittura in lingua greca della seconda metà del 1700, fra tradizione ortodossa e influenze della pittura occidentale

Georgio Mitrofanovic, Annunciazione, 1621,
Monastero di Chilandri, Monte Athos, Grecia

English Version

Emmanuel Moutafov
Europeanisation on Paper
Treatises on Painting in Greek during the First Half of the 18th century


Autopubblicato
Sofia, 2001

(Recensione di Giovanni Mazzaferro)

[1] Una premessa si impone: l’opera è scritta in bulgaro, una lingua a noi totalmente ignota. La sezione riassuntiva finale, in inglese (pp. 267-279) fornisce tuttavia utili e interessanti indicazioni sul contenuto. La speranza è che l’autore trovi presto un editore che gli permetta di pubblicare il volume in lingua inglese.

[2] I pregi dell’opera sono molti. Probabilmente li si può cogliere ancor meglio se si riesce a tralasciare le accanite polemiche sviluppatesi in Italia e in Francia in seguito alla “scoperta” del trattato di Dionisio da Furnà e alla sua pubblicazione [leggi qui tutte le informazioni in merito]. Non possiamo cioè avvicinarci ai trattati di Dionisio o di Doxaras avendo in mente queste discussioni, che sono in fondo frutto di un approccio poco corretto (e molto “occidentale”) al problema. Il primo, grande merito di Moutafov è di non concedere nulla a tali polemiche (che probabilmente, viste dalla Bulgaria, appaiono cose di poco conto) e di venire direttamente al nocciolo del problema. L’autore individua tre trattati fondamentali per misurare il fenomeno dell’apertura all’Europa dei paesi orientali: si tratta dell’Ermeneutica della Pittura di Dionisio da Furnà, la Techne Zographías (Arte della Pittura) di Panagiotis Doxaras e le General Instructions or Hermeneia di Christophor Zhepharovich.

Icona di Panagia Tricherousa dal Monastero di Chilandri, Monte Athos (Grecia)

[3] Il primo luogo comune da sfatare è che quello di Dionisio da Furnà sia in assoluto il primo trattato apparso in area orientale in materia di iconografia e tecnica della pittura. L’autore cita alcuni importanti precedenti:
  • l’Hermeneia of painting art, noto anche First Jerusalem Codex, anonimo, normalmente collocato temporalmente poco dopo il 1566, ma, secondo Moutafov, da far risalire alla metà del 1600; 
  • un manoscritto serbo noto come Typikon of Church and Wall-painting of the Serb Nectarius (fine del 1600); 
  • il Book on the Art of Icon-painting of Priest Daniel, datato 1674, noto anche come Second Jerusalem Codex
[4] Ciò detto, è innegabile che l’Ermeneutica della Pittura di Dionisio segni un momento fondamentale nella riflessione teorica dei paesi orientali. Dionisio è monaco e pittore, e spende gran parte della sua vita in un luogo di particolare importanza spirituale per l’ortodossia, ovvero il Monte Athos. Non v’è dubbio che il trattato di Dionisio si collochi, rispetto ad altri, ed in particolare rispetto a quello di Doxaras, su un filone conservativo e di sostanziale rispetto della tradizione pittorica post-bizantina, basato espressamente sull’opera iconografica di Panselino; è altrettanto certo che in questo tentativo il monaco goda dell’appoggio e del prestigio delle autorità ortodosse. Da qui la fortuna del trattato nei Balcani. E qui bisogna chiarire: la presunta “scoperta” del trattato da parte del Didron in realtà non era tale, o almeno lo era solo per i paesi occidentali. L’Ermeneutica aveva avuto ampia diffusione negli anni successivi alla sua compilazione. Moutafov cita in particolare l’Hermeneia di George I. Zographski, che è di particolare interesse per la tradizione ortodossa in quanto prima traduzione in lingua slava del trattato del monaco del Monte Athos. Assume una particolare importanza perché l’autore, in questa copia, trascrive un anno, il 1728, che trae dal trattato di Dionisio e che viene assunto da Moutafov come data di compilazione dello scritto da parte di Furnà. Moutafov cita poi e rende conto di tutta una serie di trascrizioni e riproposizioni più o meno variate apparse nei Balcani nella prima metà del 1800. Tutto ciò a dimostrare una circolazione del trattato non limitata a zone isolate, ma fatta propria da larga parte degli artisti dell’epoca.


Panagiotis Doxaras, Sacra Famiglia

[5] Panagiotis Doxaras ha una storia personale ben diversa (si veda Chiara Augliera, Panaghiotis Doxaras artista di frontiera nel Settecento eptanesio tra la «divota maniera» e le «ricche minere» veneziane). Viene da quell’Eptaneso che avverte in maniera nettamente più forte l’influenza della civiltà veneziana e il suo operare artistico ne risente in maniera decisiva. Non vi è dubbio che il suo contributo principale resti la Techne Zographías, che non va intesa solo come la prima traduzione in greco del Trattato della Pittura leonardiano e di altri scritti dell’Alberti e di Andrea Pozzo, ma risponde ad un preciso programma didattico-divulgativo dell’autore (in merito vale la pena consultare anche Chrysa Damianaki, Translation and Critical Reception of Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura in Greece, e in particolare p. 23). E tuttavia, scrive Moutafov, è tutto da valutare il reale impatto dello scritto di Doxaras nei Balcani; non vi è dubbio che Doxaras si faccia portatore di elementi di novità, ma tali elementi, proprio perché non recepiti nella pratica del fare artistico, restano ad un livello teorico. 

[6] Un particolare interesse va comunque rivolto alle General Instructions or hermeneia to the young willing to learn the art of icon painting, scritte da Christophor Zhepharovich fra il 1726 ed il 1737. Zhepharovich va considerato come il primo artista ad aver introdotto nei Balcani elementi artistici occidentali sulla scia di Doxaras (Moutafov sostiene che in giovinezza lo avrebbe conosciuto a Zacinto o a Corfù e ne sarebbe stato allievo). In effetti il suo scritto risulta essere una miscela di teoria artistica occidentale e richiami alla tradizione di Panselino e Dionisio da Furnà. Scrive Moutafov (p. 277): “With regard to sources, Zhepharovich’s text is viewed as a compilation of the most commonly used formulae of the Orthodox visual tradition together with elements of western artistic theory from Italy or Crete derived from Greek translations. More significantly, Zhepharovich is viewed as a model in the initial stages of Europeanisation which influenced Balkan painters’ orientation towards Central Europe: Germany and Austria (through the translations of Presbyter Theophilus), and Budapest and Moscow.”

[7] Il volume comprende due appendici: la prima presenta il primo capitolo del trattato di Zhepharovich nel suo testo greco originale con traduzione in bulgaro e commento di mano di Moutafov; la seconda appendice è un Dizionario iconografico conciso greco-bulgaro-inglese: “It contains names of iconographical scenes, epithets, materials etc. No such specialized dictionaries of the kind are to be found in either Bulgaria and Greece” (p. 278).

[8] Il volume ci è stato spedito in omaggio dall’autore il 31 gennaio 2005. A pag. 1 compare la sua dedica. Non possiamo che ringraziarlo per la gentilezza. Sempre grazie all’autore siamo venuti a sapere che la tiratura, autofinanziata, è stata di 250 copie.

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