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mercoledì 25 giugno 2014

Giovanni Mazzaferro. Mary Philadelphia Merrifield in Italia. Parte II: Emilia e Veneto



Giovanni Mazzaferro
Mary Philadelphia Merrifield in Italia
Parte II: Emilia e Veneto


Fig. 7) Annibale Carracci, Incontro di Medea e Giasone, Bologna, Palazzo Fava

AVVERTENZA:

Questo post è stato pubblicato nel 2014. Dopo tale data sono state scoperte a Brighton le lettere che Mary Philadelphia Merrifield inviò a suo marito dall’Italia nel corso del viaggio che la ricercatrice condusse fra 1845 e 1846 alla ricerca di manoscritti che testimoniassero le tecniche artistiche degli antichi maestri italiani. Molte delle informazioni contenute nel presente post risultano essere pertanto superate, incomplete e, a volte, non corrette. Ho pubblicato le lettere nel 2018 in La donna che amava i colori. Mary P. Merrifield: Lettere dall’Italia (1845-1846), Milano, Officina Libraria, 2018, isbn 88-99765-70-5. Invito pertanto gli interessati a far riferimento alla consultazione di tale volume. Ho comunque deciso di mantenere visibili i vecchi post per dare un’idea di quelle che erano le informazioni disponibili prima della scoperta delle lettere e di come le ricerche su Mary P. Merrifield siano evolute negli ultimi anni.

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PARMA


Persone incontrate:
  • Angelo Pezzana, direttore della Biblioteca Ducale [37];
  • Francesco Scaramuzza. Il “Sig. Scaramuscia” indicato a p. XIn. è Francesco Scaramuzza, pittore parmense di qualche rilievo. Anche la relazione con Scaramuzza risulta essere di ordine soprattutto tecnico [38];
  • Un professore gravemente malato che aveva studiato a lungo i metodi della pittura ad olio. Difficilissimo dire di chi possa trattarsi. L’episodio descrive benissimo la pervicacia della Merrifield nel rincorrere i risultati a lei assegnati [39]. In via del tutto dubitativa ritengo che possa trattarsi di Paolo Toschi, ovvero di una figura centrale nella vita culturale parmense: basti pensare che fece parte della Commissione di esperti incaricati di rintracciare e far tornare nel ducato i quadri parmensi sequestrati da Napoleone Bonaparte (1816); che sovrintese alla progettazione del Teatro Regio e che, pur con qualche intervallo dovuto a problemi politici, fu per decenni Direttore della Galleria e delle Scuole dell’Accademia di Parma. Toschi soffrì, dal 1831, di violentissimi attacchi reumatici che lo costringevano a totale immobilità per mesi e mesi [40].
Archivi visitati
  • Biblioteca Ducale di Parma



BOLOGNA


Bologna appare essere una tappa importante per il viaggio della Merrifield, un po’ per motivi professionali (si veda la pubblicazione del manoscritto all’epoca custodito a San Salvatore), ma anche per motivi personali: in seguito al suo viaggio bolognese la Merrifield fu nominata Socio onorario del’Accademia di Belle Arti locali, un’onorificenza a cui tenne moltissimo. La visita bolognese appare segnata dal rapporto con Michelangelo Gualandi, erudito, collezionista e commerciante di opere d’arte la cui importanza mi appare fortemente sottovalutata. Mi scuso se parlando di Gualandi mi dilungherò (riservandomi di scriverne ancora in futuro); ma bisogna essere consapevoli che si tratta dell’unico interlocutore con cui è provato che la Merrifield mantenne un carteggio anche successivamente al ritorno a Brighton e che Gualandi stesso intrattenne rapporti di collaborazione ed affari dal 1855 al 1865 con Charles Lock Eastlake. Gualandi appare cioè uno snodo fondamentale per capire le dinamiche del commercio delle opere d’arte fra Italia e paesi stranieri.

Persone incontrate:

Gaetano Giordani, direttore della Pinacoteca; Giordani fu senza dubbio una delle figure di riferimento del mondo culturale bolognese dell’Ottocento [41].

Cesare Masini, segretario dell’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1845 al 1871 [42].

Liborio Vegetti, direttore della Biblioteca Universitaria dal 1838 al 1866 [43].

Michelangelo Gualandi: quella di Gualandi è una figura sfuggente, a partire dai dati biografici. Sulla versione online del Dictionary of Art Historians risulta essere vissuto fra il 1795 e il 1865; sull’Oxford Index si parla di nascita il 13 marzo 1793 e morte dopo il 1860 [44]; ma in realtà Gualandi fu estremamente longevo e visse quasi 95 anni, dal 1793 al 1887, come scritto nel necrologio apparso sul numero 1/1888 di Archivio Storico dell’Arte che ho recuperato in rete e che si riporta per intero in nota [45]. Non mi sembra che esista (sempre pronto a scusarmi se mi sbaglio) un saggio o una monografia a lui dedicati; il che è strano perché quanto meno due delle opere del Gualandi sono citatissime nella letteratura dell’epoca (anche straniera). Stiamo parlando delle Memorie originali risguardanti le belle arti (pubblicate in tre volumi fra il 1840 e il 1845) [46] e la Nuova raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura (anch’esse in tre volumi, dal 1844 al 1856) [47]. I modelli letterari a cui si ispira Gualandi sono chiarissimi: da un lato (vedi le Memorie) il Carteggio Inedito d’artisti di Giovanni Gaye (1839-1840) [48], della cui opera Gualandi si pose come ideale prosecutore; dall’altro la famosissima raccolta di lettere di Giovanni Gaetano Bottari, continuata ed ampliata da Stefano Ticozzi nel 1822 [49]. E’ tuttavia impossibile che Gualandi non guardasse anche all’esperienza del bolognese Luigi Crespi, spregiudicato artista ed erudito, che nel 1773 aveva pubblicato il VII volume della raccolta bottariana di fatto senza concordarne i contenuti con l’autore (e inserendovi finte lettere a lui indirizzate [50]). Un’analisi approfondita dei corrispondenti citati in entrambe le opere è altamente auspicabile. Vi si potrebbe vedere, ad esempio, che tutti i referenti della Merrifield di area emiliana conoscono personalmente Gualandi. Il che dimostra che Gualandi è inserito a pieno titolo in un circuito erudito di ampio respiro (citeremo – uno per tutti – il rapporto coi fratelli Milanesi), e mi induce a pensare che la Merrifield sia stata introdotta ad alcuni interlocutori (ad esempio quelli ferraresi) da Gualandi stesso. 

La Merrifield entra in contatto con Gualandi per via della sua fama di erudito. E’ lei stessa che ci dice di aver avuto notizia del manoscritto bolognese da lei pubblicato negli Original Treatises leggendo la Terza serie (nel II volume) delle Memorie di Gualandi. Fu Gualandi poi a presentare il figlio della studiosa di Brighton al reggente del convento di S. Salvatore dove venne concesso il permesso di copiarlo [51]. Come si diceva prima, l’erudito bolognese è l’unico interlocutore italiano di cui si abbia prova di un carteggio anche dopo il ritorno a Brighton. Uno scambio di informazioni reciproco. La Merrifield cita Gualandi nei suoi Original Treatises per una lettera inviatale a Brighton (p. 10 n.3) [52], ma nel III volume della Nuova raccolta di lettere, uscito nel 1856, ma in preparazione da un decennio, Gualandi ringrazia la Merrifield per avergli fornito informazioni su "Margherita Paston Alberty, contessa di Yarmouth" [53].

La lettera della Merrifield a Gualandi è del 10 luglio 1847. Già da sei mesi Gualandi deve essersi guadagnato la riconoscenza della scrittrice di Brighton, per averla fatta nominare Socia onoraria dell’Accademia di Belle Arti. Si tratta di elementi inediti che ho recuperato presso l’Archivio dell’Accademia bolognese e che si riportano integralmente in nota per non appesantire troppo il presente testo [54].

Questo è il Gualandi erudito che, più o meno, tutti conoscono. Accanto agli interessi colti, tuttavia, ce ne sono di ben più venali, tali da far presumere che Gualandi fosse al centro di una rete di intermediazione per la vendita (anche all’estero) di opere d’arte provenienti per la maggior parte dalle aristocrazie locali. Ne è una prima prova un opuscolo stampato a Piacenza nel 1843 a firma Luciano Scarabelli ed intitolato Alcuni quadri di Michelangelo Gualandi [55]. Potremmo pensare che si tratti della descrizione di una collezione privata, ma basta sfogliarla per capire che quella di Scarabelli, letterato piacentino allievo di Pietro Giordani (ai suoi tempi Segretario dell’Accademia di Belle Arti bolognese), è una rassegna scritta in linguaggio aulico  per promuovere la vendita delle opere custodite da Gualandi. Destinatari sono chiaramente i ceti alto borghesi e nobiliari che abbiano le disponibilità economiche necessarie. Se vi fossero dubbi è sufficiente richiamare alcune espressioni di Scarabelli (che di Gualandi era amico personale e che scrisse molto probabilmente su commissione): “Sorprendente dal torso, magnifica del colorito, aggraziata delle mosse, quantunque d’un poco tozza e ammanierata, potrebbe ornare bellamente la stanza di una donna gentile” (p. 5); o, ancora: “Bruloff dipingeva questo bel quadro tra il 1829 e il 1830 in Roma. Poco poi il Gualandi acquistavalo; ed ora esso è a disposizione di chi ama fornirsi di belle opere d’arti gli appartamenti” (p. 35). Dalla lettura del testo si ricava che Gualandi si occupava di acquisti (e vendite, probabilmente) sin dal 1824, anno in cui acquistò due affreschi del Cesi e uno del Camassei di cui parleremo oltre (p. 41).

Due anni dopo, nel 1845, vanno in stampa pochi fogli intitolati semplicemente Catalogo di stampe Ottobre 1845. Una copia non integra ne è conservata a Bologna presso la Biblioteca dell’Archiginnasio. Nella seconda di copertina appare la dicitura: “Recapito per la Vendita presso MICHELANGELO GUALANDI nel suo Studio, palazzo FAVA dalla Madonna di Galliera in BOLOGNA”. Si tratta né più, né meno, di un listino prezzi di oltre 1000 stampe. La copia che si conserva a Bologna è preceduta da una lettera datata gennaio 1859 indirizzata a un “professore” che chiaramente è il Direttore dell’Archiginnasio, Luigi Frati, nominato tale nel 1858. Il mittente, Pietro Spagnuoli, spiega che si tratta della raccolta delle stampe di Pelagio Palagi [56], che sarebbe un peccato che prima o poi finisse in mani straniere e che il Proprietario si rimette appunto al Frati perché faccia quanto possibile. Ora, che il proprietario sia ancora Palagi (che muore nel 1860) o che sia Gualandi poco cambia: è chiaro che quest’ultimo, direttamente o come intermediario, si occupa di piazzare sul mercato opere più o meno antiche.

Se gli elementi portati sin ora fanno pensare comunque a una rete di conoscenze e di commercio a livello italiano, ve ne sono altri che inducono a ritenere che il nome di Gualandi fosse noto nelle cerchie artistiche di tutta Europa. Qui stiamo parlando della Merrifield; abbiamo già visto in altre occasioni come ella fu accanita lettrice dell’Art Union; e proprio sul numero di settembre 1842 del periodico uscì una breve segnalazione delle sue Memorie [57]. Molto più interessante però il trafiletto apparso sullo stesso giornale sul numero di gennaio 1843: più interessante perché ci mostra come Gualandi fosse il punto di riferimento per gli stranieri (almeno per gli inglesi) in visita a Bologna: “M. Rio, the elegant author of “L’Art Chrétien”, is now at Bologna, and has visited Signor Gualandi in his studio, which is in the celebrated Galleria Fava, painted by the Carraccis, and bestowed many encomiums on his great and useful enterprises in the history of the Fine Arts” [58].

Può sembrare strano, ma mi risulta che dello studio di Gualandi, posto in Palazzo Fava, una collocazione di assoluto prestigio, nel palazzo in cui i Carracci ebbero modo di esprimere per la prima volta il loro talento affrescando il mito di Giasone e Medea, a Bologna si sia persa memoria (fig. 7). E’ una fonte inglese a cui dobbiamo risalire per capire quanto fosse noto. La Merrifield sicuramente lesse gli articoli sull’Art Union ed altrettanto certamente fu ricevuta da Gualandi a Palazzo Fava (nessuna traccia di ciò compare negli Original Treatises).

Facciamo un salto temporale a metà degli anni ’50. L’attività editoriale di Gualandi si è molto ridotta (a parte l’ultimo volume delle Nuove Lettere del 1856 le pubblicazioni successive saranno tutte di livello sostanzialmente locale), ma il prestigio di cui gode Michelangelo è intatto se è vero che egli diventa uno dei punti di riferimento di Charles Lock Eastlake, Direttore dellaNational Gallery, nelle sue perlustrazioni italiane in cerca di quadri per il museo inglese e per la sua collezione personale [59]. Eastlake ha bisogno di persone affidabili che si pongano come intermediari coi potenziali venditori, che si occupino degli aspetti finanziari, di quelli logistici e del trasporto delle opere. Gualandi è uno di questi. E’ certo che Gualandi è, a livello locale, il personaggio di riferimento di Eastlake per gli acquisti dalla ferrarese collezione Costabili. E’ Eastlake stesso a dircelo all’inizio di una sua lettera indirizzata da Torino al marchese Costabili il 26 ottobre 1858: “Ill.mo Signore, il Sig. Michelangelo Gualandi mi scrive da Bologna che la cassa con i due noti quadri da me scelti dalla di Lei Galleria è stata inviata a Livorno, e spero che giungerà felicemente…” [60]. Darei per scontato che Gualandi si sia occupato anche del trasporto allo studio di Molteni della Madonna con Bambino e Santi di Pisanello comperata di lì a poco sempre da Costabili per la collezione personale di Charles (il pezzo più amato della sua prestigiosa raccolta) e poi passato alla National Gallery (fig. 9). Passano sette anni, e ritroviamo ancora una volta Gualandi al fianco di Eastlake. Questa volta è la moglie Elizabeth che scrive da Pisa, dove si trova col marito gravemente ammalato (morirà di lì a un mese) a R.N. Wornum (27 novembre 1865) e dice: “He [n.d.r suo marito, ovvero Eastlake] begs me to inform you that he has taken measures through Sigr Gualandi at Bologna to purchase a picture, belonging to Count Mazza at Ferrara, pronounced by Cavalcaselle to be by Giovanni Santi. It is to be had for the comparatively small sum – £120 – and would probably rise much in price if Cavalcaselle’s opinion were generally known. Also the Count will not give more than a few days liberty for decision. Sir Chas has therefore empowered Mr. Gualandi to purchase it as for himself, and will nominally purchase it of him… In addition to £120 for the picture Sir Chas has directed 50 napoleons (£40) to be paid to Sigr Gualandi” [61].

Fig. 8) Pisanello, Madonna con Bambino e Santi (Londra, National Gallery)

Insomma, gli elementi per dire che è necessario studiare più approfonditamente la vita di questo erudito bolognese per capire meglio certe dinamiche di mercato e collezionismo ci sono. Si scontrano purtroppo con la perdita dell’archivio personale. Prima però di chiudere con Gualandi credo sia il caso di citare un altro opuscolo, edito questa volta nel 1886, ovvero un anno prima della morte dell’ultranovantenne Michelangelo. L’opuscolo si intitola Collezione del Cavaliere Michelangelo Gualandi di pitture, disegni... esistenti nella Via S. Felice N. 65 (1° piano) in Bologna. Sotto il titolo è già chiarito lo scopo dello scritto: “Vendita quotidiana dalle 12 meridiane alle 2 pomeridiane” [62]. I tempi dello studio a Palazzo Fava sono un ricordo lontano. Quanto rimane della collezione Gualandi è ora in Via S. Felice, e viene messo in vendita prima della morte del proprietario. L’idea è che più che una vendita si tratti di una svendita frettolosa. Sarebbe importante sapere se in quello studio vi fosse anche l’archivio personale di Michelangelo. Sicuramente in collezione vi erano ancora (sono citati) i due affreschi del Cesi e quello del Camassei comprati nel 1824 e risultanti nell’opuscolo di Scarabelli del 1843.

Musei, collezioni ed archivi visitati:
  • Biblioteca Gualandi;
  • Biblioteca dell’Archiginnasio;
  • Biblioteca Universitaria;
  • Accademia di Belle Arti;
  • Pinacoteca;
  • Biblioteca del Convento di S.Salvatore

Opere d’arte esaminate:

Vetrate della Basilica di San Petronio

La Merrifield cita San Petronio ripercorrendo la storia della pittura su vetro, ed in particolare l’operato di Giacomo da Ulma, che, come noto, decorò alcune vetrate nella chiesa bolognese. I riferimenti sono, in maniera del tutto comprensibile, agli scritti dell’abate Sugero sul complesso di S. Denis. [63].

Federico Barocci, Compianto sul Cristo morto – Archiginnasio (ora nel Palazzo Comunale)

L’opera si trovava all’epoca in Archiginnasio; da lì è transitata in Pinacoteca e fa ora parte delle Collezioni Comunali d’arte (è esposta in Sala Farnese). L’esame della Merrifield è, ancora una volta, di natura prettamente tecnica [64].

Alcuni quadri non terminati di Guido Reni e del Guercino

La citazione è troppo generica per permettere un’identificazione, e ricorre nel corso della descrizione di procedure per la produzione dei dipinti [65].



FERRARA

Della visita a Ferrara non resta altra indicazione che due ringraziamenti nella prefazione degli Original Treatises (inutile dire che in entrambi i casi si tratta di contatti stretti di Gualandi).

Persone incontrate:
  • Giuseppe Antonelli. L’abate Giuseppe Antonelli, erudito, fu a lungo direttore della biblioteca pubblica di Ferrara (ora Biblioteca Ariostea) [66].
  • Luigi Napoleone Cittadella, erudito e celebre collezionista ferrarese (nel 1862 subentrò ad Antonelli come direttore della biblioteca) [67]


ROVIGO

Persone incontrate:
  • Luigi Ramelli (ma anche Luigi Ramello). Presso il Canonico Luigi Ramelli, bibliotecario e poi rettore del Seminario di Rovigo, noto per la sua erudizione, la Merrifield trova un manoscritto che non ritiene di dover trascrivere perché vi sono presentate in buona parte ricette già presenti in altri testi reperiti altrove. Vengono trascritte solo alcune ricette che riguardano i colori e i metodi in uso all’epoca di Fra Fortunato [68].
  • Vincenzo De Vit (1811-1892), Direttore della Biblioteca dell’Accademia dei Concordi tra il 1844 e il 1849 [69].

Archivi visitati:
  • Biblioteca del Seminario;
  • Biblioteca dell’Accademia dei Concordi.


PADOVA

A Padova la Merrifield rintraccia presso la Biblioteca Universitaria il ms. 992, che pubblica nel secondo volume degli Original Treatises.

Persone incontrate
  • Francesco de’ Lazara. L’interesse della Merrifield per il conte Francesco de’ Lazara, nipote ed erede di Giovanni, grande erudito vissuto a cavallo fra Sette ed Ottocento, ha probabilmente due ragioni; Giovanni de Lazara collaborò infatti alla redazione della Storia pittorica [70] del Lanzi, uno dei testi prediletti dalla studiosa inglese. Ma è facile immaginare che Mary sapesse anche che de Lazara era nominato nel 1793 ispettore e sovrintendente alle principali opere d’arte padovane e si era occupato della loro salvaguardia. E’ evidente che, fra le sue carte, la Merrifield cerca informazioni su eventuali metodologie di restauro fatte adottare dal nobile patavino [71].
  • Giuseppe Furlanetto. L’abate Giuseppe Furlanetto fu una delle figure di maggior prestigio dell’erudizione padovana. Illustre archeologo ed epigrafista, diresse per alcuni anni la Biblioteca del Seminario, preferendo poi rinunciare ad incarichi di responsabilità a vantaggio dei propri studi [72].
  • Domenico Barbaran. L’abate Domenico Barbaran era il Direttore della Biblioteca del Seminario [73].
  • Antonio Roncetti. L’abate Antonio Roncetti era ‘coadiuvatore’ presso la Biblioteca dell’Università [74]
  • Baldassarre Poli, professore presso l’Università di Padova [75].

Archivi visitati
  • Biblioteca del Seminario;
  • Biblioteca Universitaria;
  • Biblioteca de’ Lazara.


VERONA

Persone incontrate:
  • Giovanni Girolamo Orti Manara. La famiglia dei conti Orti Manara era una di quelle più in vista nel panorama cittadino. Giovanni Girolamo si interessò in particolare di antiquaria [76].
  • Giacomo Mosconi. Anche la famiglia del conte Giacomo Mosconi è una di quelle di maggior spicco nel Veronese. Giacomo sembra avere più che altro interessi storici e letterari (la Merrifield lo cita come traduttore di alcune opere di Walter Scott), ma risulta anche essere collezionista di opere d’arte [77].
  • Un artista: “We breakfasted this morning with Count…, who had invited an artist, principally employed in restoring pictures, to meet us…”: così la Merrifield a p. CXXV-VI. Impossibile, ovviamente, capire di chi si tratti. L’incontro è un’occasione per parlare delle tecniche pittoriche di Tiziano [78]


BASSANO DEL GRAPPA

Andare a Bassano del Grappa vuol dire porsi sulle tracce dell’arte della famiglia da Ponte (ovvero dei Bassano). Nella località vicentina la Merrifield rintraccia un manoscritto di Gian Battista Volpato e lo pubblica. L’incontro con Gian Battista Baseggio, direttore dell’Ateneo bassanese è cordiale, eppure sarà alla base di un episodio spiacevole.

Persone incontrate
  • Gian Battista Baseggio. Baseggio presta alla Merrifield il manoscritto di Volpato perché lo copi e lo pubblichi. Tuttavia, una volta ripartita la studiosa di Brighton, provvede lui a farlo stampare cambiandogli nome e non citando la circostanza. Tutta la vicenda è già stata narrata in Luciano Mazzaferro, Gli ‘Original Treatises’ di Mary Philadelphia Merrifield. Parte II. Il Manoscritto Volpato e l’edizione ‘pirata di Bassano del Grappa, a cui rimandiamo per esigenze di brevità.
  • Giuseppe Bombardini, poeta e uomo politico locale. Bombardini ricoprì varie cariche a Bassano, fra cui quella di Podestà [79].
  • Giuseppe Riva. Il conte Giuseppe Riva aveva origini padovane. Uomo di grande erudizione, si occupò soprattutto di archeologia e di architettura antica, scrivendo anche commenti al De Architectura di Vitruvio. Nella sua villa sui Colli Berici, dove in realtà visse assai a lungo, Riva accumulò una biblioteca e una collezione personale assai ricche, che donò poi nel 1871 al Museo di Bassano del Grappa. [80]
Archivi visitati:
  • Biblioteca pubblica
  • Biblioteca Riva


VENEZIA

Venezia è la tappa regina per la Merrifield. E’ la patria del colore, è essa stessa colore. Si è già visto in Luciano Mazzaferro, Gli ‘Original Treatises' di Mary Philadelphia Merrifield. Parte III I manoscritti facenti capo alla famiglia Edwards che, in realtà, i risultati ottenuti nella città lagunare non soddisfecero le aspettative della studiosa di Brighton. A tale testo rimandiamo. Al di là di tutto, però, l’esperienza veneziana deve essere stata indimenticabile, se in Brighton Past and Present: a Hand-Book for Visitors [81] l’autrice sostiene il parallelo fra i colori di Venezia e quelli della città in cui vive [82]; quella che in principio potrebbe sembrare un luogo comune per la Merrifield è un’osservazione che comporta precise ricadute artistiche [83]. Il soggiorno veneziano si snoda su tre piani: l’incontro con gli artisti e i restauratori, la consultazione degli archivi, l’esame delle opere al fine di riscontrarne le tecniche e lo stato di conservazione delle opere.

Persone incontrate:
  • Francesco Galvagna. Il barone Francesco Galvagna fu Presidente dell’Accademia di Belle Arti dal 1839 al 1851 [84].
  • Giovanni Edwards O’ Kelles. Su Giovanni Edwards O’Kelles (come si firma lui) o Giovanni O’Kelly Edwards, come lo chiama la Merrifield, si è già scritto diffusamente. Rimandiamo alle relative note [85]. Il figlio di Pietro Edwards è comunque una figura centrale nella permanenza veneziana della studiosa.
  • Rawdon Brown. Lo storico Rawdon Brown è uno dei personaggi di riferimento della comunità inglese a Venezia. Qui vive fra il 1833 e il 1883. E’ ben nota l’amicizia che lo legò, fra gli altri, a John Ruskin [86].
  • Giuseppe Cadorin. L’abate Giuseppe Cadorin è ricordato dalla Merrifield per essere il biografo di Tiziano. Stiamo naturalmente parlando di un esponente di punta dell’erudizione veneziana [87].
  • Giuseppe Valentinelli. L’abate Giuseppe Valentinelli è il direttore (il ‘prefetto') della Biblioteca Marciana dal 1845 [88].
  • Vincenzo Lazari. Quando lo incontra la Merrifield, Lazari ha poco più di vent’anni e viene ricordato per aver pubblicato una recente edizione dei viaggi di Marco Polo. Lazari sarà direttore della Raccolta Correr (poi Museo Correr) e soprattutto grande esperto di numismatica [89].
  • Emmanuele Antonio Cicogna. Col Cicogna (1789-1868) siamo davvero al centro della grande erudizione. La Merrifield lo cita come autore delle ‘Iscrizioni Veneziane’, ma la sua produzione letteraria è sconfinata, così come è incredibile il numero di manoscritti e volumi che riuscì a raccogliere pur non potendo fruire di condizioni economiche particolarmente agiate [90].
  • Il Conte e la Contessa Papadololi. I due entrano in scena a p. 848, quando veniamo a sapere che è grazie a loro che la Merrifield riceve il permesso dal barone Galvagna (ovvero dal Presidente dell’Accademia) di cercare fra le carte di Pietro Edwards (una trafila che dimostra quanto gelosamente venissero custodite). E’ del tutto banale far notare che Spiridione Papadopoli era un nobile veneziano di origine greca (per la precisione cretese). Forse è meno banale sottolineare che la contessa Papadoli è Teresa Mosconi, ovvero la sorella di quel Giacomo Mosconi che la Merrifield incontra a Verona e proveniente quindi anch’ella da famiglia di aristocratici collezionisti. [91]
  • Sig. B, sig. C, sig. D. sig. E. Fino ad ora abbiamo incontrato solo eruditi e nobili veneziani. Ma non è possibile dimenticare che la Merrifield è un’acuta investigatrice e che cerca il contatto coi pittori e i restauratori locali per meglio indagare le tecniche. Circa venti pagine della sua introduzione sono dedicati ai colloqui avuti in merito coi signori B, C, D ed E (il signor A era l’Antonio Temanza incontrato a Milano). Qualche idea sulle identificazioni? Possiamo presumere che uno di questi fosse proprio Giovanni Eastlake O’Kelles, di cui l’autrice ricorda la passata esperienza come restauratore; per gli altri ancora una volta ci soccorrono i ringraziamenti, in particolare quelli rivolti ai “Signori Felice Schiavone, Tagliapietra and Quarena” nella prefazione. Guardiamo meglio di chi si tratta. Felice Schiavone (o Schiavoni) fu figlio d’arte, pittore apprezzato non solo dalle aristocrazie locali, ma anche internazionalmente. Che abbia svolto anche attività di restauro ci è testimoniato dall’autrice stessa in un paio di passi dell’opera [92]. Il cognome Tagliapietra a Venezia è comunissimo, ma è davvero probabile che, nel nostro caso, ci si trovi di fronte ad Andrea Tagliapietra, membro dell’Accademia a metà secolo, e di cui sono testimoniati in letteratura specializzata diversi interventi di restauro [93]. Per quanto riguarda il Quarena, va detto che non abbiamo la certezza che, ad incontrarsi con la studiosa di Brighton, sia stato il più famoso Lattanzio (1768-1853) o il figlio Luigi, entrambi pittori. Lattanzio è ricordato come restauratore di opere del Veronese, ma l’argomento non è conclusivo [94]. Naturalmente i nostri sono solo spunti di ricerca sulla base di indizi. Tuttavia non crediamo di essere particolarmente lontani rispetto alla verità.

Collezioni, chiese, biblioteche, archivi visitati:
  • Accademia di Belle Arti; l’archivio dell’Accademia è citato in diverse occasioni e non solo in relazione ai documenti Edwards. Si allude anche a un mandato di pagamento relativo all’acquisto di pigmenti che all’epoca si riteneva autografo di Raffaello [95].
  • Biblioteca Marciana; nella Biblioteca Marciana l’autrice rintraccia un manoscritto che pubblica poi nel secondo volume degli Original Treatises.
  • Collezione Barbarigo. La Merrifield dimostra di avere le idee molto chiare: “The principal private collection now existing in Venice are those in the Manfrini and Barberigo palaces.” (p. 858 n. 1); segue la descrizione dello stato di conservazione di alcune opere conservate nelle due collezioni. Palazzo Barbarigo viene inoltre citato a p. CX e CCLXXX;
  • Collezione Manfrin: si veda la collezione Barbarigo. Cfr anche p. CXXXVII;
  • Basilica di S. Marco;
  • Scuola di san Rocco;
  • Palazzo Ducale;
  • Ca’ Pisani.

Opere d’arte esaminate:

Pala d’Oro – Basilica di San Marco

La Pala d’Oro è la prova per l’autrice che i Bizantini conoscevano la pratica del niello [96].

Fig. 9) La 'Pala d'Oro'. Venezia, Basilica di S. Marco


Tintoretto nella Scuola Grande di S. Rocco

Le decine di tele di Tintoretto presenti nella Scuola Grande di S. Rocco sono citate solo di sfuggita, e ancora una volta con occhio da scienziata del colore [97].

Opere di Antonio Balestra – Accademia di Belle Arti

Le opere di Antonio Balestra, conservate presso l’Accademia, sono giudicate come in grado di competere con quelle dei grandi maestri del colorismo [98].

Paolo Veronese, La Famiglia di Dario ai piedi di Alessandro – National Gallery, ma all’epoca Ca’ Pisani

La Merrifield vede il grande quadro di Veronese ancora a Palazzo Pisani, una decina d’anni prima che Eastlake lo faccia acquistare per la National Gallery e lo renda così famosissimo al pubblico inglese. L’esame è ancora sulla conservazione dell’opera [99].

Tiziano, La Maddalena – Ermitage, S. Pietroburgo, ma all’epoca collezione Barbarigo

La Merrifield ha la fortuna di esaminare due collezioni prestigiose come la Barbarigo e la Manfrin pochi anni prima che vengano smembrate. A Palazzo Barbarigo cita alcuni quadri di Tiziano. Fra questi la Maddalena, venduta allo zar attorno al 1850 e ora conservata a San Pietroburgo. Va detto che la celebrità dell’opera era assoluta. L’esame della studiosa si svolge a livello tecnico [100].

Fig. 10) Tiziano, La Maddalena penitente, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo



Tiziano, San Sebastiano – Ermitage, S. Pietroburgo, ma all’epoca collezione Barbarigo

Analogo il destino del San Sebastiano, una delle ultimissime tele di Tiziano. E’ conservato anch’esso all’Ermitage. Il dipinto è esempio perfetto della tecnica tizianesca secondo la Merrifield, proprio perché lasciato incompiuto [101].

Fig. 11) Tiziano, San Sebastiano, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo


Bonifacio de’ Pitati, Adorazione dei Magi – Accademia di Belle Arti

Giovanni Edwards sostiene che il padre (Pietro) più o meno nel 1777 dovette ridipingere la testa di uno dei Magi, letteralmente tagliata da ignoto (e che vi riuscì con ottimo risultato). Il dipinto si trovava all’epoca in Palazzo Ducale. La Merrifield segnala che, ai suoi tempi, era stato spostato ed era visibile in Accademia [102].

Fig. 12) Bonifacio de' Pitati, Adorazione dei Magi, Galleria dell'Accademia, S. Pietroburgo


Tiziano, S. Cristoforo – Palazzo Ducale

L’affresco col S. Cristoforo di Tiziano in Palazzo Ducale è notoriamente uno dei pochissimi affreschi veneziani di Tiziano sopravvissuti al clima avverso. Anche in questo caso la Merrifield ne esamina lo stato di conservazione [103].

Fig. 13) Tiziano, San Cristoforo, Palazzo Ducale, Venezia


Tiziano, Assunzione della Vergine – Santa Maria Gloriosa dei Frari (all’epoca alle Gallerie dell’Accademia)

La Pala dell’Assunzione della Vergine fu conservata presso le Gallerie dell’Accademia dal 1818 al 1919. La Merrifield ne esamina lo stato di conservazione con grande accuratezza [104].

Fig. 14) Tiziano, Assunzione della Vergine, Santa Maria dei Frari, Venezia


Tiziano, Presentazione di Maria al Tempio – Gallerie dell’Accademia

Come nel caso precedente, la studiosa sospetta che restauri disattenti abbiano portato al cattivo stato di conservazione dell’opera [105].

Tintoretto, Miracolo di San Marco – Gallerie dell’Accademia

In una rapida rassegna di capolavori, anche per il Miracolo di San Marco si parla del precario stato di salute [106].

Tiziano, Il Doge Grimani in adorazione davanti alla Fede – Palazzo Ducale

Ancora una volta Giovanni Edwards segnala un episodio vandalico. Il padre fu costretto a ridipingere il volto della Fede, letteralmente tagliato via da ignoto. La Merrifield si reca apposta ad esaminare il quadro (nella Sala delle Quattro Porte) per ben due volte, per osservare se siano percepibili differenze evidenti (pur a grande distanza) [107].

Fig. 15) Tiziano, Il Doge Grimani in adorazione della Fede, Palazzo Ducale, Venezia

Paolo Veronese, Dipinti sul soffitto della Sala del Maggior Consiglio

In due occasioni la Merrifield fa riferimento a quadri dipinti da Veronese sul soffitto di Palazzo Ducale, in cattivo stato di conservazione [108].


NOTE

[37] Original Treatises… cit., p. XIn. Il Cav. Angelo Pezzana  fu lo storico direttore della Biblioteca Ducale di Parma, dove lavorò dal 1804 al 1862. Per maggiori informazioni: http://www.bibpal.unipr.it/index.php?it/149/lottocento-pezzana-e-lo-sviluppo

[38] Per notizie di Francesco Scaramuzza si veda http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Scaramuzza. Da notare l’indicazione che “fra il 1836 e il 1842 realizzò affreschi nella Sala Dante e nella Sala di lettura della Biblioteca Palatina. Sul soffitto della sala di lettura dipinse Prometeo che ruba il fuoco, protetto da Minerva”. Tale informazione coincide perfettamente con quanto scritto dalla Merrifield a proposito della pittura con uso di cera: “Wax painting is now practised at Parma. An apartment of the Museo di Antichità, and another in the public library of that city, are now being painted with a wax vehicle, and after a process invented by an artist of that city, which he freely and obligingly communicated to me…” (p. CII). Non vi è dubbio che l’artista in questione sia Scaramuzza. Così come è molto probabile che sia Scaramuzza che spiega alla Merrifield gli usi della scuola parmense per quanto riguarda la pittura ad olio (p. CXLVII)

[39] Original Treatises… cit., pp. CXLVII-III: “I was informed that a professor of that city had devoted much time and attention to the study of the good method of oil-painting, and that he knew more about it that any other person. The professor had been suffering from illness; but at the request of the Cav. Pezzana, of the Ducal Library at Parma, he kindly permitted us to pay him a short visit. He perfectly recollected having sent a bottle of varnish to an English artist, and he said that the reason he had not written to him was because he had lost the use of his hand, and could not write legibly; that he had written out the recipe for some person, that it proved useless, for the varnish could not be made from this recipe on account of the difficulty of the manipulation. (…) I immediately inquired wheter he had found any document showing it was used by Correggio? He said no. I asked whether he had ever analysed any of Correggio’s picture? He replied without hesitation, No, no; and as I saw it was painful to him to talk, I took my leave. On my return to the library, I was told that the professor had analysed parts of pictures by Raphael and had found amber”.

[40] Contro questa ipotesi gioca il fatto che Toschi fu soprattutto (ma non esclusivamente) incisore. Per una biografia di Paolo Toschi si veda http://www.parmaelasuastoria.it/ita/Tornielli-Tuzzi.aspx?idMostra=38&idNode=290#toschi p

[41] Original Treatises, p. XI n. La Merrifield storpia il cognome di Giordani in Giordini. Si tratta proprio di un equivoco dovuto all’autrice, non di un errore di stampa. La Merrifield invierà a “Giordini” una copia del suo estratto sul manoscritto Volpato, estratto oggi conservato in Archiginnasio. Cfr. Luciano Mazzaferro, Gli ‘Original Treatises’ di Mary Philadelphia Merrifield. Parte II: Il manoscritto Volpato e l’edizione ‘pirata’ di Bassano del Grappa, n. 26. Giordani (1800-1876) fu ‘ispettore’ della Pinacoteca dal 1822 al 1859.

[42] Original Treatises, p. XI n. Cesare Masini (1812-1891) http://www.treccani.it/enciclopedia/cesare-masini_(Dizionario-Biografico)/#

[43] Original Treatises, p. XI n.

Un’avvertenza: a Bologna, vissero di fatto contemporaneamente il nostro Michelangelo (di Romano) Gualandi e l’avvocato Angelo Gualandi (1828-1903), erudito e storico. E’ facile confondersi.

[45] Il necrologio non è firmato: “Michelangelo Gualandi moriva il 19 giugno u.s. nella gravissima età di 95 anni. Nato di nobile famiglia, fino da giovinetto predilesse gli studi delle belle arti e della storia patria. Persuaso dell’immenso giovamento che recano alle arti medesime le relazioni e corrispondenze cogli studiosi d’altri paesi, e soprattutto i viaggi frequenti, egli ne fece parecchi e lunghissimi, conobbe o coltivò in Italia e all’estero l’amicizia di uomini illustri, e lasciò copiose memorie, che potranno essere utilmente consultate; oltre ad una pregevole galleria di quadri, spesso visitata da italiani e stranieri. Fra i suoi lavori a stampa tengono il primo posto le Memorie originali italiane di belle arti, la Nuova raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, la Guida per la città di Bologna e suoi contorni, le Memorie intorno ad Aristotele Fioravanti e via via diverse altre pubblicazioni ed articoli che trovansi inseriti in periodici e negli Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria di Bologna, della quale egli fu uno dei membri fondatori  e ne curò, finché poté, lo sviluppo e l’incremento. Ebbe amicizia con tutti i valentuomini del suo tempo: col Baruzzi, coi Rosaspina, coi Mazzoni-Toselli, coi Muzzi, coi Giordani, e da ultimo coi Palagi, Predieri, Gualandi [n.d.r. l’avvocato Angelo cfr. n. 44], che sempre venerarono in lui il Nestore degli studiosi bolognesi. Giunse alla decrepitezza senza perdere né la lucidità della mente, né la memoria del passato; e veramente esemplare fino all’ultimo fu la rassegnazione con cui sopportò le noie e gli incomodi di una esistenza, tanto al di là dell’ordinario prolungata.”

[46] Memorie originali risguardanti le Belle Arti, a cura di Michelangelo Gualandi, 3 voll., Bologna, 1840-1844.

[47] Nuova raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV a XIX con note e illustrazioni di Michelangelo Gualandi in aggiunta a quella data in luce da Mons. Bottari e dal Ticozzi, 3 voll., Bologna, 1844-1856).

[48] Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV, XV e XVI, pubblicato ed illustrato con documenti pure inediti dal Dott. Giovanni Gaye, Torino, Bottega d’Erasmo, 1968. Ristampa anastatica dell’edizione 1839-1840 di Giuseppe Molini in Firenze.

[49] Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai nostri giorni da Stefano Ticozzi. Milano, 1822.

[50] Si veda Giovanna Perini, Luigi Crespi inedito, in Il Carrobbio 1985.

[51] “The first intimation we had of the existence of this MS was from the 3rd series of the “Memorie di Belle Arti”, p. 111, of Sig. Gualandi (Bologna, 1842)… On my arrival at Bologna Sig. Gualandi very kindly introduced my son to the Generale of the Canonici Regolari at the convent of S.Salvatore, and obtained permission for him to copy it” (p. 325).

[52] “While I was preparing these notes, I received the following note (which I translate literally) from Sig. Michaelangelo [sic] Gualandi of Bologna, whose archaeological researches in the cause of the fine arts are well known and appreciated…” (p. 10).

[53] Ci pare che il dato non sia mai stato messo in evidenza; si tratta dell’unica prova di un carteggio fra la Merrifield ed un erudito italiano: “Dobbiamo alla gentilezza di M. Maria Filadelfia Merrifield, di Brighton, chiarissima autrice e traduttrice di opere intorno le arti belle, la seguente notizia che traduciamo litteralmente dall’inglese; essa è in data 10 luglio 1847…” (p. 285 n.2).

[54] Ringrazio la Prof.ssa Antonietta Di Fazio per avermi facilitato nelle ricerche. Il materiale recuperato narra una storia molto lineare: il 20 febbraio 1847 Gualandi scrive a Cesare Masini, segretario dell’Accademia, allegando alla missiva una copia di The Art of Fresco Painting, scritto dalla Merrifield nel 1846 e invitandolo a nominarla Socio onorario. Il giorno dopo il Consiglio dell’Accademia procede alla nomina. Il 23 febbraio Masini scrive alla Merrifield ringraziandola del dono, informandola della nomina ed inviandole il Diploma che l’attesta. E’ appena ovvio che tutta questa vicenda non è altro che la facciata ufficiale di decisioni prese prima, non sappiamo su richiesta od offerta di chi. Le carte scritte servono solo per rispettare le formalità previste per la nomina di un socio. A titolo di curiosità, vale la pena segnalare che il nome della Merrifield compare già nella lista dei soci onorari inserita in fondo agli Atti per la distribuzione dei premi 1845-46, stampati nel 1847 (evidentemente dopo febbraio), ma che per un equivoco la scrittrice di Brighton viene posta in ordine alfabetico sotto la lettera P: Philadelphia Merrifield, Mary. Ecco il testo delle lettere e del verbale:

AABA (Archivio Accademia Belle Arti Bologna, 1847, Faldone Contabilità e Scuole. Provvidenze generali. Carte sciolte)
Lettera autografa di Michelangelo Gualandi (socio onorario) a Cesare Masini (segretario)
“Studio 20 Febbraio 1847
Al ch.mo Prof.
Cesare Masini
Seg.rio dell’accademia di Belle arti Bologna
Devotissimo Servitor
Michelangelo Gualandi
Socio onorario
Chiarissimo Signor Secretario
Ho l’onore di accompagnare alla presente un Libro in lingua inglese sull’ = Arte di dipingere a fresco = opera originale della celebre signora Mary Philadelphia Merrifield di Brighton, traduttrice del Trattato di Cennino Cennini e di altre opere concernenti le Belle Arti, per le quali ha viaggiato lungamente in Italia visitando archivj, ecc.
Il ch.mo Signor Secretario si compiacerà afferire il Libro all’Illustre accademia invitandola ad onorare l’Autrice del titolo di Socia corrispondente, come degna per ogni riguardo di tale favore.
Ho il piacere di confermarmi, della S.V.”

AABA, Atti della Pontificia Accademia di Belle Arti
Processi verbali del Segretario Cesare Prof. Masini dal 1845 al 1855
Sessione della Domenica 21 Febbraio 1847
“….Sono proposti, ed acclamati accademici d’onore: la celebre Signora Mary Philadelphia Merrifield di Brighton traduttrice del Trattato di Cennino Cennini, e lo Scultore romano Alessandro Massimiliano Laboureur Cavaliere,”

AABA (Archivio Accademia Belle Arti Bologna, 1847, Faldone Contabilità e Scuole. Provvidenze generali. Carte sciolte)
Minuta di lettera da Cesare Masini a Mary Philadelphia Merrifield (non compare indirizzo; non escludo affatto che l’originale sia stato consegnato a mano a Gualandi perché lo spedisse alla Merrifield)
“Alla Signora Mary Philadelphia Merrifield, Brighton
Lì 23 febbraio 1847
Chiarissima Signora,
Presentato il grazioso dono che si è piacciuta [sic] di fare del Suo libro a questo Corpo Accademico, “The Art of Fresco Painting as practised by the old italian and spanish masters With a preliminary inquiry into the nature of the colours used in fresco painting with observations and notes” il Corpo stesso compreso di ammirazione e gratitudine per la celebre traduttrice del Trattato di Cennino Cennini quale si è la S.V. Ch.ma, tanto benemerita delle arti italiane, non poté a meno nella seduta del 21 corrente di non acclamarla a Socia d’onore, ad amplissima dimostrazione dell’altissima stima in che tiene la sua riverita persona e per procurare uno splendido nome al proprio Albo.
A testimonianza dell’asserto ho l’onore d’inviarle il relativo Diploma; e rassegnarmi con sensi di particolare stima e riverenza
Della S.V. Ch.ma
Il Prof. Seg.rio
C. Masini”

[55] Luciano Scarabelli, Alcuni quadri di Michelangelo Gualandi in Bologna descritti da Luciano Scarabelli, Piacenza, Tip. Antonio del Majno, 1843.

[56] Quando parliamo di Pelagio Palagi (1775-1860) parliamo dell’artista di maggior spicco a Bologna nella prima metà dell’Ottocento. Dagli anni trente in poi Palagi fu pittore di corte presso la Casa Savoja: http://www.treccani.it/enciclopedia/pelagio-palagi_(Enciclopedia_Italiana)/

[57] Art Union, September 1842, p. 216.

[58] Art Union, January 1843, p. 15.

[59] Cfr. Susanna Avery-Quash e Julie Sheldon, Art for the Nation. The Eastlakes and the Victorian Art World, Londra, The National Gallery, p. 156; The Travel Notebooks of Sir Charles Eastlake, a cura di Susanna Avery-Quash, Londra, The Walpole Society, 2011.

[60] Jaynie Anderson, The Restoration of Renaissance Painting in mid Nineteenth-Century Milan. Giuseppe Molteni in Correspondence with Giovanni Morelli, Firenze, Edifir, 2014, p. 35 n. 18.

[61] Julie Sheldon (a cura di), The Letters of Elizabeth Rigby, Lady Eastlake, Liverpool, Liverpool University Press, 2009, p. 235.

[62] Collezione del Cavaliere Michelangelo Gualandi di pitture, disegni, album, stampe, incisioni, rami incise, sculture, oggetti antichi e diversi, Bologna, Tipografia Militare, 1886.

[63] “The colours in the old glass in S. Petronio are extremely vivid – ruby red, emerald green, ultramarine blue, and opaque black. The two former are transparent, but the blue is semi-opaque. Resembling in effect thin plates of ultramarine, rather than blue glass. I could imagine the colour was produced by stirring the ultramarine in powder into glass, as described by Suger when speaking of the blue glass for the abbey of S. Denys. In one of the windows is another kind of blue, more transparent, but the colour is neither so deep nor so pure – This resembles the blue seen in the old Venetian coloured glass windows” (p. LXVIII n. 2).

[64] “Baroccio always adopted the latter method [n.d.r in order to ensure greater correctness the subject was frequently traced in the usual way from a drawing on paper], and the outlines deeply indented, as if with a style, may be seen in a large unfinished picture by him in the library of the Archiginnasio at Bologna. The outline was then secured by marking over it with a brown colour (as in the unfinished picture by Lionardo da Vinci in the gallery of Brera at Milan), or with a tint composed of carmine and dark ochre” (p. CCVCIV).

[65] “This practice seems to have been common to all the later schools, and some unfinished pictures by Guido and Guercino at Bologna present the appearance of having undergone this operation” (p. CCCVI).

[66] Original Treatises, p. XI n.

[67] Original Treatises, p. XI n. Luigi Napoleone Cittadella: http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-napoleone-cittadella_(Dizionario-Biografico)/

[68] “This MS, which is in two thick volumes in 8vo., is in the possession of the Canon Ramelli, of Rovigo… I have transcribed a few only, which show the colours and methods in use during the time of Fra Fortunato” (p. CCCXI).

[69] Original Treatises, p. XI n. Vincenzo De Vit http://www.treccani.it/enciclopedia/vincenzo-de-vit_(Dizionario-Biografico)/

[70] Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di Martino Capucci, 3 voll., Firenze, Sansoni, 1968-1974.

[71] Original Treatises, p. X.

[72] Original Treatises, p. X n. Giuseppe Furlanetto http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-furlanetto_(Dizionario-Biografico)/

[74] Original Treatises, p. X n. Rettore dell’Università dal 1849. Si veda
http://www.paolomalerba.it/Malusa/Testi/Poli.htm

[75] Original Treatises, p. X n. Si veda http://www.paolomalerba.it/Malusa/Testi/Poli.htm

[76] Original Treatises, p. X n. Giovanni Girolamo Orti Manara
https://biblioteche.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=19878

[78] Original Treatises, p. CXXV-VI. Potrebbe trattarsi dello stesso artista citato anche alle pagine CLXXXIII e  CCLXI.

[79] Original Treatises, p. XI n. http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Bombardini

[80] Original Treatises, p. X n.

[81] Mary Philadelphia Merrifield, Brighton Past and Present: a Hand-Book for Visitors (Whittaker and Co., 1857).

[82] Si veda Alexandra Loske, Mary Philadelphia Merrifield of Brighton and 19th Century influences on Pre-Raphaelite Colour in The Flyer, Febbraio 2014.

[83] E’ chiara l’influenza degli scritti di Goethe: da un lato la Teoria dei colori, tradotta da Eastlake in inglese e dall’altro le considerazioni contenute nel Viaggio in Italia, in cui, proprio a proposito di Venezia e del Veneto si mette in rilievo l’influenza del paesaggio sul colorismo dei pittori locali. Si veda Susanna Avery-Quash e Julie Sheldon, Art for the Nation… cit., pp. 28-29.

[84] Original Treatises… cit., p. XI n.

[86] Original Treatises… cit., p. XI n.

[87] Original Treatises… cit.. p. XI n. http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Cadorin

[88] Original Treatises… cit. p. XI n. Si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-valentinelli/

[89] Original Treatises… cit. p. XI n. Su Lazari si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/vincenzo-lazari/. Sulle origini della Raccolta Correr si rimanda a http://correr.visitmuve.it/it/il-museo/la-sede-e-la-storia/dalla-raccolta-correr-ai-musei-civici-veneziani/

[90] Original Treatises… cit. p. XI n. Su Cicogna si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/emmanuele-antonio-cicogna_(Dizionario_Biografico)/

[91] Original Treatises… cit. p. 848.

[92] Original Treatises… cit., p. XI n., 879 n.2 e 880 n.1. Si veda
http://www.centropalazzote.it/mostra/pdf/Biografia-Schiavoni.pdf

[93] E’ peraltro presumibile che esistesse un rapporto stretto fra Giovanni Edwards O’Kelles e il Tagliapietra, posto che – cfr nota 25 nel saggio di Luciano Mazzaferro sui manoscritti Edwards – quando scrive una lettera nel 1847 il primo invia la sua missiva da ‘Casa Tagliapietra’.

[94] Per Lattanzio Quarena o Querena si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/lattanzio-querena/

[95] “Giallolino was recommended by Lionardo da Vinci… There is reason to suppose it was also used by Raphael, since it is mentioned in an account of payments for colours found on the back of a drawing by the great painter preserved in the Academy at Venice, and supposed to be in his hand-writing” (p. CLXII).

[96] “That the art [of niello] was practised by the Byzantine Greeks is proved by the specimens in the Pala d’Oro, which was made at Costantinople in 976, by order of the Doge Pietro Orseolo, for the church of St. Mark at Venice, where it may now be seen” (p. CXII).

[97] “I observed that the blue draperies in the pictures of Tintoretto in the Scuola of S. Rocco were painted with a flat and uniform tint of colour, and that the shades had all disappeared, probably in cleaning” (p. CXLI).

[98] “Antonio Balestra, born at Verona in 1666, died in 1740… His Nativity, in the Convent of La Carità (now the Academy), and the Deposition from the Cross, may compete with the best paintings of the age. His S. Vincenzio is one of the best preserved of his pictures; for his method of painting with boiled oil has spoiled not a few. Those painted with oil less boiled have changed less” (p. 851).

[99] “The Family of Darius at the feet of Alexander, in the Cà Pisani. This exquisite picture is in a perfect state of preservation: the colours appear to have undergone but little change; the flesh tints are beautiful, and the whites quite fresh. Sig. Edwards informed me it had been restored by Bertani in 1778, under the superintendence of Sig. Pietro Edwards, his father…” (p. 856 n. 1).

[100] “The Magdalen by Titian has suffered much from copyists, who have applied oil and other substancies to it in order to see to copy it. The celebrity of this picture may be estimated by the fact, that one artist employed himself solely for eight years in making copies of it. In return for the liberality who had granted him this indulgence, the artist injured the sky by the tricks he employed to develop the colours, to such an extent, that he thought it necessary to repaint it, in order to conceal the mischief he had done. This part of the picture does not now harmonize with the rest” (p. 858 n.1).

[101] “…and his St. Sebastian, left unfinished by this great artist, who was working on it when he was attacked, at the age of 99, with the plague. For those who are desirous of studying the method of Titian, there cannot be a better opportunity than that afforded by this picture. It should be studied with the work of Boschini in the hand. In the sky, on the left of the Saint, may be seen, distinct and unsoftened, those vigorous touches of terra-rossa, ocrea [sic], biacca, and nero, of which he speaks. The distant landscape, bounded by mountains, and a group of trees in the background, are merely indicated. The face and head are finished, the colours on the upper part of the body have been repeated, but the rest of the body is merely an “abbozzo”. It is easy to see, from the length and boldness of the strokes, that the artist used a large brush when painting, and stood at a distance from the picture” (p. 858 n.1).

[102] “The Adoration, by Bonifazio. This picture is now in the Academy at Venice” (p. 863 n.2).

[103] “Since this was written the whitewash has been removed from one of these frescoes, the S. Cristoforo over the door leading down to the Church of S. Nicolò. Kugler says the head is fine, the rest of the figure very mediocre. The surface of the picture is broken in a few places as if from accident, and the surface is dirty. The figures are perfect, and have never been retouched. The colours are dark like those of a painting in oil, the red (terra rossa) drapery is of a good colour, but it was impossible to say whether the inner drapery had been blue or green. The sky was also a heavy dirty grey…” (p. 870 n. 1).

[104] “Among the pictures restored in this hasty manner was the assumption of the Virgin by Titian, formerly in the Church of the Frari, but now in the Gallery of the Academy. I saw the contract for the restoration of this picture among the papers of Sig. Pietro Edwards... [p. 877] The general effect of this picture is fresh and beautiful in the extreme, but on looking into, many parts are perceived which appear to have been retouched with megauilp, for they exhibit the cracks to which paintings executed with this vehicle are liable. In other parts the colour is lowered, as if oil had been used, evidently showing that the painting had been repaired with more than one vehicle. The darks of the picture look as if they had been injured by the application of something corrosive. From these remarks I think it very probable that the picture has been repaired more than once since its restoration under Sig. Edwards in 1816, now 30 years ago….” (p. 876 n. 1).

[105] “Titian’s picture of the “Presentation in the Temple” is also much cracked in several parts, apparently from the effects of restorations” (p. 876 n. 1).

[106] “The same may be observed of the Miracle of St. Mark by Tintoretto….” (p. 876 n. 1).

[107] “I went purposely to see this picture twice, but from the distance at which I stood, it was impossible to detect any difference in the tone of the colours, or to distinguish the seams. This fine picture is injured in many places, and appears to be decaying fast . The paint is scaling from the canvas in many of the dark parts” (p. 863 n.1).

[108] “The picture is still in existence and in its original situation, but it is much injured” (p. 862 n. 2); “I had an opportunity of closely examining one of these works which had been removed from the ceiling for the purpose of being repaired (non si capisce se si tratti della Conquista di Smirne o della Liberazione di Scutari) (p. 868 n. 1).

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