Giovanni Mazzaferro
Mary Philadelphia Merrifield in Italia
Parte I: Piemonte e Lombardia
Fig.1) 1 Una delle case dei Merrifield a Brighton: 2 Dorset Gardens. Photo Alexandra Loske |
AVVERTENZA:
Questo post è stato pubblicato nel 2014. Dopo tale data sono state scoperte a Brighton le lettere che Mary Philadelphia Merrifield inviò a suo marito dall’Italia nel corso del viaggio che la ricercatrice condusse fra 1845 e 1846 alla ricerca di manoscritti che testimoniassero le tecniche artistiche degli antichi maestri italiani. Molte delle informazioni contenute nel presente post risultano essere pertanto superate, incomplete e, a volte, non corrette. Ho pubblicato le lettere nel 2018 in La donna che amava i colori. Mary P. Merrifield: Lettere dall’Italia (1845-1846), Milano, Officina Libraria, 2018, isbn 88-99765-70-5. Invito pertanto gli interessati a far riferimento alla consultazione di tale volume. Ho comunque deciso di mantenere visibili i vecchi post per dare un’idea di quelle che erano le informazioni disponibili prima della scoperta delle lettere e di come le ricerche su Mary P. Merrifield siano evolute negli ultimi anni.
* * *
Questo saggio fa parte della serie dedicata alla vita e alle opere di Mary Philadelphia Merrifield. Per consultare la lista di tutti i saggi rimandiamo a Giovanni Mazzaferro, Mary Philadelphia Merrifield, la Signora di Brighton che amava i colori.
Il viaggio:
primavera-estate 1846?
Nell’autunno del 1845 Mary Philadelphia Merrifield fu
incaricata dal governo inglese (presieduto da Robert Peel) di recarsi in Italia
per collezionare, trascrivere e tradurre manoscritti che potessero aiutare a
conoscere meglio le tecniche artistiche della pittura ad olio dei maestri
italiani [1].
Un anno più tardi la Merrifield era già tornata dal suo
viaggio in Italia. Aveva inviato una copia del manoscritto che si accingeva a
pubblicare a Robert Peel chiedendo l’onore di potergli dedicare l’opera. Il 9
ottobre 1846, ricevuta una risposta positiva, la Merrifield scrive al Primo
Ministro dalla sua casa di Brighton (4, Grand Parade [2]); lo ringrazia e lo
prega di girare la copia del manoscritto a Sir Charles Lock Eastlake. Lei non
ne ha bisogno, possedendo già l’originale, su cui lavora quotidianamente [3].
E’ dunque fra l’autunno 1845 e il 9 ottobre 1846 che si
colloca il viaggio di Mary Philadelphia Merrifield in Italia. Io sono convinto,
sulla base di banali considerazioni di buon senso (ovvero che all’epoca nei
mesi invernali era meglio non far viaggi) che la Merrifield si sia recata
all’estero nella primavera/estate del 1846.
Non esistono (al momento) altri riscontri documentari sul
viaggio di Mary. O, per meglio dire, tutto quello che possiamo sapere sulla spedizione
della studiosa di Brighton sta scritto nei suoi Original Treatises, pubblicati nel 1849. A dispetto di quanto possa
sembrare (la Merrifield, ad esempio, sceglie di mantenere l’anonimato sul nome
dei “Professori” che incontra in Italia e con cui discorre di tecniche artistiche),
espungendo questi dati dalle oltre 1000 pagine dell’opera, ed incrociandoli con
testimonianze terze che siamo riusciti a reperire negli archivi o in
letteratura, è possibile avere un’idea abbastanza completa delle tappe toccate
nel viaggio e degli interlocutori incontrati in Italia. E’ quello che abbiamo
fatto, quasi con spirito investigativo e nella piena consapevolezza che
indagare negli archivi e fra le carte è un modo divertente per farsi gli affari
degli altri senza che nessuno brontoli (anzi, a volte, si viene ringraziati).
Fig.) 2 Una delle case dei Merrifield a Brighton: Devonshie Place. Photo Alexandra Loske |
Nell’illustrare le varie tappe abbiamo cercato di redarre delle schede, con i riferimenti alle persone incontrate, agli archivi visti, alle opere d’arte esaminate. Abbiamo stabilito, in maniera del tutto arbitraria, un ordine geografico da ovest ad est (spostandoci quindi da Torino verso Venezia): non è affatto detto che corrisponda all’itinerario effettivamente seguito. E’ appena evidente che la suddivisione di questo saggio in due parti (la prima con Piemonte e Lombardia, la seconda con Emilia Romagna e Veneto) non corrisponde in alcun modo alla situazione politica dell’epoca, in cui il Piemonte era parte del Regno di Sardegna, Lombardia e Veneto dell’Impero austro-ungarico, l’Emilia occidentale conosceva vari ducati, fra cui quello di Parma, e quella orientale, da Bologna in poi era parte dello Stato Pontificio.
Lo scopo del viaggio
Prima di cominciare vale la pena sottolineare due punti: lo scopo del viaggio è quello di acquisire informazioni
sulla pittura ad olio dei maestri del Nord-Italia [4]. Fra questi, i veneti, da
Tiziano a Veronese, la fanno da padrone. Dovunque vada, la Merrifield chiede
informazioni sulle tecniche dei pittori della città lagunare. Non è solo
impegno nei confronti di chi l’ha inviata; è una passione, pura, genuina,
autentica per il colorismo veneto. Come tale riflette il gusto suo, ma anche quello
di tutta un’epoca. Nelle singole schede relative ad ogni località visitata
cercheremo di riepilogare (e a volta davvero di scoprire) chi furono gli
interlocutori della Merrifield; vedremo che da un lato si tratta delle
aristocrazie locali, spesso attive nell’ambito del collezionismo, sicuramente
ben disposte nell’ospitare un’emissaria ufficiale del governo inglese; vi sono
poi gli eruditi e coloro che commerciano in quadri; ed infine i pittori ed i
restauratori. A tutti la Merrifield si approccia con interesse, ma le relazioni
più intense e sincere (come risulta dai resoconti delle interviste a loro
fatte, posti quasi a rendere l’idea della presa diretta) sono proprio con i
pittori ed i restauratori. Con essi la Merrifield si comporta con estrema
libertà, non preoccupandosi, ad esempio, della sua possibile condizione di
inferiorità in quanto donna. E’ peraltro probabile che, vista dall’altra parte,
le domande della Merrifield – le domande di una donna – siano state percepite
come forme di insistenza e abbiano provocato qualche reticenza. Almeno una è
documentata nel caso del Signor A., incontrato a Milano. Vedremo man mano.
Cercheremo inoltre di mettere in evidenza i riferimenti alle
opere d’arte sicuramente viste. Per chiarire: se la Merrifield ci parla di
quattro quadri esaminati a Brera è oserei dire scontato che abbia visitato
tutta la Pinacoteca. Noi ci atteniamo agli elementi oggettivi. Lo scopo è anche
quello di notare come l’attenzione sia sempre sulle tecniche realizzative e
sullo stato di conservazione delle opere piuttosto che sulle attribuzioni, per
le quali la studiosa inglese si attiene sempre alle versioni ufficiali. In
questo senso si potrebbe dire che lo spirito della Merrifield è molto più
simile a quello di un restauratore che a quello di un conoscitore.
TORINO
A Torino non sembra che l’esame della Biblioteca del Re di
Sardegna sia particolarmente fruttuoso, posto che nell’opera non sono presentati
manoscritti provenienti dalla medesima. Le uniche indicazioni che abbiamo sul soggiorno
piemontese si limitano ai ringraziamenti di p. X.
Persone incontrate:
- Costanzo Gazzera, direttore dal 1844 della Regia Biblioteca Universitaria [5];
- Domenico Casimiro Promis, direttore della Biblioteca del Re di Sardegna (Carlo Alberto di Savoia) [6];
- Conte Galiteris: non individuato [7].
Archivi visitati:
- Biblioteca Re di Sardegna,
- Regia Biblioteca Universitaria (trovo inverosimile che la Merrifield abbia incontrato Gazzera e non abbia visitato la Biblioteca).
NOVARA
Le note poste a p. CIII, che descrivono il battistero della
Cattedrale di Novara, mi sembrano così precise e ‘genuine’ da indurmi a
ritenere che il monumento sia stato visitato personalmente.
Monumenti visitati
- Battistero di Novara: The most remarkable example, probably now in existence, of the union of painting with statuary, is in the baptistery near the Cathedral of Novara. The building is circular, and supported by ancient columns: the recesses between the columns contain the events of the Passion. The figures in plastic work are as large as life, coloured; and in some cases the resemblance to life is completed by the addition of real hair. The wall behind the figures, which is painted in fresco, serves as a background to the figures; and the light aerial tone of the painting contributes much to the effect of the figures (p. CIII). La Merrifield fa chiaramente riferimento al fatto che nel Battistero erano conservati gruppi scultorei in terracotta policroma (“with the addition of real hair”) riproducenti la Passione di Gesù dietro ai quali erano stati dipinti a metà ‘600 affreschi che servivano a contestualizzare le statue.
Fig.) 3 Pier Francesco Gianoli, Particolare degli affreschi secenteschi nelle edicole del Battistero di Novara |
MILANO
Milano è una delle tre grandi tappe del viaggio della
Merrifield (le altre sono Bologna e Venezia). A Milano la scrittrice si ferma
due volte [8] E’ l’occasione per visitare le grandi collezioni
dell’aristocrazia. Ma la visita non è di piacere, e il soggiorno è
caratterizzato dal serrato confronto in merito alle tecniche degli antichi
maestri (12 pagine) col Sig. A. (“an artist who had practised many years at
Milan, and is esteemed as a skilful restorer of pictures” – p. CXVII).
Riteniamo di sapere di chi si tratti. E’ anche la tappa in cui compare il
maggior numero di descrizioni di opere d’arte (rarissime, nei due volumi),
sempre con un occhio particolare alle tecniche realizzative e allo stato di
conservazione dei quadri.
Persone incontrate:
- Sig. A.: inizialmente eravamo portati a ritenere che il Sig. A altri non fosse che Giuseppe Molteni, famosissimo pittore e restauratore che agli inizi degli anni ’30 aveva aperto uno studio a Milano con Massimo D’Azeglio, studio che sarà per decenni il luogo di ritrovo, di scambi di idee ma anche e soprattutto di operazioni commerciali per tutti i grandi conoscitori europei (da Giovanni Morelli a Charles Lock Eastlake), ma nel 1846 Molteni è ancora e soprattutto un pittore più che un restauratore, e il suo successo nella conservazione dei quadri è del decennio successivo. A p. 846 (parlando del soggiorno veneziano), in realtà, la Merrifield si tradisce (rispetto alla sua volontà di mantenere l’anonimato degli interlocutori tecnici) e scrive: “I have noticed Sig. Fidanza as having practised this art all his lifetime; and when I saw him he had been engaged in this employment at Milan for thirty-six years.” Il sospetto quindi che si tratti di Antonio Fidanza (che all’epoca era restauratore a Brera) è forte. Diventa certezza leggendo i taccuini manoscritti di Charles Eastlake [10], in particolare il taccuino VI, del 1854: “When at Milan Fidanza finding I was the author of a book (Materials [11]) which he studied much immediately confided what he fancied was a secret (and which Mrs. Merrifield tried to obtain from him in vain). He says that when young he found direction respecting the vehicle of the Venetian behind a picture by Giorgione…” [12]. E se mai vi fossero ancora dubbi, va notato che sia con la Merrifield sia con Eastlake Fidanza finisce col parlare con insistenza di Correggio, che evidentemente apprezzava particolarmente. Alcune considerazioni vanno svolte: leggendo le righe di Eastlake è chiaro che emerge della reticenza nei confronti della Merrifield da parte di Fidanza; personalmente sono convinto che tale reticenza fosse in parte legata al fatto che l’artista aveva di fronte una donna; tuttavia non vanno dimenticati i diversi scopi della Merrifield e di Eastlake: la Merrifield investiga sulle tecniche artistiche, Eastlake è a Milano per comprar quadri e Fidanza si vuole accreditare come potenziale intermediario; da qui potrebbe derivare la sua maggior loquacità. Peraltro, il restauratore era noto ad Eastlake per provenire da una famiglia di famosi falsari (ed esserlo lui stesso) [13]. Si potrebbe dunque pensare che la Merrifield fosse totalmente sprovveduta. Non è così: la studiosa cerca proprio quei tecnici (che spesso sono sia restauratori sia falsari) che siano in grado di replicare perfettamente le opere degli antichi maestri, proprio perché ritiene che la loro abilità sia dovuta ad un’intima conoscenza delle loro tecniche [14].
- Conte Gilberto Borromeo Arese: il conte Gilberto Borromeo Arese (1818-1885) fu pittore saldamente inserito negli ambienti dell’Accademia di Brera (di cui fu anche presidente dal 1859 al 1860) [15].
- Cavalier Filippo Rossi, vice-bibliotecario della Biblioteca di Brera [16].
- Dr. Carlo Zardetti, custode del Museo numismatico di Milano [17].
- Dr. Capelli: non individuato [18].
- Dr. Giuseppe Vallardi. I Vallardi furono una famiglia di editori, tipografi e stampatori milanesi. Si deve soprattutto a Giuseppe (1784-1861) la creazione di una collezione artistica che fu visitata dalla Merrifield (cfr. infra Opere d’arte esaminate) [19].
- Conte Gaetano Melzi [20].
- Conte Pompeo Litta [21].
- Professor Francesco Longhena [22].
Musei, collezioni ed
archivi visitati:
- Pinacoteca di Brera [23].
- Biblioteca e collezioni Marchese Trivulzio [24];
- Biblioteca Conte Pompeo Litta, p. X.
- Biblioteca Professor Longhena, p. X.
- Biblioteca Signor Vallardi, p. X.
Opere d’arte
esaminate
Carlo Crivelli, Polittico di San Domenico di
Camerino – Brera
La descrizione del polittico di San Domenico di Camerino a
Brera (una delle rarissime situazioni in cui la studiosa si soffermi nella
descrizione non solo di aspetti tecnici e coloristici, ma anche del soggetto
del quadro, pur non citandone il titolo) dimostra, a mio giudizio, che la
Merrifield non aveva nulla da invidiare ai proto-conoscitori della prima metà dell’Ottocento,
e accentua il rimpianto per la perdita dei taccuini di viaggio:
Fig. 4) Carlo Crivelli, Polittico di San Domenico di Camerino, Milano, Brera |
Carlo Crivelli, dipinto vicino al Polittico di
San Domenico - Brera
Non è facile stabilire quale fosse il quadro accanto al ‘Polittico
di Camerino’ descritto dalla Merrifield. Provo a dire ‘L’incoronazione della
Vergine’ sapendo benissimo di poter essere smentito:
Figura 5 Carlo Crivelli, Incoronazione della Vergine, Milano, Brera |
“The
picture by the same artist, placed next to this in the same gallery, is, in
some respects, a contrast to it. The colours are as brilliant as those in the
former picture, and the ground also is of gold; but the glories, instead of
being in relief, are indented, and the jewels, with which the mitre is
decorated, are painted, instead of being actually affixed to the picture. The
artist has given as much transparency and brilliancy to these as if they were
actually inlaid, like those in the picture above mentioned. The period of the
birth of Crivelli is unknown, but he was living in 1476” (p. LXXXIX)
Andrea Mantegna, Polittico di San Luca - Brera
Figura 6 Andrea Mantegna, Polittico di San Luca - Milano, Brera |
“This
picture is now fresh and intact at Milan. On my second visit to Milan, Conte
Pompeo Litta obligingly procured me an
order, which enabled me to obtain a private view of this picture (which, with
many others, had been removed from the gallery of Brera, for the purpose of
re-laying the floors). The picture is divided into twelve compartments,
separated by columns. In the centre is an evangelist, and in the other
compartments are saints; those in the upper row are half-figures, while those
in the lower are whole lengths. The figures are painted on gold grounds, and
there are several dark-blue draperies, but the blue has turned black. All the
colours appear to have darkened, except the lakes, which are as good as ever.
The carvings and ornaments inlaid with blue are no longer with the picture.
Andrea Mantegna was in his 22nd year when he painted this altar-piece“
[25].
Leonardo [seguace di], Madonna col Bambino - Brera
Il quadro viene attribuito a Leonardo. Eastlake, che lo vede
nel 1854, non è certo dell’attribuzione e scrive che il Bambino sicuramente non
è di sua mano [26]. L’importanza dell’opera, per la Merrifield (così come per
moltissimi altri), sta soprattutto nella sua incompletezza, che permette di
comprendere meglio le tecniche pittoriche:
“This very interesting picture has been
mentioned by Mr. Eastlake (‘Materials’, p. 392), but as I have alluded to it
several times, I shall give a description of it from my own memoranda [n.d.r.
prova certa, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la Merrifield teneva dei
taccuini e che purtroppo al momento sono smarriti]: - The picture represents
the Virgin and Child with the Lamb. It is painted on a white ground, which has
a yellowish tint, apparently from being covered with varnish. The ground is
full of small hair-like cracks. The subject is drawn with a black pencil. The
sky and distance are finished with blue and white, with a slight greenish tint.
There is a rock behind the figures, the colour of which, with the earth around,
is of a very dark brown, probably formed of black and majorica and a little
lake. A space between the distance and rocky ground is left quite blank, the
white ground appearing. The face of the Virgin is more finished than the rest
of the picture; it was apparently began in chiaroscuro with the usual brown –
the gray shades incline to black, the lights on the face to lake. The face of
the Infant is nearly finished. The hands are just sketched in lightly with the
same water colours. The same may be observed with respect to the toes: the
black pencil-marks are visible on the nails. The drapery, which is scarlet,
appears to be formed of earthy reds, with vermilion on the lights. The outer
drapery is red also, and is lined with a yellowish green, or perhaps this was
to be a changeable drapery, since the shades are red and the lights green.
These were Lionardo’s favourite colours for drapery. The sleeves of the Virgin,
part of the mantle, indeed all that part covering her knees, part of the
Infant’s drapery, and the whole of the Lamb are left quit blank, excepting that
the outline of her knee is marked in pencil. This shows that Lionardo sometimes
finished portions of his pictures, leaving the rest untouched, instead of
beginning on all parts equally, or even of painting the subject in chiaroscuro.
The darks are raised higher than the lights, and the foliage is minutely worked
on the dark background. My impression is that this picture was begun upon a
non-absorbent white ground, and that the yellowish tint is owing to the varnish
with which it has been covered”. [27]
Andrea Mantegna [Attribuito a], Martirio di
San Simonino - Collezione Vallardi
Attribuito all’epoca a Mantegna. Visto nella collezione
Vallardi. La descrizione dell’opera è tipica nell’ottica della Merrifield:
l’attenzione è tutta centrata sulle tecniche e non sull’analisi stilistica (ci
si limita a dire che si tratta genericamente di dipinto medievale). Appare
ampio il debito con quanto scritto da Giuseppe Vallardi nel suo Catalogo. Pare insomma di cogliere una
maggiore attenzione alla tecnica che alla questione attributiva.
“ One of
the very few medieval pictures reputed to be painted with wax at present known
to connoisseurs, is the Martyrdom of St. Simon the Younger, by Andrea Mantegna,
whose name is inscribed on the painting. It is in the possession of Signor
Giuseppe Vallardi at Milan, and belonged formerly to the Abbate Boni, of
Venice. The picture is very perfect, the colours bright, and the touches sharp.
The darks are laid on very thick, but the paint appears to have run into spots
or streaks, as if it had been touched with something which had disturbed the
surface. It is said, however, that it has never been repaired, and its
authenticity is stated to be undoubted. It is evident that the wax has been
used liquid, for if the colours had been fused by the application of heat, the
sharpness and precision of touch for which this picture, in common with other
paintings of this period, is remarkable, would have been lost and melted down.
The vehicle, whatever it was, appeared to me to have been as manageable as that
of Van Eyck. This picture was painted late in life by Mantegna.” [28]
Andrea Appiani, Cupido dormiente – Collezione
Vallardi
Sempre dalla collezione Vallardi. Esempio moderno di pittura
ad encausto;
“The same
collection also contains a modern picture, which may with propriety be said to
be in encaustic, since the colours are melted in by the application of a hot
iron. This is a small picture of a sleeping Cupid by Appiani, painted by way of
experiment on a brick, the surface of which was properly prepared. The colours
of this picture were dull, and the effect like that of a fresco; it seemed to
be better adapted for decorative effect than for cabinet pictures. The lights
were poor, and did not bear out well.” [29]
Disegni di Leonardo da Vinci nella collezione Vallardi
La biblioteca Vallardi era particolarmente apprezzata per la
presenza di disegni di Leonardo da Vinci. In realtà i disegni non erano di
Leonardo, ma di Pisanello. Fanno parte del cosiddetto Codice Vallardi che, nel
1856, fu venduto al Louvre appunto come raccolta di opere dell’artista
vinciano. La Merrifield ne vede sicuramente alcuni (ed ancora una volta, si
sofferma su aspetti tecnici e non attributivi):
“I am
inclined to believe that the red earth, called sinopia, was a finer colour than
any of the iron ores now in use as pigments. I have frequently noticed a red of
this description on old mural paintings in Italy, and I have also seen
specimens of a fine red colour in a dry state in a volume of drawings by
Lionardo da Vinci, in the possession of Sig. Giuseppe Vallardi, at Milan….” [30].
BERGAMO
Il mondo dell’erudizione e del collezionismo bergamasco
appare essere particolarmente vivace. La Merrifield incontra i due grandi
aristocratici e collezionisti di riferimento dell’epoca, ovvero Guglielmo Lochis
e Pietro Moroni (uniti dall’amore dell’arte, ma divisi dal credo politico: il
primo fu filo-asburgico, il secondo aderì ai moti del 1848). Da non
sottovalutare nemmeno l’importanza che questo ambiente ebbe sulla formazione di
Giovanni Secco Suardo, uno dei principali restauratori italiani dell’Ottocento
(che studiò sui libri della scrittrice di Brighton e su quelli di Eastlake).
Persone incontrate:
- Conte Guglielmo Lochis, Presidente dell’Accademia Carrara [31]. Buona parte della sua raccolta finì alla stessa Accademia Carrara.
- Conte Pietro Moroni [32].
- Agostino Salvioni [33].
- Prospero Arrigoni [34].
BRESCIA
Le note bresciane non sono certo molte, ma testimoniano l’incontro
con un’altra famiglia aristocratica di tradizione collezionistica non solo locale
e la frequentazione della Biblioteca pubblica della città, ricordata da un
episodio curioso.
Persone incontrate:
- Conte Lechi. Non sono in grado di stabilire quale Conte Lechi la Merrifield abbia incontrato, anche se è molto probabile che si tratti di Luigi Lechi (1788-1867). In realtà la tradizione collezionistica deriva quanto meno dal padre di Luigi, ovvero Faustino, che peraltro ebbe diciannove figli. Almeno quattro di questi, Giuseppe, Angelo, Teodoro e Luigi si interessarono al collezionismo d’arte. [35]
Archivi visitati:
- Biblioteca Queriniana.
Opere d’arte
esaminate:
Nella Biblioteca la Merrifield ha modo di osservare due
piccole immagini attribuite a Tiziano. L’esame tecnico è estremamente scrupoloso:
“At the public library at Brescia I was shown, among other curiosities, two small miniatures by Titian, painted one on each side of a piece of lapis lazuli, which served for the ground of the painting, a head of Christ on one side, and of the Madonna on the other. Two slight injuries on the painting showed that there was no ground laid under the figures, but the surface round the parts injured looked like glue or resin semitransparent at the edges. I examinated the painting with a powerful magnifying glass, and the surface, which was perfect, except in these two places, showed the oil shrivelled as in many of Titian’s large pictures, the wrinkles in this picture bearing the same proportionate size to the miniature as those I have observed in his larger pictures.
I observed also in the head of our Saviour another remarkable appearance when examined with the magnifying glass. This was the impression or appearance (for we could not tell which) of threads of silk, so that I almost fancied it had been painted on silk, and cut out and then fixed to the lapis lazuli. The surface of the painting had the usual yellowish brown cast, so frequently observed in Titian’s painting” [36].
NOTE
[1] Mary
Philadelphia Merrifield, Original
Treatises, dating from the XVIIth to XVIII centuries on the Arts of Painting in
oil, miniature, mosaic, and on glass; of gilding, dyeing, and the preparation
of colours and artificial gems; preceded by a general introduction, with
translations, prefaces and notes, Londra, John Murray, 1849, p. V. Per un’introduzione
generale alla biografia e alle opera della Merrifield mi permetto di rinviare
al mio Giovanni Mazzaferro, Mary Philaldelphia Merrifield: la Signora di Brighton che amava i colori,
pubblicato su questo blog.
[2] La casa in Gran Parade 4 non esiste più. La Merrifield
aveva altre due abitazioni a Brighton: la prima a Dorset Gardens 2 (si veda fig.
1) e l’altra a Devonshire Place (cfr. fig. 2). Ringrazio Alexandra Loske, che
mi ha inviato le foto e fornito le informazioni.
[3] Si riporta qui sotto la trascrizione della lettera, che
è custodita presso la British Library. La trascrizione è opera di Alexandra
Loske:
“Mary Merrifield, to Sir Robert Peel
BL: MS
40597 item 192
(page1,
verso)
4 Grand
Parade, Brighton
9th
October 1846
Sir,
I am more gratified than I can
express at your favorable opinion, consideration for my literary reputation,
and kind permission to dedicate the result of my recent inquiries and
collection to you. I request you will do exactly as you please with reference
to communicating the manuscript to Mr. Eastlake. I shall rest entirely on your
judgment in this respect.
I do not wish you to return the
report. I have a copy to which I am continually making additions, and unless
(page 2,
recto)
I hear to
the contrary, I shall presume that I shall be at liberty to publish (inserted: part of) the report separately
with Mr Murray, in order that I may not be anticipated in anything which may be
considered a re-discovery, except by Mr Eastlake and Mr Kendrie (spelling?), who I consider have been labouring
in the same field as myself. I, of course, consider the manuscripts and
information collected by me as belonging to you, and subject to your
disposition.
Mr Stephenson and myself
arranged with Mr Murray according to the statement in your letter.
I have the honour to be, with
your great respect,
Sir,
Your
obliged & obed.t servt
Mary
P Merrifield”
[4] Non è un caso che la località più meridionale visitata
sia Bologna; non si va a Firenze o a Roma. Siamo cioè a una precisa scelta
programmatica: è il trionfo ottocentesco del colorismo veneto contro il disegno fiorentino.
[5] E’ anche grazie ad una lettera di presentazione di
Costanzo Gazzera che la Merrifield riesce a visitare molte biblioteche private
italiane. Gazzera viene esplicitamente ringraziato per questo motivo. La
circostanza deporrebbe peraltro per un itinerario di visita da ovest verso est
(da Torino verso Venezia). Su Costanzo Gazzera si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/costanzo-gazzera_(Dizionario-Biografico)/
[6] Domenico Promis non va confuso col fratello Carlo,
famosissimo architetto torinese, ma anche storico dell’architettura (a lui si
devono pionieristici studi sui manoscritti di Francesco di Giorgio Martini e
sull’architettura fortificata). Su Domenico si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-casimiro-promis/
[7] Non individuato. E’ molto probabile la storpiatura del
cognome. Nessun Galiteris compare nel Dizionario
Storico-Blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti
del Crollalanza (1886).
[8] “This
picture [n.d.r. il Polittico di San Luca a Brera].. is now fresh and intact at
Milan. On my second visit to Milan, Conte Pompeo Litta obligingly procured me an order… (p. CXCIX).
[9] Lo studio più recente su Giuseppe Molteni è il
recentissimo Jaynie Anderson, The
Restoration of Renaissance Painting in mid Nineteenth-Century Milan. Giuseppe
Molteni in Correspondence with Giovanni Morelli, Firenze, Edifir, 2014.
[10] Susanna Avery-Quash, The Travel Notebooks of Sir Charles Eastlake, Londra, The Walpole
Society, 2011.
[11]
Charles Lock Eastlake, Materials for a
History of Oil Painting, Vol. I, Londra, 1847.
[12]
Avery-Quash, The Travel Notebooks…
cit., vol. I, p. 207. Si riporta tutto il resto delle parole di Eastlake
dedicate a Fidanza, a cominciare da cosa il restauratore avrebbe letto dietro
il quadro di Giorgione:
“Balsamo di Cipro or in its stead olio d’abezzo was
expressly mentioned and the remainder of the direction was “guarda che nel
cuocerlo non prenda colore”. This
was to be added to every colour, the colour being first ground as usual in oil.
Fidanza asserted that Correggio used, instead, Trementina, but he was not aware
that this is inferior to the olio d’abezzo and does not dry so well.
He was
present [in Mantua] when Denon was rolling up Mantegna’s Madonna della Vittoria
to be sent to Paris. Fidanza’s father was in despair because the roller was so
small and persuaded Denon to unroll it again in order to transfer it to a
larger. To their surprize however it had not cracked in the least and Fidanza
is persuaded the reason was that the ground was prepared with the Terra di
Vicenza, a white earth which is arrendevole and, he says, never cracks when so
used.”
[13] Si veda, ad esempio, Sergio Momesso, La collezione di Antonio Scarpa (1752-1832),
Cittadella (PD), Bertoncello Artigrafiche, 2007, p. 32.
[14] La Merrifield non cita il diniego di Fidanza. Ma non lo
inserisce nei ringraziamenti posti alle pp. X e XI, cosa che fa invece per
altri “Professori anonimi”.
[15] Gilberto Borromeo Arese “della Biblioteca di Brera” (p.
X n.)
[16] Filippo Rossi “della Biblioteca di Brera” (p. X n.): è
autore di alcuni Cenni storici e
descrittivi intorno all’I.R. Biblioteca di Brera, Milano, 1841, in cui
risulta essere il vice-bibliotecario.
[17] Carlo
Zardetti (1784-1849), “of the Cabinet of Medals” (p. X n.)
[18] “Dr. Capelli… of Milan” (p. X n.)
[19] Giuseppe Vallardi pubblicò nel 1830 un Catalogo di quadri appartenenti a Giuseppe
Vallardi dallo stesso descritti e illustrati con brevi annotazioni.
[20] Citato in tre
occasioni come figura particolarmente preziosa per le ricerche erudite. “The Conte Gaetano Melzi informed me
that Michelino was a native of Besuzzo (a village in the province of Milan),
which forms part of the estates of the Borromeo family, by whom he was much
employed” (p. 12). “The following biographical notice respecting this painter
is translated from a manuscript volume of Memoirs of the early Milanese
Painters, Architects, and Sculptors, kindly lent me by Conte Gaetano Melzi of
Milan, a nobleman distinguished for his literary attainments and possessing an
excellent library.” (p. 13). “Memorie de’ Pittori, Scultori, e
Architetti Milanesi, Opera MS. dell’Abate Antonio Albuzzi, vol. I. This MS is now in the possession
of Conte Gaetano Melzi, to whom I am indebted for the loan of it.” (p. LXVII
n.2)
Su Gaetano Melzi http://www.treccani.it/enciclopedia/gaetano-melzi/
[21] L’incontro con il conte Pompeo Litta è su basi
indiziarie. Oltre ad averne visitato la biblioteca (di per sé non un elemento
conclusivo), ci spinge a pensare che i due si siano conosciuti il seguente
passaggio: “This picture [n.d.r. il Polittico di San Luca a Brera].. is now
fresh and intact at Milan. On
my second visit to Milan, Conte Pompeo Litta
obligingly procured me an order, which enabled me to obtain a private
view of this picture.. “(p. CXCIX).
[22] Francesco Longhena http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-longhena_(Dizionario_Biografico)/
[23] La frequentazione di Brera è testimoniata alle pp.
LXXXVIII-LXXXIX, CXCIX e CCXCVIII-CCXCIX n. 2.
[24] Nonostante la citazione della visita alla biblioteca
(p. X) e di alcuni oggetti delle collezioni Trivulzio (p. LXXXIX e CXII),
ritengo improbabile che la Merrifield abbia incontrato di persona il marchese
Giorgio Guido Pallavicino Trivulzio, le cui vicende biografiche sono
consultabili al link http://www.treccani.it/enciclopedia/pallavicino-trivulzio-giorgio-guido-marchese_(Enciclopedia-Italiana)/
(si badi che la biografia è del 1935). Implicato in vicende legate ai moti
indipendentisti (come del resto la maggior parte della nobiltà milanese fin qui
citata), Trivulzio dal 1838 faceva vita ritirata nella sua villa di Codogno.
[25] Original Treatises… cit., p. CXCIX.
[26] Susanna
Avery-Quash, The Travel Notebooks… cit.,
The Walpole Society, 2011, p. 219.
[27] Original Treatises… cit, pp.
CCXCVIII-CCXCIX n. 2.
[28] In tutta onestà non sono in grado di dire di quale
opera si tratti. Di certo c’è che il dipinto in questione non compare oggi nel
catalogo mantegnesco, Per osservare tuttavia il debito della Merrifield
rispetto al Vallardi, riportiamo il passo del Catalogo (cit. cfr. n. 19) del medesimo in cui si parla del San
Simonino:
“N. 101. ANDREA MANTEGNA suddetto. Dipinto in tavola. Alto
piedi 6,3; largo piedi 1,11,3; con cornice dorata, ricchissima d’intagli.
IL MARTIRIO DI S. SIMONE DI TRENTO, detto il piccolo. Vedesi
il fanciullo martire ritto in piedi entro un bacino; quattro persone, due per
lato, sono occupate nel crudele ufficio. Nel lato destro altra persona, che non
prende parte all’azione, ma attentamente l’osserva, e sembra essere ritratta
dal vero, tanto la sua testa è caratterizzata; a qualche distanza da questa
sopraggiunge una femmina portante un gran vaso ornato di bassorilievo; in fondo
all’opposto lato altra femmina che tiene in piedi uno stiletto, con
acconciamento di capo e vesti quasi simili, tranne il colore, alla prima. Fondo
del quadro, porticato aperto da ogni lato con ornati pilastri, proprj de’ paesi
veneti o dei vicini nel XV secolo. Diversi sfondi, con veduta di paesaggio
coltivato.
Questa piccola tavoletta rendesi assai preziosa.
Primo. Per rappresentare un fatto barbaro, frutto di
superstiziosa religione, accaduto ai tempi del pittore.
Secondo. Per essere stato eseguito nell’ultimo periodo di
vita dell’artefice, per la qual cosa, quantunque questo dipinto sia di piccola
dimensione, fa conoscere la più bella maniera del pittore, tanto grandiosa,
quanto ardita nel segnare con libertà, ciò che non fece mai nelle opere delle
altre sue epoche; né quando trovavasi nello stato veneto.
Terzo. Per essere dipinto alla maniera degli antichi
pittori, cioè all’encausto, nella quale i colori sono stemperati colla cera,
maniera di lavoro perduto, o veramente trascurato ne’ secoli della pittura
nostra.
Quarto. Per avere l’artista contrassegnato questo lavoro col
nome A. Mantinia […]
Rarissimi sono i quadri piccoli di questo maestro, per il
che si rendettero di grande valore i pochi che ora trovansi.
Proveniente a me dalla raccolta dell’abate Boni di Venezia, grande amico del cel. Canova” (pp. 37-39).
[29] Original
Treatises… cit., p. CII. Anche qui citiamo la versione che compare nel Catalogo scritto da Vallardi:
“N. 66. ANDREA APPIANI. Mattone dipinto all’encausto. Alto
pollici 3,10; largo pollici 8,8. Con ricca cornice int[agliata] e dor[ata]
AMORE DORMIENTE, steso sopra un lungo drappo, nella di cui
sinistra mano vedesi un dardo.
Dipinto con cera nel modo detto all’encausto, eseguito
secondo la maniera de’ pittori antichi” (p. 25).
[30] Original Treatises… cit., p. CXXX n. 1.
[31] Original
Treatises… cit. p. X n. Su Gugliemo Lochis
[32] Original
Treatises… cit. p. X n. Moroni fu Podestà di Bergamo e Direttore dell’I.R.
Liceo di Bergamo.
[33] Original
Treatises… cit. p. X n. Agostino Salvioni fu segretario dell’Ateneo di
Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo dal 1818 al 1853
[34] L’identificazione del “Sig. Arrigoni in Bergamo” (Original Treatises… cit., p. X n.) con
Prospero Arrigoni è una mia ipotesi di lavoro che trova riscontro nel fatto che
Prospero Arrigoni è definito come intermediario e “commerciante” d’arte sia
nella letteratura coeva alla Merrifield sia nella moderna. Si veda ad esempio http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/C0050-00680/
per un quadro venduto al conte Lochis con la mediazione dell’Arrigoni e quanto
scritto dal Moroni nella sua Aggiunta a
Bergamo o sia Notizie patrie raccolte da Carlo Facchinetti. Almanacco per
l’anno 1833 (p. 16): “Presso di
questo onoratissimo commerciante abbiamo a vedersi una Madonna col Bambino di
Cesare da Sesto, un’altro [sic] sullo stile di Innocenzo da Imola, un bel
rittratto di donna di Paolo Veronese, un altro di figura intiera del Bassano,
ed altri quadri di genere diverso fra quali alcuni del Guardi, e del Gozzi”.
[35] Original
Treatises… cit. p. X n. Su Luigi Lechi si veda
http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-lechi_(Dizionario-Biografico)/ . Ciò
detto non posso esimermi dal consigliare la lettura di una lezione di Philip
Gossett del 2009 in cui si spiegano le vicende (avventurose) che legano il
destino dello Sposalizio della Vergine di Raffaello a Brera e alla famiglia
Lechi:
[36] Original Treatises… cit., p. CCCII.
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