Francesco Mazzaferro
Cennino Cennini e Leon Battista Alberti:
variazioni sul concetto di composizione pittorica
Parte seconda
[N.B. Su Cennino Cennini, si veda in questo blog: Progetto Cennini
Su Leon Battista Alberti si veda in questo blog anche: Leon Battista Alberti, Descriptio Urbis Romae, A cura di Jean-Yves Boriaud e Francesco Furlan, Firenze, Leo S. Olschki, 2005; Rocco Sinisgalli, Il nuovo De Pictura di Leon Battista Alberti. Edizioni Kappa, 2006. Qui sotto è la prima puntata di una serie di quattro sul confronto fra Cennino Cennini e Leon Battista Alberti. La bibliografia relativa sarà pubblicata al termine dell'ultima parte]
NOTA: questa è la terza puntata di una serie di quattro sul confronto fra Cennino Cennini e Leon Battista Alberti. La bibliografia relativa sarà pubblicata al termine dell'ultima parte.
Per leggere dall’inizio cliccare qui.
Cennino Cennini, Leon Battista
Alberti e la composizione pittorica
Questo saggio ha ad oggetto un aspetto molto specifico, ma di grande
importanza: il modo in cui differenti storici dell’arte hanno analizzato il
concetto di arte in generale e di composizione artistica in pittura comparando
fra loro Cennini ed Alberti. Vengono presi in considerazione tre autori. Il
primo è il tedesco Rudolf Kuhn, professore emerito di storia dell’arte all’Università
di Monaco, che ha edito diverse pubblicazioni in materia tra il 1980 e il 2005,
fra le quali monografie e saggi sul concetto di arte e composizione in Cennino
Cennini, Leon Battista Alberti, sui grandi cicli affrescati nell’arte
monumentale del Trecento e di tutto il Rinascimento. La seconda è l’accademica
italo-americana Latifah Troncelliti, filologa di lingue romanze e storica
dell’arte in diverse università americane (attualmente alla Saint Bonaventure
University di New York); Troncelliti è l’autrice di una monografia del 2004
intitolata “The Two Parallel Realities of Alberti and Cennini. The Power of Writing and the Visual Arts in the Italian
Quattrocento”. Il terzo è un altro
professore tedesco di storia e teoria dell’arte, Thomas Puttfarken, che
lavorava all’Università dell’Essex, in Gran Bretagna e ha pubblicato nel 2000,
poco prima della sua improvvisa scomparsa (2006) “The Discovery of Pictorial
Composition. Theories of Visual Order in Painting,
1400-1800”.
Le tre visioni non sono presentate in ordine cronologico, ma in una
sequenza che mira a presentare l’intera gamma delle comparazioni fra Cennini ed
Alberti. In esse ogni autore attribuisce a Cennino differenti ruoli: il parere
di Kuhn conferma sostanzialmente la tesi della debolezza di Cennino come
teorico a fronte del ruolo di Alberti come inventore del concetto di
composizione; Troncelliti, al contrario, vede in Cennino un artista che già
pratica tecniche compositive rinascimentali, mentre il contributo di Alberti
all’arte del Quattrocento è messo sostanzialmente in discussione. Se i primi
due autori non nascondono la loro preferenza o per Alberti (Kuhn) o per Cennini
(Troncelliti), nel caso di Puttfarken entrambi appartengono a un periodo
artistico non ancora in grado di produrre un qualsiasi concetto elaborato di
composizione pittorica.
Perchè la ‘composizione’?
Il termine latino compositio compare
all’inizio di ogni riflessione su ‘come comporre’ almeno in quattro differenti
campi dell’arte: la retorica, l’architettura, la pittura e la musica.
In ambito retorico, come si può vedere nei testi di Cicerone e Quintiliano,
la compositio definisce la corretta
combinazione delle parole e la costruzione della frase. Come spiegato da
Michael Baxandall, questo concetto non fa riferimento ad una ‘composizione
letteraria’ nella sua globalità; mira a far sì che sia rispettata una gerarchia
di regole ordinata in quattro livelli: le parole formano la frase, le frasi
formano una clausola, le clausole formano un periodo.
In architettura, la compositio
definisce per Vitruvio gli aspetti di simmetria e proporzione di un edificio,
ed è un carattere che riguarda in termini visivi l’estetica di una costruzione.
Fig. 23) Adriaen van Ostade (1610–1685), Autoritratto nel suo studio, 1663 |
Fig. 24) Giovanni Domenico Cerrini (1609–1681), Lo studio del pittore, prima metà del XVII secolo |
In pittura, la compositio,
all’epoca di Cennino e Alberti, aveva a che fare fondamentalmente con il
bilanciamento tra i corpi, le loro parti e gli altri elementi delle superfici
pittoriche. Alberti ci offre un’utile definizione: “Composizione è quella
ragione di dipignere con la quale le parti delle cose vedute si pongono insieme
in pittura. Grandissima opera del pittore non uno collosso, ma istoria;
maggiore loda d’ingegno rende l’istoria che qual sia collosso. Parte della
istoria sono i corpi, parte de’ corpi i membri, parte de’ membri la superficie.
Le prime adunque parti del dipignere sono le superficie. Nasca dalla
composizione delle superficie quella grazia ne’ corpi quale dicono bellezza’
(Leon Battista Alberti, De Pictura
(Redazione volgare), a cura di Lucia Bertolini, pp. 267-268). Baxandall
nota la perfetta simmetria con il concetto di composizione retorica prima
menzionato, basato anch’esso su quattro livelli: le superfici formano i membri,
i membri sono combinati in corpi, i corpi formano il quadro.
In ambito musicale, il termine compositio
è usato sin dai tempi degli antichi Romani per designare la produzione musicale
e, attraverso tutto il Medio Evo, per definire concetti via via più complessi
legati al far musica. A partire dal Rinascimento (con il cosiddetto cantus compositus – si veda il trattato
“Liber de natura et proprietate tonorum”
del fiammingo Johannes Tinctoris, pubblicato a Venezia nel 1476 -) la
composizione definisce l’idea di strutture polifoniche caratterizzate da
ordinate relazioni verticali (intervalli) tra tutte le voci partecipanti.
Che cosa c’è di comune in questi usi differenti della medesima parola? E
perché il concetto di compositio ha
una sua importanza anche oggi?
Innanzi tutto, la composizione è una forma di espressione artistica basata
su regole: ha a che vedere con l’ordinata combinazione di elementi chiave e con
la produzione di un’opera d’arte finale attraverso la loro combinazione; i
risultati estetici sono ottenuti grazie a misura, bilanciamento, proporzioni.
Per definizione ciò implica che la composizione identifichi solo una singola
parte dell’attività artistica ed esclude tutti quei risultati che sono prodotti
solamente o prevalentemente dalla fantasia (fantasia,
un termine che Cennino include nel suo trattato, ponendolo in contrapposizione
con l’abilità di mano e quindi ai
sistemi di ricette e regole che ha descritto nel Libro dell’Arte) o dalla creatività (ingenium, un termine usato da Alberti per definire quella parte
della pittura che non può essere insegnata ed imparata, perché è collegata
intimamente al potere immaginativo dell’artista). Ad esempio, in ambito
musicale l’opposto della composizione è l’improvvisazione: la capacità di
produrre musica senza uno spartito musicale (il jazz si basa su questo
principio).
Fig. 25) Johannes Vermeer (1632–1675), Allegoria della Pittura |
Fig. 26) Gustav Courbet (1819 –1877), Lo studio del pittore |
In secondo luogo va detto che il termine compositio aveva in origine natura molto più limitata di quanta ne
abbia oggi. Ad esempio, la compositio
intesa come organizzazione retorica di una frase è un concetto di respiro più
ristretto rispetto all’idea odierna di ‘studi compositivi’, che sono diventati
un campo accademico della critica letteraria. Nella musica, il termine
‘compositore’ è usato correntemente per qualsiasi musicista che produca la sua
musica; anche se ci si attiene a una terminologia più tecnica, la composizione
musicale in inglese (equivalente della tedesca “Kompositionslehre”) ha contorni assai più ampi del combinarsi
armonico di voci diverse. E senza dubbio il concetto di composizione pittorica
è molto evoluto dall’epoca di Cennino ed Alberti (si veda in merito il recente
colloquio del Warburg Institute su ‘Pictorial Composition from Medieval to
Modern Art’, aperto da un saggio di Charles Hope sulla ‘Composition from
Cennini and Alberti to Vasari’ e terminante con un contributo di Hubert Locher
intitolato ‘Towards a Science of Art: the Concept of `Pure Composition' in
Nineteenth– and Twentieth– century Art Theory’).
Nonostante questi cambiamenti intercorsi nel corso dei secoli, il concetto
di composizione ha ancora una sua importanza. C’è una parte dell’arte dove i
risultati estetici non dipendono solo dalla pura immaginazione e dalla potenza
creativa, ma dove un sistema di regole, principi e prescrizioni definisce anche
il valore complessivo dell’opera. Col passare del tempo gli artisti hanno
interpretato differentemente questo nocciolo duro prescrittivo, cercando da un
lato di espanderne gli scopi e dall’altro continuando ad adattare le regole.
L’insieme delle prescrizioni può quindi essere diventato molto differente da quello
originale (è il caso della musica, con la dodecafonia) o più sfuggente (si
pensi, sempre nello stesso ambito, alla musica aleatoria), ma sta ancora ad
identificare la differenza con altre produzioni artistiche dove qualsiasi
sistema di regole è completamente scomparso e l’opera è quindi concepita come
una produzione completamente senza regole, che il pubblico non può interpretare
facendo riferimenti a parametri precedentemente convenuti.
Rudolf Kuhn e la prima analisi sulla
composizione in Cennini ed Alberti, ovvero perché Leon Battista batte Cennino 1
a 0
Dobbiamo a Rudolf Kuhn una monografia sulla teoria della composizione
pittorica (1980), due saggi paralleli sul concetto di arte e composizione
artistica in Cennino (1991) e Leon Battista Alberti (1984) e ancora una
monografia in cui si confronta il concetto di composizione in Cennino ed
Alberti (2000). Tutti gli scritti sopra menzionati sono disponibili solo in
tedesco. L’autore li ha postati integralmente su Internet. Vi sono anche
disponibili, in inglese, le lezioni tenute dall’autore all’Università di Tel
Aviv, a partire dal 2000.
Kuhn studia la composizione pittorica in termini di scelta di personaggi,
ambienti, eventi, apparenza, disposizione, schemi decorativi e figurativi,
maniere e narrazione complessiva dell’artista. In linea con l’opera di Marylin
Aronberg Lavin, egli tenta di lanciare una nuova scuola interpretativa della
storia dell’arte visiva, basata sullo studio della teoria e delle tecniche
compositive piuttosto che sull’interpretazione del contesto storico o dello
stile artistico. Con riferimento a Cennino ed Alberti, la principale fonte
d’ispirazione di Kuhn in merito all’interazione tra teoria dell’arte e retorica
è l’ultimo capitolo di “Giotto and the Orators: Humanist of Painting in Italy”
(“Giotto e gli Umanisti. Gli umanisti osservatori della pittura in Italia e la
scoperta della composizione pittorica, 1350-1450”), pubblicato da Michael
Baxandall nel 1971 (edizione italiana Jaca Book 1994).
Cennini
Su Cennini Kuhn parte da un punto interrogativo. Nel Trecento italiano la
tecnica dell’affresco era quella che produceva i cicli monumentali di storie
(Cimabue, Giotto, Taddeo ed Agnolo Gaddi); lo stesso avvenne nella prima parte
del Quattrocento (Benozzo Gozzoli, Ghirlandaio, Filippo Lippi, Piero della Francesca). La ‘narrazione’ e il ‘racconto storico’ o (in termini più tecnici)
la composizione pittorica erano dunque davvero al centro del bagaglio di
conoscenze del pittore. Come mai Cennino Cennini, che visse a metà tra queste
due epoche, non dedicò una parte importante del suo libro a questo aspetto
nodale?
La questione di fondo di cui tener conto – scrive Kuhn – è che il Libro dell’Arte non è un trattato che analizza
in maniera omnicomprensiva tutti gli aspetti creatici dell’arte visiva. Cennino
distingue fra ciò che è creazione artistica di per sé (la chiama fantasia) e le operazioni di mano. Con una sola eccezione (quando ci dice che la
pittura, come la poesia, dà la possibilità all’artista di comporre figure che
non esistono, come i centauri), Cennino dedica tutta la sua opera solo al
secondo aspetto. Secondo Kuhn, il Libro
dell’Arte è esplicitamente un manuale sugli aspetti pratici della
produzione artistica: nulla di più e nulla di meno. Non esclude la composizione
storica e la ‘narrazione delle storie’ perché fossero concetti inesistenti, ma
perché ritiene che non possa esistere una teoria in proposito e che solo la
fantasia (in maniera indipendente rispetto ad ogni possibile teoria) possa
condurre il pittore a comporre storie.
Fig. 27) Bicci
di Lorenzo, Annunciazione. 1414. Pieve di Santa Maria Assunta a Stia in
Casentino (si veda http://mauriziobianchi.blogspot.com/) |
Tuttavia – dice Kuhn – alcuni riferimenti al concetto di composizione si
possono cogliere come esistenti anche nel libro di Cennino. Esaminiamoli
insieme.
La pittura, nel mondo cenniniano, si compone fondamentalmente di due fasi:
prima di tutto il disegno e poi il colorare. Cennino descrive in dettaglio il
metodo per disegnare e colorare su un muro o su una tavola; entrambi sono
basati su una sequenza di fasi precise e basate su regole. La composizione è
una (e non autonoma) fase del disegnare sul supporto finale su cui comparirà
l’opera. Kuhn spiega che la composizione non può essere, a giudizio di Cennino,
un’attività autonoma dell’artista, perché è parte di un ciclo produttivo basato
su regole.
In questo senso restrittivo, la composizione riguarda la distribuzione
delle figure nello spazio. Include l’identificazione di una singola unità di
misura per tutte le immagini, comprese le architetture. Quest’unità di misura –
ci dice Cennino – è un terzo del volto degli uomini (corrispondente alla fronte
di una persona). L’unità di misura assicura che vi sia proporzione fra i corpi
e proporzione spaziale fra le immagini e la storia dipinta nel suo complesso.
Se la composizione non è parte autonoma della pittura, ciò non implica che
l’artista non sia in grado di operare con capacità d’astrazione. Cennino dice
che, attraverso l’esercizio, l’artista potrà raggiungere un livello tale che
gli permetterà di concepire disegni ‘nella propria mente’, prima di iniziare a
disegnare.
La mancanza di una teoria compositiva non significa inoltre di per sé che
non vi siano regole di composizione raccomandate da Cennini, sia con
riferimento al disegno sia con riguardo al colorare. In merito al disegno
(capitolo 67) il Libro dell’Arte
raccomanda di seguire misure e proporzioni fra le figure, assicurandosi in
particolare che spazi e distanze tra le medesime siano mantenute uniformi. Prima
di dipingere, raccomanda di aspettare un giorno, per aver modo di meditare
sulla composizione. E sui colori Cennino suggerisce (capitolo 29) che l’equilibrio
tra tinte scure, medie e chiare debba essere scelto in funzione della ‘storia’
e delle immagini da rappresentare.
In particolare, in merito al concetto di ‘spazi tra le figure’, Kuhn
osserva che non è chiaro se si tratti di semplici relazioni geometriche ed
astratte, indipendenti dalla ‘storia’ o se debbano essere legate alla posizione
e al ruolo delle immagini principali poste in posizione frontale. Solo in quest’ultimo
caso la si potrebbe considerare una regola davvero inerente alla composizione
pittorica.
L’esclusione della ‘fantasia’ dall’area coperta dal Libro dell’Arte non implica di per sé che al pittore si debba dare
piena libertà di creazione artistica, senza alcun vincolo previsto da un metodo
o da una teoria definita. Cennini vede la costruzione di uno stile personale
come un processo lungo, che inevitabilmente passa attraverso un lungo
apprendistato (12 anni, per regola) sotto uno stesso singolo maestro, del quale
ogni discepolo dovrebbe adottare la ‘maniera’. Solo alla fine di quei 12 anni
il pittore sarebbe in grado di sperimentare il suo stile
In conclusione, Kuhn ritiene che Cennino non fornisca una teoria della
composizione, nonostante che ‘narrativa’ e ‘racconto della storia’ fossero le
principali caratteristiche dei cicli dipinti in quei decenni. La composizione
non è considerata una parte autonoma dell’attività artistica visiva. Tuttavia,
Cennini raccomanda alcune tecniche compositive, sia in termini di disegno sia
in termini di pittura vera e propria. La mancanza di una teoria della
composizione prescrittiva non implica che gli artisti siano in grado di
beneficiare di piena libertà creativa, posto che si ritiene giusto che seguano
le tecniche e lo stile dei loro maestri.
Alberti
Per Rudolf Kuhn, Alberti è il vero inventore del concetto di composizione
nelle arti visive, colui che fu capace di tradurre il concetto di compositio dalla retorica (così com’era
stata concepita da Quintiliano e Cicerone) in pittura, inaugurando una
tradizione che sarebbe durata da lui sino a Kandinsky, Picasso ed oltre ancora.
Se Alberti cita nel De Pictura il
perduto mosaico della Navicella di
Giotto come un esempio meritevole in termini di composizione, per Kuhn due casi
appropriati per esaminare la combinazione compositiva fra figure sono il Pagamento del Tributo di Masaccio, nella
Cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine a Firenze e la Scuola di Atene di Raffaello in
Vaticano.
Fig. 28) Raffaello,
La Scuola di Atene, 1509-1510
|
Il punto di partenza da cui si diparte l’analisi di Kuhn è la divisione del
De Pictura in tre Libri. Il primo
include le basi matematiche e geometriche delle arti visive (comprendendo anche
teoria della prospettiva e colori), e definisce quindi il contributo che altre
discipline (la geometria, l’ottica) possono dare all’arte: si tratta di ciò che
l’artista ha bisogno di conoscere, ma non è di per sé arte. L’attenzione di
Kuhn, piuttosto, è principalmente sul secondo Libro, che descrive l’‘arte’ come
un sottoinsieme della pittura. L’arte consiste di quegli elementi della pittura
che possono essere autonomamente insegnati e imparati. Il terzo Libro (sul
pittore) include tutti gli aspetti più direttamente correlati alla creazione
artistica, che (secondo Alberti) non possono essere sistematizzati e inseriti
nella cornice di una qualsiasi teoria, perché appartengono al genio, al talento,
alla potenza creativa e quindi ad abilità personali, innate e non
trasmissibili. Come nel caso di Cennino (si veda sopra, il contrasto tra ‘abilità di mano’ e ‘fantasia’), Alberti definisce un perimetro ben preciso relativo
agli elementi dell’arte che possono essere adeguatamente trasmessi al lettore
tramite la teoria, illustrandoli nel secondo Libro.
L’arte che definisce Alberti nel secondo Libro si occupa di tre aree: la ‘circoscrizione’,
la ‘composizione’ e il ‘ricevere di lumi’. La ‘circoscrizione’ e il ‘ricevere
di lumi’ sono – in linea di massima – non del tutto differenti rispetto ai
concetti base di Cennino di ‘disegno’ e ‘colorare’. La composizione, invece, è
nuova e definisce un sistema di regole che dovrebbe contribuire ad ottenere ciò
che Alberti chiama (sia nella versione latina sia in quella volgare) concinnitas: il dipinto deve essere in
sintonia con una serie di immagini che ne definiscono la sua armonia. Diversi
autori hanno tradotto il termine concinnitas
con ‘elegante armonia’. Con un termine molto moderno, potremmo chiamarla fitness, descrivendo cioè quella
situazione in cui tutti gli elementi necessari dell’opera stanno bene messi
insieme.
In un passaggio già citato all’inizio di questo commento, la composizione è
definita in termini che sono mutuati dai testi di retorica per stabilire la
coordinazione che deve esistere tra parole, frasi, clausole e periodi. L’unità
di misura più ampia è ciò che nemmeno Cecil Grayson (il più importante
traduttore in lingua moderna di Alberti) osò tradurre dal latino ‘historia’.
Usando il linguaggio moderno, si potrebbe forse parlare di ‘narrazione’. La
‘narrazione’ è composta di ‘corpi’, ogni corpo è formato da ‘membra’ (gambe,
braccia, teste etc.), ed ogni ‘membro’ è fatto di ‘superfici’. La più piccola
unità di misura in una composizione è quindi un concetto geometrico (una
superficie), su cui Alberti si era soffermato nel Libro primo, descrivendo le
aree come le basi della teoria della prospettiva: le superfici sono create
dall’intersezione fra gli oggetti e la piramide visiva.
Superfici, membra e corpi possono tutte essere fra loro composte. Kuhn
spiega che la composizione di superfici porta alla plasticità delle figure, la
composizione delle membra al loro movimento e la composizione dei corpi
all’azione delle medesime. Quando tutti gli elementi sono composti si ottiene
la plasticità complessiva delle immagini, del loro movimento e della loro
azione.
E’ interessante notare come Kuhn osservi, inoltre, che Alberti non pone al
centro della pittura il genere del ritratto o della pala d’altare, ma
l’‘immagine che narra una storia’ (erzählende
Bild), e che queste immagini devono mirare lo sguardo sia dell’esperto sia
dei profani.
Il fatto che le ‘immagini che narrano una storia’ (le historiae) siano composte in ultima analisi da aree geometriche
significa che Alberti opera un’inaspettata e precoce apertura alla pittura
astratta? Assolutamente no, posto che le composizioni, nelle arti visive, hanno
due scopi: primo, esprimere la ricchezza delle cose in natura; secondo, dare
un’idea della varietà delle posizioni e dei movimenti. Parlando di varietà,
Kuhn osserva che questo concetto può essere espresso non solo tramite la
molteplicità delle differenze fisiche, ma anche grazie alla ricchezza di
diverse espressioni mentali e psicologiche.
Mentre Cennino concepisce la composizione come una fase integrata
nell’implementazione dell’arte visiva, per Alberti la composizione è una fase
autonoma, che precede tale implementazione e si basa sulla preparazione di
disegni su carta.
Fig. 30) Raffaello, studio per un gruppo ed una figura per la Scuola di Atene, Vienna, Albertina ©Peter Lang |
Sin qui, seguendo l’impostazione di Kuhn, sono stati menzionati solo quegli
aspetti del De Pictura che sono
inclusi nel Libro secondo, dal momento che appartengono al concetto di arte
come disciplina che può essere ricompresa in una teoria e quindi insegnata e
imparata. Tuttavia, la composizione comprende anche aspetti che non possono appartenere
al secondo libro del De Pictura, dal
momento che non riflettono semplicemente un sistema di regole, ma sono anche
puro risultato di energia creativa (ingenium).
Anche nell’Alberti, l’assenza di regole non significa che il pittore possa fare
un qualsiasi uso della sua capacità creativa. Qui Alberti raccomanda di evitare
di inserire troppe immagini nella composizione, di mantenere appropriatezza,
dignità ed equilibrio. Consiglia inoltre di combinare fra loro tutti i colori,
dagli scuri ai molto chiari.
Fig. 31) Raffaello,
Studio per un gruppo e una figura per la Scuola di Atene, Francoforte, Städelsches Kunstinstitut ©Peter Lang |
In conclusione, Kuhn mostra che Alberti ha elaborato una completa teoria
della composizione, come parte autonoma dell’ideazione nell’arte visiva; una
teoria basata sulla combinazione di figure normalizzate in maniera differente,
ma tipica e sull’interazione di corpi, membra ed aree. La composizione è di
ausilio alla narrazione e al racconto delle storie.
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