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lunedì 16 giugno 2014

Francesco Mazzaferro. Cennino Cennini e Leon Battista Alberti: variazioni sul concetto di composizione pittorica. Parte due

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Francesco Mazzaferro
Cennino Cennini e Leon Battista Alberti:
variazioni sul concetto di composizione pittorica
Parte seconda

Fig. 20) Roberto Rossellini, - Serie TV “L’età di Cosimo de’ Medici” – Parte II – “Il potere di Cosimo” –
Brunelleschi (al centro) mostra il suo progetto per la cupola del Duomo
a Cosimo de’ Medici (a destra) e Leon Battista Alberti (a sinistra) ©Flamingo Video

[N.B. Su Cennino Cennini, si veda in questo blogProgetto Cennini

Su Leon Battista Alberti si veda in questo blog anche: Leon Battista Alberti, Descriptio Urbis Romae, A cura di Jean-Yves Boriaud e Francesco Furlan, Firenze, Leo S. Olschki, 2005Rocco Sinisgalli, Il nuovo De Pictura di Leon Battista Alberti. Edizioni Kappa, 2006. Qui sotto è la prima puntata di una serie di quattro sul confronto fra Cennino Cennini e Leon Battista Alberti. La bibliografia relativa sarà pubblicata al termine dell'ultima parte]

NOTA: questa è la terza puntata di una serie di quattro sul confronto fra Cennino Cennini e Leon Battista Alberti. La bibliografia relativa sarà pubblicata al termine dell'ultima parte. 

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Cennino Cennini, Leon Battista Alberti e la composizione pittorica

Questo saggio ha ad oggetto un aspetto molto specifico, ma di grande importanza: il modo in cui differenti storici dell’arte hanno analizzato il concetto di arte in generale e di composizione artistica in pittura comparando fra loro Cennini ed Alberti. Vengono presi in considerazione tre autori. Il primo è il tedesco Rudolf Kuhn, professore emerito di storia dell’arte all’Università di Monaco, che ha edito diverse pubblicazioni in materia tra il 1980 e il 2005, fra le quali monografie e saggi sul concetto di arte e composizione in Cennino Cennini, Leon Battista Alberti, sui grandi cicli affrescati nell’arte monumentale del Trecento e di tutto il Rinascimento. La seconda è l’accademica italo-americana Latifah Troncelliti, filologa di lingue romanze e storica dell’arte in diverse università americane (attualmente alla Saint Bonaventure University di New York); Troncelliti è l’autrice di una monografia del 2004 intitolata “The Two Parallel Realities of Alberti and Cennini. The Power of Writing and the Visual Arts in the Italian Quattrocento”. Il terzo è un altro professore tedesco di storia e teoria dell’arte, Thomas Puttfarken, che lavorava all’Università dell’Essex, in Gran Bretagna e ha pubblicato nel 2000, poco prima della sua improvvisa scomparsa (2006) “The Discovery of Pictorial Composition. Theories of Visual Order in Painting, 1400-1800”.

Le tre visioni non sono presentate in ordine cronologico, ma in una sequenza che mira a presentare l’intera gamma delle comparazioni fra Cennini ed Alberti. In esse ogni autore attribuisce a Cennino differenti ruoli: il parere di Kuhn conferma sostanzialmente la tesi della debolezza di Cennino come teorico a fronte del ruolo di Alberti come inventore del concetto di composizione; Troncelliti, al contrario, vede in Cennino un artista che già pratica tecniche compositive rinascimentali, mentre il contributo di Alberti all’arte del Quattrocento è messo sostanzialmente in discussione. Se i primi due autori non nascondono la loro preferenza o per Alberti (Kuhn) o per Cennini (Troncelliti), nel caso di Puttfarken entrambi appartengono a un periodo artistico non ancora in grado di produrre un qualsiasi concetto elaborato di composizione pittorica.



Figg. 21 e 22) Roberto Rossellini (1906-1977) – Serie TV “L’età di Cosimo de’ Medici”. Parte III – Leon Battista Alberti: L’Umanesimo – L’erezione della facciata di Santa Maria Novella a Firenze (1973) ©Flamingo Video 


Perchè la ‘composizione’?

Il termine latino compositio compare all’inizio di ogni riflessione su ‘come comporre’ almeno in quattro differenti campi dell’arte: la retorica, l’architettura, la pittura e la musica.

In ambito retorico, come si può vedere nei testi di Cicerone e Quintiliano, la compositio definisce la corretta combinazione delle parole e la costruzione della frase. Come spiegato da Michael Baxandall, questo concetto non fa riferimento ad una ‘composizione letteraria’ nella sua globalità; mira a far sì che sia rispettata una gerarchia di regole ordinata in quattro livelli: le parole formano la frase, le frasi formano una clausola, le clausole formano un periodo.

In architettura, la compositio definisce per Vitruvio gli aspetti di simmetria e proporzione di un edificio, ed è un carattere che riguarda in termini visivi l’estetica di una costruzione.

Fig. 23) Adriaen van Ostade (1610–1685), Autoritratto nel suo studio, 1663

Fig. 24) Giovanni Domenico Cerrini (1609–1681), Lo studio del pittore, prima metà del XVII secolo


In pittura, la compositio, all’epoca di Cennino e Alberti, aveva a che fare fondamentalmente con il bilanciamento tra i corpi, le loro parti e gli altri elementi delle superfici pittoriche. Alberti ci offre un’utile definizione: “Composizione è quella ragione di dipignere con la quale le parti delle cose vedute si pongono insieme in pittura. Grandissima opera del pittore non uno collosso, ma istoria; maggiore loda d’ingegno rende l’istoria che qual sia collosso. Parte della istoria sono i corpi, parte de’ corpi i membri, parte de’ membri la superficie. Le prime adunque parti del dipignere sono le superficie. Nasca dalla composizione delle superficie quella grazia ne’ corpi quale dicono bellezza’ (Leon Battista Alberti, De Pictura (Redazione volgare), a cura di Lucia Bertolini, pp. 267-268). Baxandall nota la perfetta simmetria con il concetto di composizione retorica prima menzionato, basato anch’esso su quattro livelli: le superfici formano i membri, i membri sono combinati in corpi, i corpi formano il quadro.

In ambito musicale, il termine compositio è usato sin dai tempi degli antichi Romani per designare la produzione musicale e, attraverso tutto il Medio Evo, per definire concetti via via più complessi legati al far musica. A partire dal Rinascimento (con il cosiddetto cantus compositus – si veda il trattato “Liber de natura et proprietate tonorum” del fiammingo Johannes Tinctoris, pubblicato a Venezia nel 1476 -) la composizione definisce l’idea di strutture polifoniche caratterizzate da ordinate relazioni verticali (intervalli) tra tutte le voci partecipanti.

Che cosa c’è di comune in questi usi differenti della medesima parola? E perché il concetto di compositio ha una sua importanza anche oggi?

Innanzi tutto, la composizione è una forma di espressione artistica basata su regole: ha a che vedere con l’ordinata combinazione di elementi chiave e con la produzione di un’opera d’arte finale attraverso la loro combinazione; i risultati estetici sono ottenuti grazie a misura, bilanciamento, proporzioni. Per definizione ciò implica che la composizione identifichi solo una singola parte dell’attività artistica ed esclude tutti quei risultati che sono prodotti solamente o prevalentemente dalla fantasia (fantasia, un termine che Cennino include nel suo trattato, ponendolo in contrapposizione con l’abilità di mano e quindi ai sistemi di ricette e regole che ha descritto nel Libro dell’Arte) o dalla creatività (ingenium, un termine usato da Alberti per definire quella parte della pittura che non può essere insegnata ed imparata, perché è collegata intimamente al potere immaginativo dell’artista). Ad esempio, in ambito musicale l’opposto della composizione è l’improvvisazione: la capacità di produrre musica senza uno spartito musicale (il jazz si basa su questo principio).

Fig. 25) Johannes Vermeer (1632–1675), Allegoria della Pittura 

Fig. 26) Gustav Courbet (1819 –1877), Lo studio del pittore

In secondo luogo va detto che il termine compositio aveva in origine natura molto più limitata di quanta ne abbia oggi. Ad esempio, la compositio intesa come organizzazione retorica di una frase è un concetto di respiro più ristretto rispetto all’idea odierna di ‘studi compositivi’, che sono diventati un campo accademico della critica letteraria. Nella musica, il termine ‘compositore’ è usato correntemente per qualsiasi musicista che produca la sua musica; anche se ci si attiene a una terminologia più tecnica, la composizione musicale in inglese (equivalente della tedesca “Kompositionslehre”) ha contorni assai più ampi del combinarsi armonico di voci diverse. E senza dubbio il concetto di composizione pittorica è molto evoluto dall’epoca di Cennino ed Alberti (si veda in merito il recente colloquio del Warburg Institute su ‘Pictorial Composition from Medieval to Modern Art’, aperto da un saggio di Charles Hope sulla ‘Composition from Cennini and Alberti to Vasari’ e terminante con un contributo di Hubert Locher intitolato ‘Towards a Science of Art: the Concept of `Pure Composition' in Nineteenth– and Twentieth– century Art Theory’).

Nonostante questi cambiamenti intercorsi nel corso dei secoli, il concetto di composizione ha ancora una sua importanza. C’è una parte dell’arte dove i risultati estetici non dipendono solo dalla pura immaginazione e dalla potenza creativa, ma dove un sistema di regole, principi e prescrizioni definisce anche il valore complessivo dell’opera. Col passare del tempo gli artisti hanno interpretato differentemente questo nocciolo duro prescrittivo, cercando da un lato di espanderne gli scopi e dall’altro continuando ad adattare le regole. L’insieme delle prescrizioni può quindi essere diventato molto differente da quello originale (è il caso della musica, con la dodecafonia) o più sfuggente (si pensi, sempre nello stesso ambito, alla musica aleatoria), ma sta ancora ad identificare la differenza con altre produzioni artistiche dove qualsiasi sistema di regole è completamente scomparso e l’opera è quindi concepita come una produzione completamente senza regole, che il pubblico non può interpretare facendo riferimenti a parametri precedentemente convenuti.


Rudolf Kuhn e la prima analisi sulla composizione in Cennini ed Alberti, ovvero perché Leon Battista batte Cennino 1 a 0

Dobbiamo a Rudolf Kuhn una monografia sulla teoria della composizione pittorica (1980), due saggi paralleli sul concetto di arte e composizione artistica in Cennino (1991) e Leon Battista Alberti (1984) e ancora una monografia in cui si confronta il concetto di composizione in Cennino ed Alberti (2000). Tutti gli scritti sopra menzionati sono disponibili solo in tedesco. L’autore li ha postati integralmente su Internet. Vi sono anche disponibili, in inglese, le lezioni tenute dall’autore all’Università di Tel Aviv, a partire dal 2000.

Kuhn studia la composizione pittorica in termini di scelta di personaggi, ambienti, eventi, apparenza, disposizione, schemi decorativi e figurativi, maniere e narrazione complessiva dell’artista. In linea con l’opera di Marylin Aronberg Lavin, egli tenta di lanciare una nuova scuola interpretativa della storia dell’arte visiva, basata sullo studio della teoria e delle tecniche compositive piuttosto che sull’interpretazione del contesto storico o dello stile artistico. Con riferimento a Cennino ed Alberti, la principale fonte d’ispirazione di Kuhn in merito all’interazione tra teoria dell’arte e retorica è l’ultimo capitolo di “Giotto and the Orators: Humanist of Painting in Italy” (“Giotto e gli Umanisti. Gli umanisti osservatori della pittura in Italia e la scoperta della composizione pittorica, 1350-1450”), pubblicato da Michael Baxandall nel 1971 (edizione italiana Jaca Book 1994).

Cennini

Su Cennini Kuhn parte da un punto interrogativo. Nel Trecento italiano la tecnica dell’affresco era quella che produceva i cicli monumentali di storie (Cimabue, Giotto, Taddeo ed Agnolo Gaddi); lo stesso avvenne nella prima parte del Quattrocento (Benozzo Gozzoli, Ghirlandaio, Filippo Lippi, Piero della Francesca). La ‘narrazione’ e il ‘racconto storico’ o (in termini più tecnici) la composizione pittorica erano dunque davvero al centro del bagaglio di conoscenze del pittore. Come mai Cennino Cennini, che visse a metà tra queste due epoche, non dedicò una parte importante del suo libro a questo aspetto nodale?

La questione di fondo di cui tener conto – scrive Kuhn – è che il Libro dell’Arte non è un trattato che analizza in maniera omnicomprensiva tutti gli aspetti creatici dell’arte visiva. Cennino distingue fra ciò che è creazione artistica di per sé (la chiama fantasia) e le operazioni di mano. Con una sola eccezione (quando ci dice che la pittura, come la poesia, dà la possibilità all’artista di comporre figure che non esistono, come i centauri), Cennino dedica tutta la sua opera solo al secondo aspetto. Secondo Kuhn, il Libro dell’Arte è esplicitamente un manuale sugli aspetti pratici della produzione artistica: nulla di più e nulla di meno. Non esclude la composizione storica e la ‘narrazione delle storie’ perché fossero concetti inesistenti, ma perché ritiene che non possa esistere una teoria in proposito e che solo la fantasia (in maniera indipendente rispetto ad ogni possibile teoria) possa condurre il pittore a comporre storie.

Fig. 27) Bicci di Lorenzo, Annunciazione. 1414. Pieve di Santa Maria Assunta a Stia in Casentino
(si veda http://mauriziobianchi.blogspot.com/)


Tuttavia – dice Kuhn – alcuni riferimenti al concetto di composizione si possono cogliere come esistenti anche nel libro di Cennino. Esaminiamoli insieme.

La pittura, nel mondo cenniniano, si compone fondamentalmente di due fasi: prima di tutto il disegno e poi il colorare. Cennino descrive in dettaglio il metodo per disegnare e colorare su un muro o su una tavola; entrambi sono basati su una sequenza di fasi precise e basate su regole. La composizione è una (e non autonoma) fase del disegnare sul supporto finale su cui comparirà l’opera. Kuhn spiega che la composizione non può essere, a giudizio di Cennino, un’attività autonoma dell’artista, perché è parte di un ciclo produttivo basato su regole.

In questo senso restrittivo, la composizione riguarda la distribuzione delle figure nello spazio. Include l’identificazione di una singola unità di misura per tutte le immagini, comprese le architetture. Quest’unità di misura – ci dice Cennino – è un terzo del volto degli uomini (corrispondente alla fronte di una persona). L’unità di misura assicura che vi sia proporzione fra i corpi e proporzione spaziale fra le immagini e la storia dipinta nel suo complesso.

Se la composizione non è parte autonoma della pittura, ciò non implica che l’artista non sia in grado di operare con capacità d’astrazione. Cennino dice che, attraverso l’esercizio, l’artista potrà raggiungere un livello tale che gli permetterà di concepire disegni ‘nella propria mente’, prima di iniziare a disegnare.

La mancanza di una teoria compositiva non significa inoltre di per sé che non vi siano regole di composizione raccomandate da Cennini, sia con riferimento al disegno sia con riguardo al colorare. In merito al disegno (capitolo 67) il Libro dell’Arte raccomanda di seguire misure e proporzioni fra le figure, assicurandosi in particolare che spazi e distanze tra le medesime siano mantenute uniformi. Prima di dipingere, raccomanda di aspettare un giorno, per aver modo di meditare sulla composizione. E sui colori Cennino suggerisce (capitolo 29) che l’equilibrio tra tinte scure, medie e chiare debba essere scelto in funzione della ‘storia’ e delle immagini da rappresentare.

In particolare, in merito al concetto di ‘spazi tra le figure’, Kuhn osserva che non è chiaro se si tratti di semplici relazioni geometriche ed astratte, indipendenti dalla ‘storia’ o se debbano essere legate alla posizione e al ruolo delle immagini principali poste in posizione frontale. Solo in quest’ultimo caso la si potrebbe considerare una regola davvero inerente alla composizione pittorica.

L’esclusione della ‘fantasia’ dall’area coperta dal Libro dell’Arte non implica di per sé che al pittore si debba dare piena libertà di creazione artistica, senza alcun vincolo previsto da un metodo o da una teoria definita. Cennini vede la costruzione di uno stile personale come un processo lungo, che inevitabilmente passa attraverso un lungo apprendistato (12 anni, per regola) sotto uno stesso singolo maestro, del quale ogni discepolo dovrebbe adottare la ‘maniera’. Solo alla fine di quei 12 anni il pittore sarebbe in grado di sperimentare il suo stile

In conclusione, Kuhn ritiene che Cennino non fornisca una teoria della composizione, nonostante che ‘narrativa’ e ‘racconto della storia’ fossero le principali caratteristiche dei cicli dipinti in quei decenni. La composizione non è considerata una parte autonoma dell’attività artistica visiva. Tuttavia, Cennini raccomanda alcune tecniche compositive, sia in termini di disegno sia in termini di pittura vera e propria. La mancanza di una teoria della composizione prescrittiva non implica che gli artisti siano in grado di beneficiare di piena libertà creativa, posto che si ritiene giusto che seguano le tecniche e lo stile dei loro maestri.


Alberti

Per Rudolf Kuhn, Alberti è il vero inventore del concetto di composizione nelle arti visive, colui che fu capace di tradurre il concetto di compositio dalla retorica (così com’era stata concepita da Quintiliano e Cicerone) in pittura, inaugurando una tradizione che sarebbe durata da lui sino a Kandinsky, Picasso ed oltre ancora.

Se Alberti cita nel De Pictura il perduto mosaico della Navicella di Giotto come un esempio meritevole in termini di composizione, per Kuhn due casi appropriati per esaminare la combinazione compositiva fra figure sono il Pagamento del Tributo di Masaccio, nella Cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine a Firenze e la Scuola di Atene di Raffaello in Vaticano.

Fig. 28) Raffaello, La Scuola di Atene, 1509-1510

Il punto di partenza da cui si diparte l’analisi di Kuhn è la divisione del De Pictura in tre Libri. Il primo include le basi matematiche e geometriche delle arti visive (comprendendo anche teoria della prospettiva e colori), e definisce quindi il contributo che altre discipline (la geometria, l’ottica) possono dare all’arte: si tratta di ciò che l’artista ha bisogno di conoscere, ma non è di per sé arte. L’attenzione di Kuhn, piuttosto, è principalmente sul secondo Libro, che descrive l’‘arte’ come un sottoinsieme della pittura. L’arte consiste di quegli elementi della pittura che possono essere autonomamente insegnati e imparati. Il terzo Libro (sul pittore) include tutti gli aspetti più direttamente correlati alla creazione artistica, che (secondo Alberti) non possono essere sistematizzati e inseriti nella cornice di una qualsiasi teoria, perché appartengono al genio, al talento, alla potenza creativa e quindi ad abilità personali, innate e non trasmissibili. Come nel caso di Cennino (si veda sopra, il contrasto tra ‘abilità di mano’ e ‘fantasia’), Alberti definisce un perimetro ben preciso relativo agli elementi dell’arte che possono essere adeguatamente trasmessi al lettore tramite la teoria, illustrandoli nel secondo Libro.

L’arte che definisce Alberti nel secondo Libro si occupa di tre aree: la ‘circoscrizione’, la ‘composizione’ e il ‘ricevere di lumi’. La ‘circoscrizione’ e il ‘ricevere di lumi’ sono – in linea di massima – non del tutto differenti rispetto ai concetti base di Cennino di ‘disegno’ e ‘colorare’. La composizione, invece, è nuova e definisce un sistema di regole che dovrebbe contribuire ad ottenere ciò che Alberti chiama (sia nella versione latina sia in quella volgare) concinnitas: il dipinto deve essere in sintonia con una serie di immagini che ne definiscono la sua armonia. Diversi autori hanno tradotto il termine concinnitas con ‘elegante armonia’. Con un termine molto moderno, potremmo chiamarla fitness, descrivendo cioè quella situazione in cui tutti gli elementi necessari dell’opera stanno bene messi insieme.

Fig. 29) Raffaello, Scuola di Atene, Schema compositivo, Disegno di Gert Fischer ©Peter Lang 


In un passaggio già citato all’inizio di questo commento, la composizione è definita in termini che sono mutuati dai testi di retorica per stabilire la coordinazione che deve esistere tra parole, frasi, clausole e periodi. L’unità di misura più ampia è ciò che nemmeno Cecil Grayson (il più importante traduttore in lingua moderna di Alberti) osò tradurre dal latino ‘historia’. Usando il linguaggio moderno, si potrebbe forse parlare di ‘narrazione’. La ‘narrazione’ è composta di ‘corpi’, ogni corpo è formato da ‘membra’ (gambe, braccia, teste etc.), ed ogni ‘membro’ è fatto di ‘superfici’. La più piccola unità di misura in una composizione è quindi un concetto geometrico (una superficie), su cui Alberti si era soffermato nel Libro primo, descrivendo le aree come le basi della teoria della prospettiva: le superfici sono create dall’intersezione fra gli oggetti e la piramide visiva.

Superfici, membra e corpi possono tutte essere fra loro composte. Kuhn spiega che la composizione di superfici porta alla plasticità delle figure, la composizione delle membra al loro movimento e la composizione dei corpi all’azione delle medesime. Quando tutti gli elementi sono composti si ottiene la plasticità complessiva delle immagini, del loro movimento e della loro azione.

E’ interessante notare come Kuhn osservi, inoltre, che Alberti non pone al centro della pittura il genere del ritratto o della pala d’altare, ma l’‘immagine che narra una storia’ (erzählende Bild), e che queste immagini devono mirare lo sguardo sia dell’esperto sia dei profani.

Il fatto che le ‘immagini che narrano una storia’ (le historiae) siano composte in ultima analisi da aree geometriche significa che Alberti opera un’inaspettata e precoce apertura alla pittura astratta? Assolutamente no, posto che le composizioni, nelle arti visive, hanno due scopi: primo, esprimere la ricchezza delle cose in natura; secondo, dare un’idea della varietà delle posizioni e dei movimenti. Parlando di varietà, Kuhn osserva che questo concetto può essere espresso non solo tramite la molteplicità delle differenze fisiche, ma anche grazie alla ricchezza di diverse espressioni mentali e psicologiche.

Mentre Cennino concepisce la composizione come una fase integrata nell’implementazione dell’arte visiva, per Alberti la composizione è una fase autonoma, che precede tale implementazione e si basa sulla preparazione di disegni su carta.


Fig. 30) Raffaello, studio per un gruppo ed una figura per la Scuola di Atene, Vienna, Albertina ©Peter Lang

Sin qui, seguendo l’impostazione di Kuhn, sono stati menzionati solo quegli aspetti del De Pictura che sono inclusi nel Libro secondo, dal momento che appartengono al concetto di arte come disciplina che può essere ricompresa in una teoria e quindi insegnata e imparata. Tuttavia, la composizione comprende anche aspetti che non possono appartenere al secondo libro del De Pictura, dal momento che non riflettono semplicemente un sistema di regole, ma sono anche puro risultato di energia creativa (ingenium). Anche nell’Alberti, l’assenza di regole non significa che il pittore possa fare un qualsiasi uso della sua capacità creativa. Qui Alberti raccomanda di evitare di inserire troppe immagini nella composizione, di mantenere appropriatezza, dignità ed equilibrio. Consiglia inoltre di combinare fra loro tutti i colori, dagli scuri ai molto chiari.

Fig. 31) Raffaello, Studio per un gruppo e una figura per la Scuola di Atene,
Francoforte, Städelsches Kunstinstitut ©Peter Lang 


In conclusione, Kuhn mostra che Alberti ha elaborato una completa teoria della composizione, come parte autonoma dell’ideazione nell’arte visiva; una teoria basata sulla combinazione di figure normalizzate in maniera differente, ma tipica e sull’interazione di corpi, membra ed aree. La composizione è di ausilio alla narrazione e al racconto delle storie. 


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