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lunedì 26 maggio 2014

Caroline Palmer. Mary Philadelphia Merrifield e l'alleanza con la scienza


English Version

Caroline Palmer
Mary Philadelphia Merrifield e l’alleanza con la scienza


(Traduzione di Giovanni Mazzaferro)



Mary Philadelphia Merrifield. La traduzione del Libro dell'Arte di Cennino Cennini (1844)



Premessa del traduttore:
Quella che si presenta qui sotto è la prima parte del capitolo 5 della tesi di PhD di Caroline Palmer, tesi intitolata 'Women writers on art and perceptions of the female connoisseur, 1780-1860' e avente ad oggetto soprattutto gli scritti di Anna Jameson, Maria Graham Calcott, Elizabeth Eastlake e Mary Philadelphia Merrifield. Questo saggio è il secondo della serie dedicata a Mary Philadelphia Merrifield. Per il primo mi permetto di rimandare a Giovanni Mazzaferro, Mary Philadelphia Merrifield, la Signora di Brighton che amava i colori.
Caroline Palmer è attualmente Print Room Assistant al ‘Western Art Department of Prints and Drawings’ dell’Ashmolean Museum ad Oxford. Tiene regolarmente lezione sulle donne artiste, scrittrici di viaggio e storiche dell’arte, oltre che su una serie di argomenti collegati alle collezioni di stampe dell’Ashmolean Museum.
La ringrazio per avermi concesso di pubblicare il testo. All’interno dello stesso troverete delle note in numero fra parentesi quadra, che sono le note dell’autrice e note in lettere, sempre fra parentesi quadra, che sono note del traduttore. Ho cercato di limitarle queste ultime al minimo e di inserirle solo per chiarire alcuni aspetti che probabilmente a un lettore italiano sfuggirebbero.

*  *  *

Abbiamo visto come in questo periodo vi fosse una sostanziale continuità tra quelle che oggi sarebbero considerate le aree separate dell’arte e della scienza, con gli studi botanici delle donne, ad esempio, che non segnavano un confine netto fra i due campi. Come nel caso dell’arte, l’investigazione del mondo naturale era considerato un contesto appropriato in cui le donne della classe media potevano fornire utili contributi alla società; nei primi anni del Novecento le donne andarono via via ricevendo maggiori riconoscimenti per i risultati da loro ottenuti in questo campo. [1] Mary Somerville [a] tenne una lettura sul magnetismo alla Royal Society nel 1826 e, assieme a Caroline Herschel [b], fu eletta socia onoraria della Royal Astronomic Society nel 1835. Non è forse una sorpresa, quindi, trovare un certo numero di donne che combinarono gli scritti sull’arte con un interesse nell’indagine empirica. [2]

Attratta in apparenza dalla sua curiosità per i materiali e le tecniche, Mary Philadelphia Merrifield (1804-89) mostra quanto fosse larga la gamma di argomenti artistici su cui le donne potevano pubblicare, a partire dagli affreschi per arrivare alla moda. Questo capitolo dimostrerà come un approccio ‘scientifico’ a simili materie potesse essere usato per avvalorare le capacità di gusto femminili e per controbattere alle affermazioni in merito all’incapacità delle donne di dare risposte razionali. Segnalerò inoltre l’importanza del lavoro di traduzione per consentire alle donne di entrare nel campo della letteratura artistica.


Traduzione e trattati

Come sia nato l’interesse della Merrifield per l’arte è ancora in qualche modo un mistero; conosciamo ben poco in merito alla prima parte della sua vita. I luoghi in cui visse, prima Southwark, poi Brighton, non erano esattamente al centro di tutto il mondo dell’arte. Figlia di Sir Charles Watkins (m. 1808), avvocato, affiliato all’associazione forense ‘Middle Temple’, sposò nel 1827 un altro avvocato, John Merrifield (1789 circa – 1877). [3] La Merrifield si fa conoscere per la prima volta nel 1844 con la traduzione del trattato della pittura di Cennino Cennini del 1437. [4] Affermò in quell’occasione di essere stata spinta a produrre tale lavoro da una lettera apparsa sul periodico Art Union nel 1841, che richiedeva edizioni in lingua inglese delle opere sulla pittura a fresco rinascimentale. [5] Il Cennino della Merrifield si inquadrava in un’ondata di interesse per tecnica dell’affresco prodottasi negli ’30 e ’40 dell’Ottocento, in connessione con la nuova decorazione del Palazzo del Parlamento, in parte ispirata dall’opera di Peter Cornelius a Monaco, sotto il Re Ludovico I di Baviera. [6] La pubblicazione coincise con la seconda mostra dei cartoni in concorso per il salone di Westminster nel luglio del 1844 e l’opera contribuì ad alimentare il dibattito sulle tecniche raccomandate per gli artisti moderni. Il libro fu descritto da Blackwood’s come ‘un volume ammirevole e della massima utilità’. [7]

Sherman e Holcomb hanno mostrato come spesso le donne divenissero scrittrici d’arte attraverso il lavoro di traduzione e sicuramente Merrifield basò la sua pubblicazione seguendo in maniera stretta l’edizione italiana di Cennini, pubblicata da Giuseppe Tambroni nel 1821 [8]. Tuttavia, il suo lavoro fu molto di più di una semplice traduzione, dal momento che aggiunse numerose e dettagliate note alla versione del Tambroni, mettendo assieme una ricca raccolta di materiali provenienti da altri autori e comparandoli criticamente fra loro. In più, Merrifield condusse esperimenti pratici per risolvere alcuni interrogativi in merito ai pigmenti e ai processi usati da Cennini, correggendo precedenti traduzioni alla luce delle sue scoperte. Ad esempio, la Merrifield riferisce di aver fatto ‘molti esperimenti sugli effetti dei prodotti alcalini e dei sali neutri quando vengono mescolati ai colori’, per accertarsi che la soda potesse tranquillamente essere aggiunta ai colori stessi [9]. Il suo scopo non era solo quello di lavorare sull’accuratezza della resa linguistica, ma anche di ottenere ‘prove soddisfacenti’ in merito ai colori utilizzati dagli Antichi Maestri per dar così aiuto agli artisti contemporanei.


Nello stesso periodo altre donne avevano dimostrato un notevole interesse per le tecniche dei primi pittori di affreschi. Graham [c], per esempio, aveva portato con sé una copia del trattato di Cennini nel corso della sua visita in Italia fra il 1827 e il 1828 e aveva studiato affreschi incompiuti per comprenderne le procedure tecniche […] [10]. E tuttavia, l’interesse della Merrifield era innanzi tutto di natura pratica, piuttosto che estetica. Diversamente dalla Graham, ella sembra non apprezzare molto i dipinti dei primitivi italiani, ritenendo, ad esempio, che le opere di Cimabue e Giotto fossero ‘lacunose nel disegno e del tutto ignare dei principi della teoria dell’arte’. Ad ogni modo, la Merrifield riconobbe che l’intima conoscenza dei materiali e i metodi ampiamente provati e testati degli Antichi Maestri potevano essere di grande importanza per quelli moderni, dal momento che consentivano di preservare la durata dei colori; non a caso dichiara: il ‘loro colore e l’esecuzione delle opere… suscitano in noi sorpresa ed ammirazione anche dopo un periodo di tempo di quattro secoli’ [11]. Scusandosi per lo stile poco elegante del testo originale, così come dello spirito cattolico di cui era imbevuto, la Merrifield pone l’accento sul fatto che desidera tirarne fuori quanto di rilevanza pratica vi possa essere per gli artisti moderni. C’è peraltro qualche prova che le sue conclusioni furono riprese dai contemporanei. E’ stato suggerito, ad esempio, che la sua trattazione dei fondi bianchi che rafforzano la purezza dei colori fu fatta propria e approfondita dal movimento pre-raffaellita. [12]

Come nel caso della Graham, è possibile che l’interesse della Merrifield per materiali e tecniche sia nato dalla propria pratica artistica. Nel 1851 partecipò con due ritratti alla mostra di Suffolk Street e, come molte altre donne scrittrici, fu lei stessa a fornire le illustrazioni per l’edizione di Cennini, come pure a preparare il testo. [13] Il fatto che avesse esperienza pratica è peraltro indicato dal suo manuale sulla pittura di ritratti ad acquerello, scritta per i tipi di Winsor e Newton sempre nel 1851. [14] Qui lei fornisce consigli a quanti non possano permettersi corsi d’istruzione regolari, basandosi su soluzioni sviluppate attraverso le sue esperienze personali. Enfatizza, ad esempio, il valore di una ‘conoscenza complessiva degli aspetti tecnici legati alla pittura dei ritratti’ e raccomanda di copiare i lavori incompiuti dei grandi maestri, come Rubens, Van Dyck e Reynolds per comprendere le loro tecniche. La Merrifield insiste sul fatto che l’abilità può essere acquisita solo con ‘grande fatica’, ‘pazienza e perseveranza’.  Il suo approccio metodologico è in netto contrasto con le affermazioni di Samuel Palmer che lamenta come le giovani donne vogliano dipingere senza il minimo sforzo e mette in discussione lo stereotipo della disattenzione femminile. [15]

Praticando ella stessa l’arte, la Merrifield avrebbe raggiunto una più profonda familiarità con le tecniche, divenendo capace di trasmettere spunti utili sia agli artisti professionisti sia agli amatori. Questa è una caratteristica comune a molte donne che scrissero d’arte, per le quali la pratica dell’arte rafforzò la loro comprensione di cosa vedevano e cosa leggevano, dando loro maggior fiducia nel divulgare ad altri le loro osservazioni. Naturalmente anche gli artisti maschi avevano una tal sorta di esperienza pratica, spesso sviluppata in capacità più professionali. E tuttavia, il rispetto crescente per l’abilità ‘meccanica’, sostenuto da Barry e Fuseli, potrebbe essere stato di maggior giovamento, nel caso specifico, per le donne scrittrici d’arte, meno propense a dare importanza alla conoscenza degli aspetti teorici e a quel ‘non so che’ del gusto e più all’esperienza pratica. Le riviste guardavano spesso con ammirazione al fatto che le donne fornivano esse stesse le loro illustrazioni, riconoscendo l’abilità e il gusto che tali immagini rivelavano. Nel caso della Merrifield, la Quarterly Review affermò: “Questa donna non è – noi crediamo – un’artista professionista, ma i suoi schizzi provano che lo è per amore dell’arte e per i risultati conseguiti”. [16]

A dispetto della apparente mancanza di contatti personali nel mondo dell’arte, la Merrifield abbinava alla comprensione scientifica dei materiali degli artisti un’esperienza ‘di prima mano’ su come essi erano utilizzati. Grazie a queste capacità, forse, le reazioni alla traduzione di Cennini furono di tono assolutamente favorevole, in lode della sua impresa. [17] Non registriamo alcuno stupore in merito al suo approccio analitico e i commenti di tono avverso circa il suo status di dilettante furono davvero pochi. Anzi, la sua posizione di non professionista del campo fu vista come un vantaggio notevole, perché le aveva lasciato tempo sufficiente per investigare le proprietà dei pigmenti. Scrisse la Quarterly Review: ‘le sue note dimostrano una familiarità con i misteri dei laboratori del pittore che i rapidi imbrattatele moderni, nella loro fretta eccessiva e senza respiro di partecipare a mostre, raramente si preoccupano di acquisire’. [18] In altre parole, l’essere priva di impegni, in quanto donna della classe media, le dava un vantaggio rispetto agli artisti, in lotta per costruirsi una carriera. Anche in una recensione apparsa su Art Union ci si dichiarava colpiti dalla sua conoscenza degli aspetti tecnici e si definiva il suo lavoro un’‘addizione di valore’ per la letteratura artistica. [19] Le uniche riserve vennero espresse su Athenaeum: si metteva in discussione la capacità di una donna di misurarsi in un ‘lavoro così caparbio’, che richiedeva per definizione le ‘capacità di deduzione proprie dei maschi’ e ‘profonde proprietà di ragionamento’. Mettendo da parte ‘le elemosine di un’indulgente galanteria’, normalmente dovute alle ‘signore-traduttrici’, l’autore della recensione si diletta nel segnalare errori di peso trascurabile nella traduzione ‘trasandata’ della Merrifield. E tuttavia il suo giudizio complessivo è positivo, tant’è che egli ammette che la Merrifield ‘si è imposta ad una meritata attenzione’ dimostrando ‘frequentemente conoscenza, buon gusto ed acume’. [20]

In seguito alla sua dotta traduzione, la Merrifield fu invitata dalla Royal Commission of Fine Arts a condurre ulteriori ricerche per conto dell’istituzione e nel 1846 pubblicò The Art of Fresco Painting. [21] L’opera comportò la traduzione non solo di testi italiani, ma anche francesi, tedeschi, spagnoli e in latino medievale. In realtà, come ci spiega la Merrifield, la prima versione del lavoro di traduzione fu operata dai suoi due figli adolescenti, Charles (1827-84) e Frederick (1831-1924), mentre fu lei a revisionare le loro prime bozze. Capita così spesso, in quest’epoca, di sentire parlare del lavoro letterario di donne presentato col nome dei relativi mariti o fratelli che è in qualche modo di sollievo trovare un caso in cui giovani uomini fanno da assistenti ad una donna scrittrice. Sia pur riconoscendo il contributo dei figli, la Merrifield pone l’accento sul controllo complessivo dei testi da lei operato. Scusandosi se, talvolta, le traduzioni sono troppo letterali, ci dice: ‘Ho attentamente collazionato e corretto le traduzioni basandomi sui testi originali’ [22]. Non ha dunque timore a rappresentarsi come un capo-redattore autorevole.

Mary Philadelphia Merrifield, The Art of Fresco Painting (1846)


Parte dell’autorevolezza della Merrifield deriva dalla natura patriottica della sua impresa. Nell’Introduzione fa presente che i membri della Royal Commission avevano chiesto un rapporto a ‘un gentiluomo assolutamente competente in materia’, ma dice anche che:

dato che l’argomento coincideva con le mie ricerche e i miei interessi personali, sono stata indotta a proseguire nell’indagine, essendo persuasa che l’introduzione dell’arte [n.d.t. della tecnica dell’affresco] in questo paese sarebbe un modo per fondare una grande scuola inglese di pittura.
La Merrifield condivideva con la Flower Adams [d] la convinzione che l’arte dovesse essere didatticamente arricchente e potesse portare all’avanzamento della società. La raffigurazione dei ‘morti illustri’ dell’Inghilterra – ci dice la Merrifield – potrebbe servire come ‘esempio istruttivo per chi vive oggi, e [n.d.t. essendo pensata soprattutto per la raffigurazione delle glorie passate della nazione] l’arte [dell’affresco]… potrà essere funzionale agli interessi supremi del Paese’ [23]. La sua opera sarebbe quindi stata di beneficio per il grande pubblico così come per gli artisti. Come capita così spesso nel caso delle donne, l’affermazione della Merrifield che i suoi scritti sarebbero stati di utilità per l’interesse nazionale spazza via ogni sospetto di immodestia nel suo desiderio di pubblicare un’opera. Naturalmente questo tono patriottico non era un’esclusiva delle donne scrittrici, ma era piuttosto molto in sintonia con il progetto più complessivo del nuovo Parlamento. Il fatto che la Merrifield ci si uniformi ne rafforza il suo diritto a parlare.

Anche la rappresentazione che la Merrifield dà di sé in questo testo segnala la crescente fiducia delle donne nelle loro capacità. Non accampa scusa per essere una scrittrice donna, né pubblica in forma anonima. Invece di fare professione di modestia, si esprime in termini orgogliosi dei risultati conseguiti, enfatizzando ‘l’esame diligente e accurato degli autori antichi’ da lei operato e la fatica connessa con la natura del suo scopo:

Andrà anche considerato che l’indagine è stata condotta muovendosi fra vari idiomi, scritti in epoche fra loro distanti e da molti autori, alcuni dei quali avevano una vasta conoscenza della materia, altri no. Tutte queste circostanze si sono aggiunte alle difficoltà di questa ricerca…
La Merrifield pone in particolare l’accento sul fatto di essere tornata a consultare le fonti originali piuttosto che essersi fidata delle traduzioni ‘davvero imperfette’ di autori precedenti, come Rudolf Raspe e John Francis Rigaud. Dando particolare importanza al valore del suo contributo nel correggere gli errori degli altri, la Merrifield non solo si confronta con problemi di traduzione, ma dà risposte ad interrogativi tecnici attraverso l’indagine della natura dei pigmenti. [24]

Il livello di dettaglio scientifico che ella ci offre è sbalorditivo e questo è, chiaramente, uno degli aspetti di maggior interesse per la Merrifield. Il suo approccio meticoloso e metodico è ben esemplificato dagli esperimenti che condusse su due campioni di ematite fornitile dal ‘Signor Tremayne, di Heligan, in Cornovaglia’.

Feci in modo di polverizzare un campione di ematite cristallizzata e, dopo aver lavato la polvere e spazzato via le particelle più leggere, trovai una parte di ferro che si era depositata sul fondo. Dopo averla rimossa il colore sembrava essere più puro. Inoltre ho calcinato un’altra parte del minerale e l’ho trovata divisa in piccole scaglie, nella maniera descritta.

Come una vera empirista, la Merrifield non dà nulla per scontato. Scrivendo proprio come in un trattato scientifico, determina che l’ematite rossa può essere usata per gli affreschi dai pittori inglesi, avendo ‘provato e riprovato’ la procedura [25]. Le conclusioni a cui giunge la Merrifield sono che ‘solo i colori derivanti da terre naturali possono essere usati con sicurezza e in maniera appropriata per la pittura a fresco. Questi colori non sono brillanti… ma devono la loro bellezza dall’armonia con cui vengono accostati e a un giudizioso contrasto fra i medesimi’. I moderni pigmenti artificiali sono ‘troppo abbaglianti e intrusivi’ – insiste l’autrice, ricordando ai lettori che Tiziano e Raffaello usavano comuni colori derivati da terre naturali [26]. Le sue ricerche, quindi, finirono per supportare da un lato la visione accademica del colorare come un’arte relativa, dipendente dall’abilità dell’artista e per respingere dall’altro il luogo comune del fascino che le donne avrebbero nutrito per le tonalità eccessivamente vistose.

La Merrifield si presenta in tutto ciò come un membro attivo della comunità scientifica (a predominanza maschile); verifica teorie e si fa coinvolgere nel dibattito relativo alle posizioni di Humphrey Davy e Michael Faraday. [27] Scrivendo a Sir Robert Peel, dice di considerare Charles Eastlake e Robert Hendrie come ‘impegnati a lavorare nel mio stesso campo’. [28] Tutto ciò contrasta decisamente con l’interpretazione che di lei diedero autori successivi, come di una mera traduttrice e compilatrice. Il fatto che molti maschi, all’epoca, fossero anch’essi chimici autodidatti contribuì probabilmente alla sua accettazione in questo specifico settore.
Sostenuta economicamente da una commissione governativa, a partire dall’autunno del 1845 la Merrifield continuò le sue indagini nell’Italia del Nord, in cerca di manoscritti medievali e rinascimentali che contenessero informazioni tecniche e ricette artistiche. Blackwood’s diede notizia, nel 1847, che la Merrifield, ‘i cui scritti sulla pittura a fresco sono così preziosi, sta raccogliendo materiali all’estero e presto pubblicherà le sue scoperte’. [29] Nell’agosto del 1848 in una recensione all’Ancient and Modern Art di George Cleghorn si segnalava che ‘siamo prossimi a vedere pubblicati le risultanze collazionate con attenzione in materia [n.d.t. la pittura su vetro] dalla penna e dalle ricerche di Mrs. Merrifield’. [30] E’ chiaro che il suo lavoro aveva avuto ampia pubblicità nell’ambito del mondo artistico. I risultati di queste fatiche furono gli Original Treatises on the Arts of Painting (1849). [31] Come il volume precedente, anche quest’opera era dedicata a Peel, che ne aveva sostenuto la pubblicazione. In una lettera a Peel, la Merrifield conferma che ‘anche se ho tenuto in grande attenzione i lavori moderni sull’argomento della pittura ad olio… le opinioni che ho espresso in materia sono assolutamente le mie personali, e non sono state riviste o corrette da altra persona’. Il fatto che Peel avesse richiesto una conferma di questo tipo potrebbe sottintendere che qualcuno avesse messo in dubbio la possibilità che le capacità di una donna fossero in grado di produrre un lavoro di tale complessità senza aiuto alcuno. [32]
Mary Philadelphia Merrifield, Original Treatises... (1849)

Come molte donne in quell’epoca, anche nella Merrifield si avverte una tensione fra la necessità di essere modesta – in quanto femmina – nell’autorappresentarsi e la rivendicazione della sua autorità intellettuale. Il tono della prefazione sembra essere quello della tipica modestia femminile, posto che la Merrifield dichiara: ‘Ho tentato di supplire con la diligenza a quello che avrei voluto avere in termini di abilità’. [35] Tuttavia, un confronto con la prefazione di suo padre a A Treatise on Copyholds (1797) mostra una maniera di presentarsi altrettanto apologetica, in cui viene posto l’accento sulla sua personale inadeguatezza allo scopo:

L’Autore si è sforzato di rendere questo Trattato utile; tuttavia non ci si deve aspettare che ce l’abbia fatta perfettamente. Se le sue fatiche non hanno prodotto ciò che desiderava, esse potranno, se non altro, alleviare in qualche misura le fatiche di altri e aiutare qualcun altro, dotato di doti migliori delle sue… a fornire alla Professione un Trattato più completo.. [36]
Dobbiamo quindi essere cauti, quindi, nel considerare le dichiarazioni della Merrifield semplicemente in termini di genere ed essere consapevoli che queste forme di modestia potevano essere adottate da autori di entrambi i sessi.

Per rafforzare la sua credibilità la Merrifield insiste sulla sua scrupolosa attenzione nel collazionare i dati, ponendo l’accento sul fatto che ha comparato fra loro ‘i testi più stimati in materia’ e che le informazioni in suo possesso sono state confermate da scambi d’opinione con eminenti professori ed artisti. E’ interessante la circostanza che, nel riferire di tali discussioni, ella appaia di gran lunga più presente in prima persona in quest’opera che in quelle precedenti, citando dialoghi che indicano come interloquisse in maniera attiva con gli esperti. Ad esempio, in una conversazione con un ‘Signor A.’, un artista e restauratore di dipinti di Milano, dimostra una notevole confidenza in materia, basata su una combinazione di esperienza personale e ricerca:

Gli chiesi se facesse una qualche differenza esporre il quadro al sole. Egli esitò. Io allora gli riferii il relativo passaggio dalle lettere di Rubens, fornendogli un riferimento importante; e allora egli ammise che era necessario per evitare che il quadro diventasse giallo.
Aggiunge in una nota: ‘Io stessa ho visto quadri esposti al sole in questa maniera a Milano’. [37] Discussioni di questo genere non solo rendono più vivace la presentazione dei fatti, ma sottolineano anche il piano di sostanziale eguaglianza con cui la Merrifield discuteva con esperti maschi.

La Merrifield, inoltre, era un’attenta osservatrice. A Brescia si servì di una ‘potente lente d’ingrandimento’ per osservare due piccole miniature di Tiziano, una testa del Cristo e una della Madonna, pitturate ai due lati di un esemplare di lapislazzuli. La superficie ‘mostrava l’olio avvizzito come in molte delle grandi pitture di Tiziano’ e dava l’impressione di essere composta da fibre di seta, ‘tant’è che io ero sul punto di immaginare che fossero state dipinte su seta, poi tagliate e quindi fissate al lapislazzuli’ [38]. Qui, senza dubbio, si rivela l’immagine di una donna connoisseur, che usa la sua lente per fare confronti fra i lavori di un artista e per trarre conclusioni sulla tecnica studiandoli da vicino.

La connoisseurship della Merrifield è ulteriormente evidenziata dal tono neutro che utilizza, procedendo nella sua ‘ricerca spassionata e priva di pregiudizi’:

Avrei potuto indulgere nel descrivere il sentimento di piacere che ho provato osservando le opere dei grandi Maestri della scuola italiana; ma penso che ciò non si sarebbe ben accordato con i dettagli tecnici e pratici dei differenti argomenti trattati in questi volumi. [39]
Ciò che la frase implica è che lei non si sentiva priva di capacità emotiva e senso estetico, ma che questa non era l’occasione per intrattenervisi. La capacità di tenere su piani separati i sentimenti e la razionalità per arrivare a fornire giudizi era naturalmente considerata qualcosa che andava al di là delle capacità femminili. La Merrifield, per affermare la propria perizia, sottolinea la sua capacità di saperlo fare in un’opera destinata innanzi tutto alla Commission of Fine Arts (interamente composta da uomini).

L’Art Journal descrisse l’opera come un ‘contributo inestimabile alla letteratura sulle Belle Arti’. [40] Anche una recensione apparsa su Blackwood’s si concludeva con un tributo lusinghiero:

Nel congedarci ora da Mrs. Merrifield, esprimiamo la nostra speranza che, avendo ella assolto con tale abilità e dedizione il lavoro affidatole dalla Commission of Fine Arts, non pensi che le sue fatiche siano giunte alla fine; perché siamo sicuri che il suo animo giudizioso e la chiarezza del suo stile possano essere utilizzati con grandissimo profitto al servizio dell’arte, al cui avanzamento pratico ella ha contribuito in maniera così decisiva. [41]

Si tratta di un sostegno convinto, senza sospetti che il suo sesso o il suo status di dilettante potessero impedirle di dare un contributo di valore. Un’ulteriore riconoscimento dei suoi studi eruditi si ebbe quando fu eletta membro onorario dell’Accademia di Belle Arti a Bologna, un fatto che, da quel momento in poi, avrebbe segnalato con orgoglio nei frontespizi dei suoi libri. Nel 1853 divenne un membro della Royal Society of Arts; la donna-conoscitrice era diventata davvero grande.


NOTE DELL’AUTRICE

[1] Ludmilla Jordanova, Defininf Features: Scientific and Medical Portraist 1660-2000, Londra, 2000, pp. 105-15.

[2] La Graham, per esempio, abbinò l’interesse per l’arte con quello per la storia natural e la geologia. Si veda la sua lettera a C. Koenig (9 giugno 1826) in cui dice di aver donato ‘otto specie di serpenti e due uccelli’ al British Museum, e in cui riferisce della sua ‘piccola collezione di minerali’ (British Library Add. 32441, ff. 11-12). La Graham pubblicò anche un resoconto su un terremoto in Cile, in Transactions, rivista della Geological Society.

[3] Charles Watkins, figlio del reverendo William Watkins di Llanwetherine, Contea di Monmouth, pubblicò numerosi testi legali nel corso degli anni ’90 del 1700 (John Hutchinson, Catalogue of Notable Middle Templars, Londra, 1902, p. 254). Può darsi che i risultati del padre abbiano incoraggiato la Merrifield a tentare la strada delle pubblicazioni autorali.

[4] Mary Philadelphia Merrifield, A Practical Treatise on Painting in Fresco, Oil, and Distemper, by Cennino Cennini in the Year 1437, London, 1844.

[5] Ci fu un notevole dibattito sulla materia sui numeri di Ottobre e Novembre 1841 dell’Art Union, in coincidenza con la visita a Londra di Peter Cornelius.

[6] Emma L. Winter, ‘German Fresco Painting and the New Houses of Parliament at Westminster 1834-1851’, in Historical Journal, 47 (2), 2004, pp. 291-329, specialmente p. 316. La Merrifield spedì a Sir Robert Peel una copia del suo Cennini nell’ottobre del 1844, suggerendo che sarebbe potuto essere utile per il dibattito in corso (BL Peel papers, Add. 40553, f. 175).

[7] Recensione ai Materials for a History of Oil Painting di Charles Eastlake in Blackwood’s Magazine, 62, 383, Settembre 1847, p. 309.

[8] Giuseppe Tambroni, Di Cennino Cennini trattato della pittura (1821). Sherman e Holcomb, Women as Interpreters of the Visual Arts, pp. 13-14.

[9] Practical Treatise, p. XV.

[10] Callcott, Essays Towards the History of Painting, p. 262. Christopher Lloyd, ‘Lady Callcott’s Honeymoon, 1827-8’ in Carol Richardson and Graham Smith (a cura di), Britannia, Italia, Germania, Edimburgo, 2001, pp. 54-5.

[11] Practical Treatise, pp. VI, XI e XVII.

[12] Practical Treatise, pp. VIII, IX. Elizabeth Prettejohn, The Art of the Pre-Raphaelites, Londra e Princeton, 2000, pp. 140-2, 148-9.

[13] Algernon Graves, A Dictionary of Artists (1884), 3 ed., Bath, 1901. La tavole litografiche del Practical Treatise, ‘disegnate su pietra dalla traduttrice’, furono lodate dai recensori.

[14] Mary Philadelphia Merrifield, Practical Directions for Portrait Painting in Water-colours, Londra, 1851.

[15] Practical Directions, pp. 60-1, 59-60, 33. Raymond Lister, Samuel Palmer: A Biography, Londra, 1974, p. 206.

[16] Quarterly Review, 75, 150, Dicembre 1844-Marzo 1845, p. 79.

[17] Blackwood’s, 57, 356, Giugno 1845, pp. 718.

[18] Quarterly Review, 75, Dicembre 1844-Marzo 1845, pp. 77-9.

[19] Art Union, 6, 74, 1 Novembre 1844, p. 342.

[20] Athenaeum, 907, 15 Marzo 1844, pp. 273-5.

[21] Mary Philadelphia Merrifield, The Art of Fresco Painting, As practised by the old Italian and Spanish masters, Londra, 1846; reprint Dover Publications, 2004.

[22] Art of Fresco, p. VII.

[23] Art of Fresco, pp. III, VI.

[24] Art of Fresco, pp. VII, LVI, XII, XV, XVII-XVIII.

[25] Art of Fresco, pp. XXV-XXIX.

[26] Art of Fresco, pp. LIV-LV.

[27] Ciò fu vero anche per Mary Gartside, che pubblicò An Essay on Light and Shade, on Colours, and on Composition in General, Londra, 1805. Anche se il suo manuale è destinato a giovani donne, la Gartside adotta un approccio scientifico alle regole del colorare e della prospettiva e discute teorie recenti (pp. 1-5).

[28] British Library Carte Peel, Add. 40597, f. 192, 9 ottobre 1846. Robert Hendrie pubblicò An Essay upon Various Arts (1847), tradotto da un trattato di Teofilo.

[29] Blackwood’s, 62, 385, Novembre 1847, p. 573.

[30] Blackwood’s, 64, 394, Agosto 1848, p. 157.

[31] Mary Philadelphia Merrifield, Original Treatises… on the Arts of Painting in Oil, Miniature, Mosaic and on Glass, 2 vols., Londra, 1849; reprint Dover Publications, 1999, col titolo Medieval and Renaissance Treatises on The Arts of Painting.

[32] British Library Carte Peel, Add, 40600, ff. 434-5.

[33] Original Treatises, pp. VII-IX. David Robertson avanza l’ipotesi che Eastlake fosse a sua volta indebitato con la Merrifield per il suo lavoro sui trattati antichi. Sir Charles Eastlake and the Victorian Art World. Princeton, NJ, 1958, pp. 70-1.

[34] Practical Treatise, p. XXI. Jilleen Nadolny, ‘A problem of methodology: Merrifield, Eastlake and the use of oil-based media by medieval English painters’ in Theory and History of Conservation-Restoration, 2005, II, pp. 1028-33.

[35] Original Treatises, p. V.

[36] Charles Watkins, A Treatise on Copyholds, a cura di R.S. Vidal e W.T.Clarke, terza edizione rivista, 1826, Londra, p. IX. Prefazione ristampata dalla prima edizione del 1797.

[37] Original Treatises, pp. CXX-CXXI. Si veda anche p. CXXX.

[38] Original Treatises, pp. CCCII.

[39] Original Treatises, pp. CCCX-CCCXI.

[40] Art Journal, 11, Gennaio 1849, pp. 31-2.

[41] Blackwood’s, 65, 402, Aprile 1849, p. 452.


NOTE DEL TRADUTTORE

[a] Mary Fairfax Somerville (1780-1872), matematica britannica.

[b] Caroline Herschel (1750-1848), astronoma e matematica britannica.

[c] Maria Graham (1785-1842), dal 1827 (anno del suo secondo matrimonio) Lady Callcott. Probabilmente la più famosa delle donne scrittrici inglesi della prima metà dell’Ottocento, con forti interessi per la storia dell’arte.

[d] Sarah Flower Adams (1805-1848), poetessa inglese.

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