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lunedì 7 gennaio 2019

[Ceán Bermúdez, storico dell'arte e collezionista dell'Età dei Lumi]. A cura di Elena Maria Santiago Páez. Parte Prima


English Version

Ceán Bermúdez
Historiador del arte y collecionista ilustrado

[Ceán Bermúdez, storico dell'arte e collezionista dell'Età dei Lumi]
A cura di Elena Maria Santiago Páez


Madrid, Biblioteca Nacional de España e Centro de Estudios Europa Hispánica, 2016

Recensione di Giovanni Mazzaferro. Parte Prima

La copertina del volume.
In copertina: Francisco de Goya, Ritratto di Juan Agustin Ceán Bermúdez, 1786 circa, collezione privata

Juan Agustin Ceán Bermúdez (1749-1829) è figura praticamente sconosciuta in Italia. Eppure si tratta di uno dei ‘padri nobili’ (forse ‘il’ padre nobile) della storia dell’arte spagnola. La Biblioteca Nacional de España e il Centro de Estudios Europa Hispánica gli hanno dedicato una mostra che si è tenuta a Madrid dal 20 maggio all’11 settembre 2016. In contemporanea è stato pubblicato il presente (bellissimo) catalogo, a cura di Elena Maria Santiago Páez. Ne riporto qui di seguito l’indice, per poi cercare di soffermarmi sui contenuti.


INDICE
  • Elena Maria Santiago Páez. Presentación [Presentazione];
  • Javier González Santos. Cronología. Los trabajos y los días: Ceán en el tiempo [Cronologia. I lavori e i giorni: Ceán e il tempo];


ESTUDIOS
  • Javier González Santos. Juan Agustin Ceán Bermúdez, una biografia intelectual [Juan Agustin Ceán Bermúdez, una biografia intellettuale];
  • Daniel Crespo Delgado. «Sin título» [«Senza titolo»];
  • David García Lopez. «Mas pareche hecha por una sociedad de lavoriosos Yndividuos, que por uno solo». El método de trabajo de Ceán Bermúdez [«Sembra più fatta per un gruppo di laboriosi individui, che per uno solo». Il metodo di lavoro di Ceán Bermúdez];
  • Beatriz Hidalgo Caldas. Ceán «verdadero aficionado» y coleccionista de dibujos [Ceán «vero amatore» e collezionista di disegni];
  • Elena M.a Santiago Páez. La historia del grabado a través de la colección de Ceán Bermúdez [La storia dell’incisione attraverso la collezione di Ceán Bermúdez].


CATÁLOGO
  • Javier González Santos. Apuntes biográficos [Appunti biografici];
  • Daniel Crespo Delgado, Miriam Cera Brea e David García Lopez. Imprescindible Sevilla [Imprescindibile Siviglia];
  • David García Lopez. El Diccionario histórico de los mas ilustres profesores de las Bellas Artes en España [Il Dizionario storico dei più illustri professori delle Belle Arti in Spagna]; 
  • Daniel Crespo Delgado e Miriam Cera Brea. Ceán y la arquitectura [Ceán e l’architettura];
  • David García Lopez e Daniel Crespo Delgado. Obras crepuscolares [Opere crepuscolari];
  • David García Lopez e Daniel Crespo Delgado. Artistas, nuevos héroes para una nueva época [Artisti, nuovi eroi per una nuova epoca];
  • Miriam Cera Brea. La biblioteca de Ceán: manuscritos y libros de bellas artes [La biblioteca di Ceán: manoscritti e libri di belle arti];
  • Beatriz Hidalgo Caldas. El coleccionismo ilustrado de dibujos en Sevilla y Madrid durante el último tercio del siglo XVIII y comenzios del XIX a la luz de la colección de Ceán Bermúdez [Il collezionismo di disegni a Siviglia e Madrid nell’ultimo terzo del XVIII secolo e agli inizi del XIX, alla luce della collezione di Ceán Bermúdez];
  • Elena Maria Santiago Páez , Concha Huidobro Salas e Ángeles Santos Almendros. Ceán Bermúdez, coleccionista de estampas [Ceán Bermúdez collezionista di stampe]

  • Ángeles Santos Almendros. Bibliografía [Bibliografia].
  • Angeles Santos Almendros, Índice onomástico [Indice dei nomi].
  • Ángeles Santos Almendros. Índice de obras de Ceán Bermúdez [Indice delle opere di Ceán Bermúdez].


Storico dell’arte e collezionista

La produzione letteraria di Ceán (fra opere edite e manoscritti, conservati soprattutto presso la Biblioteca Nacional de España) è praticamente sterminata. Il titolo del catalogo mira a mettere in evidenza come Juan Agustin sia stato storico dell’arte, ma anche collezionista. Come storico dell’arte fu autore di titoli come il Diccionario histórico de los mas ilustres profesores de las Bellas Artes en España (pubblicato in sei volumi nel 1800) o l’Historia del Arte de la Pintura (in undici tomi, rimasti manoscritti, compilata grosso modo dal 1822 al 1828), e di molti altri testi di cui avremo modo di parlare. Come collezionista, è nota la sua passione per le raccolte di disegni e, soprattutto, di stampe. Posto che, per ragioni di spazio, quest’ultimo aspetto finirà per essere quasi tralasciato nella presente recensione, è bene chiarire subito che disegni e stampe ebbero un ruolo fondamentale nella sua formazione critica e che è proprio tale valenza didattica che Juan Agustin cerca di replicare nei suoi numerosi scritti dedicati alla grafica. Opere come l’Historia del Arte de la Pintura, in cui Ceán scrive una vera e propria storia dell’arte europea, collocandovi anche la pittura spagnola e rivendicando per essa un ruolo importante sulla base di argomentazioni stilistiche, non sarebbero state realizzabili senza lo studio sistematico delle stampe, per un uomo che visse gran parte della sua vita fra Siviglia e Madrid, che viaggiò molto in Spagna, ma che mai si recò all’estero in vita sua. Sicchè la sua cultura visuale relativa alla pittura italiana (ad esempio) è sostanziata dai quadri degli artisti italiani conservati in Spagna e, per il resto, appunto, dall’esame della grafica. Sotto questo punto di vista, quella di Ceán ricorda molto (se pur in dimensioni decisamente più contenute) le grandi collezioni di stampe francesi del Settecento, a cominciare dal conte di Caylus e da Pierre-Jean Mariette.


L’Illuminismo spagnolo

Il legame con la Francia, del resto, è evidente. Ceán è esponente di spicco di quello che normalmente viene chiamato ‘Illuminismo spagnolo’ e che più si manifesta nella Spagna di secondo Settecento, sotto i Borboni. È in quegli anni che la nuova dinastia (succeduta agli Asburgo a inizio secolo) inaugura un governo di ‘dispotismo illuminato’ che cerca di portare avanti, con fatica, una politica riformista volta a modernizzare il paese, attraverso il ridimensionamento del peso della Chiesa e dell’Inquisizione, il rinnovamento della macchina amministrativa, ma anche la valorizzazione della storia e del patrimonio culturale del Paese. In questo contesto emergono, sulla ribalta spagnola figure come quella di Gaspar Melchor de Jovellanos (1744-1811), politico, amministratore riformista, filosofo e uomo di cultura, che fu il vero e proprio mentore del giovane Ceán Bermudez. Poco conta, in questo senso, che la Spagna sprofondi, da fine Settecento, in una serie di vicissitudini politiche che, in ultima istanza, portano alla fine della stagione riformista quando i Borbone si riappropriano del trono dopo l’invasione francese. Ceán, pur mantenendo sempre comportamenti particolarmente prudenti (che tuttavia non gli risparmiano gli arresti domiciliari fra il 1812 e il 1814) è intimamente figlio dell’epoca dei Lumi.

Francisco de Goya, Ritratto di Gaspar Melchor de Jovellanos, 1798, Madrid, Museo del Prado
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Gaspar_Melchor_de_Jovellanos#/media/File:Francisco_de_Goya_y_Lucientes_-_Gaspar_Melchor_de_Jovellanos.jpg


Cenni biografici

Ceán Bermúdez nasce asturiano, a Gijón, nel 1749. La sua è una famiglia di commercianti che doveva godere di un qualche credito, a livello locale, per avere accesso alla casa degli Jovellanos (asturiani anche loro, ma soprattutto nobili). Juan Agustin, in particolare, era coetaneo di uno dei fratelli di don Gaspar Melchor, che aveva appena cinque anni più di lui. La sua educazione avviene appunto in casa di quest’ultimo; nei confronti di don Gaspar, Ceán dimostra sempre un’estrema gratitudine, sia per quanto ha potuto fare nei suoi studi sia per la possibilità di lavorare nella macchina amministrativa spagnola e di conoscere le personalità intellettuali più in vista del Paese. Più che a un’amicizia fraterna (che pure c’è) viene da pensare all’ossequio con cui un discepolo guarda al suo mentore. Fra il 1764 e il 1767, peraltro, Juan Agustin è all’università di Alcalà de Henares, in qualità di paggio di don Gaspar. Presto diviene il segretario di quest’ultimo. Nel 1768 segue a Siviglia proprio Jovellanos, che qui è stato nominato amministratore della giustizia penale. Risale a questi anni, per quanto ne sappiamo, la grande passione di Ceán per il mondo dell’arte. Juan Agustin diventa allievo del pittore Juan de Espinal (1714-1783) e lo convince, assieme ad altri amatori, ad aprire e presiedere una Scuola di Disegno. Nel 1776, su interessamento di Jovellanos, Ceán si trasferisce addirittura a Madrid per studiare con Anton Raphael Mengs (1728-1779), in quel momento il pittore più famoso d’Europa, e frequentare i corsi della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. 

Anton Raphael Mengs, Autoritratto, 1775 circa, San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage
Fonte: https://www.arthermitage.org/Anton-Raphael-Mengs/Self-Portrait.html


L’esperienza dura poco: all’inizio del 1777 Mengs decide di tornare a Roma e Ceán si riaccasa a Siviglia. Quando, un anno dopo circa, Jovellanos è nominato giudice fiscale a Madrid, Ceán lo segue, e la decisione di abbandonare ogni velleità personale di ordine artistico sembra ormai già presa. A trent’anni, Juan Agustin frequenta e conosce gli ambienti illuministici di Madrid e ha modo di stringere amicizia con Goya. Nel 1783, grazie a Francisco Cabarrús (1752-1810), amico di Jovellanos, Ceán entra nell’amministrazione contabile del Banco de San Carlos; qui comincia una carriera che, di fatto, si conclude solo nel 1815, col pensionamento, ma che certo non si può definire tranquilla. 

Francisco de Goya, Ritratto di Francisco Cabarrús, Madrid, Banca Centrale di Spagna
Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Francisco_Cabarr%C3%BAs.jpg

Non è mia intenzione riassumere ora le intricatissime vicende politiche della Spagna a cavallo fra Sette e Ottocento, vicende che, in un primo momento (semplificando al massimo) si possono definire come la lotta di potere fra fazioni conservatrici o ‘progressiste’ (ma che, in realtà, vedono la presenza a ruoli di responsabilità di personaggi del tutto discutibili, come Manuel Godoy (1767-1851)). 

Antonio Carnicero, Ritratto di Manuel de Godoy, 1790, Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando
Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Manuel_de_Godoy,_por_Antonio_Carnicero_
(Real_Academia_de_Bellas_Artes_de_San_Fernando).jpg

In una seconda fase, poi, le cose si complicano ulteriormente e assumono i contorni di una vera e propria guerra d’indipendenza quando, nel 1808, Napoleone si proclama re di Spagna, per poi cedere il trono al fratello Giuseppe Bonaparte. 

François Gérard, Ritratto di Giuseppe Bonaparte nelle vesti di Re di Spagna, 1808 circa,
Musée national du Château de Fontainebleau
Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Joseph-Bonaparte.jpg

Basti dire che Ceán (con la famiglia) vive e lavora a Madrid dal 1783 al 1790; poi è a Siviglia dal 1790 al 1797; di nuovo a Madrid, vi rimane fino al 1801, quando è rimandato a Siviglia, dove resta sino al 1808. In quell’anno fa il suo ritorno definitivo a Madrid. Tutti questi spostamenti corrispondono, di fatto, a fasi di maggior o minor fortuna politica di Jovellanos. Nel 1808, in occasione dell’ennesimo ribaltone, Ceán decide di restare nella capitale, anche sotto il dominio francese, mentre gli indipendentisti si rifugiano a Siviglia. Juan Agustin ha 59 anni, una moglie e tre figli a carico, e probabilmente è stanco di una vita fatta di sradicamenti forzosi. Nel 1811, poi, gli viene a mancare il rapporto con il suo mentore: Jovellanos muore in esilio. Con la restaurazione, Ceán conosce l’onta degli arresti domiciliari per collaborazionismo, salvo essere poi riabilitato nel 1814 e posto in pensione l’anno successivo. Gli restano quindici anni di vita, che sono senz’altro quelli più gratificanti dal punto di vista dei riconoscimenti accademici e che, comunque, lo vedono dedicarsi alacremente agli studi fino alla morte (1829). 

Francisco de Goya, Il 3 di maggio (o Le fucilazioni del 3 maggio 1808). Madrid, Museo del Prado.
Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:El_Tres_de_Mayo,_by_Francisco_de_Goya,_
from_Prado_in_Google_Earth.jpg

Fra erudizione e storia dell’arte

Il Diccionario histórico de los mas ilustres profesores de las Bellas Artes en España (1800), le Noticias de los arquitectos y arquitectura en España desde su restauración (manoscritto ricevuto dall’erudito Eugenio Llaguno (1724-1799)  al momento della morte di quest’ultimo, con l’incarico di completarlo e pubblicarlo), edito nel 1829, il Sumario de las antigüedades romanas que hay en España, en especial las pertenecientes a las Bellas Artes (stampato postumo nel 1832) e la Historia del Arte de la Pintura in undici tomi (sette di testo e quattro di appendici): sono questi, probabilmente, i titoli più significativi di Juan Agustin nell’ambito di una produzione che – lo si è detto – si dimostra sterminata. Di fronte a opere come queste, di dimensioni spesso enciclopediche, si è tentati di ‘incasellare’ Ceán nell’ambito della grande erudizione settecentesca, sminuendone però le capacità di critica stilistica e di prospettiva storica. La tesi del catalogo è che lo studioso asturiano dimostri di non essere soltanto un passivo (ma formidabile) raccoglitore di notizie, quanto piuttosto un uomo che interpreta lo scavo nel passato come una forma di recupero e valorizzazione di un’identità nazionale e come un aspetto propedeutico al progresso della cultura (e quindi del benessere) del Paese. Sulla produzione di Juan Agustin scrive Daniel Crespo Delgado: “gli scritti di Ceán sono numerosi e senz’altro eterogenei, andando dalle monografie erudite agli articoli a stampa, dalle brevi guide ai voluminosi dizionari, dalle relazioni accademiche ai dialoghi. In Spagna nessuno, prima di lui, aveva scritto tanto e così diversamente sulle belle arti. La stessa varietà si incontra nei contenuti dei suoi testi: tradusse e annotò trattati, elaborò cataloghi di grandi collezioni, redasse critiche di esposizioni e di quadri, spiegò come distinguere le copie dagli originali, diede il suo parere sopra il modo migliore di organizzare un’accademia […] però sempre con un medesimo obiettivo: dare alla luce una moderna storia dell’arte, che mancava nel paese” (p. 71). La storia, per Ceán, è maestra di vita e, nel caso specifico, la storia dell’arte è strumento fondamentale per dare al vero amatore da un lato la capacità di comprendere carattere, merito e stile dei vari artisti e delle opere; dall’altro la possibilità di indirizzare i maestri contemporanei verso il conseguimento del bello nell’arte. A ben pensare, si tratta di aspetti chiaramente mutuati (direttamente o indirettamente, tramite il circolo culturale di Jovellanos, che s’interessa anch’egli di ‘politica delle arti’) dal dibattito teorico che si dipana sull’argomento in Francia nel corso del Settecento [1].


Questioni metodologiche

In realtà, già il titolo del Diccionario historico (ovvero dell’opera più conosciuta di Ceán), sembra smentire tutto ciò, facendo pensare a una compilazione di vite che potrebbe essere ritenuta come un aggiornamento a El parnaso español pintoresco y laureado, ultima parte del trattato El Museo pictórico y escala óptica di Antonio Palomino (1724). Eppure le cose stanno in maniera molto diversa: “È evidente che Palomino continuava a basarsi su uno schema vasariano – scrive GarcÍa Lopez -, ancora centrato su un racconto letterario che, per lo meno nelle biografie degli artisti più importanti, aveva come principale obiettivo l’elogio delle vite e delle opere dei pittori per attribuire loro un carattere esemplare, più che fornire un testo veritiero sui fatti del passato. Tuttavia, Ceán portò, nell’ambito delle belle arti, i nuovi concetti che si stavano sviluppando nel campo della storiografia illuminista: si trattava, fondamentalmente, dello spirito critico e del rigore documentario come elementi distintivi del suo discorso. La biografia d’artista, una delle forme fondanti dello studio tradizionale delle belle arti, passava così da genere letterario a disciplina scientifica” (p. 225).

Il discorso sarebbe tuttavia riduttivo se terminasse così. È sì vero che il metodo di Ceán si basa innanzi tutto sulla rilettura delle fonti, sull’acquisizione di nuovi documenti grazie alla ricerca d’archivio e a una fittissima relazione di corrispondenti in tutta la Spagna, ma implica, nel caso specifico, un’educazione visiva non banale, acquisita da Juan Agustin da un lato grazie ai tanti viaggi compiuti nel Paese (si veda il saggio di David GarcÍa Lopez) e dall’altro (specie per le opere straniere, posto che – come detto – non si recò mai all’estero) grazie al collezionismo d’incisioni.


Fine della Parte Prima


NOTE

[1] Si veda in questo blog la recensione a Sandra Costa, Giovanna Perini Folesani, I savi e gli ignoranti. Dialogo del pubblico con l’arte (XVI-XVIII secolo), Bologna, Bononia University Press, 2017.



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