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lunedì 5 giugno 2017

Francesco Mazzaferro. Il carteggio tra Max Liebermann, Alfred Lichtwark e Leopold von Kalckreuth, e la ricerca di un nuovo stile per la pittura nei primi anni del XX Secolo. Parte Prima


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Francesco Mazzaferro
Il carteggio tra Max Liebermann, Alfred Lichtwark e Leopold von Kalckreuth, e la ricerca di un nuovo stile per la pittura nei primi anni del XX Secolo

Parte Prima


[Versione originale: giugno 2017 - Nuova versione: aprile 2019]

Fig. 1) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906.
Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford

Esaminando il terzo volume delle Lettere di Max Liebermann (1847-1935), edite da Ernst Braun nel 2013 [1], ho avuto modo di esporre la sua ricostruzione delle vicende che portarono alla fondazione della Lega degli artisti tedeschi, il Deutscher Kuenstlerbund nel 1903. Si tratta della prima forma di alleanza a livello nazionale tra artisti e critici d’arte a sostegno della nascita dell’arte moderna in Germania. Ad essa sono associati, oltre a Max Liebermann, anche altri artisti come Lovis Corinth  e Walter Leistikow di cui si è già parlato in questo blog. Dal carteggio di Liebermann appare evidente che, oltre a loro, a giocare un ruolo cruciale nella creazione e nella gestione della Lega furono anche l’amburghese Alfred Lichtwark (1852–1914), critico d’arte e direttore per quasi trent’anni della collezione comunale d’arte della sua città, la Kunsthalle di Amburgo, e Leopold von Kalckreuth (1855-1928), il primo presidente della Lega, pittore naturalista attivo a Stoccarda, ma sempre più gravitante anch’egli attorno ad Amburgo, grazie alle commissioni di Lichtwark.

Questo post (diviso in due parti) esamina i rapporti fra Liebermann, Lichtwark e von Kalcreuth. Nella prima sezione intendo affrontare in particolare due temi specifici: in primo luogo, il ruolo che la ritrattistica (compresa quella di gruppo) ebbe in quegli anni come genere pittorico molto in voga nei circoli artistici, in quanto in grado di conciliare l’influenza dei classici del barocco olandese con i nuovi bisogni della borghesia commerciale tedesca; in secondo luogo l’intreccio d’influenze nella definizione delle nuove preferenze tra pittori (Liebermann, von Kalckreuth) e direttori di musei e critici (soprattutto Lichtwark, ma vedremo i nomi anche di altri grandi critici) nella definizione delle nuove preferenze e nella definizione dei nuovi orientamenti artistici. Nella seconda parte mi porrò la questione di quale fosse il rapporto personale tra i tre, che non era affatto libero da tensioni ed ambiguità.

Alla base di tutte queste considerazioni vi saranno i rispettivi carteggi tra questi tre protagonisti del dibattito estetico di quegli anni. Le lettere tra i tre sono paradigmatiche di un tentativo di transizione verso nuovi modelli estetici, che tuttavia deve consistere a loro parere in un recupero iconografico della figuratività classica. Vedremo come Liebermann consideri questo ritorno all’epoca della ritrattistica barocca olandese – che si svolge soprattutto nel mondo amburghese per effetto della sua interazione con Lichtwark – come liberatorio dall’influenza francese e sostanzialmente innovativo; mentre il pubblico continui a preferire (sia allora ma anche oggigiorno) le sue opere di stile ‘impressionista’. Ne deriva che il tentativo di innovare l’arte attraverso un ritorno al passato si esaurisce ben presto e Liebermann propone di nuovo al pubblico gli schemi consueti, che gli garantiscono maggiore successo, ma segnano anche – nel tempo – la sua incapacità di evolvere dai modelli dell’impressionismo tedesco. Alla metà del primo decennio del 1900, diviene chiaro che la sua energia sperimentale si stava esaurendo, tanto che qualche tempo dopo egli si porrà in aperto dissenso nei confronti di ogni arte di avanguardia. In realtà, Liebermann ha sempre guardato all’arte del seicento fiammingo ed olandese come la sua fonte d’ispirazione più sincera, ancor più degli impressionisti francesi. Nel 1906 diviene evidente che l’amore per l’arte dell’epoca di Rembrandt e Frans Hals prevale su ogni richiamo moderno.


Liebermann e la svolta tradizionalista

Concludendo la recensione del terzo volume dell’epistolario ho volutamente accennato alla questione della ‘svolta classica’ nella pittura di Liebermann di quegli anni. Tale svolta è riassunta in una grande tela (La riunione dei professori di Amburgo) dipinta quell’anno su commissione di Lichtwark.

Va detto che nel 1906 nasce il primo gruppo espressionista in Germania (Die Brücke). Il 1906 è anche l’anno de Les Grandes Baigneuses di Cézanne, mentre solamente un anno dopo Picasso dipinge Les Demoiselles d‘Avignon, che porta al lancio del cubismo. Non vi è dubbio che, in questo confronto tra ritratti collettivi composti nel giro di pochi mesi, Liebermann si colloca con La riunione lungo una traiettoria di chiara impostazione tradizionalista. L’influenza iconografica dei grandi pittori olandesi del Seicento è evidente. Nulla ricorda nella Riunione Cézanne e Picasso, mentre l’occhio ci porta immediatamente a Rembrandt.

Fig. 2) Paul Cézanne, Les Grandes Baigneuses, 1906 circa. Fonte: Google Arts & Culture via Wikimedia Commons.
Fig. 3) Rembrandt van Rijn, Sei Sindaci dei Drappieri di Amsterdam, 1662. Fonte: Google Arts & Culture via Wikimedia Commons.

Oltre a rappresentare un elemento evolutivo di chiara derivazione barocca nella sua pittura, probabilmente Liebermann considera l’adozione della pittura dei grandi olandesi come punto di riferimento anche come un grande vantaggio dal punto di vista commerciale: egli riceve infatti in quegli anni commissioni che provengono in parte predominante dalla città di Amburgo, dove il gusto estetico non è certo di tipo rivoluzionario, e in cui la ricchissima borghesia commerciante vuole essere ritratta a celebrazione del proprio ruolo sociale, proprio come era successo nel mondo olandese del Seicento. Il suo contatto più importante con Amburgo è Alfred Lichtwark.


Un’opera oggi sottovalutata: la Riunione dei professori di Amburgo

Oggi la Riunione dei professori di Amburgo viene descritta come una delle opere meno riuscite del pittore. Quando, ad esempio, la pittura di Liebermann viene riscoperta in Germania con una grande retrospettiva a Monaco e Berlino nel 1979-1980 [2], l’opera non è esposta tra le 189 tele della mostra. Anzi, fino alla recente retrospettiva amburghese del 2011, intitolata Lieberman Wegbereiter der Moderne [3] (Lieberman, il precursore del moderno) la Riunione è rimasta nel deposito della Kunsthalle

Fig. 4) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Particolare.
Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford

Nel terzo volume delle Lettere, la Riunione dei professori di Amburgo è invece, di gran lunga, l’opera su cui più ci si dilunga. Liebermann è talmente orgoglioso di quel quadro da chiamarlo scherzosamente “omicidio di massa” (Massenmord) [4]. Con un gioco di parole, egli si riferisce al fatto che ritrarre una persona vuol dire compiere un atto in cui si fissa per sempre sulla tela la vitalità del soggetto, dunque in qualche modo ‘uccidendolo’. Qui le vittime del suo delitto sono ben nove. Al quadro Liebermann dedica molta attenzione: basti considerare, per rendersene conto, il numero di studi preparatori realizzati. Il catalogo della Kunsthalle del 1910, oltre alla Riunione, cita ben tredici tele preparatorie, con ritratti individuali o combinati dei professori, e un numero imprecisato di disegni. All'epoca tutte le opere (il quadro, i tredici studi preparatori ed i disegni) sono esposte al pubblico: è quello il centro d’attenzione che il direttore Lichtwark propone al pubblico che si reca regolarmente alla Kunsthalle per ammirare le ultime novità di Liebermann.

Fig. 5) Franz Hals, Gli ufficiali della Milizia Civica di S Adriano di Haarlem, 1633. Fonte: Wikimedia Commons 

Sia per dimensioni (175 x 290 cm) sia per struttura compositiva, guardando la Riunione viene subito da pensare ad una rilettura liebermanniana de Gli ufficiali della Milizia Civica di S Adriano di Franz Hals e dei Sei sindaci dei drappieri di Amsterdam di Rembrandt. Il riferimento a Rembrandt è esplicito in una lettera del pittore a Lichtwark dell’8 gennaio 1905: “Il collegio dei professori mi stimola ancora di più. Rembrandt ha dato il meglio nei suoi Drappieri. Purtroppo l’unica cosa che Rembrandt ed io abbiamo in comune è che egli aveva la mia stessa età quando ha dipinto i sindaci” [5].

Da un punto di vista compositivo, scrive Carl Schellenberg, lo storico dell’arte che per primo studiò il carteggio tra Lichtwark e Liebermann nel 1947, “il pittore ha studiato i professori dal vivo mentre erano raccolti nella loro stanza di riunione, ma intenzionalmente li ha disegnati sulla tela distribuendoli senz’alcuna disposizione, collocandoli in ordine sparso; ha poi aggiunto lo sfondo sulla base di un allestimento scenico preparato appositamente alla Kunsthalle. Liebermann ha costruito la Riunione dei professori allo stesso modo con cui ha composto i propri paesaggi” [6]. Si tratta di una circostanza che si nota solamente osservando come nessuno dei nove personaggi ritratti proietti la propria ombra sulle librerie dello sfondo.
  
Fig. 6) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Particolare.
Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford

Alfred Lichtwark propone per la prima volta a Liebermann di dipingere un ritratto collettivo del consiglio dei professori nel giugno del 1905. All’inizio l’artista è scettico: gli sembra un’opera troppo ampia e complessa [7]. Del resto, l’aspettativa dell’importante committente è altissima, e le sue lettere sono insistenti. Alfred scrive al pittore il 29 giugno: “Ancor più di prima debbo pensare al quadro del gruppo. Mi sembra di vederlo nei prossimi giorni come un raduno informale di persone in piedi attorno al tavolo dove si deve tenere (o dove si è già tenuta) la riunione, con tutte le teste più belle alla luce, le altre meno accentuate o in secondo piano. Preparano la riunione, dialogando e comunicando, e adesso ascoltano chi la dirige. E se penso al risultato, non riesco ancora, purtroppo, ad andare al di là di un quadro molto ampio che ospiti tutti i presenti. Ecco quel che m’immagino. E Le scrivo adesso, perché il suo dipinto non fa altro che passarmi nella mente” [8]. Aggiunge il 3 luglio: “Penso notte e giorno al collegio dei professori. (…) Vorrei aiutarla a risolvere ogni difficoltà pratica si possa frapporre tra Lei ed il quadro (…) Consideri che potrà disporre di piena libertà: posso mettere a Sua disposizione un atelier con luce a nord, con luce verso sud-ovest – anche con esposizione diretta al sole –  o con illuminazione dall’alto. È tutto a sua disposizione” [9]. “Sulla strada per Amsterdam [nota dell’editore: durante uno dei frequenti viaggi di Liebermann da Berlino in Olanda] Lei potrebbe forse venire ad incontrare i signori nella Kunsthalle, in modo tale che Lei se ne possa fare un’impressione. Se lo desidera, posso fare in modo che un fotografo sia presente alla riunione, in modo che le possa fare le foto di tutto quello che Lei desidera” [10].

Fig. 7) Leopold van Kalckreuth, Ritratto dei presidenti di tribunale, 1904 (dal volume con la raccolta di lettere di Alfred Lichtwark a Leopold van Kalckreuth, a cura di Carl Schellenberg, 1957)
Fig. 8) Jan van Scorel, Cinque membri della fratellanza di Utrecht dei Pellegrini a Gerusalemme, 1541 circa. Fonte: Google Art Project, via Wikimedia Commons

Il genere del ritratto collettivo è molto attuale in quegli anni. Nel 1902 lo storico dell’arte Alois Riegl (1858–1905) pubblica a Vienna il suo primo studio sul “Ritratto di gruppo in Olanda”, dove analizza quel genere a partire dai ritratti collettivi dei Pellegrini di Gerusalemme, realizzati da Jan van Scorel nella metà del Cinquecento [11]. Due anni dopo Lichtwark commissiona a Leopold von Kalckreuth il Ritratto dei presidenti di tribunale [12]. Il quadro riproduce l’iconografia nella stessa forma rigida e quasi ieratica di van Scorel. L’opera non soddisfa appieno Lichtwark, anche perché il pittore sceglie una composizione diversa da quella che era stata suggerita [13]. Dunque il direttore della Kunsthalle parte al contrattacco chiedendo ora a Liebermann un nuovo ritratto collettivo di personalità pubbliche amburghesi. 

Fig. 9) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Particolare.
Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford

Il percorso che porta al completamento dell’opera è lungo. Liebermann non può recarsi ad Amburgo nell’estate 1905, ma propone di partecipare, appena possibile, ad una riunione del consiglio dell’università, per farsi un’idea in prima persona [14]. Il 3 agosto 1905 preannuncia un viaggio nella città anseatica e chiede se i membri del consiglio possano riunirsi insieme a lui, in modo anche da decidere dove ritrarli [15]. Si reca ad Amburgo all’inizio di settembre per produrre alcuni schizzi. Il 28 settembre 1905 scrive a Lichtwark che la tela è arrivata e che spera di concludere il lavoro in due settimane [16]. In realtà, il lavoro continua solamente a partire dal giugno dell’anno seguente [17], prosegue nel corso dell’estate 1906 in presenza dell’amico Gustav Schiefler (collezionista amburghese specializzato in arte grafica), che lo ringrazia emozionato il 25 agosto [18] per aver avuto l’onore di assistere in diretta al suo lavoro nell’atelier di Berlino, un privilegio che Liebermann non concedeva quasi mai. Il pittore scrive che l’opera fa progressi in settembre (con l’arrivo della cornice) [19]. Il quadro è ultimato nell’ottobre 1906 [20]. Per il pittore è stato necessario un anno di lavoro, sia pure intervallato da altri impegni.

Fig. 10) Rembrandt, La ronda di notte, 1642. Particolare. Fonte: https://www.rijksmuseum.nl/en/collection/SK-C-5, via Wikimedia Commons

Ancora in corso d’opera, il dipinto è oggetto di grandi complimenti da parte dei critici con cui il pittore scambia regolarmente lettere. Nel settembre 1905 Liebermann è in contatto con von Bode (1845–1929), un altro storico dell’arte e direttore generale delle collezioni d’arte di Berlino, e discute con lui l’orientamento prospettico della Riunione. Bode la chiama “una moderna Ronda di notte”, riferendosi al famoso dipinto di Rembrandt [21]. Hugo von Tschudi (1851-1911), direttore della Nationalgalerie di Berlino dal 1896, crede invece che il riferimento più esatto sia quello ai “Sindaci” [22]. Lichtwark replica ai complimenti di Bode e Tschudi dicendo che farà costruire nella Kunsthalle una cappella per ospitare la nuova “Ronda”, e spiega che – all’arrivo del quadro – intende ripensare la collocazione di molte opere al museo civico di Amburgo [23]. Non è una battuta: Lichtwark fece costruire ‘cappelle’ all’interno del museo per mostrare i quadri migliori, come Cavalcando nel Bois de Boulogne di Renoir ed il Gesù nel tempio di Liebermann stesso [24]. In questo caso specifico, non realizzò mai una cappella, ma destinò all’opera ed ai suoi studi preparatori un’intera stanza d’angolo della galleria, insieme agli altri ritratti di Liebermann.

Per la Riunione (e per i ritratti di Berger e Strebel, di cui parleremo) Liebermann riceve, nel novembre 1906, 21 mila marchi; una somma consistente, per la quale l’artista si affretta a ringraziare [25]. Nel dicembre 1906 la commissione della Kunsthalle decide di acquisire separatamente anche tutti gli studi preparatori, ovvero le tredici tele ed i molti disegni [26]. Oggi solamente alcuni di quegli studi sono riprodotti; è, ad esempio, il caso degli studi per il ritratto del rettore Justus Brinckmann.

Fig. 11) Max Liebermann, Studio per il ritratto del Professor Justus Brinckmann, 1906.
Fonte: http://www.justusbrinckmann.org/geschichte

La corrispondenza sulla reazione del pubblico è contenuta nel quarto libro delle Lettere nell’edizione curata da Ernst Braun, che copre gli anni 1907-1910 [27]. Il pittore ha subito dei dubbi sulla reazione del pubblico, che in effetti non è positiva (l’1 gennaio 1097 Lichtwark informa separatamente van Kalckreuth che “alla maggior parte dei visitatori La Riunione non piace” [28]). È insospettito dall’assenza di una lettera da parte di Lichtwark che lo aggiorni sulla reazione dei visitatori. Liebermann scrive dunque ad un altro corrispondente nella città anseatica, l’appena nominato Gustav Schiefler, l’8 gennaio 1907 per chiedere quali siano le reazioni degli amburghesi [29]. L’11 gennaio si fa coraggio e si rivolge direttamente a Lichtwark, raccontandogli che Aby Warburg (anch’egli amburghese, e forse il più famoso degli storici d’arte tedeschi in quegli anni) gli ha esposto per iscritto (in una lettera che non ci è pervenuta) alcune riserve sulla rappresentazione della luce nel quadro. Gli chiede allora un’opinione sincera e “tutta la verità” sulla reazione del pubblico; confessa inoltre che quella è stata l’opera più difficile con cui abbia mai avuto a che fare in tutta la sua carriera [30]. Il 13 gennaio Lichtwark risponde, prendendola molto da lontano: il quadro è esposto in una sala d’angolo, insieme a tutti gli studi preparatori. Il direttore scrive che la sala è sempre piena: il pubblico ammira gli studi preparatori, ma il quadro crea disorientamento [31]. Se il pubblico è perplesso, invece il ritratto collettivo è piaciuto ai suoi colleghi pittori: Kalckreuth, Uhde, Olde [32]. “Lei mi chiede quale sia stata la mia reazione al quadro. I miei viaggi alla scoperta della superficie non si sono ancora conclusi e non lo saranno mai. Basta che io non sia un giorno presente nel museo o che vi sia un giorno di sole, vedo sempre un quadro nuovo e più bello e mi chiedo: eri cieco, da non esserti accorto, da aver mancato, da aver trascurato quel particolare?” [33]. Seguono due pagine a mio parere molto pedanti e di difficile interpretazione: in sintesi, il direttore si concentra sulle differenze tra le immagini dei ritratti: la loro varietà è ben superiore all’effettiva diversità dei nove professori. L’unica spiegazione è che Liebermann si sia orientato più all’ “inconscio” che al “conscio” [34]. Anzi, Lichtwark scrive che la Riunione di Liebermann non è, da questo punto di vista, una pittura naturalistica, ma un’allegoria, dipinta in modo da caratterizzare simbolicamente le figure al di là delle intenzioni [35]. La risposta è del 27 gennaio: Liebermann capisce che l’accoglienza non è stata buona, scrive che più di una volta il pubblico non ha capito le sue opere, è convinto che di lì a 10-15 anni l’opinione del pubblico cambierà al meglio, come già era successo per altri suoi quadri, e ringrazia i colleghi pittori delle parole di elogio [36].

Fig. 12) Leopold von Kalckreuth, Ritratto di Justus Brinckmann, 1901. Fonte:
The Bridgeman Art Library, via Wikimedia Commons
Amburgo

Facciamo un passo indietro: la corrispondenza di questi anni testimonia l’avvento di Amburgo come centro commerciale dell’arte moderna in Germania.

Fig. 13) Il municipio neorinascimentale di Amburgo (disegnato da Martin Haller ed altri architetti e realizzata tra 1886 e 1897), in una cartolina del 1906-1908.
Fonte: http://nucius.org/photographs/hamburg-city-hall-c-19061908/
Fig. 14) Il porto di Amburgo nel 1906.
Fonte: http://www.lauritzen-hamburg.de/hh_hafen.html
Fig. 15) Wilhelm Weimar, La costruzione della stazione centrale di Amburgo, 1906.
Fonte: http://www.hamburgmuseum.de/uploads/hamburg_museum/documents/4242/original/Wilhelm_Weimar__Hauptbahnhof_im_Bau__1906__Foto_SHMH_Hamburg_Museum.jpg?1457536035
Fig. 16) La nuova sede dell’Università di Amburgo, inaugurata nel 1909 su progetto di Hermann Distel e August Grubitz

La capitale economica della Germania settentrionale è una delle poche grandi città tedesche dove non vi sia un gruppo di pittori secessionisti in azione, ma ha un’economia pulsante ed acquisisce quadri dal resto della Germania. Tramite il grande porto sull’Elba, infatti, transitano le esportazioni della nascente potenza industriale verso Gran Bretagna e Stati Uniti; la città è anche il centro di una borghesia illuminata e multilingue e, al tempo stesso, un luogo dall’identità culturale precisa e distinta da ogni altra parte del mondo di lingua tedesco, grazie all’eredità anseatica ed alla tradizione di autonomia amministrativa. Non è dunque solamente un luogo d’affari, ma soprattutto il centro d’identificazione di una ricca borghesia dalle tradizioni mercantili antichissime. Basta considerare l’orientamento storicista con cui il Rathaus – ovvero il municipio di Amburgo, sede del governo della città anseatica –  viene ricostruito a fine diciannovesimo secolo dopo l’incendio che distrugge quasi l’intero centro storico nel 1842 per rendersi conto quanto stabilire un legame con il passato fosse considerato cruciale anche per edificare il futuro. Come mostrano le foto qui riprodotte, gli anni in cui viene dipinta la Riunione sono di grande dinamicità per la città.

Fig. 17) La Kunsthalle di Amburgo in una cartolina del primo 1900.
Fonte: http://images.zeno.org/Ansichtskarten/I/big/AK04541a.jpg

Alfred Lichtwark dirige la Kunsthalle di Amburgo dal 1886 ed è l’anima del nuovo interesse della città per la propria identità artistica, sia passata che presente: è autore da un lato di numerosi saggi sulla storia dell’arte locale, e crea dall’altro una collezione di quadri contemporanei di tema amburghese nella Galleria che dirige.

A Lichtwark Liebermann scrive lettere già dal 1889 (e continuerà a farlo fino a pochi giorni prima della sua morte, nel 1913). Dal 1890 le lettere che i due si scambiano iniziano con l’appellativo ‘Verehrtester Freund’, un’espressione oggi assai formale (amico illustrissimo), ma che all’epoca Liebermann non riconosceva a nessun altro. Liebermann usa il termine ‘Liebster Freund’, ovvero (carissimo amico), solamente nel caso delle lettere a Gustav Pauli (1866-1938), direttore della Kunsthalle di Brema, e al pittore Leopold von Kalckreuth (e con loro scrive con pronome personale “du”, ovvero usando il tu). Nelle lettere Lichtwark e Liebermann si danno invece del lei, ma il dialogo è molto intimo. Il rapporto è infatti divenuto personale e coinvolge anche le famiglie. Da quando Liebermann e Lichtwark si conoscono, il pittore si è spesso recato ad Amburgo con la moglie ed è stato ospite del direttore del museo. Forse vi è una buona dose di piaggeria quando, in una lettera al critico del 10 dicembre 1902, Liebermann scrive “Amburgo è abbastanza grande per consentirLe di realizzare le Sue idee, e non così grossa (come Berlino) da poterLa distrarre da altri interessi” [37]. In ogni caso a Liebermann la città sull’Elba piace davvero tanto, al punto che pensa in quegli anni di acquisire una villa in periferia. Che Amburgo stia comunque divenendo un centro importante per il mercato dell’arte è confermato dal fatto che Paul Cassirer vi apre già nel 1902 una succursale della sua galleria berlinese [38]. La Galleria Cassirer si trova sulla Jungfernstieg, l’elegante passeggiata dove il centro della città si affaccia sul lago Alster.

Fig. 18) La Jungfernstieg di Amburgo in un’immagine originale del 1906-1908.
Fonte: http://nucius.org/photographs/panorama-of-the-jungfernstieg-promenade-with-inner-alster-lake-hamburg-c-19061908/

Nell’aprile del 1902 Liebermann riceve, tramite Lichtwark, la commissione della Kunsthalle per due nuovi quadri con scene amburghesi [39]; nell’estate dello stesso anno esegue “I giocatori di polo al parco Jenisch” e “La terrazza del Ristorante Jacob a Nienstedten sull‘Elba” [40]. Consegna le opere nel gennaio 1903. Sono quadri che riflettono in pieno la maturità del pittore in termini di combinazione ‘impressionista’ tra movimento e colore, figure e natura. È nel passaggio tra i due quadri impressionisti amburghesi del 1902 e la Riunione del 1906 che si misura l’evoluzione stilistica di Liebermann verso canoni più classici.

La reazione di Lichtwark ai due dipinti amburghesi del 1902 è di vera e propria esaltazione. Il 23 gennaio scrive: “Devo andare a vedere i due quadri ogni mezz’ora e sono felice ogni volta. Che tipo incredibile è Lei! Non so quale mi piaccia di più. Trovo il polo estremamente potente come espressione del movimento, come spazio, come colore (la realizzazione del programma di Runge: luce, colore e vita in movimento dopo cent’anni). Lo spazio ha guadagnato moltissimo grazie al delicato inserimento della staccionata bianca che delimita il campo di gioco, sullo sfondo del bosco. Lei è riuscito a collocare stereometricamente i cavalli tra di loro in modo talmente naturale, che non si deve neppur far fatica a capire come Lei abbia ideato e realizzato questo effetto” [41]. Ed il giorno dopo informa Liebermann che la commissione della Kunsthalle accetta immediatamente i quadri ed offre un compenso molto alto [42]. Segue una lettera di Liebermann, del 25 gennaio, piena di gratitudine per l’iinteresse che Lichtwark manifesta nei confronti della sua arte da decenni; è quella stessa lettera in cui egli rivela di voler dipingere d’ora in poi secondo una nuova ‘tradizione classica’. “Io sono naturalmente dell’opinione di dipingere oggi assai meglio di quanto facessi nel passato. (…) In precedenza volevo dipingere tutto quello che vedevo secondo le vecchie ricette; adesso voglio invece dipingere quello che vedo secondo le mie ricette. La vecchia tradizione non si adatta più ai nuovi contenuti. Dobbiamo cercare di distillare una nuova tradizione. Ovviamente si rischia sempre di uscire dai binari; ma deragliare è sempre più scusabile di portare la pittura su un binario morto [43]. È evidente, come già detto, che secondo Liebermann la nuova variante classica è un’evoluzione verso una nuova pittura, non un ritorno al passato.

Fig. 19) Gustav Schiefler, Il catalogo sull'opera grafica di Max Liebermann, 1907

Un altro punto di riferimento importante ad Amburgo è Gustav Schiefler (1857-1935), già citato, figura singolare di magistrato amministrativo. Appassionato di grafica, diverrà punto di riferimento come collezionista e studioso di grafica per molti artisti tedeschi (sarà uno dei finanziatori non solamente di Liebermann, ma anche di Munch, Nolde e del gruppo Die Brücke, il Ponte). Di tutti Schiefler produce personalmente il catalogo ragionato dell’opera grafica. Il 17 dicembre 1905 il giudice informa Liebermann che sta preparando una lista sistematica delle sue opere grafiche [44]; nel gennaio 1906 gli rende visita a Berlino per assicurarsi alcune informazioni sulle opere [45]; Liebermann dà vita, per lui, a una nuova incisione di “Sansone e Dalila” nel luglio 1906, in modo tale che possa essere inclusa nel catalogo, che sarà pubblicato nel 1907 (poi ampliato fino a tre volumi dallo stesso Schiefler nel 1923 e più recentemente riedito in tedesco ed inglese nel 1991).



I ritratti della borghesia anseatica

Fig. 20) Max Liebermann, Ritratto del borgomastro Petersen, 1891. Source: Zeno.org via Wikimedia Commons

Si è già fatto riferimento, nella recensione sul primo volume di lettere di Liebermann a cura di Ernst Braun, al caso (sfortunato) del ritratto del borgomastro della città Carl Friedrich Petersen, il primo ritratto che Liebermann realizza nel 1891 su commissione di Lichtwark e che al borgomastro ed alla sua famiglia non piace (anzi, lo trovano offensivo). Quella della rappresentazione dei notabili locali in forme tradizionali è un tema da sempre caro al direttore della Kunsthalle, che immagina la sua galleria come luogo dove lasciare testimonianza storica della nuova forza della città. Come sappiamo, nonostante tutti gli sforzi di Lichtwark, l’opposizione del borgomastro e del consiglio comunale è così forte che l’opera non viene esposta al pubblico ad Amburgo per più di dieci anni. Su richiesta pressante di Liebermann, il ritratto viene talvolta prestato ad alcune mostre minori al di fuori della Germania (a condizione però che non si specifichi il soggetto ritratto). Molte altre richieste di concederlo per esposizioni prestigiose (ad esempio per la Biennale di Venezia) vengono  rifiutate.

Va detto che il pittore non solamente rimane malissimo per questo ostracismo nei confronti del suo primo ritratto, convinto che quello sia già uno dei suoi capolavori, ma che per tutto il decennio seguente torna sempre alla carica sperando di ottenere la ‘liberazione’ del ritratto. Ancora nell’aprile 1902 – undici anni dopo – riprende il tema, contando sul fatto che la censura possa essere superata [46], e nel gennaio 1903 – sull'onda del successo dei dipinti di tema amburghese appena descritti (la Partita di polo ed il Ristorante sull’Elba) – annuncia una visita ad Amburgo per cercare di risolvere il problema [47]. Invia una nuova lettera sul tema il 10 maggio [48]. Lichtwark lo informa che qualcosa si sta muovendo, ma che la procedura sarà complicatissima: il nuovo borgomastro chiederà infatti l’opinione di una commissione esterna, prima di autorizzare l’inclusione del quadro tra quelli che il pubblico può ammirare alla Kunsthalle [49]. L’opinione favorevole degli esperti arriva nel gennaio 1905 [50].

Con gli anni Liebermann dedica sempre più tempo ed energia ai ritratti, non esitando, se necessario, a viaggiare per conoscere personalmente i committenti e poterli ritrarre dal vero (e non solamente usando delle fotografie). Così, quando Lichtwark lo contatta nel gennaio 1904 con la notizia che “può darsi vi sia bisogno di un ritratto di un uomo importante e significativo per la Kunsthalle” [51], riferendosi al Dottor Hermann Strebel, la risposta positiva è immediata: “Lei conosce la mia predilezione per il ritratto” [52]. E un anno dopo, sempre in una lettera a Lichtwark, il pittore cita un passaggio della Fantasia nella pittura [53] (un suo scritto di poco precedente, pubblicato in una rivista, che egli sta trasformando in un saggio più importante): “Si può dire che il meglio che la pittura abbia realizzato siano rappresentazioni di ritratti, dagli Assiri fino ad Ingres o Runge o Frank Krueger” [54]. Per Liebermann il ritratto è parte centrale di ogni pittura naturalista, ed il naturalismo è per lui il centro di gravitazione di ogni arte.

Fig. 21) Nicola Perscheid, Foto di Max Liebermann nel suo atelier a Berlino, davanti al ritratto del Principe Lichnowsky, 1905. Fonte: Wikimedia Commons

Ovviamente, i ritratti non sono solamente di personalità di Amburgo. Nell’ottobre del 1904 Liebermann conclude a Berlino la prima versione del ritratto di von Bode [55] ed avvia quello del principe Lichnowsky [56]. Ma già nel 1905 inizia a lavorare a nuovi ritratti amburghesi, commissionati da Lichtwark: quelli di Alfred von Berger e del già citato Strebel ed il ritratto collettivo del collegio dei professori dell’università anseatica. Lichtwark decide di esporre alla Kunsthalle i nuovi ritratti di von Bergen e Strebel insieme al vecchio (e mai mostrato fino ad allora) ritratto del borgomastro Petersen, in un’unica stanza della Kunsthalle dedicata alla ritrattistica di Liebermann, in occasione di un nuovo allestimento della galleria d’arte [57]. Tale nuovo allestimento viene inaugurato il 2 ottobre 1905, con un’allocuzione dedicata a “Come approntare una collezione di maestri viventi”. Per l’occasione viene pubblicato il catalogo delle nuove acquisizioni [58]. Lichtwark scrive a Liebermann che i cosiddetti ‘giovani pittori’ di Amburgo sono entusiasti delle sue opere, mentre hanno riserve profonde nei confronti di quelle di Slevogt [59]. In generale, tuttavia, il direttore confessa che il nuovo allestimento crea nei primi giorni molte polemiche nel pubblico: “sento odore di uova marce” [60]. Poi Liebermann viene rassicurato che anche il pubblico più conservatore finalmente mostra segni di approvazione: “ne gioisco enormemente” – come egli scrive in 27 dicembre 1905 – “anche per ragioni egoistiche, dal momento che fino ad oggi il mio ritratto del borgomastro Petersen era stato il pomo della discordia” [61].


Fig. 22) Max Liebermann, Ritratto di Alfred von Berger, 1905. Source: Google Art Project, via Wikimedia Commons

Del primo soggetto da ritrarre, Alfred von Berger, Lichtwark scrive il 7 gennaio 1905: “Una testa magnifica, ma brutta, quasi grottesca, un volto come una maschera, dietro la quale s’intravede una grande bellezza. È una maschera che getta lampi dappertutto” [62]. Un’altra lettera del 22 giugno 1905 è dedicata interamente dal direttore della Kunsthalle sempre al ritratto di Berger, che ha appena visto per la prima volta. “Carissimo amico, appena arrivato dalla stazione la prima cosa che ho fatto è stata precipitarmi a vedere il Suo Berger. Tanto lui parla quanto io sono senza parole. Va ancora al di là del Suo Bode, se fosse mai possibile. (…) Io non riesco a saziarmi di questa visione e so che per molto tempo la prima cosa che farò entrando nel museo sarà passare davanti al Suo quadro” [63]. Ai complimenti si affianca una valutazione dettagliatissima della verosimiglianza del ritratto: “La forma vivente della silhouette appartiene davvero a quest’uomo, questa forma particolare di ponderazione delle masse non ricorre presso nessun’altra persona; solo per lui è caratteristico soprattutto il modo con cui siede; nessun altro fa riposare le braccia in tal modo, le mani di nessun altro giocano così tra loro, sulla destra si scarica l’intero peso del corpo, ed a essa si oppone il movimento con il sigaro della sinistra che, vorrei dire, replica con minore intensità la vitalità del volto. Questo volto, che evoca tante reazioni e stimoli di natura diversa, nonostante rimanga nel pieno della pace della propria potenza. (…) Anche al centro del volto risalta la bocca nella sua oscurità. Occupa veramente quasi il centro, una delle più divertenti topografie del viso che io abbia mai visto. Sembra che Lei abbia provato il fascino di esprimere la precisione di questo viso senza dargli forma precisa, con questi occhi che guardano al di là delle guance come se fossero sulla punta di una montagna” [64]. E ritorna sul tema una settimana dopo: “È fantastico come Lei abbia modellato la testa: grandi superfici, piccole superfici, superfici piatte, concave, convesse; superfici che si muovono attorno al suo asse. Vorrei dire: superfici calde, superfici fredde, tutto come se fosse scritto, come se non potesse essere in altro modo, come se anche un altro non potesse farlo in altro modo” [65].

Il 2 luglio Liebermann risponde a tanti complimenti con una confessione: “Quando ho visto Berger per la prima volta, mi è sembrato impossibile che io potessi dipingerlo: questo tipo colossale con una testa così gigantesca. Stavo seduto, pieno di perplessità, davanti a lui mentre beveva una tazza di the, quando ha iniziato a parlare ed improvvisamente mi sono trovato davanti a me l’immagine come è oggi. Ho fatto un pastello in un’ora, il giorno dopo ne ho fatto un secondo” [66].

Fig. 27) Max Liebermann, Ritratto di Hermann Strebel, 1905. Source: Wikimedia Commons.


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NOTE

[1] Liebermann, Max – Briefe, zusammengetragen, kommentiert und herausgegeben von Ernst Braun. [Lettere, Raccolte, commentate ed edite da Ernst Braun], Baden-Baden, Deutscher Wissenschaftlicher-Verlag (DWV), Terzo volume - (1902-1906), 2013, 651 pagine.

[2] Achenbach, Sigrid e Matthias Eberle, Max Liebermann in seiner Zeit [Max Liebermann nel suo tempo], Catalogo della mostra alla Nationalgalerie Berlin / Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz (6 Settembre - 11. November 1979) ed alla Bayerischen Staatsgemäldesammlungen Haus der Kunst (15 Dicembre 1979 – 17 Febbraio 1980), Monaco di Baviera, Prestel, 1979, 687 pagine.

[3] Fleck, Robert - Max Liebermann. Wegbereiter der Moderne [Max Liebermann, precursore del moderno], Colonia, DuMont, 2011, 224 pagine.

[4] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 432.

[5] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.260.

[6] Lichtwark, Alfred - Briefe an Max Liebermann [Lettere a Max Liebermann], a cura di Carl Schellenberg, Amburgo, Trautmann, 349 pagine. Citazione contenuta a pagina 54 nell’introduzione di Carl Schellenberg.

[7] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 350.

[8] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 318.

[9] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 322.

[10] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 323.

[11] Riegl, Alois, Das Holländische Gruppenporträt, in: Kunsthistorische Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, Vienna, 1902. L’originale è disponibile all’indirizzo
http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/jbksak1902/0077.

[12] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth [Lettere al conte Leopold von Kalckreuth], a cura di Carl Schellenberg, Amburgo, Wegner, 1957, 285 pagine. Citazione a pagina 47.

[13] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p. 47.

[14] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 327.

[15] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 335.

[16] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 349.

[17] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 432.

[18] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 445.

[19] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp. 446; 447 e 449.

[20] Lettera di Lichtwark a Leopold von Kalckreuth del 28 ottobre 1906, in: Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p. 186.

[21] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 349.

[22] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 354.

[23] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 350.

[24] Lichtwark, Alfred - Briefe an Max Liebermann (citato), p. 69.

[25] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 464.

[26] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 484.

[27] Liebermann, Max – Briefe, zusammengetragen, kommentiert und herausgegeben von Ernst Braun. (Lettere, Raccolte, commentate ed edite da Ernst Braun), Baden-Baden, Deutscher Wissenschaftlicher-Verlag (DWV), Quarto volume - (1907-1910), 2014, 613 pagine.

[28] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p.201.

[29] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.19.

[30] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.22.

[31] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.24.

[32] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.

[33] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.

[34] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.

[35] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.26.

[36] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.26.

[37] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.83.

[38] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.60.

[39] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.40.

[40] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.56.

[41] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.96.

[42] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.98.

[43] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.99.

[44] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.365. La risposta di Liebermann è del 23 dicembre 1905 (p. 366).

[45] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.380.

[46] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.40.

[47] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.100.

[48] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.116.

[49] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp.102 e 117.

[50] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.254.

[51] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.169.

[52] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.170.

[53] Liebermann, Max - Die Phantasie in der Malerei [La fantasia nella pittura], in “Die Neue Rundschau”, Vol. 1, marzo 1904, pagine 372-380. Con lo stesso titolo viene pubblicata una raccolta di scritti nel 1916.

[54] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.259.

[55] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.234.

[56] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.237.

[57] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp.265 e 328.

[58] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.352.

[59] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.352.

[60] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.353.

[61] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.372.

[62] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.256.

[63] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.317.

[64] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.317.

[65] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.319.

[66] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.320.






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