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Francesco Mazzaferro
Il carteggio tra Max Liebermann, Alfred Lichtwark e Leopold von Kalckreuth, e la ricerca di un nuovo stile per la pittura nei primi anni del XX Secolo
Parte Prima
[Versione originale: giugno 2017 - Nuova versione: aprile 2019]
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Fig. 1) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford |
Esaminando il terzo volume delle Lettere di Max Liebermann (1847-1935), edite da Ernst Braun nel
2013 [1], ho avuto modo di esporre la sua ricostruzione delle vicende che portarono
alla fondazione della Lega degli artisti tedeschi, il Deutscher Kuenstlerbund nel 1903. Si tratta della prima forma di
alleanza a livello nazionale tra artisti e critici d’arte a sostegno della nascita
dell’arte moderna in Germania. Ad essa sono associati, oltre a Max
Liebermann, anche altri artisti come Lovis Corinth e Walter Leistikow di cui si è già parlato
in questo blog. Dal carteggio di Liebermann appare evidente che, oltre a loro,
a giocare un ruolo cruciale nella creazione e nella gestione della Lega furono anche l’amburghese Alfred
Lichtwark (1852–1914), critico d’arte e direttore per quasi trent’anni della
collezione comunale d’arte della sua città, la Kunsthalle di Amburgo, e Leopold von Kalckreuth (1855-1928), il
primo presidente della Lega, pittore
naturalista attivo a Stoccarda, ma sempre più gravitante anch’egli attorno ad
Amburgo, grazie alle commissioni di Lichtwark.
Questo post (diviso in due parti) esamina i rapporti fra Liebermann, Lichtwark e von Kalcreuth. Nella prima sezione intendo affrontare in particolare due temi specifici: in primo luogo, il ruolo che la ritrattistica (compresa quella di gruppo) ebbe in quegli anni come genere pittorico molto in voga nei circoli artistici, in quanto in grado di conciliare l’influenza dei classici del barocco olandese con i nuovi bisogni della borghesia commerciale tedesca; in secondo luogo l’intreccio d’influenze nella definizione delle nuove preferenze tra pittori (Liebermann, von Kalckreuth) e direttori di musei e critici (soprattutto Lichtwark, ma vedremo i nomi anche di altri grandi critici) nella definizione delle nuove preferenze e nella definizione dei nuovi orientamenti artistici. Nella seconda parte mi porrò la questione di quale fosse il rapporto personale tra i tre, che non era affatto libero da tensioni ed ambiguità.
Alla base di tutte queste considerazioni vi saranno i rispettivi carteggi tra questi tre protagonisti del dibattito estetico di quegli anni. Le lettere tra i tre sono paradigmatiche di un tentativo di transizione verso nuovi modelli estetici, che tuttavia deve consistere a loro parere in un recupero iconografico della figuratività classica. Vedremo come Liebermann consideri questo ritorno all’epoca della ritrattistica barocca olandese – che si svolge soprattutto nel mondo amburghese per effetto della sua interazione con Lichtwark – come liberatorio dall’influenza francese e sostanzialmente innovativo; mentre il pubblico continui a preferire (sia allora ma anche oggigiorno) le sue opere di stile ‘impressionista’. Ne deriva che il tentativo di innovare l’arte attraverso un ritorno al passato si esaurisce ben presto e Liebermann propone di nuovo al pubblico gli schemi consueti, che gli garantiscono maggiore successo, ma segnano anche – nel tempo – la sua incapacità di evolvere dai modelli dell’impressionismo tedesco. Alla metà del primo decennio del 1900, diviene chiaro che la sua energia sperimentale si stava esaurendo, tanto che qualche tempo dopo egli si porrà in aperto dissenso nei confronti di ogni arte di avanguardia. In realtà, Liebermann ha sempre guardato all’arte del seicento fiammingo ed olandese come la sua fonte d’ispirazione più sincera, ancor più degli impressionisti francesi. Nel 1906 diviene evidente che l’amore per l’arte dell’epoca di Rembrandt e Frans Hals prevale su ogni richiamo moderno.
Questo post (diviso in due parti) esamina i rapporti fra Liebermann, Lichtwark e von Kalcreuth. Nella prima sezione intendo affrontare in particolare due temi specifici: in primo luogo, il ruolo che la ritrattistica (compresa quella di gruppo) ebbe in quegli anni come genere pittorico molto in voga nei circoli artistici, in quanto in grado di conciliare l’influenza dei classici del barocco olandese con i nuovi bisogni della borghesia commerciale tedesca; in secondo luogo l’intreccio d’influenze nella definizione delle nuove preferenze tra pittori (Liebermann, von Kalckreuth) e direttori di musei e critici (soprattutto Lichtwark, ma vedremo i nomi anche di altri grandi critici) nella definizione delle nuove preferenze e nella definizione dei nuovi orientamenti artistici. Nella seconda parte mi porrò la questione di quale fosse il rapporto personale tra i tre, che non era affatto libero da tensioni ed ambiguità.
Alla base di tutte queste considerazioni vi saranno i rispettivi carteggi tra questi tre protagonisti del dibattito estetico di quegli anni. Le lettere tra i tre sono paradigmatiche di un tentativo di transizione verso nuovi modelli estetici, che tuttavia deve consistere a loro parere in un recupero iconografico della figuratività classica. Vedremo come Liebermann consideri questo ritorno all’epoca della ritrattistica barocca olandese – che si svolge soprattutto nel mondo amburghese per effetto della sua interazione con Lichtwark – come liberatorio dall’influenza francese e sostanzialmente innovativo; mentre il pubblico continui a preferire (sia allora ma anche oggigiorno) le sue opere di stile ‘impressionista’. Ne deriva che il tentativo di innovare l’arte attraverso un ritorno al passato si esaurisce ben presto e Liebermann propone di nuovo al pubblico gli schemi consueti, che gli garantiscono maggiore successo, ma segnano anche – nel tempo – la sua incapacità di evolvere dai modelli dell’impressionismo tedesco. Alla metà del primo decennio del 1900, diviene chiaro che la sua energia sperimentale si stava esaurendo, tanto che qualche tempo dopo egli si porrà in aperto dissenso nei confronti di ogni arte di avanguardia. In realtà, Liebermann ha sempre guardato all’arte del seicento fiammingo ed olandese come la sua fonte d’ispirazione più sincera, ancor più degli impressionisti francesi. Nel 1906 diviene evidente che l’amore per l’arte dell’epoca di Rembrandt e Frans Hals prevale su ogni richiamo moderno.
Liebermann e la svolta tradizionalista
Concludendo la recensione del terzo volume dell’epistolario
ho volutamente accennato alla questione della ‘svolta classica’ nella pittura
di Liebermann di quegli anni. Tale svolta è riassunta in una grande tela (La riunione dei professori di Amburgo)
dipinta quell’anno su commissione di Lichtwark.
Va detto che nel 1906 nasce il primo gruppo espressionista
in Germania (Die Brücke). Il 1906 è
anche l’anno de Les Grandes Baigneuses
di Cézanne, mentre solamente un anno dopo Picasso dipinge Les Demoiselles d‘Avignon, che porta al lancio del cubismo. Non vi
è dubbio che, in questo confronto tra ritratti collettivi composti nel giro di
pochi mesi, Liebermann si colloca con La
riunione lungo una traiettoria di chiara impostazione tradizionalista. L’influenza
iconografica dei grandi pittori olandesi del Seicento è evidente. Nulla ricorda
nella Riunione Cézanne e Picasso,
mentre l’occhio ci porta immediatamente a Rembrandt.
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Fig. 2) Paul Cézanne, Les Grandes Baigneuses, 1906 circa. Fonte: Google Arts & Culture via Wikimedia Commons. |
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Fig. 3) Rembrandt van Rijn, Sei Sindaci dei Drappieri di Amsterdam, 1662. Fonte: Google Arts & Culture via Wikimedia Commons. |
Oltre a rappresentare un elemento evolutivo di chiara
derivazione barocca nella sua pittura, probabilmente Liebermann considera
l’adozione della pittura dei grandi olandesi come punto di riferimento anche
come un grande vantaggio dal punto di vista commerciale: egli riceve infatti in
quegli anni commissioni che provengono in parte predominante dalla città di
Amburgo, dove il gusto estetico non è certo di tipo rivoluzionario, e in cui la
ricchissima borghesia commerciante vuole essere ritratta a celebrazione del
proprio ruolo sociale, proprio come era successo nel mondo olandese del
Seicento. Il suo contatto più importante con Amburgo è Alfred Lichtwark.
Un’opera oggi sottovalutata:
la Riunione dei professori di Amburgo
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Fig. 4) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Particolare. Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford |
Nel terzo volume delle Lettere, la Riunione dei professori di Amburgo è invece, di gran lunga, l’opera su cui più ci si dilunga. Liebermann è
talmente orgoglioso di quel quadro da chiamarlo scherzosamente “omicidio di
massa” (Massenmord) [4]. Con un gioco
di parole, egli si riferisce al fatto che ritrarre una persona vuol dire
compiere un atto in cui si fissa per sempre sulla tela la vitalità del
soggetto, dunque in qualche modo ‘uccidendolo’. Qui le vittime del suo delitto
sono ben nove. Al quadro Liebermann dedica molta attenzione: basti considerare,
per rendersene conto, il numero di studi preparatori realizzati. Il catalogo della
Kunsthalle del 1910, oltre alla Riunione,
cita ben tredici tele preparatorie, con ritratti individuali o combinati dei
professori, e un numero imprecisato di disegni. All'epoca tutte le opere (il
quadro, i tredici studi preparatori ed i disegni) sono esposte al pubblico: è
quello il centro d’attenzione che il direttore Lichtwark propone al pubblico
che si reca regolarmente alla Kunsthalle per ammirare le ultime novità di
Liebermann.
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Fig. 5) Franz Hals, Gli ufficiali della Milizia Civica di S Adriano di Haarlem, 1633. Fonte: Wikimedia Commons |
Sia per dimensioni (175 x 290 cm) sia per struttura
compositiva, guardando la Riunione
viene subito da pensare ad una rilettura liebermanniana de Gli ufficiali della Milizia Civica di S Adriano di Franz Hals e dei
Sei sindaci dei drappieri di Amsterdam
di Rembrandt. Il riferimento a Rembrandt è esplicito in una lettera del pittore
a Lichtwark dell’8 gennaio 1905: “Il
collegio dei professori mi stimola ancora di più. Rembrandt ha dato il meglio
nei suoi Drappieri. Purtroppo l’unica cosa che Rembrandt ed io abbiamo in
comune è che egli aveva la mia stessa età quando ha dipinto i sindaci” [5].
Da un punto di vista compositivo, scrive Carl Schellenberg, lo
storico dell’arte che per primo studiò il carteggio tra Lichtwark e Liebermann
nel 1947, “il pittore ha studiato i
professori dal vivo mentre erano raccolti nella loro stanza di riunione, ma
intenzionalmente li ha disegnati sulla tela distribuendoli senz’alcuna disposizione,
collocandoli in ordine sparso; ha poi aggiunto lo sfondo sulla base di un
allestimento scenico preparato appositamente alla Kunsthalle. Liebermann ha
costruito la Riunione dei professori
allo stesso modo con cui ha composto i propri paesaggi” [6]. Si tratta di
una circostanza che si nota solamente osservando come nessuno dei nove
personaggi ritratti proietti la propria ombra sulle librerie dello sfondo.
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Fig. 6) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Particolare. Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford |
Alfred Lichtwark propone per la prima volta a Liebermann di
dipingere un ritratto collettivo del consiglio dei professori nel giugno del
1905. All’inizio l’artista è scettico: gli sembra un’opera troppo ampia e
complessa [7]. Del resto, l’aspettativa dell’importante committente è
altissima, e le sue lettere sono insistenti. Alfred scrive al pittore il 29
giugno: “Ancor più di prima debbo pensare
al quadro del gruppo. Mi sembra di vederlo nei prossimi giorni come un raduno
informale di persone in piedi attorno al tavolo dove si deve tenere (o dove si
è già tenuta) la riunione, con tutte le teste più belle alla luce, le altre
meno accentuate o in secondo piano. Preparano la riunione, dialogando e
comunicando, e adesso ascoltano chi la dirige. E se penso al risultato, non
riesco ancora, purtroppo, ad andare al di là di un quadro molto ampio che
ospiti tutti i presenti. Ecco quel che m’immagino. E Le scrivo adesso, perché
il suo dipinto non fa altro che passarmi nella mente” [8]. Aggiunge il 3
luglio: “Penso notte e giorno al collegio
dei professori. (…) Vorrei aiutarla a risolvere ogni difficoltà pratica si
possa frapporre tra Lei ed il quadro (…) Consideri che potrà disporre di piena
libertà: posso mettere a Sua disposizione un atelier con luce a nord, con luce
verso sud-ovest – anche con esposizione diretta al sole – o con illuminazione dall’alto. È tutto a sua
disposizione” [9]. “Sulla strada per
Amsterdam [nota dell’editore: durante uno dei frequenti viaggi di
Liebermann da Berlino in Olanda] Lei potrebbe
forse venire ad incontrare i signori nella Kunsthalle, in modo tale che Lei se
ne possa fare un’impressione. Se lo desidera, posso fare in modo che un
fotografo sia presente alla riunione, in modo che le possa fare le foto di
tutto quello che Lei desidera” [10].
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Fig. 7) Leopold van Kalckreuth, Ritratto dei presidenti di tribunale, 1904 (dal volume con la raccolta di lettere di Alfred Lichtwark a Leopold van Kalckreuth, a cura di Carl Schellenberg, 1957) |
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Fig. 8) Jan van Scorel, Cinque membri della fratellanza di Utrecht dei Pellegrini a Gerusalemme, 1541 circa. Fonte: Google Art Project, via Wikimedia Commons |
Il genere del ritratto collettivo è molto attuale in quegli
anni. Nel 1902 lo storico dell’arte Alois Riegl (1858–1905) pubblica a Vienna il
suo primo studio sul “Ritratto di gruppo in Olanda”, dove analizza quel genere
a partire dai ritratti collettivi dei Pellegrini di Gerusalemme, realizzati da
Jan van Scorel nella metà del Cinquecento [11]. Due anni dopo Lichtwark
commissiona a Leopold von Kalckreuth il Ritratto
dei presidenti di tribunale [12]. Il quadro riproduce l’iconografia nella
stessa forma rigida e quasi ieratica di van Scorel. L’opera non soddisfa
appieno Lichtwark, anche perché il pittore sceglie una composizione diversa da
quella che era stata suggerita [13]. Dunque il direttore della Kunsthalle parte
al contrattacco chiedendo ora a Liebermann un nuovo ritratto collettivo di
personalità pubbliche amburghesi.
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Fig. 9) Max Liebermann, La riunione dei professori di Amburgo, 1906. Particolare. Fonte: @bpk | Hamburger Kunsthalle | foto: Elke Walford |
Il percorso che porta al completamento dell’opera è lungo.
Liebermann non può recarsi ad Amburgo nell’estate 1905, ma propone di
partecipare, appena possibile, ad una riunione del consiglio dell’università,
per farsi un’idea in prima persona [14]. Il 3 agosto 1905 preannuncia un
viaggio nella città anseatica e chiede se i membri del consiglio possano
riunirsi insieme a lui, in modo anche da decidere dove ritrarli [15]. Si reca
ad Amburgo all’inizio di settembre per produrre alcuni schizzi. Il 28 settembre
1905 scrive a Lichtwark che la tela è arrivata e che spera di concludere il
lavoro in due settimane [16]. In realtà, il lavoro continua solamente a partire
dal giugno dell’anno seguente [17], prosegue nel corso dell’estate 1906 in
presenza dell’amico Gustav Schiefler (collezionista amburghese specializzato in
arte grafica), che lo ringrazia emozionato il 25 agosto [18] per aver avuto
l’onore di assistere in diretta al suo lavoro nell’atelier di Berlino, un
privilegio che Liebermann non concedeva quasi mai. Il pittore scrive che
l’opera fa progressi in settembre (con l’arrivo della cornice) [19]. Il quadro
è ultimato nell’ottobre 1906 [20]. Per il pittore è stato necessario un anno di
lavoro, sia pure intervallato da altri impegni.
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Fig. 10) Rembrandt, La ronda di notte, 1642. Particolare. Fonte: https://www.rijksmuseum.nl/en/collection/SK-C-5, via Wikimedia Commons |
Ancora in corso d’opera, il dipinto è oggetto di grandi
complimenti da parte dei critici con cui il pittore scambia regolarmente
lettere. Nel settembre 1905 Liebermann è in contatto con von Bode (1845–1929),
un altro storico dell’arte e direttore generale delle collezioni d’arte di
Berlino, e discute con lui l’orientamento prospettico della Riunione. Bode la chiama “una moderna Ronda di notte”, riferendosi
al famoso dipinto di Rembrandt [21]. Hugo von Tschudi (1851-1911), direttore
della Nationalgalerie di Berlino dal
1896, crede invece che il riferimento più esatto sia quello ai “Sindaci” [22]. Lichtwark replica ai
complimenti di Bode e Tschudi dicendo che farà costruire nella Kunsthalle una cappella per ospitare la
nuova “Ronda”, e spiega che –
all’arrivo del quadro – intende ripensare la collocazione di molte opere al
museo civico di Amburgo [23]. Non è una battuta: Lichtwark fece costruire
‘cappelle’ all’interno del museo per mostrare i quadri migliori, come Cavalcando nel Bois de Boulogne di
Renoir ed il Gesù nel tempio di
Liebermann stesso [24]. In questo caso specifico, non realizzò mai una
cappella, ma destinò all’opera ed ai suoi studi preparatori un’intera stanza
d’angolo della galleria, insieme agli altri ritratti di Liebermann.
Per la Riunione (e
per i ritratti di Berger e Strebel, di cui parleremo) Liebermann riceve, nel novembre 1906, 21 mila marchi; una somma
consistente, per la quale l’artista si affretta a ringraziare [25]. Nel
dicembre 1906 la commissione della Kunsthalle decide di acquisire separatamente
anche tutti gli studi preparatori, ovvero le tredici tele ed i molti disegni
[26]. Oggi solamente alcuni di quegli studi sono riprodotti; è, ad esempio, il
caso degli studi per il ritratto del rettore Justus Brinckmann.
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Fig. 11) Max Liebermann, Studio per il ritratto del Professor Justus Brinckmann, 1906. Fonte: http://www.justusbrinckmann.org/geschichte |
La corrispondenza sulla reazione del pubblico è contenuta
nel quarto libro delle Lettere nell’edizione
curata da Ernst Braun, che copre gli anni 1907-1910 [27]. Il pittore ha subito
dei dubbi sulla reazione del pubblico, che in effetti non è positiva (l’1
gennaio 1097 Lichtwark informa separatamente van Kalckreuth che “alla maggior parte dei visitatori La
Riunione non piace” [28]). È insospettito dall’assenza di una lettera da
parte di Lichtwark che lo aggiorni sulla reazione dei visitatori. Liebermann
scrive dunque ad un altro corrispondente nella città anseatica, l’appena
nominato Gustav Schiefler, l’8 gennaio 1907 per chiedere quali siano le
reazioni degli amburghesi [29]. L’11 gennaio si fa coraggio e si rivolge
direttamente a Lichtwark, raccontandogli che Aby Warburg (anch’egli amburghese,
e forse il più famoso degli storici d’arte tedeschi in quegli anni) gli ha
esposto per iscritto (in una lettera che non ci è pervenuta) alcune riserve
sulla rappresentazione della luce nel quadro. Gli chiede allora un’opinione
sincera e “tutta la verità” sulla
reazione del pubblico; confessa inoltre che quella è stata l’opera più
difficile con cui abbia mai avuto a che fare in tutta la sua carriera [30]. Il
13 gennaio Lichtwark risponde, prendendola molto da lontano: il quadro è
esposto in una sala d’angolo, insieme a tutti gli studi preparatori. Il
direttore scrive che la sala è sempre piena: il pubblico ammira gli studi
preparatori, ma il quadro crea disorientamento [31]. Se il pubblico è perplesso,
invece il ritratto collettivo è piaciuto ai suoi colleghi pittori: Kalckreuth,
Uhde, Olde [32]. “Lei mi chiede quale sia
stata la mia reazione al quadro. I miei viaggi alla scoperta della superficie
non si sono ancora conclusi e non lo saranno mai. Basta che io non sia un
giorno presente nel museo o che vi sia un giorno di sole, vedo sempre un quadro
nuovo e più bello e mi chiedo: eri cieco, da non esserti accorto, da aver
mancato, da aver trascurato quel particolare?” [33]. Seguono due pagine a
mio parere molto pedanti e di difficile interpretazione: in sintesi, il
direttore si concentra sulle differenze tra le immagini dei ritratti: la loro
varietà è ben superiore all’effettiva diversità dei nove professori. L’unica
spiegazione è che Liebermann si sia orientato più all’ “inconscio” che al
“conscio” [34]. Anzi, Lichtwark scrive che la Riunione di Liebermann non è, da questo punto di vista, una pittura
naturalistica, ma un’allegoria, dipinta in modo da caratterizzare
simbolicamente le figure al di là delle intenzioni [35]. La risposta è del 27
gennaio: Liebermann capisce che l’accoglienza non è stata buona, scrive che più
di una volta il pubblico non ha capito le sue opere, è convinto che di lì a
10-15 anni l’opinione del pubblico cambierà al meglio, come già era successo
per altri suoi quadri, e ringrazia i colleghi pittori delle parole di elogio
[36].
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Fig. 12) Leopold von Kalckreuth, Ritratto di Justus Brinckmann, 1901. Fonte: The Bridgeman Art Library, via Wikimedia Commons |
Amburgo
Facciamo un passo indietro: la corrispondenza di questi anni
testimonia l’avvento di Amburgo come centro commerciale dell’arte moderna in
Germania.
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Fig. 13) Il municipio neorinascimentale di Amburgo (disegnato da Martin Haller ed altri architetti e realizzata tra 1886 e 1897), in una cartolina del 1906-1908. Fonte: http://nucius.org/photographs/hamburg-city-hall-c-19061908/ |
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Fig. 14) Il porto di Amburgo nel 1906. Fonte: http://www.lauritzen-hamburg.de/hh_hafen.html |
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Fig. 15) Wilhelm Weimar, La costruzione della stazione centrale di Amburgo, 1906. Fonte: http://www.hamburgmuseum.de/uploads/hamburg_museum/documents/4242/original/Wilhelm_Weimar__Hauptbahnhof_im_Bau__1906__Foto_SHMH_Hamburg_Museum.jpg?1457536035 |
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Fig. 16) La nuova sede dell’Università di Amburgo, inaugurata nel 1909 su progetto di Hermann Distel e August Grubitz |
La capitale economica della Germania settentrionale è una
delle poche grandi città tedesche dove non vi sia un gruppo di pittori
secessionisti in azione, ma ha un’economia pulsante ed acquisisce quadri dal
resto della Germania. Tramite il grande porto sull’Elba, infatti, transitano le
esportazioni della nascente potenza industriale verso Gran Bretagna e Stati
Uniti; la città è anche il centro di una borghesia illuminata e multilingue e,
al tempo stesso, un luogo dall’identità culturale precisa e distinta da ogni
altra parte del mondo di lingua tedesco, grazie all’eredità anseatica ed alla
tradizione di autonomia amministrativa. Non è dunque solamente un luogo
d’affari, ma soprattutto il centro d’identificazione di una ricca borghesia
dalle tradizioni mercantili antichissime. Basta considerare l’orientamento
storicista con cui il Rathaus –
ovvero il municipio di Amburgo, sede del governo della città anseatica – viene ricostruito a fine diciannovesimo
secolo dopo l’incendio che distrugge quasi l’intero centro storico nel 1842 per
rendersi conto quanto stabilire un legame con il passato fosse considerato
cruciale anche per edificare il futuro. Come mostrano le foto qui riprodotte,
gli anni in cui viene dipinta la Riunione
sono di grande dinamicità per la città.
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Fig. 17) La Kunsthalle di Amburgo in una cartolina del primo 1900. Fonte: http://images.zeno.org/Ansichtskarten/I/big/AK04541a.jpg |
Alfred Lichtwark dirige la Kunsthalle di Amburgo dal 1886 ed è l’anima del nuovo interesse
della città per la propria identità artistica, sia passata che presente: è autore
da un lato di numerosi saggi sulla storia dell’arte locale, e crea dall’altro una
collezione di quadri contemporanei di tema amburghese nella Galleria che
dirige.
A Lichtwark Liebermann scrive lettere già dal 1889 (e
continuerà a farlo fino a pochi giorni prima della sua morte, nel 1913). Dal
1890 le lettere che i due si scambiano iniziano con l’appellativo ‘Verehrtester Freund’, un’espressione
oggi assai formale (amico illustrissimo),
ma che all’epoca Liebermann non riconosceva a nessun altro. Liebermann usa il
termine ‘Liebster Freund’, ovvero (carissimo amico), solamente nel caso
delle lettere a Gustav Pauli (1866-1938), direttore della Kunsthalle di Brema,
e al pittore Leopold von Kalckreuth (e con loro scrive con pronome personale “du”, ovvero usando il tu). Nelle lettere
Lichtwark e Liebermann si danno invece del lei, ma il dialogo è molto intimo.
Il rapporto è infatti divenuto personale e coinvolge anche le famiglie. Da
quando Liebermann e Lichtwark si conoscono, il pittore si è spesso recato ad
Amburgo con la moglie ed è stato ospite del direttore del museo. Forse vi è una
buona dose di piaggeria quando, in una lettera al critico del 10 dicembre 1902,
Liebermann scrive “Amburgo è abbastanza
grande per consentirLe di realizzare le Sue idee, e non così grossa (come
Berlino) da poterLa distrarre da altri interessi” [37]. In ogni caso a
Liebermann la città sull’Elba piace davvero tanto, al punto che pensa in quegli
anni di acquisire una villa in periferia. Che Amburgo stia
comunque divenendo un centro importante per il mercato dell’arte è confermato
dal fatto che Paul Cassirer vi apre già nel 1902 una succursale della sua
galleria berlinese [38]. La Galleria Cassirer si trova sulla Jungfernstieg,
l’elegante passeggiata dove il centro della città si affaccia sul lago Alster.
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Fig. 18) La Jungfernstieg di Amburgo in un’immagine originale del 1906-1908. Fonte: http://nucius.org/photographs/panorama-of-the-jungfernstieg-promenade-with-inner-alster-lake-hamburg-c-19061908/ |
Nell’aprile del 1902 Liebermann riceve, tramite Lichtwark, la
commissione della Kunsthalle per due nuovi quadri con scene amburghesi [39];
nell’estate dello stesso anno esegue “I
giocatori di polo al parco Jenisch” e “La
terrazza del Ristorante Jacob a Nienstedten sull‘Elba” [40]. Consegna le
opere nel gennaio 1903. Sono quadri che riflettono in pieno la maturità del
pittore in termini di combinazione ‘impressionista’ tra movimento e colore,
figure e natura. È nel passaggio tra i due quadri impressionisti amburghesi del
1902 e la Riunione del 1906 che si
misura l’evoluzione stilistica di Liebermann verso canoni più classici.
Un altro punto di riferimento importante ad Amburgo è Gustav
Schiefler (1857-1935), già citato, figura singolare di magistrato
amministrativo. Appassionato di grafica, diverrà punto di riferimento come
collezionista e studioso di grafica per molti artisti tedeschi (sarà uno dei finanziatori non solamente di Liebermann, ma anche di Munch, Nolde e
del gruppo Die Brücke, il Ponte). Di
tutti Schiefler produce personalmente il catalogo ragionato dell’opera grafica.
Il 17 dicembre 1905 il giudice informa Liebermann che sta preparando una lista
sistematica delle sue opere grafiche [44]; nel gennaio 1906 gli rende visita a
Berlino per assicurarsi alcune informazioni sulle opere [45]; Liebermann dà
vita, per lui, a una nuova incisione di “Sansone e Dalila” nel luglio 1906, in
modo tale che possa essere inclusa nel catalogo, che sarà pubblicato nel 1907
(poi ampliato fino a tre volumi dallo stesso Schiefler nel 1923 e più
recentemente riedito in tedesco ed inglese nel 1991).
I ritratti della
borghesia anseatica
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Fig. 20) Max Liebermann, Ritratto del borgomastro Petersen, 1891. Source: Zeno.org via Wikimedia Commons |
Va detto che il pittore non solamente rimane malissimo per
questo ostracismo nei confronti del suo primo ritratto, convinto che quello sia
già uno dei suoi capolavori, ma che per tutto il decennio seguente torna sempre
alla carica sperando di ottenere la ‘liberazione’ del ritratto. Ancora
nell’aprile 1902 – undici anni dopo – riprende il tema, contando sul fatto che
la censura possa essere superata [46], e nel gennaio 1903 – sull'onda del successo
dei dipinti di tema amburghese appena descritti (la Partita di polo ed il Ristorante sull’Elba) – annuncia una visita ad Amburgo per cercare di risolvere
il problema [47]. Invia una nuova lettera sul tema il 10 maggio [48]. Lichtwark
lo informa che qualcosa si sta muovendo, ma che la procedura sarà
complicatissima: il nuovo borgomastro chiederà infatti l’opinione di una
commissione esterna, prima di autorizzare l’inclusione del quadro tra quelli
che il pubblico può ammirare alla Kunsthalle [49]. L’opinione favorevole degli
esperti arriva nel gennaio 1905 [50].
Con gli anni Liebermann dedica sempre più tempo ed energia
ai ritratti, non esitando, se necessario, a viaggiare per conoscere
personalmente i committenti e poterli ritrarre dal vero (e non solamente usando
delle fotografie). Così, quando Lichtwark lo contatta nel gennaio 1904 con la
notizia che “può darsi vi sia bisogno di
un ritratto di un uomo importante e significativo per la Kunsthalle” [51],
riferendosi al Dottor Hermann Strebel, la risposta positiva è immediata: “Lei conosce la mia predilezione per il
ritratto” [52]. E un anno dopo, sempre in una lettera a Lichtwark, il
pittore cita un passaggio della Fantasia
nella pittura [53] (un suo
scritto di poco precedente, pubblicato in una rivista, che egli sta
trasformando in un saggio più importante): “Si
può dire che il meglio che la pittura abbia realizzato siano rappresentazioni
di ritratti, dagli Assiri fino ad Ingres o Runge o Frank Krueger” [54]. Per
Liebermann il ritratto è parte centrale di ogni pittura naturalista, ed il
naturalismo è per lui il centro di gravitazione di ogni arte.
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Fig. 21) Nicola Perscheid, Foto di Max Liebermann nel suo atelier a Berlino, davanti al ritratto del Principe Lichnowsky, 1905. Fonte: Wikimedia Commons |
Ovviamente, i ritratti non sono solamente di personalità di
Amburgo. Nell’ottobre del 1904 Liebermann conclude a Berlino la prima versione
del ritratto di von Bode [55] ed avvia quello del principe Lichnowsky [56]. Ma
già nel 1905 inizia a lavorare a nuovi ritratti amburghesi, commissionati da
Lichtwark: quelli di Alfred von Berger e del già citato Strebel ed il ritratto
collettivo del collegio dei professori dell’università anseatica. Lichtwark
decide di esporre alla Kunsthalle i nuovi ritratti di von Bergen e Strebel
insieme al vecchio (e mai mostrato fino ad allora) ritratto del borgomastro
Petersen, in un’unica stanza della Kunsthalle dedicata alla ritrattistica di
Liebermann, in occasione di un nuovo allestimento della galleria d’arte [57].
Tale nuovo allestimento viene inaugurato il 2 ottobre 1905, con un’allocuzione
dedicata a “Come approntare una
collezione di maestri viventi”. Per l’occasione viene pubblicato il catalogo
delle nuove acquisizioni [58]. Lichtwark scrive a Liebermann che i cosiddetti
‘giovani pittori’ di Amburgo sono entusiasti delle sue opere, mentre hanno
riserve profonde nei confronti di quelle di Slevogt [59]. In generale,
tuttavia, il direttore confessa che il nuovo allestimento crea nei primi giorni
molte polemiche nel pubblico: “sento
odore di uova marce” [60]. Poi Liebermann viene rassicurato che anche il
pubblico più conservatore finalmente mostra segni di approvazione: “ne gioisco enormemente” – come egli
scrive in 27 dicembre 1905 – “anche per
ragioni egoistiche, dal momento che fino ad oggi il mio ritratto del
borgomastro Petersen era stato il pomo della discordia” [61].
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Fig. 22) Max Liebermann, Ritratto di Alfred von Berger, 1905. Source: Google Art Project, via Wikimedia Commons |
Il 2 luglio Liebermann risponde a tanti complimenti con una
confessione: “Quando ho visto Berger per
la prima volta, mi è sembrato impossibile che io potessi dipingerlo: questo
tipo colossale con una testa così gigantesca. Stavo seduto, pieno di
perplessità, davanti a lui mentre beveva una tazza di the, quando ha iniziato a
parlare ed improvvisamente mi sono trovato davanti a me l’immagine come è oggi.
Ho fatto un pastello in un’ora, il giorno dopo ne ho fatto un secondo”
[66].
[1] Liebermann, Max – Briefe, zusammengetragen, kommentiert und herausgegeben von Ernst Braun. [Lettere, Raccolte, commentate ed edite da Ernst Braun], Baden-Baden, Deutscher Wissenschaftlicher-Verlag (DWV), Terzo volume - (1902-1906), 2013, 651 pagine.
[2] Achenbach, Sigrid e Matthias Eberle, Max Liebermann in seiner Zeit [Max Liebermann nel suo tempo], Catalogo della mostra alla Nationalgalerie Berlin / Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz (6 Settembre - 11. November 1979) ed alla Bayerischen Staatsgemäldesammlungen Haus der Kunst (15 Dicembre 1979 – 17 Febbraio 1980), Monaco di Baviera, Prestel, 1979, 687 pagine.
[3] Fleck, Robert - Max Liebermann. Wegbereiter der Moderne [Max Liebermann, precursore del moderno], Colonia, DuMont, 2011, 224 pagine.
[4] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 432.
[5] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.260.
[6] Lichtwark, Alfred - Briefe an Max Liebermann [Lettere a Max Liebermann], a cura di Carl Schellenberg, Amburgo, Trautmann, 349 pagine. Citazione contenuta a pagina 54 nell’introduzione di Carl Schellenberg.
[7] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 350.
[8] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 318.
[9] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 322.
[10] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 323.
[11] Riegl, Alois, Das Holländische Gruppenporträt, in: Kunsthistorische Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, Vienna, 1902. L’originale è disponibile all’indirizzo
http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/jbksak1902/0077.
[12] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth [Lettere al conte Leopold von Kalckreuth], a cura di Carl Schellenberg, Amburgo, Wegner, 1957, 285 pagine. Citazione a pagina 47.
[13] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p. 47.
[14] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 327.
[15] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 335.
[16] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 349.
[17] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 432.
[18] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 445.
[19] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp. 446; 447 e 449.
[20] Lettera di Lichtwark a Leopold von Kalckreuth del 28 ottobre 1906, in: Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p. 186.
[21] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 349.
[22] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 354.
[23] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 350.
[24] Lichtwark, Alfred - Briefe an Max Liebermann (citato), p. 69.
[25] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 464.
[26] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 484.
[27] Liebermann, Max – Briefe, zusammengetragen, kommentiert und herausgegeben von Ernst Braun. (Lettere, Raccolte, commentate ed edite da Ernst Braun), Baden-Baden, Deutscher Wissenschaftlicher-Verlag (DWV), Quarto volume - (1907-1910), 2014, 613 pagine.
[28] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p.201.
[29] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.19.
[30] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.22.
[31] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.24.
[32] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.
[33] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.
[34] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.
[35] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.26.
[36] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.26.
[37] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.83.
[38] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.60.
[39] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.40.
[40] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.56.
[41] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.96.
[42] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.98.
[43] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.99.
[44] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.365. La risposta di Liebermann è del 23 dicembre 1905 (p. 366).
[45] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.380.
[46] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.40.
[47] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.100.
[48] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.116.
[49] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp.102 e 117.
[50] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.254.
[51] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.169.
[52] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.170.
[53] Liebermann, Max - Die Phantasie in der Malerei [La fantasia nella pittura], in “Die Neue Rundschau”, Vol. 1, marzo 1904, pagine 372-380. Con lo stesso titolo viene pubblicata una raccolta di scritti nel 1916.
[54] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.259.
[55] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.234.
[56] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.237.
[57] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp.265 e 328.
[58] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.352.
[59] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.352.
[60] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.353.
[61] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.372.
[62] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.256.
[63] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.317.
[64] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.317.
[65] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.319.
[66] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.320.
[12] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth [Lettere al conte Leopold von Kalckreuth], a cura di Carl Schellenberg, Amburgo, Wegner, 1957, 285 pagine. Citazione a pagina 47.
[13] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p. 47.
[14] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 327.
[15] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 335.
[16] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 349.
[17] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 432.
[18] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 445.
[19] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp. 446; 447 e 449.
[20] Lettera di Lichtwark a Leopold von Kalckreuth del 28 ottobre 1906, in: Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p. 186.
[21] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 349.
[22] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 354.
[23] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 350.
[24] Lichtwark, Alfred - Briefe an Max Liebermann (citato), p. 69.
[25] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 464.
[26] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p. 484.
[27] Liebermann, Max – Briefe, zusammengetragen, kommentiert und herausgegeben von Ernst Braun. (Lettere, Raccolte, commentate ed edite da Ernst Braun), Baden-Baden, Deutscher Wissenschaftlicher-Verlag (DWV), Quarto volume - (1907-1910), 2014, 613 pagine.
[28] Lichtwark, Alfred - Briefe an Leopold Graf von Kalckreuth (citato), p.201.
[29] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.19.
[30] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.22.
[31] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.24.
[32] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.
[33] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.
[34] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.25.
[35] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.26.
[36] Liebermann, Max – Briefe, Quarto volume (1907-1910), (citato), p.26.
[37] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.83.
[38] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.60.
[39] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.40.
[40] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.56.
[41] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.96.
[42] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.98.
[43] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.99.
[44] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.365. La risposta di Liebermann è del 23 dicembre 1905 (p. 366).
[45] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.380.
[46] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.40.
[47] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.100.
[48] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.116.
[49] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp.102 e 117.
[50] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.254.
[51] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.169.
[52] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.170.
[53] Liebermann, Max - Die Phantasie in der Malerei [La fantasia nella pittura], in “Die Neue Rundschau”, Vol. 1, marzo 1904, pagine 372-380. Con lo stesso titolo viene pubblicata una raccolta di scritti nel 1916.
[54] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.259.
[55] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.234.
[56] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.237.
[57] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … pp.265 e 328.
[58] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.352.
[59] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.352.
[60] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.353.
[61] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.372.
[62] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.256.
[63] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.317.
[64] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.317.
[65] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.319.
[66] Liebermann, Max – Briefe, Terzo volume (1902-1906), (citato) … p.320.
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