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lunedì 22 maggio 2017

Florent Fels, Propos d'Artistes [I propositi degli artisti]. Parte prima



Storia delle antologie di letteratura artistica

Florent Fels, 
Propos d'Artistes [I propositi degli artisti]
Parigi, La Renaissance du livre, 1925, 215.

Recensione di Francesco Mazzaferro. Parte Prima

[Versione originale: maggio 2017 - Nuova versione: aprile 2019]

Fig. 1) I “Propositi d’artisti” di Florens Fels, pubblicati a Parigi nel 1925

Le antologie di letteratura artistica e la riconciliazione franco-tedesca nel 1925

L’antologia Propos d’Artistes [1] (i "Propositi degli artisti") di Florent Fels [2] (1891-1977) viene pubblicata a Parigi nel 1925, lo stesso anno in cui appare a Berlino l’antologia Künstlerbekentnisse (le confessioni degli artisti) di Paul Westheim (1886-1963), già recensita in questo blog. Si tratta in entrambi i casi di antologie di scritti sull’arte che vanno dal periodo impressionista fino all’arte degli anni Venti; sono, insomma, in termini cronologici, le due prime antologie di letteratura artistica dedicate al contemporaneo. Non credo che la loro pubblicazione nello stesso anno a Parigi e Berlino possa essere una coincidenza. Fels e Westheim non solo si conoscono ma lavorano in quegli anni a progetti comuni [3]. 


Così, ad esempio, Fels pubblica grazie a Westheim il suo breve saggio Les Vieilles tapisseries françaises sia in francese sia in tedesco nel 1924 [4]. Inoltre, le loro due riviste d’arte Action. Cahiers individualistes de philosophie et d’art e Das Kunstblatt cooperano (nella rivista francese escono due articoli di Westheim nel 1921). Importanti intellettuali di quel tempo, come il critico d’arte e letteratura Carl Einstein (1885 –1940), scrivono per entrambe. La rivista francese pubblica inoltre la pubblicità della rivista Das Kunstblatt e delle opere di Westheim sotto il titolo “Voix de l’Allemagne affranchie” (Voci della Germania liberata), ovvero di una Germania considerata accettabile per il pubblico francese, perché non più contraddistinta da istinti egemonici; nell’inserzione si chiarisce che tutti i diritti per la diffusione in Francia sono riservati a Fels.


Fig. 2) Il primo numero della rivista Das Kunstblatt del gennaio 1917

Fig. 3) Paul Westheim, Lettera da Berlino, pubblicata su Action (Numero fuori serie, gennaio-aprile 1921)

Fig. 4) La pubblicità della rivista Das Kunstblatt e delle opere di Paul Westheim sulla rivista Action (
numero 6 del Dicembre 1920)

Più in generale, la rivista francese fa della diffusione della cultura tedesca in Francia uno dei propri punti distintivi, smarcandosi dal clima generalmente antigermanico del mondo parigino che, fino ad allora, insiste soprattutto sull’emarginazione della cultura tedesca rispetto al resto dell’Europa. Su Action viene pubblicata regolarmente, ad esempio, una rubrica di Lettres allemandes dedicata alla letteratura tedesca contemporanea, a firma di vari critici letterari che presentano le ultime novità nel campo del romanzo e della poesia. Anche in Germania l’anno 1925 segna un tentativo di dialogo tra le due culture, con la pubblicazione di due numeri dell’Europa Almanach (Almanacco dell’Europa) un’iniziativa di respiro chiaramente europeo da parte di Einstein e Westheim. Si tratta del tentativo di ricreare i rapporti di stretta integrazione culturale che esistevano tra Parigi e Berlino prima della Grande Guerra. Nei brevi anni della stabilizzazione economica della prima metà degli anni Venti (prima cioè della crisi del 1927) sembra dunque riaprirsi il dialogo tra le culture. Non a caso i ministri degli esteri dei due paesi, Aristide Briand e Gustav Stresemann, ricevono il premio Nobel per la pace nel 1926 per la riconciliazione tra i loro governi. La Seconda Guerra Mondiale sembra ancora lontana. La speranza di pace si rivelerà presto un’illusione.

Fig. 5) La copertina dell’Almanacco dell’Europa (Europa Almanac), disegnata da Fernand Léger nel 1925

Visioni parallele sull’arte moderna

Nonostante le differenze opinioni filosofiche (Fels è un cosiddetto ‘anarchico individualista’ anche se in quegli anni i suoi fervori rivoluzionari si vanno quietando, mentre Westheim è invece un idealista schopenaueriano ed un liberale internazionalista), le loro idee sull’arte contemporanea non sono fondamentalmente diverse. Entrambi sostengono un’arte contemporanea figurativa e classicheggiante; entrambi si oppongono ai movimenti d’avanguardia radicale che, anche per ragioni politiche di vicinanza al comunismo, vengono usati per giustificare, anche dal punto di vista dell’arte, lo smantellamento delle strutture sociali (Fels in particolare contrasta le tesi di André Breton, il grande intellettuale dadaista e surrealista, e la sua rivista Surréalisme; Westheim quelle del gallerista berlinese Herwarth Walden, uno dei grandi sostenitori dell’espressionismo, e la sua rivista Der Sturm). Sia Fels sia Westheim vogliono creare un sistema di riferimento di ‘nuovi classici’, ovvero di pittori contemporanei su cui si possa basare la futura evoluzione dell’arte, creando una nuova tradizione. Per entrambi, insomma, si pone la necessità di proporre una nuova codificazione dell’arte contemporanea che non sia incomprensibile al pubblico per i propri eccessi. L’arte diviene in quegli anni un importante bene rifugio per la borghesia abbiente delle grandi città, cui occorre proporre pittori che non vogliano distruggere l’ordine sociale. Non a caso, tra le due guerre si impone quasi ovunque il cosiddetto ‘ritorno all’ordine’ o ‘ritorno al classicismo’, ovvero negli anni in cui la media-alta borghesia diviene la nuova protagonista del mercato. Va inoltre detto - con il senno di poi - che sia Fels sia Westheim sono esponenti di un ebraismo intellettuale talmente integrato nei meccanismi della società europea da non percepire i rischi che si vanno addensando all’orizzonte. Un eccesso di ottimismo.

Fig. 6) Le “Confessioni d’artista” di Paul Westheim, pubblicate a Berlino nel 1925

Un’antologia anarchica ed individualista

Le due antologie sono comunque assai differenti in termini di struttura. Quella di Westheim è più ampia (raccoglie 88 testi di 64 artisti) e del tutto tradizionale (gli artisti sono riportati in ordine cronologico e i loro scritti sono immediatamente riconoscibili rispetto a quelli dell’autore della raccolta). Perfettamente in linea con i suoi sentimenti di ‘anarchico individualista’, l’antologia di Fels è per molti aspetti davvero sorprendente per la sua mancanza di criteri tradizionali. I criteri di scelta seguiti da Fels per identificare i 16 artisti e l’unico critico (Théodore Duret) sono esposti nella postfazione, in cui l’autore scrive: “In questo libro si trova di tutto: pittori che ammiro, altri che sono alla moda, altri che sono importanti per il loro spirito di ricerca” [5].  Cerchiamo dunque di interpretare questo testo.

Dopo Claude Monet (il padre degli impressionisti) e Théodore Duret (che – come appena detto –  non è un artista, ma un grande mercante d’arte, collezionista e – come critico d’arte – è definito il “padre della nuova estetica”), quindici artisti sono presentati in ordine alfabetico (e non cronologico, e neppure di stile). Si tratta di Chagall, Derain, Ensor, Friesz, Grosz, Kisling, Léger, Lhote, Matisse, Pascin, Picasso, Rouault, (Dunoyer de) Segonzac, Utrillo e Vlaminck. Il capitolo dedicato a ciascuno di essi (il termine ‘propos’ viene utilizzato per indicare che si tratta di testi che racchiudono i propositi e le intenzioni degli artisti) è introdotto da ritratti fotografici d’autore (davvero belli): nel caso di Derain, Friesz, Léger, Matisse, Picasso, Rouault e Vlaminck si tratta di foto originali di Man Ray. 

Ma soprattutto, è il modo con cui i testi vengono esposti che è davvero speciale: ogni capitolo presenta infatti (senza soluzione di continuità e col solo utilizzo di differenti caratteri tipografici a indicarne la paternità) testi e dichiarazioni degli artisti (in corsivo) e di Fels stesso (in caratteri normali). Il lettore viene quindi messo di fronte a una combinazione di fonti dirette e di giudizi critici. Il pubblico, insomma, non legge soltanto degli scritti monografici di un critico, ma nemmeno unicamente interviste o scritti degli artisti stessi: si cimenta con una letteratura mista. In ogni sezione si confrontano e in parte si sovrappongono due personalità, quella di Fels e quella dell’artista in questione. Si tratta di una tecnica sorprendente, che Fels adotta anche nelle sue successive monografie su Matisse e Vlaminck. Catherine Bock-Weiss l’ha così descritta, riferendosi al saggio su Matisse (ma le sue osservazioni sono valide anche qui): “All’incirca un terzo offre elucubrazioni vaganti, tratteggiate in modo ‘impressionista’ su questioni estetiche [n.d.r che riguardano l’autore]; circa un altro terzo è informazione biografica sull’artista, condita di aneddoti; l’ultimo terzo presenta citazioni dirette dell’autore, disposte a caso, come se fossero tratte da interviste diverse” [6].

Nella postfazione alla sua antologia Fels spiega: “Ho voluto produrre un documento datato 1925. Non è un lavoro di critica, ma di semplice giornalismo. I veri autori sono gli artisti, citati strettamente nel linguaggio da essi stessi utilizzato. (…) Io penso che, dal momento che la vita e l’opera sono inseparabili, si rischia poco ad esprimersi pubblicamente” [7]. Si tratta davvero di una semplice documentazione giornalistica delle strategie di comunicazione degli artisti? Oppure l’antologia offre un messaggio ‘unitario’ di natura più critica, nonostante la dichiarazione della postfazione? Cercheremo di rispondere nella seconda parte del post. Quel che è evidente è che l’autore rifugge da ogni sforzo sistematico, e che il suo interesse è per le singole personalità. Inoltre lo stile testimonia una predisposizione a combinare critica d’arte e linguaggio poetico, facendo della critica d’arte una pagina di letteratura, caratteristica propria di molta parte della critica d’arte francese di Ottocento e primo Novecento. Come esempio, in fondo alla seconda parte di questo post tradurremo il capitolo su Maurice de Vlaminck, che di Fels è grande amico e compagno di idee (non a caso il libro gli è dedicato), sia perché probabilmente è uno dei più rappresentativi delle idee dell’autore dell’antologia, sia perché ne illustra l’uso del linguaggio.


L’origine giornalistica dei Propos d’Artistes

È proprio con Maurice de Vlaminck che si apre, il 26 maggio 1923, la serie di articoli “Propos d’artistes” sul Les Nouvelles littéraires, artistiques et scientifiques (d’ora in poi citato semplicemente come Les Nouvelles Littéraires, settimanale pubblicato tra 1921 e 1936), con cui Fels collabora in quegli anni come critico d’arte. La redazione annuncia: “Sotto questo titolo, il nostro collaboratore darà una serie d’interviste agli artisti più rappresentativi della giovane plastica francese. Si tratta ben meno di un’inchiesta che di una maniera di documentazione destinata al pubblico, che permette di situare chiaramente quel che i nostri contemporanei pensino del classicismo, del modernismo, dell’arte pittorica, della letteratura, dei costumi, ecc. Vlaminck, Derain, Picasso, Matisse, Jacques-Emile Blanche, Signac, Friesz, Segonzac, Van Donges, Braque, ecc. saranno invitati l’uno dopo l’altro a questa consultazione che non ha che un obiettivo: mettere i nostri lettori in contatto con il pensiero dei più eminenti artisti moderni” [8]. Si tratta dunque di un progetto che deliberatamente include solo artisti viventi (al contrario di molte altre antologie, dove spesso vengono inclusi per regola solamente artisti scomparsi).

Fig. 7) L’articolo di Florent Fels Propos d’artistes. Maurice de Vlaminck
sul settimanale Les Nouvelles Littéraires del 26 maggio 1923
Fonte: gallica.bnf.fr

L’uno dopo l’altro – al ritmo di circa uno al mese nel 1923 e con frequenza maggiore nel 1924 –compaiono gli articoli su Maurice de Vlaminck (26 maggio 1923), Othon Friesz (2 giugno), Fernand Léger (30 giugno), André Lhote (31 luglio), Picasso (4 agosto), André Derain (20 ottobre), Dunoyer de Segonzac (1 dicembre), Matisse (5 gennaio 1924), Théodore Duret (12 gennaio), Claude Monet (2 febbraio), Rouault (15 marzo), Utrillo (22 marzo), Kisling (5 aprile), George Grosz (12 Aprile), Simon Lévy (7 giugno), Utrillo (22 maggio), Marc Chagall (14 giugno), James Ensor (19 luglio), Pascin (26 luglio), Coubine (30 agosto), e Robert Delaunay (25 ottobre). Quello su Delaunay è l’ultimo articolo della serie. Un anno dopo, il 17 ottobre 1925, sempre su Les Nouvelles Littéraires, si possono reperire la pubblicità del libro e la sua recensione da parte di Edmond Jaloux (1878-1949), critico d’arte anziano della rivista. L’antologia, dunque, nasce come raccolta degli omonimi articoli apparsi nei due anni precedenti su Les Nouvelles littéraires. Ci sono tre eccezioni: i Propos d’artistes di Lévy, Coubine e Delaunay (pubblicati sulla rivista) non sono invece riproposti nel volume del 1925, per ragioni che non conosciamo. Da segnalare infine che, al momento di presentare la serie sulla rivista, la redazione aveva annunciato scritti su Blanche, Signac, Van Donges e Braque, che non furono pubblicati né sul periodico né nel libro.


L’origine giornalistica dei capitoli del libro è, in alcuni casi, evidente. Così, ad esempio, il Propos d’artistes su Monet del 2 febbraio 1924 si intitola “À Givergny chez Claude Monet” ed è in questo caso il racconto di un viaggio in macchina da Parigi a Givergny, compiuto insieme all’amico Vlaminck, per incontrare l’ottantaquattrenne padre dell’impressionismo, ancora attivo, anche se gravemente malato agli occhi [9]. Il capitolo dedicato a Théodore Duret Fels è invece ambientato nel corso di un capodanno [10].

Fig. 8) Il titolo del Propos d’Artistes dedicato a Théodore Duret: Il Primo dell’Anno con Théodore Duret.
Pubblicato su Les Nouvelles littéraires del 12 gennaio 1924

Almeno in due casi (Picasso e Derain) l’articolo non è il semplice resoconto di una conversazione. Si consideri il caso di Picasso. Nello scritto a lui dedicato, apparso sulla rivista il 4 agosto 1923 e poi riproposto intatto nel volume, viene pubblicato il testo quasi integrale della dichiarazione sul cubismo rilasciata originariamente in spagnolo da Picasso al critico d’arte messicano Marius de Zayas [11], ed apparsa a New York nella rivista The Arts nel maggio 1923. A dire il vero non vi è alcun riferimento all’originale spagnolo o alla sua traduzione inglese, e chi non conosca quel testo può essere indotto a credere che si tratti del frutto di una conversazione privata tra Picasso e Fels. Forse che lo stesso Fels fu tratto in inganno e che Picasso gli consegnò un testo in francese che era già stato utilizzato altrove? Oppure Fels non si curò di citarlo? È comunque interessante come lo stesso testo (in questo caso citando le fonti) sia incluso nell’antologia di Paul Westheim [12]. Si tratta infatti di una dichiarazione importante, in cui Picasso rivendica al cubismo la natura di pittura naturalista di stampo classico, e ne nega con forza l’appartenenza all’astrattismo. Picasso viene dunque ricondotto, per sua stessa parola, nella tradizione pittorica considerata più convincente sia da Fels sia da Westheim.

Fig. 9) L’articolo di Florent Fels Propos d’artistes. Picasso su Les Nouvelles Littéraires del 4 agosto 1923
Fonte: gallica.bnf.fr
Nella postfazione al libro si spiega che il primo obiettivo di Fels sia quello di produrre un “oggetto”; viene da pensare immediatamente ai ‘libri d’artista’ e ai manifesti programmatici che in quei decenni hanno enorme successo nel mondo dell’avanguardia, cui Fels appartiene, sia pure con molte distinzioni, come vedremo. Con l’affermazione del libro come oggetto, Fels, tuttavia, vuol probabilmente solo segnalare che ha voluto semplicemente riunire in un singolo ‘oggetto’, un libro, la raccolta dei Propos d’Artistes pubblicati nel corso di due anni su Les Nouvelles Littéraires. In ogni caso, la sua antologia non è semplicemente un libro oggetto, perché l’autore ci vuole davvero mettere di fronte alle idee di 17 artisti, come egli stesso spiega: “Di questo libro ho cercato di creare un oggetto, uno strumento, palpabile, utile e preciso” [13].


Fels critico d’arte prima del 1925

Mi sembra a questo punto utile fare un passo indietro su Fels. Nato nel 1891, viene reclutato nella Prima Guerra Mondiale come soldato-interprete grazie alla sua conoscenza dell’inglese, e qui diviene un accesso anti-militarista. La sua esperienza al fronte è del tutto parallela a quella di Georg Grosz, uno dei diciassette autori della sua antologia (l’unico tedesco), le cui pagine amare sul ruolo degli artisti e dei critici durante la Prima guerra mondiale corrispondono in gran parte al pensiero dell’autore francese. L’esperienza della guerra convince il giovane Fels sia della necessità di superare i modelli estetici tradizionali, legati al simbolismo, sia della vacuità dell’arte contemporanea, che ha propagandato o in qualche modo sostenuto lo sforzo bellico. Non a caso il suo amico Vlaminck – nel Propos a lui dedicato – usa parole di spregio per il ruolo del cubismo negli anni che portano alla guerra. L’unica arte che, sulla base del massacro al fronte, abbia ancora attendibilità è, secondo Fels, è quella prodotta dai movimenti Dada, nati a Zurigo nel 1916 e diffusasi rapidamente in Europa (è anche quello che si legge nelle pagine di Grosz, sul quale Fels pubblica – oltre alle pagine nell’antologia – altri articoli nel mondo francese [14]).

Fig. 10) Un articolo della femminista inglese Dora Marsden (1882-1860) sul numero 3 di Action dell’aprile 1920, dedicato ad arte e Filosofia, e con una xilografia dell’artista greco Demetrios Galanis.

Di ritorno dal fronte, nel 1919 il ventottenne Fels lancia insieme a Robert Mortier (pittore e poeta) e Marcel Sauvage (poeta) la rivista Action. Cahiers individualistes de philosophie et d’art (Azione. Quaderni individualisti di filosofia e d’arte), che avrà breve vita (l’ultimo numero è del 1922). I redattori sono giovani ex soldati, che per dar vita alla rivista, investono il denaro che ottengono dallo stato maggiore al momento di congedarsi dall’esercito. Il loro è un tentativo sia di svecchiare sia di aprire la cultura francese. Nel campo della letteratura Action accoglie una serie di poeti, scrittori e critici letterari come Andre Malraux, Max Jacob, Jean Cocteau e Antonin Artaud; in quello dell’arte la rivista si relaziona a tutti i movimenti d’avanguardia contemporanei (dada, fauves, cubisti), discute ed esalta la produzione dei maggiori artisti (Claude Monet, Picasso, Matisse, Henri Rousseau il doganiere), e dedica infine grande risalto all’arte africana. Dando uno sguardo ai numeri della rivista, che sono tutti disponibili su internet [15], è facile anche scoprire che essa ospita anche riproduzioni di quadri e stampe di molti fra i pittori che compariranno poi in Propos d’Artistes: Derain, Kisling, Léger, Lhote, Pascin, Utrillo, Vlaminck. Sono pubblicati articoli di critica d’arte di Duret e poesie di Vlaminck.

Fig. 11) Maurice de Vlaminck, La poesia Esitazione, in Action, Numero 7 del maggio 1921, pagina 36

All’interno del dadaismo Action predica una versione ‘soggettivista’, ovvero individualista, dell’estetica. Non propaga rivoluzioni, ma proclama la necessità di una libertà assoluta per l’artista. I punti di riferimento di Fels sono infatti i movimenti anarchici individualisti che s’ispirano a Rousseau e Proudhon; nel marzo 1920 egli tiene una conferenza su “Les Classiques de l'Esprit nouveau” e ne pubblica il testo sul periodico L’un [16]: rifiuta l’atteggiamento dadaista tradizionale di distruzione totale del passato ed identifica i nuovi classici (Monet, Cézanne, Renoir, Van Gogh) che sono la base della nuova arte. Fels si distanzia dagli atteggiamenti antisociali che alimentano il dadaismo, ed anima una polemica sulla direzione dei movimenti d’avanguardia: per lui ognuno deve fare la propria rivoluzione personale, senza distruggere i fondamenti sociali. Alla radice della teoria estetica di Fels vi sono “la valorizzazione delle psicologie individuali, l’espressione libera ma ordinata del cuore, il senso dell’arte, dell’ispirazione e dell’individualità [17].

Nel 1922 l’esperienza di Action si conclude: i soldi sono finiti e l’impresa di contrastare la deriva rivoluzionaria all’interno del dadaismo è fallita. Si impone invece dal 1924 il surrealismo di André Breton, ispirato ad una critica estetica e sociale molto più corrosiva. Fels lo condanna.


Florent Fels tra 1923 e 1925

Conclusasi nel 1922 l’esperienza di Action, Fels entra a far parte nel 1923 della redazione di Les Nouvelles Littéraires. Lì non si occupa solamente di arte contemporanea, ma di recensioni di mostre di ogni genere (dal rinascimento all’arte della Polinesia). Vi sono anche frequenti articoli che commentano gli sviluppi delle arti decorative (è di quegli anni il suo già citato saggio su arazzi e tappeti medievali).

Fig. 12) Un articolo di Florent Fels sull’arte della Melanesia, del 27 ottobre 1923

Si è già detto che Fels afferma nella postfazione dell’antologia: “Ho voluto produrre un documento datato 1925” [18]. L’idea è dunque quella di offrire al lettore quasi un instant book. In realtà il libro ci offre un’immagine in tempo reale della discussione sull’arte nel 1923-1924. Il 1925 è comunque un anno importantissimo per Fels. Oltre all’antologia, egli pubblica con Gallimard una monografia su Claude Monet e diviene redattore capo di una nuova rivista bimensile “L’Art Vivant”, fondata da Jacques Guenne (1896-1945) e Maurice Martin du Gard (1896-1970), i due direttori di “Les Nouvelles Littéraires”. La nuova pubblicazione si presenta proprio come allegato artistico (complément artistique) al settimanale letterario. L’Art Vivant è pubblicata dall’editore Larousse a partire dal gennaio 1925.

Fig. 13) Il numero 57 di “L’art Vivant”, pubblicato il 1 maggio 1927

Quanto appena detto indica che i gusti estetici di Fels (che un tempo aveva finanziato le proprie pubblicazioni con la liquidazione degli anni da semplice soldato) stanno divenendo più prossimi a quelli della grande editoria progressista francese (Gallimard, Larousse). In altre parole, egli assume orientamenti estetici sempre più classici. La rivista L’Art Vivant (che avrà vita lunga: Fels ne sarà redattore capo fino al 1939, quando la rivista chiuderà i battenti in prossimità della guerra) diviene da allora uno dei bersagli preferiti dell’intellettuale comunista e leader dei surrealisti Louis Aragon (che la chiamava “Paysan de Paris”, i contadinotti di Parigi). Vista dal lato di Aragon, l’unica antologia di letteratura artistica di stampo surrealista ed orientamento marxista sarà pubblicata vent’anni dopo, da Paul Éluard


Fine della Parte Prima


NOTE

[1] Fels, Florent - Propos d'artistes, Paris, La renaissance du livre, 1925, 215 pagine.

[2] Alcuni scritti sono firmati con il vero nome Florent-Ferdinand Felsenberg.

[3] Si vedano le pubblicazioni sui rapporti tra Francia e Germania nel campo della storia dell’arte, pubblicate prima in tedesco e poi in francese. (1) Deutsche Kunst - Französische Perspektiven: Kommentierter Quellenband zur Rezeption deutscher Kunst in Frankreich 1870-1945, a cura di Friederike Kitschen e Julia Drost, Berlino, Akademie Verlag, 2007, 506 pagine. (2) Perspectives croisées. La critique d’art franco-allemande 1870–1945, a cura di Thomas W. Gaehtgens, Mathilde Arnoux e Friederike Kitschen, Parigi, Éditions de la Maison des sciences de l'homme, 2009, 620 pagine.

[4] La pubblicazione del breve saggio era avvenuta sia in tedesco sia in francese, con introduzione di Westheim e nel quadro di una collana sulla storia dell’arte mondiale (Orbis Pictus) da lui diretta(1) In tedesco: Die Altfranzösischen Bildteppiche. A cura di Florent Fels e Paul Westheim, Orbis Pictus/Weltkunst-Bücherei, Volume 18, Verlag Ernst Wasmuth. (2) Florent Fels, Les Vieilles tapisseries françaises, con introduzione di Paul Westheim, collezione "Orbis Pictus", Ernst Wasmuth, 1924, 13 pagine.

[5] Fels, Florent - Propos d'artistes, … (citato), p. 210.

[6] Bock-Weiss, Catherine - Henri Matisse. Modernist Against the Grain, Penn State University Press, 2009, 260 pagine. Citazione a pagina 125.

[7] Fels, Florent - Propos d'artistes, … (citato), p. 210.




[11] Sulla dichiarazione di Picasso a Marius de Zaya si veda

[12] Westheim, Paul - Künstlerbekenntnisse: Briefe, Tagebücher, Betrachtungen heutiger Künstler, Berlin, Propyläen, 1923, 359 pagine.

[13] Fels, Florent - Propos d'artistes, … (citato), p. 210.

[14] Fels, Florent - En Georges Grosz, l'Allemagne trouve son Daumier, in: Les Nouvelles littéraires, 11. April 1924

[15] Tutti i numeri sono disponibili sull’internet al sito web http://bluemountain.princeton.edu.



[18] Fels, Florent - Propos d'artistes, … (citato), p. 210



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