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Karin Forsberg
Cennino Cennini – Boken om målarkonsten; Il libro dell'arte, una traduzione svedese di Karin Forsberg e Bo Ossian Lindberg (2011). Una presentazione.
PREMESSA
Nel 2011 Karin Forsberg e Bo Ossian
Lindberg hanno curato la seconda traduzione in svedese del Libro dell’arte di
Cennino Cennino [1], dopo quella di Sigurd Möller (1946) già
recensita su questo blog. Non conoscendo lo svedese, le abbiamo chiesto di
scrivere appositamente per questo blog una presentazione in italiano
dell’opera. Ne è uscito questo testo, che pubblichiamo qui di seguito,
ringraziandola infinitamente, anche per averci mandato una copia del volume.
Giovanni e Francesco Mazzaferro
* * *
Visto
che l’interesse per Il libro dell’arte
di Cennino Cennini non si placa, e che i fratelli Mazzaferro hanno dedicato parte
del loro blog ad una sorta di censimento di tutte le edizioni, antiche e
moderne, di questo libro e di ogni saggio possibile scritto sul argomento, sono
grata di avere la possibilità di aggiungere una breve presentazione della
seconda traduzione svedese, curata dalla sottoscritta, Karin Forsberg, restauratrice
e storico dell’arte, e da Bo Ossian Lindberg, professore emerito di storia
dell’arte presso l’Università di Åbo.
La
nostra collaborazione è cominciata nel 2006 e la traduzione ha visto la luce
nel 2011. In realtà avevamo già prima, ognuno per proprio conto, preparato una
nuova traduzione svedese del libro, visto che quella di Sigurd Möller era piena
di errori e stranezze, ed era considerata (da tutti gli studiosi svedesi di
storia dell’arte) obsoleta e poco utilizzabile [2]. In Svezia, e nella
Scandinavia, veniva regolarmente consultata invece la traduzione inglese di
D.V. Thompson. Detto questo, bisogna dare atto a Möller di essere stato lui ad
aver reso noto il libro nei paesi scandinavi, dandogli un titolo che è stato
conservato anche in questa edizione.
La
nostra traduzione si basa sia su fotocopie dei manoscritti più antichi (il cod.
Mediceo-Laurenziano Plut.78.23 e il cod. Riccardiano 2190) sia sulla traduzione
inglese di Thompson e sull’edizione a cura di Fabio Frezzato del 2003 [3]. Il
testo è stato organizzato secondo la struttura di Frezzato: premessa,
introduzione, il testo di Cennini, la tabella sulle mescolanze dei colori, un
elenco dei colori di Cennini e infine un dizionario. Abbiamo rinunciato a
inserire un’edizione del testo italiano: già all’epoca si poteva consultare
online il MS della Biblioteca Laurenziana, e il libro di Frezzato era
facilmente accessibile. La nostra pubblicazione è stata finanziata dalla
Fondazione di Berit Wallenberg e dalla Fondazione del Re Gustav VI Adolf per la
cultura svedese.
Qui
sotto segue una presentazione del contenuto con qualche commento sul testo di
Cennini; mi pare che la nostra interpretazione vari rispetto ad altre
edizioni/traduzioni recenti.
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Taddeo Gaddi, Madonna col Bambino, Angeli e Santi, Firenze, Galleria degli Uffizi Fonte: Web Gallery of Art tramite Wikimedia Commons |
Premessa
Il
primo contributo alla premessa è scritto dalla Dr. Beate Knuth Federspiel,
Copenaghen, che loda la nuova traduzione. L’autrice è nota per aver contributo
alla ricerca sul gesso medievale nel suo saggio “Questions about Medieval Gesso
Grounds” (1995) [4].
Il
secondo paragrafo è scritto dal professor Lindberg, che racconta delle ricerche
operate da lui e i suoi colleghi e studenti, all’università di Lund, intorno
alle ricette di colle animali, grasse e magre, esposte nel libro di Cennini; si
tratta di lavori pubblicati in seguito da Skans e Michelsen (1986), Lindberg
(1990) e Skans (1989-90) [5]. Lindberg parla anche delle gite fatte in Toscana sulle
orme di Cennini, nei dintorni di Colle Valdelsa, alla ricerca dei pigmenti
terrosi descritti nel libro.
Nel
mio pezzo, il terzo, ho voluto sottolineare il fatto, secondo me molto
evidente, che Cennini scrive il suo libro a cavallo di due epoche, e che prende
spunto dalle esperienze di ambito fiorentino, che l’hanno formato, per
presentarle ad un pubblico interessato all’idea di una resurrezione del mondo
classico e ad un’educazione idealista del valentuomo
moderno. Cennino cerca di innalzare la Pittura sul medesimo livello della
Poesia, un’arte liberale così importante nell’epoca classica, e fatta
resuscitare dai primi umanisti italiani. Si tratta di un tentativo che
continuerà dopo Cennini (basti ricordare, tra gli altri, Leonardo da Vinci),
portando alla fine a tenere in maggiore considerazione l’arte della pittura grazie
allo studio della prospettiva e alle tangenze di tale studio con la geometria e
l’aritmetica.
Nella
premessa vengono anche elencate tutte le persone ed istituzioni che ci siamo sentiti
in dovere di ringraziare, ma io vorrei cogliere proprio questa occasione per
aggiungere il nome del Dr. Erling Skaug, che generosamente ci ha lasciato
prendere nota delle sue ricerche su Cennini, e cui nome è stato omesso nel
volume per un errore tutto mio.
Luca della Robbia, Medaglione con stemma dell'Arte dei Medici e degli Speziali, Firenze, Orsanmichele Fonte: Sailko (Francesco Bini) tramite Wikimedia Commons |
Introduzione
Nel
primo capitolo vengono presentati tutti i dati conosciuti su Cennini e la sua
famiglia, seguendo le informazioni di Frezzato, ed è stato aggiunto un discorso
sull’apprendistato dei garzoni nelle
botteghe secondo la descrizione di Cennino (capitolo CIIII). Viene citato in
proposito il contratto del 1488 tra il padre di Michelangelo Buonarroti e il
pittore Domenico Ghirlandaio [6]. Nel capitolo successivo si trova una
descrizione della situazione artistica fiorentina durante il Trecento e il
Quattrocento: cosa e quali furono le arti fiorentine, come funzionavano e che
ruolo avevano nella società? Come venivano divisi i lavori dentro una bottega?
Vengono citati la burla che Botticelli compie al suo garzone Biagio secondo il racconto di Vasari [7], i litigi tra Francesco Datini di Prato e Agnolo Gaddi
sul pagamento dei lavori fatti in Casa Datini [8] e infine, il contratto tra lo Spedale degli
Innocenti a Firenze e Domenico Ghirlandaio, interessantissimo per tutti i
dettagli riguardo la esecuzione di una pala d’altare con predella [9].
Il
terzo capitolo affronta specificamente il contenuto dell’opera cenniniana, la
forma e la lingua del testo, quando fu scritta e chi ne era il destinatario.
Ormai esiste un consenso generale tra i ricercatori sul periodo in cui Il Libro
dell’Arte fu scritto (durante il soggiorno padovano); si trattò probabilmente di
un lavoro richiesto o dalle arti padovane oppure dagli esponenti del movimento
umanista intorno alla corte patavina dei Carraresi. Nel quarto capitolo vengono
presentati i quattro manoscritti esistenti che contengono Il Libro dell’Arte e si
spiega in che relazione siano gli uni con gli altri.
Il
quinto capitolo contiene un elenco delle edizioni e delle traduzioni del Libro
dell’Arte stampate fino al 2011 (ne manca purtroppo qualcuna). Seguono poi i
nostri chiarimenti sulla nuova traduzione: ad esempio abbiamo scelto di corredare
di numeri arabi i capitoli successivi al CXL, che ne erano privi. Abbiamo
scelto di seguite grosso modo l’edizione di Frezzato (ma, ad esempio, abbiamo
diviso in due il capitolo 172, a e b) perché così diventa più facile orientarsi
tra le diverse edizioni. In queste pagine ragioniamo sul primo capitolo del
libro di Cennini: sul ruolo dell’incipit,
sul concetto delle arti liberali e meccaniche, intorno all’enfasi sulla figura
di Giotto e dei suoi seguaci, sulla pittura come poesia muta, sul concetto di ars et ingenium, e infine consideriamo di
sfuggita il ruolo dell’imitazione nell’educazione del giovane artista.
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Maso Finiguerra, Giovane disegnatore che vuole diventare architetto, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 1455 circa, 115F Fonte: http://slideplayer.it/slide/608490/ |
Il libro dell’arte
Qui
sotto vorrei solo presentare alcune nostre interpretazioni del testo di Cennini
che differiscono da quelle che si trovano nelle edizioni e traduzioni più
recenti.
Capitolo
I: “animali e alimenti”. “alimenti”
non dev’essere interpretato come “elementi”: si veda Dio creò tutte le piante per alimentare l’uomo e gli animali nel Paradiso
(Gen. 1.29-30).
Mezzo huomo mezzo cavallo. Qui Cennini sembra voler illustrare la
fantasia e la libertà del pittore proponendo l’immagine di un centauro: è stato
detto che questa metafora verrebba dall’Ars
poetica di Orazio. Ma il “mostro” di Orazio non è un centauro, e, comunque,
la conclusione a cui arriva Orazio è del tutto opposta rispetto a quella di
Cennini: secondo Orazio troppa libertà crea solo mostri, mentre Cennini considera
la “libertà di espressione” come uno dei motivi per avvalorare la somiglianza
tra Poesia e Pittura. Secondo noi il legame con Orazio dovrebbe essere
considerato con cautela.
Capitoli
II e III: a nostro parere andrebbe approfondita la ricerca dell’origine
stilnovistica di questi due capitoli, e, inoltre, si dovrebbe ragionare
sull’enfasi con cui Cennini propone il concetto dell’amore naturale in base al quale un fanciullo si dimostra adatto ad
un mestiere. E’ probabile che Cennini avesse in mente sia le idee della nuova
educazione umanista, presentate, tra gli altri, da Guerino da Verona, sia la
leggenda di Giotto e del modo con cui Cimabue ne “scoprì” il talento [10].
Capitolo
XIV: come temperare una penna d’oca. La descrizione viene da alcuni considerata
incompleta, perché non contiene istruzioni per la fenditura della punta della
penna. Ma la penna di Cennini serve per disegnare e non per scrivere, ed è
probabile che l’artista la voglia intenzionalmente senza fenditura. Anche nell’Operina di Arrighi si legge che la
fenditura si può aggiungere come ultimo passaggio, ma che la cosa è del tutto
facoltativa [11].
Capitolo
LVIII: bianco sangiovanni, il
pigmento bianco preferito per gli affreschi, fatto di fior di calcina e lavato
e purgato in acqua per diversi giorni. Il risultato consiste nel CaCO3
(carbonato di calcio) completamente spento e senza il minimo potere legante. Si
trova anche come calcite nella natura. Si vedano Baldinucci e Cristoforo Sorte
[12]
Capitolo
LX: azzuro della Magna. Vorremmo suggerire
una lettura alternativa della frase ben e
vero che con arte ecc. , la quale sembra corrotta in tutt’e due MSS più
antichi. L’uso di un pastello per preparare l’azzurite sembra improbabile e una
ricostruzione della frase potrebbe essere: ben
e vero che con martello over pestello si vuol ridurre a perfectione. Questa
interpretazione è più in linea con la preparazione consueta dell’azzurite (e,
volendo, della malachite).
Capitolo CXIIII: l’ultima frase del capitolo sembra corrotta, ma noi la vorremmo
ricostruire come segue: essappi chello
inchollare e ingiessare vuole essere il tenpo alido eventoso [e] vuole essere
lacholla piu forte dinverno[.] [Sia] destate che d inverno [il] mettere d oro
vuol essere il tenpo umido e piovoso.
Capitolo
CXV: gesso volteriano. Il gesso
grosso e sottile di Volterra veniva ricavato dall’alabastro (alabastrite), come
afferma anche Baldinucci, ed era identico al gesso da oro. Non è chiaro se il
gesso volterrano usato per ancone fosse cotto o non cotto; Cennini non ne parla.
Il potere legante del gesso grosso potrebbe dipendere dalla colla. Cennino dice
che il gesso grosso dev’essere purgato e tamigiato a modo di farina (cioè sotto
forma di una polvere) e poi macinato con la colla. Il gesso sottile, invece,
dev’essere purgato nell’acqua per un mese, e così perde ogni potere legante (il
gesso sottile veniva anche chiamato gesso marcio). Nel capitolo CXVI si trovano
le istruzioni per preparare il gesso sottile, ma la procedura non è identica
nei MSS più antichi: nel codice laurenziano c’è scritto rimena ogni dì l aqua che squasi simarciscie, e nel codice
riccardiano si trova e rinuovarsi ogni dì
l aqua che quasi si narciscie. Le due procedure diverse si trovano anche nel
manoscritto Bolognese e tra gli scritti di Jehan le Bègue [13]. Più avanti
(cap. 184) Cennini parla di un gesso da presa, e afferma che dev’essere fatto ecchotto frescho eben tamigiato.
Qui si possono usare sia il gesso bolognese (selenite) che quello volterrano
(alabastrite); l’importante è che sia cotto.
Capitolo
CXXXVI: la prieta da brunire oro
dev’essere fatta a forma di schella,
cioè come una campana (da una parola germanica, skella) [14].
Capitolo
172b: opera musaicha. Vorremmo
segnalare le descrizioni delle opere musive in miniatura nel Trattato di archittetura di Filarete
[15] e nella Vita di Gaddo Gaddi del
Vasari.
Capitolo
182: imprentare una faccia di un homo.
Un capitolo decisamente difficoltoso, ma bisogna tener conto di che cosa intenda
Cennini con beretta o chapuccia:
ovviamente il processo richiede un abbigliamento che sta stretto stretto
intorno alla faccia, cioè un cappuccio oppure una beretta, uno stretto
cappuccetto di lino con bottoni o coi lacci sottogola. La benda viene cucita
intorno alla faccia sull’orlo di questa beretta. La benda lunga dall’uno omero all’altro, corrisponde
esattamente alla misura intorno della faccia. La testa della benda significa i due punti della benda, dove si
chiude questo “spazio” da riempire di gesso. Solo così la procedura ci sembra
fattibile.
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Taddeo Gaddi, Ultima Cena, Firenze, Refettorio di Santa Croce Fonte: Sailko tramite Wikimedia Commons |
Il
nostro libro finisce, come quello di Frezzato, con queste tre parti, con qualche
aggiunta e adattamento per il pubblico svedese.
La
nuova traduzione è stata accolta con entusiasmo nell’ambito culturale svedese e
nordico, non solo perché la traduzione precedente mostrava dei difetti, ma
anche perché si tratta anche di recuperare l’antico lessico svedese: la terminologia
è sparita insieme a procedure ormai obsolete. Ma per capire ed apprezzare l’arte
di una volta bisogna anche saper descriverla correttamente.
Spero
che il riassunto sopra possa interessare a qualcuno e che il dibattito intorno
al Libro dell’arte continui in maniera fruttuosa.
NOTE
[1] Forsberg, K., Lindberg, B. O., Cennino Cennini, Boken om målarkonsten; Il libro dell’arte, Sekel förlag, Lund 2011.
[2] Möller, S., Cennino Cennini, Boken
om målarkonsten, (1947), Till e Från Förlag, Stoccolma 2000.
[3] Frezzato, F. Cennino Cennini, Il libro dell’arte, Neri Pozza Editori, Vicenza
2003.
[4] Federspiel, B. K., “Questions about Medieval Gesso Grounds”, Historical Painting Techniques, Materials
and Studio Practise, Preprints, Leyden 1995,
[5] Skans, B. e Michelsen, P., “Die Bedeutung vom Fett in Tierlim für Malzwecke”, Mahltechnik/Restauro, aprile 1986. Lindberg, B. O., “Feta och magra limmer enligt Cennino Cennini”, Meddelelser om konservering, 1990. Skans, B. “Tillverkning och analys av gamla limmer”, Målningens anatomi, catalogo di mostra, Kulturen i Lund, 1989-90.
[6] Vasari, Vita di Michelagnolo Buonarruoti, (diverse edizioni).
[7] Vasari, Vita di Sandro Botticello, (diverse ed.).
[8] Origo,I. Köpmannen från Prato, Forum, Stoccolma 1987.
[9] Nordberg, M., Renässansmänniskan, Tiden, Stoccolma 1993. Baxandall, M., Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento, Einaudi, Torino 2001.
[10] Vasari, Vita di Giotto, (div. ed.).
[11] Arrighi, L., La operina di Ludovico Vicentino, Venezia 1522.
[12] Baldinucci, F., Vocabolario toscano dell’arte del disegno, Firenze 1681. Sorte, C., Osservazioni della pittura, 1580.
[13] Merrifield, M. P., Original Treatises on the Arts of Painting, vol. I, pp. 93-5; vol. II, pp. 491-3, Dover Publ., New York 1967.
[14] Du Cange, Charles du Fresnes, Glossarium.., ed. Favre, Niort 1883-7.
[15] Filarete, A. A., Trattato dell’archittetura, 1461-64.
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