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Kunstliteratur als Italienerfahrung
[La letteratura artistica come esperienza dell'Italia]
A cura di Helmut Pfotenhauer
Villa Vigoni Series, Number 5
Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1991, 327 pages
Recensione di Francesco Mazzaferro - Parte Seconda
Kunstliteratur als Italienerfahrung
[La letteratura artistica come esperienza dell'Italia]
A cura di Helmut Pfotenhauer
Villa Vigoni Series, Number 5
Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1991, 327 pages
Recensione di Francesco Mazzaferro - Parte Seconda
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Fig. 11) Johann Friedrich Eich, Ritratto dello scrittore Johann Jakob Wilhelm Heinse, 1779 |
Continuiamo a
descrivere i contributi più significativi degli atti del convegno italo-tedesco
su “La letteratura artistica come esperienza dell’Italia”, che si è tenuta a
Villa Vigoni, sul lago di Como, nel 1990. La seconda parte si occupa della
letteratura artistica tra la seconda metà del Settecento ed il primo Novecento.
La ‘Descrizione delle immagini’ di Wilhelm Heinse
Claudia Becker,
Gottfried Boehm (1942-) ha insegnato storia dell’arte a
Bochum, Gießen e Basilea. Insieme al già citato Norbert Miller è stato il
curatore dei cinque volumi della Biblioteca della letteratura artistica (1992-1995).
Il suo contributo al convegno a Villa
Vigoni si concentra sul protoromantico Wilhelm Heinse (1749–1803), che nella
letteratura artistica tedesca ha segnato un passo fondamentale, inaugurando il
genere della descrizione letteraria dei quadri (con la raccolta delle Düsseldorfer Gemäldebriefe del 1776-1777 [40],
una serie di lettere fittizie ad un amico per descrivergli i dipinti nella
galleria di Düsseldorf). Dal punto di vista della storia del gusto, Heinse è
stato il grande oppositore di Winckelmann, attaccando duramente la sua
ossessione per la statuaria maschile dell’antichità greca [41], ed esaltando i
colori dei veneti e di Rubens.
Lo scritto di Boehm è tutto dedicato ad uno studio lessicale
di alcune lettere di Heinse. Come scrittore d’arte, quest’ultimo si pone
l’obiettivo di narrare l’effetto piacevole che il dipinto ha sullo spettatore,
mirando all’unità tra la superficie della pittura e l’occhio dello spettatore
che l’ammira [42], e giungendo in alcuni casi a comunicare addirittura
l’impressione di eccitazione sessuale per la bellezza dei corpi. Per lui i
quadri non sono oggetti, ma fonti di energia e piacere. La descrizione è
estremamente minuziosa, e si concentra non sull’azione, ma sul rapporto tra
tutte le parti del quadro (le figure, gli oggetti, i paesaggi) ed il suo
insieme. L’obiettivo è quello di offrire al lettore il medesimo percorso
cognitivo che l’occhio dello spettatore porta a termine, analizzando la
costruzione della pittura e derivando da essa un’impressione di naturalezza
[43].
Giorgio Cusatelli,
Canova come “teorico dell’arte”
Giorgio Cusatelli (1930-2007) è stato uno dei più importanti
germanisti italiani (oltre che per molti anni direttore della direzione della
casa editrice Garzanti). A lui si deve un breve scritto su Antonio Canova (1757–1822) come teorico dell’arte, che si apre ricordando come lo scultore – pur
avendo espresso l’opinione che gli artisti non potessero essere fonti di
pensiero estetico e considerando il classicismo uno stile e non un pensiero
[44] – fosse uomo di grande cultura. I
suoi Pensieri sulle Belle Arti,
pubblicati postumi da Melchior Missirini nel 1824, rivelano la sua impostazione
aristotelica, con cui egli si oppone al platonismo di Winckelmann, alla tesi di
quest’ultimo sul primato della statuaria greca ed al classicismo ellenizzante
di Thordvaldsen [45].
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Fig. 12) Antonio Canova, Venere Italica, 1804-1811 |
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Fig. 13) Bertel Thorvaldsen, Venere con la mela, 1813-16 |
Alcuni caratteri preromantici del Canova spiegano dunque
perché egli sia stato oggetto di critica in Germania come non sufficientemente
classico, soprattutto ad opera di Carl Ludwig Fernow [46].
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Fig. 14) Carl Ludwig Fernow, Studi romani, 1806 |
Friedmar Apel,
Le acrobazie italiane di C.G. Carus. Esperienze artistiche ed organizzazione di una vita borghese nel XIX secolo
Il germanista Friedmar Apel (1948-) si dedica ad una
personalità poco conosciuta fuori della Germania: il medico e pittore Carl
Gustav Carus (1789 –1869). Autore di una produzione scientifica molto ampia
(con opere in settori diversi della medicina), Carus ci ha lasciato 1500 tele e
scritti anche nel campo della letteratura artistica [47]. Il suo programma era
“il matrimonio della scienza e dello
spirito poetico” [48]. Nelle sue Nove
lettere sulla pittura di paesaggio (Neun
Briefen über Landschaftsmalerei [49])
egli propone il tema dell’identità tra divino e paesaggio; crede che il
mondo reale delle cose e quello delle idee siano unificati dalla natura
fondamentale delle dimensioni (superficie, linea, punto). La raffigurazione
pittorica del paesaggio è dunque null’altro che una rappresentazione dello
spirito del mondo [50] e consente all’uomo di annullarsi nell’immensità del
divino [51]. Il suo "Viaggio in Germania,
Italia e Svizzera nell’anno 1828" [52] ripropone il tema della
sintesi tra arte e scienza, così come tra religione e paesaggio. I suoi diari
di viaggio in Italia rivelano una dicotomia tra grande ammirazione per l’arte e
costante pregiudizio negativo sulla realtà dell’Italia dell’epoca. È comunque
uno dei pochissimi viaggiatori tedeschi ad interessarsi dell’arte dei
contemporanei italiani, commentando fra l’altro l’opera “L’ultimo addio di Romeo e Giulietta” di Francesco Hayez [53].
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Fig. 15) Carl Gustav Carus, Pellegrino nella valle rocciosa, 1820 circa |
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Fig. 16) Francesco Hayez, L’ultimo addio di Romeo e Giulietta, 1823 |
Germania ed Italia. Il significato della pittura preraffaellita nelle concezioni artistiche di Friedrich Schlegel
Lucia Borghese,
La professoressa Claudia Becker insegna sociologia degli
strumenti di comunicazione di massa a Padeborn. Il suo contributo ci rivela il
filosofo e critico letterario Friedrich Schlegel nella prospettiva di critico
d’arte con gli scritti che egli divulga sulla rivista “Europa”, da lui
pubblicata a Parigi in epoca napoleonica [54]. Dalla capitale francese Schlegel
attacca la rivista filo-classicista Propyläen,
animata da Goethe a Weimar, ponendosi nella prospettiva protoromantica di
Wackenroder e dello Sturm und Drang.
Al Louvre, Friedrich Schlegel ha la possibilità di ammirare la collezione di
pittura più completa che mai si sia potuta vedere, dal medioevo fino all’epoca
moderna, concentrata a Parigi grazie alla politica di requisizione di Napoleone
[55]. L’enorme collezione d’arte gli permette di storicizzare i suoi gusti.
Come romantico egli critica nei suoi articoli (pubblicati nel 1803) i Carracci
[56], Guido Reni ed il Domenichino [57], e considera la scuola di Bologna come
l’origine della decadenza dell’arte italiana; i suoi preferiti sono invece i
primitivi, ovvero i tardomedievali ed i quattrocenteschi italiani [58], ed in
particolare Bellini, Perugino, Mantegna e Masaccio, di cui apprezza “le forme severe ed i rapporti ispirati alla
purezza” [59]; gli ultimi pittori da lui considerati degni di
considerazione sono Tiziano, Correggio, Giulio Romano ed Andrea del Sarto [60].Con
Schlegel il culto di Raffaello si trasferisce dal trionfo delle grandi pitture
classiche, prima di tutte la Trasfigurazione,
che campeggiava al Louvre come più bel dipinto della storia (Mengs, Goethe,
Hegel) all’intimità delle Madonne,
soprattutto la Madonna del Diadema blu per
la delicatezza dei colori (oggi è considerata un’opera minore, eseguita da
Raffaello con allievi della sua scuola) [61]. In opposizione alla dottrina
vigente in epoca napoleonica, egli crede poi che la vera arte debba avere un
soggetto religioso; crea in tal modo la base programmatica per i nazareni che
si costituiranno a Roma nel 1809 nella Confraternita
di San Luca.
Letteratura artistica a Firenze nel tardo diciannovesimo secolo: gli scritti di Karl Hillebrand e Adolf von Hildebrand
Giacomo Agosti
“Storici dell’arte”, “Conoscitori” e “Funzionari di musei”: i colleghi tedeschi di Adolfo Venturi a cavallo tra XIX e XX secolo
Lucia Borghese Bruschi è docente di lingua e letteratura
tedesca all'Università di Firenze. In questo intervento si dedica alla produzione
estetica dello storico Karl Hillebrand (1829-1884), della scrittrice Isolde
Kurz (1853-1944) e dello scultore Adolf von Hildebrand (1847–1921). I tre
furono attivi a Firenze verso la fine del diciannovesimo secolo. Rispetto alle
capitali della cultura europea dell’epoca, il capoluogo fiorentino si
contraddistingue per dimensioni ridotte, un ritmo di vita più rilassato e –
come von Hildebrand scrive ai genitori nel 1867 – è un vero e proprio paradiso
in terra [62]. I tre formano un gruppo ideologicamente conservatore, che
rifiuta l’affermazione della borghesia, la rivoluzione francese, i moti del
1848, l’industrializzazione, la fotografia e le nuove tecnologie di
riproduzione delle immagini: Isolde Kurz idealizza Firenze come ultimo bastione
di una società aristocratica e tradizionale, che rifiuta i processi industriali
in atto nell’impero tedesco [63]. Celebra Firenze perché non si sta ancora
impestando dei vapori delle ciminiere che altrove inquinano l’aria delle grandi
città.
È forse sorprendente che, con un conservatore come
Hillebrand, si abbia una prima reazione negativa alla riscoperta dei primitivi.
In quegli anni si sta infatti sviluppando a Firenze ed in Europa un vero e
proprio culto ‘romantico’ di Beato Angelico, cui egli oppone nel 1860
l’argomento che i volti ed i tipi nelle sue pitture sono tutti uguali, quasi il
risultato di un processo meccanizzato. Insomma, Beato Angelico ricorda a
Hillebrand la standardizzazione della produzione industriale di massa [64]. Anche
il cenacolo nel chiostro di Santa Croce, allora attribuito a Giotto ed oggi a
Taddeo Gaddi, gli sembra svilito dai primi sentori di un turismo di massa
(ahimè, non sapeva che i pochi visitatori del 1860 non sarebbero ora certo
considerati un fattore di alienazione a confronto dei numeri
odierni). Insomma, l’arte dei primitivi viene associata ai difetti del mondo
moderno (la standardizzazione, l’anonimato), e l’unico rimedio sembra il
ritorno a Raffaello, Leonardo e Tiziano [65]. Nel 1873 Hillebrand pubblica un
pamphlet anonimo (Dodici lettere di un
eretico in fatto di estetica [66]) in cui proclama l’arte apollinea di
Adolf von Hildebrand come rigenerazione dell’arte e recupero della sua identità
naturalmente aristocratica.
Anche lo scultore Adolf von Hildebrand ha orrore del mondo
moderno e del suo relativismo. La soluzione sta per lui nel ritorno ad una
teologia dell’arte. Vive ritirato nel chiostro di San Francesco di Paola [67]. Isolde
lo idealizza come uomo ingenuo ed ignaro delle cose del mondo, cui ogni cosa al
di fuori dell’arte non interessa. Per lui, “l’arte
è un assoluto” [68]. Nel 1893 egli pubblica uno scritto sul problema della
forma, conosciuto in italiano come “Il problema della forma nell'arte figurativa” [69]. Il testo ha grande
diffusione, venendo pubblicato in francese nel 1903, in inglese nel 1907, in
ungherese nel 1910, in russo nel 1914 (la prima traduzione italiana è solamente
del 1949). La forma deve sfuggire ai giochi di luce ed evitare ogni esito
fotografico e non deve originare alcun effetto: è lo spettatore a doversi
identificare con la forma, non il contrario. La forma deve essere anzi
concepita in modo da impedire che l’effetto estetico dell’opera possa essere
soggetto a qualsiasi modifica per forza di cause esterne [70].
“Storici dell’arte”, “Conoscitori” e “Funzionari di musei”: i colleghi tedeschi di Adolfo Venturi a cavallo tra XIX e XX secolo
Il saggio di Giacomo Agosti, docente di Storia e metodologia
della critica d'arte all’Accademia di Brera a Milano, è dedicato ai rapporti
tra Adolfo Venturi (1856-1941) ed il mondo di lingua tedesca. A Venturi Agosti
ha dedicato un saggio nel 1996 su La
nascita della storia dell’arte in Italia [71] e ne ha anche curato la
catalogazione del carteggio [72]. Il giovane storico dell’arte modenese
pubblica a soli 26 anni, nel 1882, il catalogo della Reale Galleria Estense di
Modena [73] e mostra immediatamente di avere qualità superiori rispetto a ogni
altro critico italiano. Il suo studio lo porta, giovanissimo, a contatto con Hubert
Janitschek (1846-1893), anch’egli ancora giovane professore all’università di
Strasburgo e direttore della pinacoteca locale. È l’inizio di una cooperazione
intensa con il mondo tedesco, che ebbe una cesura solamente all’inizio della
prima guerra mondiale (il figlio Lionello partì volontario).
Prima di Venturi, le controparti nel nostro paese dei
maggiori direttori delle gallerie e dei professori universitari del mondo
tedesco, come Henry Thode (1857–1920) e Franz Wickhoff (1853–1909), erano
stati soprattutto i conoscitori, primi fra tutti Giovanni Morelli (medico, ma
uomo di grande cultura artistica e grande dimestichezza con la lingua tedesca)
e Giovan Battista Cavalcaselle (spesso considerato invece dai tedeschi più un
pratico che un uomo di profonda cultura artistica). Con Venturi, per la prima
volta, il mondo tedesco ha di fronte a sé una figura professionale moderna,
capace di gestire l’amministrazione delle belle arti (dal 1888 è a capo della
Direzione Centrale delle Antichità e delle Belle Arti) [74]. Da parte sua, come
il Borchardt riconosce nel 1904 [75], Venturi promuove la conoscenza in Italia
delle maggiori monografie europee sull’arte italiana, compresi molti studi in
lingua tedesca: diffonde tra gli studiosi italiani i saggi su Michelangelo di
Blanc [76], Grimm [77] e Justi [78], la monografia su Giotto di Thode [79],
quella su Mantegna di Kristeller [80], e poi le opere di Schmarsow su Donatello
[81] e di Vischer su Signorelli [82]. Venturi si assicura inoltre il sostegno
di molti studiosi di lingua tedesca per il suo “Archivio storico dell’arte”. Il
suo interesse per la critica tedesca si limita però alle valutazioni espresse
sull’arte italiana. Inoltre, a differenza di quanto succede in Germania con
critici d’arte come Meier-Graefe e von Seidlitz, non vi è alcun interesse per
l’arte contemporanea. Costretto a fronteggiare spesso una politica di acquisti
molto aggressiva (come quella di Bode per i musei di Berlino) Venturi decide
una politica che consenta di coinvolgere i direttori dei musei stranieri nella
conservazione del patrimonio del nostro paese, invitandoli a far parte delle
commissioni incaricate di autorizzare le esportazioni e corresponsabilizzandoli
sulla necessità di non impoverire il panorama culturale italiano [83].
NOTE
[40] Le lettere fittizie di Heinse appaiono sulla
rivista Teutsche Merkur tra 1776 e 1777.
[41] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, edited by Helmut Pfotenhauer, Tubinga, Niemeyer, 1991,
327 pagine. Serie della Villa Vigoni, Numero 5. Citazione a pagina 33.
[42] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 22.
[43] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 30.
[44] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 201.
[45] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 198.
[46] Fernow,
Carl Ludwig - Ueber den Bildhauer Canova und dessen Werke, in: Fernow, Römische
Studien, primo tome, Zurigo, Gessner, 1806, pagine 11-248.
[47] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 208.
[48] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 210.
[49] Carus, Carl Gustav - Neun Briefe über
Landschaftsmalerei, geschrieben in den Jahren 1815 - 1824. Zuvor ein
Brief von Goethe als Einleitung (Nove lettere sulla pittura di paesaggi, scritte
negli anni 1815-1824. Precedute da una lettera di Goethe come introduzione), Lipsia,
Fleischer Verlag, 1831, 212 pagine. Il testo è disponibile all’indirizzo
[50] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 214.
[51] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 216.
[52] Carus,
Carl Gustav - Reise durch Deutschland, Italien und die Schweiz im Jahre 1828,
Lipsia, Fleischer Verlag, In due parti, 1835, pagine 362 e 348. Testi
disponibili agli indirizzi https://opacplus.bsb-muenchen.de/Vta2/bsb10466541/bsb:BV008750794
[53] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 220.
[54] Schlegel,
Friedrich – Nachricht von den Gemählden in Paris, in Europa: eine Zeitschrift, 1803,
N. 1, pagine 108–157. Schlegel, Friedrich - Nachtrag italiänischer Gemählde,
in: Europa. Eine Zeitschrift, 1803, N. 2, pagine. 96–116.
[55] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 228.
[56] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 225.
[57] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 228.
[58] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 228.
[59] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 229.
[60] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 229.
[61] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 230.
[62] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 263.
[63] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 268.
[64] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 265.
[65] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 266.
[66] Hillebrand,
Karl - Zwölf Briefe eines ästhetischen Ketzers, Berlin, Oppenheim, 1874, 127
pagine.
[67] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 273.
[68] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 274.
[69] von
Hildebrand, Adolf - Das Problem der Form in der bildenden Kunst, Strassburgo,
J.H.E. Heitz, 1893, 125 pagine.
[70] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 275.
[71] Agosti, Giacomo - La nascita della storia
dell'arte in Italia: Adolfo Venturi, dal museo all'università, 1880-1940,
Marsilio, 1996, 274 pagine.
[72] Si veda
[73] Il testo è disponiile all’indirizzo
[74] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 290.
[75] Rudolf Borchardt, L’Italia derubata e i musei
stranieri, La Tribuna, 29 October 1904.
[76] Blanc,
Charles - L'Œuvre et la vie de Michel-ange, dessinateur, sculpteur, peintre,
architecte et poëte, Paris, Gazette des beaux-arts, 1876, 343 pagine. Il
testo è disponibile all’indirizzo
[77] Grimm, Herman - Leben Michelangelo's, Hannover, C.
Rümpler, 1860, in due volumi, pagine 471 e 598. Testi disponibili agli indirizzi
[78] Justi,
Carl - Michelangelo: Beiträge zur
Erklärung der Werke und des Menschen, Lipsia, Breitkopf e Härtel, 1900, 430
pagine.
[79] Thode,
Henry – Giotto, Bielefeld, Leipzig, Velhagen e Klasing, 1899, 150 pagine. Si
veda https://archive.org/stream/giotto00thod#page/n5/mode/2up.
[80] Kristeller, Paul - Andrea Mantegna, London,
Longmans, Green, 1901, 511 pagine. Si veda: https://archive.org/stream/andreamantegna00kris#page/n9/mode/2up.
[81] Schmarsow
August - Donatello. Eine Studie über den Entwicklungsgang des Künstlers und die
Reihenfolge seiner Werke, Breslavia, 1886, Verein für Geschichte der Bildenden
Künste zu Breslau, 56 pagine. Si veda:
[82] Vischer, Robert - Luca Signorelli und die
italienische Renaissance, Lipsia, Veit & Comp, 418 pagine. Si veda:
[83] Kunstliteratur
als Italienerfahrung, (citato) …, p. 299.
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