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venerdì 17 febbraio 2017

[La letteratura artistica come esperienza dell'Italia]. A cura di Helmut Pfotenhauer. Parte Seconda


English Version

Kunstliteratur als Italienerfahrung
[La letteratura artistica come esperienza dell'Italia]


A cura di Helmut Pfotenhauer

Villa Vigoni Series, Number 5
Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1991, 327 pages

Recensione di Francesco Mazzaferro - Parte Seconda

Fig. 11) Johann Friedrich Eich, Ritratto dello scrittore Johann Jakob Wilhelm Heinse, 1779


Continuiamo a descrivere i contributi più significativi degli atti del convegno italo-tedesco su “La letteratura artistica come esperienza dell’Italia”, che si è tenuta a Villa Vigoni, sul lago di Como, nel 1990. La seconda parte si occupa della letteratura artistica tra la seconda metà del Settecento ed il primo Novecento.


Gottfried Boehm, 
La ‘Descrizione delle immagini’ di Wilhelm Heinse

Gottfried Boehm (1942-) ha insegnato storia dell’arte a Bochum, Gießen e Basilea. Insieme al già citato Norbert Miller è stato il curatore dei cinque volumi della Biblioteca della letteratura artistica (1992-1995).  Il suo contributo al convegno a Villa Vigoni si concentra sul protoromantico Wilhelm Heinse (1749–1803), che nella letteratura artistica tedesca ha segnato un passo fondamentale, inaugurando il genere della descrizione letteraria dei quadri (con la raccolta delle Düsseldorfer Gemäldebriefe del 1776-1777 [40], una serie di lettere fittizie ad un amico per descrivergli i dipinti nella galleria di Düsseldorf). Dal punto di vista della storia del gusto, Heinse è stato il grande oppositore di Winckelmann, attaccando duramente la sua ossessione per la statuaria maschile dell’antichità greca [41], ed esaltando i colori dei veneti e di Rubens.

Lo scritto di Boehm è tutto dedicato ad uno studio lessicale di alcune lettere di Heinse. Come scrittore d’arte, quest’ultimo si pone l’obiettivo di narrare l’effetto piacevole che il dipinto ha sullo spettatore, mirando all’unità tra la superficie della pittura e l’occhio dello spettatore che l’ammira [42], e giungendo in alcuni casi a comunicare addirittura l’impressione di eccitazione sessuale per la bellezza dei corpi. Per lui i quadri non sono oggetti, ma fonti di energia e piacere. La descrizione è estremamente minuziosa, e si concentra non sull’azione, ma sul rapporto tra tutte le parti del quadro (le figure, gli oggetti, i paesaggi) ed il suo insieme. L’obiettivo è quello di offrire al lettore il medesimo percorso cognitivo che l’occhio dello spettatore porta a termine, analizzando la costruzione della pittura e derivando da essa un’impressione di naturalezza [43].


Giorgio Cusatelli, 
Canova come “teorico dell’arte”

Giorgio Cusatelli (1930-2007) è stato uno dei più importanti germanisti italiani (oltre che per molti anni direttore della direzione della casa editrice Garzanti). A lui si deve un breve scritto su Antonio Canova (1757–1822) come teorico dell’arte, che si apre ricordando come lo scultore – pur avendo espresso l’opinione che gli artisti non potessero essere fonti di pensiero estetico e considerando il classicismo uno stile e non un pensiero [44] –  fosse uomo di grande cultura. I suoi Pensieri sulle Belle Arti, pubblicati postumi da Melchior Missirini nel 1824, rivelano la sua impostazione aristotelica, con cui egli si oppone al platonismo di Winckelmann, alla tesi di quest’ultimo sul primato della statuaria greca ed al classicismo ellenizzante di Thordvaldsen [45].


Fig. 12) Antonio Canova, Venere Italica, 1804-1811
Fig. 13) Bertel Thorvaldsen, Venere con la mela, 1813-16

Alcuni caratteri preromantici del Canova spiegano dunque perché egli sia stato oggetto di critica in Germania come non sufficientemente classico, soprattutto ad opera di Carl Ludwig Fernow [46].


Fig. 14) Carl Ludwig Fernow, Studi romani, 1806

Friedmar Apel, 
Le acrobazie italiane di C.G. Carus. Esperienze artistiche ed organizzazione di una vita borghese nel XIX secolo

Il germanista Friedmar Apel (1948-) si dedica ad una personalità poco conosciuta fuori della Germania: il medico e pittore Carl Gustav Carus (1789 –1869). Autore di una produzione scientifica molto ampia (con opere in settori diversi della medicina), Carus ci ha lasciato 1500 tele e scritti anche nel campo della letteratura artistica [47]. Il suo programma era “il matrimonio della scienza e dello spirito poetico” [48]. Nelle sue Nove lettere sulla pittura di paesaggio (Neun Briefen über Landschaftsmalerei [49]) egli propone il tema dell’identità tra divino e paesaggio; crede che il mondo reale delle cose e quello delle idee siano unificati dalla natura fondamentale delle dimensioni (superficie, linea, punto). La raffigurazione pittorica del paesaggio è dunque null’altro che una rappresentazione dello spirito del mondo [50] e consente all’uomo di annullarsi nell’immensità del divino [51]. Il suo "Viaggio in Germania, Italia e Svizzera nell’anno 1828" [52] ripropone il tema della sintesi tra arte e scienza, così come tra religione e paesaggio. I suoi diari di viaggio in Italia rivelano una dicotomia tra grande ammirazione per l’arte e costante pregiudizio negativo sulla realtà dell’Italia dell’epoca. È comunque uno dei pochissimi viaggiatori tedeschi ad interessarsi dell’arte dei contemporanei italiani, commentando fra l’altro l’opera “L’ultimo addio di Romeo e Giulietta” di Francesco Hayez [53]. 

Fig. 15) Carl Gustav Carus, Pellegrino nella valle rocciosa, 1820 circa
Fig. 16) Francesco Hayez, L’ultimo addio di Romeo e Giulietta, 1823


Claudia Becker, 
Germania ed Italia. Il significato della pittura preraffaellita nelle concezioni artistiche di Friedrich Schlegel

La professoressa Claudia Becker insegna sociologia degli strumenti di comunicazione di massa a Padeborn. Il suo contributo ci rivela il filosofo e critico letterario Friedrich Schlegel nella prospettiva di critico d’arte con gli scritti che egli divulga sulla rivista “Europa”, da lui pubblicata a Parigi in epoca napoleonica [54]. Dalla capitale francese Schlegel attacca la rivista filo-classicista Propyläen, animata da Goethe a Weimar, ponendosi nella prospettiva protoromantica di Wackenroder e dello Sturm und Drang. Al Louvre, Friedrich Schlegel ha la possibilità di ammirare la collezione di pittura più completa che mai si sia potuta vedere, dal medioevo fino all’epoca moderna, concentrata a Parigi grazie alla politica di requisizione di Napoleone [55]. L’enorme collezione d’arte gli permette di storicizzare i suoi gusti. Come romantico egli critica nei suoi articoli (pubblicati nel 1803) i Carracci [56], Guido Reni ed il Domenichino [57], e considera la scuola di Bologna come l’origine della decadenza dell’arte italiana; i suoi preferiti sono invece i primitivi, ovvero i tardomedievali ed i quattrocenteschi italiani [58], ed in particolare Bellini, Perugino, Mantegna e Masaccio, di cui apprezza “le forme severe ed i rapporti ispirati alla purezza” [59]; gli ultimi pittori da lui considerati degni di considerazione sono Tiziano, Correggio, Giulio Romano ed Andrea del Sarto [60].Con Schlegel il culto di Raffaello si trasferisce dal trionfo delle grandi pitture classiche, prima di tutte la Trasfigurazione, che campeggiava al Louvre come più bel dipinto della storia (Mengs, Goethe, Hegel) all’intimità delle Madonne, soprattutto la Madonna del Diadema blu per la delicatezza dei colori (oggi è considerata un’opera minore, eseguita da Raffaello con allievi della sua scuola) [61]. In opposizione alla dottrina vigente in epoca napoleonica, egli crede poi che la vera arte debba avere un soggetto religioso; crea in tal modo la base programmatica per i nazareni che si costituiranno a Roma nel 1809 nella Confraternita di San Luca.


Fig. 17) Raffaello e Giovan Francesco Penni, Madonna del Diadema Blu, 1510-1511

Lucia Borghese, 
Letteratura artistica a Firenze nel tardo diciannovesimo secolo: gli scritti di Karl Hillebrand e Adolf von Hildebrand

Lucia Borghese Bruschi è docente di lingua e letteratura tedesca all'Università di Firenze. In questo intervento si dedica alla produzione estetica dello storico Karl Hillebrand (1829-1884), della scrittrice Isolde Kurz (1853-1944) e dello scultore Adolf von Hildebrand (1847–1921). I tre furono attivi a Firenze verso la fine del diciannovesimo secolo. Rispetto alle capitali della cultura europea dell’epoca, il capoluogo fiorentino si contraddistingue per dimensioni ridotte, un ritmo di vita più rilassato e – come von Hildebrand scrive ai genitori nel 1867 – è un vero e proprio paradiso in terra [62]. I tre formano un gruppo ideologicamente conservatore, che rifiuta l’affermazione della borghesia, la rivoluzione francese, i moti del 1848, l’industrializzazione, la fotografia e le nuove tecnologie di riproduzione delle immagini: Isolde Kurz idealizza Firenze come ultimo bastione di una società aristocratica e tradizionale, che rifiuta i processi industriali in atto nell’impero tedesco [63]. Celebra Firenze perché non si sta ancora impestando dei vapori delle ciminiere che altrove inquinano l’aria delle grandi città.


Fig. 18) Adolf von Hildebrand, La caccia della amazzoni, 1887-1888

È forse sorprendente che, con un conservatore come Hillebrand, si abbia una prima reazione negativa alla riscoperta dei primitivi. In quegli anni si sta infatti sviluppando a Firenze ed in Europa un vero e proprio culto ‘romantico’ di Beato Angelico, cui egli oppone nel 1860 l’argomento che i volti ed i tipi nelle sue pitture sono tutti uguali, quasi il risultato di un processo meccanizzato. Insomma, Beato Angelico ricorda a Hillebrand la standardizzazione della produzione industriale di massa [64]. Anche il cenacolo nel chiostro di Santa Croce, allora attribuito a Giotto ed oggi a Taddeo Gaddi, gli sembra svilito dai primi sentori di un turismo di massa (ahimè, non sapeva che i pochi visitatori del 1860 non sarebbero ora certo considerati un fattore di alienazione a confronto dei numeri odierni). Insomma, l’arte dei primitivi viene associata ai difetti del mondo moderno (la standardizzazione, l’anonimato), e l’unico rimedio sembra il ritorno a Raffaello, Leonardo e Tiziano [65]. Nel 1873 Hillebrand pubblica un pamphlet anonimo (Dodici lettere di un eretico in fatto di estetica [66]) in cui proclama l’arte apollinea di Adolf von Hildebrand come rigenerazione dell’arte e recupero della sua identità naturalmente aristocratica.


Fig. 19) Taddeo Gaddi, Albero della Vita, Ultima cena e storie sacre, 1355 circa

Anche lo scultore Adolf von Hildebrand ha orrore del mondo moderno e del suo relativismo. La soluzione sta per lui nel ritorno ad una teologia dell’arte. Vive ritirato nel chiostro di San Francesco di Paola [67]. Isolde lo idealizza come uomo ingenuo ed ignaro delle cose del mondo, cui ogni cosa al di fuori dell’arte non interessa. Per lui, “l’arte è un assoluto” [68]. Nel 1893 egli pubblica uno scritto sul problema della forma, conosciuto in italiano come Il problema della forma nell'arte figurativa [69]. Il testo ha grande diffusione, venendo pubblicato in francese nel 1903, in inglese nel 1907, in ungherese nel 1910, in russo nel 1914 (la prima traduzione italiana è solamente del 1949). La forma deve sfuggire ai giochi di luce ed evitare ogni esito fotografico e non deve originare alcun effetto: è lo spettatore a doversi identificare con la forma, non il contrario. La forma deve essere anzi concepita in modo da impedire che l’effetto estetico dell’opera possa essere soggetto a qualsiasi modifica per forza di cause esterne [70].


Fig. 20) Adolf von Hildebrand, Giovane in piedi, 1881-1884

Giacomo Agosti
“Storici dell’arte”, “Conoscitori” e “Funzionari di musei”: i colleghi tedeschi di Adolfo Venturi a cavallo tra XIX e XX secolo


Fig. 21) Il volume di Giacomo Agosti su Adolfo Venturi

Il saggio di Giacomo Agosti, docente di Storia e metodologia della critica d'arte all’Accademia di Brera a Milano, è dedicato ai rapporti tra Adolfo Venturi (1856-1941) ed il mondo di lingua tedesca. A Venturi Agosti ha dedicato un saggio nel 1996 su La nascita della storia dell’arte in Italia [71] e ne ha anche curato la catalogazione del carteggio [72]. Il giovane storico dell’arte modenese pubblica a soli 26 anni, nel 1882, il catalogo della Reale Galleria Estense di Modena [73] e mostra immediatamente di avere qualità superiori rispetto a ogni altro critico italiano. Il suo studio lo porta, giovanissimo, a contatto con Hubert Janitschek (1846-1893), anch’egli ancora giovane professore all’università di Strasburgo e direttore della pinacoteca locale. È l’inizio di una cooperazione intensa con il mondo tedesco, che ebbe una cesura solamente all’inizio della prima guerra mondiale (il figlio Lionello partì volontario).

Prima di Venturi, le controparti nel nostro paese dei maggiori direttori delle gallerie e dei professori universitari del mondo tedesco, come Henry Thode (1857–1920) e Franz Wickhoff (1853–1909), erano stati soprattutto i conoscitori, primi fra tutti Giovanni Morelli (medico, ma uomo di grande cultura artistica e grande dimestichezza con la lingua tedesca) e Giovan Battista Cavalcaselle (spesso considerato invece dai tedeschi più un pratico che un uomo di profonda cultura artistica). Con Venturi, per la prima volta, il mondo tedesco ha di fronte a sé una figura professionale moderna, capace di gestire l’amministrazione delle belle arti (dal 1888 è a capo della Direzione Centrale delle Antichità e delle Belle Arti) [74]. Da parte sua, come il Borchardt riconosce nel 1904 [75], Venturi promuove la conoscenza in Italia delle maggiori monografie europee sull’arte italiana, compresi molti studi in lingua tedesca: diffonde tra gli studiosi italiani i saggi su Michelangelo di Blanc [76], Grimm [77] e Justi [78], la monografia su Giotto di Thode [79], quella su Mantegna di Kristeller [80], e poi le opere di Schmarsow su Donatello [81] e di Vischer su Signorelli [82]. Venturi si assicura inoltre il sostegno di molti studiosi di lingua tedesca per il suo “Archivio storico dell’arte”. Il suo interesse per la critica tedesca si limita però alle valutazioni espresse sull’arte italiana. Inoltre, a differenza di quanto succede in Germania con critici d’arte come Meier-Graefe e von Seidlitz, non vi è alcun interesse per l’arte contemporanea. Costretto a fronteggiare spesso una politica di acquisti molto aggressiva (come quella di Bode per i musei di Berlino) Venturi decide una politica che consenta di coinvolgere i direttori dei musei stranieri nella conservazione del patrimonio del nostro paese, invitandoli a far parte delle commissioni incaricate di autorizzare le esportazioni e corresponsabilizzandoli sulla necessità di non impoverire il panorama culturale italiano [83].



NOTE

[40] Le lettere fittizie di Heinse appaiono sulla rivista Teutsche Merkur tra 1776 e 1777.

[41] Kunstliteratur als Italienerfahrung, edited by Helmut Pfotenhauer, Tubinga, Niemeyer, 1991, 327 pagine. Serie della Villa Vigoni, Numero 5. Citazione a pagina 33.

[42] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 22.

[43] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 30.

[44] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 201.

[45] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 198.

[46] Fernow, Carl Ludwig - Ueber den Bildhauer Canova und dessen Werke, in: Fernow, Römische Studien, primo tome, Zurigo, Gessner, 1806, pagine 11-248.

[47] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 208.

[48] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 210.

[49] Carus, Carl Gustav - Neun Briefe über Landschaftsmalerei, geschrieben in den Jahren 1815 - 1824. Zuvor ein Brief von Goethe als Einleitung (Nove lettere sulla pittura di paesaggi, scritte negli anni 1815-1824. Precedute da una lettera di Goethe come introduzione), Lipsia, Fleischer Verlag, 1831, 212 pagine. Il testo è disponibile all’indirizzo 

[50] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 214.

[51] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 216.

[52] Carus, Carl Gustav - Reise durch Deutschland, Italien und die Schweiz im Jahre 1828, Lipsia, Fleischer Verlag, In due parti, 1835, pagine 362 e 348. Testi disponibili agli indirizzi https://opacplus.bsb-muenchen.de/Vta2/bsb10466541/bsb:BV008750794 

[53] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 220.

[54] Schlegel, Friedrich – Nachricht von den Gemählden in Paris, in Europa: eine Zeitschrift, 1803, N. 1, pagine 108–157. Schlegel, Friedrich - Nachtrag italiänischer Gemählde, in: Europa. Eine Zeitschrift, 1803, N. 2, pagine. 96–116.

[55] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 228.

[56] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 225.

[57] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 228.

[58] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 228.

[59] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 229.

[60] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 229.

[61] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 230.

[62] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 263.

[63] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 268.

[64] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 265.

[65] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 266.

[66] Hillebrand, Karl - Zwölf Briefe eines ästhetischen Ketzers, Berlin, Oppenheim, 1874, 127 pagine.

[67] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 273.

[68] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 274.

[69] von Hildebrand, Adolf - Das Problem der Form in der bildenden Kunst, Strassburgo, J.H.E. Heitz, 1893, 125 pagine.

[70] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 275.

[71] Agosti, Giacomo - La nascita della storia dell'arte in Italia: Adolfo Venturi, dal museo all'università, 1880-1940, Marsilio, 1996, 274 pagine.

[72] Si veda 

[73] Il testo è disponiile all’indirizzo

[74] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 290.

[75] Rudolf Borchardt, L’Italia derubata e i musei stranieri, La Tribuna, 29 October 1904.

[76] Blanc, Charles - L'Œuvre et la vie de Michel-ange, dessinateur, sculpteur, peintre, architecte et poëte, Paris, Gazette des beaux-arts, 1876, 343 pagine. Il testo è disponibile all’indirizzo 

[77] Grimm, Herman - Leben Michelangelo's, Hannover, C. Rümpler, 1860, in due volumi, pagine 471 e 598. Testi disponibili agli indirizzi 

[78] Justi, Carl  - Michelangelo: Beiträge zur Erklärung der Werke und des Menschen, Lipsia, Breitkopf e Härtel, 1900, 430 pagine.

[79] Thode, Henry – Giotto, Bielefeld, Leipzig, Velhagen e Klasing, 1899, 150 pagine. Si veda https://archive.org/stream/giotto00thod#page/n5/mode/2up.

[80] Kristeller, Paul - Andrea Mantegna, London, Longmans, Green, 1901, 511 pagine. Si veda: https://archive.org/stream/andreamantegna00kris#page/n9/mode/2up.

[81] Schmarsow August - Donatello. Eine Studie über den Entwicklungsgang des Künstlers und die Reihenfolge seiner Werke, Breslavia, 1886, Verein für Geschichte der Bildenden Künste zu Breslau, 56 pagine. Si veda: 

[82] Vischer, Robert - Luca Signorelli und die italienische Renaissance, Lipsia, Veit & Comp, 418 pagine. Si veda: 

[83] Kunstliteratur als Italienerfahrung, (citato) …, p. 299.






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