Pagine

mercoledì 22 febbraio 2017

Francesco Mazzaferro. Il Conte Benedetto Giovanelli von Gerstburg: archeologia ed erudizione nel Tirolo italiano della prima metà del XIX secolo


English Version

Francesco Mazzaferro
Il Conte Benedetto Giovanelli von Gerstburg:
archeologia ed erudizione nel Tirolo italiano della prima metà del XIX secolo

Parte Prima


Fig. 1) Antonio Bonini, Ritratto del conte Benedetto Giovanelli, 1833

Quella dei Giovanelli è stata, fin dal 1500, una famiglia di nobiltà asburgica vissuta tra Veneto, Lombardia e Tirolo (sia nella parte tedesca, che faceva capo ad Innsbruck, sia quella italiana, centrata su Trento), ed ha giocato per secoli – nei suoi diversi rami – un ruolo di dialogo tra quelle realtà culturali. Il Conte Benedetto Giovanelli von Gerstburg (1775-1846), conosciuto in Italia semplicemente come Benedetto Giovanelli, è stato una figura importante per Trento, sia in termini politico-amministrativi sia in termini culturali. Ovviamente tratteremo l’argomento dal punto di vista della letteratura artistica, pur sapendo di aver a che fare con un uomo pubblico di grande importanza nella Trento asburgica (fu podestà per trent’anni). La prima parte di questo post è dedicata ai suoi scritti come cultore di storia locale in epoca romana/medievale e come archeologo. La seconda parte esamina alcuni manoscritti del Conte sulle belle arti. La terza considera il suo scritto maggiore sull’arte: la Vita di Alessandro Vittoria scultore trentino.

Fig. 2) Mappa di Trento tratta dal libro di Lorenzo Scotto 'Itinerario d'Italia' (Roma, 1761)
Fonte: Fonte: Pfranchini under the GNU Free Documentation License

Un trentino in balia degli eventi storici o un abile navigatore in acque tempestose?

La storia di Benedetto è davvero singolare, anche perché è obiettivamente segnata in alcune fasi da eventi politici che hanno cambiato profondamente le cose e, in altre fasi, da sostanziale continuità.

Ancora giovane, Benedetto prende parte ai movimenti di resistenza filoveneziana ed antinapoleonica, venendo arrestato tra 1796 e 1797 a Padova [1] (in quei mesi la rivolta contro i francesi è guidata da Iseppo Giovanelli ed Alvise Contarini, condannati a morte dall’esercito francese [2]). In quegli anni di grande disordine viaggia a lungo in Italia, prima di compiere studi giuridici ad Innsbruck. La sua militanza contro le idee rivoluzionarie deve essere stata lunga, se lo storico dell’arte Carl Friedrich von Rumohr, al termine del suo primo viaggio in Italia, testimonia come nel 1806 egli aiuti (ormai trentenne) ad organizzare, con l’aiuto del clero tirolese, la diserzione di massa a Roma di una divisione napoleonica reclutata tra prigionieri di lingua tedesca [3]: quando scattano le rappresaglie francesi, Giovanelli lascia Roma di tutta fretta e si rifugia in Tirolo. Torna dunque alle tenute della sua famiglia a Merano ed assume poi la presidenza della Società per l’economia agricola di Trento. Nel 1803 la città di Trento viene annessa al Tirolo e, nel 1805, assieme ad esso, al regno di Baviera (alleato di Napoleone). La situazione politica locale in quegli anni è assai fluida, tant’è vero che il conte viene scelto dai bavaresi pro-francesi per guidare la guardia civica a Trento contro le truppe tirolesi di Andreas Hofer [4].

Nel 1810 Trento viene staccata, sotto l’influenza di Napoleone, dalla Baviera ed aggregata al Regno d’Italia formando il nuovo dipartimento dell’Alto Adige. In quell’anno Giovanelli pubblica “Trento città d'Italia per origine, per lingua, e per costumi: ragionamento istorico in occasione che i popoli del Trentino vennero riuniti al Regno d’Italia” [5] (all’inizio della prima guerra mondiale, nel 1915, quel pamphlet verrà ripubblicato a Verona dal Comitato d'azione per il Trentino, come manifesto dell’irredentismo). Esce due anni dopo uno studio “Intorno all'antica zecca Trentina e a due monumenti reti: lettere tre”; l’ultima delle tre lettere – dedicata ad un testo in etrusco-retico – è indirizzata al celebre abate Luigi Lanzii, i cui interessi spaziavano fino alla civiltà etrusca [6]. 

Fig. 3) Il pamphlet filo-italiano del 1810

Qualunque siano le reali intenzioni del Giovanelli nel rivendicare l’italianità di Trento nel 1810, gli Asburgo si fidano di lui, affidandogli il governo della città, non appena prendono di nuovo possesso del Tirolo italiano nel 1816. In un nuovo scritto del 1824 Trento non è più “città d’Italia”. Il titolo è significativamente “Trento, città dei Rezi e colonia romana”. Giovanelli è podestà per trent’anni consecutivi, tra il 1816 ed il 1846 (ovvero fino alla sua morte), e non si trova nessuno che commenti in senso negativo quel periodo dell’amministrazione civica, che vide fra l’altro l’inizio del rinnovamento urbano, l’abbattimento delle mura, la costruzione del teatro. Alla sua morte la biblioteca e tutti i beni storici da lui raccolti sono per sua volontà donati al comune. Esiste anche un suo testamento ‘istituzionale’, ovvero i “Ricordi del conte Benedetto Giovanelli podestà̀ di Trento (dal 1815 al 1846) al suo successore” [7], che tuttavia non sono riuscito a consultare. Oggi il conte è figura quasi dimenticata in Italia (non esiste una voce a lui dedicata nel Dizionario biografico degli italiani), forse perché ha servito per gran parte della sua vita le autorità di Vienna ed Innsbruck, e non è dunque in linea con la narrativa storica che giustifica l’ingresso del Trentino nel nostro paese con il duro giogo dell’oppressione austriaca.

Ma quel che più ci interessa sono i suoi studi. Durante i trent’anni come podestà, Giovanelli coltiva il suo interesse per l’epigrafia e l’archeologia: pubblica una serie di scritti in italiano ed in tedesco in cui, partendo dalla lettura e dall’interpretazione di iscrizioni e lapidi d’età romana, ricostruisce la storia del territorio dall’epoca retica a quella longobardo-bavarese. Nel 1824 costituisce nel Palazzo Municipale di Trento la prima collezione pubblica di Monumenti patri, in gran parte lapidi e sculture romane; lo stesso anno pubblica a Trento il “Discorso sopra un’iscrizione trentina del tempo degli Antonini” e a Bolzano il saggio “Ueber die in der k.k. Bibliothek in Innsbruck befindliche Ara Dianae und die Richtung der Römerstrasse Claudia Augusta von Tridento bis Vipiteno” (Sull’ara di Diana che si trova nella reale ed imperiale Biblioteca di Innsbruck e sul tracciato della strada romana Claudia Augusta tra Trento e Vipiteno) [8]. Nel 1825 arricchisce la collezione archeologica con la Situla di Cembra, su cui pubblica uno scritto nel 1833 [9]. Con il passare degli anni si moltiplicano i saggi in italiano ed in tedesco su ritrovamenti archeologici nei Tirolo, l’antica Rezia. Dal 1839 è socio corrispondente dell’Accademia delle scienze della Baviera [10] e dal 1841 di quella di Torino [11]. 

Fig. 4) Disegno della Situla di Cembra e delle sue iscrizioni retiche pubblicato da Benedetto Giovanelli nel 1833. Landesmuseum Ferdinandeum, Innsbruck. Fonte: http://www.zobodat.at/pdf/VeroeffFerd_8_0133-0149.pdf


L’instant book del 1810, ovvero la narrazione storica al servizio di una tesi politica

“Trento città d'Italia per origine, per lingua, e per costumi”, ovvero il testo pubblicato nel 1810 ha l’intento “d’indagare, e scoprire una verità, che da lungo tempo cercavano di nascondere coloro, che Trento non Città d’Italia, ma di Germania, o del Tirolo francamente dichiaravano” [12]. È l’equivalente di quello che oggi noi chiameremmo un instant book: vuol difendere (in una trentina di pagine) una tesi di carattere politico pubblicando argomenti a favore immediatamente l'annessione del Trentino al Regno d’Italia nel 1810 per opera delle pressioni napoleoniche. Non è l’obiettivo di questo post documentare le ragioni del conte. Dal punto di vista metodologico, mi preme tuttavia osservare che il breve scritto non contiene alcuna analisi di monumenti – né di significato storico né artistico – per giustificare l’italianità del territorio. L’argomentazione è esclusivamente storica, basata dunque su una successione di eventi largamente conosciuti e che non richiedono un’attività di ricerca (anche se, sicuramente, la loro interpretazione è probabilmente oggetto di ampie differenze di vedute). Il testo del 1810 non appartiene dunque in alcun senso alla letteratura artistica, ma è esclusivamente un pamphlet di natura politica.

Vi è comunque un fatto che deve essere sottolineato. Il testo si apre con l’affermazione (a mio parere del tutto campata in aria) che i primi etruschi in Italia sarebbero stati i Reti (e dunque le radici della regione sarebbero italiane ben prima dell’arrivo dei romani) e si conclude con la dichiarazione che il Concilio della Controriforma si tenne a Trento proprio perché la città non era tedesca (non si voleva certo concedere ai Luterani - scrive Giovanelli - il lusso di giocare a casa). Non vi è nessun riferimento a avvenimenti più recenti. Anche quando è animato da intenzioni polemiche, Giovanelli rimane fondamentalmente un erudito ed uno studioso di cose storiche, e non si azzarda ad addentrarsi nei tortuosi avvenimenti recenti, cui pure ha partecipato.

Fig. 5) Trento, Castello del Buonconsiglio
Fonte: Fonte: Jacub Halun via Wikimedia Commons

Innsbruck e Trento, 1824 – Ispezione archeologica e definizione del tessuto dei rapporti tra differenti territori

Leggendo invece i due testi del 1824 (il “Discorso sopra un’iscrizione trentina del tempo degli Antonini” [13] pubblicato a Trento e il saggio “Ueber die in der k.k. Bibliothek in Innsbruck befindliche Ara Dianae und die Richtung der Römerstrasse Claudia Augusta von Tridento bis Vipiteno” (stampato a Bolzano) è stato facile scoprire che lo schema seguito nei due scritti (uno in italiano, l’altro in tedesco) è il medesimo, ed è del tutto differente da quello del 1810. Si tratta infatti di dissertazioni che vengono definite di natura antiquaria [14] e per le quali l’autore usa il termine “archeologia” [15].


Fig. 6) L’ara di Diana, nel disegno incluso nel saggio in tedesco del 1824 del Conte Giovanelli

Cominciamo con il saggio in tedesco sullo studio dell’ara dedicata alla dea Diana, e conservata in quei tempi alla biblioteca di Innsbruck. È un testo erudito di ben 192 pagine, scritto in un buon tedesco. Nell’introduzione l’autore annuncia che questa sarà la prima di una serie di testi su quel che i monumenti e le epigrafi romane ci possono svelare sulla regione, e spiega di aver voluto iniziare con un testo sul Tirolo tedesco, perché molto si è già scritto su quello italiano, mentre una letteratura tedesca sull’argomento manca da ormai duecento anni. Ringrazia i ‘compatrioti tedeschi’ per la benevolenza con cui vorranno considerare la sua ingenuità ed approssimazione nell’uso della lingua. Giovanelli inizia lo scritto offrendo un’interpretazione epigrafica dell’iscrizione contenuta nell’ara, ed esamina riga per riga ogni possibile opzione esegetica. Passa poi all’identificazione del luogo dove l’iscrizione si trovava in origine (in questo caso, una località romana vicino all’odierna Merano, città che ancora non esisteva), e considera quindi l’uso originario del reperto (la base di una statua sacrificale con un’immagine di Diana), la sua presunta datazione (il 180 d.C., sotto l’imperatore Commodo), il ruolo della località dove si trovava (centro logistico per assicurare le necessarie riserve all’esercito sul Danubio), gli eventi di quegli anni (dopo la campagna contro i Marcomanni, questa popolazione germanica si era insediata pacificamente esattamente in quest’area dell’impero) e le persone coinvolte (in realtà uno schiavo liberato che aveva fatto carriera come alto funzionario dell’amministrazione militare e fiscale). Da qui l’autore estende la propria analisi in senso temporale (spiegando la storia di Merano ed il ruolo della città nei difficili rapporti tra i bavari e i longobardi) ed in senso spaziale (illustrando il ruolo della Rezia come area di passaggio dall’Italia verso l’area del Danubio, ma anche come barriera dell’Italia contro le invasioni barbariche). Infine, la seconda parte dello scritto si concentra sulla struttura viaria della provincia, centrata sulla Via Claudia Augusta come ‘autostrada’ tra la pianura padana e l’area del Danubio ed il progressivo spostamento dell’attività commerciale da quella dorsale ad un asse parallelo (che passa per Aquileia) in seguito a necessità di difesa dell’Impero. Il disegno complessivo è volto a spiegare come tutto il territorio sia intensamente legato,  e come l’interazione tra mondo latino e mondo barbarico, aree linguistiche italiane ed aree linguistiche tedesche sia sempre stata molto intensa. La discussione storica si apre con l’epoca dei celti e degli etrusco-reti e non supera il limite del Medioevo.


Fig. 7) Il Discorso sopra un’iscrizione trentina del tempo degli Antonini

Passiamo ora al saggio in italiano, uscito in coincidenza con la creazione della collezione pubblica di steli ed iscrizioni nel Palazzo Municipale di Trento. Lo scritto di Giovanelli non è indirizzato agli “eruditi”, ma mira ad “accendere alcun amor delle patrie antichità ne’ miei concittadini, e segnatamente nella gioventù non ancora iniziata in questi studi”. [16] È tuttavia un testo di ben 150 pagine, molto complesso ed a volte contorto. I monumenti epigrafici, scrive il Conte, sono “disprezzati da gl’idioti, che uso farne non sanno, anzi talvolta per lo sparuto e lacero aspetto derisi” [17]. Invece, essi incontrano “le delizie de’ Letterati, solendo essi di rare e sicure notizie far lieto chiunque di sapere e d’acuto ingegno è dotato [18]. Tra tali personalità sono citati il Marchese Scipione Maffei (1675–1755), personalità di fama nazionale, il Barone Gian Giacopo [sic] Cresseri, storico trentino, e l’Abate Girolamo Tartarotti, autore fra l’altro dell’ “Apologia delle memorie antiche di Rovereto”. In altre parole, le iscrizioni sono importanti fonti di informazione, ad esempio sulla vita di centri urbani grandi e piccoli.

Giovanelli inizia anche in questo caso con l’interpretazione, riga per riga, di un’epigrafe, proveniente da un castrum militare presso Trento, un tempo impiegato contro i Reti e poi distrutto. L’epigrafe  – che il Conte considera “come uno de’ principali monumenti, di cui possa e debba gloriarsi questa città” [19] - è stata usata come materiale da costruzione in una chiesa medievale e là reperita durante un restauro. Il testo è in onore di Caio Valerio Massino; è un cittadino romano che ha connessioni stabili con la regione [20] ed ha già conseguito le massime cariche del servizio pubblico che possano essere raggiunte alla periferia dell’impero [21]; probabilmente il passo successivo sarebbe stato un richiamo a Roma per svolgere funzioni ancora maggiori. Caio Valerio Massimo svolge molteplici funzioni a Trento, ma anche a Brescia, dove è decurione nell’esercito, e a Mantova, dov’è curatore (sovrintendente) dell’amministrazione locale. Si deve dunque trattare di persona che esercita funzioni di culto, dirigenziali e di comando ad altissimo livello, sostenuto da una macchina burocratica, religiosa e militare molto efficiente.

Si sa che Caio Valerio ricopre un tipo di sacerdozio come augure presso il tempio di Giove nella città di Trento cui possono aspirare solamente i patrizi romani. Giovanelli inizia qui una ricerca sistematica di tutti i membri della gens Valeria che siano in quella condizione (anche grazie all’esame capillare dei repertori epigrafici), senza tuttavia che si possa formulare un’opinione finale. In particolare, la stele fa riferimento ai giochi (sono gare ginniche e musicali accompagnate da offerte) che si tengono in ogni centro dell’impero ogni cinque anni, per cinque giorni consecutivi (i cosiddetti Quinquennali) in onore di Giove. Come prossimo impegno, al nostro Caio Valerio spetta il compito di organizzarli a Trento.

A fianco di questi compiti religiosi e civili, egli ha anche un compito militare: opera all’interno della terza legione, battezzata Italica, creata da Marco Aurelio nel quadro delle campagne contro i Marcomanni. All’interno della legione, egli ha il compito di assicurare i viveri alle truppe, facendo anche uso di poteri tributari. Questi compiti, precisa il Conte, sono molto gravosi in una regione accidentata e dove le operazioni militari sono assai frequenti [22]; inoltre Trento e la Rezia sono la via di rifornimento per le legioni sul Danubio. Perciò, la regione è piena di magazzini da cui “vettovaglie e munizioni” [23] vengono continuamente spedite verso i confini dell’impero, per assicurarne la protezione.

A questo punto si apre una serie di parentesi che, seguendo l’ordine delle parole nell’epigrafe, ci conduce lungo una serie di argomenti diversi:
  • le strutture logistiche di comunicazione dell’esercito attraverso l’impero ed il ruolo fondamentale della navigazione sull’Adige per assicurarne il funzionamento. Si può ipotizzare che a questo compito lavorassero permanentemente duemila persone nei pressi dell’odierna Merano e duemila a Trento, come si può concludere da altre epigrafi;
  • le funzioni specifiche ricoperte da Caio Valerio all’interno della legione, che includono la manutenzione delle mura e di tutte le macchine da guerra (oggi si parlerebbe di genio militare);
  • la struttura di comando militare sotto Pertinace (console e futuro imperatore), che deve aver considerato Caio Valerio come uno dei più stretti collaboratori;
  • informazioni sulla distruzione delle mura di Trento da parte di Eruli ed Alani, e la loro ricostruzione da parte dei Goti;
  • le funzioni sacre del sacerdozio di Caio Valerio. E dato che il vino aveva una funzione essenziale per la liturgia, un ulteriore sottoinciso riguarda i vitigni della regione ed il primato di quelli trentini rispetto a tutti quelli nella Rezia e nel veronese;
  • ipotesi su come Caio Valerio abbia potuto conciliare questi incarichi a Trento con quelli che erano a lui egualmente assegnati a Brescia ed a Mantova.

Sulla base di tutti i punti menzionati, il Conte giunge alla conclusione che la stele non può essere stata posta prima del 177 d.C. Sostiene inoltre che, per una serie di nozioni giuridiche che cita, deve essere anche stata collocata prima dell’ingresso in vigore dell’Editto di Caracalla nel 217. Dunque, vi è una possibile finestra di quarant’anni, con maggiore probabilità che sia stata scritta negli anni attorno al 177.

Il fatto che il controllo di queste infrastrutture logistiche-militari sia concentrato intorno a Trento ne consolida l’importanza nell’impero romano. È evidente che uno degli obiettivi di Giovanelli è di provare che la città di cui è podestà fosse un centro nevralgico globale all’interno dell’impero romano. È a questo punto che l’attenzione dello scritto si sposta da Caio Valerio a Trento. L’autore fa dunque un salto nel tempo e ritorna all’epoca tardo repubblicana, quando il territorio di Trento è ancora popolato di colonie romane non ancora completamente saldate con la madrepatria [24], e poi all’epoca augustea, quando diviene una provincia [25]. L’area è strategica da un punto di vista militare. Da un punto di vista amministrativo, ciò comporta la necessità di cumulare forme di governo civile con forme di governo militare (come dimostra la stessa esperienza di Caio Valerio): Trento è dunque sia municipio (struttura civile) sia colonia (struttura militare) [26].

Fig. 8) Trento, Piazza del Duomo con fontana del Nettuno e lato nord della cattedrale di San Vigilio
Fonte: © Matteo Ianeselli via Wikimedia Commons

Considerazioni finali sugli scritti del 1824

Vi sono numerosi altri testi di natura simile pubblicati da Benedetto Giovanelli dopo il 1824, ma credo che le due opere appena descritte offrano già alcuni primi elementi d’informazione, sulla base dei quali si possono trarre alcune conclusioni.

Rispetto al testo del 1810, il tono della narrazione perde d’intensità civica e si fa più erudito. Dall’impiego della storia ai fini della lotta politica si passa all'epigrafia come strumento di conoscenza del passato del territorio. Questi passaggi avvengono del tutto intenzionalmente.

Il Conte è sicuramente sempre stato un grande paladino degli studi archeologici, ma scrivere su un lontano passato è anche un modo di prendere le distanze dalle insidie politiche ed amministrative del presente, che egli doveva conoscere assai bene.

Vi è un’evidente ricerca di parallelismo e ugual trattamento tra testi di tema italiano e testi di tema tedesco. Non sorprende che il tema del primato italiano del 1810 scompaia completamente nel 1824. Il passato di Trento come colonia e municipio romano non ha alcuna implicazione sul futuro di Trento all’interno dell’impero asburgico (dopo tutto, anche Vienna fu città romana).

L’attenzione fondamentale alle vicende dell’impero romano durante l’epoca degli Antonini impone una considerazione degli equilibri di potere nel Tirolo in termini di una rete geografica transnazionale, assegnando un ruolo sia al Tirolo italiano sia a quello tedesco.

In ciascuno dei due testi viene sottolineato il ruolo storico di Trento come centro di collegamento tra Nord e Sud. Le Alpi non sono una barriera. L’Adige è un’infrastruttura naturale che consente i contatti tra pianura padana e mondo danubiano.

Alla questione del primato nazionale del 1810 (Trento città italiana) si sostituisce il tema dei meriti locali della città di Trento in un impero molto più ampio (come centro della logistica tra Mediterraneo ed Europa Centrale all’epoca antonina).


Fine della Parte Prima


NOTE

[1] Oesterreichisches Bibliographisches Lexicon, voce Benedikt Giovanelli von Gerstburg. Si veda:

[2] Raccolta di tutte le carte pubbliche stampate, ed esposte ne' luoghi più frequentati della città di Venezia, Tomo X ed ultimo, 1797, pagina 97. Si veda: 

[3] von Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien: Erinnerungen. Lipsia, F.A. Brockhaus, 1832, 327 pagine.  Citazione alle pagine 144-155

[4] Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore Emilio de Tipaldo, Volume X, Venezia, 1845. Citazione a pagina 22. Si veda: 

[5] Giovanelli, Benedetto - Trento città d'Italia per origine, per lingua, e per costumi: ragionamento istorico in occasione che i popoli del Trentino vennero riuniti al Regno d’Italia, Trento, Tipografia Monauni, 1810, pagine 26. Si veda: 

[6] Benedetto, Giovanelli - Intorno all'antica zecca Trentina e a due monumenti reti: lettere tre, Trento, Tipografia Monauni, 1812, 173 pagine. Si veda: 

[7] Benedetto, Giovanelli - Ricordi del conte Benedetto Giovanelli podestà di Trento (dal 1815 al 1846) al suo successore: da un autografo inedito della Biblioteca di Trento. A cura di Giulio Taiti e Giuseppe Marietti, Trento, Tipografia Marietti, 1871, 57 pagine. Si veda:

[8] Giovanelli, Benedetto - Ueber die in der k.k. Bibliothek zu Innsbruck befindliche Ara Dianae und die Richtung der Römerstraße Claudia Augusta von Tridento bis Vipiteno, Bolzano, Eberle, 1824, 195 pagine. Si veda: 

[9] Giovanelli, Benedetto - Über ein rhätisches Gefäß und über rhätische Paläographie, in: Beiträge zur Geschichte von Tirol und Vorarlberg, Volume 8, 1834, pagine 133-149. Il testo è disponibile a: http://www.zobodat.at/pdf/VeroeffFerd_8_0133-0149.pdf

[10] Si veda: 


[12] Giovanelli, Benedetto - Trento, città d'Italia, … (citato), p. 3

[13] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina del tempo degli Antonini, Trento, Stamperia Monauri, 1824, 112 pagine. Si veda: 

[14] Giovanelli, Benedetto - Über ein rhätisches Gefäß (citato), p. 114. Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'iscrizione (citato), citazione a p. 5.

[15] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'iscrizione Trentina … (citato), citazione a p. 5 e 53.

[16] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 6.

[17] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 3.

[18] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 3.

[19] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 5.

[20] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 11.

[21] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 20.

[22] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 30.

[23] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 30.

[24] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione alle pagine 71-73.

[25] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 74.

[26] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un' iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 87.





Nessun commento:

Posta un commento