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Francesco Mazzaferro
Il Conte Benedetto Giovanelli von Gerstburg:
archeologia ed erudizione nel Tirolo italiano della prima metà del XIX secolo
Parte Prima
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Fig. 1) Antonio Bonini, Ritratto del conte Benedetto Giovanelli, 1833 |
Quella dei Giovanelli è stata, fin dal 1500, una famiglia di
nobiltà asburgica vissuta tra Veneto, Lombardia e Tirolo (sia nella parte
tedesca, che faceva capo ad Innsbruck, sia quella italiana, centrata su
Trento), ed ha giocato per secoli – nei suoi diversi rami – un ruolo di
dialogo tra quelle realtà culturali. Il Conte Benedetto Giovanelli von
Gerstburg (1775-1846), conosciuto in Italia semplicemente come Benedetto
Giovanelli, è stato una figura importante per Trento, sia in termini politico-amministrativi
sia in termini culturali. Ovviamente tratteremo l’argomento dal punto di vista
della letteratura artistica, pur sapendo di aver a che fare con un uomo
pubblico di grande importanza nella Trento asburgica (fu podestà per
trent’anni). La prima parte di questo post è dedicata ai suoi scritti come
cultore di storia locale in epoca romana/medievale e come archeologo. La
seconda parte esamina alcuni manoscritti del Conte sulle belle arti. La terza
considera il suo scritto maggiore sull’arte: la Vita di Alessandro Vittoria
scultore trentino.
Un trentino in balia degli
eventi storici o un abile navigatore in acque tempestose?
La storia di Benedetto è davvero singolare, anche perché è
obiettivamente segnata in alcune fasi da eventi politici che hanno cambiato
profondamente le cose e, in altre fasi, da sostanziale continuità.
Ancora giovane, Benedetto prende parte ai movimenti di
resistenza filoveneziana ed antinapoleonica, venendo arrestato tra 1796 e 1797
a Padova [1] (in quei mesi la rivolta contro i francesi è guidata da Iseppo
Giovanelli ed Alvise Contarini, condannati a morte dall’esercito francese [2]).
In quegli anni di grande disordine viaggia a lungo in Italia, prima di compiere
studi giuridici ad Innsbruck. La sua militanza contro le idee rivoluzionarie
deve essere stata lunga, se lo
storico dell’arte Carl Friedrich von Rumohr, al termine del suo primo
viaggio in Italia, testimonia come nel 1806 egli aiuti (ormai trentenne) ad
organizzare, con l’aiuto del clero tirolese, la diserzione di massa a Roma di
una divisione napoleonica reclutata tra prigionieri di lingua tedesca [3]:
quando scattano le rappresaglie francesi, Giovanelli lascia Roma di tutta
fretta e si rifugia in Tirolo. Torna dunque alle tenute della sua famiglia a
Merano ed assume poi la presidenza della Società
per l’economia agricola di Trento. Nel 1803 la città di Trento viene
annessa al Tirolo e, nel 1805, assieme ad esso, al regno di Baviera (alleato di
Napoleone). La situazione politica locale in quegli anni è assai fluida, tant’è
vero che il conte viene scelto dai bavaresi pro-francesi per guidare la guardia
civica a Trento contro le truppe tirolesi di Andreas Hofer [4].
Nel 1810 Trento viene staccata, sotto l’influenza di
Napoleone, dalla Baviera ed aggregata al Regno d’Italia formando il nuovo
dipartimento dell’Alto Adige. In quell’anno Giovanelli pubblica “Trento città d'Italia per origine, per
lingua, e per costumi: ragionamento istorico in occasione che i popoli del
Trentino vennero riuniti al Regno d’Italia” [5] (all’inizio della prima
guerra mondiale, nel 1915, quel pamphlet verrà ripubblicato a Verona dal Comitato
d'azione per il Trentino, come manifesto dell’irredentismo). Esce due anni dopo
uno studio “Intorno all'antica zecca
Trentina e a due monumenti reti: lettere tre”; l’ultima delle tre lettere –
dedicata ad un testo in etrusco-retico – è indirizzata al celebre abate Luigi Lanzii, i cui interessi spaziavano fino alla civiltà etrusca [6].
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Fig. 3) Il pamphlet filo-italiano del 1810 |
Qualunque siano le reali intenzioni del Giovanelli nel
rivendicare l’italianità di Trento nel 1810, gli Asburgo si fidano di lui,
affidandogli il governo della città, non appena prendono di nuovo possesso del
Tirolo italiano nel 1816. In un nuovo scritto del 1824 Trento non è più “città
d’Italia”. Il titolo è significativamente “Trento,
città dei Rezi e colonia romana”. Giovanelli è podestà per trent’anni
consecutivi, tra il 1816 ed il 1846 (ovvero fino alla sua morte), e non si
trova nessuno che commenti in senso negativo quel periodo dell’amministrazione
civica, che vide fra l’altro l’inizio del rinnovamento urbano, l’abbattimento
delle mura, la costruzione del teatro. Alla sua morte la biblioteca e tutti i
beni storici da lui raccolti sono per sua volontà donati al comune. Esiste
anche un suo testamento ‘istituzionale’, ovvero i “Ricordi del conte Benedetto Giovanelli podestà̀ di Trento (dal 1815 al
1846) al suo successore” [7], che tuttavia non sono riuscito a consultare. Oggi
il conte è figura quasi dimenticata in Italia (non esiste una voce a lui
dedicata nel Dizionario biografico degli
italiani), forse perché ha servito per gran parte della sua vita le
autorità di Vienna ed Innsbruck, e non è dunque in linea con la narrativa
storica che giustifica l’ingresso del Trentino nel nostro paese con il duro
giogo dell’oppressione austriaca.
Ma quel che più ci interessa sono i suoi studi. Durante i
trent’anni come podestà, Giovanelli coltiva il suo interesse per l’epigrafia e
l’archeologia: pubblica una serie di scritti in italiano ed in tedesco in cui,
partendo dalla lettura e dall’interpretazione di iscrizioni e lapidi d’età
romana, ricostruisce la storia del territorio dall’epoca retica a quella longobardo-bavarese.
Nel 1824 costituisce nel Palazzo Municipale di Trento la prima collezione
pubblica di Monumenti patri, in gran
parte lapidi e sculture romane; lo stesso anno pubblica a Trento il “Discorso sopra un’iscrizione trentina del
tempo degli Antonini” e a Bolzano il saggio “Ueber die in der k.k. Bibliothek in Innsbruck befindliche Ara Dianae
und die Richtung der Römerstrasse Claudia Augusta von Tridento bis Vipiteno”
(Sull’ara di Diana che si trova nella reale ed imperiale Biblioteca di
Innsbruck e sul tracciato della strada romana Claudia Augusta tra Trento e
Vipiteno) [8]. Nel 1825 arricchisce la collezione archeologica con la Situla di
Cembra, su cui pubblica uno scritto nel 1833 [9]. Con il passare degli anni si
moltiplicano i saggi in italiano ed in tedesco su ritrovamenti archeologici nei
Tirolo, l’antica Rezia. Dal 1839 è socio corrispondente dell’Accademia delle
scienze della Baviera [10] e dal 1841 di quella di Torino [11].
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Fig. 4) Disegno della Situla di Cembra e delle sue iscrizioni retiche pubblicato da Benedetto Giovanelli nel 1833. Landesmuseum Ferdinandeum, Innsbruck. Fonte: http://www.zobodat.at/pdf/VeroeffFerd_8_0133-0149.pdf |
L’instant book del 1810, ovvero la
narrazione storica al servizio di una tesi politica
“Trento città
d'Italia per origine, per lingua, e per costumi”, ovvero il testo pubblicato
nel 1810 ha l’intento “d’indagare, e
scoprire una verità, che da lungo tempo cercavano di nascondere coloro, che
Trento non Città d’Italia, ma di Germania, o del Tirolo francamente
dichiaravano” [12]. È l’equivalente di quello che oggi noi chiameremmo un instant book: vuol difendere (in una
trentina di pagine) una tesi di carattere politico pubblicando argomenti a
favore immediatamente l'annessione del Trentino al Regno d’Italia nel 1810 per opera delle pressioni
napoleoniche. Non è l’obiettivo di questo post documentare le ragioni del
conte. Dal punto di vista metodologico, mi preme tuttavia osservare che il
breve scritto non contiene alcuna analisi di monumenti – né di significato
storico né artistico – per giustificare l’italianità del territorio.
L’argomentazione è esclusivamente storica, basata dunque su una successione di
eventi largamente conosciuti e che non richiedono un’attività di ricerca (anche
se, sicuramente, la loro interpretazione è probabilmente oggetto di ampie
differenze di vedute). Il testo del 1810 non appartiene dunque in alcun senso
alla letteratura artistica, ma è esclusivamente un pamphlet di natura politica.
Vi è comunque un fatto che deve essere sottolineato. Il
testo si apre con l’affermazione (a mio parere del tutto campata in aria) che i
primi etruschi in Italia sarebbero stati i Reti (e dunque le radici della
regione sarebbero italiane ben prima dell’arrivo dei romani) e si conclude con
la dichiarazione che il Concilio della Controriforma si tenne a Trento proprio
perché la città non era tedesca (non si voleva certo concedere ai Luterani - scrive
Giovanelli - il lusso di giocare a casa). Non vi è nessun
riferimento a avvenimenti più recenti. Anche quando è animato da intenzioni
polemiche, Giovanelli rimane fondamentalmente un erudito ed uno studioso di
cose storiche, e non si azzarda ad addentrarsi nei tortuosi avvenimenti
recenti, cui pure ha partecipato.
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Fig. 5) Trento, Castello del Buonconsiglio Fonte: Fonte: Jacub Halun via Wikimedia Commons |
Innsbruck e Trento,
1824 – Ispezione archeologica e definizione del tessuto dei rapporti tra
differenti territori
Leggendo invece i due testi del 1824 (il “Discorso sopra un’iscrizione trentina del
tempo degli Antonini” [13] pubblicato a Trento e il saggio “Ueber die in der k.k. Bibliothek in
Innsbruck befindliche Ara Dianae und die Richtung der Römerstrasse Claudia
Augusta von Tridento bis Vipiteno” (stampato a Bolzano) è stato facile
scoprire che lo schema seguito nei due scritti (uno in italiano, l’altro in
tedesco) è il medesimo, ed è del tutto differente da quello del 1810. Si tratta
infatti di dissertazioni che vengono definite di natura antiquaria [14] e per
le quali l’autore usa il termine “archeologia” [15].
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Fig. 6) L’ara di Diana, nel disegno incluso nel saggio in tedesco del 1824 del Conte Giovanelli |
Cominciamo con il saggio in tedesco sullo studio dell’ara
dedicata alla dea Diana, e conservata in quei tempi alla biblioteca di
Innsbruck. È un testo erudito di ben 192 pagine, scritto in un buon tedesco.
Nell’introduzione l’autore annuncia che questa sarà la prima di una serie di
testi su quel che i monumenti e le epigrafi romane ci possono svelare sulla
regione, e spiega di aver voluto iniziare con un testo sul Tirolo tedesco,
perché molto si è già scritto su quello italiano, mentre una letteratura
tedesca sull’argomento manca da ormai duecento anni. Ringrazia i ‘compatrioti
tedeschi’ per la benevolenza con cui vorranno considerare la sua ingenuità ed
approssimazione nell’uso della lingua. Giovanelli inizia lo scritto offrendo
un’interpretazione epigrafica dell’iscrizione contenuta nell’ara, ed esamina
riga per riga ogni possibile opzione esegetica. Passa poi all’identificazione
del luogo dove l’iscrizione si trovava in origine (in questo caso, una località
romana vicino all’odierna Merano, città che ancora non esisteva), e considera
quindi l’uso originario del reperto (la base di una statua sacrificale con
un’immagine di Diana), la sua presunta datazione (il 180 d.C., sotto
l’imperatore Commodo), il ruolo della località dove si trovava (centro
logistico per assicurare le necessarie riserve all’esercito sul Danubio), gli
eventi di quegli anni (dopo la campagna contro i Marcomanni, questa popolazione
germanica si era insediata pacificamente esattamente in quest’area dell’impero)
e le persone coinvolte (in realtà uno schiavo liberato che aveva fatto carriera
come alto funzionario dell’amministrazione militare e fiscale). Da qui l’autore
estende la propria analisi in senso temporale (spiegando la storia di Merano ed
il ruolo della città nei difficili rapporti tra i bavari e i longobardi) ed in
senso spaziale (illustrando il ruolo della Rezia come area di passaggio
dall’Italia verso l’area del Danubio, ma anche come barriera dell’Italia contro
le invasioni barbariche). Infine, la seconda parte dello scritto si concentra
sulla struttura viaria della provincia, centrata sulla Via Claudia Augusta come
‘autostrada’ tra la pianura padana e l’area del Danubio ed il progressivo
spostamento dell’attività commerciale da quella dorsale ad un asse parallelo
(che passa per Aquileia) in seguito a necessità di difesa dell’Impero. Il
disegno complessivo è volto a spiegare come tutto il territorio sia
intensamente legato, e come
l’interazione tra mondo latino e mondo barbarico, aree linguistiche italiane ed
aree linguistiche tedesche sia sempre stata molto intensa. La discussione
storica si apre con l’epoca dei celti e degli etrusco-reti e non supera il
limite del Medioevo.
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Fig. 7) Il Discorso sopra un’iscrizione trentina del tempo degli Antonini |
Passiamo ora al saggio in italiano, uscito in coincidenza
con la creazione della collezione pubblica di steli ed iscrizioni nel Palazzo
Municipale di Trento. Lo scritto di Giovanelli non è indirizzato agli
“eruditi”, ma mira ad “accendere alcun
amor delle patrie antichità ne’ miei concittadini, e segnatamente nella
gioventù non ancora iniziata in questi studi”. [16] È tuttavia un testo di
ben 150 pagine, molto complesso ed a volte contorto. I monumenti epigrafici,
scrive il Conte, sono “disprezzati da
gl’idioti, che uso farne non sanno, anzi talvolta per lo sparuto e lacero
aspetto derisi” [17]. Invece, essi incontrano “le delizie de’ Letterati, solendo essi di rare e sicure notizie far
lieto chiunque di sapere e d’acuto ingegno è dotato” [18]. Tra tali personalità sono citati il
Marchese Scipione Maffei (1675–1755), personalità di fama nazionale, il Barone
Gian Giacopo [sic] Cresseri, storico trentino, e l’Abate Girolamo Tartarotti,
autore fra l’altro dell’ “Apologia delle
memorie antiche di Rovereto”. In altre parole, le iscrizioni sono
importanti fonti di informazione, ad esempio sulla vita di centri urbani grandi
e piccoli.
Giovanelli inizia anche in questo caso con
l’interpretazione, riga per riga, di un’epigrafe, proveniente da un castrum
militare presso Trento, un tempo impiegato contro i Reti e poi distrutto.
L’epigrafe – che il Conte considera “come uno de’ principali monumenti, di cui
possa e debba gloriarsi questa città” [19] - è stata usata come materiale
da costruzione in una chiesa medievale e là reperita durante un restauro. Il
testo è in onore di Caio Valerio Massino; è un cittadino romano che ha
connessioni stabili con la regione [20] ed ha già conseguito le massime cariche
del servizio pubblico che possano essere raggiunte alla periferia dell’impero
[21]; probabilmente il passo successivo sarebbe stato un richiamo a Roma per
svolgere funzioni ancora maggiori. Caio Valerio Massimo svolge molteplici
funzioni a Trento, ma anche a Brescia, dove è decurione nell’esercito, e a
Mantova, dov’è curatore (sovrintendente) dell’amministrazione locale. Si deve
dunque trattare di persona che esercita funzioni di culto, dirigenziali e di
comando ad altissimo livello, sostenuto da una macchina burocratica, religiosa
e militare molto efficiente.
Si sa che Caio Valerio ricopre un tipo di sacerdozio come
augure presso il tempio di Giove nella città di Trento cui possono aspirare
solamente i patrizi romani. Giovanelli inizia qui una ricerca sistematica di
tutti i membri della gens Valeria che siano in quella condizione (anche grazie
all’esame capillare dei repertori epigrafici), senza tuttavia che
si possa formulare un’opinione finale. In particolare, la stele fa riferimento
ai giochi (sono gare ginniche e musicali accompagnate da offerte) che si
tengono in ogni centro dell’impero ogni cinque anni, per cinque giorni
consecutivi (i cosiddetti Quinquennali)
in onore di Giove. Come prossimo impegno, al nostro Caio Valerio spetta il
compito di organizzarli a Trento.
A fianco di questi compiti religiosi e civili, egli ha anche
un compito militare: opera all’interno della terza legione, battezzata Italica, creata da Marco Aurelio nel
quadro delle campagne contro i Marcomanni. All’interno della legione, egli ha
il compito di assicurare i viveri alle truppe, facendo anche uso di poteri
tributari. Questi compiti, precisa il Conte, sono molto gravosi in una regione
accidentata e dove le operazioni militari sono assai frequenti [22]; inoltre
Trento e la Rezia sono la via di rifornimento per le legioni sul Danubio.
Perciò, la regione è piena di magazzini da cui “vettovaglie e munizioni” [23] vengono continuamente spedite verso i
confini dell’impero, per assicurarne la protezione.
A questo punto si apre una serie di parentesi che, seguendo
l’ordine delle parole nell’epigrafe, ci conduce lungo una serie di argomenti
diversi:
- le strutture logistiche di comunicazione dell’esercito attraverso l’impero ed il ruolo fondamentale della navigazione sull’Adige per assicurarne il funzionamento. Si può ipotizzare che a questo compito lavorassero permanentemente duemila persone nei pressi dell’odierna Merano e duemila a Trento, come si può concludere da altre epigrafi;
- le funzioni specifiche ricoperte da Caio Valerio all’interno della legione, che includono la manutenzione delle mura e di tutte le macchine da guerra (oggi si parlerebbe di genio militare);
- la struttura di comando militare sotto Pertinace (console e futuro imperatore), che deve aver considerato Caio Valerio come uno dei più stretti collaboratori;
- informazioni sulla distruzione delle mura di Trento da parte di Eruli ed Alani, e la loro ricostruzione da parte dei Goti;
- le funzioni sacre del sacerdozio di Caio Valerio. E dato che il vino aveva una funzione essenziale per la liturgia, un ulteriore sottoinciso riguarda i vitigni della regione ed il primato di quelli trentini rispetto a tutti quelli nella Rezia e nel veronese;
- ipotesi su come Caio Valerio abbia potuto conciliare questi incarichi a Trento con quelli che erano a lui egualmente assegnati a Brescia ed a Mantova.
Sulla base di tutti i punti menzionati, il Conte giunge alla
conclusione che la stele non può essere stata posta prima del 177 d.C. Sostiene
inoltre che, per una serie di nozioni giuridiche che cita, deve essere anche
stata collocata prima dell’ingresso in vigore dell’Editto di Caracalla nel 217.
Dunque, vi è una possibile finestra di quarant’anni, con maggiore probabilità che sia stata scritta negli anni attorno al 177.
Il fatto che il controllo di queste infrastrutture
logistiche-militari sia concentrato intorno a Trento ne consolida l’importanza
nell’impero romano. È evidente che uno degli obiettivi di Giovanelli è di
provare che la città di cui è podestà fosse un centro nevralgico globale
all’interno dell’impero romano. È a questo punto che l’attenzione dello scritto
si sposta da Caio Valerio a Trento. L’autore fa dunque un salto nel tempo e
ritorna all’epoca tardo repubblicana, quando il territorio di Trento è ancora
popolato di colonie romane non ancora completamente saldate con la madrepatria
[24], e poi all’epoca augustea, quando diviene una provincia [25]. L’area è
strategica da un punto di vista militare. Da un punto di vista amministrativo,
ciò comporta la necessità di cumulare forme di governo civile con forme di
governo militare (come dimostra la stessa esperienza di Caio Valerio): Trento è
dunque sia municipio (struttura civile) sia colonia (struttura militare) [26].
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Fig. 8) Trento, Piazza del Duomo con fontana del Nettuno e lato nord della cattedrale di San Vigilio Fonte: © Matteo Ianeselli via Wikimedia Commons |
Considerazioni finali
sugli scritti del 1824
Vi sono numerosi altri testi di natura simile pubblicati da
Benedetto Giovanelli dopo il 1824, ma credo che le due opere appena descritte
offrano già alcuni primi elementi d’informazione, sulla base dei quali si possono trarre
alcune conclusioni.
Rispetto al testo del 1810, il tono della narrazione perde d’intensità
civica e si fa più erudito. Dall’impiego della storia ai fini della lotta
politica si passa all'epigrafia come strumento di conoscenza del passato del
territorio. Questi passaggi avvengono del tutto intenzionalmente.
Il Conte è sicuramente sempre stato un grande paladino degli studi
archeologici, ma scrivere su un lontano passato è anche un modo di prendere le
distanze dalle insidie politiche ed amministrative del presente, che egli
doveva conoscere assai bene.
Vi è un’evidente ricerca di parallelismo e ugual trattamento tra testi
di tema italiano e testi di tema tedesco. Non sorprende che il tema del primato
italiano del 1810 scompaia completamente nel 1824. Il passato di Trento come
colonia e municipio romano non ha alcuna implicazione sul futuro di Trento
all’interno dell’impero asburgico (dopo tutto, anche Vienna fu città romana).
L’attenzione fondamentale alle vicende dell’impero romano durante
l’epoca degli Antonini impone una considerazione degli equilibri di potere nel
Tirolo in termini di una rete geografica transnazionale, assegnando un ruolo
sia al Tirolo italiano sia a quello tedesco.
In ciascuno dei due testi viene sottolineato il ruolo storico di Trento
come centro di collegamento tra Nord e Sud. Le Alpi non sono una barriera.
L’Adige è un’infrastruttura naturale che consente i contatti tra pianura padana
e mondo danubiano.
Alla questione del primato nazionale del 1810 (Trento città
italiana) si sostituisce il tema dei meriti locali della città di Trento in un
impero molto più ampio (come centro della logistica tra Mediterraneo ed Europa
Centrale all’epoca antonina).
Fine della Parte Prima
NOTE
[1] Oesterreichisches
Bibliographisches Lexicon, voce Benedikt Giovanelli von Gerstburg. Si
veda:
[2] Raccolta di tutte le carte pubbliche stampate, ed
esposte ne' luoghi più frequentati della città di Venezia, Tomo X ed ultimo,
1797, pagina 97. Si veda:
[3] von
Rumohr, Carl Friedrich - Drey Reisen nach Italien: Erinnerungen. Lipsia,
F.A. Brockhaus, 1832, 327 pagine. Citazione alle pagine 144-155
[4] Biografia degli italiani illustri nelle scienze,
lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei compilata da letterati
italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore Emilio de
Tipaldo, Volume X, Venezia, 1845. Citazione a pagina 22. Si veda:
[5] Giovanelli, Benedetto - Trento città d'Italia per
origine, per lingua, e per costumi: ragionamento istorico in occasione che i
popoli del Trentino vennero riuniti al Regno d’Italia, Trento, Tipografia
Monauni, 1810, pagine 26. Si veda:
[6] Benedetto, Giovanelli - Intorno all'antica zecca
Trentina e a due monumenti reti: lettere tre, Trento, Tipografia Monauni, 1812,
173 pagine. Si veda:
[7] Benedetto, Giovanelli - Ricordi del conte Benedetto
Giovanelli podestà di Trento (dal 1815 al 1846) al suo successore: da un
autografo inedito della Biblioteca di Trento. A cura di Giulio Taiti e Giuseppe
Marietti, Trento, Tipografia Marietti, 1871, 57 pagine. Si veda:
[8] Giovanelli, Benedetto - Ueber die in der k.k.
Bibliothek zu Innsbruck befindliche Ara Dianae und die Richtung der Römerstraße
Claudia Augusta von Tridento bis Vipiteno, Bolzano, Eberle, 1824, 195 pagine. Si
veda:
[9] Giovanelli,
Benedetto - Über ein rhätisches Gefäß und über rhätische Paläographie, in:
Beiträge zur Geschichte von Tirol und Vorarlberg, Volume 8, 1834, pagine 133-149.
Il testo è disponibile a: http://www.zobodat.at/pdf/VeroeffFerd_8_0133-0149.pdf
[10] Si veda:
[12] Giovanelli, Benedetto - Trento, città d'Italia, …
(citato), p. 3
[13] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina del tempo degli Antonini, Trento, Stamperia Monauri, 1824, 112 pagine. Si veda:
[14] Giovanelli, Benedetto - Über ein rhätisches Gefäß
(citato), p. 114. Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'iscrizione
(citato), citazione a p. 5.
[15] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra
un'iscrizione Trentina … (citato), citazione a p. 5 e 53.
[16] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 6.
[17] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 3.
[18] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 3.
[19] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 5.
[20] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 11.
[21] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 20.
[22] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 30.
[23] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 30.
[24] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione alle pagine 71-73.
[25] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 74.
[26] Giovanelli, Benedetto - Discorso sopra un'
iscrizione Trentina … (citato), citazione a pagina 87.
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