Attraversare i muri. Un’autobiografia
Traduzione di Alberto Pezzotta
Milano, Bompiani, 2016, 411 pagine
Recensione di Francesco Mazzaferro
Prima parte
[Versione originale: dicembre 2016 - nuova versione: aprile 2019]
Se Biography era stato il primo passo per rendere replicabili le performance del passato, la performance Seven Easy Pieces, un lavoro di sette giorni rappresentato al
Guggenheim Museum di New York nel 1997, ha segnato una tappa ulteriore lungo
quel percorso. L’Abramović ha infatti combinato un nuovo pezzo (Entering the other side) con la
riedizione di sei pezzi del passato, di cui uno suo (Rhythm 0) e cinque di altri protagonisti della performance art: “Body Pressure
di Bruce Naumann’s, Seedbed di Vito
Acconci; Action Pants: Genital Panic
di Valerie Export; The Conditioning, First Action of Self-portraits di Gina Pane’s; (…) How to Explain
Pictures to a Dead Hare di Joseph Beuys” [19]. L’obiettivo
è di creare un “modello futuro per ricreare le performance di altri artisti: “Stabilii alcune condizioni preliminari:
primo, chiedere l’autorizzazione dall’artista (o alla Fondazione o agli eredi,
nel caso in cui l'artista fosse morto); secondo, corrispondere una royalty
all'artista; terzo, eseguire una nuova interpretazione della performance, mettendo
in chiaro la fonte; quarto, rendere visibili i video e i materiali della
performance originale” [20]. Era un modo di “raccontare la storia della performance art in modo sia da rispettare il passato sia da lasciare spazio alla
reinterpretazione” [21].
“Nel caso di The Conditioning di
Gina Pane, la parte in cui lei si sdraiava su un telaio metallico sopra candele
accese durava in origine diciotto minuti. Dato che volevo personalizzare tutti i
pezzi, dilatai anche la durata di The Conditioning a sette ore. E dato che non avevo fatto nessuna prova dei pezzi
eseguiti (mi basavo solo sul concept
e sui materiali documentari), non mi sono resa conto di quanto sarebbe stato
difficile stare sdraiata su candele accese per un periodo così lungo. A un
certo punto i miei capelli rischiarono di prendere fuoco” [22].
NOTE
[Versione originale: dicembre 2016 - nuova versione: aprile 2019]
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Fig. 1) La copertina del libro |
Davvero un bel libro [1], che si
legge in modo scorrevole e di cui, secondo me, si parlerà molto anche nei
prossimi anni. Subito dopo la prima edizione inglese, dell’ottobre 2016 (il
titolo originale è Walk through Walls. A
Memoir), ne sono uscite la versione in tedesco (a novembre: Durch
Mauern gehen: Autobiografie) e in italiano (Attraversare i muri: Un’autobiografia), e non mancheranno
traduzioni in altre lingue. Le edizioni italiana e tedesca chiariscono
opportunamente il significato del termine “Memoir”,
che compare nel titolo inglese originale: non si deve pensare a una ‘raccolta di
ricordi’ in senso stretto, ma ad una vera e propria ‘autobiografia’. In altre
parole, siamo di fronte al tentativo da parte dell’artista di offrire
un’immagine complessiva della propria personalità e del significato della propria
vita. Dal punto di vista della letteratura artistica, il libro descrive anche
la storia della trasformazione della performance
art da sperimentazione a canone artistico, in una lunga parabola che inizia
nei circoli artistici degli studenti alternativi di Belgrado e si conclude
(almeno per ora) con la creazione del Marina
Abramović Institute di New York.
Marina Abramović (1946-) ha
firmato il testo insieme a James Kaplan (1951-), giornalista, autore e ghost-writer
di successo. Sarebbe facile attribuire alla mano esperta di quest’ultimo i
meriti e le qualità letterarie del testo: basterà ricordare alcune
autobiografie che James ha co-firmato negli ultimi venti anni con
figure molto diverse, come il tennista John McEnroe nel 2002 [2] e l’attore
Jerry Lewis nel 2006 [3]. E tuttavia non mi pare un argomento dirimente: non si
può certo escludere – ed è in realtà assai probabile – che molti fra i pittori,
gli scultori e gli architetti che hanno dato mano a scritti nel corso dei
secoli siano stati aiutati da uomini di lettere, per rivedere i loro testi e
spesso per assicurarsi che il loro tentativo di dare forma scritta ai loro
concetti sull’arte fosse più facilmente leggibile.
Quel che mi sembra invece davvero
significativo è che un’artista come Marina Abramović abbia scelto lo strumento
del libro per narrare la propria vita e per offrire un’interpretazione
autentica della propria arte. L’Abramović è stata infatti, negli ultimi
decenni, la teorica di un’arte che si estende nel tempo ma è effimera in termine
di produzione fisica, basata per lo più su performance che si sviluppano per giorni
(a volte settimane e mesi) e che spesso non lasciano traccia fisica alcuna (se
non quella di essere documentate su video che richiederebbero la disponibilità
di ugual tempo per essere visionati). L’unica eccezione è costituita dai
cosiddetti “oggetti transitori” [4],
ovvero oggetti inclusi in istallazioni partecipative, che devono consentire
allo spettatore di condividere quell’energia che è emanata dalle performance di lunga durata di Marina,
energia che transita appunto grazie all’intermediazione degli oggetti.
L’autobiografia della Abramović,
come pure molti altri testi dei maggiori artisti contemporanei, testimoniano
che la letteratura artistica non è un fenomeno che appartiene a un arco
cronologico vasto, ma limitato. Quella letteratura non ha infatti solamente caratterizzato
– come nella ricostruzione storica canonica di Julius von Schlosser – il
periodo che va dal Medio Evo alla fine del Settecento e che spesso viene
definito come l’epoca tradizionale delle belle arti, ma è ancor oggi al centro
della riflessione su ogni forma di creazione artistica. La buona notizia è che
la letteratura artistica gode di ottima salute. La cattiva notizia è che
esplorarla rimane una fatica di Sisifo: quanto più sono i contributi di cui si
arricchisce grazie a vecchie e nuove tecnologie (si pensi alla grande offerta
di materiale filmato oggi disponibile sull’Internet) tanto più diviene
necessario ripensare anche il passato. Il concetto di letteratura artistica non
può che evolvere con il tempo, come del resto è del tutto naturale attendersi.
I creatori d’arte – che siano gli
antichi o i moderni – generano letteratura artistica perché hanno bisogno di
una strategia di comunicazione; non possono solamente far affidamento sulla
semplice produzione delle loro opere e sul fatto di mostrarle al pubblico (ampio o ristretto ch'esso sia). Se qualcuno scrivesse una teoria della letteratura
artistica oggigiorno, lo dovrebbe fare avendo come punto di partenza la
necessità assoluta per gli artisti di mettere per iscritto (ma oggi anche di
usare altri strumenti mediatici) ogni elemento concettuale che spieghi le loro
creazioni. Non può sorprendere che la letteratura artistica sia esplosa tra
diciannovesimo e ventesimo secolo, con la moltiplicazione di testi individuali
e manifesti collettivi degli artisti in risposta allo sviluppo dell’estetica e
della critica d’arte. Allo stesso modo non può sorprendere che in quegli anni
la letteratura artistica fosse meno sviluppata, almeno in termini comparativi, nell’ambito
di quegli indirizzi stilistici (come l’impressionismo francese) che meno
facevano riferimento ad una concettualizzazione della realtà.
Marina Abramović, da questo punto
di vista, conferma la regola: più l’artista è lontano dall’assicurare che la
sua creazione artistica sia immediatamente compresa dal pubblico, più l’uso del
linguaggio si rivela necessario. I testi di accompagnamento con le istruzioni
per le performance (li si veda sotto
le fotografie in questo post), sono frutto della stessa artista e compaiono
perché il pubblico le possa comprendere; in questo senso mi ricordano i brevi
scritti letterari, i tituli, che
anonimi artisti medievali scrivevano sotto o all’interno di mosaici ed
affreschi per commentare le loro immagini. E, non da ultimo, l’uso del genere
autobiografico ricorda anche il più famoso caso di autobiografia nella
letteratura artistica: quella di Benvenuto Cellini.
Letture parallele: Marina Abramović e Benvenuto Cellini
Quel che è assolutamente evidente
è che lo scritto dell’Abramović è concepito come un’opera letteraria che offre
molti suoi punti di vista ed elementi d’informazione sulla sua arte e sui
circoli intellettuali nell’ambito dei quali tale arte si è sviluppata (prima
nell’ex-Jugoslavia, poi ad Amsterdam e quasi dappertutto in Europa ed infine
negli Stati Uniti). Tuttavia, il testo è soprattutto la storia di una persona: una
donna ribelle e sensuale, educata nella Jugoslavia comunista da una famiglia di
eroi di guerra secondo modelli rigidissimi (per prepararla ad attraversare
i muri, come dice il titolo [5]). L’Abramović impara perciò ad “accettare e vincere il dolore” [6], ma a differenza di
quanto sperato dalla madre, farà uso di tale capacità non per rimanere fedele
ai valori della sua società, ma per sfidarne ogni convenzione, conducendo una
vita fuori dal comune tra Europa e Stati Uniti e riuscendo infine ad ottenere
emancipazione, riconoscimento e successo, al punto da riuscire a creare il
proprio metodo d’arte: il metodo Abramović, basato proprio su quella disciplina
e sulla resistenza al dolore. È anche la storia di una giovinezza molto
difficile ed infelice (le pagine sul rapporto complesso con la madre Danica, il
padre Vojin e la nonna Milica sono davvero belle) e di storie d’amore intense (con
il performance artist tedesco Frank
Uwe Laysiepen, detto Ulay, e con l’artista italiano d’arte contemporanea Paolo
Canevari). È anche uno scritto sul tentativo, condotto lungo la vita intera, di
vivere una vita senza alcun compromesso intellettuale, ed al prezzo di povertà
estrema ed isolamento; proprio per questo è a volte un testo molto duro.
Può sembrare strano, ma qualcosa
di simile può essere detto della più famosa autobiografia della letteratura
artistica: “La vita di Benvenuto Cellini
da lui medesimo scritta”, che l’artista fiorentino, ormai vecchio, dettò ad
un giovane assistente tra il 1558 ed il 1562. Il testo circolò per due secoli come
manoscritto, fino a quando fu pubblicato per la prima volta nel 1728 [7],
venendo poi tradotto in molte lingue nel giro di cent’anni (in inglese da Thomas
Nugent nel 1771, in tedesco da Goethe nel 1796 ed in francese da André-Philippe
Tardieu de Saint-Marcel nel 1822). L’autobiografia ispirò Victor Berlioz a
comporre l’opera lirica omonima tra 1834 e 1838, mentre Franz Liszt scrisse un
articolo su “La Pensée de Benvenuto
Cellini” nel 1838. In altre parole, tra primo Settecento e primo Ottocento,
l’autobiografia dell’artista – appena riscoperta – ebbe un successo epocale e
globale, al punto che Cellini era più conosciuto per il testo letterario che
per le sue opere.
Vi sono ovviamente molte
differenze tra l’Abramović e Cellini: il manoscritto di Benvenuto, pur essendo
stato letto e forse rivisto dallo scrittore ed umanista Benedetto Varchi (1503
–1565), non fu pubblicato per circa 170 anni, forse anche per i contenuti
scabrosi ed amorali; in termini più sostanziali, Cellini fu un artefice di materiali preziosi (soprattutto oro ed argento), e dunque un produttore di beni
materiali; certamente non un autore di arte immateriale ed effimera come l’Abramović.
E tuttavia, anche la sua autobiografia fu scritta con lo scopo di descrive una
personalità ribelle, che sfida ogni convenzione morale ed autorità politica. Cellini
commise ripetutamente omicidi, ebbe una vita sessuale disordinata e per certi
aspetti ancora oggi inaccettabile, nonostante la morale sia cambiata, e praticò
la negromanzia. La sua strategia di comunicazione era accrescere il suo
successo d’artista con un testo che lo dipingesse come persona di temperamento
genuino ed avventuroso, capace di sormontare ogni difficoltà, inclusa la condanna
penale e la prigione. Cellini voleva provare di poter vivere senza rispettare
una qualsiasi regola, in quanto artista che fabbricava beni preziosi a papi,
monarchi e duchi, e da questi era dunque protetto. Un inno al potere dell’arte
di guadagnare il controllo sulle cose terrene. L’Abramović non ha mai
esercitato violenza su altri, ma ha imparato ad accettare rischio e dolore su
se stessa. “Mia madre e mio padre avevano
molti difetti; ma erano persone forti e coraggiose, che mi avevano trasmesso
molte di queste qualità. C’è una parte rilevante di me che è eccitata
dall’ignoto, dall’idea di correre rischi. E quando si tratta di fare cose
rischiose, non mi tiro indietro. Mi butto a capofitto” [8].
La vita come una performance continua
Marina ha voluto trasformare la
sua vita intera in un atto artistico: una performance
continua, marcata da simboli estetici visibili. Al punto da decidere – insieme
ad Ulay – di scrivere nel 1976 un manifesto per celebrare la sua nuova vite
nomade in un vecchio camioncino Citroën.
Art Vital
Nessuna dimora stabile.
Movimento permanente.
Contatto diretto.
Relazione locale.
Autoselezione.
Superare i limiti.
Correre rischi.
Energia mobile.
Nessuna prova.
Nessun finale prestabilito.
Nessuna replica.
Vulnerabilità estesa.
Esposizione al caso.
Reazioni primarie [9].
Non posso far a meno di osservare
un altro parallelo estetico nell’autobiografia di Cellini, che inizia con un sonetto
che celebra anch’esso la sua atipica vita d’artista.
Questa mia Vita travagliata io scrivo
per ringraziar lo Dio della natura
che mi diè l’alma e poi ne ha ’uto cura,
alte diverse ’mprese ho fatte e vivo.
Quel mio crudel Destin, d’offes’ha privo
vita, or, gloria e virtù più che misura,
grazia, valor, beltà, cotal figura
che molti io passo, e chi mi passa arrivo.
Sol mi duol grandemente or ch’io cognosco
quel caro tempo in vanità perduto:
nostri fragil pensier sen porta ’l vento.
Poi che ’l pentir non val, starò contento
salendo qual’io scesi il Benvenuto
nel fior di questo degno terren tosco [10].
Tornando all’Abramović, l’artista
si chiede in Attraversare i muri: “Che cos’è l’arte? Se vediamo l’arte come qualcosa
di isolato, di sacro e di separato da tutto, significa che non è vita. Mentre
l’arte deve essere parte della vita, deve essere di tutti” [11]. Rappresenta nel 2011 la
performance “An Artist's Life Manifesto”,
in occasione di una cena di gala al Museum
of Contemporary Art (MOCA) di Los Angeles in 2011, definendo la missione
dell’artista con un poema in versi dove riflette su “come un artista deve condurre la sua vita” e sulla sua relazione
con la vita sentimentale, l’erotismo, la sofferenza, la depressione, il suicidio,
l’ispirazione, l’autocontrollo, la trasparenza, i simboli, il silenzio e la solitudine.
Seguono sezioni su “l’artista e iI lavoro”,
sui “possedimenti di un artista”,
sulle liste degli amici e dei nemici dell’artista e scenari differenti per la
sua morte ed il suo funerale. Il testo è riprodotto alla fine di questa prima
parte della recensione.
Vita e simboli
Arte e vita sono legati fra loro
da simboli: “Il mio lavoro e la mia vita
sono intimamente connessi. Nel corso della mia carriera ho realizzato lavori il
cui significato inconscio mi è diventato chiaro con il passare del tempo. In Point
of Contact eravamo vicinissimi, eppure
quel millimetro che ci separava, quello iato che alla fine impediva la fusione
delle nostre anime, era insopportabile. In Rest Energy Ulay possedeva il potere di distruggermi, di spezzarmi letteralmente
il cuore. In Nature of Mind, Ulay era
un passaggio della mia vita, breve ma molto importante, intenso come un lampo
perché le emozioni in gioco erano molto forti, ma destinato a dissolversi con
altrettanta rapidità [12].
Quando Ulay e Abramović decidono
di sposarsi, pianificano di farlo alla fine di una performance di lunga durata: percorreranno a piedi la Grande
Muraglia cinese, ognuno partendo da un estremo ed il matrimonio sarà celebrato
nel punto d’incontro. “Il nostro progetto
era che io cominciassi il cammino dall’estremità orientale e femminile della Muraglia
– il golfo di Bohai nel Mar Giallo – e che Ulay partisse dall’estremità
occidentale e maschile, il passo di Jiayu nel deserto del Gobi. Dopo aver
percorso ciascuno 2500 chilometri, ci saremmo incontrati a metà” [13]. Per
Marina quest’impresa, destinata a durare tre mesi, doveva essere l’equivalente
della marcia eroica con cui il padre aveva salvato una brigata partigiana, attraversando
l’impervio monte Igman in una notte d’inverno, nonostante la tormenta di neve
ed il freddo polare [14].
Ma le riserve delle autorità cinesi (che non volevano che la Grande Muraglia
fosse percorsa a piedi per la prima volta nel quadro di una performance di artisti stranieri)
rallentarono il piano. Dovettero aspettare che un art performer cinese concludesse la marcia. Ma, dopo la fine della
relazione tra l’Abramović ed Ulay, quel che doveva essere un matrimonio divenne
una cerimonia per certificare la conclusione del loro rapporto.
Biography: la vita come arte
Le esperienze autobiografiche
sono cruciali per comprendere l’arte di Marina Abramović. Lo testimonia non
solamente Attraversare i muri, ma
anche un lavoro del 1992 che, a mio parere, è il predecessore
dell’autobiografia. Mi riferisco ad un’opera teatrale intitolata “Biography”, dove si fondono nuove performance, testi sulla vita e
ripetizioni delle vecchie performance.
Devo notare, per inciso, che la recente autobiografia non dedica molto spazio a
questo lavoro, forse perché duplica il contenuto delle memorie.
Mi sembra che Biography, che tra 1992 e 1994 fu
allestito a Madrid, Kassel, Vienna, Francoforte, Berlino, Amburgo, Parigi,
Atene, Amsterdam ed Anversa, sia un passaggio cruciale, perché conferma
l’incrocio tra performance, letteratura
e biografia ben prima che l’autrice pubblicasse in questi giorni la sua
autobiografia. Sono riuscito a recuperare una versione del 1994 della pubblicazione
che ha accompagnato l’opera (una specie di libretto). Mostra immagini di
ripetizioni delle vecchie performance
combinate con brevi frasi sugli episodi cruciali della vita dell’autrice. La
natura effimera di quei pezzi, che avevano origine in performance eseguite fin
dagli anni Settanta, è dunque in qualche modo superata con la loro ripetizione
a distanza di decenni.
Alla fine vi è un poema basato su
parole chiave, con cui Marina sceglie di narrare la propria storia; il
componimento si conclude con la recente separazione da Ulay: “Armonia / Simmetria / Barocco / Neo Classico
/ Puro / Pulito / Brillante / Lucido / Scarpe con tacco alto / Erotismo / Giro
in tondo / Abramović / Drammatico / Latte / Vodka / Piacere piacere / Prendiamo
un taxi / Paesi lontani / Pericolo / Tigri / Fotogenico / Ex-cannibali / Ispirazione
/ Cibi deliziosi / Quattro chiacchere / Farfalle farfalle / Questo e quello / Dammi
un bacio / Buona giornata / Dammi una sigaretta / Dove è la musica / Da ora in
poi devi pensare a noi due, ragazzo / Addio / Estremi / Purezza / Stare insieme
/ Intensità / Addio / Gelosia / Struttura / Tibetani / Pericolo / Addio /
Solitudine / Infelicità / Lacrime / Addio / Ulay” [15]. Una nuova versione di Biography, con il titolo “The
Biography Remix”, viene allestita a Roma nel 2004 a Rome; Ulay è
rappresentato dal figlio. È un evento di risonanza mondiale [16].
A Biography segue immediatamente Delusional,
“l'opera teatrale in cinque atti che
Charles Atlas e io mettemmo in scena a Francoforte nella primavera del 1994 su
invito di Tom Stromberg, direttore del Theater am Turm, uno dei teatri più d’avanguardia d’Europa. Era un’opera grande e
complicata – fin troppo; ma conteneva i semi di lavori che avrei realizzato in
modo più soddisfacente negli anni a venire. (…) Delusional in realtà parlava di tutto ciò di cui mi
vergognavo: l’infelicità coniugale dei miei genitori, la mia sensazione di non
essere amata, mia madre che mi picchiava, i miei genitori che si picchiavano” [17].
Ed infine la serie di performance
a carattere autobiografico è completata da The
Life and Death of Marina Abramović, allestita nel 2011 da Bob Wilson e
rappresentata per la prima volta al Manchester International Festival, e da
allora a Madrid, Basilea, Anversa, Amsterdam, Toronto e New York (http://www.robertwilson.com/life-and-death-of-marina-Abramović/).
L’artista si era dunque già raccontata diverse volte sul palcoscenico, prima di farlo nell’odierna
autobiografia.
Rendere replicabile l’arte effimera
Walter Benjamin ha pubblicato nel
1936 un famosissimo saggio su “L'opera
d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica”, in cui si chiede
quale sia la conseguenza della possibilità di riprodurre infinitamente opere
una volta concepite per essere ammirate dallo spettatore in poche occasioni nel
corso della vita [18]. Il percorso dell’Abramović è per certi versi inverso:
crea – come processo rivoluzionario – opere intenzionalmente effimere per
evitare la loro riproducibilità, e poi si pone il problema di come renderle
ripetibili, senza che esse perdano la loro originalità.
Il metodo Abramović
Per contribuire a superare la
natura effimera dell’arte senza dovere ricorrere alla produzione di oggetti
fisici, l’artista crea un “metodo” che può essere insegnato. “L’insegnamento e i workshop su cui si basava
tutto il resto sono stati una parte importante della mia carriera per più di un
quarto di secolo, e non solo dal punto di vista economico. Ho insegnato in
tanti posti: Parigi, Amburgo, Berlino, Kitakyūshū nel Giappone meridionale,
Copenhagen, Milano, Roma, Berna e (il periodo più lungo di tutti: otto anni)
Braunschweig nel nord della Germania. In ogni posto, cominciavo sempre con un
seminario per gli studenti. Lo scopo era insegnare resistenza, concentrazione,
percezione, autocontrollo, volontà, confronto con i limiti fisici e mentali.
Questo era il nocciolo di ciò che volevo trasmettere” [23]. L’Abramović
porta gli studenti “all’aperto, in un
posto che era sempre o troppo freddo o troppo caldo, comunque mai comodo. E
mentre digiunavamo dai tre ai cinque giorni, limitandoci a bere acqua e infusi,
rimanevamo in silenzio ed eseguivamo alcuni esercizi semplici” [24] per
controllare il corpo. “Gli studenti
spesso mi chiedono che cosa mi aspetto che ottengano da questi seminari, e che
cosa ottengo da loro. Rispondo che dopo il seminario i partecipanti trovano
un’esplosione di energia positiva e un flusso di nuove idee. Chiarezza sul loro
lavoro. La sensazione generale che la fatica è stata utile. E lo spirito di
unità che si è creato tra loro e me. A quel punto entriamo in aula e lavoriamo” [25].
Per promuovere il metodo, si crea
il Marina Abramović Institute (http://marinaAbramovićinstitute.org/).
“Il MAI esplora, sostiene e presenta performance. Il MAI incoraggia la collaborazione tra le
arti, la scienza e gli studi umanistici. Il MAI nasce per portare avanti le
idee di Marina Abramović”
[26].
Nel 2012 il Metodo Abramović è il tema di una mostra a Milano. “E per la prima volta avrei usato il Metodo
Abramović per preparare il pubblico a partecipare. (…) Lavorammo con gruppi di
venticinque persone ogni due ore. All’ingresso, ai partecipanti era richiesto
di riporre in un armadietto tutti gli effetti personali – compresi cellulari,
orologi e computer – e di indossare camici bianchi da laboratorio e cuffie
insonorizzate (…)” [27].
Gli organizzatori guidano “i partecipanti
in un esercizio di riscaldamento per risvegliare i sensi, che comprendeva
movimento, stretching, massaggio di occhi, orecchie e bocca. Poi li facevamo sedere, sdraiare o stare in piedi su ogni oggetto per
trenta minuti. Così diventavano loro i performer, e il pubblico poteva
osservare con binocoli in grado di cogliere i minimi dettagli [per due ore:
espressione non tradotta dall’originale inglese]: i movimenti più lievi, l’espressione del volto, la grana della pelle.
Il pubblico in tal modo partecipava ed era testimone di una performance che
creavamo insieme. E io continuavo a rimuovere sempre più me stessa dal mio
lavoro” [28].
Dopo una vita dedicata a produrre
arte in forma unica ed irripetibile, l’artista scopre la necessità di
assicurare continuità nel futuro attraverso la definizione di un canone e la
creazione di un’istituzione che preservi il suo lascito. Anche questo è un
elemento certo non nuovo nella letteratura artistica attraverso i secoli. È la
storia eterna del passaggio, lungo solo lo spazio di una vita, dalla
sperimentazione all’accademia.
* * *
Marina Abramović: An Artist's
Life Manifesto
(il testo in italiano è tratto da:
http://k-d1m.tumblr.com/post/104186361142/marina-abramovi%C4%87-manifesto-dellartista)
http://k-d1m.tumblr.com/post/104186361142/marina-abramovi%C4%87-manifesto-dellartista)
1. Come un artista deve condurre la sua vita.
– Un artista non dovrebbe mentire a se stesso o ad altri.
– Un artista non dovrebbe rubare le idee altrui.
– Un artista non dovrebbe compromettersi per il mercato dell'arte.
– Un artista non dovrebbe uccidere un altro uomo.
– Un artista non dovrebbe fare di se stesso un idolo.
– Un artista non dovrebbe fare di se stesso un idolo.
– Un artista non dovrebbe fare di se stesso un idolo.
2. La vita sentimentale di un artista.
– Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
– Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
– Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
3. L'artista e l'erotismo.
– Un artista dovrebbe sviluppare una punto di vista erotico sul mondo.
– Un artista dovrebbe essere erotico.
– Un artista dovrebbe essere erotico.
– Un artista dovrebbe essere erotico.
4. L'artista e la sofferenza.
– Un artista dovrebbe soffrire.
– Dalla sofferenza scaturiscono i migliori lavori.
– La sofferenza porta trasformazioni.
– Attraverso la sofferenza l'artista trascende il proprio spirito.
– Attraverso la sofferenza l'artista trascende il proprio spirito.
– Attraverso la sofferenza l'artista trascende il proprio spirito.
5. L'artista e la depressione.
– Un artista non dovrebbe essere depresso.
– La depressione è una malattia, e dovrebbe essere curata.
– La depressione è improduttiva per l'artista.
– La depressione è improduttiva per l'artista.
– La depressione è improduttiva per l'artista.
6. L'artista e il suicidio.
– Il suicidio è un crimine contro la vita.
– Un artista non dovrebbe suicidarsi.
– Un artista non dovrebbe suicidarsi.
– Un artista non dovrebbe suicidarsi.
7. L'artista e l'ispirazione.
– Un artista dovrebbe guardarsi dentro per arrivare all'ispirazione.
– Più l'artista guarda dentro sé, più diventa tutt'uno con l'universo.
– L'artista è universo.
– L'artista è universo.
– L'artista è universo.
8. L'artista e l'autocontrollo.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sulla sua vita.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sul suo lavoro.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sulla sua vita.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sul suo lavoro.
9. L'artista e la trasparenza.
– L'artista dovrebbe dare e ricevere contemporaneamente.
– La trasparenza è ricezione.
– La trasparenza è dare.
– La trasparenza è ricevere.
– La trasparenza è ricezione.
– La trasparenza è dare.
– La trasparenza è ricevere.
– La trasparenza è ricezione.
– La trasparenza è dare.
– La trasparenza è ricevere.
10. L'artista e i simboli.
– Un artista crea i propri simboli.
– I simboli sono il linguaggio dell'artista.
– Il linguaggio, poi, deve essere tradotto.
– A volte è difficile trovarne la chiave.
– A volte è difficile trovarne la chiave.
– A volte è difficile trovarne la chiave.
11. L'artista e il silenzio.
– Un artista deve comprendere il silenzio.
– Un artista deve utilizzare il silenzio per entrare nel suo lavoro.
– Il silenzio è come un'isola in mezzo a un oceano burrascoso.
– Il silenzio è come un'isola in mezzo a un oceano burrascoso.
– Il silenzio è come un'isola in mezzo a un oceano burrascoso.
12. L'artista e la solitudine.
– Un artista deve passare dei lunghi periodi di solitudine.
– La solitudine è estremamente importante.
– Lontano da casa
– Lontano dal proprio studio
– Lontano dalla famiglia
– Lontano dagli amici
– Un artista dovrebbe passare molto tempo vicino alle cascate.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo vicino ai vulcani attivi.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo a guardare i fiumi.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo a guardare l'orizzonte, dove il cielo e l'oceano s'incontrano.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo a guardare le stelle nel cielo notturno.
13. L'artista e il lavoro.
– Un artista dovrebbe evitare di andare ogni giorno nel suo studio.
– Un artista non dovrebbe trattare i propri orari lavorativi come fa un impiegato bancario.
– Un artista dovrebbe esplorare la vita e il lavoro solo quando un'idea gli compare in sogno, o durante la giornata, attraverso una visione.
– Un artista non dovrebbe ripetersi.
– Un artista non dovrebbe sovraprodurre.
– Un artista dovrebbe evitare l'inquinamento prodotto dalla sua arte.
– Un artista dovrebbe evitare l'inquinamento prodotto dalla sua arte.
– Un artista dovrebbe evitare l'inquinamento prodotto dalla sua arte.
14. I possedimenti di un artista.
– I monaci Buddhisti consigliano di mantenere solamente nove possedimenti:
- una vestaglia per l'estate
- una vestaglia per l'inverno
- un paio di scarpe
- una ciotola per elemosinare il cibo
- una zanzariera
- un libro delle preghiere
- un ombrello
- un materassino sul quale dormire
- un paio di occhiali se necessari
– Un artista dovrebbe decidere quanti possedimenti mantenere.
– Un artista dovrebbe avere sempre più e più di meno e meno.
– Un artista dovrebbe avere sempre più e più di meno e meno.
– Un artista dovrebbe avere sempre più e più di meno e meno.
– Un artista non dovrebbe mentire a se stesso o ad altri.
– Un artista non dovrebbe rubare le idee altrui.
– Un artista non dovrebbe compromettersi per il mercato dell'arte.
– Un artista non dovrebbe uccidere un altro uomo.
– Un artista non dovrebbe fare di se stesso un idolo.
– Un artista non dovrebbe fare di se stesso un idolo.
– Un artista non dovrebbe fare di se stesso un idolo.
2. La vita sentimentale di un artista.
– Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
– Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
– Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
3. L'artista e l'erotismo.
– Un artista dovrebbe sviluppare una punto di vista erotico sul mondo.
– Un artista dovrebbe essere erotico.
– Un artista dovrebbe essere erotico.
– Un artista dovrebbe essere erotico.
4. L'artista e la sofferenza.
– Un artista dovrebbe soffrire.
– Dalla sofferenza scaturiscono i migliori lavori.
– La sofferenza porta trasformazioni.
– Attraverso la sofferenza l'artista trascende il proprio spirito.
– Attraverso la sofferenza l'artista trascende il proprio spirito.
– Attraverso la sofferenza l'artista trascende il proprio spirito.
5. L'artista e la depressione.
– Un artista non dovrebbe essere depresso.
– La depressione è una malattia, e dovrebbe essere curata.
– La depressione è improduttiva per l'artista.
– La depressione è improduttiva per l'artista.
– La depressione è improduttiva per l'artista.
6. L'artista e il suicidio.
– Il suicidio è un crimine contro la vita.
– Un artista non dovrebbe suicidarsi.
– Un artista non dovrebbe suicidarsi.
– Un artista non dovrebbe suicidarsi.
7. L'artista e l'ispirazione.
– Un artista dovrebbe guardarsi dentro per arrivare all'ispirazione.
– Più l'artista guarda dentro sé, più diventa tutt'uno con l'universo.
– L'artista è universo.
– L'artista è universo.
– L'artista è universo.
8. L'artista e l'autocontrollo.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sulla sua vita.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sul suo lavoro.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sulla sua vita.
– L'artista non dovrebbe avere autocontrollo sul suo lavoro.
9. L'artista e la trasparenza.
– L'artista dovrebbe dare e ricevere contemporaneamente.
– La trasparenza è ricezione.
– La trasparenza è dare.
– La trasparenza è ricevere.
– La trasparenza è ricezione.
– La trasparenza è dare.
– La trasparenza è ricevere.
– La trasparenza è ricezione.
– La trasparenza è dare.
– La trasparenza è ricevere.
10. L'artista e i simboli.
– Un artista crea i propri simboli.
– I simboli sono il linguaggio dell'artista.
– Il linguaggio, poi, deve essere tradotto.
– A volte è difficile trovarne la chiave.
– A volte è difficile trovarne la chiave.
– A volte è difficile trovarne la chiave.
11. L'artista e il silenzio.
– Un artista deve comprendere il silenzio.
– Un artista deve utilizzare il silenzio per entrare nel suo lavoro.
– Il silenzio è come un'isola in mezzo a un oceano burrascoso.
– Il silenzio è come un'isola in mezzo a un oceano burrascoso.
– Il silenzio è come un'isola in mezzo a un oceano burrascoso.
12. L'artista e la solitudine.
– Un artista deve passare dei lunghi periodi di solitudine.
– La solitudine è estremamente importante.
– Lontano da casa
– Lontano dal proprio studio
– Lontano dalla famiglia
– Lontano dagli amici
– Un artista dovrebbe passare molto tempo vicino alle cascate.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo vicino ai vulcani attivi.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo a guardare i fiumi.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo a guardare l'orizzonte, dove il cielo e l'oceano s'incontrano.
– Un artista dovrebbe passare molto tempo a guardare le stelle nel cielo notturno.
13. L'artista e il lavoro.
– Un artista dovrebbe evitare di andare ogni giorno nel suo studio.
– Un artista non dovrebbe trattare i propri orari lavorativi come fa un impiegato bancario.
– Un artista dovrebbe esplorare la vita e il lavoro solo quando un'idea gli compare in sogno, o durante la giornata, attraverso una visione.
– Un artista non dovrebbe ripetersi.
– Un artista non dovrebbe sovraprodurre.
– Un artista dovrebbe evitare l'inquinamento prodotto dalla sua arte.
– Un artista dovrebbe evitare l'inquinamento prodotto dalla sua arte.
– Un artista dovrebbe evitare l'inquinamento prodotto dalla sua arte.
14. I possedimenti di un artista.
– I monaci Buddhisti consigliano di mantenere solamente nove possedimenti:
- una vestaglia per l'estate
- una vestaglia per l'inverno
- un paio di scarpe
- una ciotola per elemosinare il cibo
- una zanzariera
- un libro delle preghiere
- un ombrello
- un materassino sul quale dormire
- un paio di occhiali se necessari
– Un artista dovrebbe decidere quanti possedimenti mantenere.
– Un artista dovrebbe avere sempre più e più di meno e meno.
– Un artista dovrebbe avere sempre più e più di meno e meno.
– Un artista dovrebbe avere sempre più e più di meno e meno.
15. La lista degli amici dell'artista:
– Un artista dovrebbe avere amici che elevino il suo spirito.
– Un artista dovrebbe avere amici che elevino il suo spirito.
– Un artista dovrebbe avere amici che elevino il suo spirito.
16. Una lista dei nemici dell'artista:
– I nemici sono molto importanti.
– Il Dalai Lama disse che è semplice provare compassione per gli amici, molto di meno per i nemici.
– Un artista deve imparare a perdonare.
– Un artista deve imparare a perdonare.
– Un artista deve imparare a perdonare.
17. Diversi scenari di morte:
– Un artista deve essere consapevole della propria mortalità.
– Per un artista, è importante non solo come vive, ma anche come muore.
– Un artista dovrebbe guardare ai simboli dei propri lavori per trovare i segni dei vari scenari di morte.
– Un artista dovrebbe morire consapevolmente senza avere paura.
– Un artista dovrebbe morire consapevolmente senza avere paura.
– Un artista dovrebbe morire consapevolmente senza avere paura.
18. Diversi scenari di funerale:
– Un artista dovrebbe dare delle istruzioni per il proprio funerale, in modo da svolgersi come vuole lui.
– Il funerale è l'ultimo lavoro dell'artista prima di andarsene.
– Il funerale è l'ultimo lavoro dell'artista prima di andarsene.
– Il funerale è l'ultimo lavoro dell'artista prima di andarsene.
– Un artista dovrebbe avere amici che elevino il suo spirito.
– Un artista dovrebbe avere amici che elevino il suo spirito.
– Un artista dovrebbe avere amici che elevino il suo spirito.
16. Una lista dei nemici dell'artista:
– I nemici sono molto importanti.
– Il Dalai Lama disse che è semplice provare compassione per gli amici, molto di meno per i nemici.
– Un artista deve imparare a perdonare.
– Un artista deve imparare a perdonare.
– Un artista deve imparare a perdonare.
17. Diversi scenari di morte:
– Un artista deve essere consapevole della propria mortalità.
– Per un artista, è importante non solo come vive, ma anche come muore.
– Un artista dovrebbe guardare ai simboli dei propri lavori per trovare i segni dei vari scenari di morte.
– Un artista dovrebbe morire consapevolmente senza avere paura.
– Un artista dovrebbe morire consapevolmente senza avere paura.
– Un artista dovrebbe morire consapevolmente senza avere paura.
18. Diversi scenari di funerale:
– Un artista dovrebbe dare delle istruzioni per il proprio funerale, in modo da svolgersi come vuole lui.
– Il funerale è l'ultimo lavoro dell'artista prima di andarsene.
– Il funerale è l'ultimo lavoro dell'artista prima di andarsene.
– Il funerale è l'ultimo lavoro dell'artista prima di andarsene.
Fine della Parte Prima
NOTE
[1] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri. Un’autobiografia, Traduzione di Alberto
Pezzotta, Milano, Bompiani, 2016, 411
pagine.
[2] John McEnroe and John Kaplan - You Cannot Be
Serious, New York, G. P. Putnam's Sons, 2002, 342 pagine.
[3] Jerry Lewis and James Kaplan - Dean and Me: (A Love Story), New York, Three Rivers
Press, 2006, 352 pagine.
[4] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 224.
[5] “Ero
tenuta a subire le punizioni senza lamentarmi. Penso che, in un certo senso,
mia madre volesse addestrarmi a essere un soldato come lei. Avrebbe potuto
essere una comunista dalla doppia morale, ma era tutta d’un pezzo. I veri
comunisti dovevano avere una determinazione capace di farli passare attraverso i muri – una determinazione spartana” (p. 22).
[6] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 31.
[7] Cellini, Benvenuto -
Vita di Benvenuto Cellini, Colonia [ma Napoli], 1728. Si veda:
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Abncf.firenze.sbn.it%3A21%3AFI0098%3AMagliabechi%3ARAVE009862&mode=all&teca=Bncf
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Abncf.firenze.sbn.it%3A21%3AFI0098%3AMagliabechi%3ARAVE009862&mode=all&teca=Bncf
[8] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 73.
[9] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 109.
[10] Cellini, Benvenuto -
Vita di Benvenuto Cellini, citato … p. VII. Si veda:
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Abncf.firenze.sbn.it%3A21%3AFI0098%3AMagliabechi%3ARAVE009862&mode=all&teca=Bncf
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Abncf.firenze.sbn.it%3A21%3AFI0098%3AMagliabechi%3ARAVE009862&mode=all&teca=Bncf
[11] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 280.
[12] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, pp. 138-139.
[13] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 186.
[14] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 207.
[15] Abramović, Marina, in
cooperazione con Charles Atlas, Biography, Stoccarda, Caantz Verlag, 88 pagine,
Testi alle pagine 50, 54 e 56.
[17] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 220.
[18] Benjamin, Walter -
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi,
2000, 184 pagine.
[19] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 311.
[20] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 310.
[21] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 310.
[22] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, pp. 314-315.
[23] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 251.
[24] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 251.
[25] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 252.
[26] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 393.
[27] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 383.
[28] Abramović, Marina con
Kaplan, James – Attraversare i muri, citato …, p. 383.
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