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Storia delle antologie di letteratura artistica
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Ernst Karl Guhl
Künstler-Briefe [Lettere d’artisti]
Berlino, Parte prima, T. Trautwein’sche Büch und Musikalienhandlung, 1853
e Parte seconda, Berlino, Guttenberg, 1856
Recensione di Francesco Mazzaferro
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Fig. 1) L'edizione del 1856 delle Lettere d’Artisti di Ernst Karl Guhl, con la pubblicazione congiunta del primo (1853) e del secondo tomo (1856) |
Le "Lettere d'artisti" di Ernst Karl Guhl
Un convegno italo-tedesco del 1991 ha proposto il tema della “Kunstliteratur come esperienza dell’Italia” [1]. In altre parole, la letteratura artistica (Kunstliteratur in tedesco) in Germania fu, prima di tutto, lo studio delle fonti di storia dell’arte italiana, ed in particolare del Rinascimento nel nostro paese. Il tema si adatta perfettamente all’opera di Ernst Karl Guhl (1819-1862), uno dei pionieri della letteratura artistica tedesca, autore di due volumi di Lettere d’artisti pubblicati nel 1853 e nel 1856.
Un convegno italo-tedesco del 1991 ha proposto il tema della “Kunstliteratur come esperienza dell’Italia” [1]. In altre parole, la letteratura artistica (Kunstliteratur in tedesco) in Germania fu, prima di tutto, lo studio delle fonti di storia dell’arte italiana, ed in particolare del Rinascimento nel nostro paese. Il tema si adatta perfettamente all’opera di Ernst Karl Guhl (1819-1862), uno dei pionieri della letteratura artistica tedesca, autore di due volumi di Lettere d’artisti pubblicati nel 1853 e nel 1856.
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Fig. 2) Berlino, La Reale Università di Berlino (oggi Humboldt Universität). Immagine tratta da A. Carse, Berlino e i suoi tesori, 1850 |
Siamo in presenza della prima
collezione di lettere d’artisti in lingua tedesca, e al tempo stesso di uno dei
primi scritti in cui in Germania si teorizza l’importanza per la comprensione
delle opere d’arte dello studio delle biografie degli artisti, delle loro
opinioni e dei loro progetti personali, del loro modo d’intendere l’arte, ma
anche del loro vissuto quotidiano. All’uscita del primo volume Guhl ha soli
trentaquattro anni: vi si legge la freschezza di chi tenta strade nuove, ad
esempio applicando categorie della neonata scienza economica per comprendere le
oscillazioni degli emolumenti pagati agli artisti: dalle cifre assai modeste
versate nel Quattrocento ai compensi stratosferici del primo Cinquecento per
assistere infine a un crollo improvviso nella metà dello stesso secolo.
L’autore è grande ammiratore dello storico Leopold von Ranke (1795-1886), e
come lui rigetta sia il positivismo sia l’hegelismo, assegnando ad un metodo
storiografico basato su fatti storici (e non alla teoria estetica) il compito
di verificare gli eventi della storia dell’arte.
Il primo volume di Lettere di Artisti del Quattro-Cinquecento
[2], con le sue 470 pagine, è interamente dedicato ad artisti italiani, a
partire da Ottaviano di Martino Nelli e Jacopo della Quercia fino a Bartolomeo Ammannati
e ad Andrea Palladio. Raccoglie esattamente 150 lettere. Il secondo volume,
relativo al Seicento [3] raggiunge complessivamente 380 pagine: le prime 120
sono dedicate agli artisti italiani dal Barocci al Lanfranco, per poi
proseguire con fiamminghi e francesi di Cinque e Seicento e concludersi con il
primo barocco italiano. Presenta in tutto cento lettere. Dei due tomi fu anche
preparata nel 1856 un’edizione in volume unico (fig. 1) in cui
le due parti vennero semplicemente rilegate insieme [4]. Tutti i volumi furono
pubblicati da Meyer Guttentag, un editore berlinese che fino al 1853 condusse
l’attività sotto nome di T.
Trautwein’sche Büch und Musikalienhandlung e poi divenne Guttentag Verlag [5].
Il progetto originario prevedeva
un terzo volume la cui lavorazione venne annunciata come avanzata nel 1856, ma
mai giunto alle stampe. Si doveva trattare di una collezione di lettere di
artisti tedeschi del Rinascimento (si pensi per esempio a Dürer, che nella
raccolta del 1853-1856 non è presente). I rinascimentali tedeschi non sono
inclusi nel primo libro (dedicato completamente agli italiani) e neppure nel
secondo (dedicato alla seconda parte del Cinquecento e al Seicento). È
necessario - spiega l’autore nel secondo libro [6] - assegnare ai tedeschi del
Cinquecento una trattazione separata, per difetto di omogeneità. Il primo libro
è infatti tutto basato sullo studio degli aspetti sociali dell’arte nelle
Signorie italiane e il secondo si concentra sull’impatto della Controriforma
sull’arte. Il terzo libro avrebbe dunque fatto leva sulle lettere d’artisti per
trattare il loro rapporto (in parte non storicamente chiarito secondo l’autore)
con la riforma luterana. Non se ne fece nulla: nel 1862, a soli quarantatré
anni, Guhl muore dopo breve ed improvvisa malattia.
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Fig. 3) Johann Heinrich Hintze, L’Altes Museum, 1832 |
L’opera mette per la prima volta
a disposizione del pubblico tedesco una ricca collezione di lettere di artisti
e conosce buon successo (è premiata con una medaglia d’oro nel 1856 [7]). Per
compilarla, Guhl si è servito soprattutto delle collezioni italiane di lettere
preparate da Bottari-Ticozzi [8], Gaye [9] e Gualandi [10]. Al di fuori
dell’Italia i testi di queste lettere non erano ancora disponibili se non con
enormi difficoltà, ed è forse per questo che l’editore berlinese (conscio della
novità) introduce nella seconda di copertina delle edizioni del 1853 e del 1856
l’annuncio: “Mi riservo il diritto di
pubblicare l’opera in traduzione inglese e francese”. È possibile che
l’improvvisa scomparsa dell’autore abbia impedito il materializzarsi anche di
quell’intenzione.
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Fig. 4) La seconda edizione delle Lettere d'artisti, rivista ed arricchita da Adolf Rosenberg nel 1880 |
Nel 1880 viene pubblicata una
seconda edizione postuma [11], rivista ed arricchita dallo storico dell’arte
berlinese Adolf Rosenberg (1850-1906). Nonostante siano passati venticinque
anni circa, il linguaggio di Guhl rimane evidentemente fruibile e perciò non vi
è bisogno di una nuova traduzione. I due volumi vengono fusi tipograficamente,
ma la struttura, con numerazione separata delle lettere e due saggi
introduttivi per la prima e la seconda parte, rimane intatta. Nell’antica prima
parte si passa da 150 a 160 lettere. Nella seconda parte si fa un balzo ancora maggiore
(da 100 a 150 lettere), con la rielaborazione della sezione su Rubens e
l’aggiunta di un’intera nuova ‘seconda parte’ dedicata agli artisti tedeschi
del Quattrocento-Cinquecento originariamente previsti per il terzo volume. Le
lettere di Dürer, che esistevano in una versione del 1872 di Thausing, vengono
sottoposte a nuova riscrittura in tedesco moderno. Rosenberg scrive di aver
anche tenuto conto, per le sue revisioni, della disponibilità di nuove fonti,
fra le quali segnala le opere di Milanesi [12] e Crowe-Cavalcaselle [13].
Nell’introduzione egli specifica inoltre che la nuova raccolta di lettere
artistiche inedite, a cura di Campori [14], non gli era invece stata di grande
aiuto.
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Fig. 5) Friedrich August Stüler, Il Neues Museum di Berlino, stampa del 1850 circa |
Nel 1913, a sessant’anni dalla
prima pubblicazione, esce un compendio delle lettere di Guhl, intitolato Lettere d’artisti del Rinascimento, a
cura di Wilhelm Miessner, un romanziere e studioso di letteratura morto
solamente due anni dopo in guerra (1876-1915) [15]. Si trattò di un’edizione
molto lontana dall’originale: era limitata al solo Rinascimento e si
concentrava sulle lettere di soli 12 artisti [16].
Dopo la prima guerra mondiale il
critico d’arte Hermann Uhde-Bernays, un seguace di Grimm e Tschudi, si propone
in un primo tempo di preparare un’ulteriore nuova versione della collezione di
Guhl. Le differenze d’impostazione sono però troppo ampie per preparare una
semplice revisione. Sotto l’influenza di Ranke, Guhl è molto ancorato al
rapporto tra artisti come persone ed elementi storici e per lui ogni artista è
prima di tutto figlio del suo tempo; a lui le lettere interessano per
comprendere le biografie e gli avvenimenti. Uhde-Bernays è invece figlio della
teoria hegeliana che la storia sia segnata dalla continuità di grandi spiriti
eroici; l’unico elemento di continuità che le lettere d’artisti possono segnare
nel corso del tempo è il prevalere dell’aspetto soggettivo su ogni altro
elemento, o - come scrive - la verità della creazione artistica. Sono due fasi
diverse della Scuola di Berlino di storia dell’arte. Uhde-Bernays pubblica dunque nel 1926 una raccolta ispirata a criteri molto differenti rispetto a quelli di Guhl [17], sostituendo ben cinque sesti delle lettere rinascimentali
ed espandendo la raccolta di lettere fino a Van Gogh: nasce in questo modo un
nuovo classico della letteratura artistica tedesca, e il tempo dell’antologia
di Guhl è ormai al tramonto. Non a caso non vengono più stampate altre versioni
aggiornate. Edizioni anastatiche delle Lettere
d’artisti di Guhl diventano però recentemente disponibili fra il 2012 e il
2014 [18]. Come indicato in nota, tutte le edizioni originali sono oggi
disponibili gratuitamente su internet.
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Fig. 6) Una tavola da “I monumenti dell’arte antica” di Ernst Guhl e Joseph Caspar, 1851 |
Ernst Karl Guhl
Oggi la memoria di Ernst Guhl è,
in effetti, quasi scomparsa. Una semplice scorsa alla lista delle sue
pubblicazioni rivela che tutta la sua opera ebbe sempre l’obiettivo di mettere
a disposizione dei lettori pubblicazioni ampie e sistematiche. Con Wilhelm
Lübke commentò tra il 1845 ed il 1856 una collezione di tavole illustrate di
Joseph Caspar su I monumenti dell’arte
[19], in cui si compendiava, in quattro volumi, l’intera storia
dell’architettura mondiale, dalla preistoria al presente; l’opera fu oggetto di
nuove edizioni fino al 1893. Insieme a Wilhelm Koner pubblicò nel 1860 una Vita dei greci e dei romani, ricavata dagli
antichi monumenti [20] in due volumi, ricchissima di illustrazioni:
fu forse la sua opera più fortunata, con traduzioni in inglese, francese,
spagnolo ed italiano [21] e nuove edizioni riviste ed aggiornate fino ai giorni
nostri. Ma i suoi interessi furono davvero ampi: comprendevano pubblicazioni
che oggi potrebbero essere classificate come studi adiacenti all’archeologia (“Tentativo sul capitello ionico”), ma anche
temi molto innovativi per i suoi tempi (“Le
donne nella storia dell’arte”). Forse proprio la dispersione degli
interessi (oltre alla scomparsa in giovane età) spiega le ragioni per le quali
Guhl non è passato alla storia come critico d’arte di riferimento.
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Fig. 7) Ernst Guhl, Tentativo sul capitello ionico, 1845 |
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Fig. 8) Ernst Guhl, Le donne nella storia dell’arte, 1845 |
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Fig. 9) Un’edizione inglese della Vita dei greci e romani, pubblicata da Bracken Books nel 1989 |
Combinando fra loro le Lettere degli artisti, i Monumenti dell’arte e la Vita dei greci e dei romani, si ottiene
l’immagine di uno studioso d’infinita curiosità che sapeva spaziare dalla
storia dell’arte all’archeologia, dall’antica Grecia al Rinascimento. Forse più
un divulgatore enciclopedico che uno studioso profondo, Guhl fu il frutto della
sua epoca e del mondo erudito di Berlino. Ne erano espressione il vecchissimo
Alexander von Humboldt, che moriva a Berlino solamente tre anni prima di Guhl,
ed Heirich Schliemann, che era suo coetaneo. L’incrocio tra moderno ed antico
era comunque abituale: ancora nel 1838 la Friedrich-Wilhelm-Universität
aveva una sola cattedra, denominata di “Archeologia
e storia dell’arte”; insomma, la storia dell’arte era – all’epoca -
un’appendice dell’archeologia. Tanto per capire come andavano le cose a Berlino
in quegli anni, per superare l’esame di abilitazione all’insegnamento alla Friedrich-Wilhelm-Universität Guhl aveva
dovuto abbinare la sua tesi di laurea (sul capitello ionico) con una lezione in
latino dal titolo “Succinta architecturae
gothicae apud Italos historiae expositio”, ovvero una breve esposizione
sulla storia dell’architettura gotica in Italia: era il 27 ottobre 1848 [22].
Quel titolo dava la possibilità al ventinovenne di insegnare come Privatdozent, il titolo più basso (e
peggio pagato) nella carriera accademica. Nel marzo 1854, poco dopo aver
pubblicato il primo volume delle Lettere
d’Artisti, venne il secondo passo della carriera accademica, con una
cattedra permanente all’Accademia di Belle Arti, che comunque non gli
consentiva tranquillità economica [23]. La nomina a professore straordinario
alla Friedrich-Wilhelm-Universität fu
invece conseguita solo nel 1861, poco prima della morte.
Pur operando da posizioni
accademiche ancora di secondo piano, Guhl entra nel mondo accademico di Berlino
(Università ed Accademia) e dunque nel cuore della Scuola di storia dell’arte
di Berlino, fondata da Carl Friedrich von Rumohr (1785-1843) e continuata da
Gustav Friedrich Waagen (1794-1868), Karl Schnaase (1798-1875) e Franz Kugler
(1808-1858). E fu proprio Waagen a scrivere due ricche recensioni, nel 1854 enel 1857, dedicate alle Lettere d’artisti,
pubblicate sul Deutsches Kunstblatt,
la rivista che nel proprio comitato di redazione raccoglieva la crème
de la crème della critica d’arte di lingua tedesca: Eggers, Kugler,
Schnaase e Waagen a Berlino, Passavant a Francoforte, Eitelberger von Edelberg
a Vienna e altri studiosi a Dresda, Düsseldorf e Monaco di Baviera. Ai due
testi di Waagen è dedicato un post che sarà pubblicato nelle prossime
settimane. Si tratta di scritti importanti, perché da essi si capisce che la
storia della letteratura artistica di lingua tedesca non fu solamente un
fenomeno viennese. Se la Scuola di Vienna con Eitelberger von Edelberg inaugurò la prima collezione di testi di fonti di storia dell’arte, nel nome di un
positivismo che finirà per sfociare nella decisione di Julius von Schlosser di
scrivere un manuale scientifico di letteratura artistica, la Scuola di Berlino
avviò un filone idealista, fortemente legato all’idea della preminenza dell’individualità
degli artisti sui gruppi, che si tradurrà nella produzione di testi antologici
di lettere ed altri scritti e sarà molto popolare in Germania fino a tutta la
prima metà del Novecento.
Storia dell’arte come storia delle biografie
“A questo lavoro che io qui presento
all’opinione pubblica sono stato condotto a ragione di una necessità personale.
Nel corso delle lezioni di storia dell’arte che devo tenere all’Università e
all’Accademia delle Arti, e per le quali ho il compito più che altrove di dare
una certa impostazione individuale al contenuto ideale dello sviluppo storico,
mi sono reso conto di una certa mancanza, comune in modo maggiore o minore a
tutti i maggiori lavori sulla storia dell’arte. Essi informano sulla
successione degli stili e delle opere d’arte, così come sulla posizione che i
singoli artisti occupano in tale successione e sull’evoluzione della loro
creazione. E invece manca nella maggioranza dei casi qualsiasi chiarimento
sulla loro personalità, sul carattere, sulle opinioni personali degli artisti,
sulla loro posizione nella vita reale ed infine sul modo con il quale abbiano
preso parte, dal punto di vista delle loro convinzioni intime, alla cultura ed
ai movimenti spirituali del loro tempo.” [24] Dunque, le Lettere d’Artisti nascono dalla volontà
di concepire la storia dell’arte non solamente come storia degli stili, ma come
storia delle biografie degli artisti, e le lettere divengono lo strumento
principale per catturare nuovi elementi d’informazione a tal fine.
Dal punto di vista metodologico -
scrive Guhl nell’introduzione al primo volume - vi sono due possibili percorsi:
il primo è quello di scegliere le lettere degli artisti più famosi ed usarle
per creare ‘medaglioni’ biografici sulle personalità maggiori; il secondo è
quello di analizzare l’intero materiale ed utilizzarlo per comporre una sorta
di epistolario storico dell’arte moderna (qui intesa come l’arte del
1400-1600), basato su criteri “ben
definiti e ordinati in modo rigido” [25]. Nonostante il primo criterio sia
più semplice, Guhl decide di seguire il secondo, nel desiderio di dimostrare
che “l’intera storia dell’arte moderna
può essere concretamente illustrata con le idee in essa praticate su arte,
morale e religione da determinate persone e in determinate situazioni” [26].
Il Rinascimento italiano, Guhl scrive nell’introduzione del primo volume, è il
periodo che meglio si presta a questo tentativo, grazie alla ricchezza
documentale delle lettere disponibili.
Quanto alla traduzione in
tedesco, l’autore specifica di non aver voluto cercare di migliorare lo stile
delle lettere, cui non attribuisce proprietà estetiche (a differenza dunque del
concetto francese di artistes-écrivains, che si va
sviluppando nel corso dell’Ottocento a Parigi, non sono dunque viste come parte
della letteratura): “Non sono belle né
devono essere necessariamente belle” [27]. I testi appartengono a volte ad
artisti che chiaramente avevano difficoltà ad esprimersi per iscritto. Seguendo
Ranke, la priorità del curatore va invece all’accuratezza storica, cui è
dedicato il vasto apparato critico in forma di note che precedono le lettere,
presentando l’autore, e seguono ognuna di esse, spiegando il contesto in cui la
singola missiva deve essere letta.
Il saggio introduttivo al primo volume:
“Sull’arte del 15esimo e 16esimo secolo”
Il saggio introduttivo al primo
volume cerca di offrire una lettura comune ai fenomeni durante i centocinquanta
anni coperti dall’antologia. Le lettere devono essere viste come testimonianza
dell’arte di quei tempi, e devono consentire di arricchirne la comprensione,
come supporto ai documenti già disponibili. In particolare, alle lettere è
assegnato il compito di testimoniare gli artisti “come esseri umani” [28]. Ecco di nuovo accenti che denotano la
critica rankiana all’idealismo hegeliano: “L’opera
d’arte non è solamente l’una o l’altra rappresentazione di questa o quell’idea
in un quadro o in una statua: una vera opera d’arte nasce quando l’artista
trasferisce la propria e più intima essenza nella produzione artistica” [29]. Non si può dividere l’uomo e l’artista,
scrive Guhl. “In altre parole, la storia
dell’arte deve essere individualizzata” [30]. Se dunque la critica – sotto
l’effetto congiunto di positivismo ed idealismo – ha cercato di tracciare
regole generali, adesso il momento è venuto di passare ad una fase successiva:
“Se fino ad oggi il compito era quello di
idealizzare le persone, ovvero di elevarle nei campi delle idee storiche
generali, oggi invece la missione è quella di personificare tali idee, oppure
in altre parole di provarne l’esistenza concreta in singole persone.” [31]
È inoltre sbagliato concepire la
storia dell’arte come un seguito di vicende geniali attribuibili ad eroi della
storia, perché il corso della storia non dipende solamente dalle grandi
personalità. Citando lo studioso franco-belga Rogier de Beauvoir (1806–1866),
Guhl spiega che “le caratteristiche
nascoste degli artisti sono spesso la storia dell’arte stessa” [32].
Aggiunge che, per studiare gli artisti minori o per interpretare anche le
dichiarazioni degli artisti di riferimento che rimangono altrimenti inspiegabili,
le lettere d’artista sono fondamentali: facendo riferimento a quelle di Filippo
Lippi, Benozzo Gozzoli, Andrea Mantegna e Lorenzo di Credi, spiega infatti che
sono scritte in uno stile autentico [33].
Le lettere sono fondamentali
anche per capire l’interazione dell’artista con il suo tempo: e qui vi sono
aspetti di modernità nel pensiero di Guhl che non possono essere negati e che
richiamano sia pur da lontano lo sviluppo parallelo in quegli anni delle
scienze sociali ed economiche. Le lettere degli artisti forniscono infatti
informazioni fondamentali sugli “elementi
sociali della storia dell’arte”, ed in particolare su quattro temi: (i) il
rapporto degli artisti tra di loro; (ii) il rapporto degli artisti con i
detentori del potere; (iii) il loro rapporto contrattuale con i committenti ed
infine (iv) il loro rapporto con i rappresentanti del mondo della cultura.
Non si tratta di pura curiosità.
Le lettere consentono secondo Guhl di colmare le lacune che la lettura del
Vasari non risolve in modo soddisfacente, e permettono comunque di studiare
come le amicizie tra artisti, a volte dovute a situazioni fortuite, abbiano
permesso loro di maturare lo stile. Guhl fa esplicito riferimento ai presunti
scambi epistolari tra Francesco Francia e Raffaello, e alle lettere tra Raffaello
e Michelangelo, Michelangelo e Sebastiano del Piombo, Bartolomeo Ammannati e
Giorgio Vasari, Giulio Romano e Parmigianino. “In alcuni casi il chiarimento di tali rapporti personali può
contribuire alla soluzione di questioni specifiche sulla storia dell’arte. Si
pensi ad esempio al rapporto tra Raffaello e Michelangelo, che spesso si è
giudicato in modo sbagliato e addirittura mal interpretato e che sarà qui di
seguito oggetto di analisi approfondita” [34]. Infatti, sulla base della
lettura combinata delle lettere e dei testi vasariani Guhl arriva alla
conclusione che Michelangelo non avesse affatto un atteggiamento negativo nei
confronti del suo più giovane collega e che l’animosità fosse il risultato
dello scontro delle rispettive cordate di discepoli. Va subito anticipato che Waagen, nella recensione al testo di Guhl pubblicata nella primavera 1854 su
Deutsches Kunstblatt, che esamineremo
separatamente, sarà invece di opposto avviso, usando le stesse evidenze
esaminate da Guhl per confermare l’animosità tra i due grandi del Cinquecento.
Sul tema del rapporto tra
artisti, committenti e mecenati, Guhl identifica un’importante discontinuità.
Nel Quattrocento e fino ai primi decenni del Cinquecento il rapporto tra
artisti, nobili e autorità politiche era tra pari: ”Ancora mancavano quelle barriere così numerose che poi in seguito gli
uomini avrebbero creato tra di loro, per rendere più difficili i rapporti ed i
contatti personali. Vi era ancora il senso di una certa parità tra chi aveva il
potere e chi aveva il talento; di una parità che si traduceva in un modo
franco, aperto, direi esclusivamente personale di rapportarsi” [35]. Cosimo
de’ Medici e Donatello erano amici; Mantegna e Francesco Gonzaga avevano un
rapporto cordiale, nonostante la differenza d’età; ed ancora, nel Cinquecento,
i rapporti tra Federigo Gonzaga, Tiziano o Giulio Romano erano del tutto liberi
da ogni formalità. È con la metà del Cinquecento, e paradossalmente con il
tramonto delle fortune finanziarie delle Signorie italiane, che gli artisti
furono costretti a mille sotterfugi, all’adulazione e a vere e proprie
umiliazioni per aver accesso alle declinanti commissioni dei potenti, come
Bronzino che volle scrivere che baciava la ‘santissima mano’ di Cosimo nel
1548. A questo irrigidimento dei rapporti tra artisti e potenti corrisponde, a
parere del Guhl, la decadenza dell’arte negli anni del manierismo, in un
singolare parallelismo tra lo stile delle lettere e quello artistico [36].
Quando però si affermano i grandi
artisti del Rinascimento, i rapporti si invertono; i potenti sono pronti ad
acquisire qualsiasi opera dai creatori, qualunque ne sia il tema, perché vedono
in essa una prova dell’affermazione del loro potere. I Gonzaga contattano
Michelangelo a tal fine, per ordinargli un’opera, che sia scultura o pittura a
suo piacimento. Federigo Gonzaga pone a Sebastiano del Piombo come unica
condizione per l’acquisto di un suo lavoro che sia una pittura bella e aggraziata
[37].
Se si esaminano le dinamiche
contrattuali tra artista e committente, la documentazione testimonia che in una
prima fase le richieste avanzate all’artista erano estremamente dettagliate.
Non mancavano a volte discussioni sull'effettivo rispetto delle condizioni
pattuite (Benozzo Gozzoli e Pietro de’ Medici; Pietro Perugino ed i monaci di
San Pietro a Perugia; Correggio ed i religiosi della Cattedrale di Parma). I
prezzi corrisposti erano in linea con quelli dei più abili artigiani, e
consentivano ai pittori, nel migliore dei casi, una vita decorosa, ma non
agiata. Anche le forme contrattuali erano simili a quelle degli artigiani:
i pittori venivano pagati, diremmo oggi, a cottimo, ovvero sulla base del
numero e della grandezza delle figure, delle teste dipinte, ecc…
Invece, nell’epoca di
Michelangelo, Leonardo e soprattutto Tiziano, e dunque dai primi decenni del
1500, il valore economico delle retribuzioni sale alle stelle. Si tratta di una
fase in cui ogni ceto sociale è particolarmente interessato a sollecitare la
produzione di opere d’arte, come mai era successo con l’eccezione (forse) dei
tempi dell’antica Grecia. La vita dell’artista è ormai caratterizzata non
solamente da un posizione sociale altissima, ma anche da “spreco, lusso e splendore” [38]. In seguito ai picchi di quegli
anni, e ad una situazione di sostanziale sovrapproduzione di offerta di beni
artistici rispetto allo stallo della domanda [39], i prezzi crollarono [40] (sia
pure con alcune eccezioni) e gli artisti si dovettero confrontare con un
destino segnato da “mancanza, povertà ed
indigenza” [41].
Per concludere sul saggio
introduttivo al primo volume, alcune parole su quello che le lettere ci dicono
sul rapporto tra arte e mondo della cultura. Al culmine del Rinascimento l’arte
non è più il frutto di una creazione ingenua ed istintiva all’interno delle botteghe,
ma ormai il risultato consapevole di un’educazione artistica perfettamente
integrata con gli altri rami della cultura dell’epoca. Gli artisti si
distinguono per “il rispetto nei
confronti della scienza, la partecipazione alla cultura generale e l’intenso
rapporto con i loro rappresentanti.” [42] Ne sono prova le corrispondenze di Leon Battista Alberti e di Leonardo. Si formano circoli di intellettuali cui
gli artisti partecipano a pieno titolo assieme a letterati, filosofi,
scienziati (Bembo, Giovio, Varchi, Borghini e molti altri). È il mondo che si
raduna, ad esempio, presso Lorenzo il Magnifico o alla corte di Urbino.
Il saggio introduttivo al secondo volume: “Sull’arte nel diciasettesimo
secolo”
Rispetto a quello di Quattro e
Cinquecento, il quadro complessivo del Seicento muta: innanzi tutto sono
maggiori le informazioni di cui si dispone per ricostruire la biografia degli
artisti senza tener conto delle loro lettere; è anche maggiore il numero di
lettere disponibili; e tuttavia – scrive Guhl -esse si dimostrano molto meno
variegate e fresche per contenuto e scrittura [43]. Tutti questi elementi
giustificano l’affermazione che la selezione delle lettere (solamente cento nel
secondo volume del 1856, rispetto alle centocinquanta del 1853) è costata al curatore
maggior sforzo. Dal momento poi che le lettere, per così dire, dicono meno cose
relativamente a chi le scrive, è divenuto necessario accrescere ulteriormente
lo spazio dedicato all’apparato critico.
La seconda metà del Cinquecento è
per Guhl una fase di acuta decadenza spirituale, che si riflette nel suo
giudizio estremamente negativo sul manierismo, cui attribuisce la conservazione
delle forme dei grandi maestri ma la perdita del loro equilibrio. Allo
smarrimento di ogni autenticità nelle opere corrisponde la perdita di ogni
naturalezza nelle lettere (a partire da quelle di Zuccari e Paggi), legata al
tentativo di elaborare, a suo parere, vuote teorie sistematiche sulla creazione
artistica (la sua critica all’ “Idea dei
Pittori, Scultori e Architetti” di Federico Zuccari occupa tre pagine
dell’introduzione al secondo volume [44]). Ai teorici di un “vuoto e falso
idealismo” [45] egli attribuisce la responsabilità del declino dell’arte: sono
ancora una volta parole che indicano una presa di distanza dal mondo hegeliano.
Una reazione si ha solamente alla
fine del Cinquecento, con le due opposte scuole degli accademici e dei
naturalisti. I primi sono rappresentati nella raccolta con le lettere dei
Carracci e dei loro seguaci (Domenichino, Guido Reni, Albani, Lanfranco e
Guercino) per un totale di più di cento pagine, segno di innegabile simpatia; i
secondi dalle lettere di Salvator Rosa. Ovviamente, Guhl dedica a Caravaggio –
capostipite dei naturalisti – alcune pagine appassionate nell’introduzione. Lo
scontro anche aspro tra manieristi, accademici e naturalisti si riflette nei
testi degli artisti e dei critici dell’epoca, nella Roma di Papa Sisto V. Guhl cita
ampi stralci di testi di Giovan Battista Passeri e Francesco Albani contro
Caravaggio. Ma lo stesso Guhl non omette alcuni giudizi negativi che rivelano
il suo modo di pensare: all’osservazione dei suoi contemporanei Philippe de
Chennevières Pointel (1820-1899), Eduard Kolloff (1811-1879) e Friedrich
Theodor Vischer (1807-1887) che celebrano Caravaggio come ‘rivoluzionario’ e addirittura ‘democratico’
perché il naturalismo aveva reso possibile comprendere l’arte alla ‘massa del popolo’, egli risponde che “questi punti di vista possono essere
riconosciuti validi solamente a condizione di un’interpretazione molto
ristretta” [46]. Evidentemente parlare di democrazia nel Regno di Prussia
del 1856 era un tema ancora imbarazzante che ricordava la rivoluzione francese
ed i moti del 1848 e non suscitava certo consensi unanimi.
Gli sviluppi della pittura del
Seicento sono contraddistinti dalla Controriforma, cui Guhl attribuisce la
capacità di rafforzare la consapevolezza degli artisti italiani sulla necessità
di superare il male supremo del manierismo e di ancorarsi a “valori più solidi
e positivi nell’arte” [47] adottando forme iconografiche che esprimono
devozione [48]. È Domenichino a scrivere che “occorre provare nel proprio intimo quel che si rappresenta” [49].
Le lettere di Barocci, Guercino, Maderno e Crespi testimoniano che l’arte è
ormai consapevolmente al servizio della Chiesa. A sua volta, la Chiesa ha il
potere di determinare la fortuna degli artisti (è quello che succede agli
accademici della scuola di Bologna sotto Paolo V e Gregorio XV) oppure di
decretarne il tramonto (Urbano VIII). Con Urbano VIII si ha infatti uno
spostamento strategico del papato dalla Spagna alla Francia, più libera e moderna,
cui corrisponde un cambiamento di gusto a Roma: Domenichino e Lanfranco seguono
il viceré spagnolo a Napoli, Guido Reni e Guercino tornano in Emilia, mentre
una nuova generazione di artisti italiani si impone a Roma (si fa qui
riferimento al Bernini, il cui ruolo è comunque sottovalutato da Guhl); si
impongono poi gli artisti francesi e la personalità di Poussin (rappresentati
con una ventina di pagine di lettere).
In un gioco di azioni e reazioni
la caduta dell’influenza spagnola a Roma apre nuovi spazi agli artisti locali
proprio in Spagna e nelle altre province dell’impero asburgico. A Rubens Guhl,
che di lui è evidentemente innamorato, dedica ampio spazio (ventidue lettere e
sessanta pagine in tutto) ; in lui (pur ancorato solidamente al sistema di
potere asburgico) vede uno spirito diverso da quello della Controriforma, come
prova anche la libertà di giudizio che egli mostra nelle sue missive: ad
esempio, parla di Tilly e Wallenstein, gli eroi del campo cattolico nella
guerra dei trent’anni, come di barbari ed irride l’annuncio di presunti
miracoli nel teatro di guerra. Nelle Province Unite, e dunque in quella parte
delle Fiandre che abbraccia il protestantesimo, si assiste invece allo
sbocciare di poesia, prosa e filosofia, ma ovviamente anche pittura con
Rembrandt.
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Fig. 19) L’Altes Museum di Berlino ai giorni nostri |
Conclusioni
Con Guhl si concretizza un
tentativo di raccontare la storia dell’arte di tre secoli, dal primo
Quattrocento alla fine del Seicento, secondo criteri moderni, ispirati alla
storiografia di Ranke e dunque ancorati all’idea di una solida base
documentale. Le lettere d’artisti forniscono un supporto sufficientemente ampio
per poter tentare di individualizzare la storia dell’arte, ponendo la persona,
i suoi pensieri, le sue vicende al centro della storia dell’arte. È un
tentativo di razionalizzare il percorso delle opere e degli stili secondo
criteri diversi da quelli del positivismo e dell’idealismo, gli altri
riferimenti culturali allora presenti nel mondo tedesco. L’autore ne ricava due
affreschi, l’uno incentrato sugli aspetti sociali dell’arte e l’altro
sull’influenza della Controriforma. Sullo sfondo, al lettore tedesco è offerta
per la prima volta una raccolta ordinata di scritti fino ad allora
inaccessibili. Nasce in quel modo un filone della letteratura artistica tedesca
che avrà successo per oltre un secolo.
[2] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. Übersetzt und erläutert, Berlino, Trautwein'sche Buch u. Musikalienhandl., 1853. Il testo completo è disponibile all’indirizzo https://archive.org/details/kunstlerbriefe01guhl
[3] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, Kunst und Künstler des siebzehnten Jahrhunderts, Berlino, Guttentag, 1856. Il testo completo è disponibile all’indirizzo https://archive.org/details/kunstlerbriefe02guhl
[4] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Übersetzt und erläutert von E. Guhl. 2 Bände in einem, Berlino, Trautwein, Guttentag, 1853/56.
[5] Si veda: Ziesak, Anne-Katrin - Der Verlag Walter de Gruyter: 1749-1999, Berlin, De Gruyter, 1999
[6] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, p. VIII
[7] Garberson Eric - Art History in the University II: Ernst Guhl, in: Journal of Art Historiography, Number 7 December 2012. L’articolo è disponibile su internet: https://arthistoriography.files.wordpress.com/2012/12/garberson-article.pdf
[8] Bottari, Giovanni Gaetano - Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da'più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII, pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai nostri giorni da Stefano Ticozzi, Milano 1822-1825, VIII volumi.
[9] Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV. XV. XVI. Pubblicato ed illustrato con documenti pure inediti dal Dott. Giovanni Gaye, Firenze 1840, III volumi.
[10] Memorie originali italiane riguardanti le belle arti di Michel Angelo Gualandi, Serie I-VI, Bologna, 1840-1845. Nuova Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV a XIX, con note ed illustrazioni Vol. I e II, Bologna 1844, 1845.
[11] Guhl, Ernst - Künstlerbriefe. 2 Teile in 1 Band. 2., 2. umgearbeitete und sehr vermehrte Aufllage von Adolf Rosenberg. 2 Hälften in 1 Bd (Lettere d’artista. 2 parti in un volume. Seconda versione, rivista e molto ampliata da Adolf Rosenberg), Berlino, Guttentag (D. Collin) 1880. Il testo completo è disponibile all’indirizzo https://archive.org/details/kunstlerbriefe00guhl_0
[12] Milanesi, Gaetano, Documenti per la storia dell’arte senese, 1854. Si veda: https://archive.org/details/documentiperlas00milagoog. Inoltre: Milanesi Gaetano, Le lettere di Michelangelo Buonarroti, 1876. Si veda: https://archive.org/details/laletteredimich00buongoog.
[13] Cavalcaselle, Giovan Battista e Crowe, Joseph Archen; Tiziano, la sua vita e i suoi tempi : con alcune notizie della sua famiglia. Opera fondata principalmente su documenti inediti, Firenze, Le Monnier,1877.
[14] Campori, Giuseppe - Lettere artistiche inedite, Modena, Erede Soliani, 1866.
[15] Guhl, Ernst Karl e Miessner, Wilhelm - Künstlerbriefe der Renaissance, Berlino, Meyer & Jessen, 1913, 349 pagine. L’originale è disponibile all’indirizzo internet https://books.google.it/books?id=AlrpQStyivkC&pg=PR3&lpg=PR3&dq=Wilhelm+Miessner+k%C3%BCnstlerbriefe&source=bl&ots=uno4twQVB8&sig=4yyMwCwu1xgrlxcVXwmux4CBS-Q&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjz_KD2_-DLAhUFZ3IKHeCxC24Q6AEIXjAJ#v=onepage&q=Wilhelm%20Miessner%20k%C3%BCnstlerbriefe&f=false
[16] Domenico Veneziano, Fra Filippo Lippi, Bertoldo, Andrea Mantegna, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio, Lorenzo di Credi, Michelangelo, Tiziano, Sebastiano del Piombo, Benvenuto Cellini, Dürer e Rubens.
[17] Uhde-Bernays, Hermann - Künstlerbriefe über Kunst. Bekenntnisse von Malern, Architekten und Bildhauern aus fünf Jahrhunderten, Dresda, Jess Verlag, 1926
[18] Guhl, Ernst Karl - Künstler-Briefe. Erster Band, Brema, Dogma Verlag, 2014; Guhl, Ernst Karl - Künstler-Briefe. Zweiter Band, Brema, Dogma Verlag, 2014; Guhl, Ernst Karl - Künstlerbriefe der Renaissance, KlassikArt Verlag, 2012.
[19] Guhl, Ernst e Joseph Caspar (Volumi I-III), Wilhelm Lübke e Josph Caspar (Volume IV) - Denkmäler der Kunst zur Übersicht ihres Entwicklungs-Ganges von den ersten künstlerischen Versuchen bis zu den Standpunkten der Gegenwart, Stoccarda, Ebner & Seubert, 1851
[20] Guhl, Ernst Karl e Koner,Wilhelm - Das Leben der Griechen und Römer : nach antiken Bildwerken, Berlino, Weidmann, 1860. Volume I – Die Griechen, 324 pagine con 317 incisioni; Volume II - Die Römer, 407 pagine con 211 incisioni.
[21] Guhl, Ernst Karl e Koner, Wilhelm - La vita dei greci e dei romani: ricavata dagli antichi monumenti, Milano, Loescher, 1875.
[22] Garberson Eric - Art History in the University, citato.
[23] Garberson Eric - Art History in the University, citato.
[24] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. V.
[25] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. VII.
[26] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. VIII.
[27] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. IX.
[28] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXI.
[29] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, pp. XXI-XXII.
[30] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXII.
[31] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXIII.
[32] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXIII.
[33] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXIII.
[34] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXV.
[35] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXVII.
[36] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXX.
[37] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXXII.
[38] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXXVI.
[39] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXXVII.
[40] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXXVII.
[41] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXXVII.
[42] Guhl, Ernst - Künstler - Briefe. … 1953, citato, p. XXXIX.
[43] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. VII.
[44] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. XV-XVII.
[45] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. XIX.
[46] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. XXV.
[47] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. XXVIII.
[48] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. XXVIII.
[49] Guhl, Ernst - Künstler-Briefe. Band 2, … 1956, citato, p. XXXI.
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