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mercoledì 13 aprile 2016

Bibliothek der Kunstliteratur [Biblioteca della letteratura artistica] (1992-1995). A cura di Gottfried Boehm e Norbert Miller


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Bibliothek der Kunstliteratur [Biblioteca della letteratura artistica]
A cura di Gottfried Boehm e Norbert Miller

Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1992-1995

Recensione di Francesco Mazzaferro

Fig. 1) I quattro volumi della collana
Fonte: http://www.zvab.com/

Un’opera unica

Quando il primo tomo della Bibliothek der Kunstliteratur (Biblioteca della Letteratura Artistica) a cura di Gottfried Boehm e Norbert Miller, fu pubblicato nel 1992 da Deutscher Klassiker Verlag, un editore di pregio legato ad Insel Verlag di Francoforte, quell’iniziativa intendeva segnare l’inizio di una nuova epoca per gli studi della disciplina in Germania. Gottfried Boehm (1942-) è stato professore di storia dell’arte e filosofia all’università di Basilea. Norbert Miller (1937-) è stato professore di letteratura alla Libera Università di Berlino. Entrambi sono oggi professori emeriti.

Recensendo l’opera nel 1995 su Die Zeit, lo storico dell’arte Martin Warnke ha scritto: “Sono usciti quattro tomi, diverranno otto: la ‘Biblioteca della letteratura artistica’. Idealmente si dovrebbe aggiungere alla serie un altro volume, cui questo genere di testi deve il suo nome: l’insuperato testo di Julius von Schlosser sulla "Letteratura artistica", apparso per la prima volta nel 1924, e ripubblicato intatto nel 1964 e nel 1985. Come ‘Letteratura artistica’ Schlosser ha definito scritti che trattano d’opere d’arte, del fare arte, della relazione con l’arte. A fianco di scritti teorici sull’arte vi sono biografie d’artisti, trattati d’architettura, inventari, guide, descrizioni di viaggi, come pure di luoghi e paesi. Una selezione o un compendio di tali testi non erano mai state oggetto di pubblicazione in Germania. Oggi tutto viene accolto nella collezione ‘Biblioteca dei classici tedeschi’" [1].

Erano dunque previsti otto tomi. Il piano dell’opera comprendeva: (1) Rinascimento e barocco; (2) Primo classicismo, Winckelmann e Heinse; (3) Periodo classico e classicismo; (4) Teoria romantica; (5) La nascita della storia dell’arte; (6) Il passaggio al moderno; (7) Teoria del paesaggio; (8) Teoria dell’architettura.

Bisogna subito dire che il progetto si è purtroppo interrotto nel 1995 ed è rimasto fermo al quarto tomo. Di conseguenza, mancano un indice dei nomi, dei luoghi e delle opere (probabilmente previsto per la fine dell’opera) e soprattutto non vi è alcuna descrizione programmatica della Biblioteca, né una discussione del ruolo della letteratura artistica nel quadro più ampio della letteratura tedesca. Della possibilità di completare la Biblioteca con gli ultimi quattro volumi, e dunque di coprire almeno la prima parte del Novecento, con scritti fondamentali per la storia dell’arte e per l’estetica moderna nonché di offrire una riflessione globale sulla storia della letteratura artistica in Germania, si è persa purtroppo quasi totalmente traccia. Oggi la collezione è presentata nei cataloghi della Suhrkamp/Insel di Berlino (divenuta tale dopo una serie di complicatissime vicissitudini che hanno colpito il mondo editoriale tedesco) come una serie completa di quattro volumi, che abbraccia la letteratura artistica “dagli inizi all’avvio del romanticismo”. Come in una sorta di incantesimo che nessuno riesce a violare, il concetto schlosseriano di Letteratura artistica non riesce dunque a varcare le soglie del primo Ottocento. Lo ha fatto solamente il più famoso degli allievi di Schlosser, Ernst Gombrich, in un saggio del 1952 che offre una sua definizione di letteratura artistica e ne disegna un percorso ininterrotto da Pausania ad André Breton [2].

Tutti i tomi della Biblioteca della letteratura artistica furono pubblicati nella Biblioteca dei classici tedeschi (Bibliothek Deutscher Klassiker), una collezione di 190 volumi che anche tipograficamente ha l’ambizione di essere il contraltare tedesco della Bibliothèque de la Pléiade della parigina Gallimard (iniziata nel 1931) e dei Meridiani Mondadori a Milano (editi dal 1969). I volumi della collezione tedesca sono basati su una medesima struttura editoriale, definita nel 1980, prima dell’avvio delle pubblicazioni nel 1981 [3]: vi è un limite di mille pagine; il testo originale (che è presentato immediatamente, senza introduzione) deve sempre essere oggetto di nuova edizione critica; il commento non può essere inferiore al 30 per cento dell’intero volume, ma può raggiungere il 40 per cento solamente nei casi più difficili; le opere sono presentate in ordine cronologico e, quando necessario, in generi differenti; i testi tra il 1700 ed il 1900 vengono modernizzati ortograficamente, in modo da facilitarne la lettura, secondo regole uniformi; i testi precedenti il 1700 vengono tradotti in tedesco moderno. Dunque, la priorità è quella di presentare al lettore un testo veritiero ed originale, ma sempre fruibile.

La sezione di commento critico deve sempre seguire il testo. Si deve avviare – sempre secondo le direttive della collana definite nel 1980 – con una presentazione del “contesto generale di ogni tomo: la giustificazione dei principi organizzativi, la spiegazione dei contenuti fondamentali delle opere, del quadro storico-letterario che riguarda i diversi lavori del tomo, come ad esempio le caratteristiche per periodo, genere, ciclo [4]. Si passa poi ad un commento ad ogni testo secondo la seguente struttura: “Riferimento alle tesi fondamentali del testo, descrizione della storia della tradizione del testo, spiegazione della sua realizzazione, dichiarazioni degli autori sul proprio lavoro, caratterizzazione delle fonti (se necessario confrontando i testi originari con le opere stampate), riferimento al recepimento ed alla fortuna ed infine presentazione di specifici aspetti significativi del singolo lavoro, evitando però di assumere un solo criterio interpretativo” [5].


Si inizia nel 1992 dal quarto tomo: la teoria romantica dell’arte

Fig. 2) Il quarto tomo: Teoria romantica dell’arte

Il primo volume della Biblioteca di letteratura artistica ad essere pubblicato, a cura dal germanista Friedmar Apel nel 1992, fu in realtà quello che era destinato a divenire il quarto della serie, un volume esattamente di 1000 pagine intitolato Romantische Kunstlehre. Poesie und Poetik des Blicks in der deutschen Romantik (Teoria romantica. Poesia e poetica della visione nel Romanticismo tedesco) [6]. La biblioteca si aprì dunque con il primo romanticismo, iniziando con Ludwig Tieck (1773-1853) e Wilhelm Heinrich Wackenroder (1773-1798) ed includendo testimonianze di artisti (i Nazareni, Philipp Otto Runge, Caspar David Friedrich e molti altri), scritti di teorici dell’arte (i fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel, Friedrich Schelling) e passaggi di letterati sull’arte (Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Clemens Brentano, Heinrich von Kleist) nella prima metà del secolo, un periodo certamente importante per la cultura tedesca.

Ai fini della discussione sul romanticismo, la definizione che Apel dà di Kunstliteratur (letteratura artistica) nel suo ampio commento, intitolato “La scuola romantica del vedere” [7] è la seguente: “In questa edizione si intendono come letteratura artistica i testi che hanno un rapporto costitutivo (konstitutiver Bezug) nei confronti delle belle arti.” Il termine konstitutiver Bezug definisce dunque i casi in cui, in definitiva, lo scritto precede e crea l’oggetto artistico. Apel continua: “Una definizione ampia del concetto richiederebbe tuttavia l’inclusione della maggioranza degli scritti romantici. Ci siamo dunque decisi per una concezione antologica, in cui non tutti i generi e le forme possano essere rappresentate” [8]. La struttura in capitoli del volume sembra perciò categorizzare la letteratura artistica in quattro generi, distinguendo tra Kunstanschauungen (Visioni sull’arte), Kunstkritik (Critica d’arte), Kunstlerschriften (Scritti di artisti) e Kunsttheorie (Teoria dell’arte). L’autore, che si è valso dell’aiuto di Claudia Becker e Gisela Grenz, intende descrivere come i romantici “mettano in moto fantasie e progetti”, con riferimento alla prima categoria di natura programmatica, “come essi divengano più precisi nella critica”, con riferimento alla seconda categoria, “come l’autoriflessione scritta accompagni la prassi dell’artista romantico” per la terza categoria e “come infine si rifletta e definisca nella teoria, in termini di valore” per la quarta [9].

Fig. 3) Philipp Otto Runge, Piccolo mattino (prima versione), 1808
Fig. 4) Caspar David Friedrich, L’estate (paesaggio con coppia d’amanti), 1807

Apel spiega addirittura che non vi è romanticismo senza letteratura artistica. I due testi programmatici della prima letteratura artistica romantica sono “Gli sfoghi del cuore di un monaco amante dell'arte” di Wilhelm Heinrich Wackenroder (1796) e “Le peregrinazioni di Franz Sternbald” di Ludwig Tieck (1798). Il primo inventa l’idea della missione religiosa dell’arte e dell’artista come nuovo monaco ed il secondo definisce la centralità del paesaggio per l’arte. Sono le coordinate essenziali del movimento romantico in pittura. I due romantici di Jena non solamente definiscono il programma iconografico della Confraternita di San Luca da un lato e dei paesaggisti (Runge, Friedrich, Carus, von Schwind) dall’altro, ma anche “la programmatica, le forme di vita, lo stato d’animo personale dell’artista” [10].  Vorrei aggiungere che si tratta di conseguenze che avranno effetto per almeno un secolo: si pensi al ruolo che l’idea della missione religiosa dell’artista e della sua immersione nella natura avrà fino ai movimenti secessionisti e simbolisti dell’inizio del Novecento, non solamente in Germania ma in tutta Europa. Quanto all’idea del nuovo monachesimo, vorrei far riferimento alla mostra “Artisti e profeti. Storia segreta della modernità 1872–1972” [11], tenutasi alla Schirn di Francoforte  e, se è permessa un’autocitazione, ai numerosi post sulla fortuna del Libro dell’Arte di Cennino Cennini in Europa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, pubblicati in questo blog [12].

Fig. 5) Friedrich Overbeck, Italia e Germania, 1811

Si sviluppa con i testi programmatici del primo romanticismo anche una serie di altri concetti che in ultima analisi saranno alla base dell’intera evoluzione dell’arte nel diciannovesimo secolo: a partire da E.T.A. Hoffmann, domina l’idea di una visione interiore delle cose nell’animo dell’artista, di un occhio interiore che rende possibile all’artista reinterpretare la natura (non a caso il saggio di Apel si apre con un riferimento a Paul Klee ed alla sua affermazione, nella Confessione creatrice del 1920, che l’arte non riproduce il visibile, ma lo fa visibile, affermazione che – insieme al saggio sullo Spirituale nell’arte di Kandinsky nel 1911, è punto di passaggio tra romanticismo ed astrazione) [13]. Nasce da E.T.A.Hoffman anche l’idea del pittore che produce in uno stato di quasi-allucinazione [14], tema che rimane al centro dell’autorappresentazione artistica per decenni: si pensi agli scritti di Alfred Kubin del 1899 sul rapporto tra sogno, incubo e produzione artistica, che riflettono tutta la sensibilità dell’epoca dopo la diffusione della psicanalisi, o a quel che Emil Nolde scrive negli anni Trenta del Novecento sulla propria pittura, che egli descrive come prodotta in uno stato d’estasi e di delirio.

Fig. 6) Carl Gustav Carus, Querce al mare, 1834/35
Fig. 7) Moritz von Schwind, Apparizione nel bosco, 1858
Al quarto tomo del 1992 seguirono nel 1995 i primi tre volumi previsti nel piano dell’opera.


Il primo tomo: Rinascimento e barocco

Fig. 8) Il primo tomo: Rinascimento e barocco

Il primo tomo è intitolato “Renaissance und Barock” (Rinascimento e barocco) [15], ed è curato dallo storico della letteratura Thomas Cramer e dal critico d’arte Christian Klemm. Al titolo si dovrebbe forse aggiungere - scrive Martin Warnke nella già citata recensione per Die Zeit - un riferimento alla Riforma, per definire il quadro specifico entro il quale si sviluppa la letteratura artistica tedesca rispetto, ad esempio, a quella italiana. I testi comprendono la letteratura artistica in lingua tedesca (non è invece inclusa la ricca pubblicistica tedesca in latino), dallo scritto del teologo Andreas Bodenstein (1486-1541) contro le immagini sacre, nel campo della riforma tedesca (contro cui prese posizione lo stesso Lutero) fino all’“Accademia tedesca” di Joachim von Sandrart (1606-1688), che segna l’importazione in Germania, in piena età barocca, del modello delle Vite del Vasari. Tuttavia, si cerca invano una definizione del genere “letteratura artistica”: manca infatti nel breve commento di Thomas Cramer “Teoria artistica tedesca da Dürer a Sandrart” [16] il termine stesso Kunstliteratur: si fa sempre riferimento a testi teorici sull’arte (Kunsttheorie) [17].


Fig. 9) Walter Ryff (Rivius), Proporzione umana, 1547

Ovviamente, ciò non significa che il tomo non offra spunti molto interessanti. Tuttavia si abbandona l’idea di Apel secondo cui la letteratura artistica sarebbe elemento costitutivo dell’arte e ci si concentra sul difficile rapporto tra arte e religione (decisivo nei decenni della Riforma) e sulla progressiva autonomia che la prima ottiene dalla seconda nel corso del rinascimento tedesco, nonché sulla sua progressiva equiparazione alle altre arti, prima di tutte la letteratura. “Se, secondo le teorie medievali l’opera d’arte ha senso come strumento fisico di mediazione [a disposizione della religione], allora l’opera d’arte fa riferimento a qualcosa che è al suo esterno (metafisico) e non ha nessuno significato in se stessa. Un’opera d’arte al contrario che ha origine dalla natura e secondo le sue regole ha, almeno in teoria, il suo significato in se stessa, diviene autonoma. Con questo postulato si apre un complesso intero di nuovi problemi, che vengono qui richiamati solamente per parole chiavi e che definiranno la discussione teorica sull’arte fino al ventesimo secolo: l’imitazione della natura, l’illusionismo, la differenza tra bello artistico e bello naturale, il rapporto tra estetica ed etica, il ruolo dell’artista come creatore (è Dürer a parlare nei suoi appunti manoscritti per primo della natura divina dell’artista …), il rapporto dell’artista autonomo e dell’opera d’arte con la società, il committente, il pubblico, il gusto dominante, la critica” [18].

Fig. 10) Joachim von Sandrart, Il dodicesimo mese dell’anno, 1642 circa

Il ruolo spesso dominante degli sviluppi italiani come punto di riferimento per l’evoluzione tedesca su tutti questi temi spiega perché si manifesti già allora nel mondo tedesco un interesse degli artisti per i viaggi nel nostro paese: oltre a Albrecht Dürer, vero precursore del rapporto tra Germania ed Italia nell’arte, si pensi alle note di viaggio di Matthias Quad (1557-1613) ed ai taccuini dell’architetto Heinrich Schickhardt (1558-1635). Al di là delle note di viaggio, l’influsso dell’Italia e del mondo classico è evidente con i testi d’architettura di Walter Ryff (1500-1548) nel Cinquecento e l’Accademia tedesca del già citato Joachim von Sandrart (1606-1688) nel Seicento.


Il secondo tomo: il primo classicismo

Fig. 11) Il secondo tomo: Primo classicismo

Il secondo tomo è dedicato al “Früh-Klassizismus. Position und Opposition: Winckelmann, Mengs, Heinse” (Primo classicismo. Posizioni ed opposizioni: Winckelmann, Mengs, Heinse) [19], ed è un’opera collettiva del germanista Helmut Pfotenhauer (1946-), dello studioso di letteratura comparata Markus Bernauer e del già citato Norbert Miller, con la collaborazione di Thomas Franke. Siamo nel periodo 1755-1777 ed il riferimento è alla polemica tra i neoclassicisti Johann Joachim Winckelmann (1717- 1768) e Anton Raphael Mengs (1728-1779) da un lato e Wilhelm Heinse (1746-1803), fautore dello Sturm und Drang, dall’altro. Del primo sono presentati i Pensieri sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e nella scultura e gli altri scritti giovanili dell’epoca di Dresda; del secondo i Pensieri sulla bellezza e sul gusto nella pittura e del terzo le Lettere sui dipinti di Düsseldorf. Tutti e tre i personaggi in questione erano grandi ammiratori dell’Italia, dove soggiornarono a lungo, ma traevano dal nostro paese ispirazioni opposte. In questo caso il commento, dal titolo “Winckelmann, Mengs, Heinse” [20] fa riferimento esplicito al concetto di Kunstliteratur, pur senza definirla. Si incontrano anche riferimenti alle categorie simili di Kunstlehre (dottrina sull’arte) e Künstlerschrift (scritto d’artista). In particolare, Mengs viene considerato uno dei primi artisti tedeschi a scrivere come artista per un pubblico di artisti, sia per essere compreso ed apprezzato sia per poter trasmettere il proprio sapere.

Fig. 12) Anton-Raphael Mengs, Il giudizio di Paride, 1757

Fig. 13) Anton-Raphael Mengs, Parnaso, affresco, Villa Albani, Roma, 1761

Si scontrano da un lato le posizioni dei neoclassici e di chi come Winckelmann vede nello studio della statuaria antica l’unico parametro del bello e vuole farne canoni normativi e chi dall’altro cerca una via alternativa, ancorata alla molteplicità degli sviluppi ed alle variazioni che evolvono a partire dal Rinascimento: è il caso di Wilhelm Heinse che matura il tema del genio artistico sulla base della sua contemplazione dei 48 quadri di Rubens nella pinacoteca di Düsseldorf (primo fra tutti Il ratto delle figlie di Leucippo), all'epoca una delle collezioni d’arte più importanti d’Europa.

Fig. 14) Peter Paul Rubens, Il ratto delle figlie di Leucippo, 1617

Heinse si ribella al primato del disegno sul colore, al bello ideale, alla gerarchia delle arti, al primato della scultura, al riferimento all’antico in pittura: i suoi campioni sono, oltre a Rubens, i coloristi veneti, i pittori naturalisti e quelli erotici. “Heinse mostra che la letteratura artistica di chiara impronta classicista dell’epoca non è una manifestazione omogenea, ma un campo discorsivo pieno di contraddizioni produttive: un campo definito da un lato da prese di posizione che sono di per sé il risultato di tensioni e dall’altro sono definite dalla natura estrema delle posizioni in lotta fra di loro. Vogliamo appunto qui documentare la natura antagonista del nostro corpus di testi” [21]. Alla polemica tra un bello definito da un sistema di regole (Winckelmann e Mengs) ed il bello come risultato della grandezza unica di uno spirito eroico (Heinse) gli autori assegnano un ruolo fondamentale per comprendere come fin da allora, e dunque ancora nel quadro del classicismo e prima del romanticismo, la letteratura artistica tedesca sia sempre percorsa da divisioni primarie che, con il passar del tempo ed in altri contesti, diverranno sempre più nette. Penso ad esempio alla divisione tra naturalisti e realisti alla fine dell’Ottocento, ovvero tra coloro che vogliono dipingere la natura come è e quelli che la vogliono dipingere come deve essere (si pensi alla trattazione del tema nelle opere teoriche di Lovis Corinth). Penso, ancora, al tentativo di Max Klinger di risolvere tale dicotomia distinguendo tra il ruolo di pittura (naturalista) e disegno (idealista); alla frattura tra impressionisti ed espressionisti nel mondo della secessione di Berlino nel 1910, ed alla incapacità di quel mondo di trovare una sintesi tra le varie forme d’innovazione che provengono – tutte in una volta – dal mondo artistico francese. Penso, infine, alla dialettica, nella letteratura artistica tedesca (basti pensare all’antologia di Paul Westheim) tra posizioni figurative e classiciste e fautori dell’astratto. Queste dicotomie sono spesso interpretate come la conseguenza ultima di forme diverse, più o meno radicali, di sensibilità estetica all’interno del mondo tardo-romantico (per semplificare, il partito di Brahms e quello di Brückner), ma in realtà la divaricazione è più profonda ed origina dal mondo classico del Settecento.


Il terzo tomo: Periodo classico e classicismo

Fig. 15) Il terzo tomo: Il classico ed il classicismo

Il terzo tomo ha il titolo “Klassik und Klassizismus” (Il classico ed il classicismo) [22]. I curatori sono il già citato Helmut Pfotenhauer ed il germanista Peter Sprengel (1949-), con la collaborazione di Sabine Schneider e Harald Tausch. Come periodo classico (Klassik) si intende qui il mondo di Weimar tra il 1770 ed 1830, dove soggiornano Herder, Goethe, Meyer, Schiller, Moritz e Fernow. Come ha scritto Lothar Müller, nella sua recensione sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung [23], ci si sarebbe aspettati di vedere anche Lessing, la cui opera completa, peraltro, faceva già parte della Biblioteca dei classici tedeschi. Ritorna nel commento al terzo tomo [24] l’idea di letteratura artistica proposta da Apel: è attraverso essa ed il suo classicismo – ovvero il suo orientamento all’antico – che il mondo di Weimar definisce il concetto di ‘classico’. Il volume si apre e si chiude con scritti di Goethe che riconoscono il valore della pittura di Claude Lorrain, come paradigma del paesaggio classico che viene contrapposto a quello romantico di Friedrich.

Fig. 16) Claude Lorrain, Cacciata di Agar, 1668

Pur rimanendo convinto del valore primigenio del classico ed impegnato in una lotta senza quartiere contro il romantico, il mondo di Weimar non aderisce però necessariamente (nonostante i tentativi di Goethe e Meyer) all’idea di Winckelmann che la sua superiorità derivi da una definizione normativa del bello ideale, espressa nella statuaria classica. Piuttosto, in Schiller, l’arte classica è il prodotto storico della genialità, il risultato del manifestarsi della bellezza nella storia, il prodotto della capacità dei sensi di riprodurre il bello. Con i “Principi per una teoria dell'ornamento” Moritz pone addirittura “uno dei temi centrali della letteratura artistica: quella se sia possibile descrivere l’arte. La questione diviene sostanziale nel momento in cui si riconosce che il classico, il bello ideale sono separati dalla vita e dunque sono governati da leggi proprie; questa logica auto-riflessiva delle arti crea il problema dell’impossibilità del trasferimento di un mezzo estetico – quello dell’arte figurativa – nell’altro mezzo, quello della lingua” [25]. Moritz si pone dunque il problema di come creare un’arte classica che sia di nuovo in linea con il vissuto, e a tal fine propone un cambiamento di paradigma: al centro dell’arte non bisogna più porre la statua, ma “l’ornamento, quel che sembra accidentale, marginale“ [26]. È l’avvio della riscoperta del barocco come nuova forma di classico, e l’apertura del classico alla modernità.


Questioni aperte

Non vi è dubbio che, con le sue complessive 3.500 pagine, la Biblioteca della letteratura artistica offra al pubblico tedesco un’importante collezione di testi commentati sull’arte, tra gli anni in cui la Riforma si confronta con l’arte rinascimentale di derivazione italiana e quelli in cui i Nazareni riscoprono l’arte dei primitivi. È un percorso importante, ma è solamente una parte del contributo della cultura tedesca alla letteratura artistica. Sarebbe interessante scoprire le ragioni per il quale un progetto così ambizioso si sia arenato dopo il 1995. Quali sono state le difficoltà incontrate? Vi è un problema specifico a trattare della letteratura artistica dopo la prima metà del 1800? Cercheremo di scoprirlo nei prossimi mesi, contattando i curatori, e sperando di saperne di più.

Vi è un'altra questione aperta nella collezione di quattro tomi della Biblioteca della letteratura artistica. Perché la nozione stessa di letteratura artistica, pur dando il titolo alla collezione, non è stata oggetto di una riflessione più sistematica? Perché una definizione di Kunstliteratur è proposta solamente nel quarto tomo pubblicato nel 1992? Perché il suo uso nei tre tomi pubblicati nel 1995 è così discontinuo? Perché la Biblioteca della letteratura artistica non fa più riferimento al concetto di Kunstliteratur come elemento costitutivo dell’arte se non per il tardo classicismo ed il primo romanticismo? Da notare che abbiamo già potuto constatare come nel Deutsches Kunstblatt, il periodico dei Kunstvereine (Associazioni dell’arte) tedeschi pubblicato tra il 1850 ed il 1858, e dunque solo una generazione dopo la conclusione della Biblioteca della letteratura artistica, il termine era usato con un’accezione molto più ampia, di fatto includendo tutti gli studi sull’arte. Ma se così è, perché si è scelto quel titolo? E se invece si voleva rilanciare l’idea di Schlosser (e, come si è detto, anche del suo allievo Gombrich), non sarebbe stato meglio aprire la biblioteca con un testo che prendesse posizione sull’idea di letteratura artistica come genere autonomo della letteratura tedesca?


NOTE

[1] Warnke, Martin - Wort berührt Bild, in Die Zeit, 1 dicembre 1995, 49/1995 
http://www.zeit.de/1995/49/Wort_beruehrt_Bild

[2] Gombrich, Ernst Hans, Kunstliteratur, Atlantisbuch der Kunst: eine Enzyklopädie der bildenden Künste, Zurigo, 1952, pp.665-679 [Trapp no.1952B.1]. Si veda:
https://gombricharchive.files.wordpress.com/2011/04/showdoc18.pdf.

[4] ibidem

[5] ibidem

[6] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre: Poesie und Poetik des Blicks in der deutschen Romantik, Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1995, pagine 1001.

[7] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre (citato) …, pp.711-760

[8] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 758

[9] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 759

[10] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 714

[13] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 721

[14] Apel, Friedmar - Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 753

[15] Klemm, Christian; Cramer, Thomas - Renaissance und Barock, Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1995, p. 928.

[16] Klemm, Christian; Cramer, Thomas, (citato)  … pp. 641-646

[17] Klemm, Christian; Cramer, Thomas, (citato)  … p. 645

[18] Klemm, Christian; Cramer, Thomas, (citato)  … pp. 643-644

[19] Pfotenhauer, Helmut; Bernauer, Markus; Miller, Norbert; Franke, Thomas - Frühklassizismus: Postion und Opposition: Wincklemann, Mengs, Heinse, Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag, 1995, pp. 788.

[20] Pfotenhauer, Helmut; Bernauer, Markus; Miller, Norbert; Franke, Thomas, citato …, pp. 325-335

[21] Pfotenhauer, Helmut; Bernauer, Markus; Miller, Norbert; Franke, Thomas, citato …, p. 332

[22] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter - Klassik und Klassizismus, Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1995, pp.879.

[23] Müller, Lothar - Der Sammler und die Seinigen. Von Luther bis zur Romantik: Die Bibliothek der Kunstliteratur, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 13 gennaio 1996. Si veda:  http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/buecher/rezension-sachbuch-der-sammler-und-die-seinigen-11317439.html

[24] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter, citato …, pp. 525-531

[25] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter, citato …, pp. 528-529

[26] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter, citato …, p. 529


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