English Version
Storia delle antologie di letteratura artistica
Cliccate qui per vedere tutte le antologie recensite
Bibliothek der Kunstliteratur [Biblioteca della letteratura artistica]
A cura di Gottfried Boehm e Norbert Miller
Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1992-1995
Recensione di Francesco Mazzaferro
Un’opera unica
Quando il primo tomo della Bibliothek der Kunstliteratur
(Biblioteca della Letteratura Artistica) a cura di Gottfried Boehm e Norbert
Miller, fu pubblicato nel 1992 da Deutscher
Klassiker Verlag, un editore di pregio legato ad Insel Verlag di Francoforte, quell’iniziativa intendeva segnare
l’inizio di una nuova epoca per gli studi della disciplina in Germania. Gottfried
Boehm (1942-) è stato professore di storia dell’arte e filosofia all’università
di Basilea. Norbert Miller (1937-) è stato professore di letteratura alla
Libera Università di Berlino. Entrambi sono oggi professori emeriti.
Recensendo l’opera nel 1995 su Die Zeit, lo storico dell’arte Martin
Warnke ha scritto: “Sono usciti quattro
tomi, diverranno otto: la ‘Biblioteca della letteratura artistica’. Idealmente
si dovrebbe aggiungere alla serie un altro volume, cui questo genere di testi
deve il suo nome: l’insuperato testo di Julius von Schlosser sulla
"Letteratura artistica", apparso per la prima volta nel 1924, e
ripubblicato intatto nel 1964 e nel 1985. Come ‘Letteratura artistica’
Schlosser ha definito scritti che trattano d’opere d’arte, del fare arte, della
relazione con l’arte. A fianco di scritti teorici sull’arte vi sono biografie
d’artisti, trattati d’architettura, inventari, guide, descrizioni di viaggi,
come pure di luoghi e paesi. Una selezione o un compendio di tali testi non
erano mai state oggetto di pubblicazione in Germania. Oggi tutto viene accolto
nella collezione ‘Biblioteca dei classici tedeschi’" [1].
Erano dunque previsti otto tomi.
Il piano dell’opera comprendeva: (1) Rinascimento e barocco; (2) Primo
classicismo, Winckelmann e Heinse; (3) Periodo classico e classicismo; (4)
Teoria romantica; (5) La nascita della storia dell’arte; (6) Il passaggio al
moderno; (7) Teoria del paesaggio; (8) Teoria dell’architettura.
Bisogna subito dire che il progetto si è purtroppo interrotto nel 1995 ed è rimasto fermo al quarto tomo. Di conseguenza, mancano un indice dei nomi, dei luoghi e delle opere (probabilmente previsto per la fine dell’opera) e soprattutto non vi è alcuna descrizione programmatica della Biblioteca, né una discussione del ruolo della letteratura artistica nel quadro più ampio della letteratura tedesca. Della possibilità di completare la Biblioteca con gli ultimi quattro volumi, e dunque di coprire almeno la prima parte del Novecento, con scritti fondamentali per la storia dell’arte e per l’estetica moderna nonché di offrire una riflessione globale sulla storia della letteratura artistica in Germania, si è persa purtroppo quasi totalmente traccia. Oggi la collezione è presentata nei cataloghi della Suhrkamp/Insel di Berlino (divenuta tale dopo una serie di complicatissime vicissitudini che hanno colpito il mondo editoriale tedesco) come una serie completa di quattro volumi, che abbraccia la letteratura artistica “dagli inizi all’avvio del romanticismo”. Come in una sorta di incantesimo che nessuno riesce a violare, il concetto schlosseriano di Letteratura artistica non riesce dunque a varcare le soglie del primo Ottocento. Lo ha fatto solamente il più famoso degli allievi di Schlosser, Ernst Gombrich, in un saggio del 1952 che offre una sua definizione di letteratura artistica e ne disegna un percorso ininterrotto da Pausania ad André Breton [2].
Bisogna subito dire che il progetto si è purtroppo interrotto nel 1995 ed è rimasto fermo al quarto tomo. Di conseguenza, mancano un indice dei nomi, dei luoghi e delle opere (probabilmente previsto per la fine dell’opera) e soprattutto non vi è alcuna descrizione programmatica della Biblioteca, né una discussione del ruolo della letteratura artistica nel quadro più ampio della letteratura tedesca. Della possibilità di completare la Biblioteca con gli ultimi quattro volumi, e dunque di coprire almeno la prima parte del Novecento, con scritti fondamentali per la storia dell’arte e per l’estetica moderna nonché di offrire una riflessione globale sulla storia della letteratura artistica in Germania, si è persa purtroppo quasi totalmente traccia. Oggi la collezione è presentata nei cataloghi della Suhrkamp/Insel di Berlino (divenuta tale dopo una serie di complicatissime vicissitudini che hanno colpito il mondo editoriale tedesco) come una serie completa di quattro volumi, che abbraccia la letteratura artistica “dagli inizi all’avvio del romanticismo”. Come in una sorta di incantesimo che nessuno riesce a violare, il concetto schlosseriano di Letteratura artistica non riesce dunque a varcare le soglie del primo Ottocento. Lo ha fatto solamente il più famoso degli allievi di Schlosser, Ernst Gombrich, in un saggio del 1952 che offre una sua definizione di letteratura artistica e ne disegna un percorso ininterrotto da Pausania ad André Breton [2].
Tutti i tomi della Biblioteca della letteratura artistica
furono pubblicati nella Biblioteca dei
classici tedeschi (Bibliothek
Deutscher Klassiker), una collezione di 190 volumi che anche
tipograficamente ha l’ambizione di essere il contraltare tedesco della Bibliothèque de la Pléiade della
parigina Gallimard (iniziata nel 1931) e dei Meridiani
Mondadori a Milano (editi dal 1969). I volumi della collezione tedesca sono basati su
una medesima struttura editoriale, definita nel 1980, prima dell’avvio delle
pubblicazioni nel 1981 [3]: vi è un limite di mille pagine; il testo originale
(che è presentato immediatamente, senza introduzione) deve sempre essere
oggetto di nuova edizione critica; il commento non può essere inferiore al 30
per cento dell’intero volume, ma può raggiungere il 40 per cento solamente nei
casi più difficili; le opere sono presentate in ordine cronologico e, quando
necessario, in generi differenti; i testi tra il 1700 ed il 1900 vengono
modernizzati ortograficamente, in modo da facilitarne la lettura, secondo
regole uniformi; i testi precedenti il 1700 vengono tradotti in tedesco
moderno. Dunque, la priorità è quella di presentare al lettore un testo
veritiero ed originale, ma sempre fruibile.
La sezione di commento critico
deve sempre seguire il testo. Si deve avviare – sempre secondo le direttive
della collana definite nel 1980 – con una presentazione del “contesto generale di ogni tomo: la
giustificazione dei principi organizzativi, la spiegazione dei contenuti
fondamentali delle opere, del quadro storico-letterario che riguarda i diversi
lavori del tomo, come ad esempio le caratteristiche per periodo, genere, ciclo” [4]. Si passa poi ad un commento ad ogni
testo secondo la seguente struttura: “Riferimento
alle tesi fondamentali del testo, descrizione della storia della tradizione del
testo, spiegazione della sua realizzazione, dichiarazioni degli autori sul
proprio lavoro, caratterizzazione delle fonti (se necessario confrontando i
testi originari con le opere stampate), riferimento al recepimento ed alla
fortuna ed infine presentazione di specifici aspetti significativi del singolo
lavoro, evitando però di assumere un solo criterio interpretativo” [5].
Si inizia nel 1992 dal quarto tomo: la teoria romantica dell’arte
![]() |
Fig. 2) Il quarto tomo: Teoria romantica dell’arte |
Il primo volume della Biblioteca di letteratura artistica ad essere pubblicato, a cura dal germanista Friedmar Apel nel 1992, fu in realtà quello che era destinato a divenire il quarto della serie, un volume esattamente di 1000 pagine intitolato Romantische Kunstlehre. Poesie und Poetik des Blicks in der deutschen Romantik (Teoria romantica. Poesia e poetica della visione nel Romanticismo tedesco) [6]. La biblioteca si aprì dunque con il primo romanticismo, iniziando con Ludwig Tieck (1773-1853) e Wilhelm Heinrich Wackenroder (1773-1798) ed includendo testimonianze di artisti (i Nazareni, Philipp Otto Runge, Caspar David Friedrich e molti altri), scritti di teorici dell’arte (i fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel, Friedrich Schelling) e passaggi di letterati sull’arte (Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Clemens Brentano, Heinrich von Kleist) nella prima metà del secolo, un periodo certamente importante per la cultura tedesca.
Ai fini della discussione sul
romanticismo, la definizione che Apel dà di Kunstliteratur
(letteratura artistica) nel suo ampio commento, intitolato “La scuola romantica
del vedere” [7] è la seguente: “In questa
edizione si intendono come letteratura artistica i testi che hanno un rapporto
costitutivo (konstitutiver Bezug) nei confronti delle belle arti.” Il
termine konstitutiver Bezug definisce dunque i casi in cui, in
definitiva, lo scritto precede e crea l’oggetto artistico. Apel continua: “Una definizione ampia del concetto
richiederebbe tuttavia l’inclusione della maggioranza degli scritti romantici.
Ci siamo dunque decisi per una concezione antologica, in cui non tutti i generi
e le forme possano essere rappresentate” [8]. La struttura in capitoli del
volume sembra perciò categorizzare la letteratura artistica in quattro generi,
distinguendo tra Kunstanschauungen
(Visioni sull’arte), Kunstkritik (Critica
d’arte), Kunstlerschriften (Scritti
di artisti) e Kunsttheorie (Teoria
dell’arte). L’autore, che si è valso dell’aiuto di Claudia Becker e Gisela
Grenz, intende descrivere come i romantici “mettano
in moto fantasie e progetti”, con riferimento alla prima categoria di
natura programmatica, “come essi
divengano più precisi nella critica”, con riferimento alla seconda
categoria, “come l’autoriflessione
scritta accompagni la prassi dell’artista romantico” per la terza categoria
e “come infine si rifletta e definisca
nella teoria, in termini di valore” per la quarta [9].
![]() |
Fig. 3) Philipp Otto Runge, Piccolo mattino (prima versione), 1808 |
![]() |
Fig. 4) Caspar David Friedrich, L’estate (paesaggio con coppia d’amanti), 1807 |
Apel spiega addirittura che non
vi è romanticismo senza letteratura artistica. I due testi programmatici della
prima letteratura artistica romantica sono “Gli
sfoghi del cuore di un monaco amante dell'arte” di Wilhelm Heinrich
Wackenroder (1796) e “Le peregrinazioni
di Franz Sternbald” di Ludwig Tieck (1798). Il primo inventa l’idea della
missione religiosa dell’arte e dell’artista come nuovo monaco ed il secondo
definisce la centralità del paesaggio per l’arte. Sono le coordinate essenziali
del movimento romantico in pittura. I due romantici di Jena non solamente
definiscono il programma iconografico della Confraternita di San Luca da un
lato e dei paesaggisti (Runge, Friedrich, Carus, von Schwind) dall’altro, ma
anche “la programmatica, le forme di
vita, lo stato d’animo personale dell’artista” [10]. Vorrei aggiungere che si tratta di
conseguenze che avranno effetto per almeno un secolo: si pensi al ruolo che
l’idea della missione religiosa dell’artista e della sua immersione nella
natura avrà fino ai movimenti secessionisti e simbolisti dell’inizio del Novecento, non solamente in Germania ma in tutta Europa. Quanto all’idea del
nuovo monachesimo, vorrei far riferimento alla mostra “Artisti e profeti. Storia segreta della modernità 1872–1972” [11],
tenutasi alla Schirn di Francoforte e,
se è permessa un’autocitazione, ai numerosi post sulla fortuna del Libro dell’Arte di Cennino Cennini in Europa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, pubblicati in questo blog [12].
Si sviluppa con i testi
programmatici del primo romanticismo anche una serie di altri concetti che in
ultima analisi saranno alla base dell’intera evoluzione dell’arte nel
diciannovesimo secolo: a partire da E.T.A. Hoffmann, domina l’idea di una
visione interiore delle cose nell’animo dell’artista, di un occhio interiore
che rende possibile all’artista reinterpretare la natura (non a caso il saggio
di Apel si apre con un riferimento a Paul Klee ed alla sua affermazione, nella Confessione creatrice del 1920, che
l’arte non riproduce il visibile, ma lo fa visibile, affermazione che – insieme
al saggio sullo Spirituale nell’arte
di Kandinsky nel 1911, è punto di passaggio tra romanticismo ed astrazione)
[13]. Nasce da E.T.A.Hoffman anche l’idea del pittore che produce in uno stato
di quasi-allucinazione [14], tema che rimane al centro
dell’autorappresentazione artistica per decenni: si pensi agli scritti di
Alfred Kubin del 1899 sul rapporto tra sogno, incubo e produzione artistica,
che riflettono tutta la sensibilità dell’epoca dopo la diffusione della
psicanalisi, o a quel che Emil Nolde scrive negli anni Trenta del Novecento
sulla propria pittura, che egli descrive come prodotta in uno stato d’estasi e
di delirio.
![]() |
Fig. 6) Carl Gustav Carus, Querce al mare, 1834/35 |
![]() |
Fig. 7) Moritz von Schwind, Apparizione nel bosco, 1858 |
Il primo tomo: Rinascimento e barocco
Il primo tomo è intitolato “Renaissance und Barock” (Rinascimento e
barocco) [15], ed è curato dallo storico della letteratura Thomas Cramer e dal
critico d’arte Christian Klemm. Al titolo si dovrebbe forse aggiungere - scrive
Martin Warnke nella già citata recensione per Die Zeit - un riferimento alla Riforma, per definire il quadro
specifico entro il quale si sviluppa la letteratura artistica tedesca rispetto,
ad esempio, a quella italiana. I testi comprendono la letteratura artistica
in lingua tedesca (non è invece inclusa la ricca pubblicistica tedesca in
latino), dallo scritto del teologo Andreas Bodenstein (1486-1541) contro le immagini
sacre, nel campo della riforma tedesca (contro cui prese posizione lo stesso
Lutero) fino all’“Accademia tedesca”
di Joachim von Sandrart (1606-1688), che segna l’importazione in Germania, in
piena età barocca, del modello delle Vite
del Vasari. Tuttavia, si cerca invano una definizione del genere “letteratura
artistica”: manca infatti nel breve commento di Thomas Cramer “Teoria artistica tedesca da Dürer a Sandrart”
[16] il termine stesso Kunstliteratur:
si fa sempre riferimento a testi teorici sull’arte (Kunsttheorie) [17].
Ovviamente, ciò non significa che
il tomo non offra spunti molto interessanti. Tuttavia si abbandona l’idea di
Apel secondo cui la letteratura artistica sarebbe elemento costitutivo
dell’arte e ci si concentra sul difficile rapporto tra arte e religione
(decisivo nei decenni della Riforma) e sulla progressiva autonomia che la prima
ottiene dalla seconda nel corso del rinascimento tedesco, nonché sulla sua
progressiva equiparazione alle altre arti, prima di tutte la letteratura. “Se, secondo le teorie medievali l’opera
d’arte ha senso come strumento fisico di mediazione [a disposizione della
religione], allora l’opera d’arte fa
riferimento a qualcosa che è al suo esterno (metafisico) e non ha nessuno
significato in se stessa. Un’opera d’arte al contrario che ha origine dalla
natura e secondo le sue regole ha, almeno in teoria, il suo significato in se
stessa, diviene autonoma. Con questo postulato si apre un complesso intero di
nuovi problemi, che vengono qui richiamati solamente per parole chiavi e che
definiranno la discussione teorica sull’arte fino al ventesimo secolo:
l’imitazione della natura, l’illusionismo, la differenza tra bello artistico e
bello naturale, il rapporto tra estetica ed etica, il ruolo dell’artista come
creatore (è Dürer a parlare nei suoi appunti manoscritti per primo della natura
divina dell’artista …), il rapporto dell’artista autonomo e dell’opera d’arte
con la società, il committente, il pubblico, il gusto dominante, la critica”
[18].
Il ruolo spesso dominante degli
sviluppi italiani come punto di riferimento per l’evoluzione tedesca su tutti
questi temi spiega perché si manifesti già allora nel mondo tedesco un
interesse degli artisti per i viaggi nel nostro paese: oltre a Albrecht Dürer,
vero precursore del rapporto tra Germania ed Italia nell’arte, si pensi alle
note di viaggio di Matthias Quad (1557-1613) ed ai taccuini dell’architetto Heinrich
Schickhardt (1558-1635). Al di là delle note di viaggio, l’influsso dell’Italia
e del mondo classico è evidente con i testi d’architettura di Walter Ryff
(1500-1548) nel Cinquecento e l’Accademia
tedesca del già citato Joachim von Sandrart (1606-1688) nel Seicento.
Il secondo tomo: il primo classicismo
Il secondo tomo è dedicato al “Früh-Klassizismus. Position und
Opposition: Winckelmann, Mengs, Heinse” (Primo
classicismo. Posizioni ed
opposizioni: Winckelmann, Mengs, Heinse) [19], ed è un’opera collettiva del
germanista Helmut Pfotenhauer (1946-), dello studioso di letteratura comparata
Markus Bernauer e del già citato Norbert Miller, con la collaborazione di
Thomas Franke. Siamo nel periodo 1755-1777 ed il riferimento è alla polemica
tra i neoclassicisti Johann Joachim Winckelmann (1717- 1768) e Anton Raphael
Mengs (1728-1779) da un lato e Wilhelm Heinse (1746-1803), fautore dello Sturm und Drang, dall’altro. Del primo
sono presentati i Pensieri
sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e nella scultura e gli altri
scritti giovanili dell’epoca di Dresda; del secondo i Pensieri sulla bellezza e sul gusto nella pittura e del terzo le Lettere sui dipinti di Düsseldorf. Tutti
e tre i personaggi in questione erano grandi ammiratori dell’Italia, dove
soggiornarono a lungo, ma traevano dal nostro paese ispirazioni opposte. In
questo caso il commento, dal titolo “Winckelmann,
Mengs, Heinse” [20] fa riferimento esplicito al concetto di Kunstliteratur, pur senza definirla. Si
incontrano anche riferimenti alle categorie simili di Kunstlehre (dottrina sull’arte)
e Künstlerschrift (scritto d’artista). In particolare, Mengs viene considerato uno dei primi artisti tedeschi a scrivere come artista per un pubblico di
artisti, sia per essere compreso ed apprezzato sia per poter trasmettere il
proprio sapere.
Si scontrano da un lato le
posizioni dei neoclassici e di chi come Winckelmann vede nello studio della
statuaria antica l’unico parametro del bello e vuole farne canoni normativi e
chi dall’altro cerca una via alternativa, ancorata alla molteplicità degli
sviluppi ed alle variazioni che evolvono a partire dal Rinascimento: è il caso
di Wilhelm Heinse che matura il tema del genio artistico sulla base della sua
contemplazione dei 48 quadri di Rubens nella pinacoteca di Düsseldorf (primo
fra tutti Il ratto delle figlie di
Leucippo), all'epoca una delle collezioni d’arte più importanti d’Europa.
Heinse si ribella al primato del
disegno sul colore, al bello ideale, alla gerarchia delle arti, al primato
della scultura, al riferimento all’antico in pittura: i suoi campioni sono,
oltre a Rubens, i coloristi veneti, i pittori naturalisti e quelli erotici. “Heinse mostra che la letteratura artistica
di chiara impronta classicista dell’epoca non è una manifestazione omogenea, ma
un campo discorsivo pieno di contraddizioni produttive: un campo definito da un
lato da prese di posizione che sono di per sé il risultato di tensioni e
dall’altro sono definite dalla natura estrema delle posizioni in lotta fra di
loro. Vogliamo appunto qui documentare la natura antagonista del nostro corpus
di testi” [21]. Alla polemica tra un bello definito da un sistema di regole
(Winckelmann e Mengs) ed il bello come risultato della grandezza unica di uno
spirito eroico (Heinse) gli autori assegnano un ruolo fondamentale per
comprendere come fin da allora, e dunque ancora nel quadro del classicismo e
prima del romanticismo, la letteratura artistica tedesca sia sempre percorsa da
divisioni primarie che, con il passar del tempo ed in altri contesti,
diverranno sempre più nette. Penso ad esempio alla divisione tra naturalisti e
realisti alla fine dell’Ottocento, ovvero tra coloro che vogliono dipingere la
natura come è e quelli che la vogliono dipingere come deve essere (si pensi
alla trattazione del tema nelle opere teoriche di Lovis Corinth). Penso,
ancora, al tentativo di Max Klinger di risolvere tale dicotomia distinguendo
tra il ruolo di pittura (naturalista) e disegno (idealista); alla frattura tra
impressionisti ed espressionisti nel mondo della secessione di Berlino nel
1910, ed alla incapacità di quel mondo di trovare una sintesi tra le varie
forme d’innovazione che provengono – tutte in una volta – dal mondo artistico
francese. Penso, infine, alla dialettica, nella letteratura artistica tedesca
(basti pensare all’antologia di Paul Westheim) tra posizioni figurative e
classiciste e fautori dell’astratto. Queste dicotomie sono spesso interpretate
come la conseguenza ultima di forme diverse, più o meno radicali, di sensibilità
estetica all’interno del mondo tardo-romantico (per semplificare, il partito di
Brahms e quello di Brückner), ma in realtà la divaricazione è più profonda ed
origina dal mondo classico del Settecento.
Il terzo tomo: Periodo classico e classicismo
Il terzo tomo ha il titolo “Klassik und Klassizismus” (Il classico
ed il classicismo) [22]. I curatori sono il già citato Helmut Pfotenhauer ed il
germanista Peter Sprengel (1949-), con la collaborazione di Sabine Schneider e
Harald Tausch. Come periodo classico (Klassik)
si intende qui il mondo di Weimar tra il 1770 ed 1830, dove soggiornano Herder,
Goethe, Meyer, Schiller, Moritz e Fernow. Come ha scritto Lothar Müller, nella
sua recensione sulla Frankfurter
Allgemeine Zeitung [23], ci si sarebbe aspettati di vedere anche Lessing,
la cui opera completa, peraltro, faceva già parte della Biblioteca dei classici tedeschi. Ritorna nel commento al terzo
tomo [24] l’idea di letteratura artistica proposta da Apel: è attraverso essa
ed il suo classicismo – ovvero il suo orientamento all’antico – che il mondo di
Weimar definisce il concetto di ‘classico’. Il volume si apre e si chiude con
scritti di Goethe che riconoscono il valore della pittura di Claude Lorrain,
come paradigma del paesaggio classico che viene contrapposto a quello romantico
di Friedrich.
![]() |
Fig. 16) Claude Lorrain, Cacciata di Agar, 1668 |
Pur rimanendo convinto del valore primigenio del classico ed impegnato in una lotta senza quartiere contro il romantico, il mondo di Weimar non aderisce però necessariamente (nonostante i tentativi di Goethe e Meyer) all’idea di Winckelmann che la sua superiorità derivi da una definizione normativa del bello ideale, espressa nella statuaria classica. Piuttosto, in Schiller, l’arte classica è il prodotto storico della genialità, il risultato del manifestarsi della bellezza nella storia, il prodotto della capacità dei sensi di riprodurre il bello. Con i “Principi per una teoria dell'ornamento” Moritz pone addirittura “uno dei temi centrali della letteratura artistica: quella se sia possibile descrivere l’arte. La questione diviene sostanziale nel momento in cui si riconosce che il classico, il bello ideale sono separati dalla vita e dunque sono governati da leggi proprie; questa logica auto-riflessiva delle arti crea il problema dell’impossibilità del trasferimento di un mezzo estetico – quello dell’arte figurativa – nell’altro mezzo, quello della lingua” [25]. Moritz si pone dunque il problema di come creare un’arte classica che sia di nuovo in linea con il vissuto, e a tal fine propone un cambiamento di paradigma: al centro dell’arte non bisogna più porre la statua, ma “l’ornamento, quel che sembra accidentale, marginale“ [26]. È l’avvio della riscoperta del barocco come nuova forma di classico, e l’apertura del classico alla modernità.
Questioni aperte
Non vi è dubbio che, con le sue
complessive 3.500 pagine, la Biblioteca
della letteratura artistica offra al pubblico tedesco un’importante
collezione di testi commentati sull’arte, tra gli anni in cui la Riforma si
confronta con l’arte rinascimentale di derivazione italiana e quelli in cui i
Nazareni riscoprono l’arte dei primitivi. È un percorso importante, ma è
solamente una parte del contributo della cultura tedesca alla letteratura
artistica. Sarebbe interessante scoprire le ragioni per il quale un progetto
così ambizioso si sia arenato dopo il 1995. Quali sono state le difficoltà
incontrate? Vi è un problema specifico a trattare della letteratura artistica
dopo la prima metà del 1800? Cercheremo di scoprirlo nei prossimi mesi,
contattando i curatori, e sperando di saperne di più.
Vi è un'altra questione aperta
nella collezione di quattro tomi della Biblioteca
della letteratura artistica. Perché la nozione stessa di letteratura
artistica, pur dando il titolo alla collezione, non è stata oggetto di una riflessione
più sistematica? Perché una definizione di Kunstliteratur è proposta
solamente nel quarto tomo pubblicato nel 1992? Perché il suo uso nei tre tomi
pubblicati nel 1995 è così discontinuo? Perché la Biblioteca della letteratura artistica non fa più riferimento al
concetto di Kunstliteratur come
elemento costitutivo dell’arte se non per il tardo classicismo ed il primo
romanticismo? Da notare che abbiamo già potuto constatare come nel Deutsches Kunstblatt, il periodico dei Kunstvereine (Associazioni dell’arte)
tedeschi pubblicato tra il 1850 ed il 1858, e dunque solo una generazione dopo
la conclusione della Biblioteca della
letteratura artistica, il termine era usato con un’accezione molto più
ampia, di fatto includendo tutti gli studi sull’arte. Ma se così è, perché si è
scelto quel titolo? E se invece si voleva rilanciare l’idea di Schlosser (e,
come si è detto, anche del suo allievo Gombrich), non sarebbe stato meglio
aprire la biblioteca con un testo che prendesse posizione sull’idea di letteratura
artistica come genere autonomo della letteratura tedesca?
NOTE
[1] Warnke, Martin - Wort berührt Bild, in Die
Zeit, 1 dicembre 1995, 49/1995
http://www.zeit.de/1995/49/Wort_beruehrt_Bild
http://www.zeit.de/1995/49/Wort_beruehrt_Bild
[2] Gombrich, Ernst Hans, Kunstliteratur,
Atlantisbuch der Kunst: eine Enzyklopädie der bildenden Künste, Zurigo, 1952,
pp.665-679 [Trapp no.1952B.1]. Si veda:
https://gombricharchive.files.wordpress.com/2011/04/showdoc18.pdf.
https://gombricharchive.files.wordpress.com/2011/04/showdoc18.pdf.
[3] Si veda l’opuscolo
all’indirizzo
http://www.suhrkamp.de/download/Gesamtverzeichnisse/DKV_GV_2008_2009.pdf
http://www.suhrkamp.de/download/Gesamtverzeichnisse/DKV_GV_2008_2009.pdf
[4] ibidem
[5] ibidem
[6] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre: Poesie und Poetik des Blicks in der deutschen Romantik,
Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1995, pagine 1001.
[7] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre (citato) …, pp.711-760
[8] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 758
[9] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 759
[10] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 714
[11] Si veda:
http://www.schirn.de/en/magazine/context/artists_and_prophets_a_secret_history_of_modern_art_18721972/.
http://www.schirn.de/en/magazine/context/artists_and_prophets_a_secret_history_of_modern_art_18721972/.
[13] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 721
[14] Apel, Friedmar -
Romantische Kunstlehre (citato) …, p. 753
[15] Klemm, Christian; Cramer, Thomas -
Renaissance und Barock, Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag, 1995,
p. 928.
[16] Klemm, Christian; Cramer, Thomas, (citato)
… pp. 641-646
[17] Klemm, Christian; Cramer, Thomas, (citato)
… p. 645
[18] Klemm, Christian; Cramer, Thomas, (citato)
… pp. 643-644
[19] Pfotenhauer, Helmut; Bernauer, Markus;
Miller, Norbert; Franke, Thomas - Frühklassizismus: Postion und Opposition:
Wincklemann, Mengs, Heinse, Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag,
1995, pp. 788.
[20] Pfotenhauer, Helmut; Bernauer, Markus;
Miller, Norbert; Franke, Thomas, citato …, pp. 325-335
[21] Pfotenhauer, Helmut; Bernauer, Markus;
Miller, Norbert; Franke, Thomas, citato …, p. 332
[22] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter -
Klassik und Klassizismus, Francoforte sul Meno, Deutscher Klassiker Verlag,
1995, pp.879.
[23] Müller, Lothar - Der Sammler und die
Seinigen. Von Luther bis zur Romantik: Die Bibliothek der Kunstliteratur,
Frankfurter Allgemeine Zeitung, 13 gennaio 1996. Si veda: http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/buecher/rezension-sachbuch-der-sammler-und-die-seinigen-11317439.html
[24] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter,
citato …, pp. 525-531
[25] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter, citato
…, pp. 528-529
[26] Pfotenhauer, Helmut; Sprengel, Peter,
citato …, p. 529
Nessun commento:
Posta un commento