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lunedì 21 marzo 2016

Giuseppe Campori. Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi (1855)


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Giuseppe Campori
Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi
Catalogo storico corredato di documenti inediti

Recensione di Luciano Mazzaferro

Roma, Multigrafica editrice, 1969
Ristampa anastatica dell’edizione di Modena, 1855


Antonio Allegri detto il Correggio, Madonna con il Bambino (Madonna Campori), 1517-1518 circa,
giunta alla Galleria Estense nel 1894 per lascito testamentario di Giuseppe Campori
Modena, Galleria Estense
Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/madonna-con-il-bambino-madonna-campori/

[Nota di Giovanni e Francesco Mazzaferro: questo testo è la trascrizione di un manoscritto di nostro padre, Luciano Mazzaferro, in cui compare la recensione dell’opera. Il manoscritto risale grosso modo al 1995. Non è stato apportato alcun tipo di modifica al testo, anche quando sono sopraggiunti nel frattempo elementi che modificano alcune datazioni. Un esempio: la data di nascita di Marco Boschini è stata lasciata al 1613, pur sapendo noi oggi che Boschini nacque nel 1602. Le note contengono i rimandi originali, riferiti a volumi posseduti nella Biblioteca Mazzaferro. Tutte le altre fonti furono consultate presso la Biblioteca dell’Archiginnasio a Bologna. L’unico intervento redazionale è costituito dai titoletti in grassetto dei singoli paragrafi].


Dosso Dossi, Madonna col Bambino e i Santi Giorgio e Michele Arcangelo, 1518, Modena, Galleria Estense
Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/madonna-con-bambino-tra-i-santi-giorgio-e-michele-arcangelo/#![galleria]/0/

Fortuna critica di Giuseppe Campori

Giuseppe Campori, erudito, uomo politico, filologo e collezionista di manoscritti e di opere d’arte non fu sempre riguardato con benevolenza. Adolfo Venturi lo accomunò al Bertolotti, a Gaetano Milanesi, al Cittadella e a vari ricercatori dell’Ottocento quando, in occasione del X Congresso Internazionale di storia dell’arte, cercò di delineare un programma per l’edizione delle principali fonti della letteratura artistica italiana. Fin qui nulla da eccepire. Va tuttavia aggiunto che il Venturi, in quell’occasione, dedicò a lui e agli altri malcapitati un giudizio tutt’altro che benevolo: “Il lavoro fu saltuario, senza conformità di metodo, senza il diplomatico rigore delle trascrizioni, talvolta scorretto” [1]. E poco più avanti, sempre nella stessa pagina, vien fatto di leggere: “…gli errori sono come certa specie di vermi che germina e si moltiplica all’infinito. Guai a citare a occhi chiusi i documenti che un maestro elementare trascrisse per il Campori…”. E con simili parole si venne a creare una cupa ombra di sospetto che, accreditata da un nome così noto, sospingeva ad esprimere un giudizio di inavvedutezza, quasi d’ingenuità, sui ricercatori che avessero continuato a dare troppo credito sia al Campori sia agli altri citati insieme a lui.

Da parte sua Benedetto Croce, nei due volumi sulla Storia della storiografia italiana del secolo decimonono s’accorse fuggevolmente del Campori e lo citò per qualche pagina senza alcuna pretesa dedicata a Lucrezia Borgia e al Tasso, ma trascurò completamente di rammentarne le ricerche d’archivio e le opere maggiori: e, a ben guardare, è logico che così sia stato, dal momento che il Campori era indotto a considerare la storia dell’arte come un insieme di notizie sulla vita e sull’ambiente dei vari artisti poco curandosi, come il Croce voleva, dello spessore estetico delle opere e della vita interiore di coloro che le avevano prodotte. E non è certo per un caso fortuito che il più accreditato e conseguente sostenitore delle tesi crociane nel settore delle arti figurative - mi riferisco al Ragghianti – si sia dimenticato completamente del Campori nella prima e più spontanea edizione del suo Profilo della critica d’arte in Italia [2] e lo abbia ripescato in una nota della riedizione della Vallecchi [3] in cui, quasi per una stranezza della sorte, il Campori si ritrova menzionato accanto ad Adolfo Venturi.

Niccolò dell'Abate, Morte di Turno (Canto XII dell'Eneide), 1540, Modena, Galleria Estense
Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/morte-di-turno-canto-xii-delleneide/#![galleria]/0/

Verso la metà del Novecento si incomincia a cogliere un mutamento nei giudizi sul Campori. Nell’Enciclopedia biografica e bibliografica italiana stampata dall’editore B.C. Tosi, esattamente nella Serie quarta, là dove si parla di “Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940)” si dà per scontata una specie di sordità estetica del Campori e si avverte che non gli vanno “richieste… idee sul gusto o sull’arte o criteri di giudizio nella sua attività di studioso d’arte”, ma – dopo questa concessione ai convincimenti dell’età idealistica, si aggiunge che “l’opera sua va segnalata e ricordata con rispetto, perché, oltre al valore filologico-documentario, dimostra qua e là, specialmente nella raccolta di lettere inedite, l’umanità dell’erudito nel candido entusiasmo romantico per la vita dei creatori d’arte” (p. 82). Siamo nel 1942 e, ad esprimersi così, è Sergio Samek Ludovici, uno studioso che, di lì a qualche anno, si sarebbe fatto conoscere per alcune iniziative prese nel campo delle ricerche sulle fonti della letteratura artistica: prima per la ristampa e il commento della Vita del Bernini scritta da Filippo Baldinucci [4], quindi per la traduzione e la presentazione dell’opera principale dell’Hildebrand, vale a dire Il problema della forma [5], infine per il riordinamento di testimonianze sulla Vita del Caravaggio [6]. Quando poi lo studio delle fonti uscì dalla modesta cerchia dei pochi cultori che avevano continuato a praticarle e si trasformò in un preciso filone conoscitivo e persino in un atteggiamento di moda, il Campori si trovò a rifarsi con imprevisto interesse e la maggior parte delle sue opere venne ristampata in facsimile. Il volume qui preso in esame ebbe, nel giro di pochi anni, due edizioni: quella della Multigrafica (a mio giudizio, la migliore per accuratezza tecnica) e l’altra dovuta all’editore Forni che, insieme a questa, fece uscire varie altre opere del ricercatore modenese.

Guido Reni, San Rocco in carcere, 1617-18, Modena, Galleria Estense
Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/san-rocco-in-carcere/#![galleria]/0/

Le fonti del Campori

Vasta la letteratura consultata dal Campori. Oltre al Vasari, al Baldinucci, al Bellori, al Boschini e al Ridolfi, vanno citati gli onnipresenti Malvasia, Baruffaldi e Zanotti, quindi il Crespi, il Soprani, l’Affò, il Pascoli, il Ratti, l’Orlandi, lo Zaist, il Cadioli, il Masini, il Passeri, lo Scannelli, il De Dominici e persino il Cellini. Lo Zani costituisce un costante punto di riferimento: è significativo che gli artisti che costui non aveva ricordato nell’Enciclopedia metodica siano qui preceduti da un asterisco. Eppoi vanno ricordati alcuni autori non molto lontani dal tempo suo, anzi suoi contemporanei, come il Gualandi, il Litta o il marchigiano Amico Ricci. E si tratta, beninteso, di un elenco lacunoso al quale vanno aggiunti per lo meno alcuni studiosi modenesi, come il Tiraboschi, il Vedriani e il Pagani. Di tanto in tanto si notano riferimenti ad artisti stranieri: ecco i francesi Mariette, Lalande e Cochin, l’inglese Richardson, il tedesco Sandrart e lo svizzero Füssly. Vengono letti manoscritti che avevano già acquisito un’indubbia rinomanza nelle cerchie dei ricercatori (si pensi agli scritti del Mancini) o lavori ancorati ad episodi locali, come le cronache ripetutamente citate di Tomasino Lancillotto o di Giovan Battista Spaccini. Piace di trovare, tra le fonti utilizzate, anche le Notizie degli Artisti Carpigiani di Eustachio Cabassi, che soltanto nel 1986 verranno date alle stampe. Il Campori si muove con disinvoltura negli archivi di patrizi modenesi e d’altre terre del ducato, nei depositi delle biblioteche, tra gli scaffali contenenti vecchi atti notarili, negli archivi comunali o di istituzioni religiose. Spiccato è l’interesse per le lettere scritte da artisti, per quelle loro indirizzate o comunque in grado di fornire utili riferimenti sulla loro attività: di tanto in tanto s’intravvede un velato rimpianto per averne poste alcune della propria collezione a disposizione del Gualandi che, rispettando le intese e senza quindi alcuna possibilità di muovergli qualche rilievo, le aveva incluse nella raccolta uscita una decina d’anni prima. Anche se la prudenza, tipica dei filologi, può suggerire di porre a confronto con gli originali il materiale fornito dal Campori, come del resto da altri studiosi che operavano con criteri meno raffinati di quelli oggi praticati dagli specialisti, resta pur sempre la piacevole sorpresa di veder percorse delle strade che si separano e che si sanno riunire, di trovar raccolto materiale di indubbio interesse documentario e di reperire suggerimenti e anticipazioni insospettate, come quel riferimento in cui si dà al Marmi un “lungo ragguaglio sulla vita e sulle opere di Rosalba Carriera” (p. 138), fornendo in tal modo il primo, attendibile ragguaglio delle vicende vissute dalla pittrice veneziana, qui considerata per essere venuta a Modena e per aver dipinto dei ritratti.

Guercino, Il martirio di San Pietro, 1618-19, Modena, Galleria Estense
Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/il-martirio-di-san-pietro/#![galleria]/0/


I singoli artisti

Nel volume del Campori si forniscono notizie per artisti (anche d’epoca medievale) che, venuti da altri territori italiani o dall’estero, avevano agito negli stati estensi, ossia in un territorio che, grosso modo, coincideva con le attuali province di Modena, di Reggio Emilia e di Massa Carrara. Anche se era stato la perla migliore dei possedimenti estensi, non viene considerato il territorio ferrarese che, all’epoca in cui Campori lavorò (siamo attorno alla metà dell’800) rientrava da più di due secoli nei domini pontifici. Pur con questo taglio, gli artisti studiati sono diverse decine, anzi alcune centinaia, ed è quindi inevitabile che molto del materiale raccolto venga a sbriciolarsi in un numero assai elevato di voci (ogni artista costituisce una voce distinta dalle altre): assai spesso una stessa fonte – sia essa una raccolta di documenti d’archivio o un libro ovvero un manoscritto – compare in più occasioni, ma con così poche righe che, nella maggior parte dei casi, diventa problematico o addirittura impossibile raccogliere, come ho cercato di fare altrove, delle testimonianze complete o almeno dei brani significativi, meritevoli d’essere citati ed enumerati. Alcune possibilità di cernita sono tuttavia rimaste e ho inteso sfruttarle presentando, nei punti successivi, del materiale costituito dall’accostamento di passi provenienti da un unico scritto (come per il Cochin e il Lancellotto), oppure delle lettere o composizioni di gusto letterario – integrali o rappresentate da pochi versi – dedicate a singoli maestri o ad operatori di minor conto:

AGRESTI, LIVIO (m. 1580). Lettera ad Alfonso Gonzaga, s.d. (1537?)

Reperita nell’archivio di Novellara, è riprodotta a p. 2. Seguono due comunicazioni di Girolamo da Ponte al Gonzaga in cui ci si esprime favorevolmente sull’Agresti. Nella prima delle due, a p. 3, trovo: “Et poiché io so già il giudizio di tutti gli altri pittori [n.d.r. sull’Agresti] io voleva anche intender quello di Michel Angelo et credo per mezzo di Messer Thomaso del Cavaliere che dispone molto di lui…”. Richiamo l’attenzione sulle ultime parole, rispettose ma meno evasive di quelle usate dal Vasari (“M. Tommaso de’ Cavalieri gentiluomo romano, che è stato ed è de’ maggiori amici, che avesse mai Michelagnolo”).

ALEOTTI, GIOVANNI BATTISTA (1546-1636) Relazione sul bonificamento delle valli nel territorio di Gualtieri

Un passo del manoscritto figura nelle pp. 8-9. L’Aleotti fu architetto ed ingegnere militare e lavorò in opere di bonifica e, più genericamente, in lavori idraulici.

ARLOTTI, ROBERTO (sec. metà sec. XVI e inizi del XVII) Lettera a Palma il Giovane

Proviene da un manoscritto della Biblioteca Estense e viene ora inserito nelle pagg. 340-341. L’Arlotti, poeta reggiano, raccomanda al Palma, incaricato di eseguire una Pietà per il duomo di Reggio, di non risparmiare “in quest’opera il solito amore e valore”. Seguono alcune raccomandazioni e si esprimono convincimenti che risultano perfettamente in linea con i modi di pensare di quel tempo.

Cristoforo Munari, Natura morta con cristalli, strumenti musicali, libro e frutta, 1708, Modena, Galleria Estense
Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/alzata-con-cristalli-strumenti-musicali-libro-e-frutta/#![galleria]/0/

BOSCHINI, MARCO (1613-1678). Funeral fato da la Pitura Venetiana per el passazo da la terrena a la Celeste Vita del Serenissimo de Modena Alfonso el Quarto… Sono riportate nelle pp. 91-92 undici versi di quest’opera minore del Boschini. Costui, noto scrittore d’arte, procurò opere di maestri veneziani per Alfonso IV che, conferendogli l’incarico gli avrebbe detto:

“Quel che ti farà ti, sarà ben fato:
No’ te meto ne limito, ne pato,
Troveme quadri de sti gran Pitori”

CAMPI, BERNARDINO (1522-1590 o 1595) Lettere

Le tre lettere presentate dal Campori (pp. 113-115) sono state scritte durante la permanenza a Guastalla. Le prime due sono datate 10 aprile 1588; l’ultima è del 16 dello stesso mese.

COCHIN, CHARLES NICOLAS (1715-1790) Voyage d’Italie; Parigi, 1758

Sebbene sia indotto a formulare riserve sulle sue valutazioni e consideri il Cochin un “famoso balestratore di giudizii avventati” (p. 19), il Campori non sa resistere alla tentazione di citarlo in più occasioni e lo fa trascrivendo il testo originale evitando qualsiasi traduzione. Tralascio i passi minori e, per quelli di qualche peso, indico le opere che hanno attratto l’attenzione del Cochin. Sono tutte del Seicento: il palazzo ducale di Modena iniziato da Bartolomeo Avanzini (p. 19), il Cristo in Croce consolato dall’Angelo del Guercino nel santuario della Madonna della Ghiara a Reggio (p. 35), i dipinti di Mattia Preti nella cupola d’una chiesa di Modena (p. 383), “due quadri di paesi e un quadro raffigurante la costruzione di bastimenti” eseguiti da Salvator Rosa e allora conservati a Sassuolo (p. 421) e gli affreschi che nel 1618 il Tiarini dipinse nella citata Madonna della Ghiara (p. 460). A p. 94 viene ricordato un giudizio di Cochin sull’intera opera del pittore Jean Boulanger, da Troyes, che lavorò a Modena e in altre località del ducato e che morì nel capoluogo nel 1660.

GENNARI, CESARE (1637-1688) Lettere

Le lettere pubblicate sono sei e non tutte in forma integrale. Due forniscono notizie sul pittore romano Paolo Albertoni e sui suoi rapporti con il conte di Novellara (pp. 6 e 7); tre si riferiscono a lavori che lo stesso patrizio aveva affidato al Gennari (pp. 236-238); un’altra ancora, ossia la sesta, risulta scritta insieme al fratello Bartolomeo e accenna alla “perdita deplorevole” dello zio (il Guercino) “passato da questa all’altra vita” (p. 53). La lettera di data più remota è dell’ottobre 1661; quella scritta per ultima è del dicembre 1671.

GIUNTI, DOMENICO (c. 1512 – 1560) Lettere

Il Campori avverte che le lettere, tutte inedite, gli sono state fornite per la trascrizione dall’avvocato F. Giordani di Parma. Delle ventotto lettere (pp. 248-271), ventiquattro sono indirizzate a Don Ferrante Gonzaga, dapprima vicerè di Sicilia e poi governatore in Lombardia; una alla principessa di Molfetta; le ultime tre a Cesare Gonzaga. È, questo, il carteggio più ampio incluso nel volume. Le lettere sono presentate rispettando l’ordine cronologico e sono distribuite nel periodo compreso tra il luglio del 1541 e il settembre del 1560.

LANCILLOTTO, TOMASINO (c. 1469-1554) Le Cronache modenesi, ms. della Biblioteca Estense di Modena.

Scrive G. Tiraboschi (“Biblioteca Modenese”, tomo III, p. 73) che il Lancillotto “fu scrittore diligentissimo delle cose del suo tempo, cioè dal 1502 fino al 1554..”. Un ampio studio su questo cronista fu eseguito da Pietro Martini che lo pubblicò nell’Archivio Storico Italiano (vol. XIV a. 1871 – pp, 33-63, 333-359 e vol XV a. 1872 pp. 244-267 e 478-500).

Segnalo alcune delle notizie che il Campori ha tolto dagli otto volumi manoscritti della Biblioteca Estense. Per ogni passo provvedo ad indicare la data in cui fu scritto, l’argomento al quale si riferisce e, infine, la pagina o le pagine in cui la notizia è riportata nel testo del Campori: 18 giugno 1522, sistemazione nel duomo della tavola di San Sebastiano dipinta da Dosso Dossi, p. 189; 15 aprile 1526, arrivo in Modena dell’ingegnere militare spagnolo Pietro Navarro, pp. 330-331; 23-24 aprile 1526, l’ing. Giuliano Leni visita i luoghi da fortificare nella città di Modena, p. 282; 23 novembre 1532, ulteriori notizie sul collocamento dell’opera del Dossi sopra citata, p. 190; 22 settembre 1540, l’intarsiatore Angelo da Piacenza restaura il coro del duomo modenese, pp. 367-368; 13 giugno 1549, morte dell’ingegnere militare Cristoforo Casanova e sua sostituzione con Alessandro da Terni, pp. 139 e 453-454; 7 settembre 1549, decesso dell’ingegner Francesco Pasqualetti e sue disposizioni testamentarie, pp. 346-347; 13 luglio 1550, notizie sulla famiglia di Giulio Romano e sul matrimonio della figlia Griseide con M. Alberto degli Erri, p. 372.

Il Campori utilizza anche la Cronaca di Giovanni Battista Spaccini, che si estende dal 1588 al 1636. L’opera dello Spaccini è tuttavia giudicata di livello alquanto inferiore rispetto alle annotazioni del Lancellotti e i brani, riportati nel lavoro qui preso in esame, sembrano confermare la giustezza di questo giudizio limitativo.

LEONI, LEONE (1509-1590) Lettere

Il Leoni fu orafo, medaglista e scultore apprezzato. Nelle pp. 286-291 sono presentate cinque sue lettere, tutte dirette a don Ferrante Gonzaga. L’ultima non è datata; le altre quatto sono del 1549.

MARINO, GIAMBATTISTA (1569-1625) La Galleria

Campori utilizza, riproducendolo nelle pp. 240-241, un madrigale in onore di Lucilio Gentiloni, artista marchigiano, “in lode di un disegno del medesimo che presentava la favola di Ganimede rapito da Giove.”

SPADA, LIONELLO (1576-1622) Sonetto per nozze

Il sonetto era stato pubblicato in Poesie nelle nozze Reali de’ sereniss. Prencipi i Sig. D. Alfonso d’Este et la infanta Isabella di Savoia, Modena 1608. Il Campori, che qui appare molto benevolo, definisce il sonetto “non… tanto inferiore alla maestria artistica dell’autor suo” (p. 449).

TERZI, TERZO de (sex XI) Lettere

Vengono pubblicate (pp- 456-457) due lettere spedite da Roma nel 1544: la prima, scritta in ottobre. È indirizzata ad Alessandro Guerino “segretario ducale”, mentre la seconda, posteriore di due mesi, è inviata direttamente al Duca. Di Terzo de’ Terzi si occupò, nel suo discorso Della Architettura, Benvenuto Cellini [7] che diede di quel nome – ossia Terzo – una ricostruzione fantasiosa giustamente respinta dal Campori. Di questo architetto ed esperto d’idraulica s’interessò nel 1919 Filippo de Pisis, che allora amava firmarsi Luigi Filippo Tibertelli de Pisis.

TESTI, FULVIO (1593-1646) Lettera al conte Francesco Fontana

È riportata nelle pp. 65-67. Spedita da Roma, reca la data 29.1.1633. Contiene notizie e giudizi sul Bernini. Trascrivo alcune righe: “il Cav. Bernino [è] quel famosissimo scultore che ha fatto la statua del Papa, e la Dafne ch’è nella Vigna di Borghese, ch’è il Michelangelo del nostro secolo, tanto nel dipignere quanto nello scolpire, e che non cede a nessuno degli Antichi nell’eccellenza dell’Arte. Questi… è veramente un huomo da far impazzir le genti, perché sa molto anche di belle lettere e ha motti e arguzie che passano l’anima […]. Lunedì il Cav. Bernino suddetto fa recitare una commedia da lui composta dove sono cose da far morire dalle risa chiunque ha pratica della Corte, perché ciascuno sia piccolo, o sia grande, Prelato o Cavaliere massime de’ Romaneschi ha la parte sua”.

IDEM, Ode dedicata a Salvator Rosa

Nel 1645 l’ambasciatore del Duca di Modena in Toscana fece recapitare al Testi un “Promemoria” con cui gli si chiedeva “d’honorare con uno de’ suoi Componimenti la Virtù del Signor Salvator Rosa Pittore Napoletano…”. Il Testi rispose con questa ode che, nel testo del Campori, si estende da p. 413 a p. 421.

Al termine del volume troviamo due indici, uno per i luoghi nominati nel testo, l’altro per gli artisti. Manca invece un indice, che ai nostri effetti sarebbe tornato assai utile, delle fonti utilizzate dal Campori.


Note

[1] Adolfo Venturi, Programma per un’edizione delle fonti della storia dell’arte italiana in Adolfo Venturi, Epoche e maestri dell’arte italiana. Prefazione di Giulio Carlo Argan. Torino, Einaudi, 1956, p. 320.

[2] Carlo L. Ragghianti, Profilo della critica d’arte in Italia, Firenze, Edizioni U, 1948.

[3] Carlo L. Ragghianti, Profilo della critica d’arte in Italia, Firenze, Vallecchi, 1973, p. 136.

[4] Filippo Baldinucci, Vita del Bernini con l’inedita Vita del Baldinucci scritta dal figlio Francesco Saverio, a cura di Sergio Samek Ludovici, Milano, Edizioni del Milione, 1948.

[5] Adolf Hildebrand, Il problema della forma, a cura di Sergio Samek Ludovici, Firenze-Messina, G. D’Anna, 1949.

[6] Sergio Samek Ludovici, Vita del Caravaggio dalle testimonianze del suo tempo, Milano, Edizioni del Milione, 1956.

[7] Benvenuto Cellini, Opere, a cura di Bruno Maier, Milano, Rizzoli, 1968, p. 853.

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