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Giuseppe Campori
Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi
Catalogo storico corredato di documenti inediti
Recensione di Luciano Mazzaferro
Roma, Multigrafica editrice, 1969
Ristampa anastatica dell’edizione di Modena, 1855
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Antonio Allegri detto il Correggio, Madonna con il Bambino (Madonna Campori), 1517-1518 circa, giunta alla Galleria Estense nel 1894 per lascito testamentario di Giuseppe Campori Modena, Galleria Estense Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/madonna-con-il-bambino-madonna-campori/ |
[Nota di Giovanni e Francesco Mazzaferro: questo testo è la trascrizione
di un manoscritto di nostro padre, Luciano Mazzaferro, in cui compare la
recensione dell’opera. Il manoscritto risale grosso modo al 1995. Non è stato
apportato alcun tipo di modifica al testo, anche quando sono sopraggiunti nel
frattempo elementi che modificano alcune datazioni. Un esempio: la data di
nascita di Marco Boschini è stata lasciata al 1613, pur sapendo noi oggi che Boschini nacque nel 1602. Le note contengono i rimandi originali, riferiti a volumi
posseduti nella Biblioteca Mazzaferro. Tutte le altre fonti furono consultate
presso la Biblioteca dell’Archiginnasio a Bologna. L’unico intervento
redazionale è costituito dai titoletti in grassetto dei singoli paragrafi].
Fortuna critica di Giuseppe Campori
Giuseppe Campori, erudito, uomo
politico, filologo e collezionista di manoscritti e di opere d’arte non fu
sempre riguardato con benevolenza. Adolfo Venturi lo accomunò al Bertolotti, a
Gaetano Milanesi, al Cittadella e a vari ricercatori dell’Ottocento quando, in
occasione del X Congresso Internazionale di storia dell’arte, cercò di
delineare un programma per l’edizione delle principali fonti della letteratura
artistica italiana. Fin qui nulla da eccepire. Va tuttavia aggiunto che il
Venturi, in quell’occasione, dedicò a lui e agli altri malcapitati un giudizio
tutt’altro che benevolo: “Il lavoro fu saltuario, senza conformità di metodo,
senza il diplomatico rigore delle trascrizioni, talvolta scorretto” [1]. E poco
più avanti, sempre nella stessa pagina, vien fatto di leggere: “…gli errori
sono come certa specie di vermi che germina e si moltiplica all’infinito. Guai
a citare a occhi chiusi i documenti che un maestro elementare trascrisse per il
Campori…”. E con simili parole si venne a creare una cupa ombra di sospetto
che, accreditata da un nome così noto, sospingeva ad esprimere un giudizio di
inavvedutezza, quasi d’ingenuità, sui ricercatori che avessero continuato a
dare troppo credito sia al Campori sia agli altri citati insieme a lui.
Da parte sua Benedetto Croce, nei
due volumi sulla Storia della
storiografia italiana del secolo decimonono s’accorse fuggevolmente del
Campori e lo citò per qualche pagina senza alcuna pretesa dedicata a Lucrezia
Borgia e al Tasso, ma trascurò completamente di rammentarne le ricerche
d’archivio e le opere maggiori: e, a ben guardare, è logico che così sia stato,
dal momento che il Campori era indotto a considerare la storia dell’arte come
un insieme di notizie sulla vita e sull’ambiente dei vari artisti poco curandosi,
come il Croce voleva, dello spessore estetico delle opere e della vita
interiore di coloro che le avevano prodotte. E non è certo per un caso fortuito
che il più accreditato e conseguente sostenitore delle tesi crociane nel
settore delle arti figurative - mi riferisco al Ragghianti – si sia dimenticato
completamente del Campori nella prima e più spontanea edizione del suo Profilo della critica d’arte in Italia [2]
e lo abbia ripescato in una nota della riedizione della Vallecchi [3] in cui,
quasi per una stranezza della sorte, il Campori si ritrova menzionato accanto
ad Adolfo Venturi.
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Niccolò dell'Abate, Morte di Turno (Canto XII dell'Eneide), 1540, Modena, Galleria Estense Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/morte-di-turno-canto-xii-delleneide/#![galleria]/0/ |
Verso la metà del Novecento si
incomincia a cogliere un mutamento nei giudizi sul Campori. Nell’Enciclopedia biografica e bibliografica italiana
stampata dall’editore B.C. Tosi, esattamente nella Serie quarta, là dove si
parla di “Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940)” si dà
per scontata una specie di sordità estetica del Campori e si avverte che non
gli vanno “richieste… idee sul gusto o sull’arte o criteri di giudizio nella
sua attività di studioso d’arte”, ma – dopo questa concessione ai convincimenti
dell’età idealistica, si aggiunge che “l’opera sua va segnalata e ricordata con
rispetto, perché, oltre al valore filologico-documentario, dimostra qua e là,
specialmente nella raccolta di lettere inedite, l’umanità dell’erudito nel
candido entusiasmo romantico per la vita dei creatori d’arte” (p. 82). Siamo
nel 1942 e, ad esprimersi così, è Sergio Samek Ludovici, uno studioso che, di
lì a qualche anno, si sarebbe fatto conoscere per alcune iniziative prese nel
campo delle ricerche sulle fonti della letteratura artistica: prima per la
ristampa e il commento della Vita del
Bernini scritta da Filippo Baldinucci [4], quindi per la traduzione e la
presentazione dell’opera principale dell’Hildebrand, vale a dire Il problema della forma [5], infine per
il riordinamento di testimonianze sulla Vita
del Caravaggio [6]. Quando poi lo studio delle fonti uscì dalla modesta
cerchia dei pochi cultori che avevano continuato a praticarle e si trasformò in
un preciso filone conoscitivo e persino in un atteggiamento di moda, il Campori
si trovò a rifarsi con imprevisto interesse e la maggior parte delle sue opere
venne ristampata in facsimile. Il volume qui preso in esame ebbe, nel giro di
pochi anni, due edizioni: quella della Multigrafica (a mio giudizio, la
migliore per accuratezza tecnica) e l’altra dovuta all’editore Forni che,
insieme a questa, fece uscire varie altre opere del ricercatore modenese.
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Guido Reni, San Rocco in carcere, 1617-18, Modena, Galleria Estense Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/san-rocco-in-carcere/#![galleria]/0/ |
Le fonti del Campori
Vasta la letteratura consultata
dal Campori. Oltre al Vasari, al Baldinucci, al Bellori, al Boschini e al
Ridolfi, vanno citati gli onnipresenti Malvasia, Baruffaldi e Zanotti, quindi
il Crespi, il Soprani, l’Affò, il Pascoli, il Ratti, l’Orlandi, lo Zaist, il
Cadioli, il Masini, il Passeri, lo Scannelli, il De Dominici e persino il
Cellini. Lo Zani costituisce un costante punto di riferimento: è significativo
che gli artisti che costui non aveva ricordato nell’Enciclopedia metodica siano qui preceduti da un asterisco. Eppoi
vanno ricordati alcuni autori non molto lontani dal tempo suo, anzi suoi
contemporanei, come il Gualandi, il Litta o il marchigiano Amico Ricci. E si
tratta, beninteso, di un elenco lacunoso al quale vanno aggiunti per lo meno
alcuni studiosi modenesi, come il Tiraboschi, il Vedriani e il Pagani. Di tanto
in tanto si notano riferimenti ad artisti stranieri: ecco i francesi Mariette,
Lalande e Cochin, l’inglese Richardson, il tedesco Sandrart e lo svizzero
Füssly. Vengono letti manoscritti che avevano già acquisito un’indubbia
rinomanza nelle cerchie dei ricercatori (si pensi agli scritti del Mancini) o
lavori ancorati ad episodi locali, come le cronache ripetutamente citate di
Tomasino Lancillotto o di Giovan Battista Spaccini. Piace di trovare, tra le
fonti utilizzate, anche le Notizie degli
Artisti Carpigiani di Eustachio Cabassi, che soltanto nel 1986 verranno
date alle stampe. Il Campori si muove con disinvoltura negli archivi di patrizi
modenesi e d’altre terre del ducato, nei depositi delle biblioteche, tra gli
scaffali contenenti vecchi atti notarili, negli archivi comunali o di
istituzioni religiose. Spiccato è l’interesse per le lettere scritte da
artisti, per quelle loro indirizzate o comunque in grado di fornire utili
riferimenti sulla loro attività: di tanto in tanto s’intravvede un velato
rimpianto per averne poste alcune della propria collezione a disposizione del
Gualandi che, rispettando le intese e senza quindi alcuna possibilità di
muovergli qualche rilievo, le aveva incluse nella raccolta uscita una decina
d’anni prima. Anche se la prudenza, tipica dei filologi, può suggerire di porre
a confronto con gli originali il materiale fornito dal Campori, come del resto
da altri studiosi che operavano con criteri meno raffinati di quelli oggi
praticati dagli specialisti, resta pur sempre la piacevole sorpresa di veder
percorse delle strade che si separano e che si sanno riunire, di trovar
raccolto materiale di indubbio interesse documentario e di reperire
suggerimenti e anticipazioni insospettate, come quel riferimento in cui si dà
al Marmi un “lungo ragguaglio sulla vita e sulle opere di Rosalba Carriera” (p.
138), fornendo in tal modo il primo, attendibile ragguaglio delle vicende vissute
dalla pittrice veneziana, qui considerata per essere venuta a Modena e per aver
dipinto dei ritratti.
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Guercino, Il martirio di San Pietro, 1618-19, Modena, Galleria Estense Fonte: http://www.galleriaestense.org/opera/il-martirio-di-san-pietro/#![galleria]/0/ |
I singoli artisti
Nel volume del Campori si
forniscono notizie per artisti (anche d’epoca medievale) che, venuti da altri
territori italiani o dall’estero, avevano agito negli stati estensi, ossia in
un territorio che, grosso modo, coincideva con le attuali province di Modena,
di Reggio Emilia e di Massa Carrara. Anche se era stato la perla migliore dei
possedimenti estensi, non viene considerato il territorio ferrarese che,
all’epoca in cui Campori lavorò (siamo attorno alla metà dell’800) rientrava da
più di due secoli nei domini pontifici. Pur con questo taglio, gli artisti
studiati sono diverse decine, anzi alcune centinaia, ed è quindi inevitabile
che molto del materiale raccolto venga a sbriciolarsi in un numero assai
elevato di voci (ogni artista costituisce una voce distinta dalle altre): assai
spesso una stessa fonte – sia essa una raccolta di documenti d’archivio o un
libro ovvero un manoscritto – compare in più occasioni, ma con così poche righe
che, nella maggior parte dei casi, diventa problematico o addirittura
impossibile raccogliere, come ho cercato di fare altrove, delle testimonianze
complete o almeno dei brani significativi, meritevoli d’essere citati ed
enumerati. Alcune possibilità di cernita sono tuttavia rimaste e ho inteso
sfruttarle presentando, nei punti successivi, del materiale costituito
dall’accostamento di passi provenienti da un unico scritto (come per il Cochin
e il Lancellotto), oppure delle lettere o composizioni di gusto letterario –
integrali o rappresentate da pochi versi – dedicate a singoli maestri o ad
operatori di minor conto:
AGRESTI, LIVIO (m. 1580). Lettera
ad Alfonso Gonzaga, s.d. (1537?)
Reperita nell’archivio di
Novellara, è riprodotta a p. 2. Seguono due comunicazioni di Girolamo da Ponte
al Gonzaga in cui ci si esprime favorevolmente sull’Agresti. Nella prima delle
due, a p. 3, trovo: “Et poiché io so già il giudizio di tutti gli altri pittori
[n.d.r. sull’Agresti] io voleva anche intender quello di Michel Angelo et credo
per mezzo di Messer Thomaso del Cavaliere che dispone molto di lui…”. Richiamo
l’attenzione sulle ultime parole, rispettose ma meno evasive di quelle usate
dal Vasari (“M. Tommaso de’ Cavalieri gentiluomo romano, che è stato ed è de’
maggiori amici, che avesse mai Michelagnolo”).
ALEOTTI, GIOVANNI BATTISTA (1546-1636) Relazione sul bonificamento delle valli nel territorio di Gualtieri
Un passo del manoscritto figura
nelle pp. 8-9. L’Aleotti fu architetto ed ingegnere militare e lavorò in opere
di bonifica e, più genericamente, in lavori idraulici.
ARLOTTI, ROBERTO (sec. metà sec. XVI e inizi del XVII) Lettera a Palma il Giovane
Proviene da un manoscritto della
Biblioteca Estense e viene ora inserito nelle pagg. 340-341. L’Arlotti, poeta
reggiano, raccomanda al Palma, incaricato di eseguire una Pietà per il duomo di Reggio, di non risparmiare “in quest’opera il
solito amore e valore”. Seguono alcune raccomandazioni e si esprimono
convincimenti che risultano perfettamente in linea con i modi di pensare di
quel tempo.
BOSCHINI, MARCO (1613-1678). Funeral
fato da la Pitura Venetiana per el passazo da la terrena a la Celeste Vita del
Serenissimo de Modena Alfonso el Quarto… Sono riportate nelle pp. 91-92
undici versi di quest’opera minore del Boschini. Costui, noto scrittore d’arte,
procurò opere di maestri veneziani per Alfonso IV che, conferendogli l’incarico
gli avrebbe detto:
“Quel che ti farà ti, sarà ben
fato:
No’ te meto ne limito, ne pato,
Troveme quadri de sti gran Pitori”
No’ te meto ne limito, ne pato,
Troveme quadri de sti gran Pitori”
CAMPI, BERNARDINO (1522-1590 o 1595) Lettere
Le tre lettere presentate dal
Campori (pp. 113-115) sono state scritte durante la permanenza a Guastalla. Le
prime due sono datate 10 aprile 1588; l’ultima è del 16 dello stesso mese.
COCHIN, CHARLES NICOLAS (1715-1790) Voyage d’Italie; Parigi, 1758
Sebbene sia indotto a formulare
riserve sulle sue valutazioni e consideri il Cochin un “famoso balestratore di
giudizii avventati” (p. 19), il Campori non sa resistere alla tentazione di
citarlo in più occasioni e lo fa trascrivendo il testo originale evitando
qualsiasi traduzione. Tralascio i passi minori e, per quelli di qualche peso, indico le opere che
hanno attratto l’attenzione del Cochin. Sono tutte del Seicento: il palazzo
ducale di Modena iniziato da Bartolomeo Avanzini (p. 19), il Cristo in Croce consolato dall’Angelo
del Guercino nel santuario della Madonna della Ghiara a Reggio (p. 35), i
dipinti di Mattia Preti nella cupola d’una chiesa di Modena (p. 383), “due
quadri di paesi e un quadro raffigurante la costruzione di bastimenti” eseguiti
da Salvator Rosa e allora conservati a Sassuolo (p. 421) e gli affreschi che
nel 1618 il Tiarini dipinse nella citata Madonna della Ghiara (p. 460). A p. 94
viene ricordato un giudizio di Cochin sull’intera opera del pittore Jean
Boulanger, da Troyes, che lavorò a Modena e in altre località del ducato e che
morì nel capoluogo nel 1660.
GENNARI, CESARE (1637-1688) Lettere
Le lettere pubblicate sono sei e
non tutte in forma integrale. Due forniscono notizie sul pittore romano Paolo
Albertoni e sui suoi rapporti con il conte di Novellara (pp. 6 e 7); tre si
riferiscono a lavori che lo stesso patrizio aveva affidato al Gennari (pp.
236-238); un’altra ancora, ossia la sesta, risulta scritta insieme al fratello
Bartolomeo e accenna alla “perdita deplorevole” dello zio (il Guercino)
“passato da questa all’altra vita” (p. 53). La lettera di data più remota è
dell’ottobre 1661; quella scritta per ultima è del dicembre 1671.
GIUNTI, DOMENICO (c. 1512 – 1560) Lettere
Il Campori avverte che le
lettere, tutte inedite, gli sono state fornite per la trascrizione
dall’avvocato F. Giordani di Parma. Delle ventotto lettere (pp. 248-271),
ventiquattro sono indirizzate a Don Ferrante Gonzaga, dapprima vicerè di
Sicilia e poi governatore in Lombardia; una alla principessa di Molfetta; le
ultime tre a Cesare Gonzaga. È, questo, il carteggio più ampio incluso nel
volume. Le lettere sono presentate rispettando l’ordine cronologico e sono
distribuite nel periodo compreso tra il luglio del 1541 e il settembre del
1560.
LANCILLOTTO, TOMASINO (c. 1469-1554) Le Cronache modenesi, ms. della Biblioteca Estense di Modena.
Scrive G. Tiraboschi (“Biblioteca
Modenese”, tomo III, p. 73) che il Lancillotto “fu scrittore diligentissimo
delle cose del suo tempo, cioè dal 1502 fino al 1554..”. Un ampio studio su
questo cronista fu eseguito da Pietro Martini che lo pubblicò nell’Archivio
Storico Italiano (vol. XIV a. 1871 – pp, 33-63, 333-359 e vol XV a. 1872 pp.
244-267 e 478-500).
Segnalo alcune delle notizie che il Campori ha tolto dagli otto volumi manoscritti della Biblioteca Estense. Per ogni passo provvedo ad indicare la data in cui fu scritto, l’argomento al quale si riferisce e, infine, la pagina o le pagine in cui la notizia è riportata nel testo del Campori: 18 giugno 1522, sistemazione nel duomo della tavola di San Sebastiano dipinta da Dosso Dossi, p. 189; 15 aprile 1526, arrivo in Modena dell’ingegnere militare spagnolo Pietro Navarro, pp. 330-331; 23-24 aprile 1526, l’ing. Giuliano Leni visita i luoghi da fortificare nella città di Modena, p. 282; 23 novembre 1532, ulteriori notizie sul collocamento dell’opera del Dossi sopra citata, p. 190; 22 settembre 1540, l’intarsiatore Angelo da Piacenza restaura il coro del duomo modenese, pp. 367-368; 13 giugno 1549, morte dell’ingegnere militare Cristoforo Casanova e sua sostituzione con Alessandro da Terni, pp. 139 e 453-454; 7 settembre 1549, decesso dell’ingegner Francesco Pasqualetti e sue disposizioni testamentarie, pp. 346-347; 13 luglio 1550, notizie sulla famiglia di Giulio Romano e sul matrimonio della figlia Griseide con M. Alberto degli Erri, p. 372.
Il Campori utilizza anche la Cronaca di Giovanni Battista Spaccini, che si estende dal 1588 al 1636. L’opera dello Spaccini è tuttavia giudicata di livello alquanto inferiore rispetto alle annotazioni del Lancellotti e i brani, riportati nel lavoro qui preso in esame, sembrano confermare la giustezza di questo giudizio limitativo.
LEONI, LEONE (1509-1590) Lettere
Il Leoni fu orafo, medaglista e
scultore apprezzato. Nelle pp. 286-291 sono presentate cinque sue lettere,
tutte dirette a don Ferrante Gonzaga. L’ultima non è datata; le altre quatto
sono del 1549.
MARINO, GIAMBATTISTA (1569-1625) La Galleria
Campori utilizza, riproducendolo
nelle pp. 240-241, un madrigale in onore di Lucilio Gentiloni, artista
marchigiano, “in lode di un disegno del medesimo che presentava la favola di
Ganimede rapito da Giove.”
SPADA, LIONELLO (1576-1622) Sonetto
per nozze
Il sonetto era stato pubblicato
in Poesie nelle nozze Reali de’ sereniss.
Prencipi i Sig. D. Alfonso d’Este et la infanta Isabella di Savoia, Modena
1608. Il Campori, che qui appare molto benevolo, definisce il sonetto “non…
tanto inferiore alla maestria artistica dell’autor suo” (p. 449).
TERZI, TERZO de (sex XI) Lettere
Vengono pubblicate (pp- 456-457)
due lettere spedite da Roma nel 1544: la prima, scritta in ottobre. È
indirizzata ad Alessandro Guerino “segretario ducale”, mentre la seconda,
posteriore di due mesi, è inviata direttamente al Duca. Di Terzo de’ Terzi si occupò, nel suo discorso Della Architettura, Benvenuto Cellini [7] che diede di quel nome –
ossia Terzo – una ricostruzione fantasiosa giustamente respinta dal Campori. Di
questo architetto ed esperto d’idraulica s’interessò nel 1919 Filippo de Pisis,
che allora amava firmarsi Luigi Filippo Tibertelli de Pisis.
TESTI, FULVIO (1593-1646) Lettera
al conte Francesco Fontana
È riportata nelle pp. 65-67.
Spedita da Roma, reca la data 29.1.1633. Contiene notizie e giudizi sul
Bernini. Trascrivo alcune righe: “il Cav. Bernino [è] quel famosissimo scultore
che ha fatto la statua del Papa, e la Dafne ch’è nella Vigna di Borghese, ch’è
il Michelangelo del nostro secolo, tanto nel dipignere quanto nello scolpire, e
che non cede a nessuno degli Antichi nell’eccellenza dell’Arte. Questi… è
veramente un huomo da far impazzir le genti, perché sa molto anche di belle
lettere e ha motti e arguzie che passano l’anima […]. Lunedì il Cav. Bernino
suddetto fa recitare una commedia da lui composta dove sono cose da far morire
dalle risa chiunque ha pratica della Corte, perché ciascuno sia piccolo, o sia
grande, Prelato o Cavaliere massime de’ Romaneschi ha la parte sua”.
IDEM, Ode dedicata a Salvator
Rosa
Nel 1645 l’ambasciatore del Duca
di Modena in Toscana fece recapitare al Testi un “Promemoria” con cui gli si
chiedeva “d’honorare con uno de’ suoi Componimenti la Virtù del Signor Salvator
Rosa Pittore Napoletano…”. Il Testi rispose con questa ode che, nel testo del
Campori, si estende da p. 413 a p. 421.
Al termine del volume troviamo
due indici, uno per i luoghi nominati nel testo, l’altro per gli artisti. Manca
invece un indice, che ai nostri effetti sarebbe tornato assai utile, delle
fonti utilizzate dal Campori.
Note
[1] Adolfo Venturi, Programma per un’edizione delle fonti della storia dell’arte italiana in Adolfo Venturi, Epoche e maestri dell’arte italiana. Prefazione di Giulio Carlo Argan. Torino, Einaudi, 1956, p. 320.
[2] Carlo L. Ragghianti, Profilo della critica d’arte in Italia,
Firenze, Edizioni U, 1948.
[3] Carlo L. Ragghianti, Profilo della critica d’arte in Italia,
Firenze, Vallecchi, 1973, p. 136.
[4] Filippo Baldinucci, Vita del Bernini con l’inedita Vita del
Baldinucci scritta dal figlio Francesco
Saverio, a cura di Sergio Samek Ludovici, Milano, Edizioni del Milione,
1948.
[5] Adolf Hildebrand, Il problema della forma, a cura di
Sergio Samek Ludovici, Firenze-Messina, G. D’Anna, 1949.
[6] Sergio Samek Ludovici, Vita del Caravaggio dalle testimonianze del
suo tempo, Milano, Edizioni del Milione, 1956.
[7] Benvenuto Cellini, Opere, a cura di Bruno Maier, Milano,
Rizzoli, 1968, p. 853.
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