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mercoledì 27 gennaio 2016

La critica dei Salons. A cura di Mary Pittaluga. Firenze, Ed. L'Arco, 1948


English Version

La critica dei Salons
A cura di Mary Pittaluga


Firenze, L’Arco editore, 1948


Eugène Delacroix, Il massacro di Scio, 1824, Parigi, Museo del Louvre
Fonte: Wikimedia Commons

Un’antologia per l’Italia post-fascista

Nei primissimi anni del secondo dopoguerra il mondo dell’editoria è un fervore di iniziative determinate dal crollo del fascismo e dalla rinnovata aria di libertà che si torna a respirare. In questo contesto si segnalano le pubblicazioni di una casa editrice indipendente, la cui vita non fu certo lunga: ‘L’Arco editore’ di Firenze.

Jean-Baptiste-Camille Corot, Il ponte di Narni, 1826, Parigi, Museo del Louvre
Fonte: Wikimedia Commons
Nel 1948 L’Arco diede vita a una collana intitolata Biblioteca di critica d’arte, di cui uscirono soltanto due volumi: il presente La critica dei Salons, a cura di Mary Pittaluga e, nel 1949, La critica d’arte moderna: la pura visibilità, a cura di Roberto Salvini, di cui abbiamo già proposto in questo blog la recensione di Anna Maria Brizio. Per comprendere appieno l’importanza di queste pubblicazioni bisogna capire innanzi tutto che si trattava di due fra le primissime antologie di letteratura artistica pubblicate in Italia. Il merito de La critica dei Salons, ad esempio, è innanzi tutto oggettivo: quello di permettere al pubblico dell’epoca (fra cui mio padre, che aveva diciannove anni) di leggere direttamente testi di difficilissima reperibilità. Il tutto va ovviamente inquadrato nell’ambito dell’idealismo crociano. Croce era stato punto di riferimento fondamentale per l’antifascismo non-marxista, e tornava quindi ad essere ampiamente rivalutato. In maniera del tutto simmetrica, trovavano nuovo spazio le idee di Lionello Venturi, che fu – non bisogna mai dimenticarlo – uno dei soli dodici docenti universitari che nel 1931 si rifiutarono di prestare giuramento al fascismo, perdendo la cattedra, trasferendosi a Parigi e poi a New York. Negli Stati Uniti Venturi aveva pubblicato nel 1936 un’opera fondamentale come l’History of Art Criticism, che venne immediatamente tradotta in francese, ma vide la sua prima edizione italiana soltanto nel 1945, con il titolo di Storia della critica d’arte. La Storia della critica d’arte era stampata dalle Edizioni U nella collana ‘Giustizia e Libertà’. Il titolo della collana spiega già tutto in merito alle idee di Venturi; siamo nell’ambito delle iniziative intellettuali di un gruppo di persone che si rifece, subito dopo la guerra, al Partito d’Azione, e che vedeva nell’impegno politico una componente fondamentale della professione che ognuno di essi svolgeva nella vita quotidiana. Da qui l’interesse di Venturi per l’arte moderna, declinato in una lunga serie di pubblicazioni, e in particolare l’attenzione per gli impressionisti [1].

Mary Pittaluga fu una delle prime allieve di Lionello Venturi, e lavorò a lungo anche col padre Adolfo [2]. Fu lei a farsi carico del lavoro di questo Critica dei Salons che, ovviamente, presenta un elemento fondante nell’analisi dei testi scritti in reazione (favorevole o contraria) all’avvento degli impressionisti, ma che in realtà è un’antologia che parte da Diderot per arrivare fino al 1880 circa.


Gustave Courbet, Gli spaccapietre, 1849 (distrutto a Dresda durante la Seconda Guerra Mondiale)
Fonte: Wikimedia Commons

Come il Festival di Sanremo

L’idea di un’esposizione periodica dei quadri dei migliori pittori francesi (inizialmente identificando con essi i soli iscritti all’Accademia) fu in realtà un’iniziativa sorta già ai tempi di Luigi XIV. Da fine Seicento, in maniera del tutto irregolare, si cominciò ad organizzare delle mostre presso il “Salon Carré” del Louvre (da qui il nome comune di Salon per identificare questo tipo di iniziative). Nel XVIII secolo i Salons furono una cinquantina. Solo a partire dal 1833, tuttavia, fu istituzionalizzata l’annualità della mostra, che si svolgeva in genere presso il Louvre e durava tre mesi. Rapidamente – va detto – i Salons divennero come il nostro Festival di Sanremo, coinvolgendo le “masse” in autentiche diatribe. Si discusse su tutto; sugli artisti ammessi e su quelli esclusi; sui quadri accettati e su quelli rifiutati, sulla maggiore o minore qualità di singole opere d’arte; e persino sulla collocazione che era stata loro attribuita all’interno del Louvre. Le diatribe trovarono nella stampa quotidiana o comunque periodica (specializzata o meno) il luogo prediletto per esservi sostenute. Colui che inaugurò un genere e fu di fatto l’anticipatore della critica militante, fu, nella seconda metà del Settecento, Denis Diderot (con cui, non a caso, comincia l’antologia di Pittaluga). Soprattutto nel secolo successivo a recensire i Salons furono filosofi, poeti, letterati e non solo operatori del mondo dell’arte in senso stretto. 

Naturalmente i Salons furono diretta emanazione del mondo accademico (non a caso la scelta delle opere era controllata da un giuria in cui i membri dell’Accademia avevano un peso preponderante). Non dev’essere causa di stupore, quindi, se la scelta degli artisti che vi parteciparono raramente fu dettata da scelte coraggiose, e molto più spesso da orientamenti tradizionalistici. E proprio come al Festival di Sanremo trovarono il loro momento di gloria artisti e opere che oggi sono caduti inesorabilmente nell’oblio. 


Jean Auguste Dominique Ingres, L'apoteosi di Omero, 1827, Parigi, Museo del Louvre
Fonte: Wikimedia Commons

Nel complesso, l’insieme dei saggi e degli articoli scritti in occasione delle esposizioni contribuì a delineare in maniera evidente l’intersecarsi e il sovrapporsi dei gusti, e i conflitti che essi generarono: neoclassicismo, romanticismo, realismo, arte per l’arte, impressionismo e simbolismo trovano il loro spazio nell’antologia di Mary Pittaluga e descrivono l’andamento complessivo dell’arte in Francia in un secolo così significativo come l’Ottocento. Ognuno di essi ha paladini che li sostengono o detrattori che li bocciano. Scritti come quelli di Baudelaire, che porta in palmo di mano Delacroix, o di Emile Zola, che si schiera apertamente a favore degli impressionisti, tanto che il giornale per cui scrive gli revoca l’incarico, sono divenuti celeberrimi e oggi sono consultabili con estrema facilità. Non era così – lo si ripete – ai tempi in cui uscì il volume. La critica d’arte francese del XIX secolo era talmente ancorata ai Salons, che il termine stesso Salon acquisì un nuovo significato e, invece di indicare una specifica mostra, divenne sinonimo di saggio critico riferito all’arte. I “salons” (con la s minuscola) divennero un genere letterario in cui ricaddero anche i commenti a mostre tenutesi al di fuori delle occasioni ufficiali, e anzi spesso in contrapposizione a quest’ultime. Basti pensare al famosissimo Salon des Refusés, organizzato nel 1864 per accogliere le opere degli artisti bocciati dall’Accademia, fra cui Manet (con la sua Colazione sull’erba), Monet, Whistler, Degas e Renoir; o alla mostra degli “artisti indipendenti” presso gli spazi messi a disposizione dal fotografo Nadar nel 1874 (due date fondamentali nella storia dell’impressionismo). Naturalmente l’antologia di Pittaluga è riferita ai “salons” con la esse minuscola, ovvero riporta scritti a commento non solo delle mostre dell’Accademia, ma anche di occasioni espositive che hanno fatto la storia dell’arte mondiale.


Édouard Manet, Colazione sull'erba, 1863, Parigi, Museo d'Orsay
Fonte: Wikimedia Commons

In tutti i casi, quali che siano le posizioni espresse, quella che emerge dal libro è la nascita di una critica militante che si confronta con l’arte contemporanea. Il vero scopo del libro è di confrontare questa critica militante con il declino inarrestabile del neoclassicismo, colpevole di avere imposto una cappa dottrinaria alla critica del giudizio. Il vero oggetto degli strali di Pittaluga (e prima di lei, di Lionello Venturi e degli storicisti in generale) è un sistema che impone di giudicare l’opera d’arte contemporanea secondo regole rigide basate su (presunti) canoni estetici propri dell’antichità. Una tesi anch’essa militante, come si vede, e che ha avuto poi ampiamente modo di essere corretta nei decenni successivi. 


James Whistler, Sinfonia in bianco n.1 (La ragazza in bianco), 1862, Washington, National Gallery of Art
Fonte: Wikimedia Commons


Una recensione 

All’interno del volume è conservata una recensione apparsa su Il Giornale della Sera in data 22 giugno 1949 a firma G.G.. Il Giornale della Sera fu un quotidiano indipendente pubblicato a Roma nei primi anni del dopoguerra. Non sono purtroppo in grado di dire chi fosse G.G. Se anzi qualche lettore avesse dei suggerimenti in merito, lo prego di contattarmi. Questo è il testo della recensione:

“La critica dei Salons” di Mary Pittaluga
di G. G. 

Claude Monet, Impressione, levar del sole, 1872, Parigi, Museo Marmottan Monet
Fonte: Wikimedia Commons

“Lionello Venturi e la autrice di questo volume (Ediz. «L’Arco», Firenze, 1949 [n.d.r. è un errore: 1948]) sono per l’Italia, indubbiamente, i principali divulgatori e interpreti del pensiero critico nei confronti delle arti figurative, specie per la fase formativa della modernità. Mancava, per illustrare in pieno tale pensiero critico, un’antologia idonea, dove i cultori dei problemi estetici, gli amatori di letterature applicate, i curiosi di svolgimenti o di polemiche nella storia delle orientazioni del gusto verbalizzato e gli stessi critici professanti potessero trovare sott’occhio gli esempi scritti, tante volte citati, senza essere sottomessi al «sentito dire». «La critica dei Salons» colma per l’appunto cosiffatta lacuna e la colma in modo egregio, nonostante le difficoltà di reperimento dei saggi presentati, rendendo così un servizio prezioso a tutti, segnatamente a coloro tra gli esperti – vale a dire ai più – che hanno contratta l’abitudine di celare sotto forme speciose il «rispetto umano» della loro specifica ignoranza in materia.

L’antologia offertaci dalla Pittaluga s’inizia col Diderot e si conchiude con André Gide. L’ordinamento premeditato ne colloca, per così dire, l’asse centrale in Baudelaire [n.d.r. si ricorda che qualche anno prima, nel 1945 Enrico Somaré aveva pubblicato Tutte le pagine di critica d’arte di Baudelaire], né tanto per la sua genialità di scopritore o di lirico rappresentatore dell’opera soprattutto di Delacroix, quanto per essere stato lui il primo alfiere della «critica partigiana», cui sostanzialmente – al seguito di Lionello Venturi – aderisce l’autrice. La radice di tale adesione al punto di vista di Baudelaire sta nei postulati dell’estetica di Croce, dalla quale per verità non è consentito evadere, in sede valutativa, da quelle che sono sempre le vaghe reazioni del sentimento e dunque dell’aura emotiva mutevole da stagione a stagione, anche se dallo stesso Croce sia fatta giustizia sommaria di tutte le «poetiche». Preferibile, in ogni caso, muovere dall’«apprezzamento dell’arte contemporanea» per la «interpretazione dell’arte di ogni tempo» anziché «giudicare le opere moderne secondo i principii delle opere antiche». Anche meglio, se fosse possibile, dovrebb’essere peraltro, a opinione di chi scrive, giudicare secondo principii validi per l’arte antica non meno che per quella moderna, cioè d’indole universalistica epperò universalisticamente attendibili (pur nella cornice ovvia della storicità filosofica, sulla quale debbono fondarsi).

Questi rilievi sull’avviso della Pittaluga circa il carattere della critica non le tolgono i meriti selettivi nel fissare gli scritti da pubblicare. Altamente istruttivi sono i «salons» tra la fine del Settecento e, a un dipresso, il 1880; né soltanto gli esempi di Baudelaire, bensì anche i saggi di Stendhal, de Musset, Fromentin, Thoré, Edmond e Jules de Goncourt, Gautier, Mantz, Duranty. L’attenzione del lettore correrà naturalmente ai critici che in vario modo reagirono agl’impressionisti e dunque, in primo luogo, allo Zola: e ottimamente l’A. si è apposta nel riservare un largo spazio ai «Salons» del 1877, che fu il momento decisivo per l’arte nuova e di conserva per l’indirizzo critico. Per tali pregi l’antologia della Pittaluga, rischiarata dalle sue osservazioni preliminari, costituisce un viatico per molti aspetti utilissimo e culturalmente documentario alla portata di tutti.”


Paul Cézanne, Natura morta con cipolle, Parigi, Museo d'Orsay
Fonte: Wikimedia Commons

Indice

Per completezza, si riporta l’indice dei brani antologizzati:

Denis Diderot (1713-1784)
Lettera a Grimm
Boucher
Chardin
Il ritratto di Denis Diderot di Michele Van Loo

Guillaume Guizot (1787-1874)
Scultura e pittura

Henry Beyle Stendhal (1783-1842)
Processo alla scuola di David
Delacroix e «Le Journal des Débats»
Ingres

Prosper Merimée alias Un pittore inglese (1803-1870)

Gustave Planche (1808-1857)
Ingres e Delacroix

Victor Schoelcher (1804-1893)
Delacroix
Artisti, pubblico e critica

Alfred de Musset (1810-1857)
Del Salon, di Delacroix, di Robert
Louis Peisse (1803-1880)
La scultura al Salon del 1844

Charles Baudelaire (1821-1867)
Delacroix
Corot
Meissonier
A che serve la critica?
Orazio Vernet
Ingres

Eugène Fromentin (1820-1876)
Decamps, Delacroix e O. Vernet
Del paesaggio

Théofile Thoré (1807-1869)
Delacroix e Gigoux
Lettera a Béranger

Edmond et Jules de Goncourt (1822-96; 1830-70)
Commenti ad alcuni pittori

Théophile Gautier (1811-1872)
Ingres
Delacroix

Léon Lagrange (1828-1868)
Di Meissonier e della pittura storica

Paul Mantz (1821-1895)
Del realismo in pittura
Corot

Émile Zola (1840-1902)
Il momento artistico
Manet
Il naturalismo al Salon del 1880

Philippe Burty (1830-1890)
Note su qualche pittore impressionista
Ancora dei pittori impressionisti

Victor Cherbouliez (1829-1899)
Gl’impressionisti in via La Peletier

Armand Silvestre (1837-1919)
L’esposizione in via La Peletier

Georges Rivière (1855-1943)
Renoir, Monet, Degas
Cézanne, Pissarro e qualche altro

Duranty (1833-1880)
Fantin-Latour 

Georges Lafenestre (1837-1919)
Gl’ «indipendenti»
Puvis de Chavennes

Edmond Renoir (1849-1944)
«Venti righe di ritratto» di Renoir

Charles Ephrussi (1849-1905)
Di Degas e di altri

Jovis-Karl Huysmans (1848-1907)
Degas
Pissarro e Gauguin

Jules Laforgue (1860-1887)
Böklin [sic] e Klinger

André Michel (1853-1925)
La vita moderna e l’arte
Neo-classicismo e arte moderna

Alfred de Lostalot (1837-1898)
Courbet

Henry Bouchot 
L’incisione al Salon del 1893

André Gide (1869-1951)
Passeggiando per il Salone d’Autunno


NOTE 

[1] Per una rassegna degli scritti di Lionello Venturi sull’impressionismo si veda Lionello Venturi, La via dell’Impressionismo. Da Manet a Cèzanne. Introduzione di Nello Ponente, Torino, Einaudi, 1970.

[2] Ricordiamo a questo proposito l’edizione polacca del Libro dell’Arte di Cennino Cennini (Firenze, 1933), che comprendeva una lettera di Adolfo Venturi e un’introduzione di sette pagine di Mary Pittaluga.

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