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Francesco Mazzaferro
Sigurd Möller pittore e traduttore di Cennino Cennini in svedese
[Versione originale: gennaio 2016 - nuova versione: aprile 2019]
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Fig. 1) Le tre edizioni svedesi del Libro dell’arte curate da Sigurd Möller, pubblicate rispettivamente (da sinistra a destra) nel 1946, nel 1986 e nel 2000 |
Dai un'occhiata al 'Progetto Cennini'
Il pittore
Di Sigurd M. Möller (1895-1984), pittore svedese, non sono rimaste molte
tracce nella storia dell’arte. Alcuni dei suoi quadri vengono oggi proposti
nelle aste per poche centinaia di euro; quelli in possesso di collezioni
pubbliche (come il Ritratto con tavolozza
del 1924, presso il museo d’arte di Göteborg [1]) sono presenti negli archivi
elettronici consultabili al pubblico, senza però che le relative immagini siano
accessibili in linea. Möller è oggi un pittore quasi completamente dimenticato,
se non fosse per la relativa voce nel Dizionario
biografico degli Svedesi [2], ad opera di Brita Linde. Da essa si ricava
che rimase fedele al proprio stile lungo tutta la sua lunga attività artistica,
durata almeno cinquant’anni. Uno stile che ne fece un paladino dell’arte
francese nel nord Europa.
Möller si orientò verso la pittura francese fin dagli anni degli studi,
all’Accademia Valand di Göteborg. Il suo maestro, Birger Simonsson, che aveva
studiato a Parigi ed era stato uno dei primi modernisti in Svezia, lo iniziò a
Bonnard e Cézanne. Fu l’inizio di un grande amore per la cultura transalpina
(che lo portò in seguito anche a sposarsi con una francese nel 1923). L’amore
per l’arte francese era comune a un’intera generazione di pittori nordici.
Proprio in quegli anni (1918) fu aperta a Stoccolma la ‘Galleria d’arte
franco-svedese’ (Svensk-franska
konstgalleriet), che avrebbe svolto un’importante ruolo di mediazione
culturale per decenni, fino alla chiusura nel 1973. Möller studiò arte a
Copenhagen nel 1919-1920 e poi si trasferì a Parigi nel 1921. Il pittore
svedese visse in Francia per dieci anni, fino a quando tornò in patria nel 1931
(dopo una serie di viaggi nei paesi del Mediterraneo). Rimase fino alla morte,
avvenuta nel 1984, nell’amata cittadina di Lidingö. Ma è ovvio che la Francia
rimase nel suo cuore. I suoi riferimenti artistici continuarono ad essere il
naturalismo francese ed il post-impressionismo di Bonnard e Vuillard.
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Fig. 2) L’articolo di Sigurd Möller su Konstrevy del 1941, intitolato: “Un manuale di pittura del 1400”. |
Möller iniziò negli anni Quaranta un’intensa attività pubblicistica, dopo
una breve fase d’insegnamento all’Istituto reale d’arte di Stoccolma (1938-1939).
Nella primavera 1941 pubblicò un articolo su Cennino Cennini nella “Rivista
d’arte” (Konstrevy), dal titolo “Un
manuale di pittura del 1400” (En Lärobok
i Malning fran 1400 Talet). Vi tradusse la lettera di Pierre-Auguste Renoir
che era stata usata a mo’ d’introduzione nell’edizione francese del 1911 del Libro dell’arte, curata da Henri Mottez
a partire dalla base fornita dal padre Victor nel 1858 [3]; ad essa aggiunse
pochi capitoli del testo del pittore toscano. Può essere interessante notare
che in quegli anni la rivista Konstrevy
dedicava una parte assolutamente prominente delle sue pagine all’arte francese;
probabile che l’attenzione fosse rivolta più allo scritto di Renoir che a
quello di Cennino. Poco dopo, del resto (siamo nell’autunno 1941), lo storico
dell’arte Erik Blomberg pubblicò sempre sulla Konstrevy, un articolo sull’influsso dell’arte francese in Svezia a
partire dal 1910, intitolandolo “L’alleanza
artistica franco-svedese” [4]. Obiettivamente, credo che la scelta del
titolo, nella Svezia neutrale che assisteva attonita in quei mesi alla
sconfitta militare e all’occupazione della Francia da parte della Wehrmacht,
fosse una manifestazione di solidarietà alla Francia stessa. Medesimo scopo
potrebbero aver avuto le numerose mostre collettive che si tennero in quegli
anni alla Galleria d’arte franco svedese, ad esempio nel 1944 (Möller vi
partecipò con diciotto opere [5]).
Negli stessi anni Quaranta l’artista svedese pubblicò tre manuali: il primo
sulla rilegatura dei libri (1944) [6], il secondo sulla lavorazione del legno
(1946) [7] ed il terzo sulla pittura (1947) [8]. Ed è proprio nel 1947 che – in
combinazione con il Manuale pratico sulla
pittura per tutti – Möller finalizzò la traduzione del Libro dell’Arte di Cennino Cennini, come se volesse tracciare un
parallelo tra la sua attività didattica rivolta al pubblico contemporaneo e
l’antico testo italiano. Purtroppo il manuale sulla pittura non è disponibile
sul mercato antiquario e non mi è stato possibile consultarlo per stabilire se
vi fossero riferimenti a Cennino, e quali paralleli o differenze potessero
essere riscontrati. I due testi sulla rilegatura e la lavorazione del legno
sembrano indirizzati a principianti e, per certi aspetti, somigliano ai moderni
testi di bricolage. D’altra parte, il
tema dell’arte per tutti era non solamente al centro della discussione estetica
già dalla metà dell’Ottocento (con la diffusione delle arti applicate), ma
anche perfettamente in linea con la politica della socialdemocrazia svedese nel
primo dopoguerra.
Sembra che Möller abbia raggiunto l’apice della carriera nel 1950 con
un’ampia retrospettiva tenuta all’Accademia delle Belle Arti (Konstakademien) di Stoccolma, il cui
catalogo – seppur minuto e senz’alcuna illustrazione [9] – è una delle pochi
fonti disponibili per riuscire a fissare una cronologia delle sue opere, se non
altro per predominanza di generi: dipinti su soggetti arabi ed orientali nei
primi anni Trenta, ritratti nella metà del decennio, paesaggi e nature morte
alla fine degli anni Trenta, ancora ritratti nei primi anni Quaranta, poi molti
soggetti diversi ed infine soprattutto paesaggi di soggetto francese alla fine
del decennio. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, le tracce di Möller
sembrano perdersi, anche se sono documentate sue opere fino alla fine degli
anni Sessanta.
Come scrive Brita Linde, Möller si specializzò in “paesaggi, nature morte e
interni, mentre i ritratti e le rappresentazioni religiose erano meno frequenti”.
Nelle opere degli anni ‘20 il colore era spesso smorzato, e vi erano
riferimenti – allora frequenti nel mondo dell’arte – a temi ascetici. Un
viaggio in Nord Africa nel 1928-1929 lo spinse poi ad un uso più forte del
colorito, in particolare “di un caldo colore rosso orientale per il quale è
stato spesso elogiato”. I paesaggi mostrano capacità di giocare con tonalità
diverse, mentre nelle nature morte gli stessi oggetti (maioliche, porcellane,
coppe) sono spesso composti con diversi effetti di luce e di colore. “Un motivo
comune degli interni è una finestra aperta che riflette le vedute, come Fiori alla finestra (1936 – cfr. fig.
9)”.
L’interesse per Cennino
Negli anni Venti a Parigi Möller frequentò la comunità di artisti
scandinavi che vi risiedevano; tra questi, in particolare, il danese Georg
Jacobsen, poco più anziano di lui (1887 – 1976). Jacobsen era un grande
ammiratore di Cézanne e fu molto influenzato dai cubisti, ma sviluppò anche un
interesse profondo per i primitivi italiani, in occasione di un suo viaggio nel
nostro paese avvenuto nel 1920. Iniziò fin da allora a sperimentare le loro
tecniche, ed in particolare i colori a tempera [10]. Sviluppò e teorizzò
inoltre un personale sistema di prospettiva. Secondo Brita Linde, “Jacobsen
nutriva grande interesse per le tecniche degli antichi maestri italiani e forse
fui lui a dirigere l'attenzione di Möller al pittore del XIV secolo Cennino
Cennini, il cui Libro dell’arte esisteva
in una traduzione francese con la prefazione di Renoir. È questa traduzione francese
che Möller tradusse in svedese con il titolo Boken om målarkonsten (Il
libro dell'arte della pittura) (1947) cui aggiunse anche una prefazione e
commenti di grande spessore.” [11]
Brita Linde sostiene dunque che l’interesse di Sigurd Möller per Cennino
nacque a Parigi negli anni Venti, nei circoli artistici frequentati dagli
artisti scandinavi, e dunque ben prima dell’articolo del 1941 sulla Kunstrevy e della traduzione del 1947.
Molti indizi confermano quest’ipotesi. Il Dizionario
biografico dei Norvegesi ci informa infatti che a Parigi l’artista
norvegese Alf Rolfsen – cui abbiamo dedicato un altro post in Letteratura artistica [12] - componeva un terzetto appunto con Georg
Jacobsen ed il messicano Diego Rivera: i tre condividevano un interesse comune
per l’arte italiana e per le tecniche del Rinascimento [13]. È evidente che
anche Cennino era al centro dei loro interessi: Rolfsen tradusse il Libro dell’Arte in norvegese negli anni
Quaranta, Jacobsen parlò appunto di Cennino a Möller [14], stimolando
indirettamente la traduzione svedese, ed è risaputo che Rivera ed il suo team
cercarono di applicare gli insegnamenti del Libro
dell’Arte ai murales messicani.
La traduzione svedese di Cennino
Il testo in svedese del Libro
dell’arte ha conosciuto una buona fortuna commerciale. Dopo il 1947 [15], è
stato di nuovo pubblicato nel 1986 [16] e nel 2000 [17]. L’ultima versione è
stata parzialmente corretta dal figlio di Sigurd, per tener conto
dell’inevitabile trasformazione della lingua. Molto probabilmente, il successo
deve essere dovuto ad una buona traduzione in lingua svedese. Del resto,
Möller – come detto - aveva appena pubblicato una trilogia di manuali di
divulgazione sulle arti, e sapeva come spiegare questi temi al grande pubblico.
Nell’introduzione scrive: “Traducendo il trattato di Cennini in svedese, ho
provato, anche se in una forma un po' primitiva, a produrre un lavoro che possa
servire come libro di riferimento, stimolante e istruttivo, e che possa portare
i lettori a contatto con i grandi maestri di un'altra epoca, con i loro metodi
di lavoro e il loro ambiente artistico. Gli ambienti cambiano e scompaiono, le
tradizioni si esauriscono, e oggi sarebbe impossibile e sbagliato seguire tutti
i consigli e le regole pratiche di Cennini. Ma possiamo godere e approfittare
delle molte verità eterne che egli scandisce sull'arte della pittura.”
Eppure, il testo di Möller non era privo di aspetti discutibili: in primo
luogo, era una traduzione dal francese (la già citata versione del 1911), e non
dall’originale; in secondo luogo, quel testo traduceva a sua volta la prima
edizione moderna, quella di Tambroni del 1821, che utilizzava il manoscritto Ottoboniano
ed era dunque incompleta rispetto all’edizione successiva dei fratelli Milanesi del 1859; ed infine il testo francese di Henri Mottez conteneva fraintendimenti
tecnici e veri e propri errori materiali di traduzione. È del 2011 una recente
nuova traduzione di Karin Forsberg e Bo Ossian Lindberg (condotta sull’italiana
edizione Frezzato) che consente al lettore svedese di avere accesso ad un testo
completo e filologicamente più accurato [18].
Per meglio comprendere le ragioni della traduzione ed identificare i temi
principali del lavoro di Sigurd Möller abbiamo incaricato Alison Philip – che
già lo aveva fatto per la corrispondente introduzione norvegese di Alf Rolfsen
e che ringraziamo calorosamente – di tradurre in inglese la prefazione e la
seconda di copertina dell’opera. Il testo in italiano segue questo articolo. Mi
sembra che alcuni aspetti meritino attenzione.
Primo: l’approccio di Möller non è per nulla filologico. Ignora i termini
della discussione sulla biografia di Cennino, accettando senza farsi domande
alcune tesi problematiche che già alla sua epoca erano messe in discussione (ad
esempio, accetta tranquillamente l’idea che Cennini abbia concluso la redazione
del testo nel carcere fiorentino delle Stinche, dove sarebbe stato recluso per
debiti). Le uniche fonti che utilizza sono Tambroni e Victor Mottez. Aggiunge
solamente 9 note alle 62 che già esistevano nella versione di Henri Mottez del
1911, nonostante gli enormi progressi registrati nella ricerca cenniniana nei
35 anni successivi. Pur essendogli noti i limiti dell’edizione Mottez, dunque,
non consulta nessuna delle versioni moderne del Libro dell’arte, ignorando quelle italiane, inglesi e tedesche e
limitandosi esclusivamente a quella francese. In particolare la versione tedesca di Jan Verkade, pittore-monaco che era stato allievo di Gauguin e
compagno di Maurice Denis e Paul Sérusier nel gruppo dei Nabis, sarebbe stata probabilmente di grande interesse per chi si
proclamava grande ammiratore di Pierre Bonnard, anch’egli membro dei Nabis. In tal modo Möller avrebbe potuto
considerare Cennino un predecessore della pittura sincretista.
Secondo: la prefazione non contiene alcuna considerazione sugli aspetti
religiosi e ideologici nel testo di Cennino, che tanto importanza avevano avuto per altri commentatori. Nulla sull’idea della devozione religiosa e gli obblighi
morali dell’artista; nulla sull’idea del sacerdozio dell’arte; nulla anche
sull’interpretazione ‘conservatrice’ degli scritti di Cennino come testimone di
un mondo artistico incontaminato, che pur è caratteristica della lettera di
Renoir. È interessante notare che la lettera di Renoir e i pochi capitoli di
Cennino su aspetti morali e religiosi erano tutti inclusi nell’articolo sulla Konstrevy del 1941. E tuttavia,
nell’introduzione alla sua traduzione del 1947, Möller ignora qualsiasi
interpretazione non-tecnica degli scritti dell’artista toscano. Brita Linde ci
informa anche che, durante i primi anni di attività, il pittore era stato
sensibile ai temi ascetici della religiosità nell’arte, all’epoca molto comuni.
Evidentemente non aveva più molto interesse per quei temi nel 1947.
Terzo: al contrario di quanto sostenuto dalla maggior parte dei
commentatori di Cennino, per Möller il punto di forza del testo di Cennini per
il lettore moderno è il fatto che offra spunti importanti per la ricerca di
speciali effetti artistici: “Cennini spiega come dipingere garofani, drappeggi
di diversi colori e sfumature, montagne, alberi, piante, costruzioni, acqua e
fiumi con e senza pesci, e molto altro ancora. E tutte queste tecniche e metodi
vengono presentati in modo semplice, chiaro e metodico. È notevole che gli
artisti di questo periodo siano riusciti a raggiungere una tale varietà
straordinariamente ricca di tonalità e sfumature con mezzi semplici e con un
numero limitato di colori a loro disposizione.” Möller legge Cennino da pittore
a pittore, per trarre da lui spunti su un’arte arcadica e genuina.
Quarto: per Möller l’accento cade soprattutto su quello che Cennini ci dice
sui colori (la loro preparazione, il loro uso nei dipinti, i colori migliori
per la produzione di particolari effetti, il contributo che i colori possono
dare alla pittura dei volti) ed in particolare sulle loro variazioni, che egli
definisce “semplici ma estremamente ricche”.
Insomma, vi è una coerenza di fondo tra quanto abbiamo appreso sull’arte di
Möller e la lettura che egli fa di Cennino: il centro dell’attenzione è la
capacità del pittore di suscitare emozioni tramite la variazione di luci e
colori, pur nel quadro di composizioni che devono rimanere semplici. Si tratta
di concetti che possono essere appresi da tutti, moltiplicando l’area di
diffusione dell’arte. E le intenzioni di Möller e di Cennino sono, da questo
punto di vista, fra loro omogenee nel desiderio di fare di tutti noi pittori
potenziali.
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La traduzione è stata effettuata sul testo inglese
preparato da Alison Philip
Testo della seconda di copertina
Libro del XV secolo tradotto in svedese
Cennino Cennini
UN TRATTATO SULL'ARTE DELLA PITTURA
Il fatto che un libro come questo sia stato tradotto in
svedese è davvero inconsueto. L'opera originale, completata nel 1437, fu scritta
mentre il suo autore era in prigione a Firenze, e per i 400 anni seguenti è
rimasta dimenticata in un archivio. Non è stata riscoperta se non all'inizio
del XIX secolo. È stata poi tradotta in italiano moderno e in francese, e viene
ora, 510 anni dopo la sua prima apparizione, introdotta in Svezia dall'artista
Sigurd Möller, che è anche il responsabile della traduzione.
Cennino Cennini è stato un pittore, ed ha imparato l’arte
da un allievo di Giotto. Così il suo trattato sulla pittura porta il lettore in
contatto diretto con i maestri italiani medievali, con il modo in cui hanno
lavorato, e l'atmosfera artistica del periodo. Cennini ci dà una visione
esaustiva del tema. Egli fornisce tutte le informazioni necessarie, per
esempio, su come produrre i materiali per la pittura, sulle proprietà dei
colori, la loro macinazione e preparazione, e su come preparare le pareti ed i
pannelli. Egli dà anche spiegazioni dettagliate su come dipingere garofani,
drappeggi di diversi colori e sfumature, montagne, alberi, piante, edifici,
acqua e fiumi, che contengano pesci oppure no, e molto altro. Oggi la terza
sezione è senza dubbio di particolare interesse per noi, con le sue descrizioni
della pittura a fresco. Lì egli si occupa di pigmenti, di preparazione del
primo strato, di saturazione dell’intonaco e di come tracciare la composizione.
Poi descrive le tecniche di pittura e i loro colori, semplici ma ricchi. Questo
piccolo libro è un'esperienza unica e quasi magica per tutti gli amanti
dell'arte, e non da ultimo per gli artisti stessi.
Prefazione di Sigurd Möller
Titolo originale in italiano:
Il Libro Dell'Arte, o Trattato Della pittura
Tradotto dall’edizione francese di V. Mottez da
SIGURD MÖLLER
Stoccolma
Tipografia Albert Bonniers
1947
PREFAZIONE
Per quattro secoli il Libro
Dell'Arte, o Trattato della pittura di Cennino Cennini è rimasto un
documento dimenticato e più o meno sconosciuto. Fino agli inizi del 19° secolo,
quando fu scoperto nella sua interezza dall'italiano Giuseppe Tambroni, che ne
scovò una copia nell’enorme deposito di manoscritti del Vaticano. Il
manoscritto era apparentemente in pessime condizioni e privo di ordine, ma dopo
attento studio il Tambroni riuscì a decifrarlo. Per la prima volta una chiara
edizione integrale del trattato di Cennini era disponibile.
Secondo il Tambroni, la prima menzione registrata del
Cennini si trova in Vasari: 'Figlio di Andrea Cennini, nato a Colle di
Valdelsa, pittore e allievo di Agnolo Gaddi, figlio di Taddeo e allievo di
Giotto.' Tambroni stima che Cennini fosse nato nel 1360 o poco prima, e il
trattato fosse stato completato al più tardi il 31 luglio 1437. Tuttavia, il
Vasari prestò scarsa attenzione al testo di Cennino, che - secondo Tambroni - egli
non sembra aver letto; né i successivi storici dell'arte, che hanno
generalmente utilizzato Vasari come fonte principale, mostrarono mai molto
interesse ad acquisire più di un quadro generale di questo straordinario
lavoro. Così molte generazioni sono state private di un lavoro che con
riverenza e meticolosità documenta i metodi di lavoro degli antichi maestri,
compresi i loro materiali, la preparazione dei loro colori ed il loro uso del
colore nei dipinti. E tuttavia questi metodi erano conoscenza comune tra
generazioni di artisti italiani, anche prima del tempo di Giotto.
Cennini scrisse il suo libro nella prigione delle Stinche
a Firenze, quando aveva 80 anni, era indigente e indebitato. Mentre i suoi
insegnanti lasciarono ricche eredità ai figli dopo la loro morte, al loro
sfortunato alunno non rimase che mendicare per vivere durante la vecchiaia e
finì in prigione per debiti. Un destino crudele, che ha continuato a
perseguitarlo anche dopo la sua morte: il suo lavoro è rimasto nell'oblio per i
successivi quattrocento anni. Tuttavia in nessuna parte nel suo testo - pervaso
di rispetto assoluto per l'arte - troviamo
traccia alcuna di autocommiserazione. Il lettore è convinto della gioia
dell'artista nel padroneggiare completamente il suo mestiere e, usando le
parole di Tambroni, comunica questo con
umiltà, gratitudine, generosità, devozione ed onestà.
Sappiamo davvero poco sulla produzione pittorica di
Cennini, e Tambroni non dice se qualcuna delle sue opere ancora esista. Tuttavia,
secondo il Vasari, “oltre al lavoro che egli fece a Firenze insieme al suo
maestro, vi è una Madonna circondata da santi nella loggia di Bonifazio Lapi,
che è così perfettamente dipinta che è rimasta del tutto immutata fino ad
oggi.” Tambroni sostiene che il Vasari considerò Cennini un grande colorista,
ma critica anche il modo arrogante in cui il Vasari considerò il trattato di
Cennini. Tambroni ritiene che l'Italia sia stata, in tal modo, privata di molte
informazioni preziose, soprattutto sulla pittura a fresco. Il trattato fornisce
una descrizione onnicomprensiva dei metodi di lavoro degli artisti del tempo di
Cennini. Specifica il percorso che l'apprendista doveva seguire, i materiali
utilizzati dalla scuola, i colori migliori per la produzione di particolari
effetti e quali scuole debbano essere evitate.
Cennini inizia il suo libro con una descrizione minuziosa
delle tecniche di disegno - addirittura spiega al lettore come preparare uno
stilo con penna d'oca e come utilizzare il pangrattato per cancellare gli
errori fatti nel disegnare. Le tecniche per l’affresco ed i lavori a tempera su
pannelli sono spiegate in forma altrettanto dettagliata: nulla è lasciato al
caso. Egli va oltre e dà consigli agli apprendisti su come organizzare la loro
vita: “La tua vita deve sempre essere organizzata proprio come se tu stessi
studiando teologia o filosofia o altre teorie, vale a dire, scegliendo piatti
digeribili e genuini e vini leggeri ...” Consiglia di accompagnarsi sempre a
coloro che abbiano comparativamente fatto maggiori progressi e di seguire
continuamente le orme del maestro, seppur senza lasciare che questa costanza
possa danneggiare il proprio talento.
Le descrizioni di Cennini sono incredibilmente
dettagliate. Oggi la parte più interessante del libro è senza dubbio la terza,
che indica all'apprendista come dipingere a fresco sui muri e discute i colori,
la predisposizione del primo strato, la saturazione dell’intonaco e come
tracciare la composizione. Cennino continua, descrivendo la tecnica vera e
propria della pittura e come conseguire variazioni di colore semplici ma
estremamente ricche: la stessa tecnica che Giotto ha insegnato a Taddeo Gaddi,
che a sua volta la insegnò a suo figlio Agnolo, maestro di Cennini. Un'abilità
che è stata persa, ma non è morta.
Le capacità artigianali pratiche andavano di pari passo
con la ricerca di espressione artistica. Dopo aver spiegato come produrre tutto
il materiale necessario, le proprietà dei colori, la loro macinazione e
trattamento, e come preparare le pareti e pannelli, Cennini continua spiegando
come dipingere garofani, drappeggi di diversi colori e sfumature, montagne,
alberi, piante, costruzioni, acqua e fiumi con e senza pesci, e molto altro
ancora. E tutte queste tecniche e metodi vengono presentati in modo semplice,
chiaro e metodico. È notevole che gli artisti di questo periodo siano riusciti
a raggiungere una tale varietà straordinariamente ricca di tonalità e sfumature
con i mezzi semplici e con un numero limitato di colori a loro disposizione.
Con pazienza infinita hanno imparato a gestire l'oro, sia per scopi artistici
sia come un mestiere. L'oro nei dipinti di questi maestri ha la stessa luce
intatta e intensità luminosa di allora, e Cennini dedica molti capitoli alla
doratura.
Tutte queste indicazioni pratiche si alternano con le
idee ed i consigli più straordinari, che ci danno una forte impressione del milieu artistico del Medioevo. Non tutti
sanno che i pittori al tempo di Cennini erano talvolta anche incaricati di
dipingere i volti delle bellezze toscane. Nel capitolo 179 Cennini descrive
come farlo, e ci dice che tempera, olio e vernice sono stati tutti utilizzati
per questo scopo.
Al fine di non appesantire il testo con troppi commenti,
questa breve introduzione deve bastare. Le informazioni che ho fornito sono
derivate da Tambroni, la cui edizione è stata pubblicata nel 1821. Una
successiva e più completa edizione, curata dai fratelli Milanesi, è stato
pubblicata a Firenze nel 1859. Nel 1858 Victor Mottez, allievo di Ingres,
tradusse l'opera di Tambroni in francese, ma naturalmente non aveva accesso
all'edizione Milanesi. La prima traduzione in italiano moderno si è basata sul
Codex Ottoboniano in Vaticano, e contiene una serie di lacune che non compaiono
negli altri due esemplari noti: il Codice Laurentino nella Biblioteca Medicea
Laurenziana di Firenze e il Codice Riccardi. La traduzione di Mottez fu
completata da suo figlio Enrico Mottez dopo la morte del primo. Non si sa nulla
del manoscritto originale di Cennini. Tutti i manoscritti esistenti sono copie
fatte da altri.
La traduzione svedese si basa sull’edizione francese,
incluse le note.
Traducendo il trattato di Cennini in svedese, ho provato,
anche se in una forma un po' primitiva, a produrre un lavoro che può servire
come libro di riferimento, stimolante e istruttivo, e che può portare i lettori
a contatto con i grandi maestri di un'altra epoca, con i loro metodi di lavoro
e il loro ambiente artistico. Gli ambienti cambiano e scompaiono, le tradizioni
si esauriscono, e oggi sarebbe impossibile e sbagliato seguire tutti i consigli
e le regole pratiche di Cennini. Ma possiamo godere e approfittare delle molte
verità eterne che egli scandisce sull'arte della pittura.
S.M
NOTE
[1] Si veda qui
[2] Si veda la voce Sigurd Möller
[3] Per le varie edizioni del Libro dell’Arte citate in
questo saggio si rimanda nel blog a Giovanni Mazzaferro. Cennino Cennini e il "Libro dell'arte": censimento delle edizioni a stampa
[4] Blomberg, Erik - Fransk-svensk konstallians. Reflexioner kring utstâllningen
"Frankrike genom konstnärsögon" i Nationalmuseum 1911 (L’alleanza
artistica franco-svedese. Riflessioni sulla mostra "La Francia attraverso
gli occhi dell'artista" al Museo Nazionale nel 1911), in: Konstrevy, Anno
17, (1941), N. 4, p. 132.
[5] Svenks-Franska Konstgalleriet, Catalogo Nr. 191,
Esibizione di Rudolf Abrahamsson, Curt Clemens, Eddie Figge, Bengt Kristenson,
Sigurd Möller, Eva Rundlöf, Åke Winnberg, 29 Novembre-22 Dicembre 1944.
[6] Möller, Sigurd – Vi binda Böcker (Rileghiamo i
libri), Stoccolma, Albert Bonniers Editore, 1944, p. 42.
[7] Möller, Sigurd - Praktisk snickarbok för alla (Il
libro pratico dell’ebanista per tutti), Stoccolma, Forum, 1946, p. 116
[8] Möller, Sigurd, Praktisk målarhandbok för alla
(Manuale pratico di pittura per tutti), Stoccolma, Forum Editore, 1947, p. 213
[9] Konstakademien. Sigurd Möller, 4-28 Febbraio 1950
[10] Si veda http://www.denstoredanske.dk/Kunst_og_kultur/Billedkunst/Danmark_1910-55/Georg_Jacobsen
[12] Si veda in questo blog Francesco Mazzaferro. Cennino Cennini, Alf Rolfsen e l'arte dell'affresco nella Norvegia del XX secolo.
[13] Si veda la voce Alf Rolfsen nel Dizionario biografico dei norvegesi: https://nbl.snl.no/Alf_Rolfsen
[14] È interessante notare che la prima edizione danese
di Cennino compare molto più tardi, nel 1964. Senza ricorrere a tutti i costi a
forzature, va comunque ricordato che il legame fra Libro dell’Arte e Danimarca
risale addirittura al 1821, ovvero alla prima edizione, curata da Giuseppe
Tambroni, che la dedica al Principe Cristiano Federico di Danimarca.
[15] Boken om Målarkosten av Cennino Cennini, Översätting
från V. Mottez’ franska version av Sigurd Möller, Stockholm, Alb. Bonniers
boktryckeri, 1947, p. 337.
[16] Boken om Målarkosten av Cennino Cennini, Översätting
från V. Mottez’ franska version av Sigurd Möller, Göteborg, Viga Press, 1986.
L’edizione del 1986 é un’edizione anastatica perfettamente uguale al volume del
1946.
[17] Boken om Målarkosten av Cennino Cennini, Översätting
från V. Mottez’ franska version av Sigurd Möller, Stockholm, Till & Från,
Stockholm, 2000.
[18] Cennino Cennini Boken om målarkonsten : "Il
libro dell’arte", a cura di Karin Forsberg e Bo Ossian Lindberg, Lund,
Sekel Bokförlag/Isell & Jinert, 2011, p. 217.
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