Mascia Cardelli
Pietro Giordani conoscitore d'arte
Firenze, Mascia Cardelli editore, 2007
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In copertina: Luigi Margotti, Antonio Costa, Paolo Toschi, S. Vitale, incisione dal Parmigianino |
[1] Si riportano ampi stralci dall’Introduzione dell’autrice (pp. 17-32):
“Per quante sfaccettature rimangano tuttora poco illuminate,... recenti contributi hanno... tentato di far giustizia del paradigma dell’occasionalità, del pregiudizio secondo cui Giordani avrebbe guardato alla materia artistica in modo generico e discontinuo, da neofita o da seguace di una moda che coinvolse una buona parte del milieu letterario del primo Ottocento. In realtà il lavoro di Giordani nel campo delle arti non è solo mosso dall’occasione né è paragonabile a quello, ben più episodico, di Monti o di Foscolo. Molte pagine sull’arte scaturirono da obblighi istituzionali [n.d.r. Giordani fu pro-segretario dell’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1808 sino al 1815], altre nacquero da scelte più determinate; quasi sempre mancò il completamento della osservazione sino alle sue ultime conseguenze. Ma l’impalcatura fu solida. Giordani riconobbe al solo letterato il possesso della cultura umanistica occorrente alla comprensione dell’arte, e su questo piano tentò di ritagliarsi un ruolo professionale tra gli artisti...
Da qui è ora possibile concorrere alla definizione del metodo, o quanto meno dell’atteggiamento, di Giordani uomo di lettere davanti all’opera d’arte, quale risulta da un insieme di scritti di diversa natura: tentativi di saggi monografici, componimenti encomiastici, discorsi ufficiali, declamazioni funebri, cui va aggiunto l’eterogeneo complesso di accenni e richiami che punteggiano l’epistolario. Uno studio della bibliografia artistica di Giordani, da svolgere finalmente senza restrizioni alle opere maggiori ma valorizzando anche abbozzi di scrittura e frammenti, può basarsi su una prima distinzione: da un lato il letterato che visiona (forse mosso dall’occasione) e soprattutto descrive l’opera d’arte con strumenti retorici, dall’altro il filologo che cerca di applicare un sistema oggettivo di analisi. Sarebbe ingenuo ipotizzare una dualità secca, una sorta di doppio che convive sotto il nome di Pietro Giordani...: negli scritti d’arte le esigenze letterarie si alternano frequentemente a notazioni filologiche e da conoscitore, né viene teorizzata in modo compiuto una separazione di ambiti... Si può dire che dove il discorso si fa più filologico la retorica letteraria perde di centralità e viceversa. È il germe di una suddivisione specialistica....
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Innocenzo da Imola, Madonna col Bambino in gloria e i Santi Michele Arcangelo, Pietro e Benedetto, Bologna, Pinacoteca Nazionale Fonte: Wikimedia Commons |
Giordani riesce a fondere i metodi della nuova filologia con la prassi del conoscitore settecentesco soprattutto nella monografia su Innocenzo [n.d.r. da Imola], nella quale lo studio dei dipinti e delle fonti primarie – le carte d’archivio – è suffragato dalle acquisizioni della letteratura artistica tradizionale e della storiografia erudita locale. Le ipotesi attributive di Giordani si conciliano, tutto sommato, con il modello del conoscitore itinerante che sarà tipico di Cavalcaselle o Morelli. E se non potette controllare de visu tutte le pitture di Innocenzo, Giordani cercò di rimediare attraverso l’aiuto di corrispondenti e cultori di storia locale, periti, amici...
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Innocenzo da Imola, Madonna col Bambino in gloria e i Santi Michele Arcangelo, Pietro e Benedetto (particolare) Bologna, Pinacoteca Nazionale Fonte: Wikimedia Commons |
È possibile così abbandonare una volta per tutte l’immagine limitante di Giordani celebratore di Canova e lettore eminente di scultura [n.d.r. nonché fido consigliere di Cicognara per la sua Storia della scultura]. Anche le antologie (ma non quella di Chiarini) hanno privilegiato gli scritti sulla scultura, in osservanza di un radicato stereotipo. La curiositas eclettica di Giordani si lasciò invece attrarre dalla pittura e dalle incisioni in una misura che va ridefinita; e se l’eclettismo fu un freno al pur incipiente specialismo del conoscitore, fu anche il contrassegno di una cultura vitale e attuale.”
[2] Si è detto che il lavoro in cui Giordani si mostra più vicino ad un’impostazione critica più rigorosa e meno letteraria è costituito dallo scritto Sulle pitture d’Innocenzo Francucci da Imola. La redazione di una vera e propria monografia su Innocenzo coinvolse Giordani per lunghi anni (si vedano in questo volume le pp. 33-81 e 448-464) ed ebbe origine dal discorso che l’allora segretario dell’Accademia di Belle Arti pronunciò nel 1812 a seguito dell’incipiente pericolo in cui versavano gli affreschi dipinti da Innocenzo presenti nel bolognese Casino della Viola.
Il progetto si andò allargando tanto che solo nel 1819 si giunse alla stampa della prima delle tre parti che dovevano comporre la monografia (Discorso primo sopra tre poesie dipinte a fresco nel Casino della Viola). Le restanti due, giunte comunque ad un avanzato stato di elaborazione, non furono pubblicate se non postume da Antonio Gussalli nel 1856-1858. La Cardelli ricostruisce con dovizia di particolari ed attingendo ampiamente all’epistolario di Giordani la genesi dello scritto. Se proprio vogliamo trovare un limite al suo lavoro (ma ci rendiamo conto che le dimensioni del volume sarebbero divenute ingestibili) è che almeno il testo di quest’opera meritava a nostro avviso di essere ripresentato (gli stralci forniti in nota finiscono inevitabilmente per impedire un giudizio complessivo).
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Bologna, Il Casino della Viola |
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Innocenzo da Imola, Apollo e Marsia, affresco eseguito nel Casino della Viola Fonte: http://www.iconos.it/le-metamorfosi-di-ovidio/libro-vi/apollo-e-marsia/immagini/48-apollo-e-marsia/ |
Il progetto si andò allargando tanto che solo nel 1819 si giunse alla stampa della prima delle tre parti che dovevano comporre la monografia (Discorso primo sopra tre poesie dipinte a fresco nel Casino della Viola). Le restanti due, giunte comunque ad un avanzato stato di elaborazione, non furono pubblicate se non postume da Antonio Gussalli nel 1856-1858. La Cardelli ricostruisce con dovizia di particolari ed attingendo ampiamente all’epistolario di Giordani la genesi dello scritto. Se proprio vogliamo trovare un limite al suo lavoro (ma ci rendiamo conto che le dimensioni del volume sarebbero divenute ingestibili) è che almeno il testo di quest’opera meritava a nostro avviso di essere ripresentato (gli stralci forniti in nota finiscono inevitabilmente per impedire un giudizio complessivo).
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