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mercoledì 2 dicembre 2015

Nicodemus Tessin il Giovane. Sources Works Collections [Fonti Opere Collezioni]. Parte Seconda


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Nicodemus Tessin il Giovane
Sources Works Collections
[Fonti Opere Collezioni]

Parte Seconda

Stoccolma, The National Museum, 2000-


Il Palazzo di Drottnigholm (oggi residenza privata della famiglia reale svedese),
costruito per la maggior parte da Nicodemus Tessin il Vecchio e completato dal Giovane
Fonte: Wikimedia Commons



Il Traictè dela decoration interieure

Nel 1717 Tessin il Giovane scrive il Traictè dela decoration interieure (che non vedrà mai le stampe). Si tratta senza dubbio dell’opera più originale e interessante fra quelle da lui scritte. È lo stesso artista a far presente che si tratta della prima volta in cui ci si propone di analizzare approfonditamente l’argomento.

In realtà, la prima cosa che dobbiamo dire è che con il Traictè affrontiamo una serie di opere (rimaste tutte manoscritte) che hanno uno scopo ben preciso: promuovere la cultura e l’immagine del figlio Carl Gustaf, in modo tale che, alla morte del padre, egli ne possa ereditare la prestigiosa posizione. Si è detto che Carl Gustaf cominciò il suo Grand Tour a partire dalla Francia nel 1714. Qualche mese dopo il padre gli fece consegnare a Parigi un manoscritto di una quarantina di pagine che aveva scritto appositamente, dal titolo “Osservazioni sulle case sia pubbliche sia private, sulla loro solidità, comodità e bellezza, disegnate rispettando il clima e l’economia svedesi”; Nicodemus si raccomandava di studiare attentamente il trattato e di farne uso quando c’era bisogno di fare bella figura. Non pago, passati pochi mesi, inviava un secondo saggio: le “Riflessioni sui cinque ordini dell’architettura, quando occorre che un ordine sia posto sopra un altro”: anche qui l’invito era a imparare il tutto a memoria, e a saperne fare buon uso.

La prima occasione in cui Nicodemus fa menzione del Traictè è una lettera al figlio (che nel frattempo si è spostato a Roma) del 6 marzo 1717: “Forzato all’immobilità dalla gotta, ha deciso di scrivere sull’argomento fino ad allora negletto della decorazione interna in maniera tale da trarre piacere nel rievocare i primi studi e viaggi che Carl Gustaf sta in quel momento sperimentando parallelamente, e soprattutto per far sì che Carl Gustaf possa completare e perfezionare il testo sulla via del ritorno, pubblicandolo a suo nome e quindi facendo progredire la sua reputazione professionale” [10]. Un padre che aiuta un figlio (oggi diremmo in maniera eccessivamente assillante). Il trattato, dunque, ha un’origine squisitamente personale. Tuttavia Nicodemus si rende conto che molto tempo è passato dai suoi ultimi viaggi europei e chiede quindi al figlio di operare gli aggiustamenti e gli ammodernamenti del caso.

Il giardino barocco del Palazzo di Drottningholm (progetto di Nicodemus Tessin il Giovane)
Fonte: Wikimedia Commons

Non vi è dubbio che, per la redazione del Traictè, Tessin il Giovane faccia ampiamente uso delle note di viaggio stilate fra 1673 e 1677 e fra 1687 e 1688. Il trattato, tuttavia, non è certo il resoconto di un Grand Tour e, d’altro canto, non assume i contorni della guida artistica di una o più città. In realtà il piano editoriale (dopo alcuni ripensamenti iniziali) è chiaramente delineato. L’opera è divisa in tre parti. La prima è dedicata alle “decorazioni immobili”: come tali si intendono le decorazioni dipinte (gli affreschi) o scolpite che costituiscono parti integranti dell’edificio e come tali inamovibili (ad esempio, una loggia, o la volta di un salone). Con la seconda parte si inizia a parlare di decorazione mobile: qui sono compresi dipinti e sculture che possono essere spostati da una collocazione all’altra. Infine la terza sezione (quella più originale) comprende tutti i restanti materiali mobili, dove a fare la parte del leone sono gli arazzi e le opere tessili in generale; ma stiamo parlando anche dei troni, dei letti (un argomento particolarmente caro all’autore) o di ogni altro tipo di mobilio.

La differenza fondamentale rispetto a una guida artistica consiste proprio nel fatto che la sala di uno stesso palazzo può essere presa in considerazione tre volte: nella prima parte per gli affreschi che presenta, nella seconda per le sculture che vi si trovano e nella terza per gli oggetti (ad esempio gli specchi) che contiene.

Le citazioni di palazzi svedesi sono assolutamente minoritarie. Nella prima parte sono limitate ai casi del nuovo Palazzo Reale di Stoccolma (o meglio, dell’ala che affaccia a nord, costruita entro il 1696) e che mostrava tutta la sua magnificenza nella Galleria di Carlo XI, la residenza di Drottningholm e il palazzo/abitazione dello stesso Tessin. In generale c’è la piena consapevolezza che, per quanto riguarda le “decorazioni immobili” e le pitture e sculture la tradizione italiana e francese sia assolutamente irraggiungibile. Motivo per cui è solo nei manufatti che sono esaminati nella terza parte che la Svezia può ambire a un ruolo degno della sua (presunta) grandezza, a patto che il sovrano (monarca assoluto) sia sin da giovane educato alle arti e al disegno e che quindi si faccia promotore delle giuste politiche artistiche.


Palazzo Reale di Stoccolma- Galleria di Carlo XI su progetto di Nicodemus Tessin il Giovane
Fonte: Wikimedia Commons

Ma ciò che spiazza di più un lettore abituato a consultare altri trattati artistici o a leggere le guide dell’epoca è il cambio totale di prospettiva: non si parla di teoria dell’arte; non si sta a disquisire sul bello ideale, sull’imitazione della natura e così via: la pittura è presa in considerazione come ornamento (nella prima parte se ad affresco; nella seconda se su tela) e concorre allo sfarzo che è il fine ultimo del mondo barocco di Tessin. Il Trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortina a Palazzo Barberini, per capirci, è preso in considerazione in quanto decorazione immobile e non su basi stilistiche. Gli oggetti d’arte, gli arredamenti, gli ambienti contribuiscono a render conto della magnificenza del sovrano.

Non sappiamo il motivo per cui Carl Gustaf non mise mano al lavoro del padre, per aggiornarlo, appropriarsene e stamparlo (come era esplicita volontà di Nicodemus il Giovane). Nel suo commento Bo Vahlne fa notare che pochi mesi dopo la redazione dell’opera, il figlio dell’artista veniva nominato Custode delle Proprietà Reali [11]. È possibile, cioè, che non ce ne sia stato bisogno e che quindi non vi sia stato lo stimolo a pubblicare. È un peccato: “Il trattato fu certo pianificato per essere più di uno strumento di ammaestramento volto a guidare Carl Gustaf nel grande progetto del completamento del Palazzo reale di Stoccolma. Era stato pensato per un pubblico di lettori europeo […] Il Traictè fu anche un forte argomento per il completamento del palazzo reale, all’epoca finito per meno della metà; palazzo che Nicodemo aveva disegnato non solo come simbolo della corona svedese, ma anche come rappresentazione di una nuova e moderna cultura svedese strettamente legata a quella dell’Europa contemporanea” [12]


Architectural Drawings I – Ecclesiastical and Garden Architecture

Il passaggio dalla trascrizione di opera scritte da Tessin alla catalogazione ragionata del suo patrimonio di disegni è l’aspetto che sembra aver mandato in crisi il progetto editoriale che stiamo esaminando. È stato pubblicato uno solo dei tre volumi previsti,  dedicato ai disegni per edifici di culto e all’architettura dei giardini. Le difficoltà con cui ci si è scontrati sono chiaramente esplicitate: innanzi tutto si è deciso di scartare dal catalogo ragionato le stampe (che sono decine di migliaia). Si è poi trattato di ricostruire innanzi tutto quali pezzi provengano dalla collezione di Nicodemus il Giovane. Compito tutt’altro che facile. Sappiamo, innanzi tutto, che la collezione (oggi conservata in gran parte al Museo Nazionale) fu iniziata da Nicodemus il Vecchio (sia pure con dimensioni non esagerate); poi subentrò il figlio. Il catalogo del 1712 – come già detto – non permette di definire con sicurezza quali fossero all’epoca i disegni in mano a Tessin il Giovane: “[Il Catalogo] fornisce in qualche modo un aiuto, benché normalmente dia informazioni molto più dettagliate sui libri e le stampe piuttosto che sui disegni. Questi ultimi, di solito, sono catalogati in entrate collettive, come “37 disegni di diverse Cappelle, la maggior parte delle quali per sepolture, e in parte edificate”. A volte la descrizione è più utile come nel caso delle “5 tombe romane eseguite dal cavalier Bernini” e in altri casi, in cui Tessin ritiene il disegno di particolare interesse o valore, vi sono entrate per singoli oggetti, come per la “Tomba di Mr. Colbert, ministro di Francia, progettata da le Brun”. Il soggetto del disegno e l’artista o l’architetto che hanno progettato l’edificio o il monumento rappresentato ricevono molta maggior attenzione rispetto al disegnatore, che non è citato quasi mai, a meno che non sia famoso internazionalmente. L’interesse predominante per le stampe e la mancanza di considerazione per l’autore dei disegni si riflette nel fatto che, anche in questo caso, i nomi degli autori e i titoli delle incisioni sono citati per esteso, mentre “92 disegni di Leonardo da Vinci, Raffaello, Annibale Carracci, Domenichino, Polidoro da Caravaggio, Andrea del Sarto, Pietro Testa…” e altri ancora sono riuniti tutti insieme in un’unica voce.” [13]

La facciata di Palazzo Tessin in un'incisione tratta da Suecia antiqua et hodierna 1702
Fonte: Wikimedia Commons


Bisogna poi tener conto che la collezione di Nicodemus il Giovane andò avanti fino all’anno della morte (1728) anche grazie all’opera del figlio Carl Gustaf. Proprio grazie a Carl Gustaf noi possiamo consultare quello che (convenzionalmente) è chiamato il Catalogo del 1730, un inventario più particolareggiato di 4998 disegni (redatto in realtà nel 1732) suddiviso in 31 “cassetti” e in sei volumi rilegati. Ogni “cassetto” contiene dai 2 ai 5 “quaderni”, ognuno dei quali, a sua volta, include un numero di fogli che varia da 14 a 140. Per capire la differenza fra Catalogo del 1712 e del 1730 basti tener presente che nel primo i disegni dedicati all’architettura sacra sono 282; nel secondo 379.

In linea di massima lo scopo dei curatori è quello di creare un catalogo ragionato che ricrei la situazione del Catalogo 1730. Questo perché la morte di Tessin il Giovane è del 1728 e si può semplificare assumendo che Carl Gustaf abbia agito fino a quella data in nome del padre. Poi però cominciano le difficoltà. Perché Carl Gustaf, che alla carriera d’architetto abbinò anche quella di politico, divenendo ambasciatore di Svezia in Francia, effettuò a sua volta molti acquisti in Francia prima di rovinarsi completamente con le sue mani per mantenere il tenore di vita di Versailles. Spicca in particolare l’acquisto operato proprio a Parigi nel 1741, durante la sua ambasciata, all’asta che disperdeva la collezione famosissima di Pierre Crozat (morto l’anno prima). Fatto sta che, giunto sul lastrico solo nove anni dopo Carl Gustaf si vide costretto a vendere buona parte della sua collezione (qualcosa conservò per sé) a re Adolf Fredrik di Svezia. Alla morte di Adolf, il figlio Gustav III, decise nel 1775 che l’intera collezione passasse in mano allo Stato. I disegni furono quindi trasferiti al Museo Nazionale di Svezia dove, però, vennero fusi (o confusi) con quelli di altre collezioni pervenute in seguito, a partire dalla raccolta di Carl Hårleman (successore di Carl Gustaf quale architetto reale). Credo insomma che siano chiare a chiunque le difficoltà a cui si sono trovati di fronte i curatori.

Nel presente volume sono presentati 550 disegni provenienti dalla collezione di Tessin il Giovane. “La selezione è stata basata sulla ricostruzione dei Cassetti 13-16 e 29-31 del Catalogo 1730. Gli argomenti coperti sono l’architettura ecclesiastica e la decorazione delle chiese (Cassetti 13-16 e 31:1-2) nonché l’architettura dei giardini, compresi i disegni per padiglioni e altre costruzioni tecnicamente legate ad essi (Cassetti 29-30 e 31:3)” [14].

Come detto sin dall’inizio, i due volumi che dovevano presentare gli altri disegni della collezione sono ancora inediti.


NOTE

[10] Si veda Traictè dela decoration interieure 1717, p. 43.

[11] Idem, p. 39.

[12] Idem, p. 39

[13] Architectural Drawings I – Ecclesiastical and Garden Architecture, pp. 13-14.


[14] Idem, p. 26.

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