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Nicodemus Tessin il Giovane
Sources Works Collections
[Fonti Opere Collezioni]
Parte Seconda
Stoccolma, The National Museum, 2000-
Stoccolma, The National Museum, 2000-
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Il Palazzo di Drottnigholm (oggi residenza privata della famiglia reale svedese), costruito per la maggior parte da Nicodemus Tessin il Vecchio e completato dal Giovane Fonte: Wikimedia Commons |
Il Traictè dela decoration
interieure
Nel 1717 Tessin il Giovane scrive
il Traictè dela decoration interieure
(che non vedrà mai le stampe). Si tratta senza dubbio dell’opera più originale
e interessante fra quelle da lui scritte. È lo stesso artista a far presente
che si tratta della prima volta in cui ci si propone di analizzare
approfonditamente l’argomento.
In realtà, la prima cosa che
dobbiamo dire è che con il Traictè affrontiamo
una serie di opere (rimaste tutte manoscritte) che hanno uno scopo ben preciso:
promuovere la cultura e l’immagine del figlio Carl Gustaf, in modo tale che,
alla morte del padre, egli ne possa ereditare la prestigiosa posizione. Si è
detto che Carl Gustaf cominciò il suo Grand Tour a partire dalla Francia nel
1714. Qualche mese dopo il padre gli fece consegnare a Parigi un manoscritto di
una quarantina di pagine che aveva scritto appositamente, dal titolo “Osservazioni sulle case sia pubbliche sia
private, sulla loro solidità, comodità e bellezza, disegnate rispettando il
clima e l’economia svedesi”; Nicodemus si raccomandava di studiare
attentamente il trattato e di farne uso quando c’era bisogno di fare bella
figura. Non pago, passati pochi mesi, inviava un secondo saggio: le “Riflessioni sui cinque ordini
dell’architettura, quando occorre che un ordine sia posto sopra un altro”:
anche qui l’invito era a imparare il tutto a memoria, e a saperne fare buon
uso.
La prima occasione in cui
Nicodemus fa menzione del Traictè è
una lettera al figlio (che nel frattempo si è spostato a Roma) del 6 marzo
1717: “Forzato all’immobilità dalla gotta, ha deciso di scrivere sull’argomento
fino ad allora negletto della decorazione interna in maniera tale da trarre
piacere nel rievocare i primi studi e viaggi che Carl Gustaf sta in quel
momento sperimentando parallelamente, e soprattutto per far sì che Carl Gustaf
possa completare e perfezionare il testo sulla via del ritorno, pubblicandolo a
suo nome e quindi facendo progredire la sua reputazione professionale” [10]. Un
padre che aiuta un figlio (oggi diremmo in maniera eccessivamente assillante).
Il trattato, dunque, ha un’origine squisitamente personale. Tuttavia Nicodemus
si rende conto che molto tempo è passato dai suoi ultimi viaggi europei e
chiede quindi al figlio di operare gli aggiustamenti e gli ammodernamenti del
caso.
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Il giardino barocco del Palazzo di Drottningholm (progetto di Nicodemus Tessin il Giovane) Fonte: Wikimedia Commons |
Non vi è dubbio che, per la
redazione del Traictè, Tessin il
Giovane faccia ampiamente uso delle note di viaggio stilate fra 1673 e 1677 e
fra 1687 e 1688. Il trattato, tuttavia, non è certo il resoconto di un Grand
Tour e, d’altro canto, non assume i contorni della guida artistica di una o più
città. In realtà il piano editoriale (dopo alcuni ripensamenti iniziali) è
chiaramente delineato. L’opera è divisa in tre parti. La prima è dedicata alle “decorazioni
immobili”: come tali si intendono le decorazioni dipinte (gli affreschi) o scolpite che costituiscono parti integranti dell’edificio e come tali inamovibili (ad esempio, una
loggia, o la volta di un salone). Con la seconda parte si inizia a parlare di
decorazione mobile: qui sono compresi dipinti e sculture che possono essere
spostati da una collocazione all’altra. Infine la terza sezione (quella più
originale) comprende tutti i restanti materiali mobili, dove a fare la parte
del leone sono gli arazzi e le opere tessili in generale; ma stiamo parlando
anche dei troni, dei letti (un argomento particolarmente caro all’autore) o di
ogni altro tipo di mobilio.
La differenza fondamentale
rispetto a una guida artistica consiste proprio nel fatto che la sala di uno
stesso palazzo può essere presa in considerazione tre volte: nella prima parte
per gli affreschi che presenta, nella seconda per le sculture che vi si trovano
e nella terza per gli oggetti (ad esempio gli specchi) che contiene.
Le citazioni di palazzi svedesi
sono assolutamente minoritarie. Nella prima parte sono limitate ai casi del
nuovo Palazzo Reale di Stoccolma (o meglio, dell’ala che affaccia a nord,
costruita entro il 1696) e che mostrava tutta la sua magnificenza nella
Galleria di Carlo XI, la residenza di Drottningholm e il palazzo/abitazione
dello stesso Tessin. In generale c’è la piena consapevolezza che, per quanto
riguarda le “decorazioni immobili” e le pitture e sculture la tradizione
italiana e francese sia assolutamente irraggiungibile. Motivo per cui è solo
nei manufatti che sono esaminati nella terza parte che la Svezia può ambire a
un ruolo degno della sua (presunta) grandezza, a patto che il sovrano (monarca
assoluto) sia sin da giovane educato alle arti e al disegno e che quindi si
faccia promotore delle giuste politiche artistiche.
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Palazzo Reale di Stoccolma- Galleria di Carlo XI su progetto di Nicodemus Tessin il Giovane Fonte: Wikimedia Commons |
Ma ciò che spiazza di più un
lettore abituato a consultare altri trattati artistici o a leggere le guide
dell’epoca è il cambio totale di prospettiva: non si parla di teoria dell’arte;
non si sta a disquisire sul bello ideale, sull’imitazione della natura e così
via: la pittura è presa in considerazione come ornamento (nella prima parte se
ad affresco; nella seconda se su tela) e concorre allo sfarzo che è il fine
ultimo del mondo barocco di Tessin. Il Trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortina a Palazzo Barberini, per capirci, è preso in considerazione in quanto decorazione immobile e non su basi stilistiche. Gli oggetti d’arte, gli arredamenti, gli
ambienti contribuiscono a render conto della magnificenza del sovrano.
Non sappiamo il motivo per cui
Carl Gustaf non mise mano al lavoro del padre, per aggiornarlo, appropriarsene
e stamparlo (come era esplicita volontà di Nicodemus il Giovane). Nel suo
commento Bo Vahlne fa notare che pochi mesi dopo la redazione dell’opera, il
figlio dell’artista veniva nominato Custode delle Proprietà Reali [11]. È
possibile, cioè, che non ce ne sia stato bisogno e che quindi non vi sia stato
lo stimolo a pubblicare. È un peccato: “Il trattato fu certo pianificato per
essere più di uno strumento di ammaestramento volto a guidare Carl Gustaf nel
grande progetto del completamento del Palazzo reale di Stoccolma. Era stato
pensato per un pubblico di lettori europeo […] Il Traictè fu anche un forte
argomento per il completamento del palazzo reale, all’epoca finito per meno
della metà; palazzo che Nicodemo aveva disegnato non solo come simbolo della
corona svedese, ma anche come rappresentazione di una nuova e moderna cultura
svedese strettamente legata a quella dell’Europa contemporanea” [12]
Architectural Drawings
I – Ecclesiastical and Garden Architecture
Il passaggio dalla trascrizione
di opera scritte da Tessin alla catalogazione ragionata del suo patrimonio di disegni
è l’aspetto che sembra aver mandato in crisi il progetto editoriale che stiamo
esaminando. È stato pubblicato uno solo dei tre volumi previsti, dedicato ai disegni per edifici di culto e
all’architettura dei giardini. Le difficoltà con cui ci si è scontrati sono
chiaramente esplicitate: innanzi tutto si è deciso di scartare dal catalogo
ragionato le stampe (che sono decine di migliaia). Si è poi trattato di ricostruire
innanzi tutto quali pezzi provengano dalla collezione di Nicodemus il Giovane.
Compito tutt’altro che facile. Sappiamo, innanzi tutto, che la collezione (oggi
conservata in gran parte al Museo Nazionale) fu iniziata da Nicodemus il
Vecchio (sia pure con dimensioni non esagerate); poi subentrò il figlio. Il
catalogo del 1712 – come già detto – non permette di definire con sicurezza
quali fossero all’epoca i disegni in mano a Tessin il Giovane: “[Il Catalogo]
fornisce in qualche modo un aiuto, benché normalmente dia informazioni molto
più dettagliate sui libri e le stampe piuttosto che sui disegni. Questi ultimi,
di solito, sono catalogati in entrate collettive, come “37 disegni di diverse
Cappelle, la maggior parte delle quali per sepolture, e in parte edificate”. A
volte la descrizione è più utile come nel caso delle “5 tombe romane eseguite
dal cavalier Bernini” e in altri casi, in cui Tessin ritiene il disegno di
particolare interesse o valore, vi sono entrate per singoli oggetti, come per
la “Tomba di Mr. Colbert, ministro di Francia, progettata da le Brun”. Il
soggetto del disegno e l’artista o l’architetto che hanno progettato l’edificio
o il monumento rappresentato ricevono molta maggior attenzione rispetto al
disegnatore, che non è citato quasi mai, a meno che non sia famoso
internazionalmente. L’interesse predominante per le stampe e la mancanza di
considerazione per l’autore dei disegni si riflette nel fatto che, anche in
questo caso, i nomi degli autori e i titoli delle incisioni sono citati per esteso,
mentre “92 disegni di Leonardo da Vinci, Raffaello, Annibale Carracci,
Domenichino, Polidoro da Caravaggio, Andrea del Sarto, Pietro Testa…” e altri
ancora sono riuniti tutti insieme in un’unica voce.” [13]
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La facciata di Palazzo Tessin in un'incisione tratta da Suecia antiqua et hodierna 1702 Fonte: Wikimedia Commons |
Bisogna poi tener conto che la
collezione di Nicodemus il Giovane andò avanti fino all’anno della morte (1728)
anche grazie all’opera del figlio Carl Gustaf. Proprio grazie a Carl Gustaf noi
possiamo consultare quello che (convenzionalmente) è chiamato il Catalogo del
1730, un inventario più particolareggiato di 4998 disegni (redatto in realtà
nel 1732) suddiviso in 31 “cassetti” e in sei volumi rilegati. Ogni “cassetto”
contiene dai 2 ai 5 “quaderni”, ognuno dei quali, a sua volta, include un
numero di fogli che varia da 14 a 140. Per capire la differenza fra Catalogo
del 1712 e del 1730 basti tener presente che nel primo i disegni dedicati
all’architettura sacra sono 282; nel secondo 379.
In linea di massima lo scopo dei curatori
è quello di creare un catalogo ragionato che ricrei la situazione del Catalogo
1730. Questo perché la morte di Tessin il Giovane è del 1728 e si può
semplificare assumendo che Carl Gustaf abbia agito fino a quella data in nome
del padre. Poi però cominciano le difficoltà. Perché Carl Gustaf, che alla
carriera d’architetto abbinò anche quella di politico, divenendo ambasciatore
di Svezia in Francia, effettuò a sua volta molti acquisti in Francia prima di
rovinarsi completamente con le sue mani per mantenere il tenore di vita di
Versailles. Spicca in particolare l’acquisto operato proprio a Parigi nel 1741,
durante la sua ambasciata, all’asta che disperdeva la collezione famosissima di
Pierre Crozat (morto l’anno prima). Fatto sta che, giunto sul lastrico solo nove
anni dopo Carl Gustaf si vide costretto a vendere buona parte della sua
collezione (qualcosa conservò per sé) a re Adolf Fredrik di Svezia. Alla morte
di Adolf, il figlio Gustav III, decise nel 1775 che l’intera collezione
passasse in mano allo Stato. I disegni furono quindi trasferiti al Museo
Nazionale di Svezia dove, però, vennero fusi (o confusi) con quelli di altre
collezioni pervenute in seguito, a partire dalla raccolta di Carl Hårleman
(successore di Carl Gustaf quale architetto reale). Credo insomma che siano
chiare a chiunque le difficoltà a cui si sono trovati di fronte i curatori.
Nel presente volume sono
presentati 550 disegni provenienti dalla collezione di Tessin il Giovane. “La
selezione è stata basata sulla ricostruzione dei Cassetti 13-16 e 29-31 del
Catalogo 1730. Gli argomenti coperti sono l’architettura ecclesiastica e la
decorazione delle chiese (Cassetti 13-16 e 31:1-2) nonché l’architettura dei
giardini, compresi i disegni per padiglioni e altre costruzioni tecnicamente
legate ad essi (Cassetti 29-30 e 31:3)” [14].
Come detto sin dall’inizio, i due
volumi che dovevano presentare gli altri disegni della collezione sono ancora
inediti.
NOTE
NOTE
[10] Si veda Traictè dela
decoration interieure 1717, p. 43.
[11] Idem, p. 39.
[12] Idem, p. 39
[13] Architectural
Drawings I – Ecclesiastical and Garden Architecture, pp. 13-14.
[14] Idem, p. 26.
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