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mercoledì 18 novembre 2015

Gottfried Semper. [Il Museo Ideale. La pratica artistica coi metalli e i materiali duri]. Vienna, Schlebrügge.Editor, 2007


English Version

Gottfried Semper
The Ideal Museum. Practical Art in Metals and Hard Materials


Vienna, Schlebrügge.Editor, 2007


Gottfried Semper (1803-1879)
Fonte: https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Bild:Gottfried-semper.jpg&oldid=7486847

Un uomo disperato

Quando, fra l’aprile e l’agosto del 1852, scrive “Practical Art in Metals and Hard Materials”, Gottfried Semper è un uomo disperato. Vive a Londra, ha 46 anni, è esule e ha da mantenere una moglie e sei figli che si trovano a Dresda. Lì, Semper ha lavorato a lungo e con successo (ha progettato, fra l’altro, l’Opera House, oggi universalmente conosciuta come Semperoper), ma nel 1849 ha preso parte attivamente a uno degli ultimi eventi del biennio rivoluzionario, ovvero la rivolta repubblicana scoppiata proprio a Dresda nel maggio del 1849. Tant’è che ha progettato le barricate da opporre alle truppe del duca di Sassonia e vi ha combattuto assieme ad altri illustri personaggi della cultura tedesca, come – ad esempio – Richard Wagner.

Il coinvolgimento nella rivolta gli costa l’esilio. Dopo un breve periodo in Francia, Semper scappa in Inghilterra con la prospettiva di poter progettare un cimitero (sic) che si rivela presto illusoria; pensa seriamente di attraversare l’oceano e tentare la sorte in America. La sua fortuna è la prima Esibizione Universale, quella tenutasi nel 1851 al Crystal Palace. Semper accetta di incaricarsi del layout delle aree dedicate a Canada, Turchia, Svezia e Danimarca, ma soprattutto conosce Henry Cole, direttore della “Great Exhibition”, e, subito dopo, nominato direttore della National School of Design. Sin dal 1837, infatti, esiste in Gran Bretagna una scuola di Design, che però si dimostra di livello particolarmente basso, tanto che, sotto l’impulso dell’Esposizione Universale, il governo decide di rivederne programmi e insegnamenti, fondendola col Department of Practical Art.

Inutile dire che, saputo dell’incarico conferito a Cole, Semper spera in una docenza. E senza dubbio l’incarico che Cole gli conferisce nell’aprile del 1851, ovvero quello di scrivere un’opera dedicata alla storia della produzione di oggetti in metallo è volta proprio a permettere a Cole di sostenere la candidatura di Semper (la società inglese è particolarmente sospettosa nei confronti delle influenze tedesche, specie dopo che il principe Alberto di Sassonia ha sposato la regina Vittoria; d’altro canto Alberto appartiene proprio alla dinastia che ha esiliato Semper: una situazione intricata a dir poco). Semper lavora all’opera senza sosta, e la realizza in soli tre mesi. L’apprezzamento che ne deriverà gli consentirà di essere nominato a settembre docente di ornato nell’ambito della lavorazione dei metalli.

Da quel momento in poi, le cose miglioreranno decisamente. Semper si trasferirà a Zurigo nel 1855, dove insegnerà nel locale Politecnico, ma soprattutto diventerà l’architetto di riferimento della dinastia asburgica in occasione degli interventi urbanistici sulla Ringstrasse di Vienna. Sarà lui a progettare (senza riuscire a realizzare, per le forti resistenze di natura ideologica che si opponevano al progetto) il Kaiserforum, ovvero la reggia in cui gli Asburgo avrebbero dovuto trasferire la loro residenza [1]; secondo i suoi progetti furono invece costruiti (in pieno stile neo-rinascimentale) il museo nazionale di storia dell’arte e quello di scienza naturali, ovvero gli attuali Kunsthistorisches e Naturhistorisches Museum.

Il primo Palazzo dell'Opera costruito a Dresda da Semper nel 1850
Fonte: Wikimedia Commons da  D. Syndram, Die Rückkehr des Dresdner Schlosses, edition Sächsische Zeitung, 2006, S. 88


Un manoscritto mai pubblicato

Eppure il manoscritto stilato da Semper nel 1852 (in un inglese non privo di qualche errore, posto che Gottfried stava scrivendo in una lingua a lui non del tutto familiare) non fu mai pubblicato. Abbiamo ricordato per sommi capi la carriera di Semper fino a giungere ai trionfi viennesi perché, in realtà, esiste una relazione tutt’altro che banale fra l’esperienza londinese e gli anni della capitale austriaca. Il manoscritto originale fu consegnato a Cole, ma qualcosa andò senz’altro per le lunghe; solo tre anni dopo, ad esempio, lo scritto finì nelle mani di John Charles Robinson per la correzione del medesimo. Robinson stilò tutte le sue postille nella mezza colonna di ogni pagina che l’autore aveva lasciato volutamente vuota. Tali postille non risparmiavano critiche a Semper non tanto nel merito, quanto nella sua mancanza di metodicità nelle citazioni bibliografiche etc. Alle note di Robinson dovevano quindi seguire le correzioni di Semper. Ma l’architetto tedesco, proprio nel 1855, stava trasferendosi a Zurigo. Probabile che per questo motivo il tutto si sia interrotto.

Va peraltro detto che – forse proprio per poter operare le correzioni anche standosene in Svizzera – Semper aveva chiesto e ottenuto di farsi fare una copia del manoscritto (a giudicare dalla sistematica storpiatura di tutti i nomi italiani il copista non doveva avere molta dimestichezza con la nostra lingua).

Nel 1857 apriva a Londra, sull’onda dell’esperienza della Great Exhibition il South Kensington Museum (futuro Victoria and Albert), primo museo dedicato alle arti applicate. L’esperienza inglese interessava particolarmente il professore di Storia dell’Arte dell’Università di Vienna, quel Rudolf Eitelberger von Edelberg che fu, di fatto, il primo esponente della cosiddetta “Scuola di Vienna” [2]. Eitelberger proponeva nel 1863 la nascita di un museo che avesse funzione didattica e permettesse, tramite lo studio dei manufatti antichi, il miglioramento del livello della produzione delle arti applicate nell’Impero. Si trattava del Museo Austriaco Reale ed Imperiale per l’arte e l’industria (k.k. Österreichischen Museums für Kunst und Industrie), inaugurato l’anno successivo. Nel 1867 l’architetto Joseph Zitek, corrispondente del museo viennese a Praga, nel corso di una sua visita a Zurigo, dove insegnava Semper, veniva a sapere della copia del manoscritto e che a Semper non sarebbe dispiaciuto donarla all’istituzione austriaca. Zitek informava Eitelberger, che non perdeva un solo secondo a scrivere a Gottfried per assicurarsi il lavoro. Ci sono molte cose che non sono chiare: innanzi tutto perché Semper si offrì di donare il trattato: perché pensava che il nuovo museo austriaco fosse davvero la destinazione ideale per conservare la sua opera o per ingraziarsi l’establishment viennese in vista della scelta dell’architetto per i palazzi della Ringstrasse? Né sappiamo se Eitelberger sapesse che il manoscritto conteneva un “manifesto” sull’organizzazione del museo ideale che, di fatto, sembrava calzare a pennello attorno alle sue idee.

Fatto sta che la copia del manoscritto originale di Semper – che è quella oggetto della presente trascrizione – si trova oggi custodita presso la biblioteca del MAK (il nome attuale del museo fondato da Eitelberger) con segnatura B.I.1909. È classificata in un fascicolo a cui è stato dato il titolo bilingue di Ideales Museum für Metallotechnik ausgearbeitet zu London im Jahre 1852 von Gottfried Semper (Ideal Museum for Metal Arts, devised in London in the year 1852 by Gottfried Semper. Il titolo originale dell’opera è invece “Practical Art in Metals and hard Materials, its Technology, History and Styles”. Nel frattempo è stata reperita anche la copia originale del trattato, ovvero quella scritta da Semper nel 1852. Si trova conservata (come era logico supporre) presso la National Art Library del Victoria and Albert Museum, con segnatura 86.FF.64.

La facciata attuale dell'Opera a Dresda (chiamata Semper Opera in onore di Gottfried Semper)
Fonte: Wikimedia Commons: Foto Sebastian Terfloth 


Per una storia dei musei

Il manoscritto di Semper si compone di una sezione iniziale intitolata “On Collections, their History and Estates”, che davvero (come sostiene Peter Noever in una pagina introduttiva) costituisce “il” manifesto di Semper in tema di museologia. Tutto il resto (stiamo parlando di quasi 200 pagine) potrebbe sembrare l’arida elencazione di oggetti, manufatti, collezioni che si prestano a far parte del “museo ideale” o che comunque, sarebbero da tenere in considerazione nel momento in cui ci si risolvesse alla creazione di un istituto dedicato ad illustrare al pubblico i prodotti della metallurgia umana. In realtà, gli spunti di particolare interesse ci sono eccome, e lo vedremo.

Il progetto del Kaiserforum (la nuova residenza degli Asburgo) presentato a Vienna da Gottfried Semper

Tutta la trattazione è informata, comunque, a una profonda conoscenza della materia, che deve aver costituito il vero grande scoglio che Semper si trovò a dover superare. Le pagine 273-281, che contengono la bibliografia dell’opera (non esiste un indice analitico, ma solo leggendo il manoscritto ci si rende conto che sarebbe stato particolarmente ostico realizzarlo) rendono conto della ricchezza dei materiali che l’architetto tedesco dovette collazionare in un tempo estremamente breve, se si tien conto appunto che la redazione dell’opera occupò i mesi dall’aprile all’agosto del 1852.

Credo sia il caso di notare (non mi pare che la circostanza sia stata sottolineata) che la sezione sul Museo ideale contiene al suo interno una storia del collezionismo e dei musei tutt’altro che banale per l’epoca. Secondo una lettura antropologica che Semper ha proposto appena un anno prima ne ‘I quattro elementi dell’architettura. Un contributo all’architettura comparata’ (Die vier Elemente der Baukunst. Ein Beitrag zur vergleichenden Baukunde, 1851) il collezionismo nasce prima che la società abbia trovato un suo fondamento architettonico e un’arte di dimensione monumentale, perché “gli oggetti di valore sembravano più al sicuro rispetto ai furti se depositati vicino alle sepolture dei capi […]; protetti dalla venerazione pubblica e dal rispetto per i morti” (p. 46). Intendiamoci, letta oggi, la storia del collezionismo (specie degli oggetti in metallo) appare ispirata da un determinismo fuori luogo con forti spunto di pregiudizio religioso. Ad esempio, per sostenere che nei secoli bui i luoghi in cui venivano raccolti gli oggetti preziosi erano chiese e monasteri Semper scrive, a proposito dei barbari: “Come gli antenati dei Greci, nutrivano grande venerazione per il culto dei morti, e questo sentimento religioso spiega l’ascendente che la Chiesa Cattolica Romana, con il suo culto dei santi e l’adorazione delle sacre reliquie, riuscì a conseguire così in fretta sulle menti di quelle nazioni barbare” (p. 49). Ma un principio è chiaro: la separatezza fra le Wunderkammern del 1500 [4] e l’idea di museo a lui contemporanea, che è ricondotta alla nascita delle Accademie (dove come tali si intendono chiaramente gli istituti pubblici finanziati dai governi, a partire, ovviamente, dall’Accademia francese del 1648): “L’inizio di questa nuova era nella museologia s’identificò col periodo in cui cominciarono ad essere fondate le Accademie d’arte”: il museo viene considerato come supporto didattico per l’insegnamento dell’arte: “le nuove considerazioni che si facevano in materia di utilità per l’istruzione divennero man mano prevalenti nell’ambito della Museologia e conseguenza di ciò fu un totale cambiamento nella composizione e nella gestione delle collezioni. Il problema di quel periodo fu quello di mettere un qualche ordine e principio sistematico in una massa indistinta di materiali collezionati e oggetti d’arte. Il principio base che governò questo tentativo […] corrispose alla generale direzione critica che la scienza aveva intrapreso nello scorso secolo. Ordine ed evidenza furono ottenuti separando, classificando e attribuendo nomenclature.” (pp. 53-54). Per l’epoca, è un’analisi di rara chiarezza.


Vienna, Facciata del Kunsthistorisches Museum, su progetto degli architetti Carl von Hasenauer e Gottfried Semper
Fonte: Wikimedia Commons. Foto Andrew Bossi


Vienna, Facciata del Naturhistorisches Museum, su progetto degli architetti Carl von Hasenauer e Gottfried Semper
Fonte: Wikimedia Commons. Foto Gryffindor


L’organizzazione del Museo Ideale

Diretta conseguenza della distinzione fra collezioni vecchie e nuove è che il Museo Ideale di Semper ha funzioni di istruzione pubblica. Da qui sorge il problema di come organizzarlo. Tale aspetto prescinde in assoluto dalla tipologia di museo. Qui Semper sta parlando con riferimento alle collezioni di prodotti metallurgici, ma è appena evidente che in realtà il discorso è molto più generale. E qui non possiamo non esaminare l’idea estetica di arte e architettura che permea tutte le opere teoriche di Semper, a partire dai Quattro elementi (che abbiamo già citato) per giungere sino a Lo stile nelle arti tecniche e tettoniche del 1860-1863 (Der Stil in den technischen und tektonischen Künsten). Semper riconduce l’analisi delle forme all’analisi delle funzioni che gli edifici dovevano svolgere in origine per gli uomini. Queste funzioni sono sostanzialmente quattro: produzione di calore (il focolare), protezione dal nemico (la recinzione), dalle intemperie provenienti dall'alto (il tetto) e dal basso (l’alzata di terra). Da queste funzioni “primitive”, che esistono prima che esista l’architettura, si sviluppa il tutto; la divisione degli ambienti, ad esempio, prima di essere assicurata da opere murarie è realizzata tramite l’arte tessile, e ha quindi un’origine artigianale, legata all’arte dei tappezzieri. Nell’affrontare le funzioni derivanti dalle necessità primordiali Semper applica anche al museo ideale la stessa quadripartizione che un anno prima ha esplicitato nei Quattro elementi: 1) produzione dei tessuti; 2) produzione di ceramiche; 3) lavori in legno; 4) realizzazione di opere murarie. “La maggior parte dei prodotti artistici e industriali presentano un carattere misto e sono legate a più di una delle quattro famiglie in questione [n.d.r. va da sé che la cosa vale anche per i lavori in metallo]. Devono essere collocate e sistemate nella collezione in maniera tale da costituire le tappe intermedie fra gli estremi che delimitano la raccolta, formati invece dagli oggetti che rappresentano le funzioni sopracitate con la massima purezza. Il progetto di una Collezione, dunque, forma un quadrato, i cui quattro angoli costituiscono i punti di giunzione con le altre raccolte che, prese insieme, si completano fra loro” (p. 57). Ogni sezione di un museo deve essere dunque dedicata a tessuti, carpenteria, arti ceramiche e opere in muratura, con aree di passaggio graduale e reciproco interscambio negli angoli.


Il Rinascimento

C’è un elemento a cui accenniamo qui e che riguarda anche la sezione iniziale dedicata al museo ideale, ma soprattutto tutte le pagine dedicate alla rassegna degli oggetti e dei materiali. Quando Semper elenca i materiali opera quasi sempre una scansione cronologica che prevede l’esame dei prodotti dell’antichità greca e romana, quello degli oggetti medievali (e spesso si fa riferimento al “gotico”) nonché dei prodotti rinascimentali. Il barocco non esiste. È però proprio l’uso del termine “Rinascimento” che qui vogliamo sottolineare, congiuntamente alla cronologia ottocentesca in cui ci stiamo muovendo. Tutti sappiamo che tradizionalmente l’inventore della parola “Rinascimento” è considerato Jacob Burckhardt, che mette a fuoco il concetto nella Civiltà del Rinascimento in Italia. Il libro, tuttavia, è del 1860 (e il manoscritto di Semper del 1852). In realtà – un po’ come sulla vicenda dell’invenzione della pittura ad olio ad opera dei van Eyck – la letteratura in materia è sconfinata. È infatti attribuita al francese Jules Michelet la primogenitura nell’utilizzo del termine “Rinascimento”; siamo nel 1841. A tale utilizzo non avrebbe fatto da contraltare uno sviluppo adeguato del concetto. La supremazia francese ha subito provocato la suscettibilità degli inglesi, tant’è che l’Oxford English Dictionary cita utilizzi del termine nel 1837 e nel 1838 [5]. E noi non possiamo certo trascurare che Semper scriveva in Inghilterra.

Ciò detto, il dato che appare evidente è che Gottfried usa il termine “Rinascimento” in maniera del tutto moderna e coerente (per l’epoca). È un dato da non trascurare, e – inevitabilmente – si sposa bene con le considerazioni stilistiche sull’operato dell’architetto, che sarà considerato vero e proprio campione del Neo-Rinascimento a discapito del revival gotico da un lato e delle nostalgie barocche dall’altro. Nel manoscritto di Semper il Rinascimento ha già pieno diritto di cittadinanza ed è pronto per conoscere l’enorme fortuna a cui andrà incontro nella seconda metà del XIX secolo.


NOTE



[3] Oggi l’epigono di quel museo prende il nome di Museum Angewandte Kunst  o semplicemente MAK. Il volume che stiamo recensendo è sì stato edito dalla casa editrice viennese Schlebrügge, ma fa parte della collana MAK Studies ed è stato realizzato grazie al finanziamento del museo. Per inciso, ha vinto il premio come miglior libro d’arte austriaco del 2007 e se l’è veramente meritato.

[4] Le informazioni fornite sulle grandi collezioni del 1500 sono molto complete. Ad esempio si cita il trattato “sull’arte di sistemare le collezioni” scritto da Samuel Quiccheberg nel 1565.

[5] Si veda la voce “Renaissance” su Wikipedia.en (nota 13).

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