Fintan Cullen
Sources in Irish Art: a Reader
[Fonti di storia dell'arte irlandese: un'antologia]
Cork University Press, 2000
[1] Testo della quarta di copertina:
“Sources in Irish Art: A Reader è la prima raccolta completa di fonti documentarie relative allo studio dell’arte irlandese dal 1800 ad oggi. Recensioni di mostre pubbliche, commenti scritti in lettere private o sui giornali, come pure saggi polemici e di natura teorica, illustrano ciò che si è andato dicendo e pensando sullo sviluppo artistico in Irlanda negli ultimi tre secoli. L’antologia illustra con chiarezza i parallelismi pratici e teorici sia con la tradizione letteraria sia con quella di altre discipline artistiche. Illustra l’opera di figure centrali nel dibattito sull’arte irlandese quali Edmund Burke, James Barry e Thomas Davis, così come di studiosi contemporanei alla stregua di Richard Kearney e Luke Gibbons...”
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Joshua Reynolds, Ritratto di Edmund Burke, 1770 circa, Londra, National Portrait Gallery Fonte: Wikimedia Commons |
[2] E ancora, dall’introduzione del curatore: “Nel tracciare una storia documentaria della partecipazione irlandese allo sviluppo delle arti visive, questo libro è inizialmente debitore al modello precedente della collana “Sources and Documents” pubblicata dall’editore Prentice-Hall una o pià generazioni fa. Tale collana rese disponibili una gran varietà di materiali a partire dal 1400 a.C. per arrivare a metà del 1900”. Si vedano (nella Biblioteca Mazzaferro) i volumi dedicati all’antica Roma (a cura di J.J. Pollitt), alla Grecia (sempre a cura di Pollitt), all’arte del primo Medioevo (a cura di Caecilia Davis-Weyer), all’arte bizantina (a cura di Cyril Mango), all’arte gotica fra il 1140 ed il 1450 d.C. (a cura di Teresa G. Frisch), all’arte italiana fra 1400 e 1500 (a cura di Creighton E. Gilbert) e all’arte italiana fra 1500 e 1600 (a cura di Robert Klein e Henri Zerner] (p. 13). “Con l’eccezione di Edmund Burke…, l’Irlanda non ha prodotto una figura di riferimento nell’ambito della teoria artistica e quindi, a qualcuno nuovo degli studi irlandesi, molti dei nomi che appaiono in questa antologia saranno sconosciuti. Compaiono grandi nomi come George Berkeley e W.B. Yeats…, ma… questo libro è rivolto a identificare una serie di discorsi nazionali e, a volte, di respiro più specificamente locale più che a tentare di riscrivere la storia dell’arte europea... Alcuni testi qui compresi, soprattutto l’Inchiesta di Burke e fors’anche i diari di viaggio dei Berkeley, non sono difficili da trovare nelle biblioteche universitarie, ma la maggior parte degli estratti non era mai stata antologizzata prima d’ora e, a parte i testi pubblicati nell’ultima generazione o giù di lì, molti sono difficili da reperire” (pp. 14-15). Cullen non manca di sottolineare peraltro come la scelta dei brani non sia stata certo facile, posta la necessità di definire innanzi tutto quanto “irlandesi” siano i temi, le teorie, le biografie degli artefici, in una terra che per secoli ha vissuto una difficilissima e tragica convivenza con l’Inghilterra, che non è certo qui il caso di stare a richiamare, ma che ha portato a fenomeni di appropriazione anche culturale di un paese nei confronti dell’altro.
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John Smybert, Ritratto di George Berkeley, 1730. Londra, National Portrait Gallery Fonte: Wikimedia Commons |
[3] Il volume contiene cinquantaquattro testi, antologizzati in tre differenti sezioni: Word and image, Making and Viewing e Creating Histories. “La prima sezione (Parola e Immagine) è divisa in due parti: “Punti di vista estetici” e “Focus sull’individuo”. La prima presenta una serie di giudizi artistici così come di asserzioni teoriche che spaziano da filosofi come George Berkeley fino al poeta e notista politico Thomas Davis e all’odierno direttore del Museo irlandese di arte moderna. La sezione “Focus sull’individuo” prende il via dal tardo-ottocentesco dizionario degli artisti opera di Anthony Pasquin, attraversa la celebrazione di epoca alto-vittoriana dell’artista-emigrato Daniel Maclise per giungere all’analisi ravvicinata di opere di artisti a noi contemporanei come Louis Le Brocquy e Alice Maher. Allo stesso modo la Sezione seconda (Fare e guardare) è divisa in due e presenta una serie di documenti su “Mecenatismo artistico ed educazione” e sulle “Modalità di esposizione”. L’attenzione, qui, è sugli aspetti pratici legati all’offerta d’arte in Iralanda a partire dalla creazione delle Dublin Society Schools a metà ‘800 per giungere alla politica artistica del governo a fine XX secolo. Si dedica particolare attenzione a mecenatismo pubblico e privato, come alle reazioni personali alle esibizioni in un processo di giustapposizione con i commenti pubblicati sui periodici ed i giornali. Infine la terza sezione (Creare storie) offre al lettore estratti particolarmente significativi da una mezza dozzina di saggi di riferimento e di libri che sono apparsi nel corso degli ultimi venticinque anni, ognuno dei quali offre un approccio più rigoroso al dibattito sull’immaginario visivo irlandese di quanto non fosse disponibile prima del 1970” (p. 23). Ogni sezione è preceduta da uno scritto introduttivo del curatore, così come ogni testo antologizzato viene dopo una breve, ma sempre chiara scheda di presentazione che permette di inquadrare i brani in un più ampio contesto.
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Mather Brown, Ritratto di John Williams, alias Anthony Pasquin, 1790 circa Fonte: Sotheby's tramite Wikimedia Commons |
[4] Si riporta l’indice del volume. I saggi che ci sono sembrati più significativi presentano alcune righe di commento.
Section I Word and Image
Part One) Aesthetic Viewpoints
- George Berkeley, da First Journal in Italy, 1717;
Dopo un breve viaggio in Italia nel 1713, George Berkeley (1685-1753), filosofo irlandese di fama, ne compì un secondo ben più lungo fra il 1716 ed il 1720. Berkeley ci ha lasciato quattro taccuini in cui ci testimonia le sue impressioni, tradendo a volte una qualche acredine nei confronti della Chiesa cattolica (era un prete anglicano), ma lasciando trasparire il suo grande interesse per i resti delle antiche civiltà, specie di quella greca. Le pagine riportate descrivono il primo impatto con la città di Roma (gennaio 1717).
- Edmund Burke, da A Philosophical Enquiry into the Origin of our Ideas of the Sublime and Beautiful, 1759
Burke, nato in Irlanda, ma poi trasferitosi a Londra dove percorse una brillante carriera in politica, fu autore di A Philosophical Enquiry into the Origin of our Ideas of the Sublime and Beautiful, uno dei più famosi trattati di estetica del Settecento. “L’estratto qui incluso e tratto dall’Enquiry discute la differenza esistente fra chiarezza e oscurità, come pure le differenze tra poesia e pittura” (p. 37). Il brano proviene dalla seconda edizione dell’opera, pubblicata nel 1759, mentre la prima uscì anonima due anni prima. Altre pagine dal trattato, questa volta in lingua italiana, sono state presentate da Marinella Pigozzi in Itinerario critico. Fonti per la storia dell’arte nel Seicento e nel Settecento.
- Daniel Webb, da An Inquiry into the Beauties of Painting, 1760
An Inquiry into the Beauties of Painting fu scritto dal critico d’arte irlandese Daniel Webb (1719 circa – 1798) nel 1760. Webb aveva visitato l’Italia nel 1755; qui aveva conosciuto Anton Raphael Mengs e ne era divenuto un caro amico. È certo che il Mengs permise a Webb di aver accesso al manoscritto dei Pensieri sulla Bellezza (che furono pubblicati nel 1762). La vicenda ebbe anche un risvolto antipatico: pochi anni dopo Johann Joachim Winckelmann accusò pubblicamente Webb di plagio nei confronti dell’opera di Mengs, argomentando che l’Inquiry era troppo simile ai Pensieri sulla Bellezza in quella parte che era dedicata alla valutazione dell’arte di Raffaello perché di semplice coincidenza si trattasse. Ad ogni modo (e forse anche per questo) il trattato di Webb conobbe discreta fortuna in Europa. L’opera è organizzata sotto forma di dialogo. “Copre varie aree d’interesse, come “La nostra capacità di giudizio sulla pittura”, “L’antichità e l’utilità della pittura”, “Sul disegno”, “Sul colorito”, “Sul chiaroscuro” e (come in questo estratto) “Sulla composizione”. Questa sezione… mostra la preferenza di Webb per il controllato classicism di Raffaello e Leonardo rispetto all’eleganza dei pittori barocchi del XVII secolo” (p. 43).
- Richard Mansergh St George, Lettera a un artista, inizi del 1790;
- James Barry, dalle Opere, 1809 sono antologizzati due brani:
b) da Letter to the Society of Arts, 1793;
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James Barry, Autoritratto, 1803, Dublino, National Gallery of Ireland Fonte: Wikimedia Commons |
James Barry (1741-1806) – segnala Fintan Cullen nella scheda introduttiva a questo brano - è stato uno dei principali pittori che siano nati in Irlanda e tuttavia la sua arte non ha trovato fortuna in quella Londra dove trascorse gran parte della propria vita. La formazione culturale di Barry risente fortemente del lungo soggiorno italiano (1765-1771) che gli fu possibile compiere grazie al generoso patrocinio di Edmund Burke. Di ritorno dall’Italia, Barry si stabilì a Londra e qui cercò di “convertire” gli artisti locali al rispetto della tradizione e del classicismo rinascimentale italiano. Non sono estranee all’azione di Barry anche motivazioni di ordine religioso: Barry era un fervente cattolico e appare subito chiaro come le teorie di un irlandese cattolico potessero essere viste con sospetto nell’Inghilterra anglicana. L’estratto presentato nell’antologia di Cullen “sottolinea l’importanza della religione nel suo pensiero e nella sua opera. Scritta nel suo ritorno a Londra, l’Inquiry (1775) rigetta una tesi sostenuta, tra gli altri, anche da Johann Joachim Winckelmann..., ovvero che il clima temperato inglese impedisse lo sviluppo di una tradizione visuale comparabile a quella dei paesi mediterranei. Nelle sue controdeduzioni, Barry dà alla religione un ruolo più centrale nella storia dello sviluppo europeo” (p. 51).
L’opera è stata tradotta in italiano da A. Mochi con il titolo Un’inchiesta sulle reali ed immaginarie ostruzioni all’acquisizione delle arti in Inghilterra (tesi di laurea Università di Pisa 2001-02). Uno stralcio, con la traduzione del testo qui presentato da p. 52 quart’ultima riga in poi, è pubblicato da Chiara Savettieri in Dal Neoclassicismo al Romanticismo (pp. 575-577).
Tutta la corrispondenza a noi nota di James Barry è oggi consultabile all'indirizzo Internet http://www.texte.ie/barry/ (la trascrizione delle lettere è a cura di Tim McLoughlin)
Tutta la corrispondenza a noi nota di James Barry è oggi consultabile all'indirizzo Internet http://www.texte.ie/barry/ (la trascrizione delle lettere è a cura di Tim McLoughlin)
- Sydney Owenson (Lady Morgan) da Life and Times of Salvator Rosa, 1824;
Può sembrare strano che in un’antologia di fonti di storia dell’arte vi sia spazio anche per il lavoro di una romanziera come Lady Morgan, ma – segnala Fintan Cullen – “il suo studio su Salvator Rosa (del 1824) fu la prima biografia artistica scritta da un’irlandese come pure la prima biografia approfondita dedicata a un artista straniero in Inghilterra. Cominciata come un romanzo, si trasformò ben presto in biografia. Owenson utilizzò fonti originali, come le biografie di Rosa del XVII secolo e le lettere del medesimo, nessuna delle quali era mai apparsa prima in Inghilterra” (p. 59).
- David Wilkie, letters from Ireland, 1835;
Vengono riportate due lettere dell’artista scozzese David Wilkie (1785-1841). Le lettere riportano impressioni tratte dal viaggio che il pittore compì in Irlanda nel corso del 1835.
- Thomas Davis: sono antologizzati due brani:
a) “National Art”, 1843;
b) “Hints for Irish Historical Paintings”, 1843;
Thomas Davis fu co-fondatore del giornale The Nation, organo del movimento della Young Ireland e sostenitore dell’azione politica del leader irlandese Daniel O’Connell (in quell’epoca propugnatore del Repeal movement, ovvero del rifiuto dell’unione politica dell’Irlanda con l’Inghilterra). I due scritti presentati nella presente antologia furono pubblicati entrambi nel 1843; “erano tarati sulla definizione e i contenuti di un’arte irlandese dai caratteri distintamente nazionali. Il primo saggio affronta l’importanza di un’arte nazionale e come possa essere perseguita nell’Irlanda di metà XIX secolo. Il secondo scritto è più un elenco che un saggio. Davis cita una serie di eventi storici che potrebbero essere oggetto dei quadri degli artisti irlandesi e, nel farlo, dà sfoggio della sua straordinaria erudizione” (p. 65).
- George Petrie, da William Stokes, Life and Labours in Art and Archaelogy of George Petrie, 1868;
- W.B. Yeats, “Art and Ideas”, 1913;
- Elizabeth Thompson, Lady Butler, da An Autobiography, 1922;
- Mainie Jellett, “My Voyage and Discovery”, 1943;
- Tom Duddy, “Irish Art Criticism – A Provincialism of the Right”, 1987;
- Declan McGonagle, “Looking Beyond Regionalism”, 1990.
Part Two) Focus on the Individual
- Anthony Pasquin, da An Authentic History of the Professors of Painting... in Ireland, 1796;
L’opera è nota anche come An Authentic History of the Professors of Painting, Sculpture and Architecture in Ireland. Anthony Pasquin è lo pseudonimo del giornalista e uomo di satira inglese John Williams, il quale occasionalmente si cimentò anche con la critica d’arte. La sua opera, pubblicata nel 1796, è una raccolta di 190 biografie, “anche se non sono organizzate in ordine alfabetico e molte sono corte e poco basate sui fatti. Una delle più informate è uno scritto sull’artista-emigrante James Barry, scritto che viene qui presentato assieme a un brano tratto dall’introduzione di Pasquin. Il fatto che più dei fatti contino gli aneddoti definisce l’approccio di Pasquin alla biografia: il genere è utilizzato più che altro per sferrare attacchi satirici nei confronti dei protagonisti” (p. 105).
- William Godwin, da The Looking Glass, 1805;
- Francis Sylvester Mahony, da “The Painter, Barry”, 1835;
- W. Justin O’Driscoll, from A Memoir of Daniel Maclise, 1871. Sono antologizzati due brani:
a) Illustrating Lady Morgan and Moore’s “Melodies”;
b) Charles Dickens su Maclise, 1870;
b) Charles Dickens su Maclise, 1870;
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Daniel Maclise, La morte dell'ammiraglio Nelson, 1859-1864, Liverpool, Walker Art Gallery Fonte: Wikimedia Commons |
- John Lavery, da The Life of a Painter, 1940;
- Ernie O’Malley, “The Paintings of Jack B.Yeats”, 1945;
- Paul Henry, da An Irish Portrait, 1951;
- Richard Kearney, da Transitions, 1988;
- Fionna Barber, da Familiar: Alice Maher, 1995.
Section II Making and Viewing
Part One) Patronage and Education
- Samuel Madden. Sono antologizzati due estratti:
a) da Reflections and Resolutions, 1738;
b) da A Letter to the Dublin-Society, 1739;
Samuel Madden (1686 – 1765) fu uno dei fondatori della Dublin Society (1731), la cui sezione dedicata alle arti svolse un ruolo determinante nella formazione degli artisti irlandesi nei secoli a venire. “In termini individuali, il principale contributo di Madden fu l’aver promosso la distribuzione di concorsi a premi nell’arte del disegno che attribuirono alla neonata Accademia uno status professionale. La prima distribuzione dei premi ebbe luogo nel 1740, due anni dopo la proposta avanzata da Madden nel suo saggio Reflections and Resolutions; Madden tornò sull’argomento un anno dopo in A Letter to the Dublin-Society” (p. 163).
- John Parker, da Correspondence of the Earl of Charlemont sono antologizzate due lettere:
a) Rome, 1755;
b) Rome, 1758.
Il conte di Charlemont (ovvero James Caulfeild, vissuto fra il 1728 ed il 1799) fu senza dubbio il più importante collezionista e mecenate irlandese del 1700. Il conte viaggiò in Italia e, a soli 23 anni, fondò a Roma un’accademia per artisti britannici ed irlandesi, diretta dal pittore inglese John Parker, che, oltre a dedicarsi ad una propria produzione artistica, si mosse anche come agente del nobile irlandese sul mercato locale. Fu proprio John Parker a mettere in contatto Lord Charlemont e Giovanni Battista Piranesi. La collaborazione si mostrò fruttuosa. Il conte promosse e finanziò una raccolta di incisioni del Piranesi intitolata Le Antichità Romane, inizialmente prevista in un solo volume, poi allargatasi a quattro. La pubblicazione apparve nel 1756 (le incisioni del volume possono essere viste alle pp. 166-319 di Luigi Ficacci, Piranesi. The Complete Etchings). Il frontespizio dell’opera è un omaggio di Piranesi al suo illustre finanziatore: vi figurano nome e stemma di Lord Charlemont inscritte in una lapide di marmo; “lo stemma ovale della famiglia si trova a sinistra, inscritto illusionisticamente in una cornice architettonica fra un trionfo di antichità” (p. 167). E tuttavia i rapporti fra artista e nobile mecenate andarono ben presto guastandosi, naturalmente per faccende legate al vil denaro: il conte, in difficoltà economiche, si astenne dal pagare l’artista; quest’ultimo si vendicò con una serie di vignette di natura satirica che furono riunite nel 1757 in un pamphlet intitolato Lettere di giustificazione scritte a Milord Charlemont e a’ di lui agenti di Roma dal Signor Piranesi (anche in questo caso si veda il lavoro di Luigi Ficacci, alle pp. 320-331). Il frontespizio delle Antichità Romane venne inoltre ben presto sostituito da uno nuovo in cui la dedica al conte fu sostituita da una destinata al popolo romano, mentre il blasone di Lord Charlemont vi appare in uno stato di irreversibile degrado.
Le due lettere di Parker al conte pubblicate in questa antologia rendono conto rispettivamente delle segnalazioni di opere d’arte disponibili per un eventuale acquisto (la prima, datata 26 luglio 1755) e delle antipatiche vicende legate al deteriorarsi dei rapporti con Piranesi (la seconda, scritta il 5 aprile 1758).
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Giovan Battista Piranesi, Frontespizio delle Antichità Romane senza la dedica originaria al Conte di Charlemont |
Il conte di Charlemont (ovvero James Caulfeild, vissuto fra il 1728 ed il 1799) fu senza dubbio il più importante collezionista e mecenate irlandese del 1700. Purtroppo non di rado il conte, come testimoniato in questa stessa antologia dai difficili rapporti con Giovanni Battista Piranesi, incorse in gravi difficoltà di ordine economico. Ne sono testimonianza anche le due lettere qui riportate (datate rispettivamente 19 agosto 1759 e 2 gennaio 1760), indirizzate al celebre artista inglese William Hogarth, a cui il conte aveva commissionato un ritratto e dal quale aveva acquistato un paio di dipinti, riducendosi, come era uso fare, a chiedere dilazioni nel versamento del compenso dovuto.
- Thomas Campbell, da An Essay on Perfecting the Fine Arts, 1767;
“Thomas Campbell (1733-95)... fu premiato con la prima medaglia d’argento onoraria della Dublin Society per il suo saggio An Essay on Perfecting the Fine Arts. Il saggio propugnava l’insegnamento del disegno come “utile per le manifatture”, ma, come mostrato nel brano qui riportato, Campbell raccomandava anche l’insegnamento della pittura ad olio e la creazione di una collezione permanente di opere degli Antichi Maestri” (p. 176). Il saggio è del 1767.
- Edmund Burke, letters to James Barry, 1769-74;
Edmund Burke, autore di A Philosophical Enquiry into the Origin of our Ideas of the Sublime and Beautiful, fu colui che finanziò il pittore inglese James Barry nel suo lungo soggiorno italiano (dal 1765 al 1771). “Nelle sue lettere, Barry informava Burke in termini entusiastici sulle sue opinioni sull'arte italian, mentre Burke, scrivendo da Londra, offriva consigli al pittore, sia in termini di comportamento sociale sia di sviluppo artistico” (p. 180). Delle tre lettere scritte da Burke a Barry e qui riportate, due furono scritte nel periodo del viaggio italiano del giovane pittore (sono datate 1769), mentre la terza risale al 1774, quando Barry era tornato in patria e si era trasferito a Londra.
- Hugh Douglas Hamilton, letters to Canova, 1794-1802;
Hugh Douglas Hamilton (1740-1808), celebre ritrattista, visse in Italia dal 1782 al 1792. In quegli anni divenne amico di Antonio Canova. Vengono riportate quattro lettere, scritte fra il 1794 ed il 1802, che testimoniano del legame fra i due artisti. “Le lettere sono fra i pochi documenti di natura privata del tardo XVIII secolo in nostro possesso attribuibili a un artista irlandese che esplicita sentimenti personali nei confronti dell’arte e indica come la domanda locale sia rivolta soprattutto alla ritrattistica, mentre sono scarse le forme alternative di mecenatismo” (p. 186).
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Hugh Douglas Hamilton, Ritratto di giovane gentleman, XVIII secolo Fonte: Sotheby's, attraverso Wikimedia Commons |
- John O’Keeffe, da Recollections, 1826;
- Benjamin Robert Haydon, da Diary, 1841;
- Stewart Blacker, da Irish Art and Irish Artists, 1845;
“Stewart Blacker (1813-81) fu determinante nella fondazione della Royal Irish Art Union, e della Society for the Encouragement of Fine Arts in Ireland, by the Purchase and Diffusion of the Works of Living Artists. Questo brano (tratto da un suo saggio del 1845 sull’arte irlandese) fa parte di una missiva inviata il 18 dicembre 1844 agli alunni delle Royal Dublin Society Schools of Design. Il suo argomento era “la formazione di una scuola artistica locale davvero buona e fiorente” (pp. 195-196).
- Dante Gabriel Rossetti, “McCracken”, 1853;
- Richard Robert Madden, da The United Irishmen, 1858;
- Robert Elliott, da Art and Ireland, 1906;
- W.B. Yeats, “The Gift”, 1913;
- George Moore, da Vale, 1914;
- Hugh Lane, Codicil to his Will, 1915;
- Thomas Bodkin, da Irish Free State, Official Handbook, 1932;
- Ciarán Benson, da The Place of the Arts in Irish Education, 1979.
Part Two) Display
- William Drennan e Martha McTier, dalle Drennan-Mc Tier Letters, 1797-1807;
- Dublin Evening Post, 1800-4;
- Anonymous Diarist, Dublin exhibitions, 1801;
- The Nation. Sono antologizzati due articoli:
b) Thomas Davis, “The Spirit of the Nation”, 1844;
- Hugh Lane, Municipal Gallery of Modern Art, 1908;
- Thomas MacGreevy, “Picasso, Maimie [sic] Jellett and Dublin Criticism”, 1923;
- Brian O’Nolan, da The Irish Times, 1942;
- Michael Scott e James Johnson Sweeney, da Rosc, 1967.
Section III Creating Histories
- Brian O’Doherty, da The Irish Imagination, 1971;
- Cyril Barrett, da “Irish Nationalism and Art”, 1975;
- Anne Crookshank and the Knight of Glin, da The Painters of Ireland, 1978;
- Joan Fowler, da “Art and Politics in the Eighties”, 1990;
- Luke Gibbons, da “A Shadowy Narrator”, 1991;
- Catherine Nash, da “Gender and Landscape in Ireland”, 1993.
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