La Descrizione della Città di Siena
di Curzio Sergardi 1679
A cura di Enrico Toti
Testi di Maria Assunta Ceppari Ridolfi, Enrico Toti e Patrizia Turrini
Testi di Maria Assunta Ceppari Ridolfi, Enrico Toti e Patrizia Turrini
Siena, Protagon Editori e Comune di Siena Complesso museale Santa Maria della Scala, 2008
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Centro storico di Siena Fonte: Wikimedia Commons |
[1] La Descrizione della città di Siena è opera inedita, a noi giunta manoscritta in tre diversi esemplari: un originale del 1679, attualmente conservato presso l’Archivio di Stato di Siena, Fondo Sergardi Biringucci Spannocchi, 32 (già A2), ins. 47; un secondo esemplare, reperibile presso la Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, ms. E.III2 9 e risalente al 1686, in cui Sergardi propone consistenti ampliamenti, riferiti soprattutto (ma non solo) ai nuovi apporti al patrimonio artistico intervenuti nei sette anni precedenti; ed infine una copia ottocentesca (incompleta), trascritta da Giovacchino Faluschi nel 1821 (Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, ms. E.VI.20). “Il testo che pubblichiamo è quello dell’originale del 1679 (ms. A), integrato con i numerosi ampliamenti che lo stesso Sergardi aveva introdotto nel 1686 (ms. B)... Sono invece indicate soltanto in nota le poche correzioni, aggiunte e variazioni apportate nel ms. C dal Faluschi... L’edizione che scaturisce dalla trascrizione così eseguita è pertanto quella critica nata dalla fusione delle due versioni seicentesche, che consente di apprezzare entrambe” (p. 31). In questo senso sarebbe stata probabilmente scelta più felice quella di indicare nel titolo del libro entrambi gli anni di redazione dei manoscritti A e B.
[2] La Descrizione rientra perfettamente nella tradizione seicentesca delle opere erudite volte ad esaltare la tradizione, l’identità e la ricchezza locale di città la cui importanza politica è in realtà ormai del tutto secondaria. La trama si dipana secondo schemi abbastanza collaudati, che vanno dalla ricostruzione in chiave elogiastica della storia della città alla descrizione delle varie forme di governo che l’hanno retta nel succedersi dei secoli, secondo una struttura a spirale che naturalmente sfocia nell’attuale e perfetta struttura istituzionale; ciò che più ci importa, in questa sede, è tuttavia che viene preso in considerazione anche il patrimonio artistico, naturalmente senza un’adeguata consapevolezza critica e stilistica, ma per l’appunto come testimonianza della grandezza e dell’importanza della città. Sin dalle pagine introduttive all’edizione critica viene chiarito che Sergardi si limita, sotto questo punto di vista, a citare dalle Vite vasariane, riportando attribuzioni non sue. Ne deriva che la Descrizione si rivela di particolare importanza per le notizie artistiche relative soprattutto al Seicento (ed in particolare per il periodo 1679-1686), quando Sergardi fornisce informazioni su opere d’arte a lui sostanzialmente contemporanee e su cui è dunque ben preparato. Praticamente nulla – e non poteva essere altrimenti – è invece l’attenzione verso i cosiddetti “primitivi”, tanto che di molte chiese parrocchiali si tralascia la descrizione in quanto “antiche” e quindi prive di qualsiasi valore anche testimoniale; fanno eccezione, in questo senso, le lodi spese per Guido da Siena; ma anche qui il giudizio non è stilistico, quanto piuttosto volto a confutare le tesi filo-fiorentine del Vasari che fissa in Cimabue il padre della rinascita dell’arte in Italia (Vasari dunque è usato come fonte quando si tratta di fornire indicazione sul patrimonio artistico cittadino; è invece confutato su un piano prettamente “politico” quando individua una preminenza storica di Firenze su altre realtà urbane; anche qui siamo in presenza di un fenomeno del tutto normale in quegli anni in tutta Italia).
[3] Sulla letteratura artistica senese è sempre bene avere come punto di riferimento la Letteratura artistica dello Schlosser (pp. 528 e 590-591).
[4] La parte finale dell’opera contiene uno scritto di Patrizia Turrini dal titolo Le stampe in onore della principessa Violante Beatrice di Baviera nel carteggio di Ludovico Sergardi (Quinto Settano) con Giulio del Taia e Alessandro Marsili. Il letterato Ludovico Sergardi era figlio di Curzio.
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