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Paolo Vanoli
Il ‘libro di lettere’ di Girolamo Borsieri:
arte antica e moderna nella Lombardia di primo Seicento
Milano, Ledizioni LediPublishing, 2015
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Gaudenzio Ferrari, Storie della Vita e della Passione di Cristo, Santa Maria delle Grazie, Varallo (Vercelli) |
Il nome di Girolamo Borsieri,
erudito comasco vissuto fra il 1588 e il 1629, è noto solo agli addetti ai
lavori. Salvo citazioni sporadiche è il caso di rifarsi ancora una volta allo
Schlosser e alla sua Letteratura artistica, che ricorda la seconda edizione della Nobiltà di Milano di Paolo Morigia (la prima è del 1595), curata ed
ampliata appunto dal Borsieri: “Nel Supplemento
del Borsieri sono importanti specialmente i due ultimi capitoli, che trattano
delle ricche «gallerie private» di Milano…, da quella più celebre e più antica
di Leone Leoni in poi, e contengono anche una breve descrizione delle migliori
pitture e sculture pubbliche di Milano” (p. 367).
Solo nel 1966 Luciano Caramel
presenta la trascrizione di 71 lettere di argomento artistico scritte da
Borsieri. Le lettere sono tratte da un novero molto più numeroso di missive (750
circa) conservate presso la Biblioteca
Comunale di Como [1]. Si giunge così al presente lavoro di Paolo Vanoli, che,
oltre a pubblicare un centinaio di lettere, delinea finalmente un quadro
complessivo della personalità dell’erudito comasco.
C’era infatti, sino ad oggi, un
problema: vi era una diffusa consapevolezza dell’importanza di Borsieri, ma si
conosceva praticamente nulla dei suoi scritti, posto che pubblicò pochissimo. A
fronte dei rarissimi scritti giunti alle stampe, sta invece una mole di
materiali manoscritti che (pur non costituendo l’intero corpus di Borsieri) si rivelano di particolare interesse e che
Vanoli ha esaminato analiticamente nella biblioteca di Como.
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Bernardino Luini, Madonna del Roseto, Milano, Pinacoteca di Brera |
Fra formazione antiquaria e interessi artistici
I dati biografici di Borsieri
sono ridottissimi. Nato a Como nel 1588, proviene da una famiglia agiata e
colta (il padre Giovanni Battista si interessava a sua volta di musica e aveva
interessi collezionistici), s’indirizza alla vita ecclesiastica e resta sempre
legato alla città natale, anche per vicissitudini di carattere economico che
colpiscono la famiglia e che lo distolgono dagli amati studi nell’ultimo
decennio della sua breve esistenza. Gli interessi di Borsieri sembrano indirizzarsi
in un primo momento alla produzione letteraria e poetica, ma sterzano verso
l’antiquaria e la produzione artistica dal 1612 circa in poi. Sono gli anni in
cui è testimoniato un avvicinamento con gli ambienti eruditi che a Milano si
concentrano attorno al cardinal Federico Borromeo e alla neonata Ambrosiana.
Fino ad oggi, nella carenza assoluta di testimonianze in merito, erano, di
fatto, i giudizi e le informazioni fornite
da Girolamo intorno agli artefici lombardi dell’ìnizio del 1600 a
catalizzare l’interesse degli studiosi. Vanoli rivisita l’operato di Borsieri e
innanzi tutto ne mette in risalto gli interessi antiquari, che appaiono essere
veramente predominanti e che lo tengono in assiduo contatto con figure note a
livello internazionale, come l’epigrafista tedesco Mark Welser.
A voler riassumere fra la
sterminata produzione manoscritta di Borsieri potremmo dire che il grande
progetto a cui lavora nel corso degli anni è quello della redazione del Theatrum Insubricae Magnificentiae,
un’opera suddivisa in ventiquattro libri che doveva dar conto dei materiali
antiquari (epigrafi, monete, bassorilievi, medaglie, statue) spettanti ai
territori compresi fra Como, Milano e Novara (con uno spettro temporale che
giungeva sino al Medio Evo). Più volte segnalato come di imminente pubblicazione
(specie nel 1614) il Theatrum, almeno
per quello che riguarda il materiale conservato manoscritto presso la
Biblioteca civica di Como con segnatura ms. 4.4.21, rimase invece per motivi
ignoti in uno stato frammentario e incompleto. Accanto all’antiquaria vi sono
tuttavia scritti che testimoniano l’interesse di Girolamo per la produzione
artistica lombarda e il suo coinvolgimento nel circuito del collezionismo
locale, sia in prima persona sia per conto terzi. Parliamo innanzi tutto del Supplemento alla Nobiltà di Milano
citato dallo Schlosser (vedi sopra) e pubblicato nel 1615. Ma il Supplemento sembra "sia stato davvero
concepito come un’opera ‘di servizio’, un adattamento strumentale di materiali
di maggior pregio destinati a una pubblicazione più impegnativa". E la
pubblicazione più impegnativa doveva essere, stando alle parole di Borsieri
stesso, il Simulacro di Milano: “Ma
io non voglio qua recar le pitture migliori de’ più moderni fra Milanesi,
serbandomi di trattarne diffusamente nel simolacro di Milano, dove ho io
cominciato provar, che la Lombardia hoggi non ha bisogno di pittori, che
fioriscono in Roma, havendone anch’ella di quei che possono annoverarsi fra i
principali” (p. 56). Fatto sta che non solo il Simulacro non fu mai pubblicato, ma probabilmente nemmeno esteso in
forma manoscritta, posto che non se ne ha traccia nel fondo della biblioteca
civica di Como.
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Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Resurrezione di Lazzaro, Ottawa, National Gallery of Canada |
L’epistolario e il ‘Libro di lettere’
A fronte delle difficoltà
oggettive determinate dalla mancanza di una produzione a stampa, l’esame
dell’epistolario diventa fondamentale. Le lettere di Borsieri sono testimoniate
da due volumi conservati anch’essi nella Biblioteca civica di Como con
segnature ms. sup. 3.2.43 e 3.2.44. Si tratta sempre e soltanto di copie
inviate da Girolamo, in un arco temporale che è compreso fra il 1606 e il 1626.
L’indicazione cronologica compare nel titolo attribuito alla raccolta e si
rivela particolarmente preziosa perché quasi mai le singole lettere sono
accompagnate dall’indicazione della data. Grosso modo l’ordine di presentazione
è cronologico, ma non mancano situazioni in cui palesemente tale sistemazione
non viene rispettata. C’è immediatamente da chiarire una cosa: le missive, che
vanno sotto il titolo di Lettere
accademiche, historiche e famigliari, costituiscono un’antologia ragionata
(e probabilmente ritoccata rispetto agli originali) posta in essere proprio da
Borsieri probabilmente in vista della pubblicazione (l’ennesimo progetto
mancato) di un ‘Libro di lettere’. Si tratta dunque di una raccolta in cui
Borsieri sceglie, tramite le lettere, di dare un’immagine di se stesso, ad
esempio come dell’erudito che rifiuta di partecipare alla vita di corte (declinando
un’offerta in tal senso da parte dei Savoia), dedito ai piaceri della villa,
esempio di moderazione e decoro e così via. Se nella sua selezione del 1966
Luciano Caramel aveva deciso di trascrivere le lettere di argomento artistico,
qui Vanoli completa il quadro e aggiunge alle medesime anche epistole che ne
rivelano i preponderanti aspetti antiquari [2].
Non si tratta solo di offrire un
quadro più completo. Pubblicando le lettere antiquarie, Caramel va a cercare un
metodo, il metodo utilizzato appunto nella valutazione dei manufatti oggetto
degli scambi epistolari e ritiene poi che esistano gli elementi per traslarlo
anche in riferimento alla valutazione delle opere d’arte moderne. E qui
lasciamo la parola a Vanoli: “Tratto accomunante [n.d.r. alla figura
dell’antiquario romano Lelio Pasqualini] è l’interesse per le antichità
cristiane, la fitta rete di scambi epistolari e soprattutto, il rigore
dell’analisi praticata ‘sul campo’, attraverso il confronto stilistico e
iconografico dei materiali e un’estrema prudenza nell’affidarsi alle fonti
letterarie o ai repertori di antichità precedenti. Il processo fondamentale è
quello del ‘paragonare’, di ricostruire la civiltà materiale del mondo antico
attraverso il confronto incrociato dei reperti, da sottoporre sempre a rigorosa
bonifica filologica preventiva” (p. 82).
In una lettera del 1610 è lo
stesso Borsieri a indicare di seguire lo stesso metodo per i dipinti del 1500 e
del 1600: “Se poscia m’avanza tempo, mi compiaccio… nel paragonare le pitture
di Gaudentio [Guadenzio Ferrari] con quelle del Lovino [Bernardino Luini], del
Lanino [Bernardino Lanino detto anche il Vercellese] e di Marco d’Oggiona
[Marco d’Oggiono], nelle quali pare che si sia ristretta la perfettione di chi
ha dipinto tra noi” (p. 82). È la dimostrazione di una maturità critica che
Borsieri mette a servizio dei suoi interlocutori spesso a fine di committenza,
con una rara capacità di sintetizzare i tratti salienti dell’opera di un
artista in poche parole. Paradigmatica in questo senso è una lettera
indirizzata al collezionista milanese Scipione Toso, in cui Girolamo descrive
in questa maniera gli stili dei protagonisti della pittura lombarda di età
borromaica: “Ad ogni modo ha già ella costì i Procaccini, il più vecchio de’
quali [Camillo Procaccini] nella sicurezza del disegno non trova oggi chi lo
pareggi, e il più giovane [Giulio Cesare Procaccini] che, con l’essere passato
dalla scoltura alla pittura pur ha potuto in pochi giorni rendersi prattico
nelle maniere illustrate dal Parmigiano e dal Correggio. V’ha il Cerano [Giovan
Battista Crespi detto il Cerano], il quale con la vivacità degli oltramontani e
con la sodezza de’ nostri, ferma fino i più rozi contadini ad osservare
minutamente le opere ch’egli commette al pubblico. Poco lontani poi v’ha il
Moranzone [Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone], la cui forza
naturale congiunta con la vaghezza, ch’egli ha imparata sotto il Salimbeni, lo
rende feroce e maestoso. V’ha il Salmetia [Enea Salmeggia], il quale allo
incontro contento dell’imitare la delicatezza e la semplicità di cui adoperava
i pennelli nel principio del passato secolo, move a mirar devotamente ciascuna
sua imagine fino i nemici della stessa devotione. V’ha il Moncalvo [Guglielmo
Caccia detto il Moncalvo], che nello esprimer lo spirito e la tenerezza de’
pargoletti pare che habbia trovata la felicità già in ciò conceduta al vecchio
Lovino [Bernardino Luini]” (p. 207).
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Giovan Battista Crespi detto il Cerano, Fuga in Egitto, Bristol, City Art Gallery |
Le composizioni poetiche
Non ci resta che da parlare
brevemente delle composizioni poetiche, ed in particolare degli Scherzi, versi in rima di cui fu
pubblicata una raccolta nel 1612 in quattro libri. In realtà negli anni
successivi Borsieri continuò a lavorare ad almeno altri tre libri di Scherzi, che rimasero inediti e sono
custoditi anch’essi a Como. Soprattutto in essi (ma anche in altre operette
inedite come il Pio Salterio Affetti Spirituali e il Salium) sono decine i componimenti dedicati all’ecfrasi di opere
d’arte, secondo un criterio che ci richiama alla mente la
Galeria di Giambattista Marino
(che è del 1620, ovvero sostanzialmente coeva). L’interpretazione degli Scherzi è aiutata dalla presenza della
cosiddetta Tavola degli Scherzi, in
cui vengono fornite indicazioni sulle opere d’arte a cui fanno riferimento i
versi composti da Borsieri. Ciò non toglie che, leggendoli, ci si muova su un
terreno in qualche modo minato. Non sappiamo esattamente quali opere fossero
effettivamente di proprietà dell’erudito comasco ed appartenessero alla sua
collezione (e in particolare si trovassero nella sua villa di Borgo Vico); e
quali invece fossero di conoscenti, famosi collezionisti, strutture
ecclesiastiche e così via. Al di là del valore letterario, gli Scherzi contribuiscono quindi a
testimoniare un gusto, che poi per molti aspetti è quello confermato
dall’epistolario dell’erudito comasco.
NOTE
[1] Luciano Caramel, Arte e artisti nell’epistolario di Girolamo
Borsieri in Contributi dell’Istituto
di Storia dell’arte medioevale e moderna. Volume Primo, Milano, Vita e
Pensiero, 1966.
[2] Le lettere pubblicate da
Caramel sono 71; quelle da Vanoli 98. Va peraltro detto che, oltre a riproporre
quelle di Caramel e aggiungerne di nuove, Vanoli scarta anche una quindicina di
missive pubblicate nel 1966 e da lui considerate evidentemente non rilevanti.
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