Daniela Lamberini
Il principe difeso
Vita e opere di Bernardo Puccini
Firenze, La Giuntina, 1990
Recensione di Giovanni Mazzaferro
| Firenze, Fortezza da Basso (su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane) |
PREMESSA: consigliamo di leggere, prima di questa recensione, quella dedicata a Daniela Lamberini, Il Sanmarino. Giovanni Battista Belluzzi architetto militare e trattatista del Cinquecento, Leo S. Olschli, 2007.
[1] Anche se cronologicamente molto antecedente alla monografia dedicata da Daniela Lamberini a Giovan Battista Belluzzi, detto il Sanmarino, il presente lavoro, dedicato al fiorentino Bernardo Puccini (1521-1575), può essere visto come ideale prosecuzione di quello scritto. Bernardo Puccini fu infatti l’unico allievo del Sanmarino, nonché suo successore quale primo ingegnere militare del duca Cosimo I de’ Medici. Non basta: come già scrive il Vasari (che con Puccini ebbe a scontrarsi ripetutamente nei lunghi anni in cui quest’ultimo ricoprì l’incarico di Provveditore generale nella Fabbrica degli Uffizi – cfr. cap IV), Bernardo fu il depositario dei trattati manoscritti del Sanmarino al momento della sua improvvisa scomparsa (1554), avvenuta nel corso della guerra contro Siena. È noto infatti che il Belluzzi lavorava da anni – anche su incarico di Cosimo – alla redazione di un grande trattato di architettura militare; quando Belluzzi morì, la sua produzione manoscritta passò in mano a Puccini che fu incaricato dal Duca dello stesso compito: completare il progetto del Sanmarino e darlo alle stampe. Così non avvenne. Possiamo così riepilogare quanto Puccini riuscì a produrre:
- un “ristretto di fortificazioni”, risalente al 1558 e dedicato a Francesco de’ Medici, figlio allora diciassettenne del Duca. Conservato oggi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze con segnatura Magl., XIX, 18, la Lamberini lo pubblica integralmente, assieme alle varianti (soprattutto a livello iconografico) presenti in una copia avente la segnatura immediatamente successiva (Magl., XIX, 18 bis);
- un progetto incompiuto di un più ampio trattato di architettura militare, costituito da un Proemio e dal Libro I (non sappiamo di quanti libri si dovesse comporre). Il manoscritto si trova oggi nel fondo Acquisti e Doni, 214 della Biblioteca Laurenziana. Di quest’ultimo lavoro viene riprodotto integralmente il solo Proemio. Nel Proemio “Puccini, fedele seguace di Vitruvio, ribadisce... il decalogo delle virtù dell’architetto, elencate nel libro primo del De architectura, per trasporlo all’ingegnere militare. Scopo dichiarato è quello di esaltare questa figura, assimilandola all’immagine dell’architetto, per dare «utilità, nobiltà e dignità» alla scienza del fortificare... La parola ingegnere – titolo ufficiale con cui era registrato nei ruoli di corte... – viene abolita dal vocabolario del Puccini e sostituita con «architetto» militare... Per sostenere la tesi..., Puccini non esita a plagiare, adattandola ai suoi fini, la lezione del «paragone» delle arti, recitata nel 1547 da Benedetto Varchi all’Accademia fiorentina... Usando gli stessi argomenti e modificandone le conclusioni, Puccini arrivò a dimostrare che l’ingegnere militare aveva la stessa nobiltà operativa dell’architetto, per cui gli spettava un identico grado di riconoscimento sociale.... La sua [n.d.r. quella di Puccini] era una battaglia interna, tutta personale, rivolta contro lo strapotere di gestori e manipolatori della cultura artistica fiorentina, Giorgio Vasari soprattutto e il potente alleato di Vasari, Vincenzo Borghini. Questi protagonisti della vita culturale cinquecentesca avevano, con la fondazione nel 1562 dell’Accademia del Disegno, istituzionalizzato definitivamente lo status sociale di artisti e artefici, decretando che aveva diritto al titolo di architetto esclusivamente colui che era anche pittore o scultore, solo cioè chi possedesse il disegno d’ornato, la prospettiva e l’anatomia e non il semplice disegno geometrico utilizzato da capimastri muratori e ingegneri militari o idraulici” (pp. 126-127). Il Proemio fu dunque redatto successivamente alla fondazione dell’Accademia del Disegno, probabilmente attorno al 1564, mentre il contenuto del Libro primo risale probabilmente ad anni precedenti.
Ad impedire il completamento dell’opera furono i molteplici impegni che Puccini si sobbarcò nel corso degli anni; va anche detto che probabilmente Bernardo si sentì per un lungo periodo maggiormente attratto da studi di carattere più spiccatamente scientifico-matematico (anche se sempre correlati in qualche modo con l’architettura militare): ne è un esempio il Trattato del «modo di misurar con la vista» (Fondo Nazionale, II della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze) di cui viene qui presentata l’edizione integrale.
![]() |
| Pianta della Fortezza da Basso di Firenze Fonte: http://www.firenzefiera.it/it/strutture-congressi-firenze/fortezza-da-basso |
[2] Non vi è dubbio (e diversamente non poteva essere, visto l’incarico che gli era stato affidato) che gli scritti del Puccini risentano soprattutto (ma non esclusivamente – cfr. pp. 122-123) dei manoscritti del Belluzzi. Tuttavia non mancano i contributi personali (sulla base dell’esperienza maturata sul campo) e oggettive modifiche nell’impostazione degli scritti, modifiche che contribuiscono a variarne in qualche modo destinazione e significato. I tempi stanno cambiando; la guerra con Siena si è oramai conclusa, l’emergenza bellica si allontana e Puccini (da buon cortigiano) avverte l’esigenza di adeguare il suo lavoro ad un pubblico di giovani nobiluomini della corte – Francesco ne è l’espressione più alta - che, se sono meno interessati a dettagli operativi, vanno invece istruiti su un piano teorico sui rudimenti dell’architettura militare. “È significativo ad esempio notare come Puccini non si soffermi mai sui dettagli costruttivi, che sono il cavallo di battaglia del Belluzzi, né su alcuni problemi organizzativi che, nell’economia del suo discorso, considera marginali, come ad esempio il problema della costruzione di ponti e impalcature di sicurezza per il cantiere... Altro soggetto fonte di grandi dibattiti e del tutto trascurato in questo trattato riguarda il disegno, inteso sia come metodo di rilevazione che come restituzione su carta di piante e territori rilevati... È evidente che nella formazione tecnica del Puccini il disegno non costituì un punto di forza; prova evidente sono i pochi autografi che ci sono pervenuti, di qualità non eccelsa,... e soprattutto l’uso ripetuto di copisti e disegnatori ben più abili di lui per mettere in bella le sue opere, come evidenza la doppia versione del «ristretto» di fortificazioni... Un ultimo punto di divergenza fra questo trattato e il suo modello riguarda la scarsa sensibilità del Puccini al lato estetico delle fortificazioni. Mentre il Belluzzi... concedeva alla «lascivia degli ornamenti» un capitolo, seppur laconico, del suo trattato e raccomandava di modellare con cura i particolari costruttivi, anche nelle fortificazioni di terra, così che la fortezza facesse sempre un «bel vedere», Puccini, seguendo la linea più tradizionalista degli ingegneri militanti [n.d.r. secondo noi “militari”], non entra in merito al contenzioso, se non con un vago accenno al «poco di grazia» con cui va finito il merlone” (pp. 116-118). Tutta l’esposizione della materia viene infine posta in essere con uno stile secco, ma estremamente stringato, volto ad insegnare ed informare in maniera chiara, ma senza annoiare. Tutti questi aspetti contribuiscono – secondo la Lamberini – a dare una connotazione nuova agli scritti di Puccini (specialmente al “ristretto”) facendone uno strumento di divulgazione teorica dell’architettura militare come disciplina di studio.
![]() |
| Bernardo Puccini, Trattato del modo di misurare con la vista, 1570 ca. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Nazionale, MS II-282, fasc 15 c. 39. Fonte: http://redi.imss.fi.it/invenzioni/index.php/Gnomone |
![]() |
| Bernardo Puccini, Trattato del modo di misurare con la vista, 1570 ca. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Nazionale, MS II-282, fasc 15 c. 36. Fonte: http://redi.imss.fi.it/invenzioni/index.php/Gnomone |
[3] Gli scritti del Puccini ebbero, in conclusione, sorte simile a quelli del Sanmarino: circolarono in copie manoscritte all’interno di un ristretto gruppo di architetti, ingegneri ed eruditi che non esitarono a plagiarli senza troppi scrupoli. In alcune occasioni si scrisse che i precetti in questione provenivano dal Sanmarino; in altre si tacque senza porsi troppi problemi (non è certo questo il primo caso; dobbiamo sempre tenere a mente come fosse relativo il concetto di plagio in età rinascimentale e come non esistesse all’epoca alcuna forma di tutela del diritto d’autore, se non legata a “privilegi” spesso del tutto inefficaci. In conclusione, ben presto del Puccini si perse ogni traccia. L’autrice prova ad elencare una serie di autori che, in maniera più o meno marcata, attinsero al “ristretto” o al manoscritto della Laurenziana, apprezzandone evidentemente sia il carattere didascalico sia la stringatezza dello stile. Vediamoli insieme:
- Giacomo Lanteri: di Giacomo Lanteri si è già detto a proposito del Sanmarino. È possibile tuttavia che il suo plagio nei Duo libri del modo di fare le fortificazioni di terra (Venezia, 1559) sia mediato, ovvero avvenga attraverso i manoscritti di Puccini;
- Bartolomeo Ammannati: è noto come Bartolomeo Ammannati lavorò a lungo per comporre un trattato di architettura che non vide mai la luce. I suoi appunti, reperiti nel Fondo Edizioni Rare (ms. 120) della Biblioteca Riccardiana, sono stati pubblicati a cura di Mazzino Fossi nel 1970. Il progetto prevedeva anche una sezione dedicata all’architettura fortificatoria. Ora, gli Appunti di fortificazioni di Ammannati (cfr. Bartolomeo Ammannati, La città. Appunti per un trattato, pp. 363-423) costituiscono una copia quasi letterale del “ristretto” del Puccini (compresi i disegni). Solo di sfuggita Ammannati si limita a citare il Sanmarino (cfr. Bartolomeo Ammannati, La città... op.cit., p. 380) e mai il Puccini che pure conobbe e i cui scritti stava appunto copiando senza troppi problemi;
- Galileo Galilei: il celeberrimo scienziato pisano scrisse anche un trattato di fortificazioni, che pure è giunto fino ai nostri giorni. L’opera risale al periodo della permanenza padovana (1592-1610) nel corso della quale Galilei si dedicò, oltre all’insegnamento pubblico della matematica, anche alla docenza privata di varie discipline, fra cui l’architettura militare. Gli allievi di Galileo erano “giovin signori” di rango nobiliare. A loro il pisano presentò un trattato che in realtà altro non era se non un plagio del manoscritto pucciniano della Laurenziana, che si prestava particolarmente allo scopo per gli spiccati accenti didascalici di cui si è già parlato;
- Bonaiuto Lorini: il toscano Bonaiuto Lorini fu autore di un trattato Delle fortificazioni, pubblicato a Venezia nel 1597. “Echi pucciniani si ritrovano ovunque nei cinque libri di Bonaiuto Lorini: nel modo di suddividere e presentare la materia, soprattutto per le fortificazioni di terra e per le opere di difesa, nella vecchia distinzione fra architettura reale e non reale... o nella disquisizione sui diversi siti e il modo di fortificarli” (p. 139);
- Giorgio Vasari il Giovane: “fra il 1590 e il ’96 Vasari il Giovane portò a termine... un trattato di fortificazioni che, rimasto inedito, pervenne il secolo scorso alla Biblioteca Nazionale di Firenze... In realtà, ad esclusione... delle ultime dieci carte, il codice del Vasari non è altro che una copia letterale del trattato della Laurenziana di Bernardo Puccini, mancante solo di alcuni disegni, per lo più nella parte relativa alle fortificazioni di terra..., ma identico in tutto [n.d.r. il resto]” (p. 141). Sembra di capire che almeno Vasari citi la sua fonte, ma – come Ammannati – il riferimento è al Sanmarino. Di Puccini, nessuna menzione;
- Giovan Francesco Fiammelli: chiude la serie dei plagi il lavoro di Giovan Francesco Fiammelli. “Dai titoli dei suoi scritti balza evidente che l’interlocutore privilegiato del Fiammelli è il principe e i nobili signori che ruotano attorno alla corte; non è strano quindi ritrovare negli otto libri del suo trattato di architettura militare del 1604, intitolato Il Principe difeso e dedicato al re Filippo III d’Austria, la riproposizione del vecchio modello del suo conterraneo Bernardo Puccini, con poche varianti e con un apparato iconografico piuttosto debole (il che ci fa supporre che anch’egli avesse fra le mani una copia del trattato della Laurenziana di mediocre qualità)” (p. 142). E proprio il titolo del trattato di Fiammelli viene utilizzato dalla Lamberini come titolo della sua monografia, a titolo di parziale e simpatico risarcimento nei confronti del povero Bernardo Puccini.



Nessun commento:
Posta un commento