Pagine

mercoledì 27 maggio 2015

Teofilo monaco. Le varie arti - De diversis artibus. Manuale di tecnica artistica medievale. A cura di Adriano Caffaro, 2000

English Version

Teofilo Monaco
Le varie arti – De diversis artibus
Manuale di tecnica artistica medievale

A cura di Adriano Caffaro


Salerno, Palladio editrice, 2000


 Ruggero di Helmarshausen (Teofilo monaco?), Altare portatile, 1107-1127 circa
Fonte: http://www.uni-muenster.de/Kultbild/missa/bilder/realien/tragaltar04.html

[N.B. Su Teofilo si veda in questo blog anche: Heidi C. Gearhart, Il ‘De Diversis Artibus’ di Teofilo.
La figura dell’artista e la creazione artistica nel XII secolo, Parte prima, seconda e terza.]


Prima e unica traduzione italiana del De diversis artibus di Teofilo monaco, uno dei testi fondamentali giunti sino a noi a tramandare le tecniche artistiche praticate nel Medio Evo. E già questo è un dato su cui riflettere. Se, infatti, chiediamo a chi si occupi di restauro o studi comunque le antiche tecniche artigianali, quali siano i testi di riferimento in materia la risposta sarà pressoché unanime [1]: Il libro dell’arte di Cennino Cennini e il De diversis artibus del monaco Teofilo. La prima edizione a stampa di quest’ultimo manoscritto è del 1781, e fu pubblicata postuma a cura di Gotthold Eprhraim Lessing (che colse nel trattato le citazioni della pittura ad olio, le quali quindi avrebbero smentito la nota narrazione del Vasari sull’invenzione di tale tecnica da parte dei fratelli van Eyck); nel caso di Cennino, invece, bisognerà aspettare il 1821 per avere un’edizione a stampa (curata da Giuseppe Tambroni).

Eppure, nonostante all’estero siano comparse negli anni diverse edizioni critiche (fra cui ricordiamo quella inglese del Dodwell, risalente al 1961 e ancor oggi di fatto seguita per tutte le traduzioni successive, compresa questa di Caffaro) la fortuna editoriale del De diversis artibus in Italia è nulla. Intendiamoci: gli addetti ai lavori conoscono benissimo l’esistenza di questo trattato scritto in latino ed oggi quasi unanimemente fatto risalire agli inizi del XII, e ne hanno parlato a lungo. Tutto ciò che si è ottenuto, tuttavia, è la ripresa antologica di alcuni passi e un commento introduttivo generale: è il caso ad esempio di Silvia Bianca Tosatti in un suo corso universitario primo edito da Cusl Milano e poi riordinato ed ampliato in Trattati medievali di tecniche artistiche (Milano, Jaca Book, 2007).

Perché Teofilo è stato sostanzialmente ignorato (ed è stato pubblicato da una minuscola casa editrice di Salerno senza grossa eco successiva)? Credo sostanzialmente per motivi di comodità: gran parte di coloro che si interessano di tecniche artistiche medievali sono restauratori o, a loro volta, artisti che desideravano riscoprire (anche per motivi ideali) il fare artistico di quei secoli. Non vi è dubbio che, sotto questo punto di vista il Libro dell’arte di Cennini si mostri molto più organico e completo (specie per quanto riguarda la pittura a fresco) di Teofilo. E tuttavia questo tipo di spiegazione non chiarisce innanzi tutto un dato fondamentale: non ha senso paragonare Teofilo e Cennino; o, a voler parlare spicciolo, è come voler mettere insieme le mele con le pere.


Teofilo e Cennino


Ruggero di Helmarshausen (Teofilo monaco?), Crocifisso proveniente dalla Chiesa di S. Denis a Enger.
Fonte: http://www.kornbluthphoto.com/EngerCross.html

Del Libro dell’Arte di Cennino Cennini sappiamo poco, ma immensamente di più del trattato di Teofilo. Sappiamo, ad esempio, che molto probabilmente risale a fine 1300; che è opera di creazione di un artista (Cennino Cennino) che si proclama erede dei Gaddi e di Giotto; che potrebbe essere stato eseguito su commissione dell’Arte dei pittori di Padova (si veda l’edizione a cura di Fabio Frezzato [3]); che costituisce un vero e proprio manuale (non autosufficiente da solo, ma destinato ad accompagnare la formazione presso un maestro) per l’apprendimento dell’arte del dipingere a partire dal disegno, usando ‘fantasia’ e ‘operazione di mano’.

Teofilo scrive almeno 250 anni prima. Solo uno sciocco che abbia un’idea del tutto appiattita del Medio Evo può pensare che in due secoli e mezzo non sia successo nulla. Il De diversis artibus è il frutto della cultura dei monasteri. Cennino non è un monaco. L’economia di Teofilo è curtense; quella di Cennino esce dalla grande stagione comunale, poi fortemente colpita dalla peste nera del 1348. Teofilo è l’incarnazione dell’Ora et labora; Cennino l’espressione di un’economia corporativa. Due mondi completamente diversi.


Luogo di origine e autore


Copertina di un evengeliario probabilmente appartenuto a Ruggero di Helmarshausen (Teofilo monaco?),
in argento, oro e pietre semi-preziose
Fonte: 
http://www.wga.hu/html_m/r/roger/1cover.html


Immagine dal folio 54 dell'Evangeliario di Ruggero di Helmarshausen
Fonte: 
http://img27.fansshare.com/pic23/w/roger-of-helmarshausen/369/17844_roger_of_helmarshausen.jpg


Molto probabilmente, stando alla citazione che compare nell’esemplare che testimonia la copia del De diversis artibus conservata a Vienna, il trattato è frutto di un ‘Rogerus’, la cui memoria il copista sente la necessità di tramandare: “Theophilus qui et Rogerus”. Albert Ilg, che ne ha curato un’edizione critica nel 1874, nell’ambito della famosissima collana dedicata alle fonti fondata da Rudolf Eitelberg von Edelberg [4] è il primo a suggerire che Rogerus fosse una figura storicamente documentata, ovvero Ruggero di Helmarshausen, monaco benedettino e famoso orafo vissuto nella prima metà del XII secolo, di cui è testimoniato, sia pure in via a volta attributiva, un catalogo di opere che vanno dalla miniatura ai lavori di oreficeria e ad uno scriptorium. La tesi di Ilg è ancor oggi largamente maggioritaria ed è stata confermata dagli studi filologici che tendono a far risalire l’origine delle copie più antiche del trattato al Nord Reno-Vestfalia, ovvero all’area attorno a Colonia. Ciò detto, qui finiscono le (poche) certezze.

Del De diversis artibus (che in realtà è privo di titolo) sopravvivono almeno venticinque testimoni. Ciò dimostra l’importanza che il testo (scritto in latino) si vide riconoscere. Nove sono gli esemplari principali. Gli altri ne contengono estratti o parti unite ad altri gruppi di ricette di natura artistica, alchemica e farmaceutica. Siamo nel labirinto dei ricettari medievali, in cui testi contenenti insiemi di prescrizioni vengono smontati e rimontati a seconda degli interessi degli autori. Non sappiamo a quale stadio corrisponda il De diversis artibus. Se cioè, si tratti di una compilazione di ricette precedenti o se invece si tratti di un testo scritto ex-novo dal suo autore. Né sappiamo con quali intenti il manoscritto sia stato scritto. Ma alcune ipotesi in merito sono state avanzate. Prima di affrontarle, è il caso di descrivere meglio il trattato


Il trattato

Nella sua versione più estesa, il De diversis artibus è composto di tre libri, che comprendono appunto le ricette artistiche. Il primo libro è diviso in 38 capitoli e affronta la pittura su parete, su tavola e su pergamena; il secondo, di 36 capitoli, descrive la fabbricazione del vetro; il terzo è quello nettamente più lungo: si tratta di 96 capitoli dedicati alle tecniche metallurgiche, a partire ovviamente dal più prezioso dei metalli, ovvero l’oro, per proseguire con l’argento e le varie leghe, dall’ottone al rame e così via. Ad ognuno dei tre libri è anteposta una premessa che affronta temi di carattere religioso e nella sostanza giustifica teologicamente l’operato degli artisti e l’utilizzo di prodotti “di lusso” a scopi religiosi.

Particolare delle vetrate della Cattedrale di Chartres
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Gotico#/media/File:Vitrail_Chartres_210209_26.jpg

Le domande che sorgono naturali sono dunque molteplici: posta la disparità nella lunghezza dei libri, e considerato che Teofilo era soprattutto orefice, è lui l’autore di tutti e tre i libri? o a sua volta è ricorso a fonti terze? Le premesse e le ricette sono mano di uno stesso autore o di due soggetti diversi? E, sia in un caso sia nell’altro, quali sono i motivi che hanno portato alla compilazione del De diversis artibus?


Opera originale o rielaborazione di testi precedenti?



Miniatura di Cristo nel Bestiario di Aberdeen, folio 4v.
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Manoscritto_miniato

Qui le risposte sono più delle domande. Per essere brevi: c’è chi ritiene che il trattato sia frutto unico, coerente e strutturato di un solo individuo, appunto il monaco Teofilo; a questo “partito” (a cui daremo ampiamente voce prossimamente su questo blog) ci sembra appartenere anche Adriano Caffaro, ovvero colui che ha operato la presente edizione italiana a partire dall’edizione stabilita da Dodwell nel 1961. D’altro canto, vi sono ricercatori che, a partire dall’analisi delle evidenze del testo ed operando congetture ragionevoli (anche se del tutto circostanziali) sono approdati a risultati del tutto diversi. È il caso ad esempio di Silvia Bianca Tosatti, al cui Trattati medievali di tecniche artistiche abbiamo già fatto cenno. Secondo Tosatti i tre libri del De diversis artibus sarebbero sì opera di Teofilo, ma solo il terzo (ovvero quello dedicato alla metallurgia) rappresenterebbe un apporto originale dell’autore. Ricostruendo il cammino di una ricetta in particolare (quella sull’oro spagnolo – ovvero l’ottone – e segnalando un testimone (il ms. Egerton840 A conservato alla British Library) contenente il solo primo libro del De diversis artibus in cui in testa compare l’indicazione ‘Tractatus Lumbardicus’, Tosatti sostiene che appunto il primo dei tre capitoli derivi da un ‘proto-trattato’ (a noi non giunto) proveniente dai domini bizantini in Italia, e in particolare dalla Longobardia Minor, ovvero dal Ducato di Benevento. Va peraltro detto che gli ‘spostamenti geografici’ di ricette fra loro molti simili in tutta Europa sono uno dei campi di ricerca più affascinanti ed insidiosi della filologia, e in genere si reggono sull’ipotesi di trasmissioni avvenute in occasione di visite di monaci a famosi monasteri dello stesso ordine: nel nostro caso si pensa al fatto che Teofilo (o chi per lui) possa aver trovato una copia del proto-trattato presso l’abbazia di Montecassino. Per il secondo libro (“un piccolo capolavoro” cfr. Tosatti p. 74) Tosatti pensa ad una compilazione di fonti preesistenti con elementi originali. Ma la studiosa va oltre: e legge nella struttura dell’opera, e in particolare nei tre prologhi, il segno evidente di un intervento a quattro mani.
 

Le cause all’origine della stesura del trattato

Su un cosa quasi tutti sono d’accordo: il De diversis artibus è un capolavoro, “un’opera grandiosa, in cui si attinge a quanto di meglio si poteva trovare in campo internazionale sulle rispettive arti” (Tosatti, p. 76).

Dal riconoscimento dell’importanza dell’opera, al di là del fatto che essa possa essere del tutto originale o che invece abbia natura eterogenea, sorge spontanea una domanda: perché fu scritto? Ancora Tosatti (ma Dodwell prima di lei, e molti altri) ritiene che il De diversis artibus rappresenti una risposta teologica e strutturata alla predicazione dell’ordine cistercense, che proprio nella zona di Colonia aveva preso più piede attorno al XII secolo. Attorno al cistercense Bernardo di Chiaravalle si viene a coagulare agli inizi del 1100 una forma di rigetto nei confronti dell’assenza di povertà e di austerità (e di conseguenza di santità) dei monasteri benedettini; i monasteri cistercensi si pongono in aperta competizione con quelli benedettini preesistenti rivendicando un’interpretazione più pura e santa della regola di San Benedetto. Bernardo contesta anche il lusso e lo sfarzo delle decorazioni artistiche.

Il De diversis artibus rappresenterebbe dunque una risposta urgente alle critiche di Bernardo di Chiaravalle, tanto più necessaria perché i cistercensi conoscono ampio successo nella zona di Colonia. Alla base del suo esistere sarebbe un diverso modo di intendere l’ “ora et labora” (più meditativo e spirituale, nonché più povero)  da parte dei cistercensi. Sotto questo punto di vista ne consegue che il trattato di Teofilo sarebbe “anche” un trattato di tecniche artistiche, in cui si esalta il lavoro del monaco artista, ma sarebbe soprattutto un progetto teologico. Ed essendo tale non potrebbe essere che stato commissionato a Teofilo da un teologo colto, che si sarebbe fatto carico di scrivere (o di rivedere ampiamente) le tre premesse in cui si affrontano i temi religiosi: “nei prologhi è contenuta una difesa del lusso benedettino, nello specifico delle arti, che ne fa un contrattacco alle posizioni cistercensi, che col loro messaggio nuovo e integro minacciano su più piani l’ordine benedettino” (Tosatti, p. 81). L’autrice propone in merito Wibaldo, abate di Stavelot (un monastero con forti legami con Helmarshausen) e già abate di Montecassino, oppure Reginhard, ovvero l’abate stesso di Helmarshausen.



Ecco quindi che ciò che oggi ci appare semplicemente un ricettario assume una valenza assai più complessa e carica di significati. È davvero un peccato che, per leggerlo in italiano, si sia dovuta attendere la benemerita versione di Adriano Caffaro: pubblicata con una veste grafica improbabile, con una delle copertine più brutte degli ultimi decenni ed una carta pessima, si rivela comunque utile. A maggior ragione se si pensa che si tratta di un libro in sostanza privo di qualsiasi distribuzione e di fatto introvabile. Siamo probabilmente di fronte ad una delle più grandi sviste dell’editoria artistica italiana.


NOTE

[1] La pensa diversamente Mark Clarke, che nel 2011 ha pubblicato la sua edizione critica del Liber diversarum arcium, a suo dire la raccolta più completa delle tecniche praticate in epoca medievale. Si veda Mark Clarke, Mediaeval Painters’ Materials and Techniques. The Montpellier Liber diversarum arcium, Londra, Archetype Publications, 2011.

[2] Theophilus, The Various Arts, a cura di C.R. Dodwell, Londra-Edinburgo, T. Nelson and Sons Ltd, 1961.

[3] Cennino Cennini, Il libro dell’arte, a cura di Fabio Frezzato. Vicenza, Neri Pozza, 2003.

[4] Theophilus Presbyter, Schedula diversarum artium, a cura di Albert Ilg, in Quellenschriften für Kunstgeschichte und Kunsttechnik desMittelalters und der Renaissance, 7 (Vienna, 1874). Sulla figura di Albert Ilg e sulla collana di Rudolf Eitelberger si rinvia in questo blog a Francesco Mazzaferro, Albert Ilg e Julius von Schlosser: due modi diversi di intepretare Cennino Cennininell’Austria-Ungheria del 1871 e del 1914.

11 commenti:

  1. Addenda (16.6.2015): mi corre l'obbligo di correggere quanto scritto nella recensione qui sopra. Quella curata da Adriano Caffaro non è l'unica traduzione italiana del 'De diversis artibus'. Qualche anno dopo, nel 2005, ne è uscita una seconda, a cura di Michelino Grandieri, con traduzione e note di Antonella Tantalo, per i tipi dell'editore B.A. Graphis di Bari. Anche questa edizione ha avuto tuttavia una distribuzione estremamente limitata. La traduzione, in realtà, è stata eseguita nel 1999, come mi riferisce la stessa Dr.ssa Tantalo, che con grande cortesia mi ha inviato una copia dell'opera e che quindi mi corre l'obbligo di ringraziare in maniera speciale.
    Giovanni Mazzaferro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Gentilissimo Giovanni, sono una studentessa dell'accademia di belle arti di Carrara, sto scrivendo una tesi sulle tecniche costruttive della vetrata istoriata e a questo scopo cerco disperatamente il testo di Grandieri/Tantalo che lei cita nel precedente commento. Il suddetto testo risulta esaurito, lei sa come posso procurarmelo? Può mettermi in contatto con i curatori? La ringrazio per l'attenzione, Caterina Matteoli
      cate.matteoli@gmail.com

      Elimina
    2. Ciao Caterina. Ti rispondo privatamente.

      Elimina
    3. Gentile Giovanni Mazzaferro,
      le scrivo poiché interessato all'acquisto dell'edizione curata da Caffaro o, in alternativa, di quella curata da Grandieri/Tantalo.
      Sarebbe così gentile da indicarmi dove poterle reperire?
      La ringrazio anticipatamente per l'attenzione.
      Cordiali saluti,
      Mauro Stelletti

      mauro.stelletti@gmail.com

      Elimina
    4. Gentile Dott. Mazzaferro,
      mi accodo alla richiesta di Caterina, in quanto anch'io mi trovo nella condizione di aver bisogno del testo nell'edizione B.A. Graphis per ragioni di studio universitario. Ho già controllato tramite ricerca nel catalogo del servizio bibliotecario nazionale, ma risultano solamente 5 esemplari, di cui nessuno in biblioteche a me facilmente raggiungibili.
      Le sarei grata se potesse fornirmi una qualche indicazione per poter recuperare il volume in questione.

      Cordialmente,

      Valeria

      20025191@studenti.uniupo.it

      Elimina
  2. La traduzione effettuata da Adriano Caffaro, non solo contiene numerosi errori ma è spesso fuorviante. Se ne può accorgere anche solo chi abbia fatto il triennio di latino alle scuole medie inferiori e confronti il testo originale alla versione italiana. Non vale la pena di scrivere altro che poche righe senza peraltro entrare a descrivere errori, incomprensioni e interpretazioni tecniche vistosamente errate: sono " Legione:
    La comprensione degli elementi tecnici è poi pressocchè nulla.
    Menomale che ha avuto una diffusione limitata!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non entro nelle questioni tecniche, anche se mi pare un giudizio poco generoso (e che bisognerebbe accompagnare con l'indicazione di nome e cognome di chi lo avanza). A Caffaro resta comunque il merito di aver operato la prima traduzione italiana

      Elimina
  3. Buonasera, sono un rievocatore storico interessato all'edizione in questione del Teofilo tradotta in italiano. Ho girato per tantissime librerie e contattato la casa editrice ma nulla.
    Ci sono informazioni preziosissime in quel libro. E' possible avere un recapito o un contatto per avere una copia del libro? Grazie in anticipo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Contattatemi per mail se possibile alessandro.palmer@gmail.com. Grazie infinite!

      Elimina
  4. Gent.mo Dott. Mazzaferro, Le sarei davvero grata se come per i colleghi che mi hanno preceduta nella richiesta potesse aiutare anche la mia ricerca dell'edizione Grandieri-Tantalo, per i miei studi universitari e formazione professionale.

    Nell'attesa porgo

    Distinti saluti

    Paola Albiero

    paola.albiero.firenze@gmail.com

    RispondiElimina
  5. Buonasera,
    È passato del tempo dalla pubblicazione di questo articolo ma spero di poter ricevere aiuto.
    Siamo rievocatori storici, e corremmo ricreare dei manufatti dell’epoca con tecniche e strumenti che solo il trattato di Teofilo sembra descrivere. Avremmo davvero necessità di procurarci una copia tradotta in italiano ma sembra esaurito ovunque. Qualcuno può aiutarmi?
    bzanchetta.rn@gmail.com

    RispondiElimina