Intervista a Levalet
in occasione della realizzazione di
The Hunt – La caccia.
Bologna, maggio 2015
Nell’ambito della terza edizione bolognese di CHEAP Festival, festival della Street Poster Art, il poster artist francese Levalet (all’anagrafe Charles Leval) ha operato un intervento su uno degli edifici di accesso al parcheggio di Piazza Azzarita a Bologna. Il titolo dell’installazione è The Hunt (La caccia).
The Hunt si compone di una trentina di sagome dipinte a mano in china nera su carta, installate sul muro con la tecnica del paste up.
In questo post trovate le immagini dell’opera.
Cliccando qui potrete accedere al sito personale di Levalet: http://www.levalet.xyz/
A questo link, invece, il testo a commento di The Hunt proposto dagli organizzatori di CHEAP: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.891804604212719.1073741894.462149573844893&type=1
A noi l’opera di Levalet è parsa particolarmente intrigante, motivo per cui abbiamo deciso di contattarlo e di proporgli un’intervista. Lo ringraziamo per averla accettata (così come ringraziamo gli organizzatori di CHEAP per averci messo in contatto). (Giovanni Mazzaferro)
A COLLOQUIO CON LEVALET
D. Come mai nell’ambito della Street Art, hai scelto la strada del disegno a china su poster? Si può dire che le tue sono opere grafiche monumentali?
R. Ho scelto questa tecnica perché mi permette di preparare i miei disegni in studio nelle migliori condizioni, di disegnare rapidamente grazie all’inchiostro su china e poi di incollare molto rapidamente le mie installazioni. Le mie opere normalmente non sono di dimensioni così monumentali; quindi più che dei monumenti, le definirei come delle messe in scena grafiche.
D. Quanto c’è di rivisitazione dell’antico nei tuoi lavori? Il rinoceronte del tuo ‘The Hunt’ è un diretto discendente del Rinoceronte di Albrecht Dürer?
R. Ho studiato arti plastiche e storia dell’arte e dunque i riferimenti all’antico, in particolare alla pittura classica, si propongono nel mio lavoro al di là delle mie intenzioni consapevoli. Per questo lavoro, evidentemente ho pensato al rinoceronte di Dürer come simbolo dell’animale mitico. La differenza principale è tuttavia che il rinoceronte di Dürer è asiatico mentre il mio è africano.
D. Ti immagini come erede della tradizione della pittura murale?
R. Assolutamente no. Al contrario dei muralisti io non arrivo a considerare il muro come una tela vergine, e non giungo mai a dimenticare la realtà del muro in rapporto al suo ruolo di supporto. Mi sento piuttosto ben più erede dei pittori che operavano nelle chiese, che non avevano altra scelta se non integrare l’architettura nella composizione della loro pittura.
D. ‘The Hunt’ è una caccia senza violenza e dramma, ma semmai ironica e surreale. Quanto conta l’ironia nelle tue opere?
R. Lo scopo per me era, in effetti, di mostrare innanzi tutto l’agitazione assurda che precede la scena della caccia piuttosto che la caccia in se stessa, e quindi l’esito finale della storia resta aperto. L’ironia e l’umorismo, più in generale, sono onnipresenti nel mio lavoro perché sono per me una maniera di rendere a livello figurativo l’inutilità dell’azione.
D. Chi è il cacciatore imbranato della tua caccia?
R. Ce ne sono parecchi. I miei cacciatori hanno qualcosa di animalesco, nel senso che non sembrano affatto padroneggiare la tecnica della caccia e si lasciano guidare dal loro istinto. Più che dei cacciatori, sono dei predatori. Hanno tutti a caratterizzarli una qualche forma di goffaggine; sono rumorosi, codardi, iperattivi, fannulloni…
D. Il cacciatore sembra quasi un mimo che entra in azione su una scena teatrale. Esiste un legame fra la tua arte e il teatro?
R. Sì, provengo dal teatro d’improvvisazione e si tratta sempre di una pratica che guida il mio lavoro. Io disegno a partire da una foto e dunque il lavoro sui corpi, sul linguaggio fisico per me è molto importante.
D. I gesti del cacciatore possono essere visti anche come fermi-immagine di una sequenza cinematografica. Esiste un legame col cinema?
Ci può essere ugualmente un legame con il cinema perché prima di dedicarmi al disegno ho lavorato per numerosi anni sulle installazioni video. E in più, il cinema muto è per me una vera fonte d’ispirazione e dei comici come Buster Keaton sono dei modelli.
D. Se ogni opera d’arte è per sua natura deperibile, la tua è addirittura precaria. Fra un anno potrebbe non esserci più; fra un giorno potrebbe essere deturpata da chiunque. La precarietà della tua opera è la precarietà della vita dell’uomo moderno?
R. Io considero le mie opere prima come degli avvenimenti più che opere senza tempo ed immutabili. Vi è certamente una poetica dell’effimero che nasce senza dubbio da questo genere di pratiche e che fa riferimento evidentemente alla condizione umana ma anche alla velocità e alla deteriorabilità delle nostre società moderne.
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