English Version
Giovanni Mazzaferro,
Le Belle Arti a Venezia
nei manoscritti di Pietro e Giovanni Edwards,
goWare editore, 2015
Giovanni Mazzaferro,
Le Belle Arti a Venezia
nei manoscritti di Pietro e Giovanni Edwards,
goWare editore, 2015
Introduzione
In data 10 aprile 1836 il Dipartimento della
Pubblica Istruzione dell’Imperial Regio Governo austriaco trasmette ad Antonio Diedo (all’epoca Segretario e facente funzione di
Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia) un lungo manoscritto, opera
di Giovanni Edwards O’Kelles. Quest’ultimo era l’unico figlio di Pietro
Edwards, vero e proprio deus ex machina
degli ambienti artistici veneziani negli anni fra il 1770 ed il 1820 circa. Il
testo di Giovanni è accompagnato da una lettera [1] che riporta il titolo
dell’opera:
“Giovanni Eduardo O’Kelles [2] di questa Città ha presentato un
suo Libro manoscritto avente per titolo Repertorio Generale delle Venete
Belle Arti”.
Il manoscritto consta di tre parti: una prima
dedicata alla storia della pittura della Serenissima, o, per meglio dire, alla
storia delle forme associative fra artisti veneziani [3]; una seconda si occupa
della ‘Custodia delle Pubbliche Pitture’, in cui si riconoscono tre distinti
momenti: ‘revisione’, ‘restauro’ e ‘preservazione’ [4]; l’ultima parte contiene
una bozza di riforma regolamentare dell’Accademia, accompagnata da misure per
il contenimento delle spese di gestione della medesima [5].
Il manoscritto è datato 12 aprile 1833, ma, come
visto, viene trasmesso a Diedo il 10 aprile 1836, ovvero tre anni dopo. Non è
noto cosa sia successo in quei tre anni: se cioè sia stato consegnato
immediatamente da Giovanni o solo in tempi successivi. C’è però una certezza:
da evidenze interne non risultano aggiunte successive alla data dell’aprile
1833. La risposta di Diedo [6] viene inviata il 12 giugno 1836. Assieme
ad essa, Diedo restituisce l’originale (di cui ad oggi non si
ha traccia), non senza aver prima provveduto a far redigere una copia del
manoscritto stesso. È
questa copia, che consiste di 263 carte fronte-retro, ad essere conservata
negli archivi dell’Accademia. La trascrizione non riporta il titolo completo
dell’opera, che però possiamo dedurre dalla lettera di accompagnamento citata
all’inizio [7].
Il Repertorio
Generale è sostanzialmente inedito. Ne pubblica trenta carte (precisamente
dalla fine della 107v. al fondo della 137v.) Mary Philadelphia Merrifield nei suoi Original
Treatises on the Arts of Painting [8], straordinaria antologia di
manoscritti dedicati alle tecniche artistiche degli Old Masters italiani. È
proprio seguendo alla lettera le indicazioni della Merrifield (una fonte
del tutto attendibile in questo genere di informazioni) che è stato possibile
rintracciare lo scritto di Giovanni Edwards [9].
Il vero protagonista delle prime due parti del
manoscritto è Pietro Edwards. Lo è esplicitamente, quando Giovanni fornisce
indicazioni e cita testualmente scritti del padre, riportando informazioni ad
oggi ignote e preziose [10]. Ma lo è soprattutto perché la prima e seconda
parte del Repertorio Generale sono,
di fatto, un’antologia degli scritti di Pietro [11]. Un’antologia di cui
Giovanni (il figlio) occulta volutamente l’autore, attribuendosene la
paternità: le uniche variazioni sono quelle volte a rimuovere ogni riferimento
al vero estensore del testo e ad operare modifiche di ordine stilistico,
ritenute probabilmente necessarie per svecchiare il lessico di scritti
risalenti a quarant’anni prima. Naturalmente un’affermazione di questo tipo non
può prescindere dal confronto e dall’esame accurato di tutti i manoscritti di
Edwards padre ad oggi conservati negli archivi veneziani. È solo tramite questo
spoglio sistematico che è stato possibile segnalare nelle note al Repertorio Generale non solo quali brani
sono stati tratti da documenti di Pietro oggi disponibili (e a volte tuttora
inediti); ma anche individuare con ragionevole certezza i contenuti di
manoscritti che sappiamo essere stati scritti dal padre e ad oggi smarriti. In
un caso, addirittura, il lettore avrà modo di operare direttamente il confronto:
si è ritenuto infatti di proporre in Appendice III il testo trascritto di uno
dei manoscritti di Pietro, l’Antichità
dell’Unione dei Pittori in Vinezia [12]. Nella sostanza, Giovanni Edwards
appare essere in possesso, nel 1833, di tutta la documentazione Edwards
conservata oggi presso la Biblioteca del Seminario Patriarcale e di molti altri
testi di Pietro di cui si ignora la sorte. La sola parte del Repertorio di cui Giovanni sembra essere
il vero autore è la terza (ovvero il piano di riforma dei regolamenti
accademici).
Al lettore si chiede uno sforzo particolare. Non
tanto nel cercare di comprendere questo o quel passaggio, ma nel
contestualizzare il Repertorio Generale
in due epoche diverse. Inizialmente, prendendo in considerazione le sole parti
prima e seconda, cercheremo di dimostrare che la parabola di Pietro Edwards ha
il suo culmine negli anni della Repubblica Veneta, e non dopo la sua caduta.
Edwards è un uomo che, grazie alle sue indiscutibili capacità tecniche, al
dinamismo, alle doti organizzative e alla sua visione politica copre tutte le
cariche più importanti della morente Repubblica, fino a ricevere carta bianca
(1792) per la completa revisione del sistema delle Belle Arti. È strettamente e
sinceramente legato alla tradizione della Serenissima, il cui tracollo rimette
peraltro in discussione tutta la struttura amministrativa veneziana, e con essa
anche il ruolo di Edwards, che cerca inutilmente di tornare a riassumere la leadership di cui ha goduto negli ultimi
vent’anni del Settecento. Cercheremo di dimostrare che, oltre all’attività di
restauro e all’attenzione per l’organizzazione del mondo delle arti liberali,
Edwards padre coltiva per trent’anni il progetto ambizioso di creare una
Galleria dei Pittori Veneti, organizzata cronologicamente per serie complete. È questo progetto che lo
induce a divenire Delegato ai Beni della Corona nel corso della dominazione
francese (1806): considerato da molti come l’artefice materiale della dispersione
del patrimonio pubblico veneto in Francia, in Austria e a Milano, Edwards
contrasta in realtà tale fenomeno e opera per conservare i quadri pubblici in
un museo che rappresenti un omaggio (postumo) alla Repubblica di Venezia.
Purtroppo per lui, non se ne farà nulla.
Poi chiederemo al lettore di fare un salto in avanti
di trent’anni. Di spostarsi idealmente al 1833, anno in cui il figlio Giovanni
scrive il Repertorio Generale. Di
comprendere che, a quella data, la prima e la seconda parte del manoscritto
sono diventate solamente propedeutiche alla terza; e che la terza, oltre a
lasciar emergere mire di carattere personale, costituisce un tentativo
(inutile, anacronistico, ma di cui tener conto) di ricondurre l’Accademia, nel
frattempo apertasi all’insegnamento di “forestieri”, nell’alveo della
tradizione squisitamente veneziana. Non si può trascurare, infatti, che una
delle proposte avanzate da Giovanni è la sostituzione dei maestri di Pittura,
Scultura ed Architettura con esponenti del mondo artistico locale.
Nei prossimi due capitoli ci occuperemo prima di
Pietro e poi di Giovanni.
Versione ebook: euro 4,99
Versione cartacea: euro 12,99
NOTE
[1]
Lettera N. 3663/206 Pubblica istruzione del 10 aprile 1836. Vedi Appendice I. La lettera è conservata nelle Carte Diedo, busta 39, fasc. 13
Organizzazione accademica dell’Archivio Storico dell’Accademia di Belle
Arti in Venezia (d’ora in poi A.A.V.). Il fascicolo 13 contiene diversi
documenti, fra cui la trascrizione del manoscritto, e la risposta di Diedo al Governo. Tutto l’incartamento è
inventariato sotto la dicitura “Proposte di riforma dell’Accademia di Giovanni
Edwards O’Kelles, figlio di Pietro Edwards già conservatore delle Gallerie, e
sua opera manoscritta Repertorio generale delle belle arti
1833”.
[2] Il cognome Edwards viene sovente italianizzato e
storpiato in “Eduardo”, lasciando equivocare che si possa trattare di nome
proprio di persona.
[3] “Storia della
Organizzazione Civile delle Arti Belle in Venezia dall’Anno 1100, sino al 1808.
Nella quale sono riposte le cagioni intime della fioritura e del decadimento
loro”.
[4] “Provvedimenti
Governativi intorno alla Revisione, Ristaurazione, e Preservazione delle
Pitture di Sovrana Appartenenza collocate testè Pubblici Palazzi, Fabbriche
Erariali e Chiese di R. jus-patronato, sì prima che dopo le Revocazioni
Demaniali o sia dall’anno 1686, sino a circa il 1819”.
[5] “Prospetto di
regolazione per la R. Veneta Accademia delle Arti Belle dedotto dalla Storia
della loro Organizzazione Civile (…) da quella de’ Provvedimenti Pubblici delle
R. Pitture (…) nonché dal sistema di fondazione 1808 e stato corrente delle
cose”.
[6] Si veda Appendice II.
[7] Le carte della copia sono numerate a matita in alto a
destra, in corrispondenza dei soli recti.
Curiosamente, la numerazione (che è progressiva) si limita alle sole due prime
parti, tralasciando la terza. In questa edizione, banalmente, abbiamo
provveduto alla numerazione di quest’ultima sezione che però – lo si ripete –
non compare nell’esemplare conservato all’Accademia.
[8] Mary P. Merrifield, Original Treatises, Dating from
the XIIth to the XVIII Centuries on the Arts of Painting…, Londra, John
Murray, 1849. Ristampato
in più occasioni da Dover Publications. Si veda, nell’anastatica del 1967 in
due volumi, il volume II, pp. 849-884. Sulla figura straordinaria di Mary
Philadelphia Merrifield mi permetto di rinviare ad una serie di
scritti del sottoscritto, di Caroline Palmer e di mio padre, Luciano Mazzaferro, pubblicati online (anche in
inglese) sul blog Letteratura artistica.
[9] “I saw this copy among the Edwards’ papers in the office of the
secretary of the Academy” (Mary P. Merrifield, Original Treatises… cit.,
vol II, pp. 846-847).
[10] Giovanni non cita mai il padre per nome. Fa a lui
riferimento indicandolo di volta in volta con una delle varie cariche che
ricopriva o usando perifrasi. Un esempio a carta 56r: “E se la sollecita mediazione ed attività di
chi qui per modestia non dee nominarsi, non avesse nel 1774 co’ sui uffici…
etc.”
[11] L’unico che se ne sia accorto, per quel che ci risulta,
è Alessandro Conti in Storia del restauro
e della conservazione delle opere d’arte, Milano, Electa, 1973 (consultato
nell’edizione 1988). Non sappiamo se Conti abbia avuto modo di vedere l’esemplare del Repertorio custodito in Accademia (anche
se ci pare logico che in tal caso l’avrebbe citato). Ma confrontando le pagine
tradotte da Merrifield coi documenti e le referte che si conservano
presso la Biblioteca del Seminario Patriarcale capisce che Edwards padre è
l’autore di ampi stralci del testo proposto in inglese e così scrive: “non è sorprendente che in tali circostanze
l’Accademia di Venezia abbia negato il beneplacito alla pubblicazione dello
scritto, implicitamente critico, che Giovanni Edwards aveva compilato da vari
manoscritti paterni” (p. 187).
[12] Pietro Edwards, Antichità
dell’Unione dei Pittori in Vinezia; Origine del loro Colleggio; prerogative
costituzionali ed onorifiche di questo corpo; istituzione dell’Attual Accademia
del disegno con alcuni riflessi sopra l’interno andamento d’essa. Il
manoscritto è conservato presso la Biblioteca Marciana nel codice miscellaneo
It, VII, 1791 (=8978). L’esemplare è già stato segnalato da diversi studiosi,
ma è tuttora inedito. Il primo a indicarlo dovrebbe essere stato Antonio
Dall’Acqua Giusti in L’Accademia
di Venezia. Relazione storica per l’Esposizione di Vienna del 1873,
Venezia, Tipografia del Commercio di Marco Visentini, 1873, ma si veda anche
Elena Bassi, La Regia Accademia di Belle Arti di Venezia, Firenze, Felice Le
Monnier, 1941. Sia Dall’Acqua sia Bassi lo citano come facente parte del vol. XIV del
manoscritto di Giovanni Rossi su Leggi e Costumi Veneziani (p. 35). Si tratta probabilmente della
vecchia segnatura.
Nessun commento:
Posta un commento