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lunedì 27 aprile 2015

Giovanni Mazzaferro, Le Belle Arti a Venezia nei manoscritti di Pietro e Giovanni Edwards. Introduzione

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Giovanni Mazzaferro,
Le Belle Arti a Venezia 
nei manoscritti di Pietro e Giovanni Edwards,
goWare editore, 2015

Introduzione

In data 10 aprile 1836 il Dipartimento della Pubblica Istruzione dell’Imperial Regio Governo austriaco trasmette ad Antonio Diedo (all’epoca Segretario e facente funzione di Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia) un lungo manoscritto, opera di Giovanni Edwards O’Kelles. Quest’ultimo era l’unico figlio di Pietro Edwards, vero e proprio deus ex machina degli ambienti artistici veneziani negli anni fra il 1770 ed il 1820 circa. Il testo di Giovanni è accompagnato da una lettera [1] che riporta il titolo dell’opera:

“Giovanni Eduardo O’Kelles [2] di questa Città ha presentato un suo Libro manoscritto avente per titolo Repertorio Generale delle Venete Belle Arti”.

Il manoscritto consta di tre parti: una prima dedicata alla storia della pittura della Serenissima, o, per meglio dire, alla storia delle forme associative fra artisti veneziani [3]; una seconda si occupa della ‘Custodia delle Pubbliche Pitture’, in cui si riconoscono tre distinti momenti: ‘revisione’, ‘restauro’ e ‘preservazione’ [4]; l’ultima parte contiene una bozza di riforma regolamentare dell’Accademia, accompagnata da misure per il contenimento delle spese di gestione della medesima [5].

Il manoscritto è datato 12 aprile 1833, ma, come visto, viene trasmesso a Diedo il 10 aprile 1836, ovvero tre anni dopo. Non è noto cosa sia successo in quei tre anni: se cioè sia stato consegnato immediatamente da Giovanni o solo in tempi successivi. C’è però una certezza: da evidenze interne non risultano aggiunte successive alla data dell’aprile 1833. La risposta di Diedo [6] viene inviata il 12 giugno 1836. Assieme ad essa, Diedo restituisce l’originale (di cui ad oggi non si ha traccia), non senza aver prima provveduto a far redigere una copia del manoscritto stesso. È questa copia, che consiste di 263 carte fronte-retro, ad essere conservata negli archivi dell’Accademia. La trascrizione non riporta il titolo completo dell’opera, che però possiamo dedurre dalla lettera di accompagnamento citata all’inizio [7].



Il Repertorio Generale è sostanzialmente inedito. Ne pubblica trenta carte (precisamente dalla fine della 107v. al fondo della 137v.) Mary Philadelphia Merrifield nei suoi Original Treatises on the Arts of Painting [8], straordinaria antologia di manoscritti dedicati alle tecniche artistiche degli Old Masters italiani. È proprio seguendo alla lettera le indicazioni della Merrifield (una fonte del tutto attendibile in questo genere di informazioni) che è stato possibile rintracciare lo scritto di Giovanni Edwards [9].

Il vero protagonista delle prime due parti del manoscritto è Pietro Edwards. Lo è esplicitamente, quando Giovanni fornisce indicazioni e cita testualmente scritti del padre, riportando informazioni ad oggi ignote e preziose [10]. Ma lo è soprattutto perché la prima e seconda parte del Repertorio Generale sono, di fatto, un’antologia degli scritti di Pietro [11]. Un’antologia di cui Giovanni (il figlio) occulta volutamente l’autore, attribuendosene la paternità: le uniche variazioni sono quelle volte a rimuovere ogni riferimento al vero estensore del testo e ad operare modifiche di ordine stilistico, ritenute probabilmente necessarie per svecchiare il lessico di scritti risalenti a quarant’anni prima. Naturalmente un’affermazione di questo tipo non può prescindere dal confronto e dall’esame accurato di tutti i manoscritti di Edwards padre ad oggi conservati negli archivi veneziani. È solo tramite questo spoglio sistematico che è stato possibile segnalare nelle note al Repertorio Generale non solo quali brani sono stati tratti da documenti di Pietro oggi disponibili (e a volte tuttora inediti); ma anche individuare con ragionevole certezza i contenuti di manoscritti che sappiamo essere stati scritti dal padre e ad oggi smarriti. In un caso, addirittura, il lettore avrà modo di operare direttamente il confronto: si è ritenuto infatti di proporre in Appendice III il testo trascritto di uno dei manoscritti di Pietro, l’Antichità dell’Unione dei Pittori in Vinezia [12]. Nella sostanza, Giovanni Edwards appare essere in possesso, nel 1833, di tutta la documentazione Edwards conservata oggi presso la Biblioteca del Seminario Patriarcale e di molti altri testi di Pietro di cui si ignora la sorte. La sola parte del Repertorio di cui Giovanni sembra essere il vero autore è la terza (ovvero il piano di riforma dei regolamenti accademici).

Al lettore si chiede uno sforzo particolare. Non tanto nel cercare di comprendere questo o quel passaggio, ma nel contestualizzare il Repertorio Generale in due epoche diverse. Inizialmente, prendendo in considerazione le sole parti prima e seconda, cercheremo di dimostrare che la parabola di Pietro Edwards ha il suo culmine negli anni della Repubblica Veneta, e non dopo la sua caduta. Edwards è un uomo che, grazie alle sue indiscutibili capacità tecniche, al dinamismo, alle doti organizzative e alla sua visione politica copre tutte le cariche più importanti della morente Repubblica, fino a ricevere carta bianca (1792) per la completa revisione del sistema delle Belle Arti. È strettamente e sinceramente legato alla tradizione della Serenissima, il cui tracollo rimette peraltro in discussione tutta la struttura amministrativa veneziana, e con essa anche il ruolo di Edwards, che cerca inutilmente di tornare a riassumere la leadership di cui ha goduto negli ultimi vent’anni del Settecento. Cercheremo di dimostrare che, oltre all’attività di restauro e all’attenzione per l’organizzazione del mondo delle arti liberali, Edwards padre coltiva per trent’anni il progetto ambizioso di creare una Galleria dei Pittori Veneti, organizzata cronologicamente per serie complete. È questo progetto che lo induce a divenire Delegato ai Beni della Corona nel corso della dominazione francese (1806): considerato da molti come l’artefice materiale della dispersione del patrimonio pubblico veneto in Francia, in Austria e a Milano, Edwards contrasta in realtà tale fenomeno e opera per conservare i quadri pubblici in un museo che rappresenti un omaggio (postumo) alla Repubblica di Venezia. Purtroppo per lui, non se ne farà nulla.

Poi chiederemo al lettore di fare un salto in avanti di trent’anni. Di spostarsi idealmente al 1833, anno in cui il figlio Giovanni scrive il Repertorio Generale. Di comprendere che, a quella data, la prima e la seconda parte del manoscritto sono diventate solamente propedeutiche alla terza; e che la terza, oltre a lasciar emergere mire di carattere personale, costituisce un tentativo (inutile, anacronistico, ma di cui tener conto) di ricondurre l’Accademia, nel frattempo apertasi all’insegnamento di “forestieri”, nell’alveo della tradizione squisitamente veneziana. Non si può trascurare, infatti, che una delle proposte avanzate da Giovanni è la sostituzione dei maestri di Pittura, Scultura ed Architettura con esponenti del mondo artistico locale.

Nei prossimi due capitoli ci occuperemo prima di Pietro e poi di Giovanni.


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NOTE

[1] Lettera N. 3663/206 Pubblica istruzione del 10 aprile 1836. Vedi Appendice I. La lettera è conservata nelle Carte Diedo, busta 39, fasc. 13 Organizzazione accademica dell’Archivio Storico dell’Accademia di Belle Arti in Venezia (d’ora in poi A.A.V.). Il fascicolo 13 contiene diversi documenti, fra cui la trascrizione del manoscritto, e la risposta di Diedo al Governo. Tutto l’incartamento è inventariato sotto la dicitura “Proposte di riforma dell’Accademia di Giovanni Edwards O’Kelles, figlio di Pietro Edwards già conservatore delle Gallerie, e sua opera manoscritta Repertorio generale delle belle arti 1833”.
[2] Il cognome Edwards viene sovente italianizzato e storpiato in “Eduardo”, lasciando equivocare che si possa trattare di nome proprio di persona.

[3] “Storia della Organizzazione Civile delle Arti Belle in Venezia dall’Anno 1100, sino al 1808. Nella quale sono riposte le cagioni intime della fioritura e del decadimento loro”.

[4] “Provvedimenti Governativi intorno alla Revisione, Ristaurazione, e Preservazione delle Pitture di Sovrana Appartenenza collocate testè Pubblici Palazzi, Fabbriche Erariali e Chiese di R. jus-patronato, sì prima che dopo le Revocazioni Demaniali o sia dall’anno 1686, sino a circa il 1819”.

[5] “Prospetto di regolazione per la R. Veneta Accademia delle Arti Belle dedotto dalla Storia della loro Organizzazione Civile (…) da quella de’ Provvedimenti Pubblici delle R. Pitture (…) nonché dal sistema di fondazione 1808 e stato corrente delle cose”.

[6] Si veda Appendice II.

[7] Le carte della copia sono numerate a matita in alto a destra, in corrispondenza dei soli recti. Curiosamente, la numerazione (che è progressiva) si limita alle sole due prime parti, tralasciando la terza. In questa edizione, banalmente, abbiamo provveduto alla numerazione di quest’ultima sezione che però – lo si ripete – non compare nell’esemplare conservato all’Accademia.

[8] Mary P. Merrifield, Original Treatises, Dating from the XIIth to the XVIII Centuries on the Arts of Painting…, Londra, John Murray, 1849. Ristampato in più occasioni da Dover Publications. Si veda, nell’anastatica del 1967 in due volumi, il volume II, pp. 849-884. Sulla figura straordinaria di Mary Philadelphia Merrifield mi permetto di rinviare ad una serie di scritti del sottoscritto, di Caroline Palmer e di mio padre, Luciano Mazzaferro, pubblicati online (anche in inglese) sul blog Letteratura artistica.

[9] “I saw this copy among the Edwards’ papers in the office of the secretary of the Academy” (Mary P. Merrifield, Original Treatises… cit., vol II, pp. 846-847).

[10] Giovanni non cita mai il padre per nome. Fa a lui riferimento indicandolo di volta in volta con una delle varie cariche che ricopriva o usando perifrasi. Un esempio a carta 56r: “E se la sollecita mediazione ed attività di chi qui per modestia non dee nominarsi, non avesse nel 1774 co’ sui uffici… etc.”

[11] L’unico che se ne sia accorto, per quel che ci risulta, è Alessandro Conti in Storia del restauro e della conservazione delle opere d’arte, Milano, Electa, 1973 (consultato nell’edizione 1988). Non sappiamo se Conti abbia avuto modo di vedere l’esemplare del Repertorio custodito in Accademia (anche se ci pare logico che in tal caso l’avrebbe citato). Ma confrontando le pagine tradotte da Merrifield coi documenti e le referte che si conservano presso la Biblioteca del Seminario Patriarcale capisce che Edwards padre è l’autore di ampi stralci del testo proposto in inglese e così scrive: “non è sorprendente che in tali circostanze l’Accademia di Venezia abbia negato il beneplacito alla pubblicazione dello scritto, implicitamente critico, che Giovanni Edwards aveva compilato da vari manoscritti paterni” (p. 187).

[12] Pietro Edwards, Antichità dell’Unione dei Pittori in Vinezia; Origine del loro Colleggio; prerogative costituzionali ed onorifiche di questo corpo; istituzione dell’Attual Accademia del disegno con alcuni riflessi sopra l’interno andamento d’essa. Il manoscritto è conservato presso la Biblioteca Marciana nel codice miscellaneo It, VII, 1791 (=8978). L’esemplare è già stato segnalato da diversi studiosi, ma è tuttora inedito. Il primo a indicarlo dovrebbe essere stato Antonio Dall’Acqua Giusti in L’Accademia di Venezia. Relazione storica per l’Esposizione di Vienna del 1873, Venezia, Tipografia del Commercio di Marco Visentini, 1873, ma si veda anche Elena Bassi, La Regia Accademia di Belle Arti di Venezia, Firenze, Felice Le Monnier, 1941. Sia Dall’Acqua sia Bassi lo citano come facente parte del vol. XIV del manoscritto di Giovanni Rossi su Leggi e Costumi Veneziani (p. 35). Si tratta probabilmente della vecchia segnatura.

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