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mercoledì 25 marzo 2015

Giovanni de' Bardi, Ristretto delle bellezze della città di Firenze (a cura di Eliana Carrara)

English Version

Giovanni de’ Bardi
Ristretto delle bellezze della città di Firenze


A cura di Eliana Carrara

Edizioni ETS, 2014

Recensione di Giovanni Mazzaferro



Testimoni

Il Ristretto delle bellezze della città di Firenze è un testo che si tramanda manoscritto. Se ne conoscono al momento tre esemplari: uno custodito presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (ms. Palatino 917), un secondo (ms. A.VI.42) si trova presso la Biblioteca Comunale degli Intronati a Siena, ed un terzo è conservato nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (Riccardiano 2020). In tutti i tre i casi si tratta di testimoni anepigrafi ed adespoti (ovvero privi di titolo e dell’indicazione dell’autore).

Eliana Carrara, tuttavia, che ne cura la presente edizione critica, conducendola sull’esemplare Palatino ed indicando man mano le varianti degli altri due, riesce ad individuarne sia autore sia data di stesura a partire da evidenze interne del testo. Veniamo così a sapere (e la dimostrazione è convincente) che l’autore dell’opera è Giovanni de’ Bardi (cfr. p. 10), figura di spicco del milieu culturale mediceo negli anni di Francesco I de’ Medici. E capiamo inoltre che il Ristretto viene compilato agli inizi del 1592, quando Francesco è morto da qualche anno (1587) e al potere è salito suo fratello, ovvero Ferdinando I (cfr. p. 13).


Un testo cortigiano

Sono dati da tener in grande considerazione. Il Ristretto è, infatti, un’opera sostanzialmente cortigiana, dedicato alla consorte di Ferdinando, Cristina di Lorena, che lo ha sposato nel 1589. È del tutto evidente che lo scopo ultimo dello scritto è quello di assicurarsi le grazie della granduchessa, a scopo del tutto personale. Il passaggio di consegne fra Francesco e Ferdinando, proprio in quei mesi, sta comportando il ricambio dell’entourage del Granduca. Ferdinando vuol segnare una netta distinzione rispetto alla gestione e ai collaboratori di Francesco, ed ovviamente il fatto che Cristiano de’ Bardi sia stato uno di questi ultimi lo pone in posizione di particolare debolezza. Va peraltro detto che, in tal senso, il Ristretto non ebbe alcun effetto, posto che l’autore si trasferì a Roma proprio nel 1592 e lì rimase per più di un decennio.

Un’opera cortigiana, si diceva, con le caratteristiche di tutta questa letteratura. Sicuramente non una guida artistica della città, come può essere considerato (pur con noti limiti) il Memoriale di Francesco Albertini (1510) e come senz’altro erano Le bellezze della città di Firenze, pubblicate appena qualche mese prima del testo bardiano (1591) da Francesco Bocchi. Per “bellezze della città di Firenze”, infatti, Bardi intende non tanto le opere d’arte che era possibile visitare, ma, più in generale, tutte le qualità, dipendenti dalla natura o dall’uomo, che caratterizzavano la capitale del granducato mediceo: dalla salubrità del clima, alla ricchezza delle acque, dalla prosperità dei commerci al sistema di governo e, naturalmente, alla saggezza di chi governava. Il tutto viene esposto secondo precise regole retoriche e seguendo modelli letterari precedenti che la curatrice non manca di individuare e di sottoporre all’attenzione del lettore.

Andrea del Sarto, Punizione dei bestemmiatori, (1509-1510 circa)
Firenze, Basilica della Santissima Annunziata 


Il gusto a Firenze alla fine del Cinquecento

Ad una prima occhiata, dunque, la lettura del Ristretto potrebbe sembrare deludente; sicuramente lo è se ci si pone in un’ottica ‘positivista’ e si fa un arido elenco di ciò che non viene detto, piuttosto che concentrarsi su ciò che si può leggere.

Andrea del Sarto, Liberazione di un'indemoniata (1509-1510 circa)
Firenze, Basilica della Santissima Annunziata

Andrea del Sarto, Morte di San Filippo Benizzi e resurrezione di un fanciullo (1510),
Firenze, Basilica della Santissima Annunziata

E qui viene il merito principale di Eliana Carrara. Perché quando ci si trova di fronte a testi come questo di  Bardi, la vera abilità sta nel leggere in controluce. Se l’occhio si fa più acuto è possibile cogliere aspetti di estremo interesse. Ad esempio si può notare che se il mito di Michelangelo (morto nel 1564) continua ad essere persistente, esso è affiancato dal recupero di eccellenze quattrocentesche: Brunelleschi innanzi tutto, ma anche Leon Battista Alberti e Donatello. Le citazioni (ridottissime in generale) relative agli artisti del Cinquecento si limitano di fatto all’Ammannati (circostanza che Carrara spiega con la reciproca frequentazione fra l’architetto fiorentino e Ferdinando de’ Medici; una citazione ‘cortigiana’, quindi) e ad Andrea del Sarto. E qui la curatrice non manca di segnalare che si tratta di una precisa spia del gusto dei tempi. La rivalutazione di Andrea del Sarto è un fenomeno tangibile nella Firenze di fine Cinquecento. Una prima prova la si ha con il Discorso sopra l’eccellenza delle opere di Andrea del Sarto, pittore fiorentino, composto da un giovanissimo Bocchi nel 1567; e proprio nelle Bellezze della città di Firenze pubblicate da Bocchi nel 1591 il pittore assurge a gloria assoluta. Dopo aver citato le molte doti di Michelangelo e di Raffaello, Bocchi aggiunge: “…ma senza dubbio è sovrano Andrea, però che non con arte né con ingegno humano pare che siano fatte le sue figure, ma prodotte mirabilmente dalla natura”.


Andrea del Sarto, Devozione dei fiorentini alle reliquie di San Filippo Benizzi (1510),
Firenze, Basilica della Santissima Annunziata

Andrea del Sarto, San Filippo Benizzi risana un lebbroso (1510)
Firenze, Basilica della Santissima Annunziata

È evidente che de’ Bardi mostra gli stessi gusti di Bocchi (e ne è fortemente influenzato). Lasciamo direttamente la parola alla curatrice: “Prendere in esame il Ristretto di Bardi permette… di leggere in filigrana la temperie culturale fiorentina in un momento cruciale della sua storia, non solo da un punto di vista meramente cortigiano di cambio dell’establishment al potere, con il conseguente terremoto di prebende e di favori ad esso legati, ma soprattutto in uno snodo estremamente importante sul piano della storiografia artistica. Siamo, infatti, negli anni in cui Firenze la lezione delle Vite del Vasari [n.d.r. la seconda edizione delle Vite è del 1568], sentita come non più consona, viene superata in una rivisitazione del grande passato quattrocentesco della città (riscontrabile anche in ambito architettonico) che arriva ad inglobare il cinquecentesco Andrea del Sarto, in una risposta tutta locale – ed in sé perfettamente compiuta – alle glorie ormai romane di Raffaello e di Michelangelo. Era la via già indicata, peraltro, dal Bocchi fin dal 1584, quando pubblicando l’Eccellenza del san Giorgio di Donatello aveva spezzato il perfetto dittico vasariano (e borghiniano) sintetizzato nell'indovinata formulazione «O lo spirito di Donatello opera nel Buonarroto, o quello di Buonarroto antecipò di operare in Donato», per concedere senza indecisioni la palma della vittoria allo scultore dell’Umanesimo fiorentino” (pp. 25-26).

Riletto e contestualizzato nell’ottica che Carrara ha brillantemente riassunto nelle righe sopra riportate, l’intero Ristretto rivela un interesse storico ben maggiore di quanto inizialmente si sarebbe potuto dire.

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