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venerdì 6 marzo 2015

Giovanni Mazzaferro. Il 'Libro dell'Arte' di Cennino Cennini (1821-1950): un esempio di diffusione della cultura italiana nel mondo. Parte terza

English Version

Giovanni Mazzaferro
Il Libro dell'Arte di Cennino Cennini (1821-1950): un esempio di diffusione della cultura italiana nel mondo. Parte terza

estratto da
Zibaldone. Estudios italianos de la Torre del Virrey vol III, numero 1, gennaio 2015



Mariotto di Nardo (?). Affreschi della ex-Cappella di San Nicolò di Santa Maria Novella, Firenze


Questo saggio è stato pubblicato sul numero 1, gennaio 2015 della rivista online Zibaldone. Estudios italianos de la Torre del Virrey. E' consultabile anche in formato pdf cliccando qui:

Per gentile concessione dell'editore lo riproduciamo ora su Letteratura artistica, diviso in tre parti, fornendone anche la traduzione inglese

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Fra le due grandi guerre: Cennino in giro per il mondo. La I Guerra Mondiale guerra mondiale spazza via il mondo dell’Art Nouveau. E tuttavia Cennino, dopo un decennio di sostanziale silenzio, riprende a vivere e a diffondersi, seguendo percorsi a volte inattesi. Naturalmente, si perde l’afflato spirituale e aumenta l’interesse tecnico-scientifico nei confronti del testo. Non abbiamo qui tempo e modo di seguire i tanti rivoli che, all’improvviso, riaffiorano in giro per il mondo. Bisognerà tuttavia segnalare che già prima del 1924 viene approntata un’edizione giapponese, a cura di Nakamura Tsune (l’edizione purtroppo vedrà la luce solo quarant’anni dopo); [38] e, andando in ordine cronologico, bisognerà citare due edizioni polacche (1933 e 1934), [39] una rumena (1936?), [40] ed una norvegese addirittura nel corso della seconda Guerra mondiale (1942). [41] 

L'edizione giapponese del Libro dell'Arte

La prima pagina del Libro dell’Arte nell’edizione di Samuel Tyszkiewicz del 1934,
esposta alla mostra al Museo Storico di Varsavia, 2009.
Si vedono i legni usati per incidere la cornice xilografica, disegnata secondo modelli rinascimentali
L'edizione rumena del 1936

Ma io voglio qui soffermarmi su due edizioni coeve, espressione di due mondi totalmente agli antipodi: quella americana e quella russa del 1933.

Daniel Varney Thompson è il traduttore della terza edizione in lingua inglese (la prima negli Stati Uniti) del Libro dell’Arte

Daniel Varney Thompson

Il suo approccio al testo avviene direttamente sui manoscritti. Nel 1932 pubblica una nuova versione italiana dell’opera cenniniana (la quarta, dopo Tambroni, Milanesi e Simi); l’anno dopo produce la sua traduzione inglese. [42] Thompson è, dal 1926, professore universitario di Storia dell’Arte e di Pittura a Tempera a Yale. Il suo testo è di impronta chiaramente didascalica e divulgativa: “I have… tried in my translation to give first place wherever possible to the convenience of the practicing student and painter”. [43] Si tratta, a mio avviso, della miglior traduzione del testo in altra lingua. Più di quarant’anni dopo, Thompson ebbe modo di fare alcune considerazioni sulla sua fatica giovanile, considerazioni che, fortunatamente, ci sono giunte tramite alcune registrazioni. Non starò qui a riproporle. Ma c’è una consapevolezza che non ho trovato in nessun altro traduttore precedente o successivo; ovvero che, quando ci si trova di fronte a un testo come quello di Cennino, il problema di chi deve tradurre è duplice: da un lato permettere al lettore di risparmiare il tempo che perderebbe nel consultare un vocabolario; dall’altro (e molto prima) di comprendere e verificare sperimentalmente le ricette esposte dall’autore. Dice Thompson “Potrei riassumere le difficoltà [n.d.r. che ho incontrato nel tradurre Cennini] dicendo che normalmente non è molto difficile tradurre con accuratezza quello che sapete che un autore vuole dire. Ma se non lo sapete, si finisce per incorrere negli errori che ho fatto io”. [44] Difficile dargli torto.

L’edizione russa è invece tradotta da Alla Nicolaevna Luzhetskaya, con il commento di Аleksey Aleksandrovich Rybnikov. [45] Siamo in pieno regime stalinista. 

L'edizione russa del Libro dell'Arte

Citarla mi permette di accennare a un aspetto molto interessante, ovvero alla politica svolta dal regime nella traduzione dei trattati rinascimentali e, più in generale, dei grandi classici della storia dell’arte. Non è certo una politica illuminata, sia chiaro. Ma siamo di fronte all’ennesimo tentativo di rivivificare, dopo Roma e Bisanzio, il mito della ‘terza Roma’ (un luogo comune che a dire il vero non è stato monopolio esclusivo delle dittature: anche nella Londra vittoriana si parlava di “terza Roma”). Per migliorare il livello degli artisti e degli architetti russi si ritiene indispensabile, appunto, procedere alle traduzioni. Naturalmente si opera secondo i metodi dello stalinismo più severo: fra il 1933 e il 1941 il secondo e il terzo piano quinquennale del regime stabiliscono che tutti i trattati rinascimentali di architettura debbano essere tradotti in russo; vengono aggiunti altri testi come il De pictura di Leon Battista Alberti. A dire il vero, a nostra conoscenza, il Libro dell’Arte di Cennino non rientra nel novero delle opere da tradurre, ma è fuor di dubbio che la pubblicazione vada inserita in questo clima di pubblicazioni forzate (o forzose). Limitandosi al mero esame delle sezioni introduttive, la traduzione, condotta da Luzhetskaya sulla base dell’edizione Milanesi, potrebbe benissimo essere quella di un paese democratico. Dove emerge il Cennino ‘sovietico’ è nell’introduzione di Rybnikov (l’impatto del capitalismo sulla separazione fra scienza ed arte, la riduzione della produzione artistica a puro commercio in seguito ai mutati modi di produzione), senza peraltro che si raggiungano livelli di propaganda ben noti in altre circostanze.


Fino al 1950. Stranamente (e forse per motivi casuali), nei cinque anni successivi alla seconda Guerra mondiale compaiono diverse traduzioni del trattato cenniniano. Tralascerò (anche perché non ho avuto modo di esaminarle) la prima edizione in lingua ceca (1946), [46] la prima in svedese (1947) [47] e quella in serbo-croato (1950). [48] 

L'edizione in lingua ceca del Libro dell'Arte

L'edizione in serbo-croato del Libro dell'Arte

In realtà mi è parso il caso di estendere l’analisi fino al 1950 perché è nel ristretto ambito di questi anni che compaiono le prime due edizioni in lingua spagnola, che io sappia concepite indipendentemente l’una dall’altra (ma con le avvertenze che diremo). La Spagna, diciamocelo, era la grande assente nel panorama delle edizioni del trattato cenniniano. L’isolamento in cui si viene a trovare in quegli anni e nei decenni successivi viene testimoniato da un dato evidente: nessuna delle edizioni successive (italiane o non) cita in bibliografia le traduzioni spagnole.

La prima edizione in lingua spagnola del Libro dell’Arte in realtà non compare in Spagna. Viene pubblicata a Buenos Aires nel 1947 con prefazione di Aldo Mieli e traduzione di Ricardo Resta. [49] 


La prima edizione spagnola del Libro dell'Arte

Non credo che ci sia persona che possa aver sperimentato le tragedie del Novecento più di Aldo Mieli, professore universitario e storico della scienza italiano dalla cultura sconfinata, scappato dall’Italia in Francia nel 1928 perché socialista; poi in fuga dalla Francia all’Argentina nel 1939 perché consapevole della minaccia nazista (era anche ebreo); ed infine privato della possibilità di portare avanti i suoi studi universitari dal colpo di Stato filo-fascista argentino del 1943. Eppure Mieli era un nome noto a livello mondiale. Aveva fondato e diretto Archeion, rivista di Storia della scienza famosissima all’epoca (Daniel V. Thompson, il traduttore dell’edizione americana del 1933 vi aveva scritto sopra più volte). Nel 1947 è un uomo ridotto in povertà assoluta e malato. Probabile che sbarchi il lunario scrivendo testi di accompagnamento ai classici della erudizione italiana, che in Argentina hanno un loro mercato, un po’ per il numero straordinario di emigrati italiani, un po’ perché in quegli anni la comunità dei rifugiati politici è assai numerosa. Il binomio Mieli-Resta si è specializzato in fonti di storia dell’arte. Nel 1946 ha pubblicato la Divina Proporzione di Luca Pacioli; nel 1947, appunto, il Libro dell’Arte di Cennino Cennini (basato sull’edizione Simi). Da segnalare poi (vedremo perché) che Mieli e Resta scrivono per case editrici (Argos e Losada) gestite e possedute da rifugiati italiani e, soprattutto, da esuli della guerra civile spagnola.

In realtà, pur pubblicata successivamente (nel 1950), la seconda edizione spagnola, a cura di Francisco Pérez-Dolz sembra essere stata compiuta prima rispetto a quella di Mieli, poiché la prefazione è datata “estate 1945”. [50] 

La seconda edizione in lingua spagnola del Libro dell'Arte

Tutto quello che so, di Francisco Pérez-Dolz, è desunto dal sito Internet (assai sobrio e gradevole) che gli è stato dedicato dai familiari. [51] L’artista vi viene definito come ‘un uomo del Rinascimento nel XX secolo’, intendendo con questa affermazione che si trattava di persona particolarmente colta e versatile; in effetti, fra i suoi tanti scritti, non si rinvengono solo opere dedicate all’arte (e in particolare alle tecniche artistiche e alla teoria dei colori) ma anche testi di letteratura, musica e teatro. Pérez-Dolz visse a lungo a Barcellona, dove insegnò storia dell’arte presso la locale Accademia, di cui fu anche segretario. La sua edizione di Cennino, condotta su quella di Renzo Simi, è assolutamente piacevole. La sua introduzione rientra perfettamente in quel clima Art Nouveau di cui abbiamo visto essere impregnate le versioni pubblicate negli anni ’10 del ‘900. Torna il principio del sacerdozio dell’arte, della ricerca dello spirito di Verità, uno spirito che si è perso perché si è persa la coscienza morale: “Este libro de Cennino Cennini respira todo él esa vérdad, esa bondad de las cosas recias y sanas del oficio, esa rectitud de las intenciones, virtudes que entre otras de orden distinto resplandecen en las obras antiguas y de los siglos posteriores, hasta el momento en que la «illustración» enseñó a los hombres a contrahacer las cosas, que era contrahacerse a sí mismos”. [52]

Non ho la più pallida idea del perché il trattato, pronto nel 1944, fu stampato solo nel 1950. Un’ipotesi – del tutto provvisoria e facilmente smentibile – potrebbe essere questa: Cennino viene stampato in Argentina nel 1947 da un socialista (Mieli) e da un editore che fa capo ad esuli della guerra civile. Una circostanza scomoda per il regime spagnolo, specie se qualche copia avesse cominciato a circolare nella penisola iberica (e il fatto che – in ultima analisi - si tratti di un ricettario avrebbe potuto suscitare l’interesse degli artisti spagnoli). Da qui la spinta a depotenziare l’edizione argentina e ad averne una spagnola, gradita alle autorità. Potrebbe essere il caso dell’edizione Pérez-Dolz.


Ma stiamo facendo pure ipotesi. Quello che è certo è che la traduzione dell’artista spagnolo uscì (come molti altri suoi testi) presso l’editoriale Meseguer di Barcellona nel 1950, nell’ambito della collana Manuales Meseguer (a sottolineare la sua natura pratica). Non escludo affatto che possa essere stata oggetto di studio in insegnamenti accademici, posto che ne sono uscite almeno quattro edizioni: nel 1950, nel 1956, nel 1968 e nel 1979. Certo è che la notorietà della fatica di Francisco Pérez-Dolz è rimasta confinata alla sola Spagna, e che a partire dal 1988 è presente sul mercato iberico una nuova edizione che è la traduzione letterale (introduzione compresa) di un’edizione italiana del 1971 a cura di Franco Brunello. 


NOTE

[38] C. Cennini, Libro dell’Arte, ed. Nakamura Tsune, 1964.

[39] C. Cennini, Rzecz o Malarstwie, Firenze, 1933 e C. Cennini, Rzecz o Malarstwie, Varsavia, 1934. Entrambe le edizioni sono a cura di Samuel Tyszkiewicz. Si rimanda a Francesco Mazzaferro Firenze - Varsavia, 1931 - 1934: Jan Zamoyski, Samuel Tyszkiewicz e una traduzione collettiva di Cennino Cennini in polacco.

[40] C. Cennini, Tratatul de Pictura al lui Cennino Cennini, ed. D. Belisarie, Bucarest, 1936 (?).

[41] C. Cennini, Boka om Kunsten, ed. T. Norum, Oslo, 1942.

[42] C. Cennini, Il Libro dell’Arte, ed. Daniel V. Thompson, New Haven, 1932; C. Cennini, The Craftsman’s Handbook. The Italian “Il Libro dell’Arte”, ed. Daniel V. Thompson, New Haven, 1933.

[43] C. Cennini, The Craftsman’s Handbook…, ed. Thompson…cit. , p. XIII.


[45] C. Cennini, Kniga ob iskusstve, ili Traktat o zhivopisi, ed. Alla Nikolaevna Luzhetskaia e A. Rybnikov, Mosca, 1933. Si rimanda a Francesco Mazzaferro, Cennino and Stalin’s ‘Neo-Renaissance’: the Russian Translation of the “Book of the Art” (1933).

[46] C. Cennini, Kniha o Umĕni Středovĕku, ed. F. Topinka, Praga, 1946.

[47] C. Cennini, Boken om Malarkonsten, ed. S. Möller, Goteborg, 1947.

[48] C. Cennini, Traktat o Slikarstvu, ed. D. Nažić, Belgrado, 1950.

[49] C. Cennini, El Libro del Arte, ed. A. Mieli e R. Resta, Buenos Aires, 1947. Si rimanda a Giovanni Mazzaferro, La prima traduzione in lingua spagnola del Libro dell’Arte di Cennino Cennini: un piccolo miracolo italo-argentino.

[50] C. Cennini, Tratado de la Pintura (El Libro del Arte), ed. F. Pérez-Dolz, Barcelona, 1950.



[52] C. Cennini, Tratado de la Pintura… ivi, p. 9.

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