Giovanni Mazzaferro
Il Libro dell'Arte di Cennino Cennini (1821-1950): un esempio di diffusione della cultura italiana nel mondo. Parte terza
estratto da
Zibaldone. Estudios italianos de la Torre del Virrey vol III, numero 1, gennaio 2015
Mariotto di Nardo (?). Affreschi della ex-Cappella di San Nicolò di Santa Maria Novella, Firenze |
Questo saggio è stato pubblicato sul numero 1, gennaio 2015 della rivista online Zibaldone. Estudios italianos de la Torre del Virrey. E' consultabile anche in formato pdf cliccando qui:
Per gentile concessione dell'editore lo riproduciamo ora su Letteratura artistica, diviso in tre parti, fornendone anche la traduzione inglese
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Fra le due grandi guerre: Cennino in giro per il
mondo. La I Guerra Mondiale guerra mondiale spazza via
il mondo dell’Art Nouveau. E tuttavia
Cennino, dopo un decennio di sostanziale silenzio, riprende a vivere e a
diffondersi, seguendo percorsi a volte inattesi. Naturalmente, si perde
l’afflato spirituale e aumenta l’interesse tecnico-scientifico nei confronti
del testo. Non abbiamo qui tempo e modo di seguire i tanti rivoli che,
all’improvviso, riaffiorano in giro per il mondo. Bisognerà tuttavia segnalare
che già prima del 1924 viene approntata un’edizione giapponese, a cura di
Nakamura Tsune (l’edizione purtroppo vedrà la luce solo quarant’anni dopo);
[38] e, andando in
ordine cronologico, bisognerà citare due edizioni polacche (1933 e 1934),
[39] una rumena
(1936?), [40] ed una norvegese addirittura nel corso della seconda Guerra
mondiale (1942). [41]
L'edizione giapponese del Libro dell'Arte |
L'edizione rumena del 1936 |
Ma io voglio qui soffermarmi su due edizioni coeve, espressione di due mondi totalmente agli antipodi: quella americana e quella russa del 1933.
Daniel Varney Thompson è il traduttore della
terza edizione in lingua inglese (la prima negli Stati Uniti) del Libro dell’Arte.
Daniel Varney Thompson |
Il suo approccio al
testo avviene direttamente sui manoscritti. Nel 1932 pubblica una nuova
versione italiana dell’opera cenniniana (la quarta, dopo Tambroni, Milanesi e
Simi); l’anno dopo produce la sua traduzione inglese. [42] Thompson è, dal
1926, professore universitario di Storia dell’Arte e di Pittura a Tempera a
Yale. Il suo testo è di impronta chiaramente didascalica e
divulgativa: “I have… tried in my
translation to give first place wherever possible to the convenience of the
practicing student and painter”. [43]
Si tratta, a mio avviso, della miglior traduzione del testo in altra lingua.
Più di quarant’anni dopo, Thompson ebbe modo di fare alcune considerazioni
sulla sua fatica giovanile, considerazioni che, fortunatamente, ci sono giunte
tramite alcune registrazioni. Non starò qui a riproporle. Ma c’è una
consapevolezza che non ho trovato in nessun altro traduttore precedente o
successivo; ovvero che, quando ci si trova di fronte a un testo come quello di
Cennino, il problema di chi deve tradurre è duplice: da un lato permettere al lettore
di risparmiare il tempo che perderebbe nel consultare un vocabolario;
dall’altro (e molto prima) di comprendere e verificare sperimentalmente le
ricette esposte dall’autore. Dice Thompson “Potrei
riassumere le difficoltà [n.d.r. che ho incontrato nel tradurre Cennini]
dicendo che normalmente non è molto difficile tradurre con accuratezza quello
che sapete che un autore vuole dire. Ma se non lo sapete, si finisce per
incorrere negli errori che ho fatto io”. [44] Difficile dargli torto.
L’edizione russa è invece tradotta da Alla
Nicolaevna Luzhetskaya, con il commento di Аleksey Aleksandrovich Rybnikov.
[45] Siamo in pieno regime stalinista.
L'edizione russa del Libro dell'Arte |
Citarla mi permette di accennare a un
aspetto molto interessante, ovvero alla politica svolta dal regime nella traduzione
dei trattati rinascimentali e, più in generale, dei grandi classici della
storia dell’arte. Non è certo una politica illuminata, sia chiaro. Ma siamo di
fronte all’ennesimo tentativo di rivivificare, dopo Roma e Bisanzio, il mito
della ‘terza Roma’ (un luogo comune che a dire il vero non è stato monopolio
esclusivo delle dittature: anche nella Londra vittoriana si parlava di “terza
Roma”). Per migliorare il livello degli artisti e degli architetti russi si
ritiene indispensabile, appunto, procedere alle traduzioni. Naturalmente si
opera secondo i metodi dello stalinismo più severo: fra il 1933 e il 1941 il
secondo e il terzo piano quinquennale del regime stabiliscono che tutti i
trattati rinascimentali di architettura debbano essere tradotti in russo;
vengono aggiunti altri testi come il De
pictura di Leon Battista Alberti. A dire il vero, a nostra conoscenza, il Libro dell’Arte di Cennino non rientra
nel novero delle opere da tradurre, ma è fuor di dubbio che la pubblicazione
vada inserita in questo clima di pubblicazioni forzate (o forzose). Limitandosi
al mero esame delle sezioni introduttive, la traduzione, condotta da
Luzhetskaya sulla base dell’edizione Milanesi, potrebbe benissimo essere quella
di un paese democratico. Dove emerge il Cennino ‘sovietico’ è nell’introduzione
di Rybnikov (l’impatto del capitalismo sulla separazione fra scienza ed arte,
la riduzione della produzione artistica a puro commercio in seguito ai mutati
modi di produzione), senza peraltro che si raggiungano livelli di propaganda
ben noti in altre circostanze.
Fino al 1950. Stranamente
(e forse per motivi casuali), nei cinque anni successivi alla seconda Guerra
mondiale compaiono diverse traduzioni del trattato cenniniano. Tralascerò
(anche perché non ho avuto modo di esaminarle) la prima edizione in lingua ceca
(1946), [46] la prima in svedese (1947) [47] e quella in serbo-croato (1950).
[48]
L'edizione in lingua ceca del Libro dell'Arte |
L'edizione in serbo-croato del Libro dell'Arte |
In realtà mi è parso il caso di estendere l’analisi fino al 1950 perché è
nel ristretto ambito di questi anni che compaiono le prime due edizioni in
lingua spagnola, che io sappia concepite indipendentemente l’una dall’altra (ma
con le avvertenze che diremo). La Spagna, diciamocelo, era la grande assente
nel panorama delle edizioni del trattato cenniniano. L’isolamento in cui si
viene a trovare in quegli anni e nei decenni successivi viene testimoniato da
un dato evidente: nessuna delle edizioni successive (italiane o non) cita in
bibliografia le traduzioni spagnole.
La prima edizione in lingua spagnola del Libro dell’Arte in realtà non compare in
Spagna. Viene pubblicata a Buenos Aires nel 1947 con prefazione di Aldo Mieli e
traduzione di Ricardo Resta. [49]
La prima edizione spagnola del Libro dell'Arte |
Non credo che ci sia persona che possa aver
sperimentato le tragedie del Novecento più di Aldo Mieli, professore
universitario e storico della scienza italiano dalla cultura sconfinata,
scappato dall’Italia in Francia nel 1928 perché socialista; poi in fuga dalla
Francia all’Argentina nel 1939 perché consapevole della minaccia nazista (era
anche ebreo); ed infine privato della possibilità di portare avanti i suoi
studi universitari dal colpo di Stato filo-fascista argentino del 1943. Eppure
Mieli era un nome noto a livello mondiale. Aveva fondato e diretto Archeion, rivista di Storia della
scienza famosissima all’epoca (Daniel V. Thompson, il traduttore dell’edizione
americana del 1933 vi aveva scritto sopra più volte). Nel 1947 è un uomo
ridotto in povertà assoluta e malato. Probabile che sbarchi il lunario
scrivendo testi di accompagnamento ai classici della erudizione italiana, che in
Argentina hanno un loro mercato, un po’ per il numero straordinario di emigrati
italiani, un po’ perché in quegli anni la comunità dei rifugiati politici è
assai numerosa. Il binomio Mieli-Resta si è specializzato in fonti di storia
dell’arte. Nel 1946 ha pubblicato la Divina
Proporzione di Luca Pacioli; nel 1947, appunto, il Libro dell’Arte di Cennino Cennini (basato sull’edizione Simi). Da
segnalare poi (vedremo perché) che Mieli e Resta scrivono per case editrici
(Argos e Losada) gestite e possedute da rifugiati italiani e, soprattutto, da
esuli della guerra civile spagnola.
In realtà, pur pubblicata successivamente (nel
1950), la seconda edizione spagnola, a cura di Francisco Pérez-Dolz sembra
essere stata compiuta prima rispetto a quella di Mieli, poiché la prefazione è
datata “estate 1945”. [50]
La seconda edizione in lingua spagnola del Libro dell'Arte |
Tutto quello che so, di Francisco Pérez-Dolz, è
desunto dal sito Internet (assai sobrio e gradevole) che gli è stato dedicato
dai familiari. [51] L’artista vi viene definito come ‘un uomo del Rinascimento
nel XX secolo’, intendendo con questa affermazione che si trattava di persona
particolarmente colta e versatile; in effetti, fra i suoi tanti scritti, non si
rinvengono solo opere dedicate all’arte (e in particolare alle tecniche
artistiche e alla teoria dei colori) ma anche testi di letteratura, musica e
teatro. Pérez-Dolz visse a lungo a Barcellona, dove insegnò storia dell’arte
presso la locale Accademia, di cui fu anche segretario. La sua edizione di
Cennino, condotta su quella di Renzo Simi, è assolutamente piacevole. La sua
introduzione rientra perfettamente in quel clima Art Nouveau di cui abbiamo visto essere impregnate le versioni
pubblicate negli anni ’10 del ‘900. Torna il principio del
sacerdozio dell’arte, della ricerca dello spirito di Verità, uno spirito che si
è perso perché si è persa la coscienza morale: “Este libro de Cennino Cennini respira todo él esa vérdad, esa bondad de
las cosas recias y sanas del oficio, esa rectitud de las intenciones, virtudes
que entre otras de orden distinto resplandecen en las obras antiguas y de los
siglos posteriores, hasta el momento en que la «illustración» enseñó a los
hombres a contrahacer las cosas, que era contrahacerse a sí mismos”.
[52]
Non ho la più pallida idea del perché il
trattato, pronto nel 1944, fu stampato solo nel 1950. Un’ipotesi – del tutto
provvisoria e facilmente smentibile – potrebbe essere questa: Cennino viene
stampato in Argentina nel 1947 da un socialista (Mieli) e da un editore che fa
capo ad esuli della guerra civile. Una circostanza scomoda per il regime
spagnolo, specie se qualche copia avesse cominciato a circolare nella penisola
iberica (e il fatto che – in ultima analisi - si tratti di un ricettario
avrebbe potuto suscitare l’interesse degli artisti spagnoli). Da qui la spinta
a depotenziare l’edizione argentina e ad averne una spagnola, gradita alle
autorità. Potrebbe essere il caso dell’edizione Pérez-Dolz.
Ma stiamo facendo pure ipotesi. Quello che è
certo è che la traduzione dell’artista spagnolo uscì (come molti altri suoi
testi) presso l’editoriale Meseguer di Barcellona nel 1950, nell’ambito della
collana Manuales Meseguer (a
sottolineare la sua natura pratica). Non escludo affatto che possa essere stata
oggetto di studio in insegnamenti accademici, posto che ne sono uscite almeno
quattro edizioni: nel 1950, nel 1956, nel 1968 e nel 1979. Certo è che la
notorietà della fatica di Francisco Pérez-Dolz è rimasta confinata alla sola
Spagna, e che a partire dal 1988 è presente sul mercato iberico una nuova
edizione che è la traduzione letterale (introduzione compresa) di un’edizione
italiana del 1971 a cura di Franco Brunello.
NOTE
[38] C. Cennini, Libro dell’Arte, ed. Nakamura Tsune,
1964.
[39]
C. Cennini, Rzecz o Malarstwie,
Firenze, 1933 e C. Cennini, Rzecz o
Malarstwie, Varsavia, 1934. Entrambe le edizioni sono a cura di Samuel
Tyszkiewicz. Si rimanda a Francesco Mazzaferro Firenze
- Varsavia, 1931 - 1934: Jan Zamoyski, Samuel Tyszkiewicz e una traduzione
collettiva di Cennino Cennini in polacco.
[40]
C. Cennini, Tratatul de Pictura al lui
Cennino Cennini, ed. D. Belisarie, Bucarest, 1936 (?).
[41] C. Cennini, Boka om Kunsten, ed. T. Norum, Oslo,
1942.
[42] C. Cennini, Il Libro dell’Arte, ed. Daniel V. Thompson, New Haven, 1932; C. Cennini, The Craftsman’s Handbook. The Italian “Il Libro dell’Arte”, ed.
Daniel V. Thompson, New Haven, 1933.
[43] C. Cennini, The Craftsman’s Handbook…, ed. Thompson…cit. , p. XIII.
[44] Si rimanda a M. Clarke, Pentimenti: riflessioni di D.V. Thompson
sulla sua traduzione di Cennino.
[45] C. Cennini, Kniga ob iskusstve, ili Traktat o zhivopisi,
ed. Alla
Nikolaevna Luzhet︠s︡kai︠a︡ e A.
Rybnikov,
Mosca,
1933. Si rimanda a Francesco Mazzaferro, Cennino and Stalin’s ‘Neo-Renaissance’: the Russian Translation of the
“Book of the Art” (1933).
[46] C. Cennini, Kniha o Umĕni Středovĕku, ed. F.
Topinka, Praga, 1946.
[47]
C. Cennini, Boken om Malarkonsten,
ed. S. Möller, Goteborg, 1947.
[48]
C. Cennini, Traktat o Slikarstvu, ed.
D. Nažić, Belgrado, 1950.
[49] C. Cennini, El Libro del Arte,
ed. A. Mieli e R. Resta, Buenos Aires, 1947. Si rimanda a Giovanni Mazzaferro, La prima traduzione in lingua spagnola del
Libro dell’Arte di Cennino Cennini: un piccolo miracolo italo-argentino.
[50] C. Cennini, Tratado de la Pintura (El Libro del Arte), ed. F. Pérez-Dolz,
Barcelona, 1950.
[51] Si veda http://www.perez-dolz.org/.
[52] C. Cennini, Tratado de la Pintura… ivi, p. 9.
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