Desiderius Lenz
Canone divino
L’arte e la regola della scuola di Beuron
A cura di Paolo Martore
Parte Prima
Castelvecchi editore, 2015
Castelvecchi editore, 2015
Scuola artistica di Beuron, Soffitto della Cappella della Crocifissione a Monte Cassino (1880) Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0276 |
Canone divino presenta per la prima volta al pubblico italiano gli
scritti di Padre Desiderius (al secolo Peter) Lenz (1832-1928), fondatore della scuola
artistica di Beuron. Un nome che ai più dirà assai poco, ma che invece merita
di essere riscoperto. Padre Desiderius, infatti, si fa promotore, fra la
seconda metà del 1800 e i primi vent’anni del Novecento di una rifondazione dell’arte
sacra in senso ieratico ed antinaturalista, raccogliendo l’interesse di molti
artisti: tramite Jan Verkade, anch’egli membro del monastero benedettino di
Beuron, nella Foresta Nera, la sua arte influenza ad esempio pittori Nabis come
Maurice Denis e Paul Sérusier; la scuola di Beuron partecipa con grande
successo alla mostra viennese della Secessione del 1905; non sono pochi infine
coloro che ritengono che la ‘geometria estetica’ di Padre Desiderius abbia in
qualche modo giocato un ruolo nella nascita del cubismo. Facciamo una premessa:
su tutti questi argomenti ci permettiamo di rinviare alla seconda parte di
Francesco Mazzaferro, Jan Verkade,Cennino Cennini e la ricerca dell’arte spirituale durante la Prima guerra mondiale, già pubblicato su questo blog.
Il monastero di Beuron nella Marca degli Hohenzollern Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0272 |
La cappella di San Mauro a Beuron Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0272 |
Qui cerchiamo di affrontare
aspetti che ci sembrano egualmente importanti. L’edizione italiana dell’opera,
curata da Paolo Martore, presenta una raccolta di scritti di Desiderius Lenz.
Va detto immediatamente che l’artista, nel corso della sua lunga esistenza (morì
a 96 anni) provò varie volte a pubblicare un testo che potesse divulgare in
maniera completa il suo pensiero, ma che per un motivo o per un altro non vi
riuscì. I saggi che compaiono in questo libro vanno cronologicamente dal 1865
al 1921 e si devono in parte a Jan Verkade, che cercò, negli anni conclusivi
della vita di Desiderius, di aiutarlo a sviluppare uno scritto più chiaro
possibile.
A questi testi si accompagnano
l’introduzione che Maurice Denis scrisse per la traduzione francese de L’estetica di Beuron, pubblicata fra
1904 e 1905 e condotta da Paul Sérusier; nonché un articolo (commentato
anch’esso nel post che abbiamo segnalato all’inizio) intitolato L’arte di Beuron, scritto nel 1929 da un
giovane Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. Infine è presentato un
commento più ampio, e soprattutto a noi di fatto contemporaneo, operato da
Hubert Krins, curatore dell’Archivio dell’Abbazia di San Martino di Beuron.
Le testimonianze dell’arte di Beuron
C’è da dire che l’arte di Beuron
si caratterizza per la sua monumentalità: l’arte, per sua natura, deve essere
monumentale. Purtroppo per noi, molte delle testimonianze delle opere dei
monaci beuronesi sono andate perse durante i bombardamenti della II guerra
mondiale. Basti pensare, ad esempio, che dal 1876 al 1880 prima, e dal 1885 al
1887 poi, i monaci di Beuron lavorarono in Italia alla ristrutturazione della
Torretta del Convento di Montecassino; e che sempre a Montecassino si lavorò
nella Cripta dal 1899 al 1910. Le decorazioni della Torretta sono andate
irrimediabilmente perdute; la Cripta è invece stata restaurata dopo la II
guerra mondiale. Oggi le poche testimonianze originali si rinvengono nella
cappella di San Mauro, vicino a Beuron e nel convento di San Gabriele a Praga.
Le immagini che trovate a corredo di questa recensione sono tratte da un saggio
dedicato all’arte beuronese pubblicato nel 1908 all’interno di Die Kunst für Alle, a cura di Fritz
Schwartz e di cui l’Università di Heidelberg ha digitalizzato una copia nella
sua biblioteca virtuale. Molte di queste opere – lo si ripete – non esistono
più.
Peter Lenz
Scuola artistica di Beuron. Cartone per un mosaico nella Cripta di Monte Cassino (1904) Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0273 |
Scuola artistica di Beuron, Dettaglio della cripta a Monte Cassino: mosaico e opere in scultura Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0276 |
Peter Lenz
Peter Lenz nasce nel 1832.
Frequenta in gioventù l’Accademia di Belle Arti di Monaco, subendo l’influenza
del movimento nazareno e di Peter von Cornelius in particolare. L’arte dei
nazareni, la loro eleganza, semplicità, il ritorno alla purezza dello spirito e
del sentimento lo affascina immediatamente. Grazie allo stesso Cornelius, Lenz
ottiene una borsa di studio con cui riesce a trasferirsi a Roma. Qui resta tre
anni; e fa almeno due scoperte. La prima è quella religiosa. Pio IX gli sembra
un gigante. Sono gli ultimi anni del potere temporale della Chiesa; quelli in
cui – per capirci – lo Stato Pontificio è ridotto al solo Lazio, e la Chiesa si
sente circondata, anche fisicamente. A queste minacce, su un piano puramente
teologico, Pio IX risponde puntando su nuovi dogmi: quello dell’Immacolata
Concezione e quello che sancisce l’infallibilità papale. Nel 1864 Pio IX
condanna con un’enciclica il pensiero progressista e liberale come un errore.
La fede di Lenz è alimentata dal dogma. Si può dire, anzi, - ed è una costante
di tutta la sua vita – che il suo percorso artistico sia caratterizzato dalla ricerca
continua di un dogma (che chiama “canone”) da dover applicare in arte,
esattamente come succede in ambito religioso. Per essere precisi: per Lenz
l’arte è arte perché è religione. Si tratta del modo con cui Dio ha scelto di
rivelarsi all’uomo. Non esiste arte all’infuori della religione: esiste il
verismo, esiste il naturalismo, la finta imitazione della natura, basati in
ultima analisi sullo studio del nudo e del corpo umano: tutti aspetti che
devono essere duramente condannati.
Dove cerca il suo dogma Peter? Nello
studio della pittura vascolare greca. Ma il vero colpo di fulmine è l’incontro
(meramente letterario) con l’arte degli Egizi. Lenz capisce immediatamente che
si tratta dell’arte rivelata; dell’unica arte possibile, fondata sulla rappresentazione
di immagini archetipe e normative in base a principi costruiti su numeri e misure.
Allo studio dell’arte egizia dedicherà tutta la sua vita. Dopo qualche anno trascorso
nel Tirolo ed a Berlino, Peter è attratto dall’esperienza del nuovo monastero
benedettino di Beuron, dove esiste un gruppo di monaci che già si dedica allo
studio del canto gregoriano. L’applicazione del dogma alla musica. Lenz entra a
Beuron nel 1872, fonda la scuola di pittura, assieme ad altri confratelli che
hanno vissuto lo stesso percorso spirituale, e diventa Padre Desiderius nel
1877. Salvo periodi trascorsi all’estero per lavori come quelli di Montecassino
la sua esistenza si consumerà tutta all’interno delle mura di Beuron.
Scuola artistica di Beuron, Madonna con Santi (affresco nel monastero di Monte Cassino), 1880 Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0274 |
Scuola artistica di Beuron, Fuga in Egitto dalla "Vita di Maria" , 1883 (cartone per dipinto a tempera nell'Abbazia di Emmaus a Praga) Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0278 |
Far quadrare le cose
C’è una prima, grande contraddizione
nel pensiero di Peter Lenz; qualcosa di cui egli stesso si rende immediatamente
conto e descrive nei suoi appunti: com’è possibile cercare un dogma per l’arte
sacra e riconoscerlo proprio in quella degli Egizi e nei modelli Greci? come è
possibile cioè rifarsi ad un’esperienza pagana per riscoprire la vera arte
cristiana? Qui – sia chiaro - non stiamo parlando di questioni di gusto
personale. L’arte è una questione di fede, e se, ad esempio, Lenz raffigura la
Madonna in forme che ci ricordano chiaramente la Dea Isis non è per suo gusto
personale. Naturalmente uno storico delle religioni potrebbe spiegarci che la
trasformazione, nel corso dei millenni, del culto della Dea Isis in quello
della Madonna è proprio ciò che è successo all’umanità nel corso dei millenni;
ma qui padre Desiderius non è l’inconsapevole erede di una tradizione
iconografica. La Madonna di Lenz è simile ad Iside perché gli Egizi conoscono
le misure e le norme della rappresentazione della donna. Non è possibile una
spiegazione se non ricorrendo proprio alla religione. La ricerca intellettuale
di Lenz si basa sul brano dell’Antico Testamento che dice che Dio ha creato
ogni cosa “secondo misura, calcolo e peso”. Numeri: la realtà è costituita da
numeri. Esiste una geometria divina che comporta che l’Uno sia in Tre e il Tre
in Uno (Padre, Figlio e Spirito Santo). Ora, posto che Dio ha creato l’uomo e
la donna a sua immagine a somiglianza, ne consegue che Adamo ed Eva
rappresentavano la figura ideale dell’uomo e della donna (non credo sia una
sorpresa se segnaliamo che negli scritti di Lenz compare una dura condanna del
darwinismo – cfr. p. 40). Poi, Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso
terrestre, ma tramandarono ai posteri l’armonia della creazione divina, il
canone della proporzione. Tale armonia giunse agli Egizi tramite i patriarchi
ebraici; e gli Egizi prima, i Greci poi riuscirono a riconoscerla a preservarla
pur credendo in falsi idoli:
Scuola artistica di Beuron, La morte di San Benedetto (affresco nella Cappella della Crocifissione di Monte Cassino), 1880 Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0281 |
Scuola artistica di Beuron, Angeli (Cartone per un fregio a fresco nella Cappella di S. Mauro a Beuron), 1871 Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/kfa1907_1908/0282 |
“L’arte degli antichi conosceva
le leggi sacre di ordine e logica, della vera proporzione divina in natura: le
leggi tramandate in origine (dal Paradiso). Così, per mezzo della bellezza
governata da regole, riuscì a progredire sul suo cammino in direzione del bene
e del vero; seppe individuarli e forse addirittura con essi colmare
d’entusiasmo gli animi semplici. Certo non poteva insegnare il bene; o, meglio,
poteva farlo fino a un certo punto con
la morale, ma non con la fede” (p. 81).
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