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mercoledì 4 febbraio 2015

Giovan Antonio Rusconi, Della Architettura (1590)


Giovan Antonio Rusconi
Della Architettura 

Presentazione di Giuseppina Dal Santo, Introduzione di Anna Bedon, Prefazione di Howard Burns

Vicenza, Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, 1996

Frontespizio dell'opera
Fonte: http://echo.mpiwg-berlin.mpg.de/ECHOdocuView?url=/permanent/library/SE7SGASC/pageimg&start=151&mode=imagepath&pn=7



[1] Riproduzione anastatica dell’opera Della Architettura di Gio. Antonio Rusconi, pubblicata a Venezia nel 1590 per i tipi di Giovanni Giolito e conservata presso le Raccolte Antiche della Biblioteca del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio. Al reprint sono premessi gli scritti di Giuseppina Dal Santo (Presentazione), Howard Burns (Prefazione) e Anna Bedon (Introduzione).

La Torre dei Venti di Andronico di Cirro (Libro Primo)
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[2] Giovan Antonio Rusconi fu discepolo del grande matematico Nicolò Tartaglia, amico del Sansovino, collaboratore del Palladio; venne considerato dai contemporanei uno dei maggiori architetti veneziani dell’epoca. Le vicende che portarono alla pubblicazione della sua opera furono purtroppo assai travagliate, come ricorda Anna Bedon nella sua Introduzione; ci potremmo anzi chiedere se quella pubblicata nel 1590 sia opera da considerarsi frutto del suo ingegno. Certo il progetto iniziale fu ben diverso. Rusconi aspirava a pubblicare una traduzione commentata e illustrata del De Architectura di Vitruvio; ciò che ci rimane sono 160 tavole che dovevano illustrare il trattato vitruviano, spesso accompagnate da brevi spiegazioni redazionali. La traduzione ed il commento sono purtroppo andati persi. 

Corpo umano inscritto in una circonferenza (Libro Terzo)
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[3] Il Rusconi nasce verso il 1520. Sin dal 1547 affianca alla propria attività architettonica il progetto di tradurre il De Architectura. “Il giovane Giovan Antonio inizia... una meditata traduzione di Vitruvio che, partita proprio dal IX al X libro, specificamente tecnici, riguardanti balistica, meccanica, idraulica, si trasforma in un progetto editoriale comprendente tutti i libri e corredato da un commento...” (p. X). La traduzione è completata entro il 1552; nella stamperia fiorentina di Giolito De’ Ferrari si stanno effettuando le incisioni per illustrare il libro. Sono 300 i rami per l’apparato iconografico. Il 26 febbraio 1553 il Senato veneto concede a Giolito il privilegio per la nuova edizione vitruviana; stessa cosa fa il Granduca di Toscana il 29 marzo. A questo punto, però, tutto si blocca.

Studio sulle proporzioni umane
Fonte: http://echo.mpiwg-berlin.mpg.de/ECHOdocuView?url=%2Fpermanent%2Flibrary%2FSE7SGASC%2Fpageimg&start=151&mode=imagepath&pn=66


[4] Cosa sia successo è difficile da dire. L’ipotesi (tutt’altro che irrealistica) avanzata da Anna Bedon è che a tirarsi indietro sia stato Giolito. Negli ambienti eruditi e in quelli editoriali si sapeva che Daniele Barbaro stava lavorando (dal 1547) ad una traduzione commentata e illustrata del De Architectura e nel 1553 si trasferì alcuni mesi a Roma assieme al Palladio per approfondire gli studi avendo a modello le antiche rovine. “Una nuova impresa vitruviana, condotta da un personaggio di grande influenza e con un apparato critico tale da giustificare una permanenza di mesi a Roma, aveva persuaso Giolito a ritirarsi da un’impresa che si sarebbe potuta rivelare un disastro economico” (p. XII). Fatto sta che nel 1556 viene pubblicata l’edizione del Barbaro, che conoscerà un enorme successo, mentre il progetto Rusconi è da tempo finito in un cassetto. 


Orologio ad acqua (Libro Decimo)
Fonte: http://echo.mpiwg-berlin.mpg.de/ECHOdocuView?url=%2Fpermanent%2Flibrary%2FSE7SGASC%2Fpageimg&start=151&mode=imagepath&pn=66


[5] Nel 1578 Giolito de’ Ferrari muore e l’anno dopo anche il Rusconi passa a miglior vita. Uno dei due figli di Giolito, Giovanni, prosegue nell’attività imprenditoriale del padre, ma pubblicando testi di pretese molto minori. Si arriva al 1590. Anche Giovanni muore. Si decide di non pubblicare più nulla di inedito e di sfruttare al massimo gli investimenti effettuati negli anni precedenti (la stamperia chiuderà una quindicina di anni dopo). Vengono recuperati i rami incisi per l’illustrazione dell’edizione Rusconi (non è dato sapere se la traduzione fosse tornata in mano all’architetto veneto morto undici anni prima) e si decide di pubblicarli. Naturalmente la nuova edizione deve produrre il massimo reddito con il minimo impegno. È così che nel titolo devono comparire il nome di Vitruvio, che funge sempre da richiamo, e anche quello, tutt’altro che ignoto, di Rusconi. Ma le illustrazioni pubblicate sono solo 160, accompagnate da brevi testi di carattere redazionale. Insomma, tutto il lavoro, nel suo complesso, ne risulta svilito. Ed è un peccato, perché non sono pochi, ai giorni nostri, a valutare degne di nota le incisioni operate dal Rusconi. Scrive ad esempio Hanno-Walter Kruft in Storia delle teorie architettoniche. Da Vitruvio al Settecento (p. 78): “Le sue illustrazioni possiedono nell’insieme una inusuale indipendenza rispetto a tutte le precedenti edizioni e commenti di Vitruvio e mostrano un atteggiamento decisamente anticlassico.”

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