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mercoledì 14 gennaio 2015

Sebastiano Serlio a Lione. Architettura e arte tipografica. A cura di Sylvie Deswarte Rosa. (Prima parte)

English Version

Sebastiano Serlio à Lyon. Architecture et imprimerie. 

Volume 1. Le Traité d’Architecture de Sebastiano Serlio. Une grande entreprise éditoriale au XVIe siècle

A cura di Sylvie Deswarte Rosa

Prima parte

Lione, Mèmoire Active, 2004


Frontespizio della prima edizione del Libro IV (1537)
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Images/B272296201_A101Index.asp


[1] Sebastiano Serlio à Lyon. Architecture et imprimerie non è solo il titolo di un libro, ma di un programma di ricerca che ha coinvolto decine di esperti e che ha avuto vari momenti qualificanti: da un convegno internazionale a una mostra tenutasi a Lione nel 1998, alla programmata pubblicazione di quattro volumi sull’opera di Serlio e sulla realtà lionese dell’epoca. Si riporta qui di seguito il piano delle pubblicazioni. La presente recensione fa riferimento al solo primo volume. 

  • Volume 1. Le Traité d’Architecture de Sebastiano Serlio. Une grande entreprise éditoriale au XVIe siècle
  • Volume 2. Bibliographia Serliana. Catalogue des éditions imprimées des livres du traité d’architecture de Sebastiano Serlio (1537-1681)
  • Volume 3. Vie Intellectuelle et Imprimerie à Lyon au milieu du XVIe siècle
  • Volume 4. L’Architecture à Lyon au milieu du XVIe siècle


Gli Ordini architettonici (Libro IV, ed. 1537)
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Images/B272296201_A101Index.asp


[2] Testo della quarta di copertina : 

“Il primo volume dell’opera Sebastiano Serlio à Lyon. Architecture et imprimerie è consacrato interamente all’impresa editoriale di lunga durata (dal 1537 al 1575) del trattato di architettura in sette libri di Serlio, una delle realizzazioni più importanti di questo genere e di questo livello nel XVI secolo. Il volume ricostruisce inoltre la storia delle sue riedizioni e delle sue traduzioni, dei suoi antecedenti e dei suoi epigoni nella teoria dell’architettura del XVI e XVII secolo. Si troverà inoltre una panoramica sui libri d’architettura, stampati e illustrati, dopo l’Hypnerotomachia Poliphili (1499) e il fondamentale lavoro di Fra Giocondo sul De Architectura di Vitruvio (1511) fino ai trattati del primo quarto del XVII secolo e a quello di Pierre Le Muet, la Manière de Bastir pour toutes sortes de personnes (1623). Il libro va letto con il suo naturale complemento, la Bibliographia Serliana elaborata da Magali Vène, pubblicata nel secondo volume di quest’opera. In questo modo, si potranno seguire passo passo le peripezie del trattato serliano, che ha lasciato un’impronta profonda nella storia dell’architettura attraverso quasi quattro secoli, così come ha lasciato un’impronta profonda nella storia del libro. Per il ruolo inedito dedicato alle immagini incise, per l’ampiezza del suo programma in sette libri a cui poi si aggiungerà a Lione l’Extraordinario Libro, il trattato occupa un posto a parte nelle pubblicazioni del Rinascimento. È nella città di Lione, l’antica Lugdunum, capitale dei Galli, questo grande centro tipografico scelto dallo stesso Serlio, sul finire della sua vita, che si torna a fare la storia di quest’opera fuori dal comune."


Facciata dorica - Libro IV (ed. 1537)
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Images/B272296201_A101Index.asp


[3] Il volume contiene una cinquantina di saggi, il che rende bene l’idea dell’ampiezza del progetto e la quantità di spunti che la consultazione del volume offre (e ne tradisce anche l’unico limite, ovvero il rischio di perdersi fra i mille spunti di riflessione che si offrono al lettore). Proveremo, in maniera del tutto inadeguata, a fissare alcuni concetti fondamentali su cui ci pare sia il caso di soffermarsi, non prima però di aver brevemente riassunto le vicende editoriali del trattato serliano. Sebastiano Serlio si trasferisce a Venezia nel 1528. Nello stesso anno pubblica una serie di nove incisioni su rame, aventi ad oggetto elementi architettonici degli ordini dorico, ionico e corinzio. Non è dato sapere se abbia già in mente il suo progetto di trattato; alcuni indizi inducono a ritenere che un progetto di trattato sia in fase di concepimento almeno dal 1531 (cfr. p. 36); certo è che si tratta di un importante precedente. Nel 1537, presso Francesco Marcolini, vede la luce il Libro IV del trattato, che ha ad oggetto le Regole generali di architetura sopra le cinque maniere de gli edifici. La scansione degli Ordini, così come presentata da Serlio (toscanico, dorico, ionico, corinzio e composito) diventa, di fatto, da quel momento, la sola su cui ragioneranno gli intendenti di architettura; tutti costoro daranno talmente per scontata la successione degli Ordini da assumere come vero (e vero non è) che la stessa fosse stata proposta in quei termini da Vitruvio (e non da Serlio). Nella presentazione ai lettori scritta da Serlio all’inizio del Libro IV, l’architetto bolognese presenta in maniera chiara il progetto complessivo del trattato. Si tratta di sette Libri, così suddivisi: 

  • Libro I: “tratterò de i principij de la Geometria, e de le varie intersecazioni de linee..”; 
  • Libro II: “dimostrerò in disegno, et in parole tanto di prospettiva...”; 
  • Libro III: è dedicato alle antichità romane, ma presenta anche modelli della Roma “moderna” di Bramante e Raffaello
  • Libro IV: come già detto, vi si tratta degli Ordini architettonici e delle loro regole; 
  • Libro V: è dedicato alle chiese; 
  • Libro VI: sulle abitazioni per ogni tipo di persone; 
  • Libro VII: sugli “accidenti” che possono capitare agli architetti e sui modi per superarli. 

Serlio ha così delineato quello che sarà il progetto di una vita. Sempre a Venezia, tre anni dopo (siamo nel 1540), e sempre per i tipi del Marcolini, esce il Libro III, che è dedicato alle Antichità, ma dove compaiono anche alcune delle più belle realizzazioni della Roma “moderna”. L’anno successivo l’architetto lascia Venezia e parte alla volta di Parigi, per raggiungere la corte di Francesco I, che lo nomina architetto reale. A Parigi Serlio pubblica contemporaneamente i Libri I (sulla geometria) e II (sulla prospettiva); siamo nel 1545. Due anni dopo è la volta del Libro V (sulle chiese). Tutti e tre i Libri presentano la particolarità di essere stampati in edizione bilingue (italiano e francese), con traduzione dall’italiano al francese ad opera di Jean Martin, umanista francese che successivamente fornirà anche le traduzioni del De Architectura vitruviano e del De Re aedificatoria di Leon Battista Alberti. La fortuna di Serlio è tuttavia al tramonto; nel 1547 muore Francesco I e due anni dopo scompare anche la sorella, Margherita di Navarra, che di Serlio fu la vera e propria protettrice a corte. Sebastiano si trasferisce a Lione nel 1549. Qui Serlio avrà modo di pubblicare unicamente l’Extraordinario Libro, un’opera concepita al di fuori del trattato originario (da qui il termine Extraordinario), una raccolta di tavole che presenta cinquanta modelli di portali (la fortuna dell’opera fu straordinaria quanto il titolo del libro, che venne utilizzato come vero e proprio “catalogo” di portali, tra i quali la committenza poteva scegliere le soluzioni più gradite). In realtà l’architetto bolognese aveva in avanzato stato di lavorazione anche i manoscritti del Libro VI e del VII nonché un ulteriore lavoro dedicato alla Castrametatio, ovvero all’organizzazione di un campo militare secondo quanto riportato da Polibio. Sebastiano, tuttavia, è ormai un vecchio ai limiti della povertà, che ha perso ogni speranza di completare la pubblicazione del trattato. In questo contesto è prezioso l’intervento di Jacopo Strada, mercante mantovano che si muove avendo come mecenate il ricchissimo banchiere tedesco Hans Jacob Fugger. L’arrivo di Jacopo è manna dal cielo. Serlio completa il manoscritto del Libro VII e nel 1553, poco prima di morire, lo vende a Strada, assieme agli altri manoscritti e alla sua collezione di disegni. In questa maniera l’architetto bolognese ha la ragionevole sicurezza, sentendo vicina la fine, che il suo progetto sarà completato. In realtà le cose non vanno esattamente in questa maniera. Strada non riesce a impegnarsi seriamente alla pubblicazione dei manoscritti serliani se non negli anni Settanta. Nel 1575 vede finalmente la luce il Libro VII; la pubblicazione appare a Francoforte, in edizione bilingue italiana e latina. In tale occasione Strada ricorda al lettore le circostanze che gli permisero di entrare in possesso dei manoscritti serliani e, in maniera del tutto impropria, denomina Libro VIII il manoscritto dedicato alla Castrametatio. E tuttavia né il Libro VI né l’VIII vedranno la luce, di fatto fino ai giorni nostri (si veda in merito l’edizione dei Libri VI, VII e VIII proposta da Francesco Paolo Fiore nel 1994). Va tuttavia ricordato che il Libro VI ebbe comunque un’influenza sui contemporanei, in particolare in Francia. È infatti ormai noto come il manoscritto venduto a Jacopo Strada sia quello attualmente conservato presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco; esiste tuttavia un secondo manoscritto, di stesura precedente (cfr. p. 163) che rimase in Francia fino al termine del XVII secolo e che fu sicuramente in possesso, ad esempio, di Jacques Ie Androuet Du Cerceau (compare la sua calligrafia sui fogli) che senza dubbio ne rimase fortemente influenzato.


Facciata ionica - Libro IV (ed. 1537)
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Images/B272296201_A101Index.asp


[4] Il trattato di Sebastiano Serlio appare per molti versi come uno snodo cruciale nella teoria dell’architettura rinascimentale. L’architetto bolognese scrive con chiari intenti didattici; lo fa recependo e proponendo al pubblico gli insegnamenti di Vitruvio e di Leon Battista Alberti, ma facendo propri ad esempio anche gli studi archeologici del maestro, Baldassare Peruzzi (e ci sarà chi, come il Vasari, lo accuserà sostanzialmente di plagio dell’opera peruzziana). Serlio, tuttavia, concepisce un’opera che, rispetto ai precedenti a stampa ha del rivoluzionario, e la rivoluzione è costituita dall’uso dell’immagine. Le incisioni di Serlio (ad esempio la celebre tavola sui cinque Ordini pubblicata all’interno delle Regole) permettono ai lettori di fruire in maniera immediata degli insegnamenti dell’architetto bolognese, ed aprono la strada ad un nuovo modo di concepire un trattato di architettura, in cui il testo è sempre più al servizio dell’immagine e a volte scompare a fronte dell’immagine stessa. Da qui la grande fortuna dell’opera serliana, la sua diffusione a livello europeo e, si potrebbe dire, anche il germe che porterà ad un rapido declino dei suoi scritti quando da un lato appariranno (specie in Italia) edizioni sempre più “servili” dell’opera (o, per meglio dire, edizioni che sempre più caratterizzano il trattato come un semplice manuale di consultazione) e quando, dall’altro, vedranno la luce opere che puntano in maniera ancora più efficace sulla fruizione dell’immagine come metodo di divulgazione e apprendimento (basti qui pensare al Vignola o a Hans Blum).


Facciata corinzia - Libro IV (ed. 1537)
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Images/B272296201_A101Index.asp


[5] Sotto un altro punto di vista bisogna evitare di pensare al trattato di Serlio come ad un’opera perfettamente organica e in cui l’architetto bolognese si presenti sempre nella medesima maniera al lettore. La lunga gestazione dell’opera, gli spostamenti di Serlio fra Italia e Francia, l’inevitabile influenza dei costumi locali, i diversi incarichi svolti nel corso della sua vita aiutano già a spiegare – scrive Sylvie Deswarte-Rosa (cfr. p. 63) - come Serlio si mostri nel suo trattato come “tutto tranne che monodimensionale... C'è il Serlio novello Vitruvio del Libro IV, il Serlio conoscitore di monumenti antichi del Libro III, il Serlio dei rudimenti di geometria e di prospettiva dei Libri I e II, il Serlio architetto di chiese del Libro V, il Serlio che si confronta con l'architettura civile dei Libri VI e VII, il Serlio licenzioso che si diverte nell'Extraordinario Libro, e infine il Serlio della Castrametatio  con il ritorno in auge del vitruvianesimo”. E anche questo suo essere proteiforme aiuta a spiegare come tracce degli insegnamenti serliani possano essere trovate in tanti architetti europei a lui successivi, che ne estrapolarono o ne svilupparono i lati a loro più consoni. 

[6] Resta da dire che l’opera non si esime dall’indagare, con specifico riferimento alla pubblicazione dei singoli Libri, quelli che furono gli aspetti prettamente editoriali dell’impresa serliana: “la ricerca di un mecenate; la scelta del tipografo e del centro editoriale; la specificità di ogni centro editoriale: città dedita al commercio, città universitaria, luogo di residenza della Corte; il problema del traduttore; il ruolo del testo e dell'immagine; la relazione fra incisori e stampatori” (p. 35). 

Nella seconda parte di questa recensione ci occuperemo più da vicino di alcune dei saggi pubblicati nell’opera. 

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