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lunedì 12 gennaio 2015

Le 'Annotazioni' di Guillaume Philandrier al 'De Architectura di Vitriuvio (Libri I-IV), a cura di Frédérique Lemerle. Parigi, Piccard, 2000

English Version

Les Annotations de Guillaume Philandrier 
sur le De Architectura de Vitruve
Livres I à IV

A cura di Frédérique Lemerle

Parigi, Piccard, 2000


Frontespizio dell'edizione di Lione 1552
Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/vitruvius1552

[1] Testo della bandella:

“Guillaume Philandrier (Châtillon-sur-Seine 1505 – Toulouse 1565) sarebbe senza dubbio rimasto un oscuro umanista curatore di testi di Quintiliano, se non fosse divenuto lettore del vescovo di Rodez, Georges d’Armagnac. Accompagna in Italia il giovane prelato, nominato, grazie alla protezione di Margherita di Navarra ambasciatore a Venezia (1536-1539) e poi a Roma (1540-1545). La conoscenza diretta delle rovine, la frequentazione dei più grandi architetti italiani, in particolare di Serlio e di Sangallo, permisero a Philandrier di operare, nelle sue Annotazioni su Vitruvio, pubblicate a Roma nel 1544, una sintesi unica fra sapere filologico ed esperienza concreta dell'architettura. 

Un secondo viaggio a Roma (1547-1550), nuove esperienze archeologiche in compagnia del suo amico Pirro Ligorio lo condurranno a pubblicare a Lione, nel 1552, una versione aumentata del suo commentario vitruviano, in cui si fa campione di un'ortodossia vitruviana minacciata dalle ultime audacie di Michelangelo a Palazzo Farnese. Più in generale, le Annotazioni costituiscono una tappa fondamentale della formalizzazione teorica dell'architettura fra gli scritti di Serlio ed il trattato di Vignola. 

Di ritorno in Francia, Philandrier si divide tra Rodez e Tolosa. Canonico della cattedrale, ne progetta il coronamento, versione precoce delle facciate delle chiese della Controriforma. A Tolosa ritrova d'Armagnac, divenuto arcivescovo della città, e il suo amico P. Paschal, storiografo di Enrico II. 

Benché redatte in latino, le Annotazioni su Vitruvio ebbero un clamoroso successo. Citate regolarmente dai commentatori di Vitruvio, da Daniele Barbaro a Perrault, lette dagli architetti di tutta Europa, meritano oggi di esser riscoperte dagli storici dell'architettura così come dagli archeologi  e dagli specialisti dell'umanesimo. 

[2] Frédérique Lemerle presenta la traduzione francese con commento delle Annotazioni relative ai primi quattro libri del De Architectura vitruviano. Si lavora sull’edizione uscita a Lione nel 1552 (per maggiori particolari si veda sotto), di cui viene inoltre proposta la riproduzione anastatica (l’esemplare utilizzato è conservato presso la biblioteca municipale di Lione, con segnatura Rés. 104 203). 

Ritratto di Guillaime Philandrier tratto dall'edizione di Lione 1552
Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/vitruvius1552

[3] Non vi è dubbio che l’esperienza italiana, a Venezia prima e a Roma poi in due diverse occasioni, giochi un ruolo fondamentale nella formazione di Philandrier. Venezia vuol dire soprattutto l’incontro e la frequentazione con Sebastiano Serlio che proprio in quella città, nel 1537, dà alle stampe i primi cinque libri della sua Architettura civile; Roma significa la profonda conoscenza, acquisita sul campo, delle rovine antiche, l’ingresso in quell’Accademia vitruviana che dal 1542 sta perseguendo ambiziosi obiettivi con l’intento di dare nuovo slancio agli studi vitruviani (si veda la lettera di Claudio Tolomei a Agostino de’ Landi del 14 novembre 1542), la frequentazione dei Sangallo (Antonio il Giovane progettava una traduzione del De Architectura di cui probabilmente fu scritto solo il Proemio) e della élite culturale che in città si trovava in quegli anni. È questa sedimentazione di conoscenze che dà vita alle Annotationes, e giustifica anche il fatto che ad otto anni dalla prima edizione (Roma, 1544) ne appaia una seconda, considerevolmente aumentata, a Lione (1552). Ma andiamo con ordine.

[4] La prima edizione delle Annotationes esce, come detto, a Roma nel 1544. L’editore è Andrea Dossena, a cui si deve anche la prefazione, cui seguono l’indice degli autori citati (certo non comunissimo all’epoca), la dedica a Francesco I, re di Francia, ed una breve biografia di Vitruvio di pugno del Philandrier. Le illustrazioni sono di modesta qualità. L’anno seguente appare una riedizione, questa volta a Parigi, il cui onere finanziario è sostenuto in solido da Jacob Kerver e Michel Fezandat. Segue una nuova pubblicazione nel 1550 a Strasburgo, ma il vero salto di qualità viene effettuato con la stampa della nuova edizione di Lione (1552), per i tipi di Jean de Tournes. La versione lionese “presenta un testo interamente rivisto e aumentato di un terzo... oltre che nuove illustrazioni... Philandriere non si accontenta di apportare modifiche al suo testo, ma l'arricchisce di esempi originali, moltiplica i riferimenti, sia che si tratti di rinvii a nuovi autori, sia di nuove citazioni ad autori già menzionati nella prima edizione e soprattutto trae beneficio del suo secondo soggiorno a Roma e di tutte le scoperte che vi ha potuto fare" (p. 24). “Nelle Annotazioni del 1544 e del 1552 il testo di Vitruvio appare in due modalità. In primo luogo in forma di estratti che precedono le annotazioni. In secondo luogo, quando Philandrier giudica il testo dell'estratto corrotto, propone all'inteno dell'annotazione una correzione (castigatio) che ne fornisce una nuova lezione″ (ibidem). Lemerle ritiene che il testo su cui Philandrier condusse il proprio esame filologico sia la cosiddetta edizione Giocondina terza, a cura di fra Giocondo, pubblicata postuma a Firenze nel 1522 (si veda Luigi Vagnetti e Laura Marcucci, Per una coscienza vitruviana. Regesto cronologico e critico delle edizioni, delle traduzioni e delle ricerche più importanti sul trattato latino De Architectura Libri X di Marco Vitruvio Pollione). Le Annotationes stampate a Lione si differenziano inoltre da quelle romane perché al termine dell’opera è riportato il testo integrale del De Architectura. Non ci è onestamente chiaro se tale testo sia quello della Giocondina terza (Firenze, 1522) di cui sopra si diceva, o della Giocondina seconda, come sostengono Vagnetti e Marcucci, pubblicata sempre a Firenze, ma nel 1513. Tuttavia una cosa è certa: non si tratta di una nuova lezione, così come risultante dall’intervento filologico di Philandrier. 

Una pagina dall'edizione di Lione 1552
Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/vitruvius1552


[5] Abbiamo volutamente tralasciato l’aspetto più interessante delle Annotationes, sia nella loro versione del 1544 sia in quella del 1552, che permette di non circoscriverle ad un mero (e sia pur fondamentale) esercizio di erudizione filologica, ma di elevarle a testo di grande importanza teorica per la trattatistica del XVI secolo. All’interno del libro III del De Architectura, per la precisione subito prima del capitolo III, Philandrier inserisce una “Digression sur les ordres” che a partire dagli assunti serliani (e dalla sua descrizione degli ordini architettonici contenuta nel libro IV dell’Architettura civile), attraverso l’osservazione sistematica dei monumenti antichi, giunge a chiarire e a sviluppare aspetti fondamentali del pensiero dell’architetto bolognese (si veda p. 38) che furono largamente recepiti in Europa tramite la Regola del Vignola, che tali assunti fece propri. Sicché, quando di fortuna delle Annotationes si parla, in realtà bisognerebbe distinguere due aspetti: da un lato quello strettamente filologico, dall’altro quello teorico, di cui la Digressione costituisce il momento più alto. 

Una pagina dall'edizione di Lione 1552
Fonte: http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/vitruvius1552


[6] Digressione e Annotazioni furono largamente lette negli anni successivi e richiamate in un modo o nell’altro da diversi autori. In Italia probabilmente coloro che più furono debitori a Philandrier furono il Barbaro, da un punto di vista filologico, e Vignola sotto un aspetto teorico; in Francia si va da Jean Martin a Perrault ed a Blondel; in Germania è d’obbligo il riferimento a Walter Ryff, non solo nella sua prima traduzione in lingua di Vitruvio (1548), ma anche in Unterrichtung zu rechtem verstandt der lehr Vitruuij; ed ancora bisogna ricordare John Shute, autore del primo trattato inglese d’architettura (The First and Chief Groundes of Architecture, Londra 1563). Philandrier ha dunque esercitato un’influenza ben superiore a quanto si sia soliti credere e ci auguriamo che tale influenza possa oggi essere definitivamente riconosciuta.

[7] Resta da citare quanto scrive Leopoldo Cicognara al n. 712 del suo Catalogo ragionato (Tomo I) circa l’edizione lionese del 1552: “Edizione pregiatissima per la correzione del testo, e le cure studiose dell’autore che aumentò di molto le note dall’edizione che nel 1544 ne fece in Roma separatamente dal testo. Le tavole in legno non sono prive di eleganza e di gusto. Il Poleni ritiene quest’edizione in tal pregio da porla immediatamente dopo quella di Sulpizio.”

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