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venerdì 12 dicembre 2014

Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - Lovis Corinth, 'La vita di Walter Leistikow. Un frammento della storia della cultura a Berlino"'. Parte prima


Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 5

Lovis Corinth  
La vita di Walter Leistikow. 
Un frammento della storia della cultura a Berlino (1910)
Parte Prima

(recensione di Francesco Mazzaferro)

[Versione originale: dicember 2014 - Nuova versione: aprile 2019]



Fig. 1) Lovis Corinth, La vita di Walter Leisitkow. Un frammento della storia della cultura a Berlino (Paul Cassirer, Berlino, 1910)

Premessa

Questo articolo continua la rassegna degli scritti di Lovis Corinth, pittore tedesco che visse tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Corinth viene considerato uno dei tre più importanti impressionisti tedeschi, insieme a Liebermann e Slevogt. In realtà, oltre a trarre ispirazione dall’impressionismo d’oltralpe, egli offrì una sintesi tra naturalismo tedesco da un lato e classicismo italiano e francese dall’altro. Nei primi decenni del Novecento, nell’ambito della Secessione berlinese, inaugurò uno stile pittorico che sempre più offriva un’interpretazione personale degli schemi figurativi classici (in realtà, mai rinnegati). Corinth aprì così la strada al moderno, ed ha anzi influenzato l’arte del XX secolo e persino quella contemporanea fino agli ultimi decenni, anche oltre i confini della Germania. Sappiamo che era consapevole di non essere un grande scrittore, ma che ciò non gli impedì di pubblicare, agli inizi del 1900, un’importante serie di scritti, sia autobiografici sia teorici. A nostro parere, la sua opera di maggior spessore fu il manuale Apprendere la pittura (1908), di cui già si è scritto, e la cui lettura permette di comprendere – traendo lezione dal suo metodo didattico – anche i fondamenti estetici della sua opera. Gli scritti autobiografici (le “Leggende dalla vita di un’artista”, del 1909, e l’“Autobiografia”, quest’ultima uscita postuma nel 1926, ma in realtà composta in due intervalli, tra il 1916 e il 1917 e nel 1925) offrono una testimonianza importante sia sulla vita dell’artista sia sulle modalità con cui gli avvenimenti drammatici di quegli anni influirono sulla sua produzione artistica. Si tratta però di testi che – da un punto di vista letterario -  non sono pienamente riusciti, a nostro parere. “La Vita di Walter Leistikow. Un frammento della storia della cultura a Berlino” è apparsa nel 1910, ma una prima versione (grosso modo definitiva) era già pronta nel dicembre 1908, pochi mesi dopo il suicidio di Walter Leistikow (24 luglio 1908), suo collega e amico intimo. Si tratta dunque di una sorta di “instant book”, e come tutti gli scritti del genere ne rivela pregi e difetti: una fonte diretta ed autentica sui rapporti personali tra i due artisti, ma un testo per molti versi insoddisfacente in termini di critica d’arte. Del resto, come vedremo, Corinth concepiva la letteratura artistica (ovvero gli scritti di artisti sull’arte) come una forma di emancipazione del creatore, dell’artefice e del sapere artistico manuale dalla critica d’arte e dalla sua astratta teorizzazione. 

Scritto sostanzialmente nella forma di un elogio, il testo ebbe un effetto controproducente, non rivelando appieno lo spessore di Leistikow, e contribuì forse a far sì che la sua memoria di intellettuale impegnato e pittore di successo evaporasse quasi subito dopo la sua tragica scomparsa. Per comprendere il ruolo di Leistikow, abbiamo perciò letto alcuni dei suoi scritti (compreso il romanzo in stile secessionista (Jugendstil), del 1896, intitolato “Sulla soglia”) e la sua corrispondenza. Infatti, ancor più di Corinth, Leistikow fu artista che si cimentò con la letteratura, secondo i modi dell’arte globale (Gesamtkunst) di quegli anni, potendo contare fra l’altro su una fittissima rete di contatti con i maggiori letterati della capitale tedesca. La lettura di questi testi ci ha aiutato ad interpretare le contraddizioni della Berlino artistica dell’epoca. Questa è dunque l’occasione sia per accrescere la nostra conoscenza su pregi e limiti di Lovis Corinth come scrittore e critico d’arte sia per conoscere Walter Leistikow come giovane intellettuale d’assalto, sovvertitore dei riferimenti culturali della Germania guglielmina, ma anche come protagonista di quella che i tedeschi chiamano Kunstpolitik, la politica dell’arte. Abbiamo scoperto Leistikow come figura fondamentale soprattutto grazie alle iniziative che egli mise in atto tra il 1892 ed il 1904, quando creò alcune strutture associative a favore dell’arte contemporanea, parte delle quali sono ancora oggi attive. La sua fu dunque una Kunstpolitik nel senso pieno del termine, e contribuì a fare di Berlino un centro effervescente dell’arte considerata all’epoca trasgressiva. Corinth e Leistikow furono grandi amici, ma il primo era in realtà molto più conservatore del secondo, e forse il libro, scritto come atto di omaggio per l’artista morto suicida, dimostra che Corinth non comprese mai appieno il pensiero di Leistikow.

La Vita di Walter Leistikow – Un frammento della storia della cultura a Berlino” (Das Leben Walter Leistikows : Ein Stuck Berliner Kulturgeschichte) – appare per i tipi di Paul Cassirer a Berlino nel 1910. Come spiegato nella quarta di copertina, di questo libro – di centotrenta pagine ed in formato 184 x 230 – furono stampati solamente 100 esemplari su vera carta a mano, con due incisioni originali su carta giapponese, dodici disegni di Leistikow e 52 fotografie incollate a corredo del testo. L’opera è, come ovvio per quei tempi, stampata in carattere gotico. La copia originale in mio possesso, purtroppo rovinata sul dorso, è in effetti un gioiello. Quella preparata da Cassirer fu dunque un’edizione di pregio.

L’unica riedizione del testo  – corredata di un apparato di note ampio e assai utile e di una postfazione molto ragionata, a cura di Reimar F. Lacher – è del 2000 [1]. Note e postfazione portano a 246 le pagine dell’opera. L’intero testo della Vita è comunque disponibile sul sito www.zeno.org [2].

  
Le ragioni dell’opera

Furono due i motivi che spinsero Corinth a pubblicare il volume, a due anni dal suicidio di Leistikow, che si era tolto la vita ad appena 43 anni. L’artista si era suicidato a causa dell’aggravarsi della sifilide di cui soffriva, giunta ad uno stadio ormai terminale. Prima di ridursi allo stato di Manet e Toulouse Lautrec, prese la pistola e volle farla finita. Lasciò moglie e due figli molto piccoli.

Il primo motivo fu il cordoglio per aver perso un amico. Come già spiegato nei saggi precedenti, Corinth non era affatto un uomo socievole. Aveva un carattere taciturno, umorale e spigoloso, aggravato da seri problemi di depressione cronica, e nel corso degli anni aveva già o avrebbe rotto i rapporti con molti dei suoi compagni di strada: sia con la maggioranza dei membri della Secessione di Monaco, dove era rimasto nell’ultimo decennio dell’Ottocento (lì aveva creato un suo gruppo di pittori alternativo alla Secessione, la Freie Vereinigung - Libera Associazione), sia con i suoi partner più stretti nella Secessione di Berlino, compreso Max Liebermann e i suoi stessi editori berlinesi, Paul e Bruno Cassirer.

Tuttavia, a quei pittori che considerava veri amici Corinth aveva dedicato saggi ed articoli (è il caso di Carl Strathmann e Thomas Theodor Heine) o ritratti (aveva ritratto Otto Eckmann e, ancora, Carl Strathmann). Si è già detto che a volte, nei confronti di questi amici (ad esempio di Strathmann), Corinth aveva formulato nei suoi saggi e nei suoi articoli elogi che si sarebbero poi rivelati, con il senno di poi, completamente sproporzionati, ritagliando loro una posizione fondamentale nella storia dell’arte che essi furono ben lungi d’avere. Corinth aveva ritratto Walter Leistikow in due occasioni: una prima volta nel 1893 (Leistikow  portava una fascia nera a lutto, per la morte del padre; si veda la copertina dell’edizione della Vita pubblicata nel 2000 - cfr. fig. 3) ed una nel 1900: il pittore è colto nell’atto di dipingere en plein air ad Agger (fig. 4), località della Danimarca settentrionale, dove stava passando un mese intero di ferie assieme a Corinth. I due si erano conosciuti nel 1887, ma avevano fatto amicizia solamente nel 1890.

Non vi è dubbio si trattasse di un legame molto intenso, nonostante la differenza di carattere (Leistikow era affabile, socievole, grande tessitore di reti fra intellettuali, mentre Corinth era un asociale) e di stile pittorico (Leistikow dipingeva solamente paesaggi, Corinth era specializzato in quadri dove dominavano grandi figure – spesso nude – rappresentate in primo piano, anche se alla fine della sua vita – tra 1918 e 1925- scoprí il paesaggio come genere di gran successo per lui). Come notato da Lacher nella sua postfazione all’edizione della Vita del 2000, già allo storico dell’arte Werner Weisbach, loro contemporaneo, Leistikow e Corinth sembravano antitetici: nelle riunioni della Secessione: il primo animava la discussione, il secondo se ne stava da parte, dedicandosi a bere un bicchiere di Bordeaux. [3] Se Corinth fu il prototipo tedesco dell’intellettuale maledetto e decadente, dipendente dall’alcol, e sempre a rischio di crollo psico-fisico, Leistikow corrispose invece al tipo ideale dell’intellettuale d’assalto, sempre pronto a sfidare il sistema, a motivare amici e compagni di lotta e ad andare con loro sulle barricate. 

Nei giorni precedenti il suicidio, Corinth era molto preoccupato per la salute di Leistikow. Il 15 luglio riferiva in un telegramma a sua moglie Charlotte (in quel momento in vacanza fuori Berlino) che “Leistikow sta molto male. Ti raggiungo domani con il tuo treno” [4]. E uno degli ultimi atti conosciuti della vita di Leistikow fu un telegramma di buon compleanno, inviato appunto a Corinth in vacanza con la moglie, il 21 luglio: “Ti festeggiamo come maestro e come il più fedele degli amici” [5]. Corinth compiva quel giorno 50 anni.

Corinth pensò che due ritratti non fossero evidentemente abbastanza per ricordare un simile amico. Decise dunque di scriverne la biografia, rendendogli l’omaggio dovuto. In parallelo, allestì una mostra, nel 1909, per celebrare l’artista scomparso e ricordare al contempo la ricorrenza dei primi dieci anni di esibizione della Secessione berlinese. A Leistikow Corinth doveva moltissimo. Era stato lui ad avergli aperto la strada del successo, portandolo da Monaco – dove aveva perso la partita con la locale Secessione ed era ormai isolato - a Berlino, dove della Secessione sarebbe divenuto in dieci anni il presidente. Era lui che costituiva il nesso tra Corinth ed il mondo culturale della capitale (Leistikow era intimo da anni di Gerhart Hauptmann, che sarà premio Nobel tedesco per la letteratura nel 1912, del drammaturgo svedese August Strindberg, dei famosi scrittori e pubblicisti Theodor Wolff e Max Halbe e di un ampio circolo di altri artisti, letterati, musicisti ed attori teatrali). Era lui che gli aveva fatto ottenere le prime commissioni, ed era nella sua vecchia casa che si era trasferito a Berlino. Era lui, infine, ad essere stato il compagno delle sue confidenze, nei momenti difficili.

Ma, oltre alla necessità di rendere omaggio all’amico, si manifestò anche (e siamo così giunti al secondo motivo) il desiderio di raccontare quel che successe a Berlino negli anni a cavallo tra i due secoli, in una Germania giovanissima, unita da appena trent’anni ed ancora alla ricerca di una propria identità artistica nazionale. Furono eventi che coinvolsero emotivamente Corinth, probabilmente stretto tra sentimenti contrastanti. Egli era nato suddito prussiano e – come scriverà nelle memorie solamente qualche anno dopo, nel 1916 – la sua lealtà era soprattutto all’imperatore Guglielmo II e al mondo militare prussiano. D’altro canto, quello era un mondo artisticamente incolto, a tal punto che la biografia di Leistikow cita – nelle prime pagine – un duro giudizio del pittore svizzero Karl Stauffer-Bern: “A Berlino ci sono i migliori soldati e i peggiori pittori” [6]. E Corinth non esita a citare nello stesso libro le stupidaggini estetiche dell’imperatore, che più volte volle intervenire con dichiarazioni sprezzanti contro la Secessione di Berlino e in particolare proprio contro Leistikow, di cui disse che aveva trasformato la Marca del Brandeburgo in un immenso acquitrino. Le sue parole sdegnose resero Leistikow ancora più popolare, commenta Corinth.


Corinth risolse il suo dilemma scegliendo il moderno contro l’antico, e dunque schierandosi contro l’establishment accademico ed anche contro il potere politico. Al tempo stesso – a mio parere in modo molto arbitrario – diede una lettura nazionale e nazionalista dell’operato di Leistikow. In realtà, quest’ultimo era il punto di contatto tra arte, letteratura e filosofia tedesca ed il mondo culturale scandinavo, che Leistikow conosceva molto bene, con aperture anche alle avanguardie del mondo anglosassone, compresi gli Stati Uniti.

Dunque, appena qualche settimana dopo il suicidio dell’amico, Corinth si approntò a scrivere quella che per lui doveva essere una biografia, e che in realtà fu piuttosto una sorte di elogio funebre, come vedremo. Il primo riferimento alla stesura dell’opera nella corrispondenza di Corinth (pubblicata dal figlio Thomas nel 1979) è dell’1 ottobre 1908 [7]. Il 19 Corinth invia una lettera allo scrittore Max Halbe, amico di Leistikow nonché uno dei maggiori romanzieri dell’epoca, per chiedere alcune informazioni sulla vita del defunto [8]. In quei giorni Corinth stava lavorando in parallelo ad un altro progetto, con il musicista Richard Strauss per la sua opera Elektra, e a mostre che si sarebbero tenute in contemporanea a Weimar e Dresda. Dovettero essere giorni di lavoro frenetici, se è vero che (secondo Reimar F. Lacher) che una prima versione del testo venne ultimata molto presto, nel dicembre 1908. Lacher scrive appunto che il testo era sostanzialmente terminato a soli 5 mesi dalla scomparsa del pittore, e che fino al momento della pubblicazione, nell’autunno del 1910, fu solo corretto marginalmente. [9]


Il significato della letteratura artistica

Non si può aprire l’analisi del volume su Leistikow senza ricordare alcune righe di Corinth sulla letteratura artistica. Siamo nel 1910, ovvero negli stessi anni in cui Julius von Schlosser sta concependo a Vienna il progetto di dedicare corsi universitari alla Kunstliteratur. Proprio a cavallo dei due secoli si è prodotta un’esplosione di letteratura sull’arte da parte di artisti di lingua tedesca, forse anche per effetto dell’enorme effetto che la filosofia stava esercitando su quella cultura. Leggendo la critica artistica dell’epoca, inoltre, è anche del tutto chiaro che alla base del lavoro critico di quegli anni sulle opere d’arte vi era sempre un riferimento privilegiato, costante e capillare, alle memorie e agli altri scritti degli artisti.

Secondo Corinth, Leistikow  è il primo tra i pittori moderni (im jungen Deutschland) ad avere affiancato alla sua attività artistica un’ampia produzione letteraria [10]: non viene citato solamente il romanzo “Auf der Schwelle” (Sulla soglia), ma tutta un’ampia produzione saggistica in riviste d’arte e d’estetica, comprensiva di molti interventi polemici contro l’odiato Anton von Werner. Per Corinth, dunque, la biografia di Leistikow è un’occasione per riflettere sul ruolo della scrittura sull’arte da parte degli artisti.

“Dipingi, pittore e non scrivere!” (Bilde Künstler, rede nicht). [11] È questo l’invito - scrive Corinth - che tutti gli artisti che vogliano mettere per iscritto i loro pensieri ricevono sempre dai critici d’arte di professione, i quali non hanno mai avuto a cuore gli scritti di un Leonardo o di un Dürer, di un Delacroix o di un Whistler. Ma la risposta di Corinth è: “La parola è libera, perché proprio noi dovremmo essere esclusi da essa?” [12]

Per Corinth scrivere d’arte è un atto di emancipazione del fare pratico dal pensare teorico: l’artista come artefice, come colui che produce manualmente l’arte, osa finalmente far ingresso nell’area privilegiata della scrittura, riservata ai professionisti della teoria estetica, per affermare da un lato la propria identità e dall’altro per narrare la propria vita. Ed infatti, l’intera produzione letteraria di Corinth si contraddistingue per il tono pratico, non teorico. Anche Renate Hartleb lo aveva notato: “I suoi scritti non trattano dell’aspetto spirituale nell’arte, ma della vita, una vita nell’arte, anzi in effetti una vita per mezzo dell’arte.” [13]

Dunque, si cercherebbe invano nella Vita un discorso sistematico sulla teoria artistica di Leistikow, ma anche sulle ragioni ultime dell’innovazione artistica di quegli anni. Per Corinth scrivere d’arte significa soprattutto esaltare qualità più o meno positive delle persone, enfatizzare emozioni, descrivere caratteri, raccontare episodi ed analizzare i rapporti personali fra artisti. Leistikow è il grande amico scomparso drammaticamente: di lui si può parlare solo bene; manca però la capacità di individuarne appieno il ruolo che svolse nell’arte del suo tempo. Del resto, è molto raro che instant books possano fornire, oltre all’informazione più immediata, valutazioni critiche approfondite.


Struttura dell’opera

Se il titolo fa riferimento soprattutto all’aspetto biografico e alla vita culturale di Berlino, il volume cerca in realtà di combinare due dimensioni. La prima è quella cronologica del racconto degli avvenimenti salienti della vita del pittore, romanziere ed arredatore Walter Leistokow (nato nel 1865 a Bromberg, oggi Bydgoszcz, nell’attuale Polonia, e morto suicida nel 1908 a Berlino, come si è già detto). Non si tratta in realtà di una vera e propria biografia; ampi intervalli della vita del pittore sono lasciati scoperti; è chiaro che Corinth non ebbe il tempo e forse neppure sentì il bisogno di una vera e propria ricostruzione biografica.

Questa prima dimensione, legata alla cronologia degli avvenimenti, copre i primi e l’ultimo capitolo (Carattere e gioventù; L’associazione degli XI, L’arte decorativa e le arti e mestieri; I dipinti dalla Marca del Brandeburgo e la creazione della Secessione berlinese; La malattia, gli ultimi anni e la creazione della Lega tedesca degli artisti; Morte, esequie e conclusioni). All’interno di questa sequenza cronologica, Corinth apre una lunga parentesi, introducendo una seconda dimensione: l’autore si dilunga a provare la capacità di Leistikow in una serie di tecniche esecutive ulteriori rispetto alla pittura ad olio (acquerelli, pastello ed arte grafica) e come scrittore: l’idea è dunque quella di descrivere Leistikow come homo universalis.

Importante nell’opera l’apparato iconografico (che include – oltre a due incisioni originali di Leistikow – anche foto dell’epoca e documenta, fra l’altro, l’esistenza di alcune opere importanti, andate perdute durante l’ultimo conflitto mondiale a Dresda). Ad esso Corinth consegna il compito di illustrare le varie fasi della pittura di Leistikow, sempre centrata sul paesaggismo. Prima l’influsso del realismo della scuola di Düsseldorf (in una fase antecedente al 1890), in cui compaiono ancora persone nei paesaggi (secondo la tecnica dello Staffage). Poi l’interesse per il simbolismo, che deriva dall’influenza del mondo nordico, grande fonte d’ispirazione nell’ultimo decennio del secolo: scompaiono del tutto le persone, cresce l’importanza della linea, le superfici pittoriche si allargano. Segue – negli anni della Secessione a partire dal 1898 – la scoperta dei paesaggi della Marca del Brandeburgo e dei boschi del Grünwald, attorno a Berlino, con un nuovo stile caratterizzato da un’attitudine melanconica e decadente. Infine, negli anni dell’aggravarsi della malattia (a partire dal 1905) si afferma una vena neo-romantica, che si arricchisce di vedute alpine, dovute anche alle frequenti sessioni di cura a Merano. Per molti aspetti, la sequenza delle immagini è più efficace di quella dei capitoli nella descrizione del percorso dell’artista. Mancano però immagini comparative con altri artisti precedenti e contemporanei.   


Walter Leistikow: un giovanissimo intellettuale sconvolge la Berlino artistica nel 1892

A prima vista, ci si potrebbe limitare ad ammirare la produzione artistica di Leistikow basandosi sulle immagini della Vita pubblicata da Corinth e interpretando la sua parabola artistica come l’evoluzione (abbastanza tradizionale) di un naturalista ottocentesco, che viene prima sempre più influenzato da motivi simbolisti e poi ritrova una vena neo-romantica. Si tratterebbe di una conclusione riduttiva. Leistikow non fu affatto una personalità secondaria per l’arte tedesca, anche se oggi è pressoché dimenticato e le sue opere sono concentrate quasi esclusivamente nel museo della città natale di Bydgoszcz  (http://www.muzeum.bydgoszcz.pl/) ed al museo Bröhan di Berlino (http://www.broehan-museum.de/en_index.html).

Per cercare di capire l’importanza di Leistikow, basta confrontare l'abisso che esiste fra due quadri, entrambi del 1892: uno è Malinconia di Edvar Munch, il secondo è Il Congresso di Berlino, di Anton von Werner.

Leistikow si era sposato con Anna Mohr, una donna danese molto colta (tradurrà in danese alcuni classici della letteratura simbolista) e già prima del matrimonio conosceva assai bene l’arte scandinava, avendo compiuto i suoi studi presso il paesaggista norvegese Hans Fredrik Gude. Fu Leistikow – ad appena 27 anni – a scoprire l’esistenza di Munch a Copenaghen, ad invitarlo a Berlino e a farlo conoscere attraverso una mostra personale, organizzata nel 1892 presso l’Associazione delle arti (Kunstverein) della capitale.

Anton von Werner, presidente dell’Accademia Prussiana delle Belle Arti, autore del secondo dei due quadri sopra mostrati e nemico acerrimo di Leistikow, cercò di imporre la chiusura istantanea della mostra; quando si rese conto che una chiusura forzata non era possibile secondo lo Statuto dell’Associazione, chiamò immediatamente a raccolta tutti i soci e, sia pur a stretta maggioranza (120 a 105) fece emendare lo Statuto e chiudere la mostra il giorno stesso. In tutto, l’esibizione di Munch era durata una sola settimana. Corinth affida la descrizione degli avvenimenti a Leistikow stesso, che in un pungente articolo scritto sotto pseudonimo – riprodotto integralmente – commenta trionfalmente che da allora i rappresentanti dell’arte moderna (“junge Kunst“, ovvero “giovane arte” nella terminologia tedesca di quegli anni) poterono presentarsi all’opinione pubblica come martiri.

Von Werner determinò col suo operato la fortuna di Munch, che divenne – dopo la chiusura della mostra – il pittore più conosciuto della Germania guglielmina. I quadri non più esposti a Berlino vennero immediatamente accolti a Monaco, e da lì in molte città tedesche. Munch non solamente vendette moltissimo, ma stabilì la sua residenza a Berlino per 4 anni, influenzando la scena artistica tedesca. Del resto, non si capirebbe l’espressionismo tedesco se non si prendesse nota che in Germania – grazie a Leistikow – Edvard Munch fu conosciuto almeno quattro anni prima di tutti gli impressionisti ed i post-impressionisti francesi. Fu lui – con il suo universo poetico scandinavo –ad avere un impatto determinante sulla generazione di pittori immediatamente successiva a Corinth: il Ponte (die Brücke) di Max Pechstein ed il colorismo violento di Emil Nolde.

In verità, mostre di impressionisti erano già state organizzate in gallerie private berlinesi sin dal 1883, ad opera di Fritz Gurlitt. Tuttavia, giganti dell’arte francese come Manet, Monet, Courbet, Degas, Rodin e Cezanne, ma anche altri protagonisti della seconda metà dell’Ottocento (il belga Meunier, lo svedese Zorn e gli italiani Boldini e Segantini) entrarono nella Galleria Nazionale di Berlino solamente nel 1896, quando l’austriaco Hugo von Tschudi ne prese la direzione. Van Gogh fu esposto a Berlino solamente con la prima mostra della Secessione, anch’essa organizzata da Leistikow, nel 1899: scrive Corinth nella Vita che si trattava di un certo olandese di cui non si conosceva nulla, e che lo stesso Paul Cassirer non aveva mai sentito nominare. Leistikow ne aveva invece visto alcune opere a Copenaghen ed aveva identificato un’affinità culturale con lui, facendo così in modo che fosse esposto nella capitale tedesca. [14] Fu un fulmine a ciel sereno: van Gogh divenne immediatamente il beniamino della borghesia tedesca.

Se è Munch è determinare i nuovi indirizzi estetici in Germania, vi è però un commento nella Vita che non deve andare inosservato, perché rivela le reali preferenze estetiche, gli umori più profondi di Corinth. La Vita è del 1910, l’anno in cui Corinth espelle Emil Nolde dalla Secessione di Berlino. Nolde ed il movimento del Ponte (Die Brücke) creano la Nuova Secessione, e si apre dunque la divaricazione tra impressionisti (Secessione) ed espressionisti (Nuova Secessione). Corinth osserva che, se Leistikow fosse stato vivo, forse questo non si sarebbe verificato [15]. Poi aggiunge che - con il senno di poi - l’influenza di Munch sui giovani pittori tedeschi era addirittura andata al di là di quel che fosse per lui ragionevole [16]. La realtà è che la nuova generazione – quella che contesta Corinth – fa ormai riferimento a Munch e considera l’impressionismo tedesco alla stregua di un movimento conservatore. Forse Leistikow e Corinth – pur legati da fraterna amicizia – erano tipi davvero diversi. Il primo aveva avviato la rivoluzione nel 1892, il secondo - di lì a qualche anno - si ritroverà a rappresentare posizioni estetiche conservatrici assumendo la presidenza, nel 1915, di un’ulteriore fase della Secessione berlinese, ormai priva di ogni disegno rinnovatore.

Leistikow e Munch rimasero a lungo in contatto. Dieci anni dopo la mostra, nel 1902, Munch produsse una litografia di Leistikow e della moglie danese Anna Mohr. Si tratta, per una volta, di un ritratto convenzionale. Ma Munch non sarebbe stato Munch, se non avesse inserito sullo sfondo un fantasmino, forse uno dei due figli, oppure un triste presagio della tragica fine di Leistikow.


Leistikow come Kunstpolitiker, politico dell’arte ed intellettuale impegnato

Già nella prima pagina della Vita [17], Corinth sottolinea i tre aspetti principali dell’attività di Leistikow: oltre la pittura, l’impegno nell’organizzazione della vita artistica tedesca (Kunstpolitik, ovvero la politica dell’arte) e l’interesse per la letteratura. Dunque, Leistikow viene considerato come un Kunstpolitiker, sia pur nel senso in cui si parlerebbe oggi di un intellettuale impegnato (in politica non entrò mai). Non vi è alcun dubbio, però, che avesse un’idea chiara delle proprie preferenze. Corinth – che era profondamente conservatore – non ci dice per esempio che il primo passo di Leistikow a Berlino era di aver fatto parte – nel 1890, e dunque venticinquenne  – del gruppo poetico-letterario del Friedrichshagen, di ispirazione socialista ed anarchica (di cui fu l’unico pittore), un circolo che si riuniva nella campagna della Marca del Brandeburgo. Era già lì che era divenuto intimo dei letterati berlinesi, ben prima di manifestare il suo interesse prevalente per la pittura. Li univa un comune disprezzo per tutto ciò che era borghese [18]. Ed era lì che era nato in lui l’amore per quella campagna. Nel gruppo confluì anche una decina di intellettuali scandinavi. In quell’occasione Leistikow conobbe la futura moglie, Anna Mohr.

Come si vedrà, Leistikow – nel corso della sua attività di intellettuale impegnato – attraversò fasi diverse, passando da una posizione ribellista (il Gruppo degli XI) alla creazione di forme associative (la Secessione) ed infine di un’istituzione stabile a livello nazionale (il Kunstlerbund). Se questa è la traiettoria della sua Kunstpolitik, essa è molto in linea con i processi di istituzionalizzazione della politica che – un decennio dopo – Max Weber teorizza nel suo famoso saggio Politik als Beruf (Politica come professione) del 1919.


Il Gruppo degli XI - 1892

L’azione repressiva operata da von Werner nel 1892 fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. I tempi – va detto – erano oramai maturi. Nel 1889 un gruppo di pittori berlinesi aveva sfidato il divieto del governo imperiale e si era recato a Parigi – all’epoca della terza repubblica, in mano alla sinistra anticlericale – per partecipare alle celebrazioni in occasione del primo centenario della rivoluzione francese. La reazione all’operato di von Werner fu la creazione del Gruppo degli Undici (Vereinigung der XI) nel 1892, ovvero il primo gruppo organizzato di pittori dissidenti in Germania. Qualche mese dopo nasce la Secessione di Monaco; la Secessione di Vienna è del 1897.

Il modello del Gruppo degli XI fu quello del Gruppo dei XX, creato a Bruxelles da James Ensor qualche anno prima. Qui si rivelano i limiti della Vita. Forse per la fretta con cui il volume è redatto, o forse per una difficoltà generale nei confronti di una visione sistematica della storia dell’arte, Corinth non riesce a spiegare la visione programmatica di Leistikow e degli XI. È vero che il gruppo, più che per un singolo indirizzo programmatico, si caratterizzava per un comune tono intimista e per l’assenza di qualsiasi riferimento all’ufficialità. Scrive Leistikow, in un passaggio non citato da Corinth: “Volevamo semplicemente stare tra noi. Da questa idea ci attendevamo divertimento e forse anche un po’ di rinnovamento per l’arte della capitale, ed in tal modo: Vivere” [19].  Comunque nel testo di Corinth – se si fa riferimento all’apporto della cultura scandinava - non si coglie a pieno l’influsso vitalistico ed individualista che ebbe in Leistikow la filosofia di Nietzsche (su cui Leistikow stesso scrisse), l’influsso dell’arte giapponese e dell’Art Nouveau francese. L’adesione di Leistikow allo Jugendstil viene esclusivamente attribuita ad un aspetto decorativo di esclusiva derivazione nordica. D’altra parte, si tratta di un’arte lontana dalla sensibilità di Corinth, che è legato all’impressionismo: in quegli anni “egli fece esclusivamente uso del colore locale, cioè la colorazione che gli oggetti hanno di sé e per sé, indipendentemente dall’impatto che di essi hanno aria e luce.” [20] Per chi ha letto il manuale “Apprendere la pittura”, agli occhi di Corinth si tratta di un grave errore.

La Secessione di Berlino - 1898

Il passo successivo è la creazione della Secessione di Berlino nel 1898. Anche qui il resoconto di Corinth è – in fin dei conti – molto riduttivo. L’autore combina due argomenti. Da un lato - scrive Corinth - Leistikow torna sulla retta via: si allontana dal simbolismo degli anni precedenti e scopre come soggetto l’incanto melanconico (melanchonischer Reiz) della natura del Brandeburgo, ed in particolare dei suoi laghi e boschi. Anche se rimangono alcuni aspetti dell’arte decorativa, ed in particolare l’effetto sul quadro di superfici di colori larghe (die breite Flächenwirkung), Leistikow “impara a coltivare le tonalità che dipendono da aria e luce” e diviene un “interprete di un’aspra natura”, nel senso che è letteralmente ‘traduttore’ (Dolmetsch) [21] della natura in pittura; anche qui si utilizza la terminologia del manuale “Apprendere la natura”, ma questa volta per esprimere il raggiungimento della perfezione. Dall’altro lato, Corinth aggiunge che Leistikow dipinge – per il padiglione delle esposizioni alla stazione ferroviaria Lehrter Bahnhof, dove si tengono le maggiori mostre d’arte dal 1895 – un quadro in questo nuovo stile, che viene respinto dalla giuria. Il dipinto sarai poi acquistato da un ricco collezionista e da lui donato alla Galleria Nazionale, dove sarà esposto attirando grande interesse del pubblico. Salvo guadagnarsi un commento denigratorio dell’Imperatore.

Leistikow si rende conto che è venuto il momento di creare uno spazio protetto dove si possa esercitare l’arte senza il rischio della dipendenza amministrativa e finanziaria dai circoli accademici, e – seguendo l’esperienza di Monaco e Vienna – organizza un circolo indipendente, con propri spazi espositivi e forme di solidarietà mutualistica nella gestione degli introiti delle vendite. Riesce ad ottenere il supporto di alcuni grandi banchieri e a trovare spazi espositivi. Ben 65 pittori rispondono all’appello. Leistikow e Paul Cassirer organizzano la prima mostra nel 1899. E qui si materializza un vero e proprio avvenimento culturale di primo piano: alla prima mostra della Secessione berlinese vengono offerti al pubblico tre filoni d’arte: il primo è quello degli impressionisti e post-impressionisti europei (Monet, Manet, Cezanne, Gauguin, van Gogh e tutti gli altri); il secondo è quello dei grandi tedeschi di fine ottocento (Böcklin, Leibl, Thoma, Uhde), con il solo Menzel ad opporsi all’esposizione dei suoi quadri; il terzo è quello degli impressionisti tedeschi, che formano la Secessione in senso stretto (Corinth, Liebermann, Slevogt e gli altri). La Secessione diviene il luogo dove i grandi collezionisti della borghesia tedesca hanno dunque una triplice opportunità di scelta. Su Leistikow, Corinth scrive: “Leistikow era fra tutti il più operoso, quando si trattava di agire per il meglio della Secessione. Sapeva come rivolgersi al Presidente Max Liebermann, era abile nell’interessare i facoltosi, una capacità assai rara, e a convincerli ad investire denaro per l’impresa della secessione. Egli incoraggiava gli artisti, prendendosi la briga di convincerli a vendere i loro quadri a mecenati suoi amici. Il destino lo aveva baciato in quell’epoca con il massimo della fortuna. I suoi quadri piacevano ovunque; le gallerie li acquistavano. Era rappresentato alla Galleria Nazionale [n.d.r. di Berlino], nei musei di Dresda, Lipsia, Magdeburgo e Krefeld. Anche i proprietari di gallerie private comprarono molti dei suoi quadri. Queste gallerie private erano creazioni di ricchi commercianti. Quando l’industria portò a Berlino ricchezze che mai si erano viste, parte di quei profitti fu utilizzata dai fortunati proprietari per fondare iniziative artistiche.”[22] “Nuoto nel denaro”, scrisse a Corinth e lo convinse nell’autunno a trasferirsi a Berlino, dove Corinth andò a vivere nella sua vecchia casa.

Sono gli anni – scrive Corinth – in cui l’atelier di Leistikow divenne la sala dei ricevimenti della Secessione, attorno alla quale ruotava ormai l’intellighenzia più affermata della capitale: il nuovo direttore della Galleria Nazionale Tschudi, l’editore Sameul Fischer, i grandi letterati Halbe, Hauptmann e Wolff, e gli ospiti scandinavi: Munch, Ibsen, Strindberg, Zorn e molti altri. Leistikow era continuamente in viaggio, tra Europa del Nord, Francia ed Italia. Nel 1903 il destino gli riserva però una tremenda sorpresa: scopre di essersi ammalato di sifilide, malattia a contagio sessuale a quell’epoca mortale. Inizia il martirio che lo condurrà in cinque anni al suicidio. Nonostante questo, l’attività artistica di Leistikow continua.


Deutscher Künstlerbund – La Lega degli artisti tedeschi - 1903

Il passo finale nell’attività di Leistikow come Kunstpolitiker, politico dell’arte, è la creazione a Weimar della Lega degli artisti tedeschi nel 1903, insieme al magnate ed arciduca Harry Kessler. La lega esiste ancora ed ha oggi sede a Berlino (http://www.kuenstlerbund.de/english/projects/deutscher-knstlerbund/index.html), ma il sito non menziona più Leistikow, che oggi è praticamente caduto nell’oblio. Fin dall’inizio, la Lega ha assegnato borse di studio per residenze di artisti tedeschi alla Villa Romana di Firenze (acquisita da Max Klinger con l’aiuto della Secessione), anch’essa un’istituzione ancora in vita (http://www.villaromana.org/front_content.php?idcat=17&lang=3). Anche in questo caso non vi è più menzione alcuna di Walter Leistikow nel sito informatico.

La Lega fu fondata in opposizione ad Anton von Werner, dopo che quest’ultimo era riuscito a far sì che nessun Secessionista ricevesse il visto del governo tedesco per poter recarsi all’Esposizione internazionale di St. Louis del 1904, descrivendo gli artisti ‘deviati’ come pericolosi sovversivi. In quest’occasione Corinth lascia la penna a Leistikow, e riproduce un suo lungo articolo sulla creazione della Lega, che viene formata sotto forma di cooperativa con diritto di voto nominale e paritario per tutti i membri. Lo strappo con l’establishment prussiano è ormai completamente consumato.


L’affermazione di Berlino come capitale della trasgressione artistica

Nei pochi anni in cui Leistikow si afferma nel cuore del mondo artistico berlinese la Germania sperimenta – quasi senza soluzione di continuità ed anzi in parallelo – tutti i passaggi stilistici che in Francia si erano sedimentati in 40-50 anni. Tutto avviene in contemporanea: lo Jugendstil (e dunque il secessionismo ispirato a simbolismo e naturalismo), l’impressionismo, l’espressionismo e perfino il passaggio all’arte astratta, in una gara al superamento delle correnti artistiche che corre con la stessa frenesia della modernizzazione della vita urbana. Berlino è certamente uno dei simboli di quest’accelerazione.

Trovo interessante che sia Corinth sia Leistikow, pur così differenti nello stile, non si siano mai confrontati con la realtà urbana della loro città, modernissima per quei tempi: il primo dipingeva temi storici, mitologici o religiosi, il secondo raffigurava solamente laghi, stagni e foreste. La borghesia berlinese – grande acquirente di entrambi i pittori – era eccitata dalle conquiste della vita moderna e dai nuovi media (Berlino aveva 150 cinema nel 1910), ma cercava in Corinth e Leistikow la rassicurazione che, pur tra tanto trambusto, il nuovo potesse ancora sposarsi con il passato, il rinnovamento con l’elegia. Si pensi al fatto che appena venti anni dopo la scomparsa di Leistikow, a Berlino venne proiettato per la prima volta il film Metropolis di Fritz Lang, simbolo di un’umanità urbana posta di fronte alla sfida di una modernizzazione tecnologica disumanizzante. Bene, la pittura dei due sembrava offrire alla borghesia berlinese la (falsa) garanzia che nulla di simile si sarebbe mai concretizzato.

Pur nella sua concentrazione monotematica su laghi e boschi, il Leistikow intellettuale ebbe comunque un merito per la città. Diede avvio, con le sue iniziative, alla vita di Berlino come centro di trasgressione nelle arti figurative, ancorandola a quella vita letteraria già intensa che esisteva in città. Le foto della giuria della Secessione possono oggi far sorridere, ma non si potrebbe capire il ruolo che la capitale tedesca giocò nell’arte del Novecento senza quel gruppo di artisti, ognuno invariabilmente con cappello, bombetta o cilindro. Eppure quella era la forma di ribellione di allora: era la società civile tedesca che si ribellava al mondo militarizzato dell’antica Prussia, in fondo rappresentato dall’elmo prussiano ad uncino.

E dalle contraddizioni di Berlino capitale, nell’ultimo decennio prima della Grande Guerra, partiremo per la seconda parte di questo articolo.

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NOTE

[1] Corinth, Lovis – Das Leben Walter Leistikows. Ein Stück Berliner Kulturgeschichte, Berlin, Gebr. Mann Verlag, 2000, pp. 246. Tutti i riferimenti alle pagine di citazioni si riferiscono a quest’edizione. 

[3] Lacher, Reimar F., postfazione a Corinth Lovis – Das Leben … (citato), p.207. Vedi anche: Lehnart, Ilona: Wein, ich bin ganz wild auf Wein. Lovis Corinth prostet Walter Leistikow zu, in: Frankfurter Allgemeine Zeitung, 14.11.2000, pagina L24. Si veda: http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/buecher/rezension-sachbuch-wein-ich-bin-ganz-wild-auf-wein-11317394.html

[4] Lovis Corinth, Eine Dokumentation, Tübingen, Verlag Ernst Wasmuth, 1987, p. 121

[5] Lovis Corinth, Eine Dokumentation …, citato, p. 122

[6] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 17

[7] Lovis Corinth, Eine Dokumentation …, citato, p. 123

[8] Lovis Corinth, Eine Dokumentation …, citato, p. 124

[9] Lacher, Reimar F., postfazione a Corinth Lovis – Das Leben … (citato), p. 206

[10] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, pp. 101-114

[11] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, pp. 101

[12] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, pp. 101

[13] Hartleb, Renate – postfazione a: Corinth, Lovis – Selbstbiographie (Autobiografia), Lipsia, Gustav Kiepenheuer, pp. 246

[14] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 61

[15] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 11

[16] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 54

[17] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 11

[18] Si veda la novella “Seine Cousine” (Sua cugina) pubblicata nel 1893.

[19] Margrit, Bröhan - Walter Leistikow, Berlin, Nicolaische Verlargsbuchhandlung, 1989, p. 34. Il testo citato é del 1896.

[20] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 40

[21] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 57

[22] Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 62


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