Scritti di artisti tedeschi del XX secolo - 5
Lovis Corinth
La vita di Walter Leistikow.
Un
frammento della storia della cultura a Berlino (1910)
Parte Prima
(recensione di Francesco Mazzaferro)
[Versione originale: dicember 2014 - Nuova versione: aprile 2019]
(recensione di Francesco Mazzaferro)
[Versione originale: dicember 2014 - Nuova versione: aprile 2019]
Fig. 1) Lovis Corinth, La vita di Walter Leisitkow. Un frammento della storia della cultura a Berlino (Paul Cassirer, Berlino, 1910)
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Premessa
Questo articolo continua la rassegna degli scritti di Lovis Corinth,
pittore tedesco che visse tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Corinth viene considerato uno dei tre più importanti impressionisti tedeschi,
insieme a Liebermann e Slevogt. In realtà, oltre a trarre ispirazione
dall’impressionismo d’oltralpe, egli offrì una sintesi tra naturalismo tedesco
da un lato e classicismo italiano e francese dall’altro. Nei primi decenni del
Novecento, nell’ambito della Secessione berlinese, inaugurò uno stile pittorico
che sempre più offriva un’interpretazione personale degli schemi figurativi
classici (in realtà, mai rinnegati). Corinth aprì così la strada al moderno, ed
ha anzi influenzato l’arte del XX secolo e persino quella contemporanea fino
agli ultimi decenni, anche oltre i confini della Germania. Sappiamo che era
consapevole di non essere un grande scrittore, ma che ciò non gli impedì di
pubblicare, agli inizi del 1900, un’importante serie di scritti, sia
autobiografici sia teorici. A nostro parere, la sua opera di maggior spessore
fu il manuale “Apprendere la pittura” (1908), di cui già si è scritto, e la cui
lettura permette di comprendere – traendo lezione dal suo metodo didattico –
anche i fondamenti estetici della sua opera. Gli scritti autobiografici (le
“Leggende dalla vita di un’artista”, del 1909, e l’“Autobiografia”,
quest’ultima uscita postuma nel 1926, ma in realtà composta in due intervalli,
tra il 1916 e il 1917 e nel 1925) offrono una testimonianza importante sia
sulla vita dell’artista sia sulle modalità con cui gli avvenimenti drammatici
di quegli anni influirono sulla sua produzione artistica. Si tratta però di
testi che – da un punto di vista letterario -
non sono pienamente riusciti, a nostro parere. “La Vita di Walter
Leistikow. Un frammento della storia della cultura a Berlino” è apparsa nel
1910, ma una prima versione (grosso modo definitiva) era già pronta nel
dicembre 1908, pochi mesi dopo il suicidio di Walter Leistikow (24 luglio
1908), suo collega e amico intimo. Si tratta dunque di una sorta di “instant
book”, e come tutti gli scritti del genere ne rivela pregi e difetti: una fonte
diretta ed autentica sui rapporti personali tra i due artisti, ma un testo per
molti versi insoddisfacente in termini di critica d’arte. Del resto, come
vedremo, Corinth concepiva la letteratura artistica (ovvero gli scritti di
artisti sull’arte) come una forma di emancipazione del creatore, dell’artefice
e del sapere artistico manuale dalla critica d’arte e dalla sua astratta
teorizzazione.
Scritto sostanzialmente nella forma di un elogio, il testo ebbe un effetto controproducente, non rivelando appieno lo spessore di
Leistikow, e contribuì forse a far sì che la sua memoria di intellettuale impegnato
e pittore di successo evaporasse quasi subito dopo la sua tragica scomparsa.
Per comprendere il ruolo di Leistikow, abbiamo perciò letto alcuni dei suoi
scritti (compreso il romanzo in stile secessionista (Jugendstil), del
1896, intitolato “Sulla soglia”) e la sua corrispondenza. Infatti, ancor più di
Corinth, Leistikow fu artista che si cimentò con la letteratura, secondo i modi
dell’arte globale (Gesamtkunst) di
quegli anni, potendo contare fra l’altro su una fittissima rete di contatti con
i maggiori letterati della capitale tedesca. La lettura di questi testi ci ha
aiutato ad interpretare le contraddizioni della Berlino artistica dell’epoca.
Questa è dunque l’occasione sia per accrescere la nostra conoscenza su pregi e
limiti di Lovis Corinth come scrittore e critico d’arte sia per conoscere
Walter Leistikow come giovane intellettuale d’assalto, sovvertitore dei
riferimenti culturali della Germania guglielmina, ma anche come protagonista di
quella che i tedeschi chiamano Kunstpolitik,
la politica dell’arte. Abbiamo scoperto Leistikow come figura fondamentale
soprattutto grazie alle iniziative che egli mise in atto tra il 1892 ed il
1904, quando creò alcune strutture associative a favore dell’arte
contemporanea, parte delle quali sono ancora oggi attive. La sua fu dunque una
Kunstpolitik nel senso pieno del termine, e contribuì a fare di Berlino un
centro effervescente dell’arte considerata all’epoca trasgressiva. Corinth e
Leistikow furono grandi amici, ma il primo era in realtà molto più conservatore
del secondo, e forse il libro, scritto come atto di omaggio per l’artista morto
suicida, dimostra che Corinth non comprese mai appieno il pensiero di
Leistikow.
“La Vita di Walter Leistikow – Un
frammento della storia della cultura a Berlino” (Das Leben Walter Leistikows : Ein Stuck Berliner Kulturgeschichte)
– appare per i tipi di Paul Cassirer a Berlino nel 1910. Come spiegato nella
quarta di copertina, di questo libro – di centotrenta pagine ed in formato 184
x 230 – furono stampati solamente 100 esemplari su vera carta a mano, con due
incisioni originali su carta giapponese, dodici disegni di Leistikow e 52
fotografie incollate a corredo del testo. L’opera è, come ovvio per quei tempi,
stampata in carattere gotico. La copia originale in mio possesso, purtroppo
rovinata sul dorso, è in effetti un gioiello. Quella preparata da Cassirer fu
dunque un’edizione di pregio.
L’unica riedizione del testo –
corredata di un apparato di note ampio e assai utile e di una postfazione molto
ragionata, a cura di Reimar F. Lacher – è del 2000 [1]. Note e postfazione
portano a 246 le pagine dell’opera. L’intero testo della Vita è comunque disponibile sul sito www.zeno.org
[2].
Le ragioni dell’opera
Furono due i motivi che spinsero Corinth a pubblicare il volume, a due anni
dal suicidio di Leistikow, che si era tolto la vita ad appena 43 anni.
L’artista si era suicidato a causa dell’aggravarsi della sifilide di cui
soffriva, giunta ad uno stadio ormai terminale. Prima di ridursi allo stato di
Manet e Toulouse Lautrec, prese la pistola e volle farla finita. Lasciò moglie
e due figli molto piccoli.
Il primo motivo fu il cordoglio per aver perso un amico. Come già spiegato nei saggi
precedenti, Corinth non era affatto un uomo socievole. Aveva un carattere
taciturno, umorale e spigoloso, aggravato da seri problemi di depressione
cronica, e nel corso degli anni aveva già o avrebbe rotto i rapporti con molti
dei suoi compagni di strada: sia con la maggioranza dei membri della Secessione
di Monaco, dove era rimasto nell’ultimo decennio dell’Ottocento (lì aveva
creato un suo gruppo di pittori alternativo alla Secessione, la Freie Vereinigung - Libera Associazione), sia con i suoi partner più stretti nella
Secessione di Berlino, compreso Max Liebermann e i suoi stessi editori
berlinesi, Paul e Bruno Cassirer.
Tuttavia, a quei pittori che considerava veri amici Corinth aveva dedicato
saggi ed articoli (è il caso di Carl Strathmann e Thomas Theodor Heine) o
ritratti (aveva ritratto Otto Eckmann e, ancora, Carl Strathmann). Si è già
detto che a volte, nei confronti di questi amici (ad esempio di Strathmann),
Corinth aveva formulato nei suoi saggi e nei suoi articoli elogi che si
sarebbero poi rivelati, con il senno di poi, completamente sproporzionati, ritagliando
loro una posizione fondamentale nella storia dell’arte che essi furono ben
lungi d’avere. Corinth aveva ritratto Walter Leistikow in due occasioni: una
prima volta nel 1893 (Leistikow portava
una fascia nera a lutto, per la morte del padre; si veda la copertina
dell’edizione della Vita pubblicata
nel 2000 - cfr. fig. 3) ed una nel 1900: il pittore è colto nell’atto di dipingere en plein air ad Agger (fig. 4), località della
Danimarca settentrionale, dove stava passando un mese intero di ferie assieme a
Corinth. I due si erano conosciuti nel 1887, ma avevano fatto amicizia
solamente nel 1890.
Non vi è dubbio si trattasse di un legame molto
intenso, nonostante la differenza di carattere (Leistikow era affabile,
socievole, grande tessitore di reti fra intellettuali, mentre Corinth era un
asociale) e di stile pittorico (Leistikow dipingeva solamente paesaggi, Corinth
era specializzato in quadri dove dominavano grandi figure – spesso nude –
rappresentate in primo piano, anche se alla fine della sua vita – tra 1918 e
1925- scoprí il paesaggio come genere di gran successo per lui). Come notato da
Lacher nella sua postfazione all’edizione della Vita del 2000, già allo storico dell’arte Werner Weisbach, loro
contemporaneo, Leistikow e Corinth sembravano antitetici: nelle riunioni della
Secessione: il primo animava la discussione, il secondo se ne stava da
parte, dedicandosi a bere un bicchiere di Bordeaux. [3] Se Corinth fu il
prototipo tedesco dell’intellettuale maledetto e decadente, dipendente dall’alcol,
e sempre a rischio di crollo psico-fisico, Leistikow corrispose invece al tipo ideale dell’intellettuale d’assalto, sempre pronto a sfidare il sistema, a motivare
amici e compagni di lotta e ad andare con loro sulle barricate.
Nei giorni precedenti il suicidio, Corinth era molto preoccupato per la
salute di Leistikow. Il 15 luglio riferiva in un telegramma a sua moglie
Charlotte (in quel momento in vacanza fuori Berlino) che “Leistikow sta molto
male. Ti raggiungo domani con il tuo treno” [4]. E uno degli ultimi atti
conosciuti della vita di Leistikow fu un telegramma di buon compleanno, inviato
appunto a Corinth in vacanza con la moglie, il 21 luglio: “Ti festeggiamo come
maestro e come il più fedele degli amici” [5]. Corinth compiva quel giorno 50
anni.
Corinth pensò che due ritratti non fossero evidentemente abbastanza per
ricordare un simile amico. Decise dunque di scriverne la biografia, rendendogli
l’omaggio dovuto. In parallelo, allestì una mostra, nel 1909, per celebrare
l’artista scomparso e ricordare al contempo la ricorrenza dei primi dieci anni
di esibizione della Secessione berlinese. A Leistikow Corinth doveva
moltissimo. Era stato lui ad avergli aperto la strada del successo, portandolo
da Monaco – dove aveva perso la partita con la locale Secessione ed era ormai
isolato - a Berlino, dove della Secessione sarebbe divenuto in dieci anni il
presidente. Era lui che costituiva il nesso tra Corinth ed il mondo culturale
della capitale (Leistikow era intimo da anni di Gerhart Hauptmann, che sarà
premio Nobel tedesco per la letteratura nel 1912, del drammaturgo svedese
August Strindberg, dei famosi scrittori e pubblicisti Theodor Wolff e Max Halbe
e di un ampio circolo di altri artisti, letterati, musicisti ed attori
teatrali). Era lui che gli aveva fatto ottenere le prime commissioni, ed era
nella sua vecchia casa che si era trasferito a Berlino. Era lui, infine, ad
essere stato il compagno delle sue confidenze, nei momenti difficili.
Ma, oltre alla necessità di rendere omaggio all’amico, si manifestò anche
(e siamo così giunti al secondo motivo) il desiderio di raccontare quel che
successe a Berlino negli anni a cavallo tra i due secoli, in una Germania
giovanissima, unita da appena trent’anni ed ancora alla ricerca di una propria
identità artistica nazionale. Furono eventi che coinvolsero emotivamente
Corinth, probabilmente stretto tra sentimenti contrastanti. Egli era nato
suddito prussiano e – come scriverà nelle memorie solamente qualche anno dopo,
nel 1916 – la sua lealtà era soprattutto all’imperatore Guglielmo II e al mondo
militare prussiano. D’altro canto, quello era un mondo artisticamente incolto,
a tal punto che la biografia di Leistikow cita – nelle prime pagine – un duro
giudizio del pittore svizzero Karl Stauffer-Bern: “A Berlino ci sono i migliori
soldati e i peggiori pittori” [6]. E Corinth non esita a citare nello stesso
libro le stupidaggini estetiche dell’imperatore, che più volte volle
intervenire con dichiarazioni sprezzanti contro la Secessione di Berlino e in particolare proprio contro Leistikow, di cui disse che aveva trasformato la
Marca del Brandeburgo in un immenso acquitrino. Le sue parole sdegnose resero
Leistikow ancora più popolare, commenta Corinth.
Corinth risolse il suo dilemma scegliendo il moderno contro l’antico, e
dunque schierandosi contro l’establishment
accademico ed anche contro il potere politico. Al tempo stesso – a mio parere
in modo molto arbitrario – diede una lettura nazionale e nazionalista
dell’operato di Leistikow. In realtà, quest’ultimo era il punto di contatto tra
arte, letteratura e filosofia tedesca ed il mondo culturale scandinavo, che
Leistikow conosceva molto bene, con aperture anche alle avanguardie del mondo
anglosassone, compresi gli Stati Uniti.
Dunque, appena qualche settimana dopo il suicidio dell’amico, Corinth si
approntò a scrivere quella che per lui doveva essere una biografia, e che in
realtà fu piuttosto una sorte di elogio funebre, come vedremo. Il primo
riferimento alla stesura dell’opera nella corrispondenza di Corinth (pubblicata
dal figlio Thomas nel 1979) è dell’1 ottobre 1908 [7]. Il 19 Corinth invia una
lettera allo scrittore Max Halbe, amico di Leistikow nonché uno dei maggiori
romanzieri dell’epoca, per chiedere alcune informazioni sulla vita del defunto
[8]. In quei giorni Corinth stava lavorando in parallelo ad un altro progetto,
con il musicista Richard Strauss per la sua opera Elektra, e a mostre che si sarebbero tenute in contemporanea a
Weimar e Dresda. Dovettero essere giorni di lavoro frenetici, se è vero che (secondo Reimar F. Lacher) che una
prima versione del testo venne ultimata molto presto, nel dicembre 1908. Lacher scrive appunto che il testo era
sostanzialmente terminato a soli 5 mesi dalla scomparsa del pittore, e che fino
al momento della pubblicazione, nell’autunno del 1910, fu solo corretto marginalmente.
[9]
Il significato della letteratura
artistica
Non si può aprire l’analisi del volume su Leistikow senza ricordare alcune
righe di Corinth sulla letteratura artistica. Siamo nel 1910, ovvero negli
stessi anni in cui Julius von Schlosser sta concependo a Vienna il progetto di
dedicare corsi universitari alla Kunstliteratur.
Proprio a cavallo dei due secoli si è prodotta un’esplosione di letteratura
sull’arte da parte di artisti di lingua tedesca, forse anche per effetto
dell’enorme effetto che la filosofia stava esercitando su quella cultura. Leggendo la
critica artistica dell’epoca, inoltre, è anche del tutto chiaro che alla base
del lavoro critico di quegli anni sulle opere d’arte vi era sempre un
riferimento privilegiato, costante e capillare, alle memorie e agli altri
scritti degli artisti.
Secondo Corinth, Leistikow è il
primo tra i pittori moderni (im jungen
Deutschland) ad avere affiancato alla sua attività artistica un’ampia
produzione letteraria [10]: non viene citato solamente il romanzo “Auf der Schwelle” (Sulla soglia), ma tutta un’ampia produzione saggistica in riviste
d’arte e d’estetica, comprensiva di molti interventi polemici contro l’odiato
Anton von Werner. Per Corinth, dunque, la biografia di Leistikow è un’occasione
per riflettere sul ruolo della scrittura sull’arte da parte degli artisti.
“Dipingi, pittore e non scrivere!” (Bilde
Künstler, rede nicht). [11] È questo l’invito - scrive Corinth - che tutti
gli artisti che vogliano mettere per iscritto i loro pensieri ricevono sempre
dai critici d’arte di professione, i quali non hanno mai avuto a cuore gli
scritti di un Leonardo o di un Dürer, di un Delacroix o di un Whistler. Ma la
risposta di Corinth è: “La parola è libera, perché proprio noi dovremmo essere
esclusi da essa?” [12]
Per Corinth scrivere d’arte è un atto di emancipazione del fare pratico dal
pensare teorico: l’artista come artefice, come colui che produce manualmente
l’arte, osa finalmente far ingresso nell’area privilegiata della scrittura,
riservata ai professionisti della teoria estetica, per affermare da un lato la
propria identità e dall’altro per narrare la propria vita. Ed infatti, l’intera
produzione letteraria di Corinth si contraddistingue per il tono pratico, non
teorico. Anche Renate Hartleb lo aveva notato: “I suoi scritti non trattano
dell’aspetto spirituale nell’arte, ma della vita, una vita nell’arte, anzi in
effetti una vita per mezzo dell’arte.” [13]
Dunque, si cercherebbe invano nella Vita
un discorso sistematico sulla teoria artistica di Leistikow, ma anche sulle
ragioni ultime dell’innovazione artistica di quegli anni. Per Corinth scrivere
d’arte significa soprattutto esaltare qualità più o meno positive delle
persone, enfatizzare emozioni, descrivere caratteri, raccontare episodi ed
analizzare i rapporti personali fra artisti. Leistikow è il grande amico
scomparso drammaticamente: di lui si può parlare solo bene; manca però la
capacità di individuarne appieno il ruolo che svolse nell’arte del suo tempo.
Del resto, è molto raro che instant books
possano fornire, oltre all’informazione più immediata, valutazioni critiche
approfondite.
Struttura dell’opera
Se il titolo fa riferimento soprattutto all’aspetto biografico e alla vita
culturale di Berlino, il volume cerca in realtà di combinare due dimensioni. La
prima è quella cronologica del racconto degli avvenimenti salienti della vita
del pittore, romanziere ed arredatore Walter Leistokow (nato nel 1865 a
Bromberg, oggi Bydgoszcz, nell’attuale Polonia, e morto suicida nel 1908 a
Berlino, come si è già detto). Non si tratta in realtà di una vera e propria
biografia; ampi intervalli della vita del pittore sono lasciati
scoperti; è chiaro che Corinth non ebbe il tempo e forse neppure sentì il
bisogno di una vera e propria ricostruzione biografica.
Questa prima dimensione, legata alla cronologia degli avvenimenti, copre i
primi e l’ultimo capitolo (Carattere e
gioventù; L’associazione degli XI,
L’arte decorativa e le arti e mestieri;
I dipinti dalla Marca del Brandeburgo e
la creazione della Secessione berlinese; La malattia, gli ultimi anni e la creazione della Lega tedesca degli
artisti; Morte, esequie e conclusioni).
All’interno di questa sequenza cronologica, Corinth apre una lunga parentesi,
introducendo una seconda dimensione: l’autore si dilunga a provare la capacità
di Leistikow in una serie di tecniche esecutive ulteriori rispetto alla pittura
ad olio (acquerelli, pastello ed arte grafica) e come scrittore: l’idea è
dunque quella di descrivere Leistikow come homo
universalis.
Importante nell’opera l’apparato iconografico (che include – oltre a due
incisioni originali di Leistikow – anche foto dell’epoca e documenta, fra
l’altro, l’esistenza di alcune opere importanti, andate perdute durante
l’ultimo conflitto mondiale a Dresda). Ad esso Corinth consegna il compito di
illustrare le varie fasi della pittura di Leistikow, sempre centrata sul
paesaggismo. Prima l’influsso del realismo della scuola di Düsseldorf (in una
fase antecedente al 1890), in cui compaiono ancora persone nei paesaggi
(secondo la tecnica dello Staffage).
Poi l’interesse per il simbolismo, che deriva dall’influenza del mondo nordico,
grande fonte d’ispirazione nell’ultimo decennio del secolo: scompaiono del
tutto le persone, cresce l’importanza della linea, le superfici pittoriche si
allargano. Segue – negli anni della Secessione a partire dal 1898 – la scoperta
dei paesaggi della Marca del Brandeburgo e dei boschi del Grünwald, attorno a
Berlino, con un nuovo stile caratterizzato da un’attitudine melanconica e
decadente. Infine, negli anni dell’aggravarsi della malattia (a partire dal
1905) si afferma una vena neo-romantica, che si arricchisce di vedute alpine, dovute anche alle frequenti sessioni di cura a Merano. Per molti aspetti, la
sequenza delle immagini è più efficace di quella dei capitoli nella descrizione
del percorso dell’artista. Mancano però immagini comparative con altri artisti
precedenti e contemporanei.
Walter Leistikow: un giovanissimo
intellettuale sconvolge la Berlino artistica nel 1892
A prima vista, ci si potrebbe limitare ad ammirare la produzione artistica
di Leistikow basandosi sulle immagini della Vita
pubblicata da Corinth e interpretando la sua parabola artistica come
l’evoluzione (abbastanza tradizionale) di un naturalista ottocentesco, che
viene prima sempre più influenzato da motivi simbolisti e poi ritrova una vena
neo-romantica. Si tratterebbe di una conclusione riduttiva. Leistikow non fu
affatto una personalità secondaria per l’arte tedesca, anche se oggi è
pressoché dimenticato e le sue opere sono concentrate quasi esclusivamente nel
museo della città natale di Bydgoszcz (http://www.muzeum.bydgoszcz.pl/) ed
al museo Bröhan di Berlino (http://www.broehan-museum.de/en_index.html).
Per cercare di capire l’importanza di Leistikow, basta confrontare l'abisso che esiste fra due quadri, entrambi del 1892: uno è Malinconia
di Edvar Munch, il secondo è Il Congresso
di Berlino, di Anton von Werner.
Leistikow si era sposato con Anna Mohr, una donna danese molto colta
(tradurrà in danese alcuni classici della letteratura simbolista) e già prima
del matrimonio conosceva assai bene l’arte scandinava, avendo compiuto i suoi
studi presso il paesaggista norvegese Hans Fredrik Gude. Fu Leistikow – ad
appena 27 anni – a scoprire l’esistenza di Munch a Copenaghen, ad invitarlo a
Berlino e a farlo conoscere attraverso una mostra personale, organizzata nel
1892 presso l’Associazione delle arti (Kunstverein)
della capitale.
Anton von Werner, presidente dell’Accademia Prussiana delle Belle Arti, autore del secondo dei due quadri sopra mostrati e
nemico acerrimo di Leistikow, cercò di imporre la chiusura istantanea della
mostra; quando si rese conto che una chiusura forzata non era possibile secondo
lo Statuto dell’Associazione, chiamò immediatamente a raccolta tutti i soci e,
sia pur a stretta maggioranza (120 a 105) fece emendare lo Statuto e
chiudere la mostra il giorno stesso. In tutto, l’esibizione di Munch era durata
una sola settimana. Corinth affida la descrizione degli avvenimenti a Leistikow
stesso, che in un pungente articolo scritto sotto pseudonimo – riprodotto
integralmente – commenta trionfalmente che da allora i rappresentanti dell’arte
moderna (“junge Kunst“, ovvero
“giovane arte” nella terminologia tedesca di quegli anni) poterono presentarsi
all’opinione pubblica come martiri.
Von Werner determinò col suo operato la fortuna di Munch, che divenne
– dopo la chiusura della mostra – il pittore più conosciuto della Germania
guglielmina. I quadri non più esposti a Berlino vennero immediatamente accolti
a Monaco, e da lì in molte città tedesche. Munch non solamente vendette
moltissimo, ma stabilì la sua residenza a Berlino per 4 anni, influenzando la
scena artistica tedesca. Del resto, non si capirebbe l’espressionismo tedesco
se non si prendesse nota che in Germania – grazie a Leistikow – Edvard Munch fu
conosciuto almeno quattro anni prima di tutti gli impressionisti ed i
post-impressionisti francesi. Fu lui – con il suo universo poetico scandinavo
–ad avere un impatto determinante sulla generazione di pittori immediatamente
successiva a Corinth: il Ponte (die
Brücke) di Max Pechstein ed il colorismo violento di Emil Nolde.
In verità, mostre di impressionisti erano già state organizzate in gallerie
private berlinesi sin dal 1883, ad opera di Fritz Gurlitt. Tuttavia, giganti
dell’arte francese come Manet, Monet, Courbet, Degas, Rodin e Cezanne, ma anche
altri protagonisti della seconda metà dell’Ottocento (il belga Meunier, lo
svedese Zorn e gli italiani Boldini e Segantini) entrarono nella Galleria
Nazionale di Berlino solamente nel 1896, quando l’austriaco Hugo von Tschudi ne
prese la direzione. Van Gogh fu esposto a Berlino solamente con la prima mostra
della Secessione, anch’essa organizzata da Leistikow, nel 1899: scrive Corinth
nella Vita che si trattava di un
certo olandese di cui non si conosceva nulla, e che lo stesso Paul Cassirer non
aveva mai sentito nominare. Leistikow ne aveva invece visto alcune opere a
Copenaghen ed aveva identificato un’affinità culturale con lui, facendo così in
modo che fosse esposto nella capitale tedesca. [14] Fu un fulmine a ciel
sereno: van Gogh divenne immediatamente il beniamino della borghesia tedesca.
Se è Munch è determinare i nuovi indirizzi estetici in Germania, vi è però
un commento nella Vita che non deve
andare inosservato, perché rivela le reali preferenze estetiche, gli umori più
profondi di Corinth. La Vita è del
1910, l’anno in cui Corinth espelle Emil Nolde dalla Secessione di Berlino.
Nolde ed il movimento del Ponte (Die
Brücke) creano la Nuova Secessione, e si apre dunque la divaricazione tra
impressionisti (Secessione) ed espressionisti (Nuova Secessione). Corinth
osserva che, se Leistikow fosse stato vivo, forse questo non si sarebbe
verificato [15]. Poi aggiunge che - con il senno di poi - l’influenza di Munch
sui giovani pittori tedeschi era addirittura andata al di là di quel che fosse
per lui ragionevole [16]. La realtà è che la nuova generazione – quella che
contesta Corinth – fa ormai riferimento a Munch e considera l’impressionismo
tedesco alla stregua di un movimento conservatore. Forse Leistikow e Corinth –
pur legati da fraterna amicizia – erano tipi davvero diversi. Il primo aveva
avviato la rivoluzione nel 1892, il secondo - di lì a qualche anno - si
ritroverà a rappresentare posizioni estetiche conservatrici assumendo la
presidenza, nel 1915, di un’ulteriore fase della Secessione berlinese, ormai
priva di ogni disegno rinnovatore.
Leistikow e Munch rimasero a lungo in contatto. Dieci anni dopo la mostra,
nel 1902, Munch produsse una litografia di Leistikow e della moglie danese Anna
Mohr. Si tratta, per una volta, di un ritratto convenzionale. Ma Munch non
sarebbe stato Munch, se non avesse inserito sullo sfondo un fantasmino, forse
uno dei due figli, oppure un triste presagio della tragica fine di Leistikow.
Leistikow come Kunstpolitiker, politico dell’arte ed intellettuale impegnato
Già nella prima pagina della Vita
[17], Corinth sottolinea i tre aspetti principali dell’attività di Leistikow:
oltre la pittura, l’impegno nell’organizzazione della vita artistica tedesca (Kunstpolitik, ovvero la politica
dell’arte) e l’interesse per la letteratura. Dunque, Leistikow viene
considerato come un Kunstpolitiker,
sia pur nel senso in cui si parlerebbe oggi di un intellettuale impegnato (in
politica non entrò mai). Non vi è alcun dubbio, però, che avesse un’idea chiara
delle proprie preferenze. Corinth – che era profondamente conservatore – non ci
dice per esempio che il primo passo di Leistikow a Berlino era di aver fatto
parte – nel 1890, e dunque venticinquenne
– del gruppo poetico-letterario del Friedrichshagen,
di ispirazione socialista ed anarchica (di cui fu l’unico pittore), un circolo
che si riuniva nella campagna della Marca del Brandeburgo. Era già lì che era
divenuto intimo dei letterati berlinesi, ben prima di manifestare il suo
interesse prevalente per la pittura. Li univa un comune disprezzo per tutto ciò
che era borghese [18]. Ed era lì che era nato in lui l’amore per quella
campagna. Nel gruppo confluì anche una decina di intellettuali scandinavi. In
quell’occasione Leistikow conobbe la futura moglie, Anna Mohr.
Come si vedrà, Leistikow – nel corso della sua attività di intellettuale impegnato
– attraversò fasi diverse, passando da una posizione ribellista (il Gruppo degli XI) alla creazione di forme
associative (la Secessione) ed infine di un’istituzione stabile a livello
nazionale (il Kunstlerbund). Se
questa è la traiettoria della sua Kunstpolitik,
essa è molto in linea con i processi di istituzionalizzazione della politica
che – un decennio dopo – Max Weber teorizza nel suo famoso saggio Politik als Beruf (Politica come professione) del 1919.
Il Gruppo degli XI - 1892
L’azione repressiva operata da von Werner nel 1892 fu la classica goccia
che fece traboccare il vaso. I tempi – va detto – erano oramai maturi. Nel 1889
un gruppo di pittori berlinesi aveva sfidato il divieto del governo imperiale e
si era recato a Parigi – all’epoca della terza repubblica, in mano alla
sinistra anticlericale – per partecipare alle celebrazioni in occasione del
primo centenario della rivoluzione francese. La reazione all’operato di von
Werner fu la creazione del Gruppo degli
Undici (Vereinigung der XI) nel
1892, ovvero il primo gruppo organizzato di pittori dissidenti in Germania.
Qualche mese dopo nasce la Secessione di Monaco; la Secessione di Vienna è del
1897.
Il modello del Gruppo degli XI fu
quello del Gruppo dei XX, creato a
Bruxelles da James Ensor qualche anno prima. Qui si rivelano i limiti della Vita. Forse per la fretta con cui il
volume è redatto, o forse per una difficoltà generale nei confronti di una
visione sistematica della storia dell’arte, Corinth non riesce a spiegare la
visione programmatica di Leistikow e degli XI. È vero che il gruppo, più che
per un singolo indirizzo programmatico, si caratterizzava per un comune tono
intimista e per l’assenza di qualsiasi riferimento all’ufficialità. Scrive
Leistikow, in un passaggio non citato da Corinth: “Volevamo semplicemente stare
tra noi. Da questa idea ci attendevamo divertimento e forse anche un po’ di
rinnovamento per l’arte della capitale, ed in tal modo: Vivere” [19]. Comunque nel testo di Corinth – se si fa riferimento all’apporto
della cultura scandinava - non si coglie a pieno l’influsso vitalistico ed
individualista che ebbe in Leistikow la filosofia di Nietzsche (su cui
Leistikow stesso scrisse), l’influsso dell’arte giapponese e dell’Art Nouveau francese. L’adesione di
Leistikow allo Jugendstil viene
esclusivamente attribuita ad un aspetto decorativo di esclusiva derivazione
nordica. D’altra parte, si tratta di un’arte lontana dalla sensibilità di
Corinth, che è legato all’impressionismo: in quegli anni “egli fece
esclusivamente uso del colore locale, cioè la colorazione che gli oggetti hanno
di sé e per sé, indipendentemente dall’impatto che di essi hanno aria e luce.”
[20] Per chi ha letto il manuale “Apprendere la pittura”, agli occhi di Corinth
si tratta di un grave errore.
La Secessione di Berlino - 1898
Il passo successivo è la creazione della Secessione di Berlino nel 1898.
Anche qui il resoconto di Corinth è – in fin dei conti – molto riduttivo.
L’autore combina due argomenti. Da un lato - scrive Corinth - Leistikow torna
sulla retta via: si allontana dal simbolismo degli anni precedenti e scopre
come soggetto l’incanto melanconico (melanchonischer
Reiz) della natura del Brandeburgo, ed in particolare dei suoi laghi e
boschi. Anche se rimangono alcuni aspetti dell’arte decorativa, ed in
particolare l’effetto sul quadro di superfici di colori larghe (die breite Flächenwirkung), Leistikow
“impara a coltivare le tonalità che dipendono da aria e luce” e diviene un
“interprete di un’aspra natura”, nel senso che è letteralmente ‘traduttore’ (Dolmetsch) [21] della natura in pittura;
anche qui si utilizza la terminologia del manuale “Apprendere la natura”, ma
questa volta per esprimere il raggiungimento della perfezione. Dall’altro lato,
Corinth aggiunge che Leistikow dipinge – per il padiglione delle esposizioni
alla stazione ferroviaria Lehrter Bahnhof, dove si tengono le maggiori mostre
d’arte dal 1895 – un quadro in questo nuovo stile, che viene respinto dalla
giuria. Il dipinto sarai poi acquistato da un ricco collezionista e da lui
donato alla Galleria Nazionale, dove sarà esposto attirando grande interesse
del pubblico. Salvo guadagnarsi un commento
denigratorio dell’Imperatore.
Sono gli anni – scrive Corinth – in cui l’atelier di Leistikow divenne la sala dei ricevimenti della Secessione, attorno alla quale ruotava ormai l’intellighenzia più affermata della capitale: il nuovo direttore della Galleria Nazionale Tschudi, l’editore Sameul Fischer, i grandi letterati Halbe, Hauptmann e Wolff, e gli ospiti scandinavi: Munch, Ibsen, Strindberg, Zorn e molti altri. Leistikow era continuamente in viaggio, tra Europa del Nord, Francia ed Italia. Nel 1903 il destino gli riserva però una tremenda sorpresa: scopre di essersi ammalato di sifilide, malattia a contagio sessuale a quell’epoca mortale. Inizia il martirio che lo condurrà in cinque anni al suicidio. Nonostante questo, l’attività artistica di Leistikow continua.
Deutscher Künstlerbund – La Lega
degli artisti tedeschi - 1903
Il passo finale nell’attività di Leistikow come Kunstpolitiker, politico dell’arte, è la creazione a Weimar della
Lega degli artisti tedeschi nel 1903, insieme al magnate ed arciduca Harry
Kessler. La lega esiste ancora ed ha oggi sede a Berlino (http://www.kuenstlerbund.de/english/projects/deutscher-knstlerbund/index.html),
ma il sito non menziona più Leistikow, che oggi è praticamente caduto nell’oblio.
Fin dall’inizio, la Lega ha assegnato borse di studio per residenze di artisti
tedeschi alla Villa Romana di Firenze (acquisita da Max Klinger con l’aiuto
della Secessione), anch’essa un’istituzione ancora in vita (http://www.villaromana.org/front_content.php?idcat=17&lang=3).
Anche in questo caso non vi è più menzione alcuna di Walter Leistikow nel sito
informatico.
La Lega fu fondata in opposizione ad Anton von Werner, dopo che
quest’ultimo era riuscito a far sì che nessun Secessionista ricevesse il visto
del governo tedesco per poter recarsi all’Esposizione internazionale di St.
Louis del 1904, descrivendo gli artisti ‘deviati’ come pericolosi sovversivi.
In quest’occasione Corinth lascia la penna a Leistikow, e riproduce un suo
lungo articolo sulla creazione della Lega, che viene formata sotto forma di
cooperativa con diritto di voto nominale e paritario per tutti i membri. Lo
strappo con l’establishment prussiano è ormai completamente consumato.
L’affermazione di Berlino come
capitale della trasgressione artistica
Nei pochi anni in cui Leistikow si afferma nel cuore del
mondo artistico berlinese la Germania sperimenta – quasi senza soluzione di
continuità ed anzi in parallelo – tutti i passaggi stilistici che in Francia si
erano sedimentati in 40-50 anni. Tutto avviene in contemporanea: lo Jugendstil (e dunque il secessionismo
ispirato a simbolismo e naturalismo), l’impressionismo, l’espressionismo e perfino
il passaggio all’arte astratta, in una gara al superamento delle correnti
artistiche che corre con la stessa frenesia della modernizzazione della vita
urbana. Berlino è certamente uno dei simboli di quest’accelerazione.
Trovo interessante che sia Corinth sia Leistikow, pur così differenti nello
stile, non si siano mai confrontati con la realtà urbana della loro città,
modernissima per quei tempi: il primo dipingeva temi storici, mitologici o
religiosi, il secondo raffigurava solamente laghi, stagni e foreste. La
borghesia berlinese – grande acquirente di entrambi i pittori – era eccitata
dalle conquiste della vita moderna e dai nuovi media (Berlino aveva 150 cinema
nel 1910), ma cercava in Corinth e Leistikow la rassicurazione che, pur tra
tanto trambusto, il nuovo potesse ancora sposarsi con il passato, il
rinnovamento con l’elegia. Si pensi al fatto che appena venti anni dopo la
scomparsa di Leistikow, a Berlino venne proiettato per la prima volta il film Metropolis di Fritz Lang, simbolo di
un’umanità urbana posta di fronte alla sfida di una modernizzazione tecnologica
disumanizzante. Bene, la pittura dei due sembrava offrire alla borghesia
berlinese la (falsa) garanzia che nulla di simile si sarebbe mai concretizzato.
Pur nella sua concentrazione monotematica su laghi e boschi, il Leistikow
intellettuale ebbe comunque un merito per la città. Diede avvio, con le sue
iniziative, alla vita di Berlino come centro di trasgressione nelle arti
figurative, ancorandola a quella vita letteraria già intensa che esisteva in
città. Le foto della giuria della Secessione possono oggi far sorridere, ma non
si potrebbe capire il ruolo che la capitale tedesca giocò nell’arte del
Novecento senza quel gruppo di artisti, ognuno invariabilmente con cappello,
bombetta o cilindro. Eppure quella era la forma di ribellione di allora: era la
società civile tedesca che si ribellava al mondo militarizzato dell’antica
Prussia, in fondo rappresentato dall’elmo prussiano ad uncino.
E dalle contraddizioni di Berlino capitale, nell’ultimo decennio prima
della Grande Guerra, partiremo per la seconda parte di questo articolo.
FINE PRIMA PARTE
VAI ALLA PARTE SECONDA
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NOTE
[1] Corinth, Lovis – Das Leben Walter Leistikows. Ein Stück Berliner Kulturgeschichte, Berlin, Gebr. Mann Verlag, 2000, pp. 246. Tutti i riferimenti alle pagine di citazioni si riferiscono a quest’edizione.
[1] Corinth, Lovis – Das Leben Walter Leistikows. Ein Stück Berliner Kulturgeschichte, Berlin, Gebr. Mann Verlag, 2000, pp. 246. Tutti i riferimenti alle pagine di citazioni si riferiscono a quest’edizione.
[3] Lacher,
Reimar F., postfazione a Corinth Lovis – Das Leben … (citato), p.207. Vedi anche: Lehnart, Ilona: Wein,
ich bin ganz wild auf Wein. Lovis Corinth prostet
Walter Leistikow zu, in: Frankfurter Allgemeine Zeitung, 14.11.2000, pagina L24.
Si veda: http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/buecher/rezension-sachbuch-wein-ich-bin-ganz-wild-auf-wein-11317394.html
[4] Lovis
Corinth, Eine Dokumentation, Tübingen, Verlag Ernst Wasmuth, 1987, p. 121
[5] Lovis
Corinth, Eine Dokumentation …, citato, p. 122
[6]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 17
[7] Lovis
Corinth, Eine Dokumentation …, citato, p. 123
[8] Lovis
Corinth, Eine Dokumentation …, citato, p. 124
[9] Lacher,
Reimar F., postfazione a Corinth Lovis – Das Leben … (citato), p. 206
[10]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, pp. 101-114
[11]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, pp. 101
[12]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, pp. 101
[13]
Hartleb, Renate – postfazione a: Corinth, Lovis – Selbstbiographie (Autobiografia), Lipsia, Gustav Kiepenheuer, pp.
246
[14]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 61
[15]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 11
[16]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 54
[17]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 11
[18] Si veda la novella “Seine
Cousine” (Sua cugina) pubblicata nel 1893.
[19] Margrit, Bröhan - Walter Leistikow, Berlin,
Nicolaische Verlargsbuchhandlung, 1989, p. 34. Il testo citato é del 1896.
[20] Corinth,
Lovis – Das Leben …, citato, p. 40
[21]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 57
[22]
Corinth, Lovis – Das Leben …, citato, p. 62
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