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mercoledì 12 novembre 2014

Annamaria Ambrosini Massari (a cura di). 'Dotti amici'. Amico Ricci e la nascita della storia dell'arte nelle Marche. Parte I


‘Dotti amici’. Amico Ricci 
e la nascita della storia dell’arte nelle Marche
A cura di 
Annamaria Ambrosini Massari

Parte I

Pesaro, Il lavoro editoriale, 2007


[1] Cominciamo dagli elogi: capita spesso di avere fra le mani opere collettanee che raccolgono scritti anche di buon livello, ma fra loro slegati e sfilacciati, di modo che il risultato complessivo è in qualche modo insipido e lascia oggettivamente delusi. Non è certo il caso di questo Dotti amici, che deve essere stato il frutto di un lungo lavoro di documentazione sulle fonti, probabilmente non privo di intoppi e difficoltà, se la curatrice ci lavorava quanto meno dal 2004; e ne è valsa davvero la pena. Possiamo dire – usando un’espressione cara all’Ambrosini – che è nata un’opera “polifonica”, in cui ogni contributo risulta strettamente correlato, ma complementare rispetto agli altri, all’interno del quale l’epistolario di Amico Ricci e dei suoi corrispondenti rende davvero la ricchezza e la complessità di un mondo erudito che costituisce l’humus culturale in cui si muove il nobile maceratese e – non da ultimo – in cui non si può non apprezzare la completezza degli apparati. Ci resta da dire, prima di parlare dell’opera, che la sua lettura ci regala anche la piena consapevolezza che si è appena avviato un cammino; Amico Ricci attende altri volenterosi che vogliano dedicarsi, ad esempio, ad un’edizione critica delle Memorie, che analizzino ancora più approfonditamente le carte sue e dei suoi ‘dotti amici’ conservate nell’omonimo fondo della biblioteca comunale di Macerata, che affrontino anche il tema della redazione dell’altra grande opera pubblicata da Ricci, ovvero la Storia dell’architettura in Italia dal secolo IV al XVIII (Modena, 1857). L’impressione, tuttavia, è che una nuova strada sia stata aperta in maniera convincente ed autorevole.

[2] Ecco l’indice del volume:
  • Anna Maria Ambrosini Massari. Premessa;
  • Alessandra Sfrappini. Presentazione;
  • Andrea Emiliani. Introduzione;
  • Anna Maria Ambrosini Massari. ‘Dotti amici’. Amico Ricci e la nascita della storia dell’arte nelle Marche;
  • Anna Maria Ambrosini Massari. Una scoperta nel Fondo Ricci di Macerata: manoscritti e disegni di Alessandro Maggiori;
  • Elisa Barchiesi. Amico Ricci: profilo biografico e delle opere;
  • Anna Cerboni Baiardi. Tra documentazione e collezionismo: l’incisione negli studi di Amico Ricci;
  • Anna Maria Ambrosini Massari (a cura di), con la collaborazione di Elisa Barchiesi. Dall’Epistolario di Amico Ricci: Lettere Artistiche, 1827-1845;
  • Anna Maria Ambrosini Massari e Maria Maddalena Paolini. Indice ragionato dell’Epistolario.
Appendice:
  • Amico Ricci. Viaggio per i vari paesi della nostra montagna eseguito nel settembre 1828 (a cura di Anna Maria Ambrosini Massari, con la collaborazione di Elisa Barchiesi). 
Recensire un'opera collettanea non è mai facile. Fermo restando l'inquadramento generale, dedicheremo maggior spazio ai saggi sopra elencati che trovate evidenziati in grassetto. Per non stancare eccessivamente il lettore abbiamo deciso di dividere lo scritto in due post fra loro successivi.

Carlo Crivelli, Annunciazione con S. Emidio, Londra, National Gallery

[3] Si riporta, in maniera pressoché integrale, il testo della Premessa dell’autrice:

“Il volume mira a far riemergere un contesto tanto fitto di presenza quanto dimenticato e sottovalutato, quale è quello dell’erudizione locale nella prima metà dell’Ottocento... 

La figura e l’opera di Amico Ricci assumono un ruolo centrale e catalizzante molte e diverse realtà, locali e nazionali, per la notevole impresa della scrittura delle Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona – Macerata 1834 -, vera e propria opera ‘polifonica’, che offre, soprattutto nei modi e nelle fasi della sua preparazione, uno spaccato della situazione del metodo e degli studi.

Il libro è il frutto, in primo luogo, di un’indagine nel tanto folto quanto poco visitato fondo manoscritto di Amico Ricci, conservato presso la Biblioteca Mozzi-Borgetti di Macerata, che si è rivelato denso di materiali utili per approfondire la vita, l’opera, il metodo di lavoro di Ricci e, dunque, anche la situazione dell’erudizione del suo tempo, con riflessi significativi per i rapporti sul territorio ma anche a più vasto raggio nazionale.

La ricostruzione di questo tensivo sistema culturale si deve specialmente all’Epistolario, di cui si presenta qui una selezione, mirata agli anni e ai protagonisti delle ricerche finalizzate alla scrittura delle Memorie, ma evocativa di una nuova attenzione per le opere e il patrimonio artistico, che segna, con progressi e involuzioni, il lento trapasso dal sistema dell’erudizione sette-ottocentesca a quello della moderna filologia e storia dell’arte.

La selezione tratta dall’Epistolario di Ricci offre un ventaglio di spunti e chiavi di lettura sui principali temi delle ricerche, mostrando un contesto locale molto vivace e attivo, con una fitta circolazione di idee sul piano nazionale, in costante dialettica fra ritardo e progresso. I corrispondenti rappresentano, ognuno, problemi e spunti diversi nella ricostruzione della temperie culturale che va illuminando il metodo operativo di Ricci mentre procede verso la redazione delle Memorie e, dopo, nella lunga fase di lavoro per la mai compiuta seconda edizione, testimoniata da una copia dell’opera postillata, anch’essa nel fondo di Macerata – Ms 240-240 bis -.

L’idea originaria di un’edizione critica delle Memorie... diventava sempre più secondaria rispetto alla progressiva emergenza di personaggi, idee, rapporti, novità, modelli, obiettivi, che si profilavano tra le carte manoscritte e nel confronto con quanto poi effettivamente stampato.

Esemplificativo, in tal senso, è anche il testo pubblicato in Appendice al volume, che riunisce alcune tappe di un Viaggio per i vari paesi della nostra montagna, compiuto da Ricci tra 1828 e 1831, per prendere direttamente visione di opere da trattare nelle Memorie.

La vivacità del panorama che si andava delineando richiedeva altresì un lavoro di chiarimento di alcuni problemi di base, prima di qualunque altra analisi.

A poco a poco, infatti, lavorando su quei materiali, è emersa una diversa paternità per un notevole nucleo di manoscritti, tradizionalmente attribuiti ad Amico Ricci ed effettivamente pertinenti al suo fondo.

L’autore di essi è risultato essere uno dei più importanti fra i “dotti amici” di Ricci, il fermano Alessandro Maggiori, cui qui ho dedicato uno scritto, posto prima di quello di Elisa Barchiesi, dedicato alla vita e opere di Ricci, perché senza questo riassestamento dei ruoli non aveva senso procedere, oltre al fatto che Maggiori si pone come maestro e guida per Ricci e come ideatore, già nei primi anni novanta del Settecento, di una Storia dell’arte e degli artisti marchigiani.

Segue lo studio monografico di Elisa Barchiesi [che]... ha progressivamente messo a punto il primo moderno ed esaustivo profilo biografico e delle opere dello studioso maceratese, di cui approfondisce fonti culturali, metodo, impostazione estetica e relazioni. A lei si deve, inoltre, una basilare collaborazione alla trascrizione dei materiali manoscritti qui presentati.

Anna Cerboni Baiardi chiude la sezione dei saggi, aprendo l’orizzonte su una parte avvincente, ma assai intricata del fondo, quella delle incisioni, delineando il ruolo di amatore e collezionista di Ricci, sempre in relazione con le situazioni culturali più interessanti del tempo, locali e nazionali.”


Carlo Crivelli, Polittico, Ascoli Piceno, Cattedrale di Sant.Emidio


Anna Maria Ambrosini Massari
‘Dotti amici’. Amico Ricci
e la nascita della storia dell’arte nelle Marche


[4] Nel 1834 il marchese Amico Ricci pubblicava a Macerata le Memorie storiche delle arti e degli artisti nella Marca di Ancona. Si trattava di opera di taglio estremamente innovativo; con “un lavoro dedicato esclusivamente ad artisti e opere delle Marche egli affrontava per la prima volta il tema della storia dell’arte in un territorio quasi del tutto comprensivo dell’odierno volto regionale, dal VI secolo dopo Cristo all’epoca contemporanea” (p. XXXII); rispetto alle Marche odierne restava esclusa dall’area di indagine la sola parte settentrionale della regione, costituita dalla delegazione di Pesaro e Urbino. “Si delineava comunque una moderna coscienza di identità. Gli argomenti trattati, inoltre, comprendono pittura, scultura, architettura ma anche le cosiddette arti minori, dando un peso a questa sezione trascurata dalla produzione artistica, nella ricostruzione di una completa immagine dell’evoluzione storica dell’arte e delle sue presenze, nelle Marche” (p. XXIX). L’opera conobbe una subitanea fortuna, per poi essere condannata ad un lungo periodo di oblio (si veda in merito il saggio di Elisa Barchiesi, in particolare le pp. 136-153); pesa sul lavoro una generale (e generica) condanna della critica della prima metà del Novecento circa la letteratura artistica italiana dell’Ottocento, percepita – salvo le notissime eccezioni – come mera esercitazione letteraria, poco attenta al riscontro diretto delle opere e dai toni smaccatamente retorici ed elogiastici. Lo stesso Schlosser si limiterà a definire Ricci come “diligente illustratore” della storia dell’arte marchigiana, salvo poi preferire subito ricordarlo come “autore della prima storia dell’architettura italiana” (La letteratura artistica, p. 529).


Cola dell'Amatrice, La Comunione degli Apostoli, Ascoli Piceno, Pinacoteca civica
Fonte: http://www.musei.marche.it/web/RicercaOpere/DettagliOpera.aspx?id=20&idtc=4


[5] Anna Maria Ambrosini Massari non nega certo i limiti del lavoro di Ricci, ma invita, ora che il fondo manoscritto del marchese conservato nella Biblioteca comunale di Macerata è stato finalmente “riscoperto”, a valutarlo in maniera più completa ed articolata. È dunque vero che le Memorie appaiono per più versi come un accumulo erudito di materiali, senza un tentativo di interpretazione; è vero che, rispetto al materiale manoscritto, “Ricci seleziona e taglia, ma non al fine di seguire un’ipotesi interpretativa, bensì per timore di azzardare, e di solito scompaiono... le intuizioni più giuste, le notizie, apparentemente secondarie ma determinanti per la comprensione degli eventi” (pp. XXXI-XXXII), ma è altrettanto vero che se alle carte manoscritte si torna – in particolare all’Epistolario che in quegli anni lo lega ad una fitta rete di “dotti amici” - si scopre un Ricci di diversa caratura, molto più spregiudicato e libero nel giudizio, assai più critico nei confronti delle fonti letterarie, decisamente più attento all’osservazione diretta dell’opera d’arte e alla ricostruzione, tramite essa, dei linguaggi e degli stili. Si scopre, insomma, un erudito fornito di un metodo (si veda ancora il lavoro della Barchiesi, in particolare le pp. 104-110), un metodo se si vuole raggiunto per approssimazioni successive, con accenti più o meno avanzati così come lo restituisce l’esame dell’Epistolario e dei suoi corrispondenti, ma che in generale descrive una sostanziale continuità con l’erudizione settecentesca di stampo illuministico, traghettandola fino ai primi decenni dell’Ottocento. Sotto questo punto di vista ha poco senso, a nostro modestissimo giudizio, preoccuparsi di “classificare” da un punto di vista teorico il pensiero di un Ricci rispetto ad esempio a quello di Alessandro Maggiori, che del marchese fu maestro. Maggiori rimase legato tutta la vita al classicismo bolognese dei Carracci, e in particolare a quello di Ludovico; Amico Ricci – che mostrò sempre particolare attenzione nei confronti degli artisti contemporanei (pp. XXXVII-LV) - fu un neoclassico con accenti sempre più tendenti al purismo. Ma quel che più conta è che entrambi, messi di fronte all’opera d’arte, rivelano ad esempio una modernissima attenzione ai problemi del restauro e della conservazione del patrimonio artistico marchigiano: “si riflette la consapevolezza di una situazione che minaccia il patrimonio indipendentemente da spoliazioni e vendite, che risiede nell’ignoranza dei cittadini rispetto a questi preziosi beni che dovrebbero sentire come propri” (p. XXXVI). Sicché Carracci o neoclassico poco contano, quando il terreno comune sono la sensibilità alla conservazione dell’opera d’arte ed il conseguente interesse erudito nei confronti del fare artistico locale (anche di quei primitivi la cui riscoperta è ancora in nuce). 

[6] “Sul ruolo di centrale importanza delle carte manoscritte e degli epistolari, sede della comunicazione per eccellenza si è recentemente puntata l’attenzione, a partire da quel modello interpretativo del sistema erudito fra Sette e Ottocento, che ha nell’opera di Giovanni Previtali [n.d.r. La fortuna dei primitivi. Dal Vasari ai neoclassici] un fondamentale e continuo stimolo” (pp. XXIV-XXV).

Fine prima parte. 
Vai alla seconda parte 

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