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mercoledì 8 ottobre 2014

Il 'De Architectura' di Vitruvio nella traduzione francese di Claude Perrault (1673)



[Claude Perrault]
Les Dix Livres d’Architecture de Vitruve
Corrigez et traduitz nouvellement en françois avec des notes et des figures

Parigi, Jean Baptiste Coignard, 1673

(Recensione di Giovanni Mazzaferro)

Fig. 2) Il frontespizio della seconda edizione del De Architectura a cura di Perrault, pubblicata nel 1684
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/B250566101_11604.asp



[1] La Biblioteca Nazionale di Francia ha reso disponibile sul proprio sito ufficiale (http://gallica.bnf.fr) un numero impressionante di opere liberamente scaricabili in formato pdf. Si tratta di un patrimonio sterminato, dal quale abbiamo tratto (in formato pdf) la presente copia del De Architectura di Vitruvio nella traduzione di Claude Perrault, stampata a Parigi nel 1673 per i tipi di Jean Baptiste Coignard. Quella di Perrault è la seconda traduzione integrale francese, dopo l’edizione pubblicata da Jean Martin nel 1547. 


Fig. 2) L'antiporta dell'edizione del 1684
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/B250566101_11604.asp

[2] Per la redazione di queste note abbiamo consultato Luigi Vagnetti e Laura Marcucci, Per una coscienza vitruviana. Regesto cronologico e critico delle edizioni, delle traduzioni e delle ricerche più importanti sul trattato latino De Architectura Libri X di Marco Vitruvio Pollione, pp. 95-97; la voce Claude Perrault in Teoria dell’Architettura. 117 trattati dal Rinascimento ad oggi (pp. 202-211), Maria Luisa Scalvini, Vitruvio «mis en François», da Jean Martin a Claude Perrault in Vitruvio nella cultura architettonica antica, medievale e moderna e Indra Kagis McEwen, On Claude Perrault: Modernising Vitruvius


Fig. 3) Vitruvio/Perrault ed, 1684. Le proporzioni del corpo umano
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/B250566101_11604.asp

[3] Scrivono Vagnetti e la Marcucci (p. 97): “Questa seconda traduzione francese del De Architectura, curata dal famoso medico ed architetto della Corte di Luigi XIV Claude Perrault, è stata tenuta in gran pregio soprattutto per la bontà dei commenti che la accompagnano e che contribuiscono a chiarire i suoi passi oscuri. Si tratta... di una traduzione libera, per compiere la quale egli utilizzò le migliori edizioni comparse in precedenza e consultò anche qualche codice non esaminato prima, senza lasciare tuttavia alcuna indicazione relativa a tali confronti. Lo scopo che il Perrault si proponeva, infatti, non era tanto l’esattezza filologica... quanto, come egli volle affermare apertamente nella prefazione dell’opera, il vantaggio degli artisti che, secondo le direttive impartite dalla politica autoritaria del Re Sole e del suo ministro Colbert, erano tenuti a rispettare le indicazioni del Classicismo. In tal senso la traduzione di Claude Perrault e le numerosissime sue repliche integrali o in compendio, possono essere considerate un’autentica operazione di politica culturale voluta dal potere, il quale vedeva giustamente nell’architettura uno tra gli strumenti di più immediata propaganda ed affermazione della propria presenza.” Si tratta di affermazioni su cui si deve convenire. Le riedizioni della traduzione Perrault contate da Vagnetti e Marcucci sono una ventina; si può senz’altro dire che in realtà non siamo di fronte a una semplice traduzione, ma che almeno per tutto il 1700 in Europa Vitruvio parla francese (in virtù anche della diffusione di tale lingua come strumento di comunicazione comune ai ceti nobiliari e all’erudizione) e non più dal latino o dall’italiano viene tradotto, ma dal francese stesso. Vitruvio parla francese in Olanda, in Inghilterra, in Spagna, in Russia, in Germania e persino in Italia, dove l’edizione di Daniele Barbaro perde di importanza e dove compaiono compendi più o meno ridotti del Perrault; e gli stessi eruditi italiani che nel Settecento fanno i conti con Vitruvio (si vedano il Poleni delle Exercitationes vitruvianae o Berardo Galiani e la sua traduzione del 1758) tengono Perrault in debito conto.


Fig. 4) Vitruvio/Perrault ed, 1684. Ordine ionico
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/B250566101_11604.asp

[4] Claude Perrault nasce scienziato. Studia, insegna e scrive di fisica e medicina. È membro dell’Accademia Francese delle Scienze dalla sua fondazione, nel 1666. Si interessa attivamente di architettura; è una delle figure di spicco del comitato che progetta e riorganizza la facciata orientale del Louvre con il suo colonnato, una volta fallito (o, meglio, fatto fallire) il progetto di Bernini. È membro anche dell’Accademia Reale di Architettura, fondata da Colbert nel 1671. Come scrive Maria Luisa Scalvini (p. 643): “Per l’insieme dei suoi talens, Claude ha eccellenti credenziali perché gli venga affidata l’impresa di una nuova traduzione del trattato di Vitruvio: come tutti i laureati in medicina della Sorbona conosce bene il greco e il latino; sin da ragazzo, l’amore per il disegno lo ha spinto a coltivare il gusto e ad esercitare la mano (i disegni autografi noti ne danno indiscutibile testimonianza); le sue notevoli conoscenze di meccanica infine... in un’epoca ancora lontana dagli specialismi gli consentono senz’altro di affrontare le difficoltà del testo vitruviano con buone speranze di riuscire ad interpretarne anche i passi più oscuri, predisponendo altresì quei disegni preparatori da cui Sébastien Leclerc potrà trarre le relative incisioni”. E, naturalmente, anche le giuste entrature hanno la loro importanza. Claude è il fratello maggiore di Charles, letterato ma soprattutto a lungo braccio destro del ministro Colbert. 

Fig. 5) Vitruvio/Perrault ed, 1684. Capitelli corinzi
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/B250566101_11604.asp

[5] Abbiamo detto della fortuna editoriale dell’opera. Torniamo a farlo e insistiamo sul fatto che la traduzione di Perrault fu oggetto di attenta lettura da parte dei membri dell’Accademia Reale di Architettura dal giugno del 1674 (e la valutazione fu positiva). Vale la pena ribadire tali circostanze perché Perrault è oggi visto come colui che, nel campo della teoria architettura, diede vita (o per meglio dire diede nuovo impulso) alla querelle des anciens et des modernes. Sulla querelle e sui suoi aspetti prettamente letterari (che, non dimentichiamolo, videro coinvolto in prima persona Charles Perrault) rimandiamo a La disputa sei-settecentesca sugli antichi e sui moderni a cura di Maria Teresa Marcialis. Ci soffermiamo invece un po’ più a lungo sul dibattito in ambito di teoria architettonica. Va innanzi tutto segnalato che Claude Perrault non fu solo il materiale estensore della traduzione del De Architectura di Vitruvio nel 1673, ma dieci anni dopo (1683) pubblicò anche uno scritto, breve ma di capitale importanza, denominato Ordonnance des cinq espèces de colonnes selon la méthode des anciens. Sia nella traduzione sia nell’Ordonnance, ma con molto maggior vigore nella seconda occasione Claude si fece interprete di teorie senza dubbio rivoluzionarie per il Classicismo dell’epoca. In particolare sostenne l’esistenza di due tipi di “bellezza”: una bellezza positiva che si fonda sulla finalità dell’edificio, sui materiali che vengono utilizzati per costruirlo, sulla solidità, salubrità e comodità dello stesso; ed una bellezza arbitraria, che dipende invece dagli usi e costumi del tempo; come tale la bellezza arbitraria può variare nel tempo. Le proporzioni ed in particolare il concetto di simmetria che a Vitruvio era stato sempre accostato (ovvero la relazione fra le singole parti del corpo umano e la colonna) non sono una verità nascosta in natura, ed il compito dell’architetto non è quello di riuscire ad individuare tale verità nascosta, ma varia con il gusto ed i tempi (ed il ruolo dell’autorità è quello, tramite le Accademie, di indirizzare gli architetti sui modelli edificativi “giusti” per l’epoca). Quando esce la traduzione del De Architectura il giudizio generale sull’opera è senz’altro positivo, anche da parte di quel François Blondel che è il direttore dell’Accademia di Architettura. Poi, evidentemente, Perrault e Blondel hanno modo di maturare e ponderare meglio le proprie opinioni, e si passa allo scontro aperto: da un lato Perrault, teorico dei moderni, dall’altro Blondel, che fra il 1675 e il 1683 scrive ben cinque volumi del suo Cours d’architecture perorando la teoria delle proporzioni “all’antica”. Resta il dato di fatto che, comunque la si fosse pensata, il testo di Vitruvio a cui far riferimento, dal 1673 in poi, fu quello nella traduzione Perrault. 

Fig. 6) Vitruvio/Perrault ed, 1684. Ordine dorico
Fonte: http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/B250566101_11604.asp

[6] Sull’ipotesi che le affermazioni di Perrault abbiano in qualche modo risentito, in via mediata, delle idee sostenute da Simon Stevin si vedano le note a Charles van den Heuvel, De Huysbou. A reconstruction of an unfinished treatise on architecture, town planning and civil engineering by Simon Stevin 

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